La Polizia Civile dopo l'affare del mezzo milione: „3n nome della legge mi dichiaro in arredici" PREZZO m TUTTO IL T.L.T. Lire 20. 12 GIUGNO 1948 ti. 27 Tassa postale pagata - Abb. Il Gruppo DON CHISCIOTTE: — C’è qualcosa di nuovo, !» Sancio? SANCIO: — Le solite infrazioni al trattato di pace, eccellenza. DON CHISCIOTTE: — Di chi mai vai parlando, o villico? Perchè nomini i fantasmi? SANCIO: — Pensi eccellenza, che, pace a parte, io non sono ancora riuscito a capire chi abbia vinto la guerra; se i democratici o i nazisti. Nazisti infatti, erano quelli che perseguitavano gli antifascisti e ammazzavano gli ebrei. Dunque non possono essere democratici coloro che oggi continuano a perseguitare gli antifascisti e seguitano a fa-te la guerra agli ebrei. Ma, d’altra parte, poiché ^ono venuti a raccontarmi che i nazisti hanno perduto la guerra non mi spiego come ancora possono avere la possibilità di perseguitare qualcuno. DON CHISCIOTTE: — Sicché tu vivi nella più Completa ignoranza. SANCIO: — Nell’ignorjimza e nel dubbio più «truce! DON CHISCIOTTE: — Che te ne sembra Sando dei 10 milioni di dollari degli «aiuti» Marshall Che saranno destinati alla diffusione delia letteratura e stampa americana in Europa? SANCIO: — Una pacchia di cui ne avranno il loro urtile anche la «Voce Libera», «Il giornale di »Trieste» e le «Ultimissime», eccellenza! DON CHISCIOTTE: — Ma io parlo di aiuti alta stampa americana in Europa, o Sancio. SANCIO: — E io di chi parlo, eccellenza? DON CHISCIOTTE: — Sei stato al Congresso delia Gioventù Lavoratrice, o Sancio? SANCIO: — Certamente eccellenza, purtroppo •fon c’era chi avrei voluto io. DON CHISCIOTTE: — E che cosa hai inteso dire da quei ragazzi, mio fedele scudiero? SANCIO: — Tutto ciò che certa stampa vorrebbe far dimenticare riempiendo le sue pagine con fantasmi di urna guerra imminente, di pericoli balcanici eoe. DON CHISCIOTTE: — E cioè? SANCIO: — Che c’è una dilagante delinquenza, una dilagante prostituzione ed urna tragica miseria. Che c’è un'allarmante immoralità tra i gio- Dev'essere così — Pare che il G. M. A. abbia intensioni pacifiche. — Da che cosa lo arguì sci? —■ Sta facendo rimettere le targhet-qì cerini! (Dis. di lucjs) INTANTO LORO U AMMAZZANO — Bisogna difendere Trieste da quelli lai LflTERRB E’ ROTONDA Trieste ha salutato commossa la partenza del gen. Moore! Si è commossa perchè è partito? Sì, perchè è partito lui solo. □ Dicono: « A Trieste ci sono troppi PARTITI»! Diciamo noi: «A Trieste ci sono troppi ARRIVATI»! □ L’unica ricostruzione che abbiamo, fino ad ora, potuto osservare nel territorio sotto 11 controllo del G.M.A. è stata la ricostruzione del fascismo. □ Al G.M.A. pare non piaccia le elezioni, perchè se i triestini divengono elettori, minaccia di finire la pacchia per gli eletti! Oggi parleremo un pò del razzismo, ossia di quella particolare concezione che fa dire a un uomo: io sono superiore a quell’altro perchè parlo la tale lingua, oppure quell’individuo è spregevole perchè ha il naso fatto a forma di 6. E’ logico che queste frasette con tutto il bagaglio di odio e di catastrofe che sanno tirarsi dietro, sono il prodotto estremo dì un lungo processo storico di., imbonimento dei crani. Perchè nessun uomo si è mai sognato dì o-diare un altro soltanto per la diversità del colore della pelle o per la differente forma del naso. Vuol dire allora che l’odio è stato causato da qualcosa di diverso, e precisamente da questioni economiche. Alla base del razzismo non ci sono mai state delle questioni sentimentali, ma soltanto mìni delle più diverse lingue, di differente colore della pelle e dei nasi fatti in tutte le forme, vanno perfettamente d’accordo fra di loro. Ed odiano invece altri uomini che possono avere lo stesso naso o parlare la stessa lingua dei primi, per un solo motivo: la differenza del modo di vestire. Gli uni marciano infatti in cilindro e catena d’oro, gli altri più modestornente vanno attorno in tuta. La questione è tutta qui. Solamente, essendo gli uomini in tuta molto più numerosi di quelli che non la portano, questi ultimi cercano di dividere i primi attraverso la storiella dei nasi dalla forma diversfl, ecc. E ciò, sia per farli lottare fra di loro e quindi dominarli meglio, sia per passare in seconda linea la necessità vitale che hanno gli uomini in tuta di impostare la lotta su basi del tutto diverse, a totale beneficio di chi marcia in cilindro. Ed oggi non basta ancora. La lotta ha preso degli aspetti di acutezza tali da rendere necessario un razzismo esasperato, un razzismo alla massima potenza. Non basta più parlare di lingua e di nasi, e nemmeno il colore della pelle viene ritenuto sufficente. Oggi si ricorre addirittura ai punti cardinali: Oriente e Occidente. Oriente vuol dire tuta, occidente cilindro. E questo razzismo è come un grande fiume nel quale confluiscono tutti gli altri razzismi. Cosi gli slavi sono oriente, e sono oriente pure gli ebrei. Come gli operai della Eiat o quelli della Renault. Come gli scioperanti di Chicago e i cinesi di Mac Tse Tung. Invece Cosullch è occidente, come La storia è maestra della vita. Quanti ripetenti a Trieste. Q C’è della gente ai Lavori Pubblici che, per dire la verità, meriterebbe di stare ai Lavori Forzati! □ Se durante una riunione di tutti gli imperialisti venisse lanciata in mezzo al gruppo una bomba atomica, chi si salverebbe? La pace. □ Dottore, mio marito -è in uno stato disperato. Si trova in pericolo? No, si trova nello Stato Libero di Trieste. B Tutti per O. N. U. O. N. U. per tutti. Ma va là! vani, un pericoloso sconforto ed un’impressionante scoraggiamento. DON CHISCIOTTE: — Effetti deUa guerra, mio buon Sancio. SANCIO: — Ed è giusto eccellenza, ma s’è mai chiesto quali sono stati gli effetti che hanno causato la guerra? Il fascismo io credo. DON CHISCIOTTE: — E che eos’è il fascismo? SANCIO: — La paura di una classe che non vuole rinunciare ai suoi privilegi. DON CHISCIOTTE: — E perchè i suoi privilegi erano minacciati? SANCIO: — Perchè anche allora quella classe aveva portato guerra, fame, privazioni, e tutti quei fenomeni nella gioventù che oggi riscontriamo di nuovo. DON CHISCIOTTE: — Concludi, villano. SANCIO: — Volevo dire questo: che l’unico mezzo per combattere delinquenza, prostituzione e miseria è di eliminare le cause, che poi sono quelle stesse della guerra ! DON CHISCIOTTE: — A proposito di guerra, Sancio, sai dirmi che cosa sia la guerra? SANCIO: — L’intervallo tra una pace e l’altra, eccellenza. DON CHISCIOTTE: — E la pace, allora? SANCIO: — Aimè, cavaliere, volesse il cielo non fosse l’intervallo tra una guerra e l’altra! DON CHISCIOTTE: — E giacché ci siamo; che cos’è la politica? SANCIO; — E’ una partita di calcio, eccellenza; e vi è l’arbitro, i segnalinee, i portieri, i giocatori e il pubblico. Il pubblico piange, s’entusiasma, si dispera, grida le parolacce all’arbitro, ma lui niente, lui sa di aver ragione. DON CHISCIOTTE: — Ti sei mai meravigliato, o Sancio che vi sono tante partite di calcio attualmente al mondo? SANCIO: — Io si eccellenza, ma poi ho pensato alla serenità dell’arbitro e ho sospirato di sollievo; però poi ho riflettuto meglio e mi son detto che spesso l’arbitro costringe lui i giocatori a rifare la partita, però a pugni questa volta; quando il suo verdetto non è equilibrato, ed allora ho pianto. Padre Eusebio Ho. 2 — Bando alle chiacchiere, Padre Lombardi è proprio un uomo di fede... — Religiosa? — No, fascista! (Dis. dt Lucas) LE „NOTE" ARCINOTE — Se fai la cachina bella bella ti porto a vedere ii G.M.A. che finge di voler dare Trieste all'Italia* economiche. Però in seguito, coloro i quali hanno cercato di fomentare il razzismo e di servirsene, hanno pure fatto in modo che le ragioni economiche u e muserò ricoperte da uno strato ben spesso di vernice sentimentale. E ciò per la solita ragione che consiglia a certa gente di non dire mai apertamente quali sono i veri scopi del suo agire. La pratica ha dimostrato che le cose sono proprio così. Infatti si può vedere giornalmente che uo- Che grossa paura là in riva al Tamigi; che grande sgomento si prova a Parigi. Il Belgio è di stucco, l’Olanda tartaglia, e tutto per colpa d’un fuoco di paglia. Un fuoco di paglia che — andando a ritroso l’origine trova col piano famoso. Quel niano di Marshall che in modo velato miliardi promise ad ogni alleato. di lottare contro i loro sfruttatori per poter farla finita con questa vita da cani. Tutti i razzismi hanno questa e soltanto questa origine e questi precisi scopi. Così l’antisemitismo, così l’antislavismo nella nostra regione. E’ chiaro che per gli sfruttatoti sarebbe molto più difficile lottare contro gli sfruttati chiamando le cose con i loro veri nomi. Tirando invece fuori l0 antislavl-smo e l’antisemitismo, si cerca di complicare un pochino la realtà e Pierino ex di Jugoslavia e Micheli no ex: di Romania. Come De Ga-speri, De Gaulle e 'Truman. Come re Abdullah e Ciang Kai Scek. Soltanto gli inventori di questa nuova formula si sono dimenticati di un piccolo particolare, e cioè che la terra è rotonda e che tutti i luoghi sono contempo rancamente oriente e occidente insieme. O, per spiegarci meglio, che in ogni luogo dove ci sono degli uomini in tuta, essi, per dirigere la loro lotta, non si serviranno della bussola, ma mireranno soltanto a colpire i cilindri. Numero 27 Ma come pian piano quel velo vien tolto si vede qual ghigno dà vita a quel volto Un voto qualuqne è, in quattro e quattrtotto, si appoggia quel plano ma... molto ridotto. E più di una voce del Mondo... Perduto a Londra vorrebbe negare ogni «aiuto». Invece a qnell’altra si parla con tatto per quanto alla fine si giunga al ricatto. La Francia sopporta volente o nolente così dimostrando che conta., per niente. Insomma quel piano con gran giravolte in modo palese li frega due volte. Del Benelux, gli altri son poco contati, e assai facilmente si tsovan fregati. Così si dimostra che fece assai bene chi seppe evitare codeste camene. MANNA A. U. S. A. — Non solo farina, grassi e albicocche vi daranno gli. americani, ma anche armi, partiti « sociali » g Gc verni 1 (Di*, di Walter) VERNICI TRASPARENTI :— ÀI fascismo un no me glielo abbiamo trovato: « Irredentismo »; ora bisognerebbe sforzarsi un po'' il cervello per trovare un nome da dare alla marcia su Roma! (Dii. di Lucas) ALLARGAMENTO DI MASTELLA H Portiere: — Mi dispiace, ma non potete entrare, qui mangiano solo I Consiglieri di Zona. (Dis. dt Lucas) GENERI DI MONOPOLIO — Scusi, io che non ho la tessera della D. C pos so entrare lo stesso? (Dt*. a* s«y Miilenovecenioquarantotto ! ;— Parlava male di H itlerl ; 1 , . ili (Dt*. di Sersé) Bisogna amnistiare gii antifascisti !... — Io vi assumerei sì, ma chi mi assicura che un tempo non siete stato partigiano? (Dis. di Red) Quando la famiglia è D. C— M i,l u i — E' proprio un bravo ragazzo, ha dodici anni e già si comporta come Padie Lombardi. (Dis. di Red) KAPPLER Fascismo eoo valvola di sicurezza JT di scena a Roma Kappler. Ancora adesso? Ma non lo era stato all’epoca delle Fosse Arde;» line? Si, ma vedi, oira è un’altra cosa. Lo stanno processando. Ah, si; ho letto. Ma non mi pareva, a dire il vero, un processo. O almeno credevo che il processo, per maggior severità, lo volessero condurre fimo alla terza generazione dell’imputato. Sai, il fatto dei rinvìi è dovuto allo scrupolo con il quale viene interpretata la legge e ad u-na lenta sì, ma precisa e fedele ai testi dei più quotati giuristi classica, modemi ed intemazionali. Può darsi, ma poiché si sa già òhe Kappler verrà condannato a — mor.. A morte? Ma no. Neanche ner sogno. Infin dei conti ohe ha fatto? Ma — e le Fosse? Che vuoi; Gli ordini sono ordini. Tu non sei stato soldato? Si, però non ho ucciso nessuno. Male. In guerra si deve uccidere. e più ne uccidi meglio è. Di questo si sono resi conto anche i giudici, che ai comportano in conseguenza. Ma allora il processo perchè lo fanno? Oh, Dio mio, come sei ingenuo! E’ pur necessario che si dimostri la sopravvivenza di certi ideali, che se anche valgono poco sono tuttavia radicati in un certo numero di persone. E non sarebbe bene offendere la democrazia, trascurando simili fantasticherie. Perchè l’antifascismo lo chiami una fantasticheria? E non lo è forse? Se non lo fosse tu credi che oggi i fascisti siederebbero alla Camera in veste di onorevoli deputati, e che l’apologià di Mussolini e consorte si potrebbe pubblicare impunemente su tutti i giornali demo-cristiani e simili? Ma io credevo— C’è niente da credere. O se mai c’è da credere, da obbedire, da combatterei TEATRO CONTEMPORANEO „La mia vita con Benito" (La scena rappresenta la direzione dèi « Giornale di Trieste ». Alle pareti sono attaccati numerosi castelli con le scritte: *Noì siamo indipendenti »» «Italia o morte! », « Obbiettività e apoliticità », € Fegato fritto t baccalà ». Un interprete italo-amerìcano sta appartato in un angolo pronto a prestare i suol servigi non appena se ne presentì l’occasione. Olire la porta si scorgono i redattori del giornale, brillanti figure di rettitudine morale e politica, Intenti a una nobile gara dt Sollevamento della fronte in atto di fierezza. In primo plano IL DIRETTORE contratta con un tizio che chiameremo IL RIVELATORE.) IL DIRETTORE; — E Ohe cosa chiedereste per queste vostre « ultime confessioni del Duce »? IL RIVELATORE: — Beh, perchè è lei facciamo centomila lire. IL DIRETTORE: — Iiih! Voi siiete scemo. Ma non lo sapete che con centomila lire mi posso far scrivere dal primo fesso Ohe capita trenta tipi de «La mia vita con Bepito » a firma Rachele Mussolini? CALANO UN MUCCHIO DI BALLE Radiocommenti (La scena rappresenta l’interno di un negozio di articoli radiofonici dopo l’Ora dì chiusura. I vari artìcoli riposano dopo una giornata di intenso lavoro. Un fonografo scambia alcuni dischi con un collega, un apparecchio radio, legge un giornale della sera per imparare quello che dovrà comunicare l’indomani mattina agli ascoltatori abbonati e fessi. Un apparecchio radio chiacchiera con un altro.) 1" RADIO: — L’opportunismo della nostra classe è una cosa veramente sconcertante. Conosco del radio-apparecchi che da fascisfon! che erano, sono diventati d’un colpo democratici, g a quanto pare, accanitissimi. 2° RADIO: — Io però mi posso vantare di non aver mal trasmesso un solo « commento ai fatti del giorno » di Mardb Apel-liius o Giovanni Ansaldo. 1° RADIO: — Andh’To, piuttosto di pronunciare i discorsi di quei due puzzoni mi sarei fatta saltare le valvole, ma però se uno era fascista prima dovrèbbe. dùco Io, avere II coraggio di esserio anche adesso. V RADIO: — Ben detto! 1* RADIO: — Guarda ad esemplo quella laggiù, prima trasmetteva i discorsi di Ansaldo e di Apellius ed ora ha cambiato gabbana e trasmette I «commenti d’attualità», del Servizio Iti-formazioni Alleato! 2* RADIO: — Beh, tn fin del conti sempre quello è! CALA LA FIDUCIA FINE A Roma hanno già incominciato a farlo con un riuscito attacco agli ebrei del ghetto. Quasi quasi direi che se le cose si mettono così non era manco necessario farlo questo processo a Kappler. Ma quando lo assolveranno, che dirà quella gente che tu dicevi essere vittima di ima fantasticheria? Niente naturalmente. Per quell’epoca a cose del genere non si farà più caso. Forse; se tutto va bene, il razzismo avrà la sua bella veste legale, e finiremo col ringraziare la Giustizia d’aver risparmiato la vita di un precursore. Ma tu parli addirittura di razzismo. Si capisce. E se sei un pò accorto, ti accorgerai che in un certo senso ... già adesso... Non si esaltano gli arabi? Ed allora! Gli arabi sono o non sono nemici degli ebrei? Quindi esaltare gli arabi vuol dire, neanche tanto alla lontana, essere nemici degli ebrei. Un razzismo insomma di quello buono. Tu mi spaventi! Ti spavento dicendoti che sarà risparmiata una vita? Ma sei tu a farmi orrore. E soprattutto non hai il senso della giustizia. Ma, per Dio, non è giusto che per risparmiare uno, paghino in tanti (alludo agli ebrei). E’ proprio questa Invece la Giustizia. Non è forse giusto sterminare una razza inferiore? Ingiusto sarebbe il contrario. Ma allora questo processo finirà con l’apologià dell’imputato? Quello si capisce. Tuttavia — non si sa mai — se a quei tipi presi dalle fantasticherie saltasse qualche grillo per la testa, il processo c’è e nella peggiore delle ipotesi uno si può ben sacrificare. Insomma, se proprio vuoi che spieghi con precisione si tratta di questo: fascismo con valvola di sicurezza! X -- X A .*• X A emm migliali ami della no'dta Ma(i D regista William Wyler, riesce io questo film, con notevole abilità a propinarci la solita pozione dell'«ottimismo americano», ossia di quel particolare modo di rappresentare la realtà che fa vedere l’America come patria e dispemsiera di tutte le gioie. E dal momento che questa volta la pozione non viene data attraverso una delle solite oommediole, ma attraverso la trattazione, o meglio l’accenno a uno dei più scottanti e crudeli problemi del dopoguerra (i reduci), il film riesce particolarmente indigesto e nauseante, tanto che non o torto ai può definirlo con una sola parola: sporco. E’ indubbio che il film ha dei pregi artistici notevolissimi, ed è anche vero ohe l’mpostazione del problema dei reduci, con quei tre giovani che si trovano aell’aereo, che fanno amicizia, che provano un senso di sbigottimento di fronte alla vecchia ma ormai nuova vita e non hanno il coraggio fisico di lasciarsi, è molto efficace e sincera. Ed anche nella sua prima parte, nel descrivere la sofferenza fisica e saprai tutto morale di questi giovani, che, dopo la terribile esperienza, non possono ritornare alla vita di prima, come se nulla fosse accaduto, l’opera di Wyler è rimarchevole. Ma come al solito è il finale che guasta tutto, quel satanico finale americano che deve per forza chiudersi con i fiori d’arancio e il tripudio generale, perchè l’America (del cinematografo) non può non essere il paese della felicità perfetta, dove tutti, anche chi ritorna da quattro anni di guerra, si trovano a loro agio appunto perchè nulla è mutato, perchè tutto è come prima. E allora si esce dal cinematografo con la bocca, le orecchie, gli occhi pieni di un intollerabile sapore dolciastro, come se si fosse usciti da un tuffo in una botte di melassa. E per tutta la giornata si rimane ossessionati dal ricordo di Myrna Loy, la bellezza matura e dolce, la buona fata, la buona madre dall’aspetto matronale, la buona moglie che sa tutto, che comprende tutto che dà generosamente tutto, che ha sempre ragione. Perchè nella simbologia del film Myrna Loy rappresenta l’America, la buona, grande, generosa America, che tutto dà senza nulla chiedere e stende le sue amorevoli braccia a proteggere i suoi cari figli. Gli altri personaggi, sono gli americani, felici non tanto per la vita che fanno, quanto per la fortuna che hanno nel possedere una madre tanto buona. In fondo il film, più che agli altri popoli, è dedicato agli a-mericani stessi, per convincerli della propria felicità e della propria fortuna. Ed è appunto per questo che il film ha ricevuto tanti premi Oscar. Per rendere convincente la storiella alla quale nessuno più crede e della quale gli americani stessi incominciano a dubitare. Fascismo con valvola di sicurezza? Si, se la va, la va. Ma se non la va, la valvola di sicurezza è Kappler, come lo sono già stati altri e come forse ce ne saranno in avvenire. Ma speriamo che certi sogni finiscano presto e che.... - Bum.... Ahi, Ahi! Sai, ho pensato che, magari su scala minore, anche tu puoi rappresentare la valvola di sicurezza.... Ed io ho la testa piena di fantasticherie, che la tua democrazia, almeno per ora, mi riconosce. Così ne ho approfittato subito. GIOVANNI BARTOLE (Gallarate - Milano). Caro amico, si vede che lei è stato male informato, ed è solo credendo ciò che noi le perdoniamo il dubbio. Ci fa piacele che voglia farci della pubblicità, infatti abbiamo molto bisogno di diffusione. Per tutto ti resto, grazie, e salutoni. □ FLEGO (Trieste). Ecco, vedi caro amico, no! non siamo prò quello o prò questo, noi siamo semplicemente, oltreché antifascisti, anche an ti razzisti, cioè ci riesce impossibile di pensare che un nostro simile debba venir perseguitato solamente perchè ebreo. Ma. infine, che cosa significa essere ebreo? Che male c’è? E’ una risposta questa che i più intolleranti nemici degli ebrei si sono sempre rifiutati di dare. Probabilmente vuol dire che non ce l’hannol e B. T. (Trieste). L’idea è buona, ma ci fa pensare ad un elefante in una cristalliera. Gli argomenti scabrosi vanno trattati con molta finezza, altrimenti si cade nel volgare. Forza amico, ti attendiamo ad una seconda prova. □ MARCELLO (Voghera). Di quel signore noi ce ne occupiamo il meno possibile. Sa com’è, quando ce ne occupiamo proviamo la stessa sensazione di scrivere un pezzo umoristico su un tifo che abbiamo avuto qualche anno fa. E quel signore, lei deve convenire, era petecchiale. Per l’affare di « diario », « confessioni » o « memoriale » che sla, 1 soli che ancora non ne abbiano scritto nessuno crediamo di essere solo noi, e a quanto sentiamo, anche lei, del resto tutti, « diciamo tutti », hanno qualche « diario », « confessione » o « memo- riale » sulla coscienza. Ma non si abbatta, forse un giorno lo scriveremo anche noi. □ Per le lettere indirizzate al « Vagabondo delle stalle »; attendere la risposta nella rubrica « La lega dei senza stamberga ». Gli argomenti riguardanti la rubrica « Dalli all’ebreo » che alcuni lettori et hanno pregato di trattare, li svolgeremo via via nelle settimane seguenti! DON C. VICOLO CANNERY fi vicolo Cannery a Monterey in California è un poema, un fetore, un rumore irritante, una qualità della luce, un tono, un’abitazione, una nostalgia, un sogno. Raccolti e sparpagliati nel Vicolo Cannery stanno scatole di 1atta e ferro e legno scheggiato, marciapiedi in disordine e terreni tn» nasi dall’erbacce e mucchi di rifiuti, stabilimenti dove inscatolano le sardine coperti di ferro ondulato, balli pubblici, ristoranti e bordelli, e pecco*« drogherie zeppe, e laboratori e asili notturni, t suoi abitanti sono, come disse uno una volta, *Ba-gasce, ruffiani, giocatori e figli di mala femmina», a intendeva dire: tutti quanti. Se costui avesse guardato attraverso un altro spiraglio avrebbe potuto dire: «Santi e angeli e martiri e uomini dà Dio*, « <1 significato sarebbe stato lo stesso. STEIXMCK VICOLO C A N N £ R Y IS|gjgfÉgp » „c X, , - di STEINBECK Responsabile: REMIGIO PAVENTO Redazione e Amministrazine: CAPODI STRIA • Via Cesar# Battisti a. 301 Concessionaria esclusiva per la distribuzione sa Italia V sii* estero MESSAGERIE ITALIANE S. p. X. via Paolo Lomazzo n. 52 — MILANO UFFICIOSA! — Ecco con che cosa gi ocavano i « ragazzi » del C.C.P. Per ossa! (Dis. dt ZergoH — Cleofe! —• disse Giacinto mirando nella stanza di suo figlio, — hai un padre che vale un Perù! Oggi c’è stata battaglia grossa in ufficio, e tuo Padre li ha messi nel sacco tutti quanti! Cleofe! puoi camminare a testa alta! Sono veramente orgoglioso di me stesso. Così dicendo, Giacinto, sprizzò orgoglio da parecchi Pori, mentre Cleofe marciava a testa alta sbirciando il rit-tratto del signor direttore ami-to di famiglia. — Non si discute di politica ton Giacinto se non si vuol fare la figura di fesài — continuò Giacinto allungando un ceffone al figliolo perchè la smettesse di pestargli i piedi. — Dice uno: «però il Piano Marshall deve nascondere qual-cPe trucco, ci credo poco a tut-^8 questa generosità!» Io fremo, ma mi limito « sorridere. Attacca un altro: «Diversi Dima americani mostrano rasasti che rubano, vagabondi affamati, reduci senza casa, ■doperà « proteste e mister Marshall pare non faccia altro fche preoccuparsi del nostro sedere! No. Non è chiara la co Pa». Io sputo e continuo a sorridere: non è ancora giunto il momento di giocare la mia rarta. «Veramente dice un ter-anche mia cugina assicura che il suo americano la colma di regali senza pretender nulla in cambio: le ha regalato persino un figlio! «Loro ridono ma io taccio ancora perchè non capisco dove vogliono arrivare. Però quando senti dire «Nessuno da niente per niente! e-splodo! Cleofucoio mio, dovevi vedere tuo padre! Che vittoria! Era venuto il momento di giocare. Dico: Porti! Vermi! Semi-venduti! Io, Giacinto, ho ricevuto un aumento di stipendio senza chiederlo! Un’iniziativa del tutto personale del signor direttore: lui ha possibilità di aiutarmi, io condivido le sue idee politiche e ciach! fatto: piano Marshall spiegato al popolo. Ti devo confessare, Cleo mio, che ho fatto tremare l’ufficio con una colossale pernacchia. Ci stava. Non hanno aperto più bocca se non per ridere: lo stolto sorriso dei vinti! Cleofe, quando dico che Giacinto vale un Perù chi ci guadagna non sono io! Il precoce figlioletto cominciò a sgomberare la stanza per dar posto a suo padre di trasformarsi in Perù. Poi, mentre il Perù inneggiava a Giacinto, il nostro Cleofuccio iniziò una serie dì danze sudamericane tanto care a Guglielmina d’Olanda. CESARCLEOPATRA RIDOTTO POLITEAMA ROSSETTI Il Club Allegro riprende ogjp 1 euo) trstientmentl DANZANTI, delle 16 alle 30 e dalie L0.30 alle M . INVITI ALLA Ca«*u Come si vede, finalmente si incomincia a pensare ai bisogni del proleta riatol (Dis. di Lucas) Ritorniamo su: CONCLUSIONE: NESSUNA possa scri-saitino addosso COME YOLEVASI DIMOSTRARE A, NÓI SIAMO IMPACIALI e DEMOCRATICI MAA1# A» M. G, .X NON E V€RC CHE LA P.C. MALTRATTA I D eTe nhrn FlfcnATO iAPOlttJktiVlU ! N61* »/N OSTb/iiA AlVDEflo R15PE«H/As * DE rovi - MD LA VOI OR* UL NOSTRO VIN* ! TX DE l £ M mS UO R.E BEVETELO [\ POPOLO flitriATe FlàtiAT» cmmivizm A PEPI 6SI£ Ma ce l’hanno proprio con me? Non è dunque possibile, porco Giuda, che io vere quattro fregnacce senza che subito mi in cinque? Stavolta la fregnaccia che ha suscitato maggior scalpore e risentimento nell’ambiente «intellettuale» è: «Conclusione: nessuna», articoletto apparso nel numero scorso al quale modestia a parte, non dedicai più di 342 ore di lavoro. Nonostante la mia risaputa repulsione per le diatribe non vedo altra via, mio malgrado, che quella di dispondere alla lettera inviatami da uno studente di lettere (la più degna, a parer mio. giuntami fin’ora) e firmata con un coraggioso e quanto mai battagliero pseudonimo: «l'invincibile», L’«invincibile», infatti, animato da intenti polemici, con una prosa inadatta a nascondere un acuto impulso sa tiri ce mal prima d’ora riscontrato nelle opere dei Grandi, mi* accusa (ma guarda un pò!) di sabotare la letteratura italiana. Cacchio e pistacchi! (non è un errore del proto). Mi dice, tra le altre fesserie, IVinvdncibile» di lettere: «...mediante un piano atto a sabotare la letteratura italiana hai tentato, con una facciatosta che non ha eguale, di riaccendere quelle discordie fra giornalisti, critici e scrittori che tanto afflissero agli occhi degli stranieri il genio italiano nel secolo scorso». Rispondo: Tu sei matto, invincibile mio, parola d’onore che sei matto! Sei inatto e scemo. Matto e scemo al punto da indurmi a dubitare della tua appartenenza a quella categoria di studenti la quale, prima di essere la pedana dei futuri intellettuali è il traguardo unico e indiscutibile per quei gio vani che hanno dato prova di saper vedere un orizzonte più vasto, cioè un orizzonte che non racchiuda soltanto il produttivo nazionale, ma il costruttivo nazionale e il costruttivo e distruttivo straniero. Ora. mi par già di vedere le tue opache pupille agitarsi nell’orbita lagrimosa come per dire che finalmente ci sono cascato: che finalmente ho detto: « distruttivo straniero». «Tu dunque» mi dirai,oimpavido invincibile: «sei un distruttore, un sabotatore al servizio dello straniero!» Ti prevengo, amico dei tramonti. Ti prevengo e t’insegno che l’amore per la letteratura nazionale deve portare, come ha portato e come, speriamo, porterà ogni buon fedele a quest’arte a difenderla da chi ingiustamente tenta di dispregiarla per puro spirito di campanile. Per difenderla bene, però, deve, questo fedele, levare le macchie che la insudiciano, deve togliere i nei dal suo candore perchè altri, stranieri, non possono arrogarsi il diritto di farlo. Per far ciò bisogna servirsi della critica. La critica, chissà poi perchè, non è ben vista in Italia: se sdolcinata non viene presa in considerazione, se asnra viene fraintesa. Chi, per amore della letteratura nazionale, osa lanciare i suoi dardi con troppa violenza viene tacciato dagli interessali in malafede di «venduto allo straniero». E, doloroso a dirsi, questi «venduti allo straniero» non sono altro se non degli innamoratissimi dell’arte, della letteratura e della cultura nazionale che, per timore che gli innamoratissimi stranieri scorgano le immondizie nostre prendono coraggiosamente la scopa in mano per fare un pò di pulizia. Ma tu, invincibile amico dei tramonti in si bemolle, queste cose non le capisci! Impossibile, per ciò, spiegarti che l’Arte, quella vera, quella con l’«a» maiuscola, essendo di natura infinita, cioè illimitata, cioè senza confini, non dovrebbe risentire nè dei confini fisici nè (e con maggior ragione) di quelli politici. Inutile, per ciò, ricondurti alle grandi polemiche del secolo scorso. Tu sei IMnvincibile. sei l’in vulnerabile Achille, con la sola differenza che la foglia, a te, anziché sul tallone ti si è posata sulla testa. Ti saluto, invincibile, e scusami se non t’ho accordato spazio maggiore; ma vedi, ai nostri 26 lettori non piacciono le cose complicate. ELGAR Grane Liini E’ morto Luigi Lumiere inventore del cinema. Probabilmente dì crepacuore, dopo aver visto certi films. * In Italia hanno messo Saragat alla Marina Mercantile. Chissà se sa nuotare? * L’impiegato e lo stipendio: — Il 26 lo pensa, il Ž7 lo dispensa, il 28 ne resta senza. La Formica che ha visto il Lumacone — caccia un sospiro, pensa e poi gli dice — «Tu davvero puoi dir che sei felice — hai la casa e non paghi la pigione!» Il Lumacone, eh’è un tipo assai saputo — gli rispose: «Ma vivi nella luna? — Non capisci da te che son cornuto — e che le corna portano fortuna? Buone nuove, amici! La Polizia Civile dovrà presentare ogni mattina un rapporto al Consiglio di Zona, e Questi, a sua volta, ne dovrà presentare uno alla Polizia Civile... Tutto va ben, madama la marchesal Via Capitelli intanto protesta... ma non voglio toccare la politica. Oggi .mi sento buono: voglio regalare alcuni titoli ai simpatici redattori di Cittadella per la loro terza pagina. Sono sicuro che apprezzeranno le mia generosità inviandomi una copia del libro c Sotto due banchiere ». Ecco i titoli: TRIESTE - PERAcotta. TR1E-STE-SERAvallo. TRIESTE - C’E-RAvergine. TRIESTE - SERE-nata (eh?), TRIESTE - SERVA e padrona. TRIESTE - C’ERA una volta. TRIESTE - NERA e bianca (buona questa!), TRIESTE -VERA e falsa. TRIESTE - SERA e verzi. TRIESTE - VERA cruz. TRIESTE - SERVOLA col con! TRIESTE - SELA vlen (?) la ve onzit E adesso basta perchè mi sono stancato. Però, scherzi a parte, questi cari monellucci di Cittadella dovrebbero accorgersi che stanno diventando veramente monotoni. Piti monotoni dei monaci! A proposito di monelli è da diverso tempo che vedo attaccati sul muri dei manifesti color pomodoro invitanti le popolazioni a comperare la voce dei giovani ... Ieri ho voluto togliermi questa curiosità e vedere finalmente di che si tratta: nella prima salumeria capitatami sotto gli occhi ho chiesto mezzo etto di voce dei giovani. Non ne abbiamo, signore, m’ha risposto quello, provi in qualche farmacìa. Che mondo matto! Dico al prof. Furlani, direttore di «Voce libera*: « Il suo giornale, professore, è di tendenza sinistroide, no? » Ecco, sinistroide proprio no, * dice 11 professore, « credo che il termine più adatto sia socialistoide*. «Forse sa-ragatiano?» dico io: «Più di destra, più di destra, perbacco! » dice lui sorridendo sotto la barbetta. Adesso ciclismo. Il giro d’Italia è miseramente finito. Il capo redattore di «Ultimissime» con le lagrime agli occhi e lo sconforto nella milza ha sospirato tristemente ordinando di portare la tiratura alla cifra ante-giro, cioè miti edu cento copte. fi Vaticano ha proibito a tutti i giornali democristiani, sa-ragatiani compresi, di pubblicare le dichiarazioni di uno scienziato inglese fi quale afferma di aver scoperto il segreto dì Lourdes. « Hanno virtù terapeutiche, mlracolse. le »eque di Lourdes semplicemente perchè contengono muffe penictllini-che », ha detto lo scienziato. Chiaro no? Muffe contro miracoli. Ricordate lo statua deità Madonna a Rimini che si muoveva prima del 18 aprile? Un mio amico ha insinuato che se tutto va bene la Madonna tornerà a muoversi nel 1953. Sulla stampa democristiana potete leggere invece la storiella di quel povero ferroviere londinese che, comperata una vecchia poltrona, ebbe la fortuna di trovare nell:imbottitura ottomila sterline. Venti milioni circa di lire italiane. Una manna. Comprò l’automobile, si fece l’amante e Iniziò una serie di piacevoli avventure che t(li procurarono l’abbandono della moglie e del figlio. L’altro giorno fu arrestato perchè doveva rispondere ad una serie d’infrazioni. Ha dovuto pagare trecento sterline di multa. Ora gli son rimaste in tasca ventitré sterline; non ha più casa, ha perduto la moglie e il figlio. E’ solo disperato, triste e infelice! Ecco dove porta la ricchezza! Beati l poveri. Quasi, quasi, ha ragione il signor Ciacinto del mio amico Landò. Adesso finale con bande: quella del buco non si sente più nominare, quella della Lega suona in piazza Cavana e via del Sale; la banda della PoUlzia Civile invece la si sente in tutta Trieste e dintorni. Salve! RICOSTRUZIONE — Mammina, pensa che bello se il Governo s decidesse a farci ricostruire la casa. — Ringrazia il cielo che non lo fanno, figliolo senno' quand'è bella e ricostruita ci sbattono fuo-a noi che siamo miserabili è ci mettono dentro qual che riccone che può’ pagare quanto vuole! (Dis. it Lucas) VERITAS — Divertiamoci si, ma sarebbe bene, ogni sei o sette giorni, rivolgere uno o due pensierini di umana solidarietà a tutti i disoccupati che muoiono di fa- (Dia. di EtIo) Da „COCOTTE“ di Guido Gozzano Ecco il viale e le sue palme; | ecco le villette dai colori vivaci simili ai panni campagnoli ’ stesi ad asciugare. i Tutto è come allora, come vent’anni fa. La villetta dalla cancellata rozza è semidistrutta. L’unica Mi par di vedere ancora, accanto ad essa, il mucchietto di sabbia che aveva fatto di me il grande costruttore della muraglia cinese. Povera villetta. Le persiane d’un color verde bruciacchiato penzolano opache dalle cerniere arrugginite. Yen Vanni. Son passati venti anni! Un giorno, vent’anni fa, mentre, seduto, ero intento alla costruzione d’un ponte, dalla cancellata rozza una signorina, porgendomi un confetto mi disse: «Piccolino, che fai solo soletto?» «Sto giocando al Diluvio Universale» E le mostrai il secchiello, la paletta, un pezzo di legno, la barchetta e il ponte di sabbia. Blandamente mi sorrise, e come chi abbia fretta d’un bacio e fretta di ritrarre la bocca si chinò, e di tra le sbarre mi baciò, come si bacia un uccellino in gabbia. «Piccolino, ti piaccio che mi guardi? Sei qui pei bagni?» «Si... vedi là. la mia mamma e il mio papà?» Mi lasciò subito, quasi per timore che la mia mamma o il mio papà la vedessero accanto a me. Nei suoi occhi brillò un vago sogno, un vano e triste desiderio di maternità. «Una cocotte!...» «Che vuol dire, mammina?» «Vuol dire una cattiva signorina». Co—co—tte... Nella mìa mente di bambino, la strana voce francese destava un senso buffo d’ovo e d, gallina. «Chissà perchè», pensavo, «chissà mai a quali incantesimi queste fate sono intese. Forse offrono bevande stregate, forse vivono in paesi lontani, di là dal grande mare Oltre il grande mare sono vestite d’oro, cavalcano draghi d’ar-sento dalle ali di cristallo. E volano, volano sulle isole e sui mari e sui vulcani e uccidono, toccando con una bacchetta magica, draghi con sette teste». Un giorno, giorni dopo, dal suo giardino di eucalipti liguri tra le sbarre fiorite di verbene mi chiamò: «O piccolino non mi vuoi più bene!...» «E’ vero che tu sei una cocotte?» L’amazzone dei paesi favolosi rise. Perdutamente rise.... E teneramente mi bacio con le pupille piene di tristezza. Oggi, tra le gioie defunte, e i disinganni, e i sogni infranti, e le speranze morte, dopo venti anni si ravviva il tuo sorriso. Dove sei. cattiva signorina? Dove sei. fata vestita d’oro? Come inganni la truce polvere del Tempo inesorabilmente ca- duta sui tuoi capelli, sul tuo viso, su tutto il tuo corpo? Sei viva ? Oh, povera fata! Ormai, da che il belletto e il cosmetico più non riescono ad alleggerirti dai fardello degli anni, l’ultimo amante, l’ultimo tra gli ultimi ha disertato l’alcova. Uno però ti rimane, uno solo: il «piccolino» che vent’anni fa regalasti d’un confetto e d’un bacio. Il piccolo folletto ti rimane ancora. Ancora. E dopo venti anni, oggi, in sogno ti ritrova, e t’ama, e in sogno dice: «T’amo!» Da quel lontano mattino della mia infanzia pura ho amato, forse, te sola Ho amato te sola, cattiva signorina, o fata di oro! E ti richiamo. Vieni. Che importa se non sei più quella? Oggi ti desidero così, come sei: vestita di tempo. Oggi ho bisogno del tuo passato; dei tuo passato che non è che il mio sogno nutrito di abbandono e di rimpianto. Non amo che le rose che non colsi Non amo che le cose che potevano essere e non sono. Vieni Fa ch’io ti riveda. TI bacierò: riiiorirà nel bacio la ultima tua grilla. Vieni! Sara come se a me. per mano tu riportassi il folletto di vent’ann: fa Vieni! Risorgeremo dal passato. Sarà come se a te, per mano, io riportassi te. giovane ancora. ELGAR 3)m Chisciotte GIORNALISMO DIMMI CON CHI VAI... —- ...no qui conservato delle pulci che dormirono l'ultima notte con Mussolini.» jy (Dall’ «Omnibus» di Milano) UOMINI DI BUONA VOLONTÀ* CRIC*. ■— Segui il mio ragiona mento: Tru- man mi manda 500 milioni di dollari e mi dice: « Amico mio... » (Da «Dimanche» di Parigi) CLINICHE • ».ti dirò chi sei / - DALLI ALL' EBREO < GLI OI DETTI IVI SÀfi ANNO SE MERE GLI STESSI Socialismo fasullo Diciamolo subito: chi è che non sente una profonda pietà per i poveri gonzi che hanno voluto di proposito buttarsi nel vortice dei partiti di «sinistra» della Lega? Invero, se ci fosse uno sole che questo sentimento non nutrisse, si potrebbe quasi dire che il mondo diventa cattivo e non dovrebbe meravigliare l’indifferenza di poche o molte persone di fronte a un gruppo di malviventi che bastona e deruba un cieco oppure davanti a ufl branco di lupi famelici che divora un bimbo. La analogia c’è. Il cieco o il bimbo rappresentane quel gruppo di creduloni che oppiati dalla demagogia dei loro addomientatori, si sono lasciati trascinare nel gorgo della reazione nell’illusione di servire un alto ideale; 1 malviventi o 1 lupi non occorre proprio nominarli specificatamente, è| sufficiente dire che sono gli stessi che con le pressioni materiali e quelle morali hanno abbindolato Cristo e il popolo italiano. La situazione a Trieste è quella che è. Soltanto le elezioni potranno dire quali sono le forze che contano e quanta la loro consistenza, ma una cosa è ormai certa: i «piselli» e i «grilli» (PRI« PRI) non contano proprio un fico secco! E; la fine di tutti i traditori, di tutti colorai che vorrebbero star seduti su due seggiole. La Democrazia Cristiana, bisogna riconoscerlo, ha avuto d coraggio (sia pure agendo spesso con vigliaccheria) di assumere l’aspetto reazionario tipica! dell’antiprogresso. I falsi sinistroidi, no! Questo! coraggio non hanno avuto; essi hanno preferite giocherellare con le frasi di Marx ed Engels (noni tutte, si capisce; solo quelle che a loro facevane comodo!), alternando il gioco con attacchi alla democrazia progressiva e con leccatine di piedi al più forti della loro congrega. Oggi hanno il saldo* Perchè oggi essi non contano più? Perchè essi, oggi, sono costretti a desiderare che le elezioni a Trieste siano rimandate all’infinito, sperande cosi di conservare qualche «cadreghino» che -1.^,-j! menti sono sicuri di perdere? Perchè il loro programma, le loro idee, ti loro «fine ultimo», poggiano sulla sabbia. E sull* sabbia nessuna costruzione resiste. La reazione, D. C. in testa, poggia ancora ZI suo casamento su roccia; ma si tratta di rocci* friabile. Per gli illusi In buona fede, per 1 «piselli*» per i «grilli», per tutti gli onesti che stanno accorgendosi di avere sbagliato, di essersi ingannati« di avere sbagliato strada, sia aperta la porta dell* sola casa costruita sul granito: la casa del Front* Popolare, L'infermiera: — H cloro formio non lo "Vuole, provo ad addormentarlo così. (Da «Cucii» df Madrid) TERRA SANTA E.. STINCHI DI SANTI (Da «Kerempuh» di Zagabria) Nulla di strano al giorno di oggi battere il naso per la strada contro qualche eminente fascista, uno di quelli che «capiscono i tempi» e che ha saputo togliersi al momento buono dal letargo. Così poco strano, dicevo, che l’altro giorno n’ho incontrato uno mentre passeggiavo per di Corso (cosa particolarmente audace per un antifascista dopo la creazione delle note frontiere inter-rionali nella città). Ti vedo dunque il Nostro, vestito bene si sa, con 1’ M. S. I. all’occhiello, fermo davanti alle vetrine di Weiss. Ma Weiss non è ebreo? Non è proprio quel negozio al quale furono rotti i vetri a comprova delPinferiiorità razziale dei semiti ? Ma sì, perbacco! Allora quel fascista che sta a fare lì davanti? Fui sul punto di chiamare un poliziotto, ma poi ricordai... beh lasciamo correre, qualche volta la voglia di finire dentro uno proprio non ce l’ha. Fu così che mi limitai ad osservare la scenetta, direi quasi simbolica, e potei avvedermi che una strana luce brillava negli occhi del super squadrista. Sì, era uno di quelli che a suo tempo aveva patrocinato la «difesa della razza», che nella fattispecie era una «razza» assai poco raccomandabile per la sua capacità e per la sua tracotanza. Continuando ad osservarlo, finii con il convincermi che la faccenda era abbastanza logica. Insomma che colpa ai possono fare ai fascisti? Hanno difeso la loro «razza» e così bene che oggi è ancora vegeta. L’hanno fatto d’altra parte con una coerenza esemplare. Contro tutto e contro tutti. Naturalmente qualcuno dei «barbari» degli «impuri» talora riusciva a farsi loro socio. Anche se era, putacaso, francese (vedi Degrelle) o inglese (vedi Mosley) o addirittura slavo (e vedi il «Poglav-nik»). Quelli che proprio non ce la facevano erano... chi? Ma gli ebrei. Ed è facile capire il perchè. I francesi, gli inglesi, gli slavi insomma potevano aspirare alla qualifica di fascisti «onorari» perchè era contro il loro sistema di Governo più o meno che il così detto Littorio se la prendeva (democrazia decrepita, plutocrazia ecc. ecc. ragion per cui un dissenziente... non so se mi spiego). Ma contro gli ebrei la pregiudiziale era totalmente slegata da ogni considerazione politica era semplice-mente «dalli all’ebreo». Così, forse senza motivo se non fosse stato motivo sufficiente la direttiva hitleriana, la quale per rimanere conseguentemente fanatica aveva — a suo modo di essere — una giustificazione interna. Ed oggi? Ma oggi è esattamente la medesima cosa! I fascisti ce l’hanno con gli ebrei alla stessa, maniera di prima. Ma sono gli altri invece che stavolta li riguardano come seguaci di «dei falsi e bugiardi»' (contro l’Inghilterra per esempio, la quale sostituisce oggi egregiamente il ruolo padronale dell’ex Reich). Perciò se qualche ebreo può farsi, putacaso, democristiano onorario, gli ebrei in genere sono gente da combattere, perchè nemici degli arabi, a loro volta nemici dell’Inghil- terra. Quindi... i nemici dei miei padroni sono miei nemici. E l’antisemitismo e lì bello e pronto, da usarsi all’occasione buona. Perchè se non difendiamo gli arabi, le Colonie le possiamo guardare col canocchiale, e se non ci danno le Colonie, come si fa a giustificare la permanenza a Trieste di truppe alleate, le quali infin dei conti, «sono qui per aiutarci, e lo dimostra la buona volontà e la comprensione per il nostro problema coloniale» ? Ed allora ecco che il fascista davanti alle vetrine di Weiss con sguardo nostalgico incomincia ad assumere un significato preciso: bisogna combattere gli ebrei! E’ niente meno che un soldato al fronte di battaglia, e la vetrina di Weiss può essere domani il primo obiettivo. Irrazionale fin che si vuole, ma pur sempre un argomento. Nel frattempo si prepara il terreno, non è vero? Una vignetta oggi, un’altra domani... gli ebrei sono inva- denti, non sono™ cristiani, sono così barbari con quei poveri arabi ed infine ancora una volta., dalli all’ebreo; e il bestiale isterismo ce lo troveremo tra i piedi così da un momento all’altro. Una mattina comperando il giornale leggeremo che la vetrina di Weiss è stata mandata in frantumi. Ma già... dimenticavo. Non le hanno già buttato delle bombe contro il centro di studi ebraico a Firenze, e non hanno già aggredito gli ebrei del ghetto romano? Il mio fascista continuava — mentre facevo questi pensieri — a guardare, ghiotta-mente quei vetri, che... se fosse per lui!.... Non c’è via di scampo (parlo a voi .israeliti). Il primo obiettivo del fascismo clericale che s’annuncia al Vnrizzante- sarete voi. E dopo ciò. non credo necessario dirvi che ebreo dovrebbe (dico dovrebbe) essere sinonimo di antifascista. Troverete dei compagni anche se non ebrei. „La mia vita con Benito" — Pare, che anche Muss olmi sia sta* to partigiano; lo lascia capire Donna Rachele sul « Giornale di Trieste »! (Df*. df Zergol) Lettera di Tu sai che io non temo nemmeno il diavolo, nè la scomunica democristiana. Ma H padrone di casa... è una altra cosa. Se tu lo vedessi! Io lo sogno di notte ma non riesco mai a stabilire se esso (perdona l’improprietà della lingua, ma dico così in senso dispregiativo) se esso — dicevo — è più ripugnante nella realtà della sua pancia (denutrita dice lui) 0 nel corso dei miei incubi notturni. Immagina che io ho avuto dopo 135 anni di anticamere negli uffici, e di esposti in particolare all’ufficio alloggi, che in fin dei conti in un tempo relativamente breve c’è riuscito, l’assegnazione di un alloggetto. Sono 2 vani e Un quinto, che per la mia famiglia, adusa al lastrico, vanno Jin troppo bene. In una camera •ormiamo io, mia moglie ed i nostri 74 figli, nell’altro vano cuciniamo e sostiamo durante la giornata (ho scavato delle nicchie nel muro maestro e vi sistemo i bambini più piccoli in maniera che godiamo ognuno di Uno spazio ragionevole), Nell’al- un lettore tro quinto di vano ho sistemato mi0 nonno, che poverino, per aver subito l’amputazione di tutti gli arti durante la guerra di Secessione, occupa una superficie irrisoria. Questa dunque la nostra odierna situazione, che posso dire non è poi tanto disagiata. Il più bello è poi questo, che avendo ottenuto l’alloggio per assegnazione, pago un affitto abbastanza basso per me che sono un semplice tramviere (a suo tempo ero scudiero, poi palafreniere, e cosi via). Non mi posso proprio lamentare. Il mio salario è di 85 centesimi al mese, mentre l’affitto mi costa soltanto 45. Con gli altri quaranta viviamo abbastanza comodamente, e qualche mese i 5 centesimi riesco a portarmeli in banca. Ma che mi capita? E qui è la tragedia. Mi capita che il padrone di casa non è contento, anzi è scontentissimo e dice che è una vera porcheria, che ormai s'è ridotto a pesare soltanto 3 quintali g mezzo di 6 quintali e un quarto dei suoi tempi migliori e che così non può andare avanti. Insamma è una disperazione. Di tanto in tanto viene a dare qualche panciata alla porta del nostro alloggio, e tanto è lo scuotimento che provoca, da farmi cadere un certo numero di figli giù dalle nicchie. E grida e sbraita che lui vuole l’affitto sui serio e dice che tutti i giorni passa in chiesa a pregare perchè sblocchino i fitti e facciano a pezzi (dice proprio così) l’ufficio alloggi. Dice che dopo se vorrò rimanere nel «suo» dilogia dovrò pagare un milione e mezzo d’affitto, più t servizi e che gli dovrò pagare i danni procuratigli con lo scavo delle celebri nicchie. Dimmi tu, caro Don Chisciotte, che ti prendi a cuore la sorte di noi poveri inquilini, che debbo fare? Chi me lo darà il milione e mezzo che reclama il padrone di casa? Ed, abolite le nicchie, dove metterò i bambini, che frattanto cresciuti, occuperanno una superficie maggiore? Io ardentemente spero nella morte del nonno, che lascierà libero il quinto di vano, ma non sarà che un palliativo. Ma dimmi tu. si deve giungere a questo? Ad augurarsi la morte di un nostro caro, per poter abitare più da cristiani? (non ho detto democristiani, bada, perchè quelli, problemi di questo genere non li conoscono, e semmai sono padroni di casa). Insomma, aiutami tu, e porta a buon fine questa santa causa, che hai preso a difendere. Mio nonno dice che si ricorda di te, che ascoltava le tue gesta quando era bambino. Non potresti ripetere la ' tua impresa degli otri, e dare giù colpi di lancia nei pancione del mio padrone di casa? Provaci. Può darsi che riesca e che io abbia un’altra volta la mia pace e che i miei bambini possano starsene nelle loro nicchie senza il timore di farsi sbattere giù dalle panciate di quel mostro. Ma il milione e mezzo non me lo dà nessuno! Ed allora? Beh, abbastanza semplice, torneremo al lastrico, se non avessimo il timore che, una volta ricuperato il suo peso, il padrone di casa, passando per istrada, ci travolga tutti sotto quell’ori-bile pancione, che — Dio mio — sogno tutte le notti. Scusa questo mio sfogo, ma ne avevo bisogno. Tuo j,ad libitum) RACCONTINO PER SENZATETTO Io ero un povero cristo. Uno dei tanti poveri cristi che menano la propria grama esistenza intercalandosi come piccole ombre nel gran chiarore delle luci al neon e delle lampade dei saloni adibiti a dancing e tabarins militari. Pur tuttavia le mie striminzite membra potevano contare, la sera, su un pagliericcio lassù, in una soffitta alla periferia. Una stamberga senza eccessive pretese: cinque metri quadrati dì superficie, un soffitto dalle tegole mal connesse die. quando pioveva, trasformava il mio asilo in una vasca per pesciolino rosso. Il pesciolino, in questo caso, ero io. La cuccagna però durò poco: un mattino — ero ancora tutto accoccolato sul mio pagliericcio — una turba di piccoli demoni irruppe nella stamberga e, emettendo spaventosi ululati da far invidia ai coyotes della pampa brasiliana, mi fecero capire che la presenza della mia magrissima persona era del tutto superflua. Dopo alcuni minuti comparvero altre due persone, un uomo e una donna, che si dissero i genitori del drapello dei piccoli scalmanati. «Vede, buon uomo — mi disse la madre — siamo stati indirizzati dall’ Ufficio Alloggi. Dovremo coabitare. E’ vero, noi siamo piuttosto numerosi, d’altro canto i piccoli non danno eccessivo disturbo. Sono così quieti!» Cinque minuti dopo uno strano essere dagli occhi j fuori dall’orbita che nulla aveva più d’umano, scendeva’a precipizio le scale i n se-guito selvaggiamente da una, decina di filibustieri. Quello strano essere ero io. Ma i dolori della coabitazione non love vano cessare qui: quattro giorni dopo infatti arrivarono nella non più mia soffitta tre vecchietti dall’aria macilenta. «Ci ha mandato qui h Casa di Vecchiaia — sp.egò uno di loro. — Siccome le nostre stanze sono state occupate dagli esuli istriani, la direzione ha pensato bene di scaglionarci un pò per parte. Coabiteremo anche noi.» La risultante di queste coabitazioni forzate determinò una situazione difficilmente descrivibile, tanto che giudicai cosa tremendamente saggia caricare sulle mie spalle pagliericcio e gavetti-no e prendere la via dell’esilio. Girai a lungo senza trovare alcun giaciglio in cui cacciare la mia smunta sa soma finché, preso dalla disperazione, decisi di dormire spartanamente sulle nanchine dei giardini pubblici. Due giorni dopo la mia schiena era tutta a strisele, sì da farmi sembrare una ie* na striata. Ma finalmente anche ZI mio calvario doveva cessare. L’altro giorno stavo appi' solandomi su una rossa pan' china del giardinetto di piazza Hortis allorché sentii uri colpetto sulla spalla. Mi voi' si e vidi un distinto signore dagli occhiali e pince nei con un porta atti sotto il braccio. «Beh?» — dissi. «Sa che lei è un màscal' zone? — sbraitò il signore degli occhiali a pinze nez — non si vergogna a dormire come tutti gli scioperanti sti una panchina, dando cosi spettacolo sconcio ai passanti? Ma ora oi sono io che la metterò a posto! Favorisca il nome e ini segua al più vicino commissariato!» Ora finalmente sono sistemato! Ragazzi, che bazza! Niente più preoccupazione per il pagliariccio! Il comode giaciglio ce l’ho in una stari* za di un palazzo di Via Nizza. E questa volta c’è anche la tabellina sulla portai «Carceri Giudiziarie» Il vagabondo delle stalle