ANNALES 2/'92 izvirno znanstveno delo (JDK 94:334(497.12/.13 lstra)"17" L'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA PENALE NELL1STRIA VENETA DEL SETTECENTO. IL FUNZIONAMENTO DEL TRIBUNALE D! CAPODISTRIA (1750-1796) Giuliano VERONESE laureato in storia, 33078 S.Vito al Tagliamento (PN), via La Marmora 26, IT dipl. zgodovinar, 33078 S. Vito al Tagliamento IT SINOSSI L'articolo ha come argomento centrale ¡'amministrazione della giustizia penale in Istria veneta nella seconda metà del Settecento. II tema viene trattato prendendo spunto da un episodio di insubordinazione collettiva accaduto a Rovigno nel 1781 e del quale sono conservad gli atti processuali nell'Archivio di Stato di Venezia. L'intento è quello di mettere in evidenza alcune caratteristiche principali di tale amministrazione quali le procedure penali utilizzate, come queste ven/Vano applicate e la serie di problemi che queste comportavano anche in relazione alla marginalité economico-sociale della provincia istriana. Viene inoltre fornito un quadro della criminalità processata, le tipologie e le caratteristiche dei reati, quale emerge dallo spoglio sistemático delle fonti criminali consérvate negli archivi veneziani. "Nel giorno 19 Maggio 1781 (...) capitarono in Rovigno procedenti da Venezia Cio. Batta Sassarin, detto Bressanin, e Lorenzo Michieluti, con le rispettive Mogli destinati a servire per bassi Ministri il nuovo rappresen-tante di Pola Zuanne Cigogna"1. L'arrivo degli sbirri in Rovigno non era certo stato visto dalla popolazione del luogo con favore. Losbirro, infatti, nell'immaginariocollettivo era "ritenuto un personaggio abbietto, un malandrino, una canaglia della peggior specie che, vivendo tra le pieghe più nascoste della société e operando nelle zone più ambiguë e malfamate della mobilité (girovago, straniero, soldato), aveva scelto una professione indegna per procacciarsi con pocafatica di che vivere"2. Gli sbirri erano impiegati corne spadac-cini nelle squadre che la Ferma Generale del Tabacco o il Partito del Sale utilizzavano per reprimere il contrab-bando oppure nella riscossione di dazi e balzelli, opera-zioni che venivano compiute ricorrendo, il più delle volte, ad ogni sorta di violenza e sopraffazione. 1 2 3 4 D'altra parte a Rovigno buona parte della popolazione si dedicava da sempre al contrabbando di pesce salato, sale e olio,3 per cui l'arrivo degli sbirri determina-va un clima di tensione che molto spesso degenerava in violenze e zuffe. Sassarin, Michieluti e il "basso ministro" locale, Piero Schiavo, non avevano perso occasione proprio il giorno del loro arrivo di commettere un atto che la popolazione aveva ¡inmediatamente ritenuto lesivo dei propri diritti. Ad un personaggio ben conosciuto del posto erano stati sequestrati dei cavalli. Immediatamente erano stati sequestrati dei cavalli. Immediatamente una folla di uomini, donne, bambini si raccolse intorno al palazzo del rettore veneziano dove gli sbirri, spaventati dal radunarsi di cosï tante persone, si erano rifugiati portando con loro i cavalli sequestrati. La violenza dei tumulti rovignesi era, pero, nota ai rappresentanti di Venezia che già avevano avuto modo di constátame la carica distruttiva4. II cancelliere del Archivio di Stato di Venezia (ASV), ConsigUo dei Died, Processi criminali, Capodistria, b. 17, "Relazione sopra la tumultuaria insurrezione seguí ta in Rovigno li 19 e 20 Maggio 178 V. F. Bianco, Contadini, sbirri e contrabbandieri nel Friuli del Settecento, Pordenone 1990, p. 124. Sulla diffusione del contrabbando di pesce salato si veda la relazione del podestä e capitano di Capodistria del 6.8.1763 in ASV, Capi de! ConsigUo dei Died, Dispacci dei rettori, b. 261 (Capodistria). Nel 1767 furono uccisi alcuni spadaccini del Partito del Sale dalla popolazione di Rovigno (ASV, ConsigUo dei Died, Processi criminali, Capodistria, b. 8). 131 ANNALES 2/'92 Giuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ..., 131-142 podestá, ¡nfatti, si affrettó ad ordinare il rilascio dei cavalli, cosa che non valse a sedare gli animi. Anzi, nella confusione generale alcuni spari avevano accresciuta la rabbia dei rovignesi tra i quali si era sparsa la voce che alcuni di loro fossero stati feriti. II tumulto assunse dimensión! notevoli: "l'insurrezio-ne popolare fu senza ritegno (...) le voci sediziose furono continué, eccitanti queste l'uccisionede' Sbirri, del N.U. Podestá e Cancelliere; (...) moltissime persone armate si viddero ad un tratto accorrere tumultuariamente alia volta del Palazzo; (...) per parte de' Sbirri, che per parte de' Rovignesi seguirono piü sparri; (...) copioso fu il grandine de' Sassi contro il Palazzo, con l'atterramento di quasi tutti i vetri delli balconi della camera d'udienza, ed anticamera"5. Verso sera la sollevazione era andata scemando, ma il giorno dopo "quallora appariva, che tutto dovesse essere quieto, e tranquillo, per le voci, che i Sbirri in quella notte si fossero allontanati, tutt'ad un tratto si viddero piü circoli di Persone, trattenute nelle vicinanze del Pubblíco Palazzo, e Riva grande. Queste in un momento si andavano aumentando con sospetti principj di sedizione, e con mutílate indicazioni, che i Sbirri fossero ascesi in Palazzo"6. Le assicurazioni del podestá che gli sbirri erano stati allontanati non riuscirono a fermare la folla inferocita che assal! il palazzo. Lo stesso "Capo di Cento" di Rovigno, Zorzi Franco, istigó i propri soldati alia perquisizione dell'edificio che fu messo sottosopra dalla folla tumultuante. Una"partita di que' ribaldi scaturi dal Palazzo l'lnfelice Gio.Batta Sassarin, detto Bressanin (...). Trascinatolo fuori dal Portone, e fattolo gittare a térra, moltissimi se gli affollarono attorno (...). Lo aggressero, e gli vibrarono piü colpi con Armi bianche a grado, che il Misero dovette senza alcun spirituale soccorso perire"7. Le stesse mogli dei due sbirri, Marianna Sassarin e María Michíeluti, furono colpite e trascinate fuori, "con rimarcabile fierezza", da un magazzino dove si erano nascoste, "furono maltrattate con piü ferite, e ridotte quasi semivive"8. Piero Schiavo fu scoperto nascosto dietro una botte in una cantina, convinto ad uscire da Michiel Abbá che gli aveva promessa salva la vita si presentó sulla porta della cantina dove fu aggredito, pugnalato piü volte ed infine freddato con colpi d'arma da fuoco. Verso sera fu ritrovato un altro sbirro. Si trattava di certo Giacomo Antonutti che non aveva avuto nulla a che fare col tumulto. Uno dei sollevati, Marco Rocco, "dopo avergli dimenato un gravissimo colpo di punta con Coltello, con tutta la forza sollevata una Mole di Pietra di libre venti circa, la qual serviva ad aguzzare le armi (...), per tre successive volte gliela diede sul Capo, il quale restogli schiacciato"9. Con un macabro rituale i tumultuanti esposero ¡I cadavere al balcone del palazzo sopra una tavola mostrándolo alia folla, dopodichè lo gettarono con forza dal balcone stesso10. Quest'ultimo eccidio segno páticamente la fine del tumulto. Per diversi giorni il podestá di Rovigno tralascio di awertire dell'accaduto i Capí del Consiglio dei Dieci, come sarebbe stato suo dovere11, per ti more di ritorsioni da parte della popolazione 12. II primo giugno 1781 il Consiglio dei Dieci incaricô il podestá e capitano di Capodistria di assumere informa-zioni sui fatti accaduti a Rovigno. II3 luglioil processofu delegato conil rito inquisitorio del Consiglio dei Dieci al rettore di Capodistria. Le deliberazioni finali sarebbero pero spettate al Consiglio stesso come spesso accadeva quando il reato era di estrema gravità. Il 17 agosto, per timore di nuove sollevazioni e per l'ímpossibílitá di proseguiré nelle indagini a causa dell'o-mertà della popolazione che, come sempre, mostrava grande compattezza nelle situazioni awerse, fu deciso dal Senato di invíare I' "Eccellentissimo Capitan in Golfo colle maggiori forze della sua squadra a quella parte" con l'intento di reprimere "di que' scorretti sudditi l'ardito, e infesto contegno"13. Tra i mesi di settembre e dicembre furono arrestate undici persone14. Molte altre riuscirono a fuggire attra-versando il confine con lo Stato austríaco. II processo, molto voluminoso (circa 1500 carte), non riporta la sentenza15. E' certo che Marco Rocco e Zorzi Franco furono impiccati come risulta da una delle tante raccolte di nomi di condannati a morte in Venezia16. Tale fatto viene confermato dal diario di un medico rovignese, Biancini, che descrive la fine dei condannati: 5 Ibid., b. 17, "Relazione sopra la tumultuaria... " 6 Ibidem. 7 Ibidem. 8 Ibidem. 9 Ibidem. 10 Ibidem. 11 I rettori erano tenuti ad informare il Consiglio dei Dieci su qualsiasi fatto di rilievo accaduto nelle loro giurisdizioni. 12 ASV, Consiglio dei Dieci, Processi criminali, Capodistria, b. 17, "Relazione sopra la tumultuaria... " 13 Ibidem. 14 Ibidem. 15 ASV, Consiglio dei Dieci, Processi criminali, Capodistria, bb. 16 e 17. 16 Biblioteca Comunale di Udine (BCU), Manoscritti fondo principale, 2460. Nota degli impiccati in Venezia dall'anno 737 all'anno 1850. 132 1. Šchizzo del Litorale istriano da Rovigno a Pîrano (1666). ASV. Dispacci dei rettori, Istria, f. 54 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NFLL'lb I KIA VhNt ¡ A JLL^L! IECLSH > . MM4: > X V * - y / . V * e-- m M4 "In questa mattina - era il 7 setiembre 1782 - furono appiccati aile forche fra le due colonne dei S. Marco Z. Franco Capo delle Cernide e Marco Rocco, i quali erano stati la notte antecedente strozzati nelle carceri, tenendo appeso al petto il cartello colle parole: - Per gravi colpe di Stato - Le due donne fatte star un'ora in ginocchio con candella accesa a rimirar i due infelici strozzati, ed all'ora di terza gli altri sette rei furono incatenati, fatti passar sotto le forche. Quattro cioè: Curto, il figliastro di Agon, Brazzetti, e Marcolin passarono subito in galera, Tebe e Taciovagià furono messi ai forni, la Bichiacchi non si sa ove sia, Giacodin nei camerotti, e la gobba Civil nei camerotti"17. Dal racconto dei fatti accaduti a Rovigno emergono alcune problematiche, quali ad esempio la tipología délia repressione nei momento susseguente alla rivolta, la posizione di insicurezza del podestà, l'odio profonda-mente radicato per gli sbirri, la pratica diffusa del con- 17 18 trabbando, sulle quali è opportuno soffermarsi più a lungo. Il governo veneziano inviava in Istria dei rettori i cui poteri erano divers! a seconda dell'importanza délia podesteria che occupavano. Il principale reggimento délia penisola era quello di Capodistria nei quale la Repubblica inviava un patrizio veneziano eletto tra gli appartenenti al Maggior Consiglio con il titolo di podestà e capitano18. Tra le varie funzioni dei rappresentante di Venezia vi era quella di amministrare la giustizia penale e civile istruendo, con l'aiuto dei proprio cancelliere, processi sia nell'ambito dei proprio distretto sia in altri luoghi dell'lstria veneta. Dal 1584, anno in cui era stato costituito, a Capodistria risiedeva un tribunale d'appello per sentenze civili e penali emesse da qualsiasi rettore dell'lstria. Era costituito dallo stesso podestà e capitano e da due consiglieri ed era chiamato Magistrato di Capodistria19. P.A. Biancini, Croniche di Rovigno dal 1760 al 1806, (edizione curata da B. Benussi) Parenzo 1910, p. 46. Le città più importanti délia Terraferma erano rette da due patrizi veneziani che venivano inviati dalla Repubblica con gli incarichi di podestà e di capitano. Le loro funzioni erano sostanzialmente civili e giudiziarie per il primo, militari e finanziarie per il secondo. Queste funzioni, nei centri di minore importanza, erano assunte da un solo patrizio veneto col titolo di podestà e capitano o proweditore. 133 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ..., 131-142 I processi penali potevano essere ¡struiti con autoritá ordinaria o con autoritá straordinaria. Nel primo caso il rettore, nelle suefunzioni di giudice, procedevasecondo quanto stabilito dalle leggi e statuti iocali20. Le procedure ordinarie si applicavano sólitamente nei casi meno gravi che non richiedevano un accrescimento dei poteri del giudice e che si concludevano spesso con ¡a commina-zione di pene pecuniarie. La giurisdizione penale straordinaria si aveva quando il rettore giudicava su casi che gli venivano delegati dal Senato o dal Consiglio dei Dieci su materie di compe-tenza di queste magistrature: "la delegazione si concede dall'Eccelso Consiglio dei Dieci, o dall'Eccellentissimo Senato nelle Materie a questi Supremi Tribunali rispetti-vamente spettantesi. Piü di frequente pero parte essa dal Consiglio di Dieci, cui é riservata la punizione delle piu serie criminóse azioni. II Senato la usa ne' casi di con-trabbando, e di altre violazioni, che intaccano, piucché la vita, o l'onore de' Sudditi, la pubblica Economía"21. Le procedure erano diverse a seconda dell'autoritá che aveva delegato il caso. "II rito del Senato consisteva in un procedimento aperto, rígidamente prefissato da norme ben definite che contemplavano, tra l'altro, la presenza di awocati difensori"22. Le delegazioni del Consiglio dei Dieci erano di duetípi. Una, con laclausola servatis servandis, non comportava un mutamento della procedura ma permetteva al giudice di comminare pene piü severe. L'altra, ossia il rito inquisitorio, dava al tribunale poteri molto ampi. II connotato principale di que-st'ultima procedura era la segretezza: il processo veniva scrittosolo dal cancelliere del podestá mentre l'imputato non conosceva l'identitá degli accusatori e testimoni i quali, a loro volta, non si conoscevano tra loro. I testimoni erano tenuti, inoltre, a prestare doppio giuramento: desilentio, ossia che avrebbero manten uto il segreto su lia loro deposizione, e de ver/tate, ossia che avrebbero deposto il vero. II rito inquisitorio del Consiglio dei Dieci se da un lato permetteva al tribunale di emettere pesanti sentenze con una certa rapiditá, dall'altra scavalcava ogni diritto alia difesa dell'imputato il quale, tra l'altro, non poteva ser-virsi di awocati difensori23. Anche per questi motivi le delegazioni che inizialmente (a partiré dalla fine del Cinquecento) venivano concesse dal Consiglio dei Dieci, si rivolgevano ai rettori di grossi centri dove esisteva una corte pretoria costituita da giudici di grande esperienza in campo penale o civile i quali affiancavano il rappresentante veneziano nelle sue funzioni giudiziarie. Nel Settecento, pero, la "delega del rito del Consiglio dei X veniva concessa con molta larghezza. Finivano cosí a valersene anche rettori che non erano affiancati da corte, e che emettevano perianto la sentenza da solí: Capodi-stria, Raspo, Chioggia" 24. Da questo, quindi, si comprende quanto potesse essere arbitraria la sentenza del podestà e capitano di Capodistria che giudicava col rito inquisitorio del Consiglio dei Dieci. Inoltre, in simili condizioni, è possibile che il rettore fosse oggetto di pressioni esterne che ne influenzassero il giudizio. Non si pió, infatti, escludere che il rappresentante veneziano fosse in qualche modo invi-luppato negli interessi Iocali. Va considérate, inoltre, che non era richiesta una preparazione giuridica per i rettori. Base, non solo del-l'opera di governo, ma anche del giudizio del podestà era il suo "arbitrium" al quale il diritto veneto dava grande importanza e che rientrava in una concezione della giustizia nella quale il momento preminente era "quedo político ed empírico"25. Vi è anche il sospetto di una certa corruttibilità dei rettori che venivano inviati ¡n Istria i quali, data la marginalité economica e sociale della provincia, appartene-vano al patriziato minore le cui condizioni economiche, specialmente nel Settecento, erano spesso disagiate26. Questo poteva far si che, spinti dal desiderio di guadagni integrativi, questi rettori sfruttassero ogni occasione per ricavare denaro dal loro ufficio pubblico. Un confidente degli Inquisitori di Stato, Evaristo Petronio di Pirano, riportando alia loro attenzione un caso di falsificazione di monete in cui era implicato un tale Domenico Vincenzo Castro riteneva opportuno "non 19 20 21 22 23 24 25 47 Leggi, decreti e terminazioni dei Ser. mo Maggior Cons. o, Dell'Ecc. mo Pregadi, dell'Ecc. mo Cons. odiXe de' Pubblici Rappresentanti con la Pubb. ca approvazione concementi il buon governo dell'lstria, Capodistria (?) 1683, libro I, p. 1. C. Povolo, Aspetti e problemi delTamministrazione della giustizia penale nella Repubblica di Venezia. Secoli XVI-XVII, in Stato, società e giustizia nella Repubblica Veneta (sec. XV-XVIII), Roma 1980, p. 161. Nei maggiori reggimenti della Terraferma i processi con rito ordinario venivano istruiti nell'ufficio del maleficio (separate dalla cancellería del podestà) dai notai Iocali. A Capodistria non esisteva un ufficio del maleficio in quanto tutta l'attività giudiziaria penale era svolta nella cancellería del rettore. Z.G. Grecchi, Le formalità del processo crimínale nel Dominio Veneto, Padova 1790, p. 50. C. Povolo, Aspetti e problemi, cit., p. 165. Su tale problema cfr. C. Cozzi, La difesa degli imputati nei processi celebrati col rito del Consiglio dei X, in Crimine, giustizia e società veneta nel XVIII secolo, Milano 1989, pp. 1 -87. Ibid., p. 3. Sulla particolarità del diritto veneto cfr. IDEM, La política del diritto nella Repubblica di Venezia, in Stato, società e giustizia, cit., pp. 15-152. La Repubblica "venendo incontro ai poveri e occupandoli nei reggimenti minori ne diminuiva la pericolosità sociale, ne sosteneva le économie e soprattutto ricreava, almeno sul piano dell'amministrazione, la coesione di un ceto diviso e differenziato." (L. Megna, Riflessi pubblici della crisi del patriziato veneziano nel XVIII secolo: Il problema delle elezioni ai reggimenti, in Stato, società e giustizia nella Repubblica Veneta (sec. XV-XVIII), vol. il, Roma 1985, p. 258). 134 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DELSETTECENTO ...,131-142 demandare la formazione del Processo né a Raspo, né a Capodistria. Non a Raspo perché il N.U. Trevisan é tutto attaccato a Domenico Nicoletto Castro q.m Zuanne prenominato Sindaco attuale, e Cugino di sangue dello stesso Vincenzo Castro. Non a Capodistria perché il Cancelliere Sorari sebbene probo Ministro é pero suscet-tibile di uffizij e di maneggi. Sugerirei perció che si dovesse incaricare il Ministro Cancelliere di Palma ma con la possibile celeritá"27. In effetti era pratica abbastanza utilizzata quella di ricorrere al Proweditore Cenerale di Palma per la formazione di processi su reati accaduti in Istria e questo era probabilmente dovuto al fatto che non si ritenevano sufficienti le garanzie di correttezza e di onestá offerte dai reggimenti istriani. II Proweditore di Palma, Giulio Giustinian ad esempio, incaricato di istruire un processo sui frequenti atti di banditismo nel territorio di Pola, accusó, nel 1795, il rettore di quella cittá di essere egli stesso causa di quella situazione di disordine, in quanto corrotto: "l'esistenza de' medesimi Banditi in quel Territorio e le indulgenze úsate con altri Delinquenti anno fatto nascere la congettura che lo stesso N.U. Dolfin per Dinari lasciasse fare ognuno ciocché voleva e moltoppiü perché le Persone le quali per una qualche trasgressione venivano carcerate si vedevano rimesse in liberta dopo uno o due giorni di Prigionia"28. Ulteriori motivi di malgoverno e di disfunzioni ammi-nistrative erano determinati dalla pratica invalsa tra i rettori di abbandonare il loro reggimento per alcuni periodi. II podestá e capitano di Capodistria, Lodovico Morosini, ín una lettera del 23 marzo 1783 ínviata agli Inquisitori di Stato, si lamentava che "lo scandalo veramente e la licenziositá invalsa da molto tempo su tale argomento é awanzato oltre modo, ed ogni N.U. Rettor di questa Provincia (iberamente, ed a suo capriccio allontanandosi dalla sede destinata alia sua Rappresen-tanza, mette quella in balia del suo Ministro Cancellier, affidandogli Fogli non scritti, marcati solamente colla propria sottoscrizione; vaga a suo talento per la Provincia medesima, esce da questa per portarsi in altra suddita convicina, si porta a Trieste quante volte gli piace per cola fermarsi a sua piena volontá, owero per transitar in alcun luogo dello Stato ed anche in codesta Dominante. Di tale disordine non si fanno le debite partecipazioni per causa di privati personal! riguardi"29. Dai fatti accaduti nel 1781 a Rovigno emerge la condizione di impotenza del rettore di fronte alia violen-za della popolazione. Ció é riconducibile anche ad una crónica mancanza di forze di polizia a disposizione dei rettori. In Istria questa situazione doveva essere partico-larmente grave. Nel 1767 il podestá di Rovigno scriveva al rettore di Capodistria di essere impossibilitato ad inviare a quel reggimento un fascicolo processuale ed alcune persone arrestate "non rittrovandosi al servizio di questa Rappresentanza che un solo officiale di corte", perció chiedeva che fossero inviate "sufficienti forze a levare gl'arrestati medesimi", anche perché non vi erano denari in cassa per il "giornaliero loro alimento"30. Problemi simili dovette averli anche il podestá di Capodistria se nel 1752, quando, in risposta al rettore di Rovigno che chiedeva rinforzi per poter arrestare alcuni imputati, scriveva: "é la compagnia stessa talmente bassa, che quall'or volessi far(la) imbarcare nella medesima (galera), che serve di mia guardia, non sarebbe sufficiente ad armarla"31. A limitare Pefficacia del sistema repressivo32 concor-revano anche altri fattori quali la frammentazione del territorio in unita giurisdizionali abbastanza indipenden-ti, giurisdizioni feudali e la vicinanza del confine austríaco: tutti elementi che permettevano ai malviventi di sfuggire con una certa facilita alla legge. A ció va aggiunta anche la mancanza di una rete di vie di comunicazione sicura e affidabile tale da garantiré un contrallo efficace della provincia. Le sentenze dei rettori mettono in luce questa inade-guatezza del sistema repressivo. La frequenza con la quale veniva comminata la pena del bando, alia quale venivano sottoposti tutti i contumaci, é sintomática del-l'incapacità dell'autorità di far arrestare i colpevoli. Se la pena del bando é stata considerata come fattore criminogeno in quanto spingeva i banditi "à la recherche difficile d'un emploi hors de leurs milieu de relations"33, tuttavia non è certo che tale allontanamento si verificasse sempre. Poteva accadere, cioè, che il condannato non si allontanasse dai luoghi ove normalmente risiedeva, o perché sosten uto dai proprio ambiente sociale, soprat-tutto quando incolpato di delitti non considerati perico-losi dalla società - si pensi al contrabbando che spesso implicava intere comunità -, o perché non esistevano sufficienti forze di polizia capaci di repressione o, infine, perché la paura di ritorsioni da parte dei banditi induce-va all'omertà la popolazione. Non si puó dubitare co-munque che il bandito si trovasse in una situazione precaria. I premi che spettavano a chi lo avesse catturato (taglia ed eventuale possibilité di liberarsi dai bando o di ottenere la liberta di un altro bandito) potevano allettare 27 ASV, Inquisitori di Stato, b. 623. 28 ASV, Consiglio dei Died, Processi criminali, Palma, b. 12, relazione del 15.1.1794. 29 ASV, Inquisitori di Stato, b. 256, lettera del 23.3.1783. 30 ASV, Consiglio dei Died, Processi criminali, Capodistria, b. 8, processo per l'uccisione di alcuni spadaccini del Partito del Sale. 31 Ibid., processo per sodomia. 32 Cfr. C. Povolo, Aspetti eproblemi, cit., il paragrafo "Mezzi repressivi" pp. 207-216. 33 Y. Castan, L'image du brigand au XVllle siècle dans le Midi de la France, in Bande armate, banditi, banditismo e repressione di giustizia negli Stati europei di antico regime, a cura di G. Ortalli, Roma 1986, p. 346. 135 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ..., 131-142 molti. Da questo punto di vista quindi tale pena alimen-tava la violenza invece che reprimerla. La frequente comminazione del bando era, comun-que, un fenomeno che interessava tutto lo Stato vene-ziano e non solo veneziano. Claudio Povolo, pur riferen-dosi ad un periodo antecedente a quello di questo studio, ha messo in evidenza come la corte pretoria di Padova, nei periodo compreso tra il 1585 e il 1643, bandl con autoritá delegata "2454 persone, cioé il 37 per cento di tutti gli imputati sottoposti a giudizio"34. L'attivitá giudiziaria del tribunale di Capodistria si estendeva a tutta una serie di reati che venivano giudi-cati, a seconda del la loro gravita, con rito ordinario o delegato. ( piccoli furti, i ferimenti non gravi, le minacce, erano perseguiti di sólito seguendo le procedure ordinarie che prevedevano nella maggior parte dei casi la comminazione di pene pecuniarie35. Tra i vari reati, per i quali si procedeva con autoritá delegata del Consiglio dei Dieci, quelli che compaiono con maggiore frequenza sono l'omicidio, il "ferimento grave", l/"insurrezione". Altri importanti delitti erano il contrabbando, l'incendio doloso, l'infanticidio, lo stu-pro. Ad osservare i dati ricavati dallo spoglio delle fonti processuali attinenti l'attivitá giudiziaria del tribunale di Capodistria (cfr. tabella) si nota una notevole sproporzio-ne tra il numero di omicidi, e di ferimenti e altri delitti quali lo stupro, l'infanticidio, il contrabbando. Ció non significa necessariamente che ci troviamo di fronte ad una societá esasperatamente violenta. Infatti, l'analisi defle solé fonti criminali é di per se stessa insuficiente a fornire un quadro preciso della diffusione della crimina-litá. Questo awiene per diversi motivi. Innazitutto man-cano le sentenze emesse dai tribunali feudali, all'intemo di circoscrizioni signorili in cui al giusdicente eraaffidato il compito di giudicare e comminare pene. Inoltre i documenti processuali dei tribunali veneziani non registrarlo tutti i reati realmente accaduti, in quanto una parte di questi non viene conosciuta dall'autoritá che quindi non ne registra la presenza. Questo "numero oscuro" é in stretta relazione con l'efficacia del sistema repressivo. In uno Stato di antico regime dove tale sistemaè, quasi sempre, ineficiente, dove non esiste una polizia organizzata, dove la legislazione penale è spes-so disorganica, diversa a seconda delle realtà sociali a cui si rivolge, dove ancora esistono giurisdizioni feudali con una propria autonomía, è plausibile che il numero dei delitti non conosciuti sia stato elevato. Esistono anche reati che per la ioro stessa natura sono suscettibili di essere rilevati in misura diversa. Alcunifatti criminosi non vengono denunciati perché la stessa vitti-ma e restia a farlo, si pensi ad un reato come lo stupro in una societá che richiedeva alie donne un passato irreprensibile soprattutto per potersi sposare convenientemente37. Si pensi, ancora, all'infanticidio del quale era a conoscenza solo la madre ed eventualmente chi l'ave-va aiutata a partorire. II ritrovamento del cadaverino poteva daré inizio alie indagini ma è anche vero che questo poteva fácilmente essere nascosto. Oltre a questi fattori bisogna considerare quale fosse la tendenza al ricorso alie magistrature da parte della popolazione. Non si più escludere che vi fossero forme di composizione extra-giudiziarie dei conflitti. Come del resto è noto che parte della conflittualitá delle comunitá veniva risolta attraverso le forme della disapprovazione sociale come lo charivari38. La mancanza di studi di storia sociale ed economica che riguardino l'lstria non permette di trarre conclusioni generali sulle caratteristiche della societá istriana che prendano spunto da quanto emerge dalle fonti processuali. Tuttavia se è vero che non è possibile dire con certezza che la predominanza di reati come l'omicidio sia ascrivibile ad una societá estremamente violenta, la futilitá delle motivazioni che spingonoatali reati, l'estra-zione sociale degli imputati, quasi sempre appartenenti al mondo rurale, potrebbero far pensare che qualche equilibrio all'intemo della comunitá sia venuto meno. Si ha l'impressione che esistano delle tensioni latenti che esplodono in violenza al minimo contrasto. Quali le motivazioni? Una delle cause che pare plausibile è il conflitto dovuto alla presenza sul territorio istriano di gruppi di cultura diversa. Per tutto il periodo della dominazione veneziana l'lstria fu caratterizzata da una lenta crescita demografi- 34 C. Povolo, Aspetti e problemi, cit., pp. 224-225. 35 Per rendersene conto basta scorrere le raccolte di sentenze (raspe) dei rettori di Capodistria (ASV, Camerlerigo del Consiglio dei Dieci, Raspe dei rettori, b. 12). 36 M. Weisser riferendosi alla creazione di corpi di polizia organizzata awenuta nel XIX secolo, scrive: "I nuovi corpi di polizia d'Europa non somigliavano molto ai loro antenati. Erano organizzati su base burocrática e seguivano norme di procedura rigorose. In precedenza, la polizia aveva fatto fronte al crimine in maniera intermittente, dispiegandosi in certi punti in cui il crimine era particolarmente intenso o reagendo a eventi criminosi specifici. Invece la caratteristica del moderno corpo di polizia era la sorveglianza costante di tutta la popolazione e la prevenzione del crimine in termini generali. Per conseguiré questi obiettivi, gli apparati di polizia crearono ben presto archivi criminali centralizzati che divennero il deposito di informazioni di ogni genere, da vagliare e esaminare in continuazione." (M. Weisser, Criminalitá e repressione nell'Europa moderna, Bologna 1989, pp. 29-30). 37 Sui rapporti tra donna e giustizia penale a Venezia nel secondo '700 cfr. M. Gambier, La donna e la giustizia penale veneziana nel XVIII secolo, in Stato, societá e giustizia, cit., pp. 531-575. 38 V. Baiíey, Reato, giustizia penale e autoritá in Inghilterra. Un decennio di studi storici, 1969-1979, in "Quaderni Storici", n. 44 (1980), p. 590. 136 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NhLL'Ibi KIA VtNtIA üfcL ici i tLtiN iu ..., Ii 1-142 ^ - i J- ) 4 Molo e scoglio di S. Caterina a Rovigno (sec. XVIII). ASV: Proweditori Camera ai corifíni, b. 338 ca. Particolarmente gravi furono i contraccolpi determi-nati dalle epidemie di peste del 1527 e 155439: "La città di Pola - scrisse Bernardo Benussi - non contava ormai più di 594 abitanti da 4000 ch'erano un secolo prima, e non più di 2657 abitanti contava il suo territorio. Delle numeróse ville - dicono che fossero 72 - di cui il comune di Pola andava un di superbo, non ne erano rimaste che -[ 2"40 Nel 1579 venne nominato dal Senato un prowedito-re per l'lstria con la facoltà di assegnare terreni incolti a nuovi nuclei colonici. Si concessero terreni a ciprioti, rumeni, greci41. "Oltre l'assegnazione gratuita dei terreni, si concedeva ai nuovi abitanti l'esenzione totale per una determinata serie di anni da ogni aggravio sia pecuniario che personale; ed a seconda delle circostanze o si anticipava, o si donava loro il grano per la seminagione, ed il denaro per gli animali e per la costruzione o riattamento delle case"42. Le pestilenze del '600 decimarono nuovamente que-sti territori. Con I'epidemia del 1631 Capodistria perse duemila abitanti su circa quattromila; la popolazione di Parenzo si ridusse da tremila a poco più di un centinaio, quella di Pola a circa cento; a Cittanova rimasero sette famiglie di cittadini e venticinque di popolani; Umago fu ridotta a qualche decina di abitanti; "S. Lorenzo del Pasenatico e Due Castelli ne andarono pressochè distrut-te; moite ville scomparvero affatto: di loro non resta che il nome"43. Nel 1649 I'lstriaveneta contava 49.332 abitanti men-tre la Contea di Pisino non ascendeva a più di 236044. Per far fronte alio spopolamento della penisola la Repubblica favori I'immigrazione di popolazioni prove-nienti da vari luoghi, si "fecero numerosi trasporti in 39 B. Benussi, L' Istria nei suoi due millenni di storia, Trieste 1924, p. 335. 40 Ibid., p. 336: i dati si riferiscono alla pestilenza del 1527. 41 Ibid., p. 338. 42 Ibid., p. 339. 43 Ibid., p. 340. 44 Ibid., p. 342. 137 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ..., 131-142 prima linea di Morlacchi, popolazione pressochè tutta di nazionalità slava, quindi di Creci della Morea e delle isole, di Albanesi ed anche di Romanici, dei quali tra-sporti la storia ha segnato con precisione le varie epoche", immigrazioni continúate fino alla prima meta del Settecento (nel 1726 vennero assegnati dei terreni pres-so Fasana a famiglie della Morea)45. Non è improbabile che si verificassero contrasti tra genti di culture diverse o che, all'interno dei villaggi, i valori di solidarietà venissero meno tra persone che non avevano le stesse origini ed una continuité di tradizioni comuni. E' possibile che siano venute a mancare le forme di contrallo interno della comunità. In ogni caso la colonizzazione deve averavuto un effettodestabilizzan-te: la "storia della colonizzazione - indicava Bertoša in uno studio sul banditismo - è quasi sempre segnata da grandi sconvolgimenti politici, sociali e demografici, nei quali, tra l'altro, gli strati sottomessi della popolazione -ugualmente dei coloni e degli abitanti autoctoni - con-ducono una lotta accanita per la propria esistenza"46. Sarebbe quindi intéressante analizzare in quale misura e in che modo la colonizzazione abbia influito sulle strutture sociali preesistenti e se una certa facilità nel ricorso alla violenza possa essera determinate, in parte almeno, da questo fenomeno. A rendere più distruttiva la violenza era la diffusione delle armi da fuoco, favorita dalle concessioni governa-tive. Un decreto del 1600 stabiliva che "Non dovendo per il rispetti, che sono noti a questo Conseglio, essere sottoposti li Luoghi dell'lstria alla parte presa in materia d'Arcobuggi, siccome anco sono eccettuati tutti gli altri luochi delloStato Nostra da Mare, sia preso, che sia dato avviso a tutti li Rettori di detta Provincia, come essa s'intende eccettuata del tutto dall'osservanza delle pre-dette Parti, sicchè possano esser adoperate tutte quelle sorte d'armi, e d'Arcobuggi siccome si faceva innanzi alla predetta Deliberazione etc."47. Una successiva delibe-razione del Consiglio dei Died del 14 setiembre 1670, limitava l'uso delle armi da fuoco impedendo che venissero pórtate "nelle Sale, e nelle pubbliche Audienze de' Rappresentanti d'essa Provincia"., p. 29., ma non ne proibiva l'uso in altri luoghi. Altri reati esaminati dal tribunale di Capodistria sono le "insurrezioni" e il contrabbando. Per le prime, in base a quanto è stato rilevato dalle fonti processuali, è possibile stabilire una classificazione delle cause che le hanno determinate: il caso più frequente, come dimostrano i fatti di Rovigno, è dato dai contrasti tra popolazione e 45 46 47 48 49 sbirri; altri casi sono dovuti a contrasti tra popolazione e autorità veneziane; contrasti tra popolazione e singoli personaggi appartenenti o meno alla comunità; liti tra villaggi; conflitti tra popolazione e banditi. Le imposizioni di nuovi dazi, le violenze attuate dagli sbirri, i decreti emessi dalle autorità che andavano contra quanto era stato da lungo tempo praticato dalla comunità, il disaccordo tra ville vicine sulla posizione dei confini, potevano essere tutti fattori che scatenavano la reazione compatta della popolazione che vedeva intac-cati i propri diritti. La partedpazione al tumulto era pressochè totale e rispondeva ai modelli solidaristici che caratterizzavano le comunità rurali di antico regime. La presenza dei capi del Comune, del párroco o di altri personaggi che avevano un ruolo pubblico legittimava, inoltre, la sollevazione. Si pensi, nel caso del tumulto di Rovigno del 1781, al ruolo svolto dal capo delle cernide, anch'egli parte attiva nell'insurrezione contra gli sbirri. Con caratteri molto simili le rivolte popolari si ripete-vano anche in altri luoghi del Dominio. In Friuli è stata notata unatendenza generalizzata alia rivolta, soprattut-to nei casi di attrito tra la popolazione di un villaggio e gli sbirri48. L'ampia diffusione del contrabbando, in particolare nelle zone di montagna, che coinvolgeva intere comunità dedite a questa attività per integrare le loro povere economie, spingeva i vari appaltatori ad assoldare degli uomini che eseguissero le perquisizioni. Le squadre di spadaccini della Ferma Generale del Tabacco che si recavano in quelle zone venivano spesso assalite dalle popolazioni inferocite di quelle vallate, armate di archi-bugi, sassi, falci, forconi, accette ecc. La compattezza della comunità si manifestava ancora nei momenti successivi alla rivolta "quando, superata l'euforia per la vittoria, seguiva l'inquitante attesa che l'inevitabile occupazione militare e le inchieste del Go-verno individuassero e perseguitassero i capi della rivolta e i più esagitati"49. L'omertà della popolazione, pero, non permetteva agli inquirenti di giungere a conoscenza dei capi della sollevazione. E' questa una caratteristica dei tumulti riscontrata anche in Istria. Quando nel 1767 alcuni spadaccini del Partito del Sale giunsero a Rovigno per compiervi una serie si perquisizioni con l'intento di scoprire depositi non regolari di pesce salato, furono accolti con ostilità dagli abitanti e vennero sollecitati ad allontanarsi in fretta. Circondati minacciosamente da moite persone, impauriti, spararono alcuni colpi di arma da fuoco. "Accorse allora il popolo da più parti, inse- IDEM, Manuale di geografía, storia e statistica, della regione Ciulia (Litorale), Parenzo 1903 (prima edizione Pola 1883), pp. 220-222. M. Bertoša, "Sudditi di natura grava". II banditismo nel parentino nel Seicento e nei primi decenni del Settecento, in "Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno", vol. XVI (1985-1986), p. 265. Leggi statutaríe per il buon governo della provincia d'istria, raccolte sotto il Reggimento di Lorenzo Paruta, Podestä di Capodistria, Capodistria (?) 1751, p. 28. F. Bianco, Contadini, sbirri e contrabbandieri, dt. Ibid., 118. 138 ANNALES 2/'92 Giuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ...,131-142 guendo l¡ Spadazzini, che si posero in fuga per il Ponte, e per la strada denominata Carrera, ora correndo, ed ora volgendosi, e sparando contra i Rovignesi"50. Due degli spadaccini furono uccisi, due furono arrestati e tradotti nelle carceri mentre altri due riuscirono in qualche modo a fuggire. Le loro barche, pórtate in secco, furono sac-cheggiate e poi bruciate. II processo, commissionato al podestá e capitano di Capodistria, non venne concluso a causa del muro di silenzio che la popolazione oppose all'inchieste e che non permise di individuare i capí della sollevazione. La pratica del contrabbando era quindi fonte di con-tinui scontri tra le popolazioni dedite a questa attivitá e le forze destínate a reprimerla. In Istria il contrabbando era diffuso ampiamente, favorito sia dall'eccessivo peso fiscale che colpíva i pro-dotti di questa provincia51, sia dalla configurazíone geográfica della costa, ricca d'insenature e di facili approdi difficílmente controllabili. La scarsitá di processi per contrabbando riscontrata nell'analizzare l'attivitá del tríbunale di Capodistria sem-bra contraddire l'opinione che vede nel commercio di frodo un'attivitá ampiamente praticata dagli ¡striani. In realtá basta scorrere i díspacci che i rettori di Capodistria inviarono agli Inquisitori di Stato per rendersi conto del continuo traffico illecito di olio, sale e pesce salato dalle coste dell'lstria verso i porti di Trieste, Ancona, Fiume e verso il Friuli52. La mancanza di processi é quindi da imputare, a mío awiso, alie difficoltá incontrate dalle autoritá nel reprimiere ¡I contrabbando che faceva si che non vi fossero denunce e, quindi, la possibilitá di individuare i presunti colpevoli e di processarli. II pesce salato, in particolare, alimentava un abbon-dante commercio illecito. Orazio Dolce, podestá di Capodistria, invíó una relazione al Consiglio dei Dieci, il 6 agosto 1763, nella quale lamentava la frequenza con la quale veniva contrabbandato questo prodotto53. Le inchieste condotte, specialmente a Rovigno, misero in luce le notevoli dimensioni di questo traffico e gli espedienti adottati dai "contrafacenti" per evitare i con-trolli delle autoritá54. L'unico modo per verificare la quantitá di pesce contrabbandato era quello di confrontare il libro delle notiíiche con quello del sale venduto per l'operazione di salatura. Sul primo, depositato nella cancellería del podestá, veniva annotata la quantitá di pesce che ogní negoziante salava e la quantitá spedita a Venezia (ogní prodotto che veniva esportato doveva fare scalo alia Dominante dove sottostava ai dazi di entrata e di uscita). Nell'altro libro, conservato invece dai rappresentanti della Comunitá, veniva annotata la quantitá di sale che veniva forníto a crédito a coloro che intendevano salare pesce. Dai confronto emerse che la quantitá di sale venduto era necessario per salare una quantitá di pesce superiore a quella notificata e corrispondente a circa 2600 barili che negli anni 1761 e 1762 non avevano fatto scalo a Venezia. A questa quantitá andava aggiunta quella che veniva prodotta salando il pesce con il sale di contrabbando sugli scogli vicini al porto di cui non era possibile, owiamente, daré la misura precisa ma che le deposizioni di alcuni testimoni indicavano essere note-vole55. I mezzi utilizzati per reprimere il contrabbando come l'utilizzo di "Barche armate onde farle passare in mare le Acque, li Porti, e le Imboccature dei Fiumi, per attrappare li contrafacenti" non diedero rilevanti risultati es-sendo difficile riuscire a contrallare efficacemente una costa frastagliata come quella istriana56. Le stesse per-quisizioni che avrebbero potuto portare a qualche risul-tato non venivano compiute con frequenza data l'ostilitá che la popolazione aveva piü volte dimostrata nei con-fronti degli sbirri. Nel ricostruireilfunzionamentodell'amministrazione giudiziaria, si pone anche il problema di affrontare sia lo studio delle istituzioni e di una serie di procedure penali sotto il profilo teorico, sia l'analisi del loro reale funzio-namento e della prassi giudiziaria effettuata in base al materiale processuale disponibile. Emerge, quindi, la necessitá di studiare tematiche che riguardano aspetti tecnici del funzionamento della giustizia che a loro volta rimandano a questioni di carattere político e sociale piü general!, come ¡ rapporti esístenti tra potere centrale e periférico, tra governanti e governati. 50 ASV, Consiglio dei Dieci, Processi criminali, Capodistria, b. 8, processo per l'uccisione di alcuni spadaccini a Rovigno. 51 Sebbene non esistano dati contabili certi e affidabili per valutare l'incidenza dei prelievo fiscale, tuttavia diversi autori sono concordi nel ritenere rilevante la quota di reddito lordo prelevato dall'erario. Cfr. B. Benussi, Manuale, cit., p. 230; G. Brodmann, Memorie politico-economiche della città e territorio di Trieste, della penisola d'Istria della Dalmazia fu veneta, di Ragusi e dell'Albania, Venezia 1821, pp. 134-135; L. Morteani, Condizioni economiche di Trieste e Istria nel secolo XVIII studiate dalle relazioni de'podestà/capitani di Capodistria, Trieste 1888, pp. 8-14; B. Ziliotto, Aspetti di vita politica ed economica nell'lstria dei Settecento, in "Pagine Istriane", Il Quaderno della IV serie (1965), pp. 45-48. 52 ASV, Inquisitori di Stato, b. 256 (Dispacci dei rettori di Capodistria). Alcuni esempi: lettera 24.4.1771 (contrabbando di olio), lettera 17.1.1772 (contrabbando di olio), lettera 29.2.1772 (contrabbando di sale), lettera 20.1.1774 (contrabbando di olio), lettera 25.5.1776 (contrabbando di sale), lettera 23.1.1779 (contrabbando di tabacco), lettera 10.12.1787 (contrabbando di olio). 53 ASV, Capi dei Consiglio dei Dieci, Dispacci dei rettori, b. 261 (Capodistria). 54 Ibidem. 55 Ibidem. 56 Ibidem. 139 Lo scoglio di S. Cater ¡na nel porto di Rovigno (1797). ASV. Proweditore Aggiunto ai Monaster i, b. 199 ANNALES 2/'92 Giuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZiONE GIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ..., 131-142 K (O V - - - ,r" a z / -r Scr»nr • O V / - . • -,• *-V "'J' a A/ o Un esempio dei rapporti tra centro e periferia puö essere visto nella frequente delegazione di poteri straor-dinari al podestä e capitano di Capodistria. Cio puo essere interpretato come un tentativo, da parte delle principal! magistrature veneziane, di esercitare un mag-giore contrallo sulla provincia e mette in luce un tipo di política accentratrice. Sarebbe interessante valutare se questo tentativo abbia provocate delle resistenze da parte degli organi di potere locali.57 II discorso é diverso se consideriamo gli altri reggi-menti della provincia. A Pola, ad esempio, il rettore era affiancato da 4 consoli che lo coadiuvavano anche nel giudizio penale. Nel caso di delegazione questi giudici venivanoesclusi determinando unasottrazionedi potere agí i organi giudiziari locali.. II tipo di atteggiamento dei rettori veneziani nei confront dei governati é un altro problema interessante. E' stata messa in luce una certa corruzione dei rappresen-tanti di Venezia, disposti spesso ad operare nell'illegalita per integrare le loro entrate. Ció é la conseguenza, probablemente, del fatto che i reggimenti piu piccoli 57 erano appannaggio di un patriziato minore che soprat-tutto nel corso del Settecento fu afflitto da difficoltà economiche. II materiale processuale consúltate ha evidenziato inoltre le carenze del sistema repressivo la cui spia è la frequente comminazione della pena del bando. Dall'analisi dell'attività processuale del tribunale di Capodistria si è potuto verificare che esiste una grossa sproporzione tra alcuni reati ed altri. Una differenza che è possibile ricondurre sia all'inefficienza del sistema repressivo, sia alie caratteristiche proprie di alcuni delitti suscettibili di manifestarsi in misura diversa, ma che potrebbe anche essere ricondotta ad un atteggiamento di disinteresse da parte dei rettori. L'appartenenza della quasi totalità degli imputati al mondo rurale, se da un lato puô dipendere da fenomeni di crisi economica e sociale - mancano pero sufficient! studi di storia sociale ed economica suINstria -, dall'altra puô far pensare ad un diverso atteggiamento delle autorité tendente a favorire la città rispetto alia campagna. Non sembra, pero, che possa esservi stata una sottrazione di attivitá giudiziaria penale (quella di maggiore interesse político) ai tribunali locali in quanto questa era giá svolta quasi interamente nella cancellería pretoria. Questo andrebbe verifícate attentamente attraverso lo studío dell'evoluzione delle strutture gíudizíarie operantí a Capodistria lungo un periodo suficientemente esteso. 140 ANNALES 2/'92 Ciuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZ1ARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ..., 131-142 L'analisi, infine, di alcuni reati corne, ad esempio, i fenomeni di insubordinazione collettiva, che si ripresen-tavano con moite analogie in tutte le provincie di Terra-ferma, ha evidenziato alcune caratteristiche delle comu-nità, quali la compattezza interna ancora viva, a Sette-cento inoltrato, almeno per quanto riguarda la difesa di alcuni interessi collettivi. Interessi quali la pratica del contrabbando che coinvolgeva un gran numero di persone e, molto spesso, richiedeva la parteapazione o, comunque, la coilusione ed ¡I sostegno di un'intera comunitá. APPENDICE Tabella in cui sono stati raccolti i tipi di delitto e il numero di processi risultanti dai due fondi archivistici: ASV, Consig-lio dei Dieci, Processi criminali, Capodistria, bb. 1-24 e ASV, Camerlengo del Consiglio dei dieci, Raspe dei rettori, b. 12 (Capodistria). Tipo di delitto Consiglio dei Dieci Raspe dei rettori Totali - : (a) (b) (c)(*) % Omicidio 17 2 131(5) 145 35 Ferimenti 10 95 14(1) 118 28 Furto 7 16 5 28 7 Insurrezione 18 9(5) 22 5 Stupro 4 2 5(1) 10 2,4 Incendio doloso 9 (1) 9 2 Minacce 5 3 3(2) 9 2 Assalti (**) 7 (2) 7 1,6 Infanticidio - 6 6 1,4 Contrabbando 1 1 4 6 1,4 Candotta scandalosa 5 1 6 1,4 Abuso di potere 3 - 3 0,7 Diffamazione 2 1 3 0,7 Evasione carceri 3 - 3 0,7 Corruzione 2 - 2 0,5 Falsificazione denaro 1 1 2 0,5 Resistenza a pubblico ufficiale 1 1 2 0,5 Truffa 2 - 2 0,5 "Usurpo" di autoritá - 2 2 0,5 Bestemmia 1 - 1 0,2 Bigamia 1 - 1 0,2 "Contrafazione" di bando - 1 1 0,2 Debiti 1 - 1 0,2 Tipo di delitto Consiglio dei Dieci Raspe dei rettori M;ig(a )Mi (b) (c)H % Diserzione - 1 1 0,2 Inosservanza calmiere prezzi 1 - 1 0,2 Ratto . 1 1 0,2 Sodomía 1 - 1 0,2 Taglio non autorizzato di legname - 1 1 0,2 Tentato rapimento - 1 1 0,2 Un ione di persone armate - 1 1 0,2 Reati non noti (***) - 20 6 26 6 TOTALI 102 142 195 422 100 N.B.) La co/onna (a) índica il numero di processi per ogní deíítto riscontrato nel fondo: ASV, Consiglio dei Dieci, Processi criminali, Capodistria bb. 1-24. La colonna (b) indica il numero di processi effettuati con rito ordinario dal podestá di Capodistria da quanto risulta dalle "raspe" oss/'a raccolte di seníenze dei rettori (ASV, Camerlengo del Consiglio dei Dieci, Raspe dei rettori, b. 72, Capodistria). La colonna (c) indica il numero di processi con rito straordinario effettuati dal podestá di Capodistria da quanto risulta dalle "raspe". (*) Tra parentes/ sono stat/ post/ / cas/ in comune con i processi delta colonna (a). Nel computo generale sono stati sottratti dal totale. (**) Assalti su pubbliche vie, a case, a barche. (***) Alcune raccolte di sentenze non riportano il tipo di delitto com-messo ma solo il nome dell'imputato e la condanna. POVZETEK Skupina gardistov Solinarskega urada je I. 1781 prišla v Rovinj ter s svojim nepoštenim in nevestnim ravnanjem povzročila silovito reakcijo prebivalstva. Ta je kmalu prerasla v nasilne nemire, v katerih je bilo surovo ubitih nekaj biričev. Proces o dogodkih v Rovinju je vodil koprski podestat in kapitan. Voditelji nemirov so bili obsojeni na smrt; težke obsodbe so bile izrečene tudi posameznikom, ki so v uporu odigrali pomembnejše vloge. Članek nadalje opisuje nekatere značilnosti kazenskega pravosodja beneške Istre v 18. stoletju. Posebna pozornost je namenjena najpomembnejšemu sodišču dežele - sodišču v Kopru. Obravnavanaa je vrsta tem, kot npr.: različne sodne dejavnosti beneškega predstavnika, ki ga je Veliki svet izbiral med plemstvom; uporabljeni kazenski postopki (redni in delegirani); pomanjkljivosti represivnega sistema, za katerega so bile značilne pogoste grožnje s kaznijo izgona; 141 ANNALES 2/'92 Giuliano VERONESE: L'AMMINISTRAZIONE CIUDIZIARIA PENALE NELL'ISTRIA VENETA DEL SETTECENTO ...,131-142 gospodarska in družbena marginalnost dežele, ki je bistveno vplivala na pravosodje ter tipologija obravnavanih zločinov. Vse to nudi kar se da celovito sliko istrske družbe 18. stoletja ter njenih institucionalnih, upravnih in socialnih značilnosti. BIBLIOGRAFIA L. Allegra, Oltre le fonti criminali: Chieri nel'500, in "Quaderni storici", 49 (1982), pp. 265-274; V. Bai ley, Reato, giustizia penale e autorità in Inghilter-ra. Un decennio di studi storici, 1969-1979, in "Quaderni storici", 44 (1980), pp. 581-602; B. 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