ACTA HISTRIAE VII. ricevuto: 1998-09-25 UDC 173:282(450.34)"16/17" 262.4:173"15" IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE (REPUBBLICA DI VENEZIA - SECOLIXVII-XVIII) Claudio POVOLO Universitá di Venezia, Dipartimento di studi storici, IT-30124 Venezia, Calle del Piovan o Gritti, San Marco 2546 SINTESI Le relazioni tra sistemi di potere e potere delle istituzioni incontrano un decisivo terreno di verifica nei rapporti tra potere secolare e potere ecclesiastico. I conflitti, le scelte, le diversita dottrinarie e giuridiche che i due poteri manifestarono in molti settori della vita sociale e politica sono innanzitutto espressione delle trasformazioni che si ebbero in campo antropologico e politico e che premettero direttamente sulle vita e la struttura delle istituzioni per conformarle a seconda degli interessi in gioco. Nell'ambito dei rapporti tra potere secolare e potere ecclesiastico, la politica matrimoniale costituisce una cartina di tornasole per verificare la natura e l'intensita di conflitti che trovano particolare estrinsecazione nel corso dei secoli XVII e XVIII. Promessa di matrimonio, matrimonio clandestino e matrimonio segreto sono alcuni degli istituti su cui si appunta, in maniera sempre piu intensa, l'interesse delle autorita statuali, preoccupate di salvaguardare l'integrita dei patrimoni familiari e la loro corretta trasmissione da una generazione alla successiva. Da alcuni pareri giuridici redatti dai consultori che operavano al servizio della Repubblica veneta e possibile cogliere la dimensione di questi fenomeni e la loro diffcoltosa realizzazione in una situazione politica caratterizzata dal dominio esclusivo esercitato da un ristretto patriziato. Un episodio singolare Francesco Brigo abitava a Granze di Vescovana, piccolo villaggio del territorio padovano che ricadeva sotto la giurisdizione del podestá di Este1 Un manipolo di case raccolte attorno la chiesa parrocchiale, una piccola comunitá che si muoveva 1 La vicenda narrata in questi primi capoversi è tratta dal consulto steso dal conte Giovan María Bertoli il 6 gennaio 1697 (m.v. ?), posto in Archivio di Stato di Venezia (=ASV), Consultori in iure, filza 149, alla data. 279 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 lungo carrarecce che percorrevano, quasi senza sosta, una vasta distesa di campi alternati a canali. Un visitatore esterno, ancorche provvisto di una minima dose di perspicacia e di capacita di osservazione, non avrebbe faticato molto a scorgere in quel paesaggio piatto e quasi desolato i segni piü che evidenti della grande proprieta veneziana e cittadina. Quel piccolo villaggio, cosí come la piü parte di quelli che, a distanze di un certo respiro, lo circondavano, non poteva di certo suggerire quei tratti che abitualmente contrassegnavano l'identita di una comunita caratterizzata dalla piccola proprieta contadina o dall'esistenza di beni collettivi: il paesaggio, di cui esso stesso con i suoi casoni, le sue modeste dimore e la casa padronale sembrava costi-tuire parte integrante, era ormai divenuto un tratto distintivo di gran parte di quella bassa pianura che dalle propaggini dei Colli Euganei e Berici si spingeva verso l'Adige, per poi dilatarsi estesamente verso il lungo corso del Po2 Tuttavia la vicenda che aveva avuto come protagonista Francesco Brigo poteva certamente essere definita alquanto originale. O quanto meno originali furono in-dubbiamente gli eventi che la fecero emergere sino a condurla sullo scrittoio di lavoro di un illustre giurista che in quegli anni svolgeva l'attivita di consultore in iure per conto della Repubblica di Venezia. Le prime notizie erano giunte al rap-presentante veneziano di Este, il quale non aveva avuto esitazione a valutarne la gravita e, conseguentemente, a decidere di informare il Senato, uno dei massimi organi di governo della Dominante. E poi, come avveniva di frequente per tutti quei casi valutati di una certa rilevanza politica e giuridica, si era deciso che uno dei consultori in iure esprimesse il proprio parere intorno ad una vicenda che coinvolgeva direttamente le autorita ecclesiastiche. Il conte Giovan Maria Bertoli svolgeva ormai da anni l'attivita di consultore in iure. I pareri di cui era richiesto da organi quali il Senato o il Consiglio dei dieci riguardavano prevalentemente tutte quelle materie che per la loro particolare natura presupponevano, o lasciavano comunque presupporre, una sovrapposizione di interessi e di giurisdizione tra potere ecclesiastico e potere temporale3 La sua era stata un'attivita svolta con notevole perizia tecnica e giuridica, anche se assai difficilmente i suoi pareri lasciavano denotare quella tensione intellettuale e politica 2 Per un quadro sociale ed economico concernente il Basso Padovano e, soprattutto, le sue tra-sformazioni socio-economiche, rinvio a Vigato (1997). 3 I numerosi consulti di Bertoli sono conservati in ASV, Consultori in iure, filze 139-160 (anni 16851707). Le filze sono solitamente provviste di un indice finale per materie. La filza 158 costituisce in realta un Index generalis dei consulti stesi in precedenza. Sul Bertoli e la sua attivita di consultore cfr. Ferrari (1889). Il Ferrari, ricordando i "millecinquecento consulti" del Bertoli, osservo: "man-cano pochi dei consulti elencati nell'Indice, e di alcuni di questi pochi rimangono traccie che lasciano sospettare che siano stati tolti, sta a vedere quando, da chi e perché" (1889, 82). Tra i con-sulti scomparsi (o quasi sicuramente spostati di filza o di fondo per una successiva consultazione) figura pure quello, probabilmente assai interessante, concernente il governo e la religione della Morea (contrassegnato con le carte 252-293 della filza 140 (anni 1686-1688). Sul Bertoli si veda inoltre il successivo breve profilo tracciato da Torcellan (1967, 607). 280 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 che in più di un caso aveva caratterizzato l'ormai consolidata tradizione culturale di consulenza della Repubblica. Di certo, con il suo lavoro, egli poteva ormai annoverare una vasta casistica di consulti inerenti vicende tra le più disparate. Anche in materia matrimoniale egli era intervenuto in più di un'occasione, rivelando sempre un certo equilibrio espositivo e ideologico.4 Quella vicenda di cui Francesco Brigo era stato principale protagonista, Giovan Maria Bertoli proprio non era riuscito a capirla. E si che, leggendo il resoconto del podestà di Este, trasmessogli sul finire del 1697, li per li, tutto faceva credere che si trattasse di una delle consuete cause matrimoniali giunte al foro ecclesiastico o secolare per la prevedibile mancata promessa di matrimonio o per l'improvvisa clandestinité di un'unione realizzata senza rispettare talune formalità previste dal Concilio di Trento. In realtà, era proprio l'esito sorprendente di quella vicenda che l'aveva stupito e gli aveva fatto smarrire la consueta prudenza. Nel suo consulto Giovan Maria Bertoli ricordo al Senato come si erano svolti i fatti. Francesco Brigo aveva avuto una relazione amorosa con la giovane Domenica Francato. A quanto risultava il rapporto amoroso era stato preceduto da una classica promessa di matrimonio. Ben presto pero il contadino di Granze di Vescovana aveva dirottato il suo interesse verso un'altra giovane, Barbara Malacarne. Nei confronti di quest'ultima il Brigo aveva subito dimostrato di fare sul serio, tanto che aveva rapidamente contratto con lei un atto ufficiale di fidanzamento (sponsali). Di li a poco, la giovane abbandonata aveva pensato bene di far valere i suoi presunti diritti e, con un atto formale presentato al foro ecclesiastico di Padova, si era opposta alla nuova unione che il fedifrago pretendente aveva ormai pensato di condurre a compimento. Francesco Brigo, ben determinato a raggiungere il suo obbiettivo, e poco curando l'atto di formale opposizione presentato dalla precedente amata, si era rivolto allora al curato del paese per poter comunque celebrare il matrimonio con la Malacarne. Ottenutone un più che prevedibile diniego (in assenza evidentemente delle necessarie fedi di libertà che proprio la Curia vescovile doveva rilasciare), il giovane non si era arreso. Egli avrebbe potuto tentare l'ormai classico colpo di mano: presentarsi con l'aspirante nubenda, a sorpresa, davanti allo stesso sacerdote (magari mentre questi stava celebrando la messa domenicale), esprimendosi reciprocamente la volontà di considerarsi marito e moglie. Ma - e qui Giovan Maria Bertoli non aveva potuto nascondere la sua sorpresa-, il Brigo aveva pensato di risolvere assai pragmaticamente la delicata questione che lo riguardava cosi da vicino, ricorrendo alla tradizione culturale cui egli apparteneva, ad una sorta di legge della comunità che 4 Si veda, ad esempio, il consulto steso il 24 novembre 1689 (ASV, Consultori in iure, filza 140) intorno a due matrimoni clandestini celebrati nel Bresciano, oppure quello successivo, scritto il 28 agosto 1692 (Ibidem, filza 143), relativo ad un caso di deflorazione e mancata promessa di matrimonio avvenuto in Istria. 281 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 evidentemente sopravviveva ancora puré in quella sterminata pianura dominata dalla proprieta signorile e dalla sua lógica di appropriazione e di potere. Passando sopra (anzi sotto) ad ogni disposizione canonica il giovane contadino di Granze di Vescovana era ricorso a quella figura che ancora rivestiva una certa autorita nel villaggio. Interpellato il fabbro del paese ed ottenutane la collaborazione si era quindi diretto, insieme all'amata, al cimitero del villaggio, che con le sue tombe e le sue croci racchiudeva la chiesa parrocchiale. In quel luogo, considerato da tutta la comunita come lo spazio entro cui passato e presente, sacro e profano, incon-travano simbolicamente un'intima fusione contrassegnandone l'identita culturale, il fabbro celebro (rilasciando pure un attestato scritto di quanto era avvenutof quella che agli occhi di Giovan Maria Bertoli non poteva apparire che un'assurda cerimonia. Francesco Brigo e Barbara Malacarne si erano cosí scambiati gli anelli e la reciproca volonta di unirsi in un vincolo perpetuo davanti all'uomo cui essi riconoscevano evidentemente autorita in materia religiosa e civile, e in presenza di quei muti testimoni che ancora, in base alla loro convinzione, sigillavano la sacralita e la sacramentalita dei riti e delle consuetudini del villaggio. Nel suo consulto Giovan Maria Bertoli ricostruí quello che poteva essere definito il quadro tradizionale della vicenda: il ricorso al foro ecclesiastico della prima giovane, la presunta validita della promessa a lei rivolta dal Brigo, l'eventuale sua deflorazione ed infine il possibile ricorso al foro secolare per reclamare un'istanza di risarcimento. Di fronte alle pieghe assunte successivamente dalla vicenda il Bertoli non riusciva pero a rintracciare un fondamento logico che giustificasse quanto era avvenuto e non nascose, con imprevedibile durezza, come i responsabili avrebbero dovuto essere puniti con severita dallo stesso potere secolare: "... il professar di far funzioni da parocho, l'operar in un cimiterio, il far un matrimonio con poner l'anello e fargliene attestato e cosa da pazzo o e un burlarsi o pur un far poco conto della religione, anzi un offender la carica dei sacerdoti et insieme la dignita della Chiesa. Questa natura de' sprezzi in cose tanto importanti non si tolera dai principi cattolici et se il poco rispetto alli sacri tempii o pur all'orazioni che si cantassero contrafatte chiamerebbe la sferza et il rigore dei tribunali, quanto piü quello che cade nei sagramenti che sono dei principali fondamenti della nostra santa fede. 5 Sono di estremo interesse le osservazioni che Gabriel Le Bras stese a proposito della figura del fabbro: "Certi mestieri, come il fabbro o il mugnaio, esercitarono una certa influenza sulla loro clientela, ma soprattutto in campo politico. Fino alla fine del diciannovesimo secolo, la fucina è stata uno dei luoghi di ritrovo dei contadini, "il lavatoio degli uomini", e il fabbro ha goduto di una grande autorità. Nel villaggio egli è spesso il solo artigiano del ferro, percio è anche carradore e maniscalco. Ma in effetti è ad altre attività che egli deve la sua popolarità: "Si ricorreva a lui molto spesso, perché era al tempo stesso stregone, guaritore, medico e veterinario" (Le Bras, 1979, 140). 282 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 Anzi se per piü decreti dell'eccelentissimo Senato si puniscono criminalmente, cosí per il magistrato gravissimo sopra la bestemmia et in Terraferma per li pubblici rappresentanti, quelli che con la sposa loro e con testimoni si portassero avanti il parocho e dicessero, l'uno: questa e mia moglie, e l'altra: questo e mio marito, e ció non per altro se non perché tale formalita e diversa dal sacro Concilio di Trento, cosa si deve dire nel caso presente dove invece del parocho vi e un secolare che essercita il suo ministero? Meritano pero et il Brigo et il fabro, cosí per la materia come per la forma, e per hessempio insieme, di essere castigati e puniti..."6 Giovan Maria Bertoli, dall'alto della sua cultura giuridica e dotta, non riusciva dunque a cogliere la dimensione culturale di un episodio che rintracciava le sue origini e la sua stessa ragion d'essere in una concezione sacramentale della parentela e della religiosita che nei secoli precedenti, soprattutto nel mondo rurale, si era fusa intimamente con lo spirito e la vita delle comunita7 Nonostante i vistosi cambia-menti culturali e politici intervenuti nel corso del '500, e che il Concilio di Trento, pur contraddittoriamente, aveva raccolto ed interpretato, questa visione del mondo e della societa era riuscita a sopravvivere e a mantenersi (apparentemente integra), ancora a distanza di un secolo, pur in un contesto sociale ed economico provvisto di contenuti e di motivazioni ad essa sostanzialmente estranei? Sistemi di potere e potere delle istituzioni: alcuni problemi La relazione tra sistemi di potere e potere delle istituzioni non presuppone ovviamente una relazione immediata tra poteri istituzionali e poteri di fatto, che pure e densa di significati e di simbologie che si individuano essenzialmente nella capacita (o volonta) della sfera giurisdizionale e costituzionale di interpretare e inglobare le spinte provenienti dalle diverse forze sociali che, spesso con successo, riescono ad imporre, o comunque a manifestare in una certa misura, la propria influenza sulla vita concreta delle stesse istituzioni? La dizione sistemi di potere 6 ASV, Consultori in iure, filza 149, 6 gennaio 1697. 7 Un esempio significativo di ritualita collegate alla visione culturale della comunita e, ad esempio, quello descritto da L. Pavanetto negli atti di questo convegno. 8 Intorno a questi problemi Bossy (1990) e Bossy (1998). 9 Una concezione interpretativa, dunque, che si avvale ampiamente di una prospettiva giuridica, senza pero limitarsi agli aspetti formalistici delle questioni affrontate. Come ha osservato Denis Richet "la stragrande maggioranza delle persone - diciamo gli uomini del XX secolo - inglobano sotto questo vocabolo ("istituzioni") una realta piü limitata ma piü significativa: le "istituzioni", secondo il dizi-onario, sono le "leggi fondamentali, la costituzione, formale o materiale, che regge uno Stato"...; ma dovremo imporci di non cadere nelle limitazioni che questo metodo implica: la legge, per essere "fondamentale", non puó essere avulsa dall'ambiente spirituale e politico, intellettuale e sociale, economico e religioso che essa ha la funzione di riflettere, ma anche di influenzare". Per lo storico fran-cese e infatti necessario "rintracciare l'evoluzione delle cose dietro la facciata astratta dei testi o il 283 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 tende difatti a sottolineare la natura e la specificità antropologica delle forze sociali che, proprio in virtù delle loro caratteristiche (evidentemente mutevoli e diversamente variegate nel corso della storia), modellavano il potere istituzionale. Se appare evidente che con l'emergere, nel corso dell'età moderna, di realtà statuali sempre più visibili e influenti, la nozione di istituzioni tende inevitabilmente a raffrontarsi sempre più con l'azione dispiegata da strutture pubbliche e ammini-strative che nel XIX secolo approderanno ad una forma più compiuta (ma certamente non esaustiva della complessa realtà sociale), è tuttavia pur vero che un rove-sciamento di prospettiva (non necessariamente una prospettiva dal basso) è in grado spesso di collocare la ricerca storica in una dimensione interpretativa in cui la realtà istituzionale, per cosí dire, si scopre denotando la specificità della sua natura e conformazione e, soprattutto, della qualità dei suoi conflitti10 Nell'ambito delle relazioni individuabili tra sistemi di potere e potere delle istituzioni un ruolo rilevante è assunto dai rapporti intercorrenti tra Stato e Chiesa o, per meglio dire, tra potere secolare e potere ecclesiastico. Un tema che è stato am-piamente studiato e dibattuto, sino a divenire uno dei nodi centrali della storia delle istituzioni e della società. In quest'ottica le controversie, generatesi soprattutto a partire dal XVIII secolo, nella delicata materia matrimoniale, costituiscono un'ottima cartina di tornasole per entrare nel merito di alcuni dei problemi sollevati dal convegno. Le riflessioni che seguiranno e la casistica utilizzata in queste pagine (tratta dal caso veneziano) avranno dunque l'obbiettivo di circoscrivere ed analizzare alcune questioni che investono direttamente le relazioni esistenti trasistemi di potere e potere delle istituzioni. Stato, Chiesa e política matrimoniale L'antagonismo e i conflitti tra potere secolare e potere ecclesiastico raggiungono grigiore degli uffici, legare la storia delle leggi e dei regolamenti alla vita mutevole della società e dello Stato, interessarci meno alle istituzioni in quanto tali che al loro "spirito", cioè alla loro logica interna e alla loro coerenza storica" (Richet, 1998, 3-4). Una visione storica che tiene dunque conto delle profonde implicazioni esistenti tra poteri istituzionali e poteri di fatto (si veda, ad esempio, il capitolo dedicato ai 'corpi', Richet, 1998, 93-105) e alla loro reciproca influenza, ma che comunque sembra presupporre una concezione della storia istituzionale (e, forse, della stessa nozione di istituzioni) comunque imbrigliata nelle maglie invisibili di una prospettiva giuspubblicistica (si veda ad esempio Richet, 1998, 63-64, in cui l'autore pure delinea le "trappole della storia istituzionale"). 10 Un buon esempio di questo rovesciamento di prospettiva è costituito dai lavori di Norbert Rouland tesi ad indagare il diffuso pluralismo giuridico esistente nella società nonostante la presunta affer-mazione delle realtà statuali (Rouland, 1992); ed inoltre (e soprattutto) Rouland (1991) e Rouland (1995). La prospettiva di Rouland, a mio avviso, tende comunque a disconoscere le potenzialità di ascesa e di ridefinizione degli equilibri sociali create dalle istituzioni statuali, soprattutto a partire dal secolo scorso. Furono tali potenzialità che in definitiva favorirono l'affermazione del discorso giu-ridico codicistico e la netta preminenza del centro rispetto alla periferia (e alle sue consuetudini e alle sue normative). Per questi problemi cfr. invece Damaska (1991) e, pure, Van Caenegem (1995). 284 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 nel corso dell'eta moderna un'intensita tale da coinvolgere alcuni dei settori piü importanti della vita sociale. Tale intensita, cosí come la complessita delle inter-relazioni esistenti tra i due poteri (al di la della scontata dicotomia e, talvolta, della convergenza dei reciproci obbiettivi) inducono a riflettere sulla natura e sull'esatto significato da attribuire alla nozione di Stato e Chiesa, due entita considerate es-senzialmente come strutture istituzionali dotate di un profilo gerarchico che, prima ancora di esercitare un'influenza diretta sulla societa, traggono da questa origine, motivazioni e sviluppo. Interrogarsi sulla natura concreta dei conflitti intercorsi tra i due poteri, seppure limitatamente alla rilevante materia matrimoniale, significa, in fin dei conti, entrare in uno dei nodi storiografici che piü avvicinano alla comprensione della vita delle istituzioni nel corso dell'eta moderna. La vicenda, di cui Francesco Brigo fu intraprendente protagonista, riporta evidentemente a pratiche sociali, tradizioni giuridiche e consuetudini religiose che non solo erano state vive e consolidate nei secoli precedenti, sino a costituire quella nozione sacramentale del matrimonio che si inseriva in una sorta direligiositá della parentela assai diffusa in tutti gli strati sociali, ma che pure costituivano, in una certa misura, il sostrato culturale e interpretativo entro cui il diritto canonico e la stessa dottrina matrimoniale si calavano prestando la loro elaborazione dotta eculta. Nonostante queste tradizioni culturali non fossero del tutto ignorate, il Concilio di Trento fisso nuove regole giuridiche che con la loro maggiore rigidita mirarono a trasformare l'istituto matrimoniale, come ha efficacemente ricordato John Bossy, "da processo sociale garantito dalla Chiesa a processo ecclesiastico dalla Chiesa amministrato" (Bossy, 1990, 31). Le trasformazioni, di fatto, non trovarono pieno com-pimento che in un lungo periodo, soprattutto a causa delle forti resistenze che, particolarmente nel mondo rurale, si manifestarono nei confronti di una dottrina matrimoniale le cui nuove regole si distaccavano profondamente da una concezione intimamente sacramentale della vita e delle relazioni interpersonali (Bossy, 1998, 13, 18-19). La nuova dottrina matrimoniale elaborata dal Concilio di Trento, attenta in realta ad imporsi con cautela ed attenzione su pratiche sociali assai consolidate, mirava in definitiva a contemperare esigenze di ordine e di controllo nei confronti di una societa sottoposta a profondi processi di trasformazione, con la prudente difesa di equilibri ed assetti sociali il cui sostrato culturale era tenacemente innervato in tradizioni e ritualita, espresse solo in minima parte sul piano giuridico e formale.11 L'elaborazione dottrinaria tridentina in materia matrimoniale ebbe cosí l'effetto di far emergere, talvolta in maniera vistosa, ma comunque di certo in quanto problema percepito dalle 11 John Bossy ha osservato, a tal proposito che "ci sono molte argomentazioni a sostegno del punto di vista secondo cui il grande ostacolo all'uniformita tridentina non fu costituito né dalla ricaduta nel peccato a livello individuale, né dalla resistenza protestante, bensí dalle articolazioni interne di una societa nella quale la parentela era il vincolo sociale piü importante e la faida, per quanto in forma 'convenzionata', una fiorente attivita sociale" (Bossy, 1998, 11). 285 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 autorita secolari e religiose come politicamente rilevante nelle sue presunte dimensioni e conseguenze, fenomeni sociali che sino ad allora erano corvissuti, spesso pacificamente o comunque senza rilevanti tensioni, con una struttura cetuale che sul piano antropologico e politico traeva la sua giustificazione ideologica da una profonda concezione dell'onore e dello status privilegiato (Maravall, 1984, 75-86). Nel corso del secolo XVII e, piü ancora, nel successivo, la politica matrimoniale venne percepita soprattutto alla luce di fenomeni che, come i matrimoni clandestini, erano ritenuti pericolosi se non lesivi dell'autorita costituita, oppure, come nel caso dei matrimoni segreti, considerati fonte di disordine sociale o comunque turbativi di una corretta e ordinata trasmissione del patrimonio. Matrimoni clandestini e matrimoni segreti costituirono cosí un rilevante problema politico un po' in tutta Europa (Gaudemet, 233-234). Pratiche sociali, sino ad allora accettate o comunque tollerate, ed investite di una forte capacita manipolatrice degli equilibri cetuali, emersero nella loro nuova dimensione negativa e potenzialmente pericolosa. Gradualmente il potere secolare rivendico ed amplio la sua sfera giurisdizionale nei confronti di una materia (la politica matrimoniale) che sino ad allora era stata di esclusiva competenza del potere ecclesiastico. Stato e Chiesa si trovarono cosí a ridefinire le loro strategie e le loro scelte. I conflitti che si accesero (o all'incontrario, in talune situazioni, rimasero sopiti) rivelano come la questione non fosse di poco conto e, ancor piü, lungi dal costituire una nota significativa di una complessa strategia politica caratterizzata dal gioco delle parti o dalla comunanza di obbiettivi perseguiti dai due poteri, mirasse, in definitiva, attraverso le scelte via via attuate, a ridefinire o, all'incontrario, a man-tenere inalterati gli equilibri sociali esistenti. II detto di Graziano Quando, nel 1765, le sue rimostranze erano infine giunte sino alle supreme magistrature veneziane, Bortolo Rocco di Rovigno poteva di certo essere considerato uno dei tanti padri di famiglia (a cui altri di numerosi si sarebbero via via aggiunti) il cui onore era stato vilipeso non tanto dal comportamento della figlia (che egli stesso non avrebbe avuto dubbi a definire irreprensibile), quanto piuttosto dalle scappatoie offerte da una dottrina ecclesiastica matrimoniale ad uomini privi di scrupoli o comunque non inclini, per loro tornaconto o disposizione d'animo, a mantenere la parola a suo tempo data. La storia di Giovanna Rocco ci e nota - dopo che le istanze del padre avevano percorso un lungo e tortuoso tragitto istituzionale - tramite il resoconto, breve, denso ed intercalato da osservazioni giuridiche, steso da un consultore in iure, cui, come di consueto, era stato chiesto il parere in una materia che cosí da vicino toccava il fragile ed apparentemente inconsistente confine che separava la giurisdizione ec- 286 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 clesiastica da quella temporale.12 Giovanna aveva celebrato gli sponsali con Antonio Binussi, pure di Rovigno. Si era trattato di un fidanzamento ufficiale, celebrato, nell'ormai lontano 1757, alla presenza di amici e parenti: un atto che aveva sancito davanti a tutta la comunita l'impegno reciprocamente assunto dai due giovani l'uno nei confronti dell'altra. Fatto sta che le cose non erano andate per il verso giusto. Antonio aveva preso a frequentare un'altra giovane, Eufemia Surtichi e a nulla erano valse le proteste (e, crediamo, le minacce) avanzate dalla sua famiglia nei suoi confronti. Si era allora ricorsi alle vie istituzionali e l'esito era stato ampiamente positivo. Giovanna e la sua famiglia avevano ottenuto dai tribunali ecclesiastici ben tre sentenze positive. Infatti gli sponsali contratti tra la giovane e Antonio Binussi erano stati considerati del tutto legittimi dapprima dalla Curia vescovile di Parenzo (sotto la cui giurisdizione ricadeva Rovigno), poi dalla Curia metropolitana di Udine ed infine dalla stessa Nunziatura apostolica. Antonio Binussi, dunque, non solo sarebbe stato tenuto a mantenere l'impegno assunto nei confronti di Giovanna Rocco, ma pure non avrebbe mai potuto contrarre unione con qualsiasi altra donna. Anche dopo la dottrina elaborata al Concilio di Trento gli sponsali, cioe l'atto ufficiale di fidanzamento tramite cui due giovani s'im-pegnavano di sposarsi in un futuro piü o meno determinato, avevano, per cosí dire, teoricamente conservato il carattere sacrale che li aveva caratterizzati nei secoli precedenti. E la Chiesa, con il suo diritto e i suoi tribunali aveva ripetutamente ribadito il carattere impegnativo di quello che poteva essere considerato a tutti gli effetti un contratto stabilito di fronte a tutta la comunita. Fatto sta che le cose erano in realta profondamente mutate dopo che, nello stesso Concilio, era stata introdotta la nuova dottrina matrimoniale: la vera e legittima unione matrimoniale, (che, prima del Concilio era chiamatasponsali de praesenti per distinguerla dall'atto di fidanzamento, cioe gli sponsali de futuro), pur incentrandosi sempre sul reciproco scambio di consensi tra i due sposi, non avrebbe potuto essere considerata se non quella celebrata di fronte al proprio parroco e alla presenza di almeno due testimoni.13 Nonostante gli sponsali de futuro avessero mantenuto il loro carattere impegnativo di fronte alla comunita, in concreto avevano pero finito per smarrire quell'essenza che li aveva contraddistinti in origine, nel momento in cui il definitivo scambio di consensi avrebbe dovuto essere celebrato in chiesa e alla presenza del parroco (Lombardi, 1996, 225-227). La nuova configurazione isti-tuzionale dell'unione matrimoniale aveva sancito in definitiva la scissione tra con-tratto e sacramento, due nozioni che nell'ambito della comunita erano convissute per secoli nell'ambito di una concezione religiosa della parentela e dell'amicizia. Di certo la Chiesa vegliava perché l'impegno assunto tramite il fidanzamento venisse rispettato (e con esso il reciproco ed impegnativo scambio di consensi per il 12 ASV, Consultori in iure, busta 230, 23 febbraio 1764 m.v. 13 Sull'elaborazione del decreto tridentino Tametsi (Gaudemet 1989, 213-221). 287 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 futuro): la concessione delle cosiddettefedi di liberta da parte delle curie vescovili avrebbe in realta dovuto impedire che persone gia impegnatesi con un atto di fidan-zamento ufficiale potessero contrarre una diversa unione matrimoniale e rispettassero quindi l'impegno contrattuale assunto da due famiglie o da due gruppi. Ma come si potevano impedire abusi ed ingiustizie in una societa cosí profondamente divaricata, socialmente ed economicamente, al suo interno1?4 La normativa matrimoniale deliberata al Concilio di Trento era inoltre solo apparentemente rigida. In quell'occasione, difatti, nonostante le pressioni esercitate da paesi come la Francia, non si era definitivamente sancita l'illegittimita dei cosid-detti matrimoni clandestini, cioe di quei matrimoni celebrati senza il rispetto di tutte quelle formalita giuridiche previste, le quali pur non costituendo l'essenza dell'unione (data invece dal libero scambio dei consensi, dalla presenza del parroco e dei testi-moni) erano comunque richieste per attestarne la liceita (Lombardi, 1996, 221). In realta la nozione di clandestinita, dopo l'adozione delle disposizioni tridentine, mutava non di poco la sua essenza, quanto meno sul piano formale. Se a qualificarla, dapprima, era stata l'assenza di ogni forma di pubblicita nello scambio dei consensi tra i due nubendi, dopo il Concilio di Trento essa sarebbe invece stata determinata dall'assenza delle cosiddette stride (cioe pubblicazioni) che dovevano essere affisse sulle porte della chiesa per tre domeniche di seguito (Bossi, 1990, 30-31). Le isti-tuzioni ecclesiastiche divenivano dunque garanti, a tutti gli effetti, della validita dell'unione che sarebbe stata contratta. Sarebbe pero fuorviante sottolineare fuor di misura il ruolo di sottrazione svolto dalla Chiesa nei confronti di pratiche sociali consolidate nella societa. Le normative matrimoniali tridentine - cosí come l'imposizione della tenuta dei registri canonici a tutti i parroci - riflettevano l'esigenza (avvertita da piü parti) di affrontare le profonde trasformazioni sociali ed economiche che, in particolare, richiedevano un controllo piü attento sulla tramissione ideologica dei valori genealogici e patrimoniali.5 I matrimoni clandestini, in primo luogo, riflettevano evidentemente le tensioni esistenti da sempre tra generazioni contermini, tra chi si trovava a gestire l'autorita dei singoli gruppi parentali e chi ad essa, soprattutto per diretta filiazione, era sot-toposto. Tra chi, in definitiva, era detentore di un patrimonio e dei valori culturali che lo qualificavano, ritenendosi pure responsabile e tutore della loro trasmissione, e chi, infine, quei beni e quei valori avrebbe ricevuto (tramite successione legittima o testamentaria). Qualificando alleanze e parentele l'istituto matrimoniale (insieme alla successione testamentaria) definiva la natura e la specificita dei rapporti tra generazioni. Ad eliminare ogni forma di clandestinita sarebbe stato sufficiente decretare 14 Si veda a tal proposito le taglienti osservazioni di fra Paolo Sarpi in un consulto stilato a proposito dell'intricata vicenda che ebbe come protagonista emblematica la giovane Polissena Scroffa (Povolo, 1992, 228-229). 15 Sul rilievo culturale di queste trasformazioni Hirschman (1979). 288 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 chiaramente l'autorita del capo del gruppo parentale, richiedendo quindi per la legittimita dell'unione matrimoniale pure il consenso del padre di famiglia16 E' probabile che la Chiesa non adottasse misure severe contro i matrimoni clan-destini (misure atte ad eliminarli) in quanto consapevole che le nuove normative matrimoniali per poter essere accolte ed interiorizzate in tutti i ceti sociali avrebbero dovuto essere dotate di una certa flessibilita ed ambiguita. Ipotesi non priva di plausibilita, ma che comunque non giunge a spiegare la permanenza di una so-stanziale ambiguita nella dottrina matrimoniale adottata a Trento. E' molto probabile che i matrimoni clandestini (cosí definiti, evidentemente, con una dizione calata dall'alto) riflettessero pratiche sociali e tradizioni culturali profondamente innervate in una societa basata sullo status e l'onore. Una societa, dunque, in cui i matrimoni costituivano innanzitutto la sanzione di alleanze e di nuove parentele, ma anche la qualifica goduta da ciascuna famiglia sul piano della scala cetuale. Ogni matrimonio ridefiniva inoltre equilibri patrimoniali e, in taluni casi, rilevanti spostamenti di ricchezza. Laddove onore e ricchezza confliggevano appare evidente che una normativa matrimoniale flessibile e dai contorni imprecisi agevolasse alleanze non del tutto irreprensibili.17 La stessa e assai diffusa pratica del rapimento volontario, calandosi ambiguamente sul terreno dei conflitti generazionali e facendo presa sulla pregnanza dei valori collegati all'onore femminile (la ragazza rapita e poi non piü sposata dal rapitore sarebbe infatti stata colpita dal disonore) aveva probabilmente l'obbiettivo di ridefinire gerarchie sociali solo apparentemente consolidate18 16 E' da osservare che nella societá di antico regime alcuni istituti giuridici come la patria potestá e la successione testamentaria legittimavano il passaggio dei beni da una generazione alla successiva solo alla morte di colui che li deteneva (e non al momento del matrimonio di chi fuoriusciva dalla famiglia). Questo fattore comportava un controllo molto forte sulla generazione che sarebbe sub-entrata nella gestione dei beni. Un controllo che evidentemente interagiva con le scelte matrimoniali e successorie. E' presumibilmente intuibile che le famiglie della grande aristocrazia, detentrici del potere politico e religioso, riuscissero agevolmente non solo ad influire sulle scelte matrimoniali dei figli, ma anche a far annullare unioni realizzatesi in maniera clandestina o segreta. La rinuncia, da parte del Concilio di Trento, a considerare il consenso paterno come un elemento decisivo per la validitá del matrimonio aveva dunque la funzione di non irrigidire in maniera eccessiva l'istituto matrimoniale, al fine di permettere la continuitá di pratiche sociali che si sentivano ancora come vitali. 17 Lo studioso anglosassone James Casey ha osservato a tal proposito: "Le dottrine matrimoniali di cat-tolici e protestanti tendevano a convergere, ma ognuna di esse si adattava al tipo di societá cui si rivolgeva. Il fidanzamento e il matrimonio clandestino probabilmente possono godere di una certa tolleranza solo in determinati tipi di comunitá. In primo luogo deve sussistere una qualche incertezza sulla vera natura della mésaillance accusata da una delle due parti. Nell'area mediterranea vi erano le due gerarchie conflittuali dell'onore e della ricchezza e l'intervento dei tribunali ecclesiastici contri-buiva ad appianare questa tensione...; in secondo luogo, e di conseguenza, in una societá basata sul lignaggio tenderá a crearsi una qualche incertezza relativamente all'autoritá" (Casey, 1991, 135-136). 18 Sul rapimento e relativa bibliografia cfr. ora Ribordy (1998, 29-48). Una buona analisi delle rappresentazioni giudiziarie tramite cui il rapimento emerge a livello istituzionale, ma che pero non scende a cogliere i nessi profondi che sul piano sociale legittimavano la pur contrastata pratica del 289 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 Nel contrastato campo dell'onore la prassi dei matrimoni clandestini fungeva dunque da valvola di sfogo nei confronti di una società pregna dei valori dell'onore e delle prerogative conferite dallo status. Non è forse un caso che il matrimonio clandestino (preceduto, molto spesso, da un rapimento consensuale) venisse realiz-zato per aggirare quella che a tutti gli effetti appariva come una ferma opposizione del gruppo parentale e seguisse, non di rado, un precedente fidanzamentof sponsali de futuro) celebrato da uno dei due giovani. In quest'ultimo caso apparivano pero in tutta la loro evidenza le contraddizioni sottese alla normativa matrimoniale triden-tina. Di fronte, infatti, a sponsali celebrati in tutta la loro ufficialità e di fronte alla parentela dei due fidanzati e di tutta la comunità, come poteva essere considerato valido un matrimonio celebrato clandestinamente, attuato con sorpresa e contro la volontà dello stesso celebrante? Si trattava di un problema che i tribunali ecclesiastici avevano dovuto affrontare ben prima della riforma tridentina, ma, come si diceva, la nozione di clandestina era profondamente mutata a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento ed inevita-bilmente, di seguito alle nuove norme, si era paradossalmente trasferita nell'ambito di un istituto matrimoniale gestito controllato dalle istituzioni ecclesiastiche. Il paradosso (se cosí lo possiamo chiamare) era costituito dal fatto che la normativa tridentina aveva sancito, di fatto, una scissione più netta tra sacramento e contratto. Prima di Trento la Chiesa aveva interpretato istanze ed aspettative, i cui tratti sacrali e sacramentali si individuavano nella cerimonia degli sponsali, che costituivano pure l'attestazione visibile dei vincoli contrattuali stabiliti dalla nuova unione di fronte alla comunità. Dopo il decreto Tametsi, e l'ufficialità ecclesiastica della cerimonia nuziale, appariva evidente una scissione marcata tra nozione sacramentale del matrimonio (orami attestata dalla cerimonia in chiesa) e la sua nozione contrattuale (ancora espressa da accordi e patti che si coagulavano per lo più intorno alla cerimonia degli sponsali).19 Il paradosso di cui si parlava appariva in tutta evidenza nel momento in cui la Chiesa, pur ribadendo i vincoli sacramentali generati dagli ratto. Alcune osservazioni interessanti invece in Casey (1991, 129-133): "La tipica istituzione del ratto nasce dall'ambivalenza che caratterizza il corteggiamento nei paesi mediterranei. Fu senza dubbio per facilitare la riconciliazione e per evitare le faide tra famiglie che la Chiesa cattolica escogito l'espediente del rapimento legalizzato che consentiva di salvare le apparenze... I matrimoni clandestini potevano godere della protezione ecclesiastica solo se non contrastavano eccessivamente con le convenzioni sociali, ossia se potevano conciliare due concezioni confliggenti della gerarchia sociale, quella più antica basata sull'onore e quella più recente basata sulla ricchezza. L'amore, o passione, che sfidava queste convenzioni doveva contentarsi di un'esistenza fuorilegge...". Alcuni esempi significativi di manipolazione della pratica del ratto da parte delle famiglie aristocratiche della Terraferma si ha nel saggio di V. Cesco, pubblicato negli atti di questo convegno. 19 "Il Concilio di Trento, in particolare, varo un codice matrimoniale che si contrapponeva alle tradi-zioni collettiviste e contrattualiste della morale parentale, invalidando i matrimoni non celebrati pub-blicamente davanti al parroco... Tutto cio si caratterizzo di conseguenza come un vigoroso attacco contro sposalizi e fiançailles extrasacramentali che continuavano ad ispirarsi, in pieno XVI secolo, alla teoria contrattualistica del matrimonio..." (Bossy, 1998, 13). 290 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 sponsali, doveva puré attestare la legittimita di unioni celebrate clandestinamente di fronte ad un proprio rappresentante. Fu probabilmente questa divaricazione tra contratto e sacramento ad incentivare le ingerenze del potere secolare in una materia che la Chiesa aveva autonomamente interpretato da secoli. Si potrebbe dire che nel momento in cui, facendosi interprete delle nuove istanze sociali, la Chiesa elaboro una configurazione piü nettamente istituzionale dell'istituto matrimoniale (senza per questo rinunciare, come si e visto, a raffrontarsi con tradizioni culturali ancestrali), essa si trovo in difficolta proprio nella gestione della sua consueta opera di mediazione e di rielaborazione dei valori e delle pressioni sociali. Difficolta a mediare tra contratto e sacramento, tra una societa ancora pregna dei valori dell'onore, ma profondamente incrinata dalla gerarchia ascendente della ricchezza; e, ancora, tra una concezione ideologica intrisa dei valori del lignaggio e della parentela ed un'altra diversamente imperniata sull'autorita del capofamiglia. I contrasti tra potere secolare e potere ecclesiastico trovarono probabilmente origine dalla difficolta a coniugare valori cosí contrastanti, ma, si potrebbe aggiun-gere, anche dalle scelte di fondo, non indifferenti, che comportava lo scioglimento di conflitti sociali e cetuali che influivano direttamente sugli assetti politico-isti-tuzionali.20 E' probabile che Antonio Rocco di Rovigno non cogliesse le sottili differenze esistenti tra contratto e sacramento, ma di certo - e di questo vi possono essere pochi dubbi - era perfettamente consapevole di avere buone ragioni da vendere, ancora avallate dalla tradizione e, paradossalmente, dallo stesso diritto canonico. Consa-pevole, all'incontrario, di quanto fosse intricata la matassa, era invece il consultore Fanzio, cui le autorita veneziane si erano rivolte per ottenere un parere giuridico in merito alla questione. II consultore ricordo da subito come gli sponsali costituissero una promessa di matrimonio futuro e, come tutti gli impegni, conservassero implicitamente un valore contrattuale vincolante: "Questa promessa e della stessa natura delle altre promesse e niente meno delle altre obbliga le parti ad adempiere a tempo debito, cioe alla celebrazione del matrimonio, astringendole di tal sorta che ponno bensí mettersi in liberta di comun consenso, ma non mai una sola di esse puo ritirarsi ad arbitrio dell'incontrato impegno; il che non potrebbe fare se non con grave offesa della giustizia, quando non convenissero ragionevoli cause che coonestassero il di lei pentimento". 20 Sulla política matrimoniale nella Repubblica di Venezia rinvio ai fondamentali lavori di Cozzi, in particolare Cozzi, 1976, 169-213; 1991, 7-95; 1981, 275-360. 291 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 Dalla vicenda esposta nell'istanza di Antonio Rocco non si scorgeva come lo sposo potesse infrangere gli sponsali e percio sembrava auspicabile che la giustizia secolare lo costringesse infine a mantenere la parola data, anche per evitare lo scandalo e le inevitabili ritorsioni che sarebbero insorti all'interno della comunita. In realta pero - continuava il consultore - le cose non apparivano cosí semplici. Se, difatti, il matrimonio clandestino si fosse realizzato a tutti gli effetti "detto Binussi non potrebbe esser obbligato al matrimonio con Giovanna Rocco, perché il matrimonio clandestino celebrato con Eufemia Sustichi sarebbe valido, benche illecito, ed in conseguenza sarebbe un vincolo indissolubile che stringerebbe molto piü forte il Binussi alla Sustichi di quello che gli sponsali lo stringessero alla Rocco, onde ben scorge la gloriosa prudenza di Vostra Serenita che prima di obbligarlo a servar la fede data alla Rocco sia necessario certificarsi che il matrimonio tentato colla Sustichi sia tentato invano... Circa il matrimonio procurato dal Binussi clandestinamente, che e il secondo punto delle umilissime nostre considerazioni, il Concilio di Trento condanna non solo i matrimoni clandestini contratti senza la presenza del parroco e di due testi-moni, ma ancora quelli che si celebrano senza le previe tre proclamazioni da lui providamente prescritte, dandosi pero tra gli uni e gli altri questa diferenza: che i primi non sono solo illeciti ma ancora invalidi, la dove i secondi non sono invalidi ma soltanto illeciti".21 Il consultore Fanzio indicava dunque la diversa nozione di clandestinita generata dalle norme tridentine, ma anche l'inconsistenza del valore contrattuale deglisponsali di fronte ad un matrimonio clandestino celebrato alla presenza del proprio parrocá2 ed di alcuni testimoni (pur occasionali). Sottolineando l'illegittimita dei matrimoni clandestini pretridentini (tali perché celebrati di nascosto) egli avvertiva indiret-tamente il paradosso dottrinale elaborato al Concilio di Trento. Non cosí invece per un altro consultore, il Dalle Laste, che nel 1783, richiesto di un parere su un matrimonio clandestino celebrato in tutta regola, osservo come la presenza del proprio 21 ASV, Consultori in iure, busta 230. 22 In un consulto redatto nel 1793 Piero Franceschi ricordo sinteticamente come questo requisito fosse essenziale: "sopra il caso partecipato a questo eccelso tribunale dal padre Ludovico Gallo, superiore dei padri Minimi di questa Dominante, e manifesta la contravenzione commessa dalle cinque persone a lui sconosciute, cioe tre uomini e due donne, che entrate in chiesa e due di loro avvicinate all'altare nell'atto che il medesimo sul fine della santa messa era per dar la benedizione al popolo, la donna grido: questo e mio marito, e l'altro: questa e mia moglie, dopo di che presa una barca passarono alla locanda dell'Imperatrice di Moscovia a San Luca. Senza l'intervento del parroco o di sacerdote specialmente delegato ogni matrimonio e clandestino ed e nullo, come sarebbe anche il presente" (ASV, Consultori in iure, busta 288, 9 dicembre 1793). La presenza del parroco o di sacerdote appositamente delegato aveva evidentemente la funzione di verificare le fedi di liberta dei contraenti. 292 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 párroco, pur coito di sorpresa, e di alcuni testimoni costituisse un requisito sufficiente a trasformare uno scambio di consensi in un vero e legittimo matrimonio. E di questo, egli continuava, non c'era di che stupirsi: "Sara l'atto in tal forma illecito o peccaminoso, ma non invalido, né puo invalidarlo né la mancanza della benedizione parrocchiale, né l'omissione delle stride ordinate dallo stesso Concilio, né sentenza vescovile a favor d'una contradizzione, poiché la promessa fatta ad altra femmina non rende invalido il matrimonio contratto con un'altra. E questo pure sta deciso in chiarissimi termini nel decreto di Graziano: che chi avra data parola ad una non deve prender per moglie un'altra; se poi prendera un'altra deve far penitenza della mancanza di fede, ma si resti con quella che ha preso, non si dovendo tagliare un sacramento si grande".23 Con un vero e proprio escamotage il Dalle Laste individuava dunque una sorta di continuita nella normativa dottrinale elaborata a partire dal XII secolo sino al Concilio di Trento, non avvertendo come lo spostamento di accento nel concetto di clandestinita avesse modificato il valore sostanziale di contrattualita insito nello scambio dei consensi tra i due nubendi.24 A riprova di quanto il quadro interpretativo e conflittuale fosse ormai mutato stava del resto a testimoniarlo non solo l'ingerenza del potere secolare sul versante, per cosi dire contrattualistico, delle cause matrimoniali - prima di Trento di quasi esclusiva pertinenza dei tribunali ecclesiastici -, ma pure la palese intromissione dei tribunali statuali in una sfera giurisdizionale, quale quella dei matrimoni clandestini, che, per la sua stretta attinenza con gli aspetti essenzialmente sacramentali dell'unione matrimoniale, avrebbe dovuto competere alle autorita religiose.25 Sul versante della politica matrimoniale e delle unioni clandestine Stato e Chiesa, lungi dall'operare in accordo e in una sorta di divisione delle competenze, dovettero dunque soggiacere ad una sostanziale pressione (e selezione) degliinputs rivolti dalle forze sociali alle istituzioni giudiziarie, elaborando di conseguenza, spesso in maniera controversa, scelte, se non vere e proprie strategie ideologiche, che alla lunga assai difficilmente non avrebbero potuto influire sul piano degli equilibri cetuali e politici. 23 ASV, Consultori in iure, busta 267, 2 maggio 1783. 24 Con la nuova normativa matrimoniale il potere manipolatore dei gruppi parentali veniva note-volmente a ridursi, ma le istituzioni ecclesiastiche dovettero affrontare le contraddizioni insite in una divaricazione cosi vistosa tra sacramento e contratto (ben presto rivendicato, quest'ultimo, dal potere secolare). 25 Ad esempio nella Repubblica di Venezia i matrimoni clandestini cominciano ad essere perseguiti da tribunali che come la Corte pretoria di Padova erano insigniti di notevole autorita giurisdizionale direttamente conferita dal centro dominante, cfr. su tale problema Povolo (1996, 56). 293 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 L'emergere della tradizione Potere secolare e potere ecclesiastico, quantomeno a partiré dalla fine del '500, erano dunque sollecitati dalla complessita delle istanze sociali a fornire risposte sul piano giuridico-istituzionale e, aspetto ancor piü importante, su quello giudiziario. Risposte che, nel discorso giurisdizionale che si sviluppo tra Sei e Settecento, tesero principalmente ad enuclearsi nella distinzione operata in maniera piü netta tra contratto e sacramento, ma che evidenziarono pure la preoccupazione delle autorita secolari ad intervenire, in maniera piü intensa e decisa, in una materia che come quella matrimoniale toccava cosí da vicino la salvaguardia della famiglia e degli equilibri patrimoniali ed ideologici che le erano sottesi. La tradizionale competenza della Chiesa nella sfera sacramentale sottolineava la sua adesione a valori ed interessi che affondavano le loro radici in una societa ancora pervasa dal senso dell'onore, della parentela e dello status. La stessa struttura ge-rarchica della Chiesa poteva essere considerata, in un certo senso, come riflesso diretto di una societa profondamente intrisa della distinzione di ceto e di status. L'idioma dell'onore, pur riflettendo valori universali che come quelli collegati al genere maschile e femminile connotavano l'intera societa, definiva pure la posizione di ogni individuo e di ogni gruppo secondo una gerarchia di precedenza e di status giuridico. La dottrina matrimoniale elaborata a partire dall'XI secolo dai teologi esprimeva questo stato delle cose e, lungi dal porsi come un vero e proprio sistema impositivo, rifletteva valori sostanzialmente condivisi dall'intera societa. Era compito del diritto canonico e dei tribunali ecclesiastici veicolare la pluralita delle istanze che giungevano alle istituzioni e, di conseguenza, mediare e manipolare la normativa esistente alla luce delle esigenze dei ceti superiori e delle loro aspettative in campo patrimoniale e successorio. Un istituto come ilmatrimonio presunto, ad esempio, che tendeva a considerare teoricamente valida la promessa di matrimonio (anche se informalmente scambiata) subito seguita dal rapporto sessuale, esprimeva la risposta fornita dal diritto canonico ad istanze che non potevano essere contemperate da una dottrina matrimoniale alquanto rigida26 Esplicitando regole matrimoniali piü ferree il Concilio di Trento, come gia si e detto, mise indirettamente in rilievo l'esistenza di pratiche sociali che sino ad allora avevano proliferato nella sfera informale delle relazioni familiari e cetuali (quella che Jack Goody ha definito l'economia nascosta della parentela (Goody, 1995, 215-227)), nonché il ruolo essenziale svolto dagli stessi tribunali ecclesiastici nell'adeguamento 26 Sul matrimonio presunto cfr. Gaudemet (134-135), il quale osserva che "la teoria del matrimonio presunto d'altronde fu accolta dai teologi non senza resistenze. Lasciando ai canonisti la sua valu-tazione in foro esterno, essi, per la validita del matrimonio in foro interno, esigevano che l'unione fosse accompagnata da un consenso reale al matrimonio...". E' probabile che l'istituto del matri monio presunto servisse in realta per avallare pratiche sociali che, come il rapimento consensuale, erano assai diffuse nella societa. 294 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POYOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 delle normative giuridiche alla pluralità delle istanze e degli interessi in gioco. Se la più incisiva dottrina matrimoniale tridentina era stata elaborata sulla spinta delle esigenze che il nuovo contesto economico e sociale aveva ormai prospettato come ineliminabili, era pur vero infatti che una parte, consistente ed influente, della stessa società era ancora intensamente rivolta al passato, ai suoi valori culturali e, non ultima, alla vischiosa sfera dell'onore e dello status. Di riflesso alla nuova concezione del matrimonio e della famiglia, antichi istituti, che sino ad allora avevano svolto una funzione importante nel mantenimento degli equilibri esistenti, cominciarono ad es-sere percepiti come estranei o financo ostili alla nuova sensibilité con cui si percepiva la famiglia e il ruolo che essa avrebbe dovuto svolgere nell'ambito della società. E' probabile che le tensioni originatesi dalla complessità dei risvolti sociali ed economici sottesi alla normativa tridentina finissero infine per far emergere le contraddizioni insite nella politica matrimoniale della Chiesa e nella difficile opera di mediazione e di interpretazione svolta dai suoi tribunali. Tensioni che, come si è osservato, muovevano dall'esigenza di far proprie istanze ed interessi dall'impronta innovativa, ma anche dalla constatazione che larghe, e di certo non minoritarie, fasce della società erano ancora sorrette da una concezione tradizionale della famiglia e della parentela. Contraddizioni che inevitabilmente assunsero una dimensione politica, soprattutto nel momento in cui vennero a calarsi sul decisivo terreno della trasmissione del patrimonio e dei suoi valori culturali. Fu, forse, proprio per affrontare la dimensione politica dell'istituto matrimoniale e i suoi indubbi riflessi sugli equilibri cetuali che il potere secolare s'intromise, con sempre minori esitazioni, in settori giurisdizionali che tradizionalmente erano sempre stati di quasi esclusivo appannaggio ecclesiastico. Si tratto a volte di rivendicazioni di principio, ma più spesso le intromissioni scelsero più pragmaticamente la via giudiziaria e processuale. Tra gli istituti che il Concilio di Trento, con le nuove scelte normative, fece indirettamente emergere nella sua complessità e valenza politica, un posto di rilievo 10 occupo il cosiddetto matrimonio segreto. E non si tratto di cosa di poco conto come stanno a dimostrare sia gli interventi che in taluni stati il potere secolare assunse contro questo istituto, cosí come, in negativo, la scelta intrapresa in altre realtà statuali di non interferire nei suoi confronti per il timore di incidere sensibilmente sugli equilibri sociali esistenti. 11 matrimonio segreto Tra il giugno e l'agosto del 1790 Piero Franceschi, illustre consultore della Repubblica, stese due pareri scritti sui matrimoni segreti. A richiederglieli erano stati i Capi del Consiglio dei dieci, sollecitati da due suppliche loro pervenute rispet-tivamente da Brescia e Belluno. Si trattava, in entrambi i casi, di vicende ingar- 295 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 bugliate, dall' indubbio rilievo patrimoniale e successorio27 La prima riguardava le figlie eredi di Giuseppe Rocca, che sollecitavano aper-tamente le autorità secolari ad intervenire nei confronti della Curia vescovile di Brescia per ottenere una specifica dichiarazione sulla presunta esistenza di un matrimonio segreto tra Maria Pizzimenti, vedova del defunto, e Francesco Feriani, suo agente e dipendente. Da alcuni anni verteva una lite giudiziaria tra le eredi del Rocca e la moglie di quest'ultimo, la quale era stata espressamente nominata usufrutturaria dei beni caduti in successione. Il diritto di usufrutto era infatti con-dizionato dalla persistenza dello stato vedovile, e un secondo matrimonio, ancorchè celebrato segretamente, avrebbe leso le volontà del testatore. Il contesto entro cui si collocava la seconda vicenda era ancor più denso di tensioni e conflitti e vedeva coinvolta un'intera famiglia civile di Belluno. Paolo Antonio Odoardi aveva appena compiuto i diciotto anni quando, nel maggio del 1790, si era segretamente sposato con Francesca Pagliaro. Non aveva incontrato particolari difficoltà ad intraprendere tale scelta in quanto, per la morte di entrambi i genitori, non era soggetto alla paterna potestà. Il matrimonio non poteva certo essere definito tra i più socialmente irreprensibili. Francesca, infatti, proveniente da Cison era giunta da poco tempo in casa Odoardi in qualità di domestica. La giovane età dello sposo e la sua superiore estrazione sociale avevano dunque consigliato la celebrazione di un matrimonio segreto. Si era pero trattato, come osservo il Franceschi, di un'unione perfettamente regolare. Il matrimonio, infatti, era stato celebrato da un sacerdote appositamente delegato dal vescovo e alla presenza di due testimoni. La registrazione dell'atto e le relativefedi di libertà con l'esenzione dalle consuete pubblicazioni erano segretamente conservate nell'archivio della curia vescovile di Ceneda, diocesi cui apparteneva la giovane sposa. Ma di li ad alcuni mesi, giunti a conoscenza dell'accaduto, i fratelli e lo zio dell'Odoardi avevano reagito duramente. Tanto avevano fatto che infine Paolo Antonio Odoardi aveva ceduto alle loro richieste. Tramite un avvocato scelto dalla famiglia il giovane aveva richiesto alla curia vescovile che il suo matrimonio fosse pubblicato e quindi reso conforme a tutte le altre unioni. Una volta pubblicato il matrimonio infatti avrebbe potuto essere impugnato e invalidato. Gli Odoardi ave-vano pero pensato bene di non intraprendere una causa giudiziaria presso il foro ecclesiastico (anche perché di altra diocesi). Erano cosi ricorsi ai Capi del Consiglio dei dieci mettendo in rilievo alcune presunte irregolarità compiute dal parroco che aveva celebrato il matrimonio e persino taluni abusi commessi dal cancelliere vescovile cui competeva il rilascio di copie dell'atto matrimoniale. Di fronte alla complessità giuridica e giurisdizionale che le richieste d'intervento rivolte al potere secolare lasciavano chiaramente denotare, i Capi del Consiglio dei dieci ritennero opportuno sottoporle all'attenzione di Piero Franceschi per ottenerne un parere. 27 I due consulti sono in ASV, Consultori in iure, busta 285, 16 giugno e 10 agosto 1790. 296 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTE IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 Entrambe le vicende erano dunque incentrate sulla celebrazione di un matrimonio segreto e e sulle inevitabili implicazioni che la suapubblicazione avrebbe comportato non solo nei confronti dei rispettivi contraenti, ma anche dei loro familiari e parenti. Il matrimonio segreto aveva alcuni tratti in comune con il matrimonio clandestino. Sia l'uno che l'altro erano infatti caratterizzati da un dato non irrilevante: l'assenza di quelle formalita giuridiche che, pur non invalidando il matrimonio, impedivano che la nuova unione incontrasse l'esplicito od implicito consenso da parte della comunita. A diversita del matrimonio clandestino quello segreto veniva perz celebrato senza le necessarie pubblicazioni (e senza essere registrato negli appositi registri canonici) previa autorizzazione delle autorita ecclesiastiche, le quali, verificata la legittimita dei requisiti previsti, potevano a tal fine delegare un sacerdote diverso dal parroco dei due nubendi. Ovviamente, data la sua segretezza, tale tipo di matrimonio non aveva immediati riflessi sul piano civile se non dopo la sua eventualepubblicazione e conseguente omologazione alle altre unioni matrimoniali. Clandestinita e segretezza sono due termini che se pure sul piano giuridico presuppongono la diversa liceita dell'unione celebrata, suggeriscono in realta un'interpretazione univoca: l'esigenza riflessa dal diritto canonico di interpretare e mediare in maniera flessibile pratiche sociali che evidentemente, dato il loro radi-camento e diffusione, avrebbero faticato ad essere integrate nella normativa matrimoniale vigente. Fu tale normativa, come gia si e osservato, che le fece visibilmente emergere dal terreno in cui prosperavano da secoli, prospettandole come un problema politico e sociale di tutto rilievo. Matrimonio clandestino e matrimonio segreto indicavano, in definitiva, l'esistenza di un pluralismo giuridico che era diretta emanazione di una societa suddivisa in ceti ed amalgamata dall'idioma dell'onore. Paradossalmente era dunque la palese mediazione predisposta dalle autorita ecclesiastiche nei confronti di spinte ed istanze sociali a caratterizzare la clandestinita o la segretezza dell'unione celebrata. Se queste, come avvenne nel corso del '700, fossero profondamente mutate, i due istituti avrebbero finito per smarrire i loro contorni precisi. Come ebbe ad osservare Piero Franceschi, a proposito di una delle due vicende sottopostegli dai Capi del Consiglio dei dieci, il destino del matrimonio segreto "si trova ondeggiante negli arbitri privati che non vengono sotto l'occhio del Principe; e quel legame segreto, che molto assomiglia ai matrimoni clandestini proibiti dall'accennato Concilio, passa felicemente nell'opinione comune come per una materia interiore di coscienza e del solo foro dell'anima". Nel suo consulto, redatto per la vicenda bresciana, l'illustre consultore colse chiaramente i problemi sottesi all'esistenza dell'istituto del matrimonio segreto. Un istituto assai antico, o per meglio dire unapratica che i canonisti facevano risalire alla seconda meta del dodicesimo secolo sulla scorta di una decretale del pontefice Alessandro terzo. Egli noto come il matrimonio segreto fosse stato proibito in Francia ormai da molto tempo, con la conseguenza che i figli nati da tali unioni 297 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 venivano esclusi da ogni diritto sul patrimonio paterno, mentre "in Italia e nel Veneto Dominio vennero tolerati sino al giorno presente, essendosi lasciato il governo di questo affare, senza veruna legge, in mano del sacerdozio"28 Piero Franceschi colse assai bene come talepratica traesse origine da una societa ancora pregna dei valori dell'onore: "Il motivo di concedere queste licenze, o per meglio dire dispense dalle vere solennita prescritte dal Concilio di Trento e protette da molte leggi sovrane viene dedotto dal bisogno di qualche asoluzione per delitto occulto, dall'oggetto di convertire il concubinato in matrimonio, dalla notabile differenza de' coniugandi, dal desiderio di conservare il decoro e la pace delle famiglie, dalla supposta necessita di provvedere al buon concetto e da altri rispetti particolari de' contraenti". Spinte assai diverse potevano dunque consigliare il ricorso ad un istituto che per il requisito essenziale della segretezza aveva evidentemente il fine precipuo di evitare che l'unione matrimoniale producesse effetti giuridici sul piano patrimoniale e suc-cessorio. Il matrimonio segreto, in maniera ancora piü visibile di quello clandestino, era espressione di una societa in cui le caratteristiche dello status e dell'onore definivano rigidamente la qualita dei rapporti sociali. Si potrebbe anzi aggiungere che se il matrimonio clandestino rifletteva le tensioni esistenti all'interno di una societa sottoposta all'emergere di valori nuovi incentrati sulla ricchezza e su diversi rapporti economici, quello segreto era espressione della forte resistenza opposta da forze sociali che individuavano il loro prestigio e la loro stessa ragion d'essere nella tradizione e nella continuita dei suoi valori ideologici. Vero e proprio strumento manipolatore delle strategie matrimoniali dei lignaggi, il matrimonio segreto incontrava evidentemente un piü disponibile accoglimento soprattutto laddove la difesa del patrimonio della famiglia si coniugava ad un ruolo politico rilevante occupato dai suoi membri. Come ha dimostrato di recente V. Hunecke tale istituto venne ad esempio utilizzato ampiamente dallo stesse ceto dirigente veneziano (Hunecke, 1997, 131-132). Difatti si trattava di uno strumento assai duttile che, come gia si e osservato, aiutava a mantenere integro il patrimonio familiare, ma che poteva altresi costituire eventualmente il necessario supporto (trasformandosi, tramite la sua pubblicazione, in un regolare matrimonio) ad una politica matrimoniale che, per le sue scelte di fondo, doveva frequentemente fare i conti con gli eventi biologici negativi. Laddove, nel corso dell'eta moderna, una gerarchia sociale fortemente carat-terizzata dai valori dell'onore e del privilegio fu comunque sottoposta alle pressioni provenienti dalle trasformazioni economiche e sociali che sottolineavano il peso determinante occupato dalla ricchezza, il matrimonio segreto rivelo in maniera espli- 28 Questo brano, come i seguenti, e tratto dal consulto steso nel giugno 1790. 298 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 cita e visibile il suo carattere manipolatore, essenzialmente funzionale al mante-nimento degli equilibri cetuali predominanti. Nei paesi in cui il potere centrale monarchico favorí l'emergere di un'élite e l'ascesa di nuovi ceti, tale istituto venne apertamente additato come una pratica pericolosa nei confronti del corretto ordine sociale. E, di fatto, esso finí per smarrire qualsiasi valenza politica di fronte alla decisa volonta delle autorita secolari nel definire i precisi criteri giuridici che qualificavano la validita dell'unione matrimoniale e, di converso, il suo rilievo contrattuale. Iniziative di tal sorta, come ebbe ad osservare Piero Franceschi, non vennero intraprese in Italia, dove piü forte era il peso della tradizione e dei valori imperniati sull'onore. E tanto meno potevano essere assunte in uno stato come la Repubblica di Venezia, retta, al suo vertice, da un ceto aristocratico. Il matrimonio segreto costi-tuiva difatti uno strumento indispensabile per risolvere le contraddizioni esistenti all'interno delle Case aristocratiche e per caratterizzare una politica matrimoniale in grado di assicurare quella trasmissione del patrimonio che piü era consona al mantenimento e alla gestione del potere. E, difatti, a differenza di quanto non avvenne per il matrimonio clandestino29 non si ebbero mai interventi legislativi per limitare o condannare una pratica sociale assai diffusa tra i ceti medio-alti. Alcuni consulti stesi nella seconda meta del '700 indicano pero come, nella complessiva ridiscussione dei rapporti tra potere ecclesiastico e potere secolare nei confronti della politica matrimoniale, anche l'istituto del matrimonio segreto fosse ormai avvertito come un problema che stonava, se non contrastava, con la nuova sensibilita tramite cui si percepiva la dimensione della famiglia. A far emergere la questione dei matrimoni segreti, in tutta la sua rilevanza politica, fu nel 1755 un'aspra contesa tra due famiglie aristocratiche vicentine. Da tempo una relazione segreta univa i due giovani Orsola Tornieri e Muzio Negri. L'ostilita delle rispettive famiglie li aveva spinti a contrarre un matrimonio segreto nella parrocchia veneziana di Sant'Apollinare. Di seguito alle tensioni emerse, il caso venne sottoposto all'attenzione del consultore Montegnacco, il quale rilevo non solo le palesi irregolarita dell'unione tra i due giovani, ma pure l'estensione di un fenomeno sommerso che le autorita secolari avrebbero ben faticato a percepire nei suoi contorni precisi. Il parroco di Sant'Apollinare, come osservo il Montegnacco, non solo teneva irregolarmente un registro dei matrimoni segreti, ma negli anni precedenti aveva pure celebrato alcune di tali unioni senza essere provvisto della necessaria delega concessa dal Patriarca o comunque avallando abusi ed irregolarita (come quella, ad esempio, di celebrare matrimoni segreti tra persone appartenenti a diocesi diverse da quella veneziana)30 29 Gli interventi contro i matrimoni clandestini si possono ragionevolmente spiegare con il fatto che essi miravano a contenere pratiche sociali di piü difficile controllo e che, rispetto, alla loro originaria funzione, si erano sviluppate ed estese ben al di la dei consueti limiti di mediazione predisposti dalle autorita ecclesiastiche. 30 Il lungo consulto di Montegnacco e in ASV, Consultori in iure, busta 234, cc. 355-364. Il consultore 299 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POYOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 II matrimonio tra Orsola Tornieri e Muzio Negri Yenne annullato dal vescoYo di Vicenza, cui lo stesso Montegnacco aveva consigliato fosse rimessa la decisione del caso. Il consultore, pur rivendicando il diritto della potesta secolare di intervenire penalmente nei confronti di chiunque avesse abusato in una tale materia, individuava comunque le implicazioni politiche sottese alla celebrazione dei matrimoni segreti. Il Principe aveva infatti il potere di punire "non solo sopra le persone laiche, ma eziamdio sopra delle ecclesiastiche le ingiurie fatte a Dio, con abuso del loro ministero e de' sagramenti, non che quelli inferti alli rispetti del Principato, mettendo a pericolo la quiete pubblica, la pace privata de' sudditi e lo stato delle famiglie colla loro imprudenza". Il consultore, del resto, consigliando la massima prudenza, non poteva di certo rivendicare nettamente istanze giurisdizionalistiche in una materia in cui lo stesso patriziato veneziano era pienamente e contraddittoriamente coinvolto. Nel 1764 il patriarca di Venezia ordino che tutte le registrazioni dei matrimoni segreti fossero depositate in curia. Era quanto, poco piü di vent'anni prima, il pon-tefice Benedetto XIV aveva gia decretato in una bolla. Il decreto patriarcale aveva subito consigliato i Capi del Consiglio dei dieci a richiedere il parere dei propri consultori in tale materia. Commentando il contenuto del decreto, il consultore Fanzio osservo, senza infingimenti, che "l'uso di Venetia e che si fatti matrimoni si notino a parte, ora da parochi ed ora da confessori, da quelli cioe a quali dalla sacra penitenzieria vien specialmente commesso d'assistere ai sudetti; le quali note alle volte si perdono perché passano da una mano all'altra ed altre volte non e possibile ritrovarle per essere elleno in mani del tutto ignote ai bisognosi ricorrenti"31 Si trattava di affermazioni non prive di una certa dose di esagerazione, ma che esprimevano comunque come il matrimonio segreto fosse un istituto ampiamente e discrezionalmente gestito dal potere ecclesiastico sulla scorta delle piü svariate richieste provenienti dal contesto sociale. Le vicende che, tramite questi consulti, giungevano sino alle supreme magistrature veneziane esprimono comunque come, nonostante la sua delicatezza, il problema emergesse per le sue implicazioni patrimoniali e successorie. I conflitti tra famiglie o all'interno della stessa famiglia erano dunque resi piü acuti dalla persistenza di un istituto che per la sua duttilita (come gia si e visto poteva difatti essere reso pubblico a discrezione dei due contraenti) contrastava con le norme giuridiche esistenti e con l'esigenza, sempre piü avvertita, di una certezza del diritto. E' molto probabile (come del resto avveniva per altre questioni emerse sulla si soffermo in particolare sui brevi concessi dalla Penitenzieria romana che, analogamente alle dispense vescovili, permettevano la celebrazione dei matrimoni segreti: "Simili carte della peniten-zieria, cioe di questa seconda qualita, in Francia non hanno luoco, perocche essendo vietato in quel regno, coll'editto 1697, ogni qualita di matrimoni senza le solennita ricercate da quella legge, non ardirebbe alcun curato in contravenzione del decreto reale far uso di carte forastiere che potessero in qualunque forma renderlo inane...". 31 ASV, Consultori in iure, busta 230, 14 settembre 1764. 300 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 ribalta politica) che in questi ultimi decenni del secolo il matrimonio segreto non fosse piü praticato di quanto non lo era stato nel periodo precedente. Di certo, ora, lo si avvertiva, nonostante la ritrosia ad affrontarlo direttamente, come una presenza imbarazzante che contrastava con la nuova sensibilita sociale tramite cui si percepiva la famiglia e la proprieta. Questo aspetto emerge, ad esempio, proprio nelle parole di Piero Franceschi, il quale pure, nei due casi sottoposti alla sua attenzione non sapeva esimersi dal consigliare la massima prudenza ed evitare ogni intervento in una questione che solo le autorita ecclesiastiche erano in grado di gestire con le dovute attenzioni. Nono-stante fosse considerato come una materia strettamente inerente la sfera personale e religiosa il consultore coglieva pero gli effetti spesso dirompenti e negativi che l'utilizzo del matrimonio segreto suscitava in contesti sociali assai inclini alla conflittualita giudiziaria. Infatti, egli osservava: "non puo nergarsi pero che molti e gravi incomodi temporali non sovvengono agli interessi dei sudditi da uno stato simulato ed equivoco, mentre col mantello di tal segreto spesse volte si coprono contro il buon ordine della nuova societa eredi non conosciuti, obbligazioni dotali, poligamie simultanee, inganni decisivi nella fede dei contratti e defraudi notabili al patrimonio delle famiglie..."32 Osservazioni penetranti, che comunque erano accompagnate dalla raccoman-dazione ad intervenire con la massima prudenza solo laddove si individuavano palesi ingiustizie.33 Raccomandazione, forse, persino superflua considerando la qualifica politica degli interlocutori. Di lí a qualche anno la Repubblica sarebbe caduta. Il nuovo ordine politico avrebbe imposto, con nuove leggi, la tanto sospirata certezza del diritto. In realta le cose non sarebbero mutate cosí facilmente considerando l'estrema vischiosita ed 32 ASV, Consultori in iure, busta 285. 33 Nel caso Rocca, Franceschi osservö: "noi per verita non sapressimo negar al Principe l'eminente diritto e l'uso di mezzi di poter sciogliere questo incantesimo che nell'aspetto esposto dalle femmine ricorrenti presenta l'immagine di oppressione e di giustizia negata. Ma considerato lo spazio di un triennio quasi consumato in silenzio da ambe le parti, dopo i primi atti... ed osservato nella supplica al vescovo 19 luglio 1787 il cenno di diverse liti fatalmente incontrate dalle coeredi nella usufruttuaria, ci sembra indispensabile qualche migliore confronto e rischiarazione dei motivi di tal inazione prima di porre in essercizio l'autorita". Diversamente nella vicenda Odoardi il consultore non solo sottolineö la strumentalita del ricorso, ma consigliö pure "se opportuno fosse il passo, di far sapere ai ricorrenti colla voce del pubblico rappresentante che restano licenziati i lor memoriali... , ammonendoli insieme di prender nell'avvenire misure piu riverenti e piu fondate prima di presentar somiglianti richiami". Egli non si esimeva comunque dall'osservare come "sara dalla maturita di Vostre Eccellenze il conoscere sino a qual segno abusivo si coltiva oggidi e s'inoltra dall'accortezza forense l'industria dei ricorsi per multiplicare le controversie matrimoniali", cfr. ASV, Consultori in iure, busta 285. 301 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 attaccamento alla tradizione del contesto sociale veneto ed italiano in genere34 Di certo l'istituto del matrimonio segreto perse molto di quella carica eversiva che aveva manifestato nell'ultimo periodo dell'antico regime, ma esso dimostró di possedere una vitalita assai maggiore di quell'aristocrazia che per secoli l'aveva ampiamente e disinvoltamente utilizzato. OB ROB RAZISKAVAM POROČNE TEMATIKE (BENEŠKA REPUBLIKA, 17. - 18. STOLETJE) Claudio POVOLO Univerza v Benetkah, Oddelek za zgodovinske študije, IT-30124 Venezia, Calle del Piovan o Gritti, San Marco 2546 POVZETEK Mlad kmet iz Granze pri Vescovani, majhne vasi na južnem Padovanskem, je 1697 skušal zaobiti prepovedi, ki mu jih je postavila cerkvena oblast na poti do poroke, in pripravil čuden in neobičajen obred. Ob prisotnosti prič in vaškega kovača v vlogi obrednika si je obljubo zvestobe z zaročenko izmenjal na vaškem pokopališču. Dogodek je vzbudil takojšen odziv cerkvenih oblasti. Za mnenje so vprašali svetovalca Giovan Mario Bertolija, ki je bil ob dogodku, katerega razlogov in pomena ni razumel, osupel in ogorčen. V resnici se je nenavadna "poroka" navezovala na stare običaje, ki jih tridentinske norme v zvezi s poroko očitno niso povsem izkoreninile. Tridentinski koncil je namreč določil vse, kar je bilo potrebno za zakonsko zvezo, in izpostavil vlogo in pomen duhovnika, pred katerim (poleg vsaj dveh prič) sta si morala bodoča zakonca izmenjati vzajemno privolitev. S tem se je dejansko zmanjšal pomen, ki sta si ga skozi stoletja pridobila zaroka in obljuba poroke. Cerkev in njene institucije so tako dejansko postale porok veljavnosti in zakonitosti institucije zakonske zveze. Tridentinska zakonodaja pa je namerno puščala nekatere nedorečenosti. Kljub pritiskom, ki so jih izvajali prelati iz nekaterih držav kot denimo iz Francije, je večina koncila nasprotovala sprejetju načela, ki bi po njihovem mnenju veljavnost zakonske zveze postavil v odvisnost od drugega pomembnega elementa: privolitve staršev ženina in neveste. Nezakonite poroke so tako kljub obsodbam še naprej odražale napetosti in na videz nepremostljive spore med generacijami. 34 Per le resistenze avutesi in Italia all'introduzione del Codice napoleonico cfr. Ungari, 1974, 85 sq. 302 ACTA HISTRIAE VII. Claudio POVOLO: IN MARGINE AD ALCUNI CONSULTI IN MATERIA MATRIMONIALE ..., 279-304 Kot se je izkazalo po sprejetju tridentinske zakonodaje, pa je bil pojem nezakonitosti v primerjavi s predhodnim obdobjem v svojem bistvu drugačen. Čeprav je take zveze še naprej opredeljevala formalna odsotnost elementa javnosti (v predhodnih stoletjih je bila poroka nezakonita, če zanjo ni vedela skupnost), je po odloku Tametsi pojem nezakonitosti prešel v okvire samih cerkvenih ustanov. Nova vloga, ki jo je prevzela Cerkev na področju porok, je odsevala potrebo po odločnem soočenju z velikimi spremembami, do katerih je prišlo v 16. stoletju na gospodarskem in družbenem področju. Zaradi nasledstvenih in premoženjskih vprašanj je bilo treba uvesti jasne in zanesljive norme. Vendar so bile široke plasti družbe intimno še zmeraj vezane na tradicijo in na pojem časti ter na sloj, za katerega je bil značilen. Nezakonite poroke (ki se navezujejo na stare družbene običaje, kakršen je na primer soglasna ugrabitev) pa naj bi odigrale posredniško vlogo v primeru napetosti, do katerih je prihajalo med različnimi družbenimi sloji. Nasprotno pa je tajna poroka (ki so jo, podobno kot nezakonito, opravljali brez javnih oznanil, vendar ob polnem odobravanju cerkvenih ustanov) odražala potrebo po blažitvi najhujših nasprotij v družbi, ki jo je odločilno zaznamovala govorica časti. Seveda sta tako nezakonita kot tajna poroka predvsem politični vprašanji, ki sta prišli do izraza po sprejetju tridentinskih normativov. Pogosto so se ju posluževali v zgodnejših stoletjih, na površje pa sta prišli v trenutku, ko je poroka začela dobivati drugačno logiko in drug smisel. Na koncu se znajdeta pred vedno močneje izraženo potrebo po večji pravni gotovosti, in sicer na tako pomembnih področjih, kot sta prenos premoženja in dedno nasledstvo. S tem ko so tridentinske norme izpostavile vlogo cerkvenih institucij, pa so prišla do izraza tudi nekatera protislovja. V 17. in 18. stoletju smo zato pirče vse močnejšemu in odločnemu vplivu posvetne oblasti na področju, ki je bilo stoletja v skoraj izključni pristojnosti Cerkve. 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