ANNO XXII. Capodistria, 16 Aprile 1888. N. 8. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1* «d iì 16 d'ogni mei*. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 8; itmertrt • qna-drimeitre in proponion». — Gli abbonamenti «i ricevono pretto la Bedaiion*. Articoli comunicati d'intere»* generala (i (tampino grv tritamente. — Lettere e denaro franco alla Bedaiion». — Va nsnero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Dal Protocollo del Governo provvisorio dell'Istria dell'anno 1799. SPOGLI DI G. V. (Continuazione vedi numero 4 e seguenti). Le istaaze che i sudditi dirigono al Governo devono essere accompagnate. "N.o 2830 — D.a 10 Luglio. Essendo giornalmente distratto dalle sue molteplici occupazioni e pubbliche disposizioni questo Governo, per il continuo e disordinato arrivo di Messi che derivano dai Dipartimenti Provinciali con Rapporti, e dai Riccorsi, che senza l'accompagnamento della Superiorità rispettiva si presentano personalmente dai Sudditi. Si ordinerà perciò a tutte le Superiorità locali, e Giurisdizioni private della Provincia, che d'ora in poi non abbiano per alcun escogitabile motivo da spedire Espressi con spese che gravitano sopra l'Erario Sovrano e le Comunità, ne da rimettere personalmente le parti, se non per il solo caso, che la dilazione pregiudicar potesse agi' oggetti dello stato, del servigio pubblico, e di serie conseguenze irremediabili per li Sudditi; e di pubblicare nel tempo stesso a notizia generale nel rispettivo Dipartimento, e mediante li Parrochi nelle Ville, col dovere preciso alli stessi di stridare ogni prima domenica del Mese dall'altare nel maggior concorso di Popolo, che chiunque avesse motivo di ricorrere a questo Governo, per presentare allo stesso in fatto proprio delle Suppliche tanto in materia Giustiziale che politica ed economica, abbiamo da valersi del mezzo della sua Superiorità locale per l'accompagnamento delle medesime, mentre se alcuno dopo la presentazione si presentasse personal mentente per implorare risoluzioni d'istanza, o momentanei, od estemporanei Decreti, assegnamenti di Salari, rimunerazioni, compensi et. soggiacerà lo stesso all'incontrovertibile destino dell'aspettativa a proprio danno e spese di 8, 10 e più giorni, e sino a taqto che succederà per l'espedizione il numero progressivo del suo esibito; che se poi, dato il caso, che la medesima Superiorità locale negasse a chi si sia il suo pubblico appoggio per l'accompagnamento delle istanze, allora chiunque de Sudditi provasse una circostanza tale, che sia lecito di presentarsi in persona o in iscritto a questo Governo, da cui gli saranno fatte riffondere le spese tutte, che necessariamente dovesse incontrare nel viaggio, e nel soggiorno a questa parte sino all'espedizione del relativo Decreto." Il barone Urbas. "N.o 2704 — D.a 29 Giugno, pr.o 2 Luglio. S. E. il S.r Commissario Aulico Co. di Thurn in risposta al Rapporto del Governo 15 Giugno riflette, che si dovrebbe rassegnare a S. E il S.r Ministro di Conferenza e Commissario Generale Plenipotenziario Barone di Thugut un dettaglio dello stravagante contegno del Vice-Intendente se dicente Barone Urbas . . .„ Risposta. Si risponderà a S. E. il S.r Commissario Aulico acchiudendogli le Copie di alcune Note scritte sul proposito del Vice-Intendente Urbas all' immediata Superiorità, che il Governo nella lusinga che le ammonizioni che la stessa gli farebbe, potessero frattanto essere sufficienti a correggere le sue direzioni tenute in questa Provincia, che non potevano cattivargli la stima e compiacenza degli Abitanti della stessa, abbia tanto più creduto superfluo di farne qualche cenno a S. E. il S.r Min.o prelod.o, quantochè se anco la sua condotta, come non si suppone, lasciasse una qualche impressione negli animi, non potrebbe mai essere di conseguenza imponente. „ libera introduzione del sale veneto di Muggia e di Capodistria nella Contea. "N.o 2723. Il conte di Pisino Raimondo Montecuccoli accompagna autentica copia dei documenti comprovanti il diritto e permesso ai sudditi della Contea di Pisino del libero uso del sale veneto di Capo d' Istria e Muggia ed insta che in relaziona a quelli abbiano ad essere rilasciati gl' ordini opportuni da questo Governo.» *) (Continua) CORRISPONDENZE On. sig. redattore! Montona li IO Aprile 1888. Il sig. Giov. Dr. Corazza, marito alla signora Maria nata Castagna, erede Dubaz (vecchia famiglia, questa, di Grisignana) mi riferiva giorni or sono di aver trovato colà un manoscritto dalla intestazione: „Memorie del Castello di Piemonte" opera di Giacomo de Besenghi e dedicata, con lettera d. d. 22 Luglio 1825, a Giov. Ant. Dubaz, Podestà di Grisignana. Pel fatto che questo manoscritto era ignoto ai membri stessi della famiglia e per l'interesse generalmente destato, col suo volumetto, dal sig. prof. Hassek, innamorato del nostro Pasquale Besenghi; e per le controversie insorte e non ancora decisivamente risolte (credo per opera del sig. Vesnaver) circa al vero luogo di nascita del Besenghi stesso, non le posso dire con quanta insistenza io abbia pregato il Corazza, a volermi favorire quel manoscritto, nella speranza di trovar la soluzione del problema. Lettolo da capo a fondo ho trovato dei cenni storici bellissimi su Piemonte, corredati da qualche documento e da citazioni parecchie; ma ciò che realmente havvi d'importante, nel bel mezzo del manoscritto, un' esauriente relazione sulla venuta della famiglia Besenghi, in Istria, e sulle peripezie quivi toccatele ; relazione, la quale verrà a far sì che ogni inesattezza, fin qui, o detta o pubblicata, in proposito, potrà venir, a mio debole avviso, formalmente rettificata. Dire di questo Giacomo Besenghi, Podestà d'Isola e certamente quel fratello di cui Pasquale nella lettera al cognato Bressan (pag. 48-49, Hassek, 1878), nonché del padre, a quanto sembra uomo di molti meriti; ricercare perchè non accenni al cognome «degli Ughi", perchè non a Pasquale, è opera alla quale io, novello ed inesperto, non vorrei sobbarcarmi, nella paura di far il volo d'Icaro. Altri lo faccia di forze ben maggiori delle mie. E qui senz' altro mi permetta io le trascriva il brano riferentesi alla famiglia Besenghi, per quanto m' è possibile esattamente. ') Risponde il Governo avere già provveduto conforme ai desideri del Moutecuccoli prima ancora ch'egli ne facesse richiesta. E ringraziandola, rimetto que' signori che volessero, a scopo di studio, occuparsi del manoscritto succitato, al Dr. Corazza, il quale adempierà volontieri ad un obbligo di buon cittadino, prestandosi gentilmente alle loro domande. Con la più perfetta osservanza, mi dico, egregio signor redattore Suo devot.mo T. Ed ecco il brano del monoscritto : Per quelle pur troppo sfortunate avventure, che sogliono regnare nelle sgraziate Famiglie, si distaccò da Venezia nel 1698 l'illustrissimo sig. Giov : Pro Antonio Besengo o Besenghi del fu sig, Pasquale, conducendo seco la propria madre e moglie sig.a Domenica nata Spiga, il quale, approdato col naviglio al primo istriano Lido nella Terra di Pirano, ivi si fermò con tutta l'anzidetta Famiglia fino il 1702, al termine del quale venne poscia a stabilirsi formalmente nel più nominato Castello di Piemonte coli' onorifico titolo di Capitanio Civile e Criminale, conferitogli dall'in allora senatoria e principesca Famiglia Contarmi Con. del Zaffo. La su nominata Famiglia Besengo o Besenghi fu ascritta e riconosciuta cittadina originaria di Venezia de intus et extra nell' anno ancora 1620, 13, 8bre, nella persona del magnifico sig. Giov. Pro Besengo fu Bernardo, il che chiaramente rilevasi dallo spezioso Diploma rilasciato dall'Eccellentissimo Senato in autentica Pergamena nell' anno e giorno suddetto, il quale fedelmente conservasi presso di me Giacomo de Besenghi fu Nob. Sig. Gio: Pro Ant.o Nel frattempo della sudichiarita abituale permanenza di questa sullodata Famiglia nel suddetto Castello di Piemonte, diede al medesimo un Arciprete, qual fu il Rmo D.n Giuseppe morto li 4. Aprile_1746; egualmente un altro sacerdote che fu il Rmo D.n Angelo morto li 21 Agosto 1776; così pure nella persona del sig. Giacomo un altro Capitanio Civile e Criminale morto li 26 Maggio 1764 in Isola, qual fece fare l'altare del Rosario nella Chiesa Parrocchiale di Castagna; similmente due Nodari; Francesco morto li 27 Agosto 1773 in Piemonte e Pasquale, mio venerato avo morto pure in Isola nel 1814. Finalmente un Capitanio e poscia Maggiore al servizio militare nella persona del sig. Antonio, come risulta dalla Ducale del Doge Francesco Loredano, datata in Venezia li 21 Agosto 1753. Pochi giorni prima della morte del suddetto seguita li 26 Febbraio 1768 in Orsera ricevette il diploma del Doge Aloise Mocenigo, nel quale gli veniva conferito lo spezioso grado di Maggiore. I su descritti individui furono tutti fratelli e Figli del sopra nominato Gio: Pro. Gio: Pro sopra indicato fu il primo ad essere aggregato alla Cittadinanza istriana di S. Lorenzo l'anno 1718 li 27 Luglio. In seguito poi il sig. Pasquale, figlio del suddetto mio amatissimo avo fu aggregato per acclamazione alla nobiltà di Capodistria nel dì 10 Gennaro 1802. Similmente il sig. Giov: Pro Antonio nacque pure nell' anzidetto Castello di Piemonte, mio amatissimo e veneratissimo Padre vittima della ignoranza e presunzione de' medici e morto li 11 Aprile 1821 (seguono alcune parole latine in odio ai medici). Fu aggregato per acclamazione alla Nobiltà di Parenzo li 8 Xbre 1801, simile alla Cittadinanza di Pirano li 14 Gennaro 1802. Egualmente aggregato venne per acclamazione alla inclita Iccademia degli Arcadi Romano Sonziaci in Gorizia li !3 Agosto 1785 e così pure a membro dell'Accademia lei Risorti in Capo d'Istria. Fu onorato pure della Carica di Primo Dirigente iel Tribunale Provvisorio Politico e Giustiziale d'Isola, nominato da S. E. il Coinissario Aulico Raimondo Conte ii Thurn li 19 Giugno 1797. Egualmente in seguito raorato venne della speziosa Carica di Capo - Preside iella Coiriissione Delegata alla Fassione dei Terreni Jell' Istria con Decreto datato in Zara li 4 Aprile 1802 ial Coinissario aulico Plenipetenziario S. E. il Barone Steffaneo e dal Consigliere Pietro Conte de Gress; la qual carica abbenchè portasse un annuo stipendio di quasi tre mila fiorini, come nel presente 1825, goduto viene dal consigliere di governo in Trieste sig. Pietro Purgher, rinunciò nonnostante tale spezioso incarico per motivi di salute e in forza di tale rinunzia restò sospesa per allora la decretata operazione Censuaria. Fu anche onorato il più mentovato del titolo di Consigliere Generale del Dipartimento d'Istria, nominato dall' imperatore Napoleone Buonaparte li 2 Xbre 1807, come il tutto ad evidenza risulta da autentici Diplomi e decreti che conservati vengono fedelmente in Famiglia. Finalmente il surriferito Gio: Pro Aut.o decorato venne dello spezioso titolo di Conte Palatino Latera-nense per sè ed eredi, impartitogli dal grande, somo e Santo Pontefice Pio Settimo con diploma datato in Roma li 5 9bre 1805 e similmente con altro particola!-diploma datato nel giorno ed anno suddetto, onorato venne pure del Cavalierato della Milizia aureata ad vitam, h quale aurea Croce trasmessa dal prefato Somo Pontefice conservasi e conserverassi per sempre nella più detta Famiglia Besenghi. Per ultimo finalmente la prelata persona del fu sig. Conte Gio: Pro-Ant.o onorata venne da S. M. Imperiale Francesco I con sua graziosissima risoluzione dei 28 8bri 1823, nella quale si è degnata di confermare la Nobiltà per sè ed eredi del suddetto Gio: Pro-Aat.o Besenghi q.m Pasquale. — 2ST o tizi e La conferenza indetta dalla presidenza della società politica istriana in Parenzò pel dì 5 corr. fu tenuta alle 3 pom. nelle stanze del municipio. Dopo lunga discussione fu conchiuso ad unanimità, non ritenersi conveniente di modificare il § 1 dello statuto, riflettente la sede della società. Nella 41 seduta della direzione dell' istituto di credito fondiario, ch'ebbe luogo li 5 corr., in Parenzo furono pertrattate 39 domande di mutuo per l'importo complessivo di fior. 80.580. Ne furono accordate 35 per l'importo di fior. 63.700. Dal giorno in cui l'istituto incominciò la sua attività a tutt' oggi furono erogati 1613 mutui per l'importo complessivo di fior. 2,726.200, corrispondente al valore delle lettere di pegno in circolazione. Per delegazione dell'i, r. commissione centrale per la conservazione dei monumenti storici, è stato nella cor- rente settimana in Parenzo il sig. Trenkwald, professore nell'i, r. accademia di belle arti in Vienna, e membro di essa commissione, affine d'ispezionare i lavori di ristauro dei musaici nell' abside della Basilica fatti eseguire dallo stato, nell'anno decorso. Ecco i dati statistici sul prodotto della pesca e-sercitata nelle nostre acque nell'anno 1887 : Nel distretto marittimo di Trieste furono pescati 27,417 quintali di pesce, in quello di Rovigno 4907, in quello di Pola 5277, in quello di Lussinpiccolo 345. Lungo la costa dalmata ne furono pescati nel distretto marittimo di Zara quintali 24,693, in quello di Spalato 10,826, in quello di Ragusa 4266 e in quello di Megline 1435. Sono quindi complessivamente 82,377 quintali di pesce del valore di fiorini 2,355,000. Nell'estate 1887 si occuparono nella pesca 11,176 persone fra le quali 618 sudditi del regno d'Italia; nel-l'inverno 9750 persone delle quali 955 erano sudditi italiani. (Istria) Lunedì sera, 2 aprile, ebbe luogo in Parenzo l'annunciata festa di ballo organizzata dalla direzione del gruppo locale di Parenzo della società „Pro Patria" a favore del fondo sociale. La festa riuscì animata e gaia per numeroso concorso di spettatori, di avvenenti ragazze e baldi giovi-notti, appartenenti a tutte le classi della popolazione. Si può dire che in quella sera, nell' elegante sala teatrale, si fosse dato convegno tutta Parenzo, concorde nello scopo di far opera nobile e patriottica. —' GÌ' ii. rr. impiegati e famiglie ed i maestri non intervennero alla festa. Si ballò lietamente fino quasi al mattino. A mezzanote seguì il sorteggio dei regali. Il ricavato della festa ascese alla bella somma di 430 fiorini, netta da qualsiasi spesa. (Istria) Cose locali Le elezioni della rappresentanza comunale ebbero luogo nei giorni 5, 7 e 9 del mese corrente, e riuscirono eletti gli onorevoli proposti dal comitato elettorale, conforme alle liste pubblicate nell'ultimo numero della «Provincia". Rileviamo con vero piacere che la nostra gioventù si dà ogni cura per istituire una società di canottieri, raccogliendo sotto ordinamento sociale e bandiera comune i gruppi privati di canottieri che già da due anni si dedicano al salutare esercizio del remo. Domenica 8 corr. ci fu una adunanza di cittadini per gettare le basi del sodalizio colla formazione dello statuto. Venne eletto all' uopo un comitato di sette membri, che ora alacremente s' adopra per istudiare il relativo progetto. Faciamo plauso alla lodevole iniziativa, che viene incontro ad un desiderio da lungo e generalmente sentito, ed auguriamo che, a decoro della città nostra, sia in breve coronata da prospero successo. Bollettino statistico municipale di Marzo 1888. Anagrafe. — Nati (battezzati) 17; fanciulli 11, fanciulle 6; morti 33; maschi 12 (dei quali 4 carcerati), femmine 8, fanciulli 6, fanciulle 5 al di sotto di sette anni, nonché 2 femmine nate morte. Trapassati. 6. Dequel Maria di Giuseppe, d'anni 13 — 8. Baseggio de Santa fu Nicolò; d'anni 17 — 10. Corbatto Elisabetta fu Antonio, d'anni 82 — 11. Gallo Pietro fu Pietro, d'anni 65 Dezorzi Giuseppe fu Giuseppe, d'anni 88 — 13. I- A. (carcerato) da Bolzano, d'anni 23 — 16. Zetto Caterina fu Pietro, d'anni 29 — 19. C. F. (carcerato) da Gorizia, d'anni 27 — 21. Pachietto Maria fu Giuseppe, d'anni 64 — 22. Perkaus Maria fu Antonio, d'anni 78 — 25. K. P. (carcerato) da Spalato, d'anni 28 — 26. Cociancich Antonio di Matteo, d'anni Ì8 — 28. Paulovich Elisabetta fu Giuseppe, d'anni 69 ; — Deste Antonio fu Angelo, d'anni 57; — Z. A. (carcerato) da Spalato, d'anni 40; — Viola Simone fu Giambattista, d'anni 75; — Candusio Antonio fu Sebastiano, d'anni 62; Cociancich Antonio fu Domenico, d'anni 60; — Lonzar Matteo fu Pietro, d'anni 80 — 31. Berschiak Carolina, d'anni 30. Più fanciulli 6, fanciulle 5 al di sotto di sette anni nonché 2 femmine nate morto. Matrimoni! : nessuno. — Polizìa. Denunzie per contravvenzione all'ora di polizia 1; arrestati per rissa 2, per furto 1. Sfrattati 10. Usciti dall' i. r. carcere 17, dei quali 5 dalmati, 4 istriani, 3 triestini, 1 goriziano, 1 suddito italiano, 2 stiriani, 1 carintiano. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 6, per ettolitri 99, litri 57, prezzo al litro da soldi 28 a 36. — Certificati per spedizione di vino 3, per litri 40; di maglioli di vite 5 per pezzi 1910; di alberetti da frutta 1, per pezzi 10; di fiori 1, per pezzi 2; certificati di povertà 2, di morale condotta 3, d'indigenato 1, di sviluppato incendio 1 ; permessi di fabbrica 0 ; rilascio di nulla osta per l'estradazione di permesso di viaggio marittimo 3; di carta di legittimazione 1, di passaporto per l'estero 1, di licenza per porto d'armi 1; rilascio di libretti di lavoro. Animali macellati: buoi 67, del peso di chil. 16686, con chil. 963 di sego; vacche 12, del peso di chil. 1747 con chil. 98 di sego; vitelli 47, agnèlli 51. Licenze industriali: per insalatura di pesce 2. — Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria — Angina difterica 1 caso seguito da esito letale; — Oftalmia granulosa: si trovano tuttora in cura i 51 rimasti dal mese precedente; — Vajuolo: rimasti dal mese precedente 3, colpiti in marzo 2, assieme 5, dei quali guariti 4, morti 1. — Lazzaretto 0. — Appunti bibliografici Annuario Dalmatico diretto da L. Prof. Benevia, V. Prof. Uruneìli, S. Ferrari Cupilli. Anno quarto. Zara. Tipografia editrice di S. Artale. 1887. (Un volume in quarto di pagine 280. Prezzo per gli associati fiorini 1.50; per i non associati 2). L'Annuario dalmatico continua regolarmente le sue importanti pubblicazioni, già da noi negli anni decorsi esaminate. Il volume quarto del 1887 contiene i seguenti studi : La Dalmazia ai tempi di Lodovico il Grande Re d'Ungheria — Notizie sulla fauna imenotterologa dalmata — Stefano Cupilli arcivescovo di Spalato — La Diocleide di Giuseppe Ciobarnich, tradotta in versi italiani dal Prof. G. Zarbarini. Canto primo. — La vita e le opere di Giandomenico Stratico. Continuazione e fine. Del primo studio del Prof. Silvio Mitis abbiamo già dato una recensione abbastanza copiosa in base allo studio stesso in apposito volume gentilmente inviatoci, ed estratto da questo Annuario. (Vedi Provincia 1887 N. 24). Non occorre quindi dirne altro. Secondo viene nella nobile gara il Prof. Riccardo Gasperini con le sue dotte e pazienti ricerche — Sulla Fauna imenotterologa dalmata. Segue il signor Giuseppe Alacevich con una buona biografia di Stefano Cupilli Arcivescovo di Spalato. Nella prefazione 1' autore ci avverte che nella biblioteca dei R. Padri Filippini di Spalato esiste un manoscritto nel quale il benemerito raccoglitore di notizie cittadine, Prete Zuanne Cetincich avea descritto la vita di Stefano Cupilli Arcivescovo di Spalato ; ma che dovette subito persuadersi che non era conveniente darlo alla luce nella forma in cui si trovava. Perchè il lettore poi non abbia a credergli sulla parola, gli cita un brano della biografia di Prete Zuanne, dal quale tolgo il seguente periodo : — Scorrendo già il risplendente grande Dominatore de' Pianeti co' suoi regolari passi per le dodeci case del Zodiaco, avea terminato il suo millesimo secentesimo quinquagesimo nono annuo corso dalla nascita di Gesù Cristo, Riparator di tutto il genere umano ; quando...... E non occorre altro. Ben fece adunque il signor Alecevich di darci di suo la biografìa di un Arcivescovo santo, di non poco interesse per la storia della Dalmazia. Sappiamo quindi, in istile corrente, che da Pietro e Marina, conjugi Cupilli, cittadini veneti nacque Stefano a Venezia nel dì 23 Novembre 1659; e che „vestito a sedici anni l'abito della Congregazione Somasca, mutò il nome in quello di Stefano, fu poi professore a Ferrara" quindi Rettore a Belluno del Seminario vescovile; fatto vescovo di Traù e trasmutato da ultimo all' arcivescovato di Spalato. Fu uomo assai pio e caritatevole fino a spogliarsi letteralmente della camicia; e della sua rara bontà, non sempre illuminata per vero, forse abusarono anche individui di nobili famiglie : segno dei tempi, quando per istare sulle onorevoli, e pur vergognandosi di esercitare un mestiere, non pareva indecoroso stendere in segreto la mano e vivere comodamente alle altrui spalle. Il compianto Peteani, vescovo di Parenzo, va di un passo col Cupilli. Oggi la carità illuminata, se non rifugge in casi eccezionali dalle segrete largizioni, ama prevenire la miseria, e cresce al popolo dignità dandogli pane col lavoro. Ed or della Diocleide del Ciobarnich tradotta in versi dal Prof. Zarbarini. Dalla prefazione si rileva che cotesto signor Ciobarnich scrisse in diebus illis in latino la Diocleide, ossia la morte di Diocleziano imperatore. Anche questi studi, sopra esercitazioni poetico-rettoriche, possono tornare di qualche utilità, quando sieno fatti con critica; quanto al tradurle poi, e non in versi felici, è molto dubbia l'opportunità. Che il Ciobarnich seguisse alla lettera Lattanzio, passi; che i Cristiani del quarto secolo per iscusabile reazione abbiano alquanto esagerato nella pittura di molti imperatori di Roma, anche si capisce; ma che in un grave volume di studi storici, il signor traduttore non faccia alcun caso della critica moderna, che egli anzi in più luoghi la derida con frasi volgari e non si dia per inteso, a mo' d'esempio, della nota storica del Gibon sulla caduta dell'Impero Romano, lasci glielo dica francamente, è cosa che passa la parte. Il signor Zarbarini, dopo averci raccontato a modo suo la fine di Diocleziano, con uno stile da vecchio quaresimale enfaticamente conchiude : Ecco F orrenda fin che fè Diocle. — Un breve respiro e tocchiamo dei versi. E questi mostrano nel traduttore una certa facilità di assimilazione dei migliori modelli, un certo studio ; ma gli fa spesso difetto il buon gusto, per cui troppo sono rapidi i passaggi dallo stile altisonante alle locuzioni pedestri con grave danno della convenienza e strazio dell'orecchio. Così, dopo un endecasillabo quale questo cui sol morte troncar poteo la rabbia.... che è un colpo di tamburone, senti il fischio del piffero ...a Diocle si fe' innanzi, l'istigando con quanta in gola voce aveva... Meno male gli endecasillabi ; peggio negli altri metri: il poeta ha fatto servire le odi e le altre forme poetiche ed esprimere, quanto strettamente tocca il cuore co' suoi affetti e le sue passioni, per cui il poemetto riuscì polimetro. Ecco un saggio: Quante cadon foglie a terra nella squallida stagion, tanti cadono in tal guerra della Croce per cagion. Ed altrove: Oh quanta gioja invadenti o mia felicità ! Ecco già son con gli angeli, godo con Cristo già ! Davvero mi spiace che per cagion di questi versi latini del Ciobarnich, al poeta abbia fallito la lena, perchè, lo torno a ripetere, una certa at- titudine al poetare si travede qua e là ed anche una tal quale modernità, come nella soppressione delle majuscole in principio del verso, e in una certa mollezza di sentimenti e di concetti erotici che è roba tutta moderna, e come un' eco lontana lontana delle odi barbare, e del Cantico dei Cantici del Cavallotti. Sentite. Parla la solita sposina^: Quand' ei mi porge le labra vivide, di mirra io sento, di gigli 1' alito : somiglian sue mani tornite mammole e rosette peregrine. Di casti baci le guance ei copremi, fra le sue braccia d' amplessi saziami ; promette a me, sposa fedele etereo gioir che non ha fine. Il poeta promette per un altro anno la continuazione. Credo che basti. Dulcis in fundo. Il professor Brunelli ci dà la continuazione e fine del suo lavoro sulla vita e le opere di Giandomenico Stratico. Dal vescovato di Cittanova, trasmutato a Lesina, l'illustre prelato continuò in Dalmazia la sua missione di civiltà e di religione, adattandosi prudentemente allo spirito dei tempi. Il professor Brunelli tocca prima dell' opera di lui pel miglioramento dell' agricoltura. Lo Stratico fu uno dei membri più zelanti dell'accademia agraria, stabilita in Dalmazia, e ne fu anzi dal 1789 in poi il presidente onorario perpetuo. E non fu pago già di un semplice onore, ma, come era a lui naturale, prese la cosa con calore ; e scrisse molte dotte memorie edite nei migliori giornali di agricoltura e di scienze naturali. E come a Cittanova, così a Lesina cercava diffondere nel popolo savie pratiche per mezzo di canzoni popolari, voleva i preti istruiti nell'agraria; desiderava avere perciò dei seminari, „non per formare dei falsi devoti, dei libertini, de' gran teologi, de' gran filosofi ; ma degli uomini forniti di eccellente morale e di buon senso, ed utili maestri del ben temporale ed eterno al loro popolo, coll'esempio di un costume savio, senza caricature, e col documento de' lumi migliori." Parole d'oro ! E che cosa direbbe lo Stratico so potesse alzare oggi la testa dal sepolcro per vedere in certi seminari formarsi dei rozzi nemici della nostra civiltà? Ma anche insegnando agricoltura, lo Stratico era sempre lo Stratico; e non venne mai meno alla fama d' uomo lepido ed originale. Sentite questa che vale un Perù. Una delle sue Memorie, la più originale, è rimasta inedita, e si conserva manoscritta nella biblioteca provinciale del ginnasio di Zara. — Memoria sull'accapponare i popoli. — Voleva il prelato che questo allevamento di capponi incominciasse a Zara con duemila paja di polli. E sapete a chi affidava l'incarico ? Ye la do in cento ad indovinare. Alle pie monachelle di due conventi di Zara. È una trovata, un tratto di spirito degno del Pasquino. È una caricatura di quell'altro incarico affidato alle monache di Sant' Agnese a Roma, le quali allevano gli a-gnelli per avere poi la pelle pei palli, spediti dal Papa ai Metropolitani. Ma sentiamo lo Strafico stesso spiegare il suo concetto. «Abbiamo due insigni monasteri di vasta estensione, che, siccome porta la poca divozione del secolo, ridotti a una 0 due monache, non possono più mantenere quelle sante istituzioni per cui sono fondati. Che di meglio possono ora fare quelle piissimo dame superstiti, che incaricarsi in ciascun monastero di 500 paja di capponi da allevare ? Quest' opera, fatta per u-miltà e carità di giovare ai prossimi, sarebbe assai meritoria in sostituzione dell' impossibilità di fare altro. E sanno codeste pie religiose, non essere meno santa S. Verdiana, che dava da beccare alle passere, come ci racconta il Boccaccio, che S. Chiara, che cantava salmi latini. Io non dubito che lo farebbero volentieri, ne ciò dispiacerebbe ai loro procuratori, ai quali basta che li monasteri sussistano e corrano a loro nome le entrate, molto indifferenti che le monache si occupino a sagginare 1 polli, o a storpiare tra naso e bocca dei cantici latini. Nè crederei che potesse esservi ostacolo per parte degli ecclesiastici direttori di que'sacri luoghi, se si consideri che questi animaletti destinati a perdere la fecondità nella pubertà loro, non portano verun rischio di destare nelle fanciulle o serviziali de' chiostri alcune di quelle immagini che P idea della riproduzione risveglia; colla quale indulgenza si permettono loro gl' innocenti spassi de' cagnoli e gatti castrati." E insomma una satira arguta e spiritosa dei conventi. Ma sopra ogni altro, si vede sempre dominante, nella mente del vescovo spregiudicato e sapiente, il pensiero di sollevare con ogni mezzo possibile il povero contadino dalmata dall'abbiezione; e questa preoccupazione morale abbellisce e rende grave lo stesso sorriso. Il prelato si lagna che „con tante belle dissertazioni il contadino non abbia appreso a piantare un asparago o un cavolo meglio di prima, o raccogliere un' erba di tante nuove che vanno prosperosamente allignando nell'Italia; e che ben poco si faccia per lenire le calamità dei poveri contadini che gemono nella stessa, stessissima barbara noncuranza dell'età trapassata. " Vedano adunque gli Slavi donde sorse, cento anni or sono, una voce potente in loro difesa. È un vescovo dalmata, un letterato, un italiano per educazione e cultura che alza la voce assai prima di certi messeri i quali oggi, se hanno, giova crederlo, vivo come lo Strafico il sentimento nazionale, certo gli stanno mille miglia lontani per cultura e civiltà, compromettendo così la loro nobile causa. E per vero lo Strafico amò la lingua slava, e ne curò la diffusione con que' mezzi erano allora in suo- potere; e di ciò tocca nella seconda parte di questo studio il Prof. Benevia forse troppo brevemente, e saltando a piè pari qualche importante questione. Strano è per vero che lo Strafico, italiano nelle ossa, e che di slavo non sapeva una parola quando venne Vescovo a Cittanova, chiami poi lo slavo il suo idioma che egli trova bellissimo, energico ed il più esteso d'Europa. Ed anche giova indagare come sia nato di subito in lui un tale amore. „Non so dirvi, scriveva egli ai frati Francescani, la tenerezza che io provo nel sentire cantate le divine lodi, ed offrirsi l'incruento sacrifizio in quella lingua che col latte della nutrice ho succhiato, e che una serie di circostanze, facendomi abbandonare da fanciulletto la patria e la Dalmazia, mi ha fatto perdere e dimenticare." (pag. 237) Ecco il poeta, ecco il linguaggio del sentimento ! Lo Strafico sentì nel fondo dell' anima la-dolcezza amara dei canti uditi da fanciullo, come il Giusti in Sant' Ambrogio, come Silvio Pellico allo Spielberg, quando voci femminili innalzavano nella chiesuola dell'orrendo carcere il heilig heilig heilig. Quindi questo subito ribollire del sangue slavo nel vescovo, e il ritorno alle prime affezioni, e il desiderio di conservare nella sua chiesa il vecchio glagolito. Ma se lo Strafico oggi vivesse, certo condannerebbe con tutta la forza dell'animo l'attuale agitazione ne' paesi slavi per introdurre la liturgia croata in chiese italiane o miste ; facendo voti però per una sollecita riforma che conceda ad ogni chiesa l'officiatura nella lingua nazionale (non nei dialetti s'intende) come già fu concessa ai Greci, agli Slavi, e in generale a tutte le chiese d'oriente. A questa già si ha a venire, con lo scomparire dei dialetti, con la demarcazione giusta dei naturali confini, con la fusione e la vittoria della parte più. potente nei paesi di nazionalità mista ; sarà una riforma politica religiosa. Ma molta acqua prima ha a correre sotto i ponti : prudenza vuole si continui quindi a storpiare il vecchio latino. Neil' ultima parte finalmente il biografo ci mostra il simpatico prelato quale cultore delle lettere, e libero scrittore fino agli ultimi anni di sua vita. Nei battibecchi coi bigotti il vescovo è sempre eguale a sè stesso. Interessante è questo tratto di un suo opuscolo — „Io so benissimo che le divozioni caratteristiche di certi ordini sono dalla chiesa lodate e decorate di molti spirituali tesori, come cose eccitanti alla pietà, e non opposte allo spirito della Santa nostra Religione ; ma so eziandio che molte di esse sono sotto tali titoli tollerate, non obbligandosi veruno a credere le cose apocrife, che in esse si contengono, come le 6666 battiture nel Rosario, e le cadute per istrada della Via Crucis, ed altre tali grossolane tradizioni, che sono tollerate in grazia del popolo" (pag. 266). Ed anche merita di essere letto e studiato il catechismo del Galantuomo ; ed uno scritto inedito dello Strafico dedicato al fanciulletto Girolamo Venier, suo parente, in cui si contengono ottimi precetti di quella pedagogia pratica che tanto giova per la terza educazione che ognuno deve compiere da sè, quando, o bene o male ha finito 1' educazione della scuola. Sotto questo aspetto non dubito di enumerare il detto prelato tra i migliori pedagogisti. Il biografo, a conferma del suo asserto, stampa un intero capitolo di questa aurea operetta — Dei doveri civili intorno la religione — che è una rivelazione dell' animo dello Stratico. Ne tolgo qualche periodo — „Nò caduti mai in pensiero di voler porre la bocca in cielo, riducendo le disavventure delle persone a castighi di lassù per tali o tale altre peccata, che è cosa empia del pari ed ingiusta, non potendo noi senza daunevole ardimento investigare le vie dell'Altissimo ; ed essendo tuttodì smentiti della nostra baldanza colla prosperità di molti malvagi e travaglio dei buoni. Le naturali meteore, che disertano talvolta le fortune, le infermità che opprimono le follie e le vertigini umane, che devastano le cit-tadi ed i regni, possono ben essere flagelli divini, servendo a lui il fuoco, il gelo e lo spirito delle procelle? ma chi è il temerario, che ardisca misurarne il colpo, o fissarne l'indirizzo ? Da siffatto vizioso giudicare conviene astenersi oltremodo, poiché veggo essere tanto diffuso, che v' inciampano assai sovente anche uomini di molto reverenda au-roritade forniti" (pag. 272). E questo sia ripetuto all' indirizzo del famoso teologo Margotto, Dio lo riposi, che citando il famoso dito, minacciò tante ridicole sperpetue agi' Italiani ! Ed altrove „ Siccome non mi piacerebbe che tu praticassi molte divozioni nei giorni non festivi, trattene alcune più solide, vorrei che tu adempissi in quelli il primo precetto dato ai mortali, che è affaticarsi per mangiare il pane col sudore della fronte. Siffatte usanze appartengono alle stupide donnicciuole, che cuoprono il piacere d' andar vagando e farsi vedere dalla gente colla maschera della pietà: o stoltamente credono placare così Iddio per le mancanze che fanno iutorno alla custodia del pudore o della quiete famigliare. Io so dirti che questi spigolistri, bacciapile, cacciatori di litanie e di processioni, quando non abbisogna, sono i peggiori uomini della contrada; e guai a chi con essi ha da fare, per non essere ingannati, molto più, quando con ostentazione di umiltà, vanno prevenendoti del molto bene che fanno ; o almeno sono i più intolleranti e superbi, che incontrar si possono, come quel riprovato fariseo che ringraziava Iddio di non essere come gli altri uomini. Io non ti insinuerò mai di odiare questa perniciosa razza per lo più incoreggibile, mio intendimento essendo che ogni uomo deviato sia degno della nostra compassione, ina dell'odio non mai. Non mi rimango però dall' inculcarti di avere in abominio perfettissimo tali maniere, ed allontanati da coloro che le adottano; o al certo con essi avere meno affari che puoi" (pag. 273). 1) E così con sapore classico lo Stratico continua a dare di questi precetti, i quali ai tempi del Vergerio, certo gli avrebbero causato una furiosa persecuzione. E oggi, come oggi, non meno ; dacché con lo stesso spirito i nuovi farisei fanno un atroce guerra al grande Rosmini. Lo Stratico perfc e tutti i continuatori dell' opera sua hanno l'applauso dei buoni, e l'approvazione di quegli spiriti elevati che si studiano di conciliare la scienza e la fede, la filosofia e la rivelazione. E grazie al professor Brunelli, che dello Stratico, già lumeggiato dal Tommaseo, dall' Ademollo e da altri ci ha dato una buona biografia. 1 tre dì della merla. Illustrazione di costumi lodigiani per Giovanni Agnelli. (Un opuscolo di pagine trentanove, estratto dall'Archivio Storico per la città e comuni del circondario di Lodi). Lodi. Tipografia Quirico e Compagni 1888. Tutti gl' Istriani colti hanno letto i seguenti versi di Dante : Erano i cittadini miei, presso a Colle, In campo giunti co' loro avversari ; Ed io pregava Dio di quel eh' è volle. ') Ci regali Vannuario quest'eccellente trattato e sopprima «erti versi. Rotti far quivi, e volti negli amari Passi di fuga; e veggendo la caccia Letizia presi, ad ogni altra dispari Tanto che io levai 'n su P ardita faccia Gridando a Dio: .Ornai più non ti temo" Come fa '1 merlo per poca bonaccia. Purgatorio Canto XIII. Ma forse nessuno sa come questo accenno di Dante al merlo superbo trovi ampia spiegazione nei canti popolari e nelle tradizioni di tutta la Lombardia, e specialmente dell' agro lodigiano. Il bravo maestro Agnelli, maestro nell' istituto dei sordo-muti di Lodi, fece parlare i contadini, specialmente vecchi, e ci diede un' ampia ed esatta raccolta di questi canti e di queste tradizioni. Il racconto della favola varia alquanto nelle forme ; ma in fondo è un atto di stolta superbia, come quello di Sapìa, e si può compendiare così. Al tempo in cui parlavano le bestie, la merla, vedendo allungarsi i giorni, e diminuire alquanto l'intensità del freddo, contenta di vedere fuori di pericolo i suoi merlotti, uscì cantando dal suo nascondiglio, e disse al mese di gennaio : „Boffa, Gennè Che i me merli i ho già levè. *) Ma Gennajo, adirato contro l'insolente, decise di farla pentire della sua presunzione ; e come se non gli bastassero i due giorni che ancora gli rimanevano, (si era allora al ventotto), se ne fece prestare uno da Febbrajo, che rimase con ventotto giorni; e così in que' tre giorni fece un freddo tanto acuto, che la merla, per salvarsi, dovette rifugiarsi nei fumajuoli, dai quali uscì nera, di bianca che era prima. Perciò i tre ultimi giorni di Gennajo, che sono pel solito assai rigidi, si chiamano in Lombardia t tre dì della merla. Ma perchè merla di genere femminile ? A questa domanda risponde uno scolaro di ginnasio il quale sa che in latino il merlo dicesi merula. La favola di fatti è forse di origine antica : dies merulae furono detti dal popolo, quando Cesare aggiunse al mese di Gennajo due giorni, che rimasero così distinti nella memoria popolare. La favola della merla trae seco il proverbio — La merla ha passato il Po — citato già nel Pataffio — E valicato egli ha la merla il Po. — ') Soffia, Gennajo Che i miei merli li ho già allevati. e dal Petrarca nella famosa canzone dei bisticci — E già di la dal rio passato è '1 merlo — Di questo proverbio il Fanfani dà forse una. falsa interpretazione ; altre molte ne adduce l'A-gnelli ; a me pare però più probabile spiegare : la merla ha preso animo, ha tentato cosa difficile, è volata fin oltre Po lusingata dal bel tempo. Così non occorre ricorrere al Capitan Merlo ; e il proverbio fa riscontro alla favola, ed è in armonia con quella. Di tutte queste cose discorre molto bene l'erudito maestro. E se anche qualche volta pare si allontani dal suo argomento, pure ritorna a casa, e così ha dato alla nota favola dantesca un ottimo commento. È nota questa favola nell'Istria? E i nostri bravi giovani, invece di perdersi in vane ricerche arcaiche, quando vorranno raccogliere i nostri canti popolari, le nostre tradizioni ? Perciò non isdegnino interrogare i paolani nelle città; e gli agricoltori nella parte della campagna italiana, sui monti di Oltra, di Muggia, intorno a Momiano, a Buje, a Grisignana ecc. ecc. Una raccolta di canti popolani e di tradizioni manca sempre all'Istria. P. T. AVVISO Istituto agrario provinciale. La Stazione agraria presso questo Istituto agrario provinciale eseguisce gratuitamente il saggio di controllo della purezza e della finezza di macinazione dello zolfo per le viti, verso invio di un campione di circa 100 grammi che può essere spedito per la Posta come campione senza valore. Parenzo, 7 Aprile 1888 DALL' ISTITUTO AGRARIO PROVINCIALE Il Direttore Hugues LA BIOGKAFIA dejli UOMINI DISTINTI DELL' ISTRIA del canonico Pietro Stancovich Istriano della quale il sottoscritto ha intrapreso la seconda edizione, incoraggiato dal benevole appoggio dei comprovinciali, sarà distribuita nel corrente mese d'Aprile. 1 signori associati dopo aver ricevuto l'opera, si compiaceranno versare il prezzo stabilito, con vaglia postale o come meglio credessero, alla redazione del Periodico la Provincia dell' Istria. Per i non associati l'opera si trova in vendita presso la libreria di Benedetto Lonzar in Capodistria. Capodistria, 16 Aprile 1888 Carlo Priora. tipografo-editore CAJ'ODISTBU, Tipografi» di Carlo Priora. Piatro Madonizza adit. • radat. rasponaabila