Narodna in univerzitetna knjiznica v LJubljanl 287976 \ COSTUMI D E I MORLACCHI IN PADOVA i 7 9 9 PEK IL CONZATTI A S. B AKTOLOM M EO con permissione. Mutar* meres populi, ntc facile, nec tutum ejl Fluì, in Parali, 1. VII. W7 AGHI LEGGE 7 O vi preftnto, o corte/i Lettori , la relazioni cCnn Popolo + che considerato in - tutti gli a/petti è molto differente dagli altri Popoli à\iU trrta * La fua natura , le inclinazioni, i coturni, le occupazioni fon» cesi proprie dì lui , che ad altre genti abitatiici di quefìo Globo tutte infieme ncn poffono convenire * Io parlo de' Merlatevi abitanti le mintane della Dalmazia t Nel teff'ere la fiorta delle Uro Cofìunianze non altro ho fatto che fedelmente feguire ciò che ave* ferita to in Francefe la celebre donna Giuftimana Wynnc Conte Ha degli Orfini e Roicmbcrgh ; lafciando però alcune cofe ftraniere *IP argomento , e corredando il te* fio di alcune annotazioni , parte tratte dagli Scrittori di quella nazione ( a ) parte dall' cjjtrvazioni eia me fatte fu la faccia de* luoghi che bo vìfìtato , parte in fi- (a) Lucro, Forti*, Lovrìch» ìv fine dalla viva vece de* Morlacchi me de fimi ^ che Sol-dati n"lle Compagni* di fanteria frequentavano le no/Ire Cittì della Terraferma . Ora per dire alcuna co/a di jueflo Popolo ; Morite-co , fignifìca nero - vatacco , e Lucio dice , che ficcome una volta quefii Popoli abitando le terre dey Romani erano ehimati neri - latini , così cangiando governo abbiano potuto cangiare la denominaziene . Il Sig. Abb. Forti* fpiepa il nome di Morlacco , per potente venuto dal mare.* ma il $ìg. Lovricb glielo contraila. I Morlacchi partano la lingua Illirica , la pronunziano bene , e ne fan»» ttflo. Quefll , comt un tempo i Romani . nom adoprano mai né /' Ella , nè il Voi y ma Jtmprt i/Tu , anche parlando col Sovrano . Han>.» origine da un Popolo barbaro , ed altra ctltura , altra ri-fielfione non hanno che quella , la quute deriva dalla fleff'a natura ; quindi con Cicerone fi pub bene/fimo dite y rtfpetto al Morlacco, che, firipfum diligit , ac fiumi ut ortus eli, ira agìt, le ut conferve! . Ogni Italiano pub far ammutolire il Morlacco , raccontando f>ti ufi della fum Nazione , e fimi/mente il Morlacco par' landò del fuo coflume «//'Itali.»»'} . // Morlacco /ente poco t» paflìonr d'amore, ì puerrit* re, r) amante delta fette Vatria , ed avido d'avere tutto quello eh* 4o /or/rende. Epli refìa ammirato atta vtfìs d' uno /pecchia , dy un metallo , te. Roma per dijìruggere le pajfioui de* futi Cittadini non aveva tt ovato altri mi- £ Ho- gtiari [pedanti che mandarli a tonquìftar* , ed a fac-ebeggiare il mondo» La Svezia un tempo inviava i [noi a fare dell» irruzioni « Così farebbero i Morlacchi ; lungi però dalla ragione di dijìruggtre te proprie paf-foni, ma unicamente per il genio di guerreggiare. Que-fii fono quei mede/imi Vopoli che anticamente furane trifpinti dai Remani fatto var'j nomi t chiamati f ottante: da molti col nome dì Sciti. Tali farebbero anche al pre* fente, e bacerebbe che foffero fpediti a faccheggiare , 4 eombattere , porterebbero in ogni luogo la rovina , e la flrage . Tuttavia godendo è dolci frutti della pace fatto t) felice Governo , raffrenarono in parte quella toro in-dele barbata. Non fi può applicare ad ejft quello the dice Virgilio „------ the feriti non tegna , „ Li ve umana mifetia fi cempìagne, perchè fono poveri, mendìci , ma pieni di ttgeglio , • di ardire , Da fe foli difenderebbero la Dalmazia da qualunque incurftone , operando alla confervazìone , e *lty onore del taro Sovrano . Non > sì facile trovare un Popolo tanto amorofo , fedele , tifpettnfo alla dignità t ed al nome del fuo Sovrano , a lui attaccato calle fa-flanze, e colla vita. V ambizione non fi fa tanto fen-lire nel Morlacco, quella appunto che fece perire tante Repubbhthe, * che P efpofe a fammi pericoli. Par* vi Variando poi della traduzione effervo , che , chi tratta una materia è pieno d' idee, fa ii nudo d'tfprimer-le , unirle , fepararle , a?giugnerne, f J ^ fempre padrone delT argomento ; il traduttore dee feguire f Autore , che fi propone y non indebolire lo fpirito dell'Opera, chJ è fanima , onde i difetti fi trovino nella traduzione, e non nell' originale . Allorché però il traduttore ì in paff-ffo dft/a materia, e la trafp rta come co-fa (ma propria, dandole un brio corriJ"pendente alle fue mire y chi lo legge ne trova f ordine y il carattere , e la bellezza dell'inventore. Alcuni fogretti importandoli pedono della loro naturale vivacità ; non coti fi Jrt dire delta fiori a di quefta Popolo che non può patire eccezione per U fenfibìliti , imm-ig inazione, e modo onde r aurore lo fa conofeere . La linotut italiana non ì forfè ricca di termini, dolce nelle maniere , brìi, tante , forte nelT efprejfioni , e facile nelle fite regole di Corruzione) Ogni lingua , diceva, il Sig. di Voltare, Ita il fuo genio , ed è fecondo quello dell' Italiana (a) Così il Sig. ^'Alembert nelle fue offervaz'toni full'arte di tradurre . Non dee mancare il traduttore di riportare l'intero carattere dell'originale, ed effere in tutto uniforme alle vifìe di chi compofe una qualche Ope-ra ; ma per t' armonia , e modi di dire dee fi art attac* ca~ ( a ) Datis la PreYace de 1* Oedipe, Citta alla lingua in cui ferì ve* La maflìma gennai e farà dunque quella di far fentire nella propria lingua una naturale dicitura, e coerente all'Opera', la Mujt-ca che veramente i buona , quando è fuen»ta da mano tnaefìra , tanto piace fu d'uno fìrumento , che full'altro. Quando vengono rifpettate tai leggi pub effer certo l'Autore di dilettare i fuoi leggitori. Se io le abbia offer-vate , fari giudicio voflro, cortefi lettori, e fe vi par-ri che io appieno non le abbia adempiute , ciò non do-vrete aferivere a difetto di buon volete, ma atta fcar-fezz* dei mi» talento . Del rejlo oltre il diletto , che ritrarrete , ficcarne /pero , dalla tritura di qutfla Operetta , non fari etffa fen-za qualche utilità ancora. Una delle cofe utili all'uomo nella Storia è quella di confìderare i ci fiumi , i pregiudizi i lf follie fi effe dei Vopelì , traendone da tutto un qualche frutto . £ molto bene diceva un FHofofo » che non fi dee foltanto accendere la lucerna per vifita-re la propria Cafa, ma eziandio per cono/cere , efjcrva' re, e verificare le cofe altrui onde fcegliere l'utile , il buono, e fuggire il dannofo , e cattivo. Dal primiero fiato naturale del MorUcco, vedefi in quefC Opera ou' egli è condotto dalla curio/iti , dalla brama di vedere , dal dtfiderio d' introdurre nel fuo paefe cofe nuove, e fu di qneflo fi poffono fermare ferie rifleffioni. Avrei potuto parlare delle lcgpti del Morlacco , e del modo con cui fi potrebbe migliorare la fu a condizione , ragie* teaw viii na>ìda nelle mie Annotazioni del commercio, dell*Agra-ria , della Navigazien* pei canali , delPaccomodarnent* di Jìrade , e di altri provvedimenti , che ferfe farebbe-re molte utili , ma non volli nfeire dall' argomento j bacandomi di far cenofeere il carattere, e lo fìat» dei Morlacchi , I di etti movimenti feno curio/i, e poffono anche meltiffxme intereffart. Non vy è fatto favolofo , ma nel racconto del matrimonio di Jerrax è de ferino il cerume , le fuperfiixieni , i beni , ed i mali dì quel Popolo. E qui è" da netarfì che non tutte le voci Illiriche jparfe in quefì' Opera meritarono d'effere fregate % perchè alcune fimo di montagne aride , di luoghi deferti , • nomi Slavi non degni di annotazione, poto importando il faptre che Perran , vuol dire Pietr» , Jella 3 tlena, Anita, Anna, ecc. Altro non mi refla a dire, o benigni lettori , fe non che vogliate gradire il mio buon animo e fe con que-fta operetta potrò trattenervi con qualche diletto, crederò di avere bene impiegata fa mia fatica, poiché tanta è il cumulo de* mali , che ne circondano in quefla mi-fera vita , che qualunque alleviamento anche piccole ad effi fi porga , fi merita , non dico lode , che a tanto im ne* afpire, ma il pubblico ^radimcnte , I MORLACCHI 1* "imam., 1 ii)wpiin>» i^iigim l MORLACCHI L I B. J, ARGOMENTO. Calumi, ed ufi de' Morlacchi i Aidu/ci • Storia dì D Pccircp l Probatimi, e Pofeftrime Al pìa^o della Montagna della Qrìfizt fino alle rive della Cettina {a) la bella valle di Dizmo effen-de i fuoi fertili campi, e pìngui pafcoli. Tra tutti la Morlacchia b quella la Gtuazione più amena , tanto per la vaga poligone , quanto pei doni della benigna natura. Montagne orribili, dirupati fcogli variano colla loro nudità, col loro lpaventevole afpet- to , 4. a ) Cettina . Ora t- no fiume , ed è un termine corrotto di Zcut ina, o Zenteua, e pretcndefì che m tal modo fi chiamale una Città per effere fiata là Capitale dì cento altre Città, e Cajìttli* A 2 f o, cella belle zza delle campagne coltivate , colla numerofa popolazione, che gode d'un ripofo tranquillo, e follante» Armenti erranti, dìfpcrfe capan-ne, abitanti che padano dall'una all'altra fotmano ii n villa di vario c dtlottevol incanto. Ogni villaggio e una fola famiglia : e per quanto fia numerofa e divifa dalla cafa paterna non accrefee che il nu» •mero delle abitazioni fituate in quel contorno, non. mai perì) allontanando gP individui . Conierva lo fletto calato , li fletti forti vincoli di filiale , e fraterno attaccamento: ne la focietà rompe inai i nodi della natura : il matrimonio li moltiplica , e più flrctramcnt» li lesta . Uno dei primi villaggi \ quello dei Nurzevizca, Vervan venerabile vecchio e lo Stare/lina («). La ina capanna e in mezzo al villaggio . Quella e quadrata . Quattro travi negli angoli iblleugono l'alto tet- ( a ) Starefcina , Ogni famiglie ha il fuo capo di cali .* eh* viene chiamato col nome di Starctcina »..f'.*i Vecchione . Se poi tele vecchio non è capace di Jbflenere la dignità) di capo di cafa , elegge/i un altro , che J appi a coprir un tal poflo. Si depofe il pregiudizio che /blamente i vtcchi /anno dirigere , * /ì vide , che non è P età alle volte the fa i* uoma « letto di tavole, che forpafia tutte l'altre dapan'nl the fa circondino. Le muraglie fono di bacchette incrocicchiate, 0 di faffi rozzamente aggruppati l'uno fopra I* altro . La creta e lo Aereo de' bovi fratrì* mifchiato alla cenere forma la calce , di cui eflì fi fervono . II.nome, ed uffizio di Stdttfcirìà lo dichiarano p** dre comune di tutti gli abitanti, fra qnali la fuactà, la rimembranza del fuo valore, la fua giuftizìa e dolcezza gli procurarono il bene d'effe* didimo tra la iocietà de' Mtrlitce/jì . Pcrvun aveva dtic figli maritati in cafa. Il primo aveva nome Ttt9p&t e non a-Veva prole: il fecondo Jervaz, ed aveva accrelciuta la felice capanna di tre figli . Il primo di quelli a-veva cinqu'anni, il fecóndo tre, ed il terzo uno. Ptrvan dirigeva tutto con una pace perfetta v c manteneva l'ordine, l'unione, il comodo fra i Ivan tovfafré , famigli* la più numerofa tra la popolazione della vallo. Seduto alla foglia della fila porta, circondato dai figli , ed altri giovani t»-Ile capami vicine , così parla : n Oh mici byti.' l[ tramontare del Sole v'invita al ripofo , la mia età mi vi condanna : non pofTò che Affitte i mici deboli fguardi fu di voi, vedervi a lavorare inficine , indicarvi l'ufo migliore dei doni del Cielo, e dei frutti delle voHre fatiche, forgeuti comuni della nollta fuTirtenaa, V avvicina il tempo A ; del- é A. | ricolta, il tempo dell'allegrìa, il comperilo, del lavoro, il premio delle fatiche, il rinnovamento della vita. Vanno vagando gli animali ne'pafcoli, l'abbondante raccolta fi ripone ne' nollri magazzini, che raccolgono tutto ciò che occorre per li continui bifogni, e peli'ind.fpenlabile commercio co'nollri vicini. Quello terreno ci c neccffario come l'aria che reipitianio, come il giorno di cui godiamo la luce, come il calore del benefico Sole che anima la natura . Se dividete fi pub Paria, il giorno, il calore tra quelli che ne fono vivificati? Dividere fi pottà quello benigno terreno, che ci fofliene, che a lar^a copia corrifpondc alle nofire fatiche , che prpfcnta egualmente il fuo frutto al braccio robuflo che P ha fatto produrre, come alle mani deboli e timide del fanciullo , e della tua giovane madre ì A voi io penfo: tutti mi fietc cari; male inciampa la pecora, che non fegue il pallore, e pafcola fola in pericolo full'orlo della folla, guai alla mandra ilio non contribuire la Ina porzione ai conviti delle nofire Itile, quando io benedico i vollri marrimonj . Quanto e trillo quel Natzcvizca che cerca fottrarfi dalla ferviti! che prcflar deve alla bianca zazzera del fuo Start/ci»* . Ricordatevi che fiatno tutti Fratelli , che abbiamo lo Hello cafato, lo Hello Lingue,-lo Hello padte , il gloriolo Vccìrtp Natzevizc* 7 [a)> La! canzone ftrba fra noi U memoria del fuo valore Ila (empre da , voi cantata, e la fua fio-li a iinprcfTa ne'vollri cuori. Uditela , giovani, da quello che l'ebbe dai valorofo no Aro avo Korotagne, che (ebbene fanciullo, pure lo conobbe, Avrete ititelo a parlare de'noflii Aiduzci ( b), ed incontrato talvolta delle truppe falendo V erte della Clapavizza, che ci feparano dai nollri fratelli del litorale , e pattando la Cettina farete entrati fra i monti Gl.ivaz e Kuruzeb nelle terre dei perfidi ottomani • Quelli Aiduzci fono Morlacchi fieri, the della loro indomabile bravura, e ferocia ne fanno un' ulo 1 tiuo- ( a ) Periccp, feroce Aiduco, compagno di Socàvizca; il primo Jì compiaceva ay impalar vivi i Turchi, ed arroflirli ; il fecondo fino t* anno 1774 in varie occafioni ne aveva ammazzati iyó. e non aveva che jefjanta un anno , ( b ) Aiduco, vuol dire allattino di ftrada , ed in ìf-lavo ladro eroe. Vi fono anche i Luptxi che fono altri Ladri , i quali rubano di nafeofio, e /'Aiduco toglie per forza. Regnavi tra i Luptxi, e gli Aiduczi fera inimicizia . Un certo Bandito boflich , detto il Rollo capo di venti Aiduczi fi faceva pagare fullo fiato Ottomano f Arac , ofiia tributo dagli pejji Turchi . A 4 li nuocevofe , e barbaro. La difobbedìenza alle Leggi ne fa fortire moiri dalle loro cafe con un giuflo bando j" qualche volca un'ingiufta opprelfione tw fpigna altri a volontariamente cubarli ; fpeffo uno Involilo amore d* una malintefa dipendenza fa loio n-Jenre uno flato di guerra continua tanto in»iutìa, e* e pe-ricolofa alle delitti piacevoli d'una viu contorna al genio della natura» L'efercizio delle no lire foi m deve -fiere unicamente diretto a ferbaro la noftra fatate, ed * confervarci in iflato di pei fluitare„ atrac-care , abbattere i moflruofi orfi, il lupo div^rarore , e fpiguere l'inimico che ci offende, e cerca to''berci it trutto dette nottre fatiche , ed Intorbidare la uo-dra pace. Miei figli, i loro delitti ci Jiano d'c-lem pio . OlTervate come que'mifcri Aiduzci s' arrampicano di fa (To in (affo per ritrovarti un nafcondiglio nelle caverne , per tendere imbofeate alle caravane turche t Quc'barbari non vogliono, ne poffono proccnrarli c-fdlenza che a prezzo del fangue degli fventurati che privano di vita ; intrepidi , e sforzati dalla ncceflìtì per nulla contano il numeio de'loro nemici, ed i Turchi franchi, lafTì, forprefi girano il dorfo, e cadono a centinaia dinanzi a picciolo numero di banditi Schtavovi - Si, miei figli, i barbari Turchi , nollri opprefibri, quando Io vogliono , tono nollri naturali nemici. Difprez/ano, iugiuiiano la noflra Re- ligio- É licione, la noftra nazione, furono in ogni tempo in* fiiulli aggreHori de* noftri villaggi rubandoci mogli, ed armenti. Pjre non dobbiamo adoprare la forza, che per relpingerla. La vita dell' Aiduco c quella dell'aHadìno. Bella cosa chiamarli Aiduco, moft.ran*' do coraggio nel apprezzare i pericoli , ai quali va incontro, e vantare P iìlufire origine nollra per e mare Slavi : ma egli è punito della fua ingiuflizia coi rigori d'uria vira pcnola, e f pene volte con una morte crudele, ed inutile alla fua patria. Pecirtp Ipiuco da giovanile ardore abbracciò taU flato divenendo capo d'una numerofa truppa ti' Ai-duzei . Attraverso la catena delle montagne dalla dritta punta di Jaffwov* litio all'interno dei deferti orribili della GUbivizv», mai non rifpariaiando colpi mortali. Giurò un'odio implacabile agli Ottomani, poiché cofloro non avevano falciato di commettere delle barbarie nelle abitazioni dei di lui auteceffori* Amava i tuoi compatrioti! : la lue djl bottino non fece mai eh' ei gli attaccato; voleva fulo ellinguerla nelle Ipoglie de'Turchi , lagrihcandoli alla fua vendetta, fondo lernpre , è vero, in mezzo di loro per loddi.lare la lua rabbia con minori rimorfi . Ma, oh •' caii figli , la falce nel mietitore s'arreftaa mezzo il colpo che taglia tutto ciò, che fe le presentai il Cacciatore Ui bellie feroci che ci devorano , li rat- trattiene forfè alla villa del timido daino che fugge dinanzi a lui? Pecirep divenne il terrore de' fuoi nemici , fenza affìcurare i fuoi amici ; legnalo gran parte della fua lunga vita con azioni piene di corj£»gio il più intrepido, e fortunato. All'era di cinquanta anni vaiandoli padrone di confiderabdi ricchezze nafcofle nelle caverne del monte Hcrzovazy feguito da un numero di parenti, compagni, domefliei , circondato da molti figliuoli avuti dalla figlia de! VaivoA* {a) d.Tfffnh-tzena rapita nelle fu- prime bravure , rientro nel no-llro paefe, e venne a ftabilirli nel centro dì quella valle, oc; ".vinto toii" armi atta mano la bella parte che noi abitiamo . Si calmò il fuo furore , fi raddolcirono i luoi Iguardi , s'appoggiò la mano al petto toccandoli il cuore. Diventò capo della popolazione, e teppe elTerne il padre. Fabbricò capanne, coltivò i campi, aumentò qua e la gli armenti, fece fiorire in poco tempo quella parre, vivendo trent'anni capo di tutto. Cercò di riparare a ciò che aveva dilirntto ♦ II a ) Vaivoda , ovvero Capitano . Il Vaivoda in Mof. coviti teneva una Cancelleria nella Provincia tne-ii-lima, cui precedeva, ed in quella decideva di unni affare tanto civile, quanto criminale, come pure di quelli $be concernevano le Finanze. Il lì popolo, \ vicini fieli lo benedivano ; dopo aver fatto tremare, come il titano il viaggiatore fnurnto fra le ipòntagne, fini coli' effer amato , come l' arco celcfle c'ie ridona la ferinità, e compianto come t bei giorni dell'autunno all'avvicinarli dell' Inveno , Noi difcenliamo da lui, e da'fuoi figliuoli; abbiamo ereditato i {noi beni , tramandandoci anche la forte e robufla fierezza di lui gioventù . Cantate miei amici , la canzone di Pecirep . I nollri campi , fua fatica, la rifenuno; cantata dal lavoratcrc , allorché, ritorna alla fua capanna, gli rifpondano i fuoi figli, col li«to eco delle loro giovanili voci. " Cantarono tutti le llrufe del cantico nazionale cori voce (liaordiuaria, e gli altri Morlacchi difpcrfi in que' contorni, unindofi a quel della capanna colle loro voci fecero cccheg^iare tutto il villaggio colle lodi dell'autore della loro fchiatta (a). * Men- ( a ) Il canto del Morlacco c preceduto da un lunghif-fimo Oh 1 è monotono , e ftmbra piuttojlo un urlo da Lupo , Et trilla continuamente , ed il fuo canto è Jlehilijji'iio . La Gusla ^ il primo frumento della fué mufica, e r' accompagna il canto. Q»rfl* è latta da una fola corda comf qfìa di molti crini di cavallo uniti infìeme ; l'arco La una corda fimite , Guai a chi non loda tal: frumento, tal mu- ftea, Meri r re gli uni cantavano, gli altri prefi dalla gio. /a di sì bella memoria, ed invitati da una notte rif- plen- fica, prettnd'udo di muovere qualunque afelio . Pochi Morlacchi (uonano a perfezione tali flru-mento, e quello che lo /nona ben* è afeottato dai Nazionali con fiamma attenzione . Alcuni ciechi fi froccurano il vittu (urinando la Gusta , ed in tal modo non fono chiamati birboni . Si anno/ano i Morlacchi della mufita laro , I ver/i hanno gran fuoco d'immaìj'naziine , e le canzoni hanno dell' ~i „;v,fji~„ , (r,r,',r*nc1u compnfizivw del freo-lo decimo jefìo . Per rf empio ntlU Canzone di Pteirtp : Caddero, a prede Pteirep , ejìinti G[tier fetta il tuo bramo i tuoi nemici * Alimentar dell' Amifià ti piacque A*fettuefo i ruoti , qual la vite, Su cui {refe a dal Ci et piove tupi,i:ia . Sfidare , minacciar , rotar la fciabla Per te fu un punto fot , A' tuoi tef<,tì L'occulte d'EnOVlt ampie caverne Servir di fcrigno . Sutl* adunco urtigli* Tratte dagli Avvoltoi te /par/e m*mbta DelP Ottoman dal tuo valor diffmf furono a lor di dilettevi/ pafìo , 1 Morv plendente, formarono if gran circolo, e prendendoti per mino uomini e donn: fi diedero al favorito loro piacere del ballo di ^kof figari ( a ). Una fola corda che un godo arco (Micia fopra la Gusla , c il violone Mjrlacco, che fegue la mifura del paflb , ed accompagna col canto . Dopo la canzone di Pecirtp na can* 1 Morlachi cantano (e viaggiano. je lavorano, f* mangiano, e /ir di nette tìtggitìno camminare, cantano per non adaormentarft camminando . Cantane *itrr>iativ(/merjte , e va Inrn bene quel verfo di Virgilio : Et cantare ptres , & refpoudere parati . ( a ) Slcoed - gori, o Salta su . Le danze dei Morlacchi Jono particolari . Si prendono per mano nomi' ni, e donne : il primo va gr rande, e fa vane figure , ed appunto in ciò fi a la fu ir bravura. Ora converte il balio in eliffi , era in figura di lettera S, tra fi divide il circolo in tante copie a due a due} fi canta, fi salta , fi balla, e chi più rtfifle fi pregia di piU. Tali balli fervono a loro pella fìra* bacchevole ripienezze eli fluttiaco, che i$ tali oc-ca(i*ni fuccedeno, perchè mangiano e bevono fuor di mi fura , l Giuochi fono a chi corre con piì* velociti. chi fatta da „n luogo aU* altro con pi* <*e-firt^.n i t la rebn(ìezza di chi fraglia più lontane una pietra che etn ijìcnto fi leva da terra. H cantarono dell'altre comoofte dai poeta Morlaccn ìm^ provvil'atore innalzando l'ardire, e la forza de'loro compatriota che li dilhnfero ue^li eiercizj nazionali* Per ef empio quello che fj'tò più lontano : che col xobuflo braccio lollevò e getti) più. da lungi una pietra, merita elogi lirici. Con tai racconti la danza vieppiù s'anima, ed i falti, e le grida diventano rtaggitti* i finalmente poi la ftauchezza fepara i dau Zatori. Vervan, valorofo Starefeina è intenerito di tanta allegrezza, ed attentiffimo pteviene «l'inalici accidenti, che l'emulazione potrebbe iar nakere in un popolo * il uuaU non conuica al momento altra lef'ge che quella della natura, ed altri dritti, che quelli della forza . Quella volta non lenti alcuna accula, ne dovette lare giullizia, o ordinare vendetta. Vide i u^li, e le nuore con un' aria di contento e di felicita dipinta fui loro volti terminare il ballo, e rientrare nella loro capanna . La dolcezza delle maniere, del carattere delle due mogli erafi comunicata ai mariti . La famiglia di" (tingòevafi fra tutte le altre della Morlacchi* per uno Spirito d' eguaglianza tra uomini e donne. Quelle , \ vero, s'apprettavano a tutti i fervici di fatica, a* quali le donne Mortacela fono condannate ; toccava alla buona D»'/aa Macinare ogni giorno il grano pei fare fare delle hh'mcchte ( a ), e Vtiepo fuo marito la fol-* levava dal''altre fatiche. Jtlla !a più bella , e pia giovane , aveva cura dc'fi^li, poliva la capanna, precedeva a' vediti della famìglia, c Jervaz fuo fpofo le portava l'acqua, le legna, lavorava i campi, ed attendeva al luogo de'befìiami. Le due donne tanto amabili, che amate , feppero vincere il giogo orribile del difprezzo, e malvagio trattamento del Morlacco, che più cacciatore e guerriero, che pallore , ed agricoltore, opprime miferameu* te la fua compagna, Direbbefi che non la crede della ftefla fua tpezie , e che prefetìfee alla moglie il cavallo che fiegue la fua preda, o il fuo nemico ( b )- Sello ( a ) Schiacciate. Qucfìe fono ci* ogni sorta di grano v fuorché eh frumento , fervendo/i ejji tli quelle di frumento falò nei giorni jejìivi. Del pane cotto nei fornì non vogliono farne ufo, e cuociono te ftefle schiacciate sulla pietra del focolare , Mangiano anche pochi/Jimd polenta „ ( b ) Anche fra gf Indiani te donne fono fìrapazzate a Ciò non dee recare meraviglia , poiché preffo le Nazioni fctvngge , le quali non conofeono che il diritto del più forte , il feffa debole c fempre jlra-pazzato, ed la fempre torto. Sarebbe mai così anche fra le nazioni colte <" té Seflo amabile incantatore, tu che formi l'allettamento della vita, • ne fei la forgente, come verfo di te fono barbari, e crudeli quelli popoli! La fedeltà eou-jugale della moglie non ha alcun merito , e ct\h d* «fiere una virtù tra di loro ; la donna é una proprietà che fi guarda come quella del bue, d'un giumento, ed tanto diffìcile fedurre una Scb'f-uo*», quanto rubare un cavallo. La religione, ed il timore iuperano In eflo loro l'amore illegitirmo , che potrebbe nalcere nel loro cuore ; ma I' amore vincerebbe tali ofiacoli ( come altrove , fe fi facelTc fentire negli uomini il fuo" co della paffione . Produrrebbe confeguenze funcfiiflime il rubar* •»«•> <*onn« . «fla tempre occupata re' pefasti lavori non ritrova, ne penta ai messi d'in, pannare 1* uomo che teme . Il continuo lavoro induri-fee gli uomini, Io flelTo lavoro appalla le naturali attrattive del fello, quindi vi foecombe, o fe rrdilc, perde tutti i modi di piacere. Come mai l'idee, le affezioni della semplice natura pofTono concttUrfi con quella maniera d' obbrobrio con cui fi copre P oggetto il più toccante, il più preziol'o alla vifia , ed al cucire dell'uomo/ Se il felvaggio Errante ameri la fua compagna: ecco l'uomo di natura; il diveggio guerriero la difprtzzerà cerrammre . egli non conofee che l'armi, e la forza > ogni eflére dolce e pacifico è per lui ignominiofo : quelli non e 1' uomo di naturai è il -incendente dai popoli bcllicofi aflucfatti a dimenticare le le mogli che poco Vedevano, c che abbandonavano ai più baffi frrvigj. Tali erano amicamente i Slavi ; co-"linciarono a raddolcirfi nei coflumi quando ebbero kuga pace , ed influenza d' un moderato governo. f.a f .muglia di Ptrvan Narrcvizca fi difiinguera coli' e lem pio e fpirito di dolce egualità fociale fopra [fi altre famiglie . Jervaz era flato innamorato molto tempo nella bella Je/ta Topofnìcb ,il di cui padre era Starefcina in un picciolo borgo due leghe di dante da Dizmo. La vide la prima volta in Chieia a Perujficè , il giorno in cui Jervaz, ed il fratello di JelU al piede doti* Altare fi giurarono fratellanza indìftolubtle, e vennero 'Ptùfiati-•;;/ , nome dato alle religiolc cerimonie d' un tal legame ; così Pofefìrime diffell all' unione fi erta di due donne in faccia alla Divinità , ed al Mi mitro ; ficchc Jervaz fi fece Prohatime nello lleffo dì, in cui Jella fi fece Pc-festrime con una figlia dello lleffo cantone ( a ) J#/- ( a ) Dell" Amicizia i Morlacciii n* fanno un punta d't Religione. Quindi è che fi flringe un legame tr.i due perfine dello flefjo feffo , co»t<- fi è detto nella deferizione dei Probfttimi ePofcfìi a cenino, ma pot è quefia i le due per fune Jt«'jao ceri duf torci» dì cera in mano acctfe, a proporzione del loro flato, „i piedi deL> Altare : mfcoltano una Mcfja celebrata fecondo la loro intenzione , lafcia-i-I do fella grande e ben fatta fu pera va colla fronte tutte le compagne, che la circondavano ai piedi dell1 altare. Gli occhi fuoi neri (cintillavano, come la fiaccola che teneva in mano, le lue labbra fporte in moli e rotonde offrivano il vermiglio della ciriegia ; la forma del fuo vilo un poco quadrato le dava un'aria maefiofa, fatta ancora piti imponente da due folte ciglia, e Icbbene il nafo folle un pò fchiacciato , pure non difpiaceva . Il bruno colorito dinotava la forza, c l'uso dei lavori della campagna; la berretta rofla , a. cui vedeafi attaccato il velo virginale, era tanto al di fopra che all'intorno fornita di dilritrenti ornamenti* «he pendevano, m (lifcvmlavano fina fopra fa fl'Olile ; medaglie d'oro, d'argento, e di merallo frammif-chiate con picciole croci , perle di vetro , e conchiglie le formavano corone iti ogni parte . Al più lieve moro dato afillamente da Jella, la fua rcfla dava uno Crepito limile al poliedro, che favellando fmarrito li H ' enrire al pallore , che lo cerca. La vergine Me* lacca fi compiace di tal luono, e quanto più e forte, altrettanto dinota la quantità degli ornamenti , indizio del fuo piacere , e della tua ricche/za . Il ricamo d' oro e di (età abbelliva gii urli della fua camicia all' intor- bo le torcìe al celebrante . / Morlacchi Ji fanno un dovere dì perdere la viti per {* amicizi>*. intorno del colle, ed a! gomito ; una larga falcia era le* gata di (otto al petto dalli natura prepararo al nutrimento d' una nimerofa famiglia . Tutto il fuo ornamento era magnirìeo . Jervaz non potè vederla fenza efaminarla con occhio avido e brantofo di polvere quei vezzi che fi moilravano d'una maniera folida , a ricca > Compita la cercmonia, le due Semi - Sorelle e Si* mi-Fratelli legati per fempre con giuramento, e rito della loro Cbiefa, tutti i Parenti, ed amici delle due Copie lì abbracciarono a vicenda uomini , e donne fenza differenza Veruna . Una tenera gioja brillava lui loro volti che efprimevi ed afficmava il dedicamento re* ciproco immutabile in tutti i dilalìri della vira che of» frlvafi l'uno peli' altro, giurato avendo di panare uniti in tutti gP inteiedì poffibili . Jtrvaz s1 avvicina alle bella Jelia ,cnou potendoli più trattenere flrertamenio l'abbraccia, e con un bacio le affoga il grido che dato avrebbe . Jelta non fi sgomentò punto ( la vergogna e Petratto dai primi attacchi della malizia, ) ne, altro fece che rifpignerc Jerv.iz modeOamente, prendendo per mano la fua cara Pojrjìrim* per ufeire di Chicfa* Fine del Li uro Primo. LIBRO H. ARGOMENTO. pefnìcè\ Ptrvan, e gli altri vecchi , dopo aver ordinato il pranzo , parlarono fra di loro degli armenti, dei grani, e ét* vantaggi ritratti nell'anno precedente. Fu preparata la tavola dinanzi la capanna >• gli Uomini vi fi poterò feduti fui loro talloni, e le donne CO- Il cominciarono a Servirli ( à ) . Portaroho in tivola de» montoni arroftiti, degli agnelli, dei cavoli In acero ( £ ), del latte gelato ( c ). del latte agro , delle noci, e del vino. fella dava (pedo da bere a Jervaz ma più fpeffo era anche chiamata dal valorolo Marcovich, nativo d'un villaggio poco dinante , ricco di pafcoli, ed affai ftimato in ogni paefe . Fu faldato della fquadra Veneta , di temperamento feroce . ardito, t a ) Le donne mangiano [eparate dagli uomini , ( così fcrive Man/. Coofc parlando degly Indiani delT f» [ola Uiictta ) ; inviluppano il cibo con diligenza d litro certe foglie, e fi partono dal luo^o ove fianno gli uomini per mangiare in disparte : ne mangiane mai vivande dilirate . ( b ) 7 Cavoli capucci inaciditi fono il prìncipal ctm fanatico nell' inverno . Se la produzione de' Cjtvo/i tìefce poco feconda, ne pre fari fono infelici le der^ rate , ftbbcne vi fa fiata copiofa raccolta . f c ) Amano i Morlacchi alla ghiottoneria il latte preparato.; lo ufano moltiffimo alP Efiate , e fa fanno* inacidire colf aceto , indi tfiraendo il burro , il rimanente lo fauno Jervire di bevanda . Si mancia-fio de* Capi di latte fquifiti, e fatti fenz* molta fatica, td arte. Lomt cibo difiint» viene offerto agli ofpiti i a t to , che con un1 aria di bravura voleva a tutti imporle . Kirotnato al fuo cantone all'età di quarant'anni penfava di maritarli, ed a Jell* tendevano le lue mire* Aveva fatti alla giovane alcuni doni di coralli, piume di pavone, ricambiati per airro dalla fletta cori una falcia. ( a ), c marama ( b ), ricamati da Jet-la . Egli con quello cred.tte latta la dichiarazione, e ricevuto 1'alle ufo, mai non prnlando al rifiuto, anzi attendeva il tempo della raccolta ( c ) per dimandarla al padre. Tale tempo gli avrebbe fomminiflrato i metzi di farà la fella si diflinta , quanto crédeva d*ef« fere lui flcfìò. Già 1 cervelli cominciavano a ri Ter Tel ir fi, e mandavano grida d' allegrezza che lem bravini! Uri!. Giù la canzone di Marco Kralovicb ( d ) uefivafl da ogni parte ; quando Jervaz sdegnotli vedendo 1* indifercro M.;r- ) ( a ) La Fafcia comunemente non i di f :.i, leni) di i. t coltrata a caprìccio, fatta ai tante cordicelle unite , lavorate a treccia . (b) Marama. E' una Jpeite d? afeiuttamano, ctoiefa- mentt ricamato ali" efìrtmitì , ( C ) Si fa per lo fili il matrimonio al tempo delta raccolta per con fumar la tutta nelle f'Jìe. ( d ) Ftot delta Nazione , del quatt cantano aZ'oni fa roiebe , ma flracrdinarie , ed incredibili . Marcovicb non lafcìare quiera un momento la povera Jelia, facendofi ad ogni tratto dar da bere: impedendole in tal modo di andare a defìnare colle fue compagne. „ Dimmi Marcavieh , gli di He Jervaz-, hai tu comperata Jtila in qualche carovana della Bofnra , o fotte è el'a tua moglie che ti fai fcrvire come da una fchiava? Che pretendi dirmi, temerario figlio di per-fcilL, gli rifpofe Marco-vìcby tirandoti il mufiacchio , e guadandolo con occhio torvo. L* ofpire che e' invita tion rifparmia nè donne, ne animali per farli onore ; Jo òtarejcina fa ciò che ci deva. Che vuoi tu giovane uomo? deggio forfè render conto a te delle mie azioni } e rivoltofi a fei/a con uno s'orzato forfifo ,/."//<., le dille, dammi da bere alla falute di Topofmcb? „ A tale infulto Jervaz v'alza furiolamente dalla tavola.,) Ardito guerriero, gli dille, tu te ne ridi della mia giovane età. Il mio braccio, ftbbene non ancora avvezzo a maneggiare la fciabla contro i nemici del fuo fovra-no, è forte per tingerla nel fan-ue di colui che avefle coraggio d'infultarini. La fciabla di mio avo lpez.:e-rà quella degli antichi Marcovicb ; vieni y vedremo quale delle due gettetà piò feintiile, o la mia che tu credi arrugginita, o fa tua poco la agguerrita .„ Jervaz Vuol fortire : il fuo nuovo Vrobatimt s' unifee a lui, c già la terra vicina ad tflere bagnata di fan-gue . Marcovicb irritato aveva fguainata la fc'abla , ti avevafi fatto largo allontanandoli dalla tavola. Le B 4 don- donne fpaventate diedero luogo agli uomini che con-fufamente li levarono, quando i due vecchj Vervan, e Topo/itici lì pofero tramezzo ai rivali. „ Fermate, grida Ferva», e tu mio figlio, ove impararti ad offendere un maggiore d'età, e di merito ì che importa a te che Jella ferva più o meno nel dare da bere agli ofpiri di tao padre i tocea a lui lagnacene fe fi abufa dell'obbligo a cui e defiiuata. Il rimprovero che deffì a Mxrcovicb dave offendere più che non penfi il nortro AmicoTepofriicb. Vorrebb- egli mai che fi credefi'e che ri!-parmiare voleife il vino a' fuoi ofpiti, e che la fatica della figlia ne foffe il prefetto ( a ) ì Guarda le braccia di J ella, poflono tuinar* il peto del Bukklìra ( b ) pieno, che te le chiederà cento volte ? ofl'erva le grofle gambe, fi fiancheranno mai di girare d'intorno aHa tavola' I a tui collera è ingiurta , o Jerv*z , tuo padre ponderò le tue ragioni , cedi a Marcov'uh, io te lo romando , E tu valorofo nortro amico accetta le feufe di mio figlio, ancora giovane nelle felle, c non difprezzare le pruove d'un coraggio che potrà un giorno ( a ) Il padrone di cafa vuole ubbriacarr , e gli diff late fe Pvfpite parte di cafa /enza efjtrfì ubriacato . (b) Bukkùra . Specie di bicchiere di tigno, col quale te donne porgono da bere. no tenderlo formidabile contro i Turchi noflri nemici •„ Marcovìch s'acqueta. Il difcorfo d'un'uomo come Pervan calma il fuo orgoglio. Jervaz obbedifcc , ed impallidendo s'inchina.* tutti s'abbracciano, comincia» no le canzoni, i nomi di Pervun, di Topofnìch, e Marcovìch rifuonauo per ogni intorno , e sono fogget-t° di alcune compotìzioni fatte all' improvvido. La Gttf/é invita al ballo." le mani s'unifcono: Jervaz prende Jella, e dà il moto al gran circolo. I batti» menti di milura fono più fpcflì, fi salta a tutta forza, fi perde il fiato , e la memoria d' ogni difgufto . AW-covich che non balla, ritorna a tavola , e ranto affoga la fua collera ne! vino, che fono coftretti i di lui amici porlo a cavallo . Si principia allegramente a con* gedarfi : chi parre a piedi, e chi a cavallo fecondo la diflanza del luogo ove abita . Il rimbombo delle fchiop* pettate all'aria, fono ripettute dagli Leo delle montagne, e fi fa da lontano fentire . Julia llando full* porta della fua capanna diflingue le armi dell'amorolo Jervaz, perche più forti, e rifonauti . Giunto a cafa il vecchio Vervan ordina a fu a Nuora d' accendere il fapino ( a ), che deve illuminate la ca- ( a ) La /cheppia dì fapino arde come la nojlra pece . Hanno ke ni fimo anche i Morlacchi delle Lucerne, Utile quali -vi pungono invece ti' olio del hurro , vìa ti capanni, e porri in tavola quel mezzo agnello arro. flito il giorno innanzi, alcuni (picchi d' aglio , condi" mento favorito di ogni cibo Morlacco , ed una grand» scodella di legno piena di latte agro . Non dimandò vino, troppo ne aveva bevuto alla feda di Topojnfch* Finché cenò, co;) parlò a luo figlio. " Jervaz ■> la tua condotta in cafa dello Start•[dna e fiata troppo ardita• All' uomo giovane non c permeflb biafimare le azioni dei più avanzati in età. Marcovìch ha ricevuto le mie fcufe , ma s'egli loftc flato violento quanto tu fl-uò, dei rufcelf? di fangue avrebbero inondato il luogo de-fliiiato al ballo, ed ai giuechi . 1! coraggio non fi deve moftrarlo cogli amici, o mio figliò, dovendofi fpe-7.ialmente rifpettare tutti quelli, che hanno refpinti ì nemici della Patria, come Marcavi eh. Quando la tua età meriterà rifpetto, allora non fo Ut trai quanto lui P Infolcnza da un giovane uomo" Jervaz fenza replicar parola , appoggia la fua fronte fra le mani , e fofpi-ra . Il padre l* ofTerva un poco, indi s'alza dalla tavola . Un letto di paglia coperto di alcune pelli dì jnontone riceve l'affaticato buon vecchio ( a ); e la flefTa ma fono fi/erbate agli of[>ìti , o agli ammalati, ptrciò s adopra fempre il fapino. fa) V appartamento ilei Muri acce c un jolo , ed a pian terreno: ftechè Cucina, Camera da letto, e da ri, *7 flciTa KabanixA ( b ) eh* lo prefcrva al giorno dall* in- CfVere fono una eofa fìeffa . Vi fono delie capanne che fervono tanto pepji animali , quanto pegti uom mini, effondevi frammezzo per divi/ione delle bacchette intrecci aie . Il focolare è nel mezto . Cena-fio preffo allo fieffo, e dormono fdrafindeft nel ttioi'o mede/imo ove cenarono, chi m un camene, e chi netly altro, molto pia quando vi fono varj matrimonj in una cafa. In alcune capanne fanne un camerino a parte pepli /popi . I loro letti fono due schiavine provenienti dalla Turchia , una fervendo di matgraffo, t' altra ai coperta . Un poco di paglia fual' effert ancora il loro materaffe , e più pelli di caflrato per coperta tutte unite infieme , e mente fi guardano da dormire anche fui fuolo co-pre/ido/i colla propria kabanizea s'è Verno, ed alta State all'aria fenza ver un riparo. Si levane le (ole lalzett: dai pieni , fatte come il coturno , e quejte per a/cìugarle , Spotlianfì talvolta della giubba, e cintalo, a cui fta attaccato il coltello, e ti fan fervire di guanciale , tolto cui ripongono , /e ne tarmo, te pi/Iole. Qua/i tutte le eaf e fono chiù-fe dalla parte del vento, con ferii (ìueje, o cori rami dì palmt intrecciati infieme, i qua/i arrivando tino al tetto, fanno le veci del muro . Una grof- f* a8 .nt«mperie dell'aria, gli ferve dì coperta alla notte. Stirpo in altra parte accomoda il fuo letto , al pie del quale Dafcia fua moglie ripofa in una viuzza più a ballò dì lui .Jervaz, ed i fervi dormono fa delle pan-chc all' intorno del focolare . Egli piega la fua Jacer* ma ( c ) , o velie in forma dì cufeino , caccia nel mezzo il pugnale, e fopra vi fi ripofa. Involto nella jfua Kabanìza s' addormenta , e fogna di vedere la bella Jtlla al fuo fianco p come la conducete al ballo . Ferva» per tre giorni interi occupa fuo figlio con-ducendolo alla vifit3 de'belìiami ( ti ), a quella cVcam- fa Jiuoja larva tre piedi, di/pnjla a femi circo lo ;„ uno de' iati della cafa, vi forma come una pieciola arcava , in cui dorme il Padre di Famiglie colla hhglie, e quefla vi paffa ancora la maggior parte della giornata * Tutti gli altri dormano fui reflo del pavimento , dove pia loro ayprada . Quefa i> anche la forma della cafa dell' Indiano, ( b ) Kabanizca . E' la Giubba. ( c ) Jacerma. Ferrajuolo, cui fla aggiunto un lune > 6a> vero , che fi pone fopra ti capo per riparar la pioggia . (d) Hanno una cura incredibile peg/i animali, e ne /attuo vera pompa , pi» de'granai ( a ), alla caccia, alia pelea . Jervaz lo fegue , i Tuoi pali T accompagnano, le fue braccia ]' obbediscono , mi il cuore, ed ì fuoi penfieri fono in altra parte . Non fi cura di mangiare , trillo, e fenza voce non canra più in lode di Pecirep, dì Marcokra-iovìcb, Ptrvan V oflerva , ed alla mattina del quarto giorno lo conduce a pefeare fulle rive della Cettina* Jtrvaz era muto come i pefei „ Mio figlio, gli dilla Pervan, fono contento di te, ed ho fpetimentato per quattro giorni il tuo temperamento . Tu ami Jtlla To-pofnich , e malgrado il ruo defiderio di rivederla nor* ti fei allontanato da tuo padre , durante il tempo eh." ti feco ti volle . Sta tranquillo , ed allegro : tu avrai Jella, Ce pure non le difpiaci. L'ho veduta, le parlai, e forte, refifle alle fatiche, fa perfettamente tutti i doveri domeftici ella impafla le fchiacciate, con"* tìifee le vivande, lavora, e ricama la tela . Sua madre era (a) / Granai de* bentfl.intì fogliano alle volte fabbri1 car/i air aperto, cohie una pieciola capanna Jenza fondamenti, bieche fi poffono trafportare da un luogo alP altro, pucjìi Grana) fono fatti dì tegole. I Grana) de*poveri fono alla parte oppefla de1 focolari , o fopra i fatolari ftefli in una [affitta , fatta da taluni non foto a quejlo fine , ma per fer-tirfi di Guardaroba . ei-a obbediente e dolce: la, feconditi la benedì nella fua prole numerofa, ha nutrito dieci figli con U fuo latte ( a ). Sua madre fapeva tutte le nofire più bel-, lei Ca) Appena nato il fanciullo fi lava nelT acqua fredda, ed afficurano le Morlacche the in tal modo fi. corrobora la fibra, e che molto A { tinture tate bagn* , come ufano gli ScozZ'fi > Irlandefi , ed mitre Nazioni , cl'e non hanni ti barbar» cofìums .nemmeno d* infafeiare i bambini . £>«#i7/ r°flo nati vengono involti in cruda rajcia, e dopo alcuni piarne "vien poflo "trJvffo *"> rami ed atto ,cbe fembre- ftbbe dovefle feorticare quella tenera cute , ,„a n»n è vero. Tate riparo ti prtjcrva dall'1 intemperie dell*aria, e per cinque me/i fanno involti così. Si la/ciano gridare a piacere, e fola di rado fi usa la culla. Ma fe la madre s'accorge che il gridare poffa e/fere nocevole al .figlio vi porge rimedi» * Non gli manca mai il latte, e foto la m-cefiitlì può co/ìrignere la Martacca a non allattare il proprxo figlio. Fai fa ì quella opinione che Ir RIortaccbe arrivino a lattare i figli per di dietro alle fpalle, o per di fatto alte braccia. Vi fono è vero delle mammelle di fmifurata nratidezza, tna qtteflo fi vede in vgni Nazione Eun,pea* Sono foli te ad allattare t fgli dal T tota all'altra na- vi- 3.i le canzoni; ne componeva ella fìefla alle nofire fette quando fuo marito ritornava dalla montagna firafcinan-do 1' orfo da lui ammazzato . La figlia deve afForai-glìare alla madre, un bravo giumento non allieva una rozza. Va alla capanna di Topofnicb , parla a Jella , e s'ella accorgente d'cfler tua, noi l'avremo, te Io prometto. "Jervaz allegriamo falta al collo del padre , e comincia a correre, ne il lungo cammino Io fgomcnta. " Afpetta, gli difle Pervan, prendi il mio pro- ■uidanza , mentre 2 un delitto alla natura por fintai la figli uolanza , perciò Je uopo i tre anni non fono nuovamente gravide dijìaccano i figli dal fieno i Dopo [et me fi air incirca vengono vefiiti con un giubbcrello di rajeia , ed in piedi un pajo di cai -ze di lana lajciandelt ferpeggiare a piacere nella capanna. In tal modo imparano colPandare del tempo e col mezzo della natura a camminare ritti * Non vefiono le brache che ai tredici annido quattordici: e vanno fino a taP età con una camicia che non oltrepafja li ginocchia. E [pendono il loro pttto coù alP eccejjivo bollore della State, come «l più infojjriùite e rigido Inverno acquifiando fot* *a e rttbuficzza pregi abile . iniRliore cavallo, poniti l'abito più agio ( * ), che ti fetbo per il giorno delle nozze, quello , eh'io porto nelle gran fefle , uno di quelli del ricco Pccirep . Sarebbe cofa indegna che la figlia di Tvpofnich vedef-fe il fuo pretendente col vile arnefe del lavoro. Date attendo quella fera la rifpofia. Vado ad invitare per dimani ì Profzi, che ne deggiono fare la dimanda Jervaz è lungi. Vefiito in abito co' bottoni d'argon- ( ft ) Gli abiti da pompa di alcuni Morlacchi fagliano, e/fere di Jommo valore , fatti di buon panno , adornati d* argento *,J ufo tieii* patria . Sono pero di fomma economia, perchè pa frano tini Padri ai yi-gli, e fi recano a gloria i Nipoti portare gli abiti dei toro Avi . Se la piogpia poi forprendeffe un Ahrtacco he aveffe il berretto nuovo , fi leva il berretto , e riceve la piaggia pnatoflo che "uafìar-to , o volta il rovcjcio alt* infuori , e riceve .1 diritto tto Puntarne del c;Po. £ lì ) Profzt , c Ricercatori : così vengono chiamati i parenti, t gli amici dello fpo/'o futuro. Qurfìi •non dicono la ragione, perchè fieno andati dalla futura fpofa fe non dopo cena, dovendefì fare il contratto matrimoniale dopo P ispirazione di Bacco, ud ufa>ra dei Romani the nei banchetti trattavamo delle cvjt Divine . n gento, e ftivaletti adorni dello fletto metallo ; erce dalla larga cintura il fuo coltello, ed il manico incartato-con falfe pietre rifplende, non che il pmtale del fodero d'ottone dorato. La fciabla, e le pillole abbagliano al fole ; le punte de* muflacchj hanno un' irtraordi-naria maniera; in mezzo alla fua tetta, nuovamente Iafa, pieciola treccia di capelli ceri e lucenti gli di-feende Alila nuca. Ogni ornamento abbellire la bella forma, e mollra la fua fiera e collante fembianza. Cavalca il fuperbo deflriere bajo di fuo padre , ed a briglia fciolta corre , anai vola alla cafa di Topofnich* Trenta partì lonrano dalla capanna incontra una donna che porta in tefta picciolo barile d' acqua ( a ) tolta da un micelio vicino. Precipita da cavallo , gridando, Ecco, ecco la bella JeìU „ Rlconofce ella benifììmc, Jervaz, pone a terra il barile, e piena di gioja a lui è* avvicina. Egli Pabbraccia con. più>tralporto della prima volta, perchè più commotto il fuo cuore, e prendendola per mano la conduce (da un canto, ove così le parla I? ** » Jw*j io t' amo ; e ti Jfcelgo fper ettetc madrs de' (*) fV nella capanna una fpecie dì Bariletto, il quale fe tu legano le Mortacche con una eh da dir» tro le fpaltt, o lo pongono fopra il capo , e van* \. »° a Prender acqua ne' luoghi vicini . ' C P i4 de' miei figli. Mio padre ricco : fiamo due foli fra^ teli' . Le cofe di cafa noftra fono molte da farli, mi vi fono de' lervitori uomini e donne , che ti forveranno dalle fatiche, alle quali farai deflinata . La no-lira terra fomminiflra abbondante nutrimenro a chi la coltiva, ed il noflro belliaine non li può numerare, ma la quantità non Sconcerta l'ordine. II cacciatore, che difeende dall'erta della Cri/tz* , fi ripofa fui campi dei Narzevizea ; ti fi diffeta al rufcello di Kaftoch colle nofire pecore, alla villa di D/wm, ove mio padre è Startfcintt, dove la noflra capanna s'alza al di fopra dell'altre tutte. Mia Cognata fino al preleii. te fierile, ed oppr«Ua dalla Tu» sfortuna vorrà inoltrar-fi con te la prima delle tue ferve, allorché grideranno j noflri fanciulli pclla capanna. Mio padre t'amerà come una figlia, e porrà da una parte le migliori porzioni de' cibi che gli appretterai, acciò tu ie mangi dopo di noi. Egli fctba unicamente per mia moglie la piò bella camicia che Anka mia madre abbia ricamata , la metà de'fuoi abiti, e giojelli fono per te mia; io t* adoro, vorrei polfederti * rifpondi, farai mia moglie? - - - fella totto toflo , fenza vergogna, Jervaz gli ditte, non lei il piimo nomo, die m'abbia parlato in tal guifa , e ti confetto che niuno mi piacque quanto tu Hello. Si, fono contenta a diventare madre de'tuoi figli, e figlia di tuo padre . Non fo fe mio padre m'abbia prometto ad alcuno. Marcovtcb lem- iembrava volermi, tua noti temere, Jervaz , riceverà' il bicchière di vino, ed il pomo ( a), che mi verranno' preleutati, rimetterò rutto queflo a mio padre , ed al cafo eh égli io rìcufi, Jtrvaz:; tu radunerai i Diveri C b ) tuoi fratelli j li Svatti ( c ) e Vrofzitubandomi (a) Dopo cenato ognuno beve tre volte per rito ami* co , indi dal capo dei l'rofzi fi prefenta alla fan* ctulla un bicchiere di vino, cut [e riceve è fe* gno , che i fuoi baienti fono gii difpofii di ceder* Jd , ed allora il Profac le dà un pomo ,' piantandovi in effio un zecchino in ero, La fanciulla con* fegna il pomo al padre, o al fratello , che per la ceffone della figlia, o f creila cominet ano ad apprcz zarlà co' Profzi. La dote ali1 iècirca conftfìe in dicci , o dodici zecchini , più e meno a tenere delj Ja ricchezza dello fpofo i Tale foldo va in regalo ai Svattt alla fine delle nozze i (ti) Diveri, ó Campioni . Uno, o due Diveri fono i Fratelli dello fpofo , ed in mancanza di auefli , e più propinqui di fmgue fi fcielgono per Diveri » che fervono la giovane . ( c ) Svatti, fi chiamano 'j'tepji amici, e parenti che f°*o invitati dallo fpofo. Molti di quefii Svattt / anno nomi particolari in tale aicafione: per ejcm* pio là Star-Svat , ed il Kum fono i Qompttdr> ; 6 É *4 luì allorché pafTerb alla Chiefa ; mi condurrai alla tua capanna, ed io vivrò a te obbediente. Non è cattiva cola cambiar padrone, quando uno fpofo tuccede ad un padre. il Jervaz, pieno d* gioja , fatta, balla , ab. braccia Jella, e grida Oh ! Ob \ con tutta la voce pof-£bile , indi prefo da un ertali poetica paragona la fua bella alla Fata Benefattrice {a) pofejìrima del Re Radvslavo, che lo avvifava di tutte le fcisgwe che gii erano per accadere. Egli cava fuori dalla fua fac-coccia un correi!» incurvato, il di cui manico, di le" gno di gelfomino, era flato intagliato da lui colla punta del fuo pugnale, Eravi rapprefentato un melo carico dì frutta, e ai foglie, H tutro con molto ingegno , arricchito d'una pieciola catena d'argento. Nello fteflo •momento trae fuori dal feno due penne di pavone di tutta lunghezza ; doni turti ottetti , ed accolti dalla fua cara Jclla colla piò dolce maniera. " Il fole , difTe Jervaz, non illumina un Morlacco piò felice dì me. JclU , guarda il coltello , e Io pone nella fna taf eia j avrebbe poflo le due penne folla fua berretta , ma non ebbe coraggio di levartela dinanzi a lui : le treccie fa. rebbero fiate vedute prima del fuo matrimonio, e la figlia (a) E'una Canzone Illirica, in cui il Poeta Rados Illirico fìrne che una Fata Polelìrima del Re Ra-dislavo to chiami dalP alto dell1 Alpi Bebie , figlia da maritate non dà tale ìibeftà, che perdendola fua propria ( a ). Jella era ben educata per non refi» (a) La Berretta roffa c l'unico [sanale dì verginità » Sarebbe un tedio il defcrivere ogni forma con cui viene adornata la fuddetta berretta . Quelle del Contado di Zara la portano con pali' ttoline di vetro, formando due, o tre archi fitila fronte, ed in mezza una m?zz* luna di piagno, o d' argenta , Piantano delle penne dì pavone , de' pennacbf tremolanti , e de' fiori finti falla berretta a f.nifa di due corna, attaccandovi all'eflrcmità -minutiifime pallottoline dì vetro, ed altro fecondo t' eflro bizzarro . In molti luoghi della Morlaccbia pongon» un fazzoletto fopra la berretta, che ne copre l-t enttà , e fe lo legano fatto la mafcella inferiore . Oltre 1' ornamento della berretta eh' ì per lo piìi d'argento, attaccati all' cflrcmità della berretta vi fono due uncinetti, da'1 quali pendono fparfe una quantità di lunette, catene d'argento, che arrivane fino alie mammelle . Fanno un rumore al pitt leggiero movimentom Succedeva una volta , ma ora non più, che fe Una giovane fi aveffe compiaciuto "* qualche illecito piacere , e che pur foffe divenuto noto , ir, cafo , che non aveff? depoflo da per fe le ìnfegne verginali, eonte , per cfempio, la brr-C ? tre* fi flare piti a lungo col fuo amante ; quindi fi levò dai collo un pezzo di pannolino lungo , alle di cui e-llremira v'erano delle frangìe di bombagìa , feta, edl oro , ricamate dalle fua mani , c gettandolo «I /-olio di Jervaz, gli dille. f* Tieni, caro uomo, quella hel-Ja marama, da me fatta pei giorni furtivi , né pili ti Aringa , che quanto io lo farò qualora farò fra le tue braccia" . Jervaz, ebbrio d'amore, l'abbraccia, refla immobili un' iflante tra il difpiacere di lafciarla, e l* impazienza di correre a compiere la fua feliciti . Batte le mani guardando con occhio ardenriflìmo la fua innamorata, cerca il cavallo che gli é dinanzi, vi fai-ta fopra. di due febioppertate all'aria» e come fui* mine fpari.ee verfo la capanna . Perv*n l'arrendeva i'ulla porta. " Ebbene , Jervaz, la forte favorì le tue brame ? — Mio padre , chiamate tutti i Profzi , che fi ano qui dimattina a buon'ora. Caricateli di provvigioni, che vadano a preparare una fella in cafa di To- tetta roffa , fi univano più fanciulle , e [Ut la firap* pavano a vivo forza dal capo. Ora fe una giovane conimene qualche fallo amorofo , depone U berretta da per fe , fenz.a che per altro ella procenri di cangiar paefe , anzt fi emenda fastamente , e fi raccomanda alla pietà del Parroco, che cerca dar-ft marito : Toptfoicb degna di quello che colà li manda . Jell» acconfente d'cffere voflra figlia. — La fortuna , O mio figlio, continui a proteggere la tua iwrraprefa ! Timo è ordinato . Li Proszi faranno qui allo fpuntar del giorno . Guarda la quantità d' agnelli e monroni che fi vanno apparecchiando . Tua cognata, e le ferve preparano tutto abbondantemente . 11 vino non mancherà ; e il vino che preiìede alla conclufione degli affari, L* alba ed i Vrafzi comparirono In im punto folo *lla capanna di Ptrvan . Tutta la famiglia e in piedi ; gli ofpiti fono ricevuti a braccia aperte, ed incominciali la fella. 11 primo tra quelli, il fiero Morvizc* così parla. *' Dimmi, caro nollro buon padre e Sta* rtfsina per qual morivo ci chiamarli oggi in tua cafa t hai veduti gli Aiàucr in quelle vicinanze ? non dare a coloro nemmeno la più trilla delle tue pecore ; fia-mo pronti ad andarli incontrare, ed abbattere. Forfè il tuo nome ha ricevuto qualche aflronto in re, o ne* tuoi figli? Le nollre armi fono pronte, e vendicare ti vogliamo ; palefaci i tuoi nemici , e dimani più non elideranno ; oppure dobbiamo ell'ere fpediti a chiedere Una fpola per il tuo amato tìglio Jtrv*z , la quale dia alla luce de' buoni Startfcina come tu , per governare i notiti figli? parla: ; no Tiara cavalli fono alla tua porta, Ogni firada è aperta dinanzi a noi.* affidati alle nollre premure, e ti giuriamo che il valotofo Jervaz C 4 avrà 'Ad avrì la fua beiìa „ < Petvan ringrazia i Vrofzì del loro zelo , e palefa 1* oggetto della sua ricerca . " Ver-fo fera vi porrete in cammino, ed andrete alla cafa di Topofmcb , e gli chiederete Jella per mio figlio ". A rale nome, mille grida d' applaufo eccheggiano peli'aria.- il foggetto , e la fcefta mettono vera allegrezza: gli uni e gli altri cominciano ad abbracciati!, fi beve a vicenda , fi pafTa quafi tutta la giornata in grande gozzoviglia a tavola, al ballo, ai giuochi fino a ramo che l'impaziente Jervaz avvita fuo Padre che il Sole s'abballa al di lì della montagna, e che fi poteva partire, ferva» dillribuifce ai Pro/zi le penne di pavone, che in firmile occafioM oprimi no dee porre (lilla fua berretta: i vini, e le provvigioni che fi deg, giono portare alla cafa di Topo/uicb per la cena . O, guuno prende allegramente il fuo pefo , e li truppa? mandando alte grida, e fchioppettate all'aria, h' pone in l'animino- Pervan intanto per calmare V agitazione del caro tiglio , fiede fuori della capanna rra lui e Stirpo rac~ contando i luoi amori con Anka loro madre . Il buon vecchio anima ogni volta il fuo racconto con un fen-timento , che trafporta fuori di fe, e vi fra minile hia fempre della poefìa, e del canto. STO. STORIA D' A N K A , A NKA era bella. Molti Starefcina abitatiti alle *ive della Cettina la valevano per figlia, ma fuo padre l'avea prometta a Sictranicb ricco d'animali, e molto più d' oro , Spaiato ( a ) riceveva fpeflo in porto (a) Spalato, Città poco grande . E1 fi mata full et J'fi aggi a del mare in una jpccie di feiwcircolo . ti Porto è largo, profondo, ma non interamente fìcuro dai venti. Le mura fono beli?, ed anche le fortificazioni tanto dalla parte dì terra, che di mare. Conta 12000 abitanti ; e affai mercantile cjjendo una ficaia dille carovane Turche . Il Palazzo dvlf Imperatore Diocleziano , ov è P antica Città , era di quadrata figura , Nei quattro tati eravl una Torre ottangolare. Verano tre forte, così dette P Aurea, la Ferrea, P Aenea . La porta Aurea era a Tramontana , ed ora c jetioltn fino alla ternice . Qutjta dirittamente tonduceva al Vefiìbolo , o Sa* erano di Marte, e di là internamente nel Palazzo di Diocleziano. Sopra tal porta v* erano delle colonne , delle fatue ( tutte rubato ) T nedendofi foto t piedifialli , i capitelli , le nicchie . Prima d* arrivare al Vtfltbolo v" è una pieciola piazza c°n ' due Ito i vafcelli di Sidranich . A Venegia t\ portava le nofire ricchezze, e ce ne trasportava dell'altri. 1 no- fìri due Tempj di Giove, che guarda a Ponente, tp Tfculapio , che guarda ad Oriente . Nsl primo v* * al prefente la Cattedrale : nelT altro il Battijìe-rio . Per ajeendere al Tempio di Giove vi fon» venP un gradito , e fepra un gran volto che fa* /lenta la Torre delle Campane fabbricata di mar» rat prtzioft prtft dalle rovine di Salona, lontana di là fei miglia. Otto colonne di granito fitenevano P atrio art T*mpd», r /o/o due al prefente %ie ne fono. Venti quattro colonne d' arabico circondavano il Tempio, e chiamava fi il Peri fìllio f con cornici , fta.ue , delle quali neppure una rimane a vederfi , Neil* atrio v* è un Sarcofago. Il Tempio i- dyottangolare fi-tira al di fuori , e rotondo al di dentro . Otto colonne dy ordine Corintio di porfido, e granito fofiengono la galleria che gira al di dentro. Per una (cala inttrna fi afetnde alla detta galleria , eh"1 è fregiata all' intorno di •varj adornamenti, mAJcberuni , fogliami , tefle ecc. Jiltre otto colonne più picciote , quattro di ferpenti-$o , e quattro di perfido fofiengono un' altro circondario, a cui Pafcende per interni gradini, e fr-aitfi la Cupola , o archivolto di mattoni r c.tlce into- fai abiti, ì gioielli delle noffre donne formavano i te» fori di Sidranich . Egli aveva avuto parola d*I Padr?i intonacati con dife^no . Non refia alcun indizio f? un'altra porta che v* era ntl Tempia, et/ è ai prefente il Coro, In quela Chiefa tv' i il Corpo di S. Doimo, o Domnto prima Vefcova di Salona» Dirimpetto a quello Tempio "y* è quello è? Tfeula-pìo , ora S. Giovanni Battifia , o Battiftero . Al lato fìnijlro v* è un Sarcofago con Baffo-rilievo . Za* pieciola Cappella P quadrata , con /affitto a tpoho di baffo-ri'lievo , e molto ben confervato . Il Vefìibido è frammezzo i due Tempj . NelT atrio a finiflra vy è una Sfinge di granito , che guarda il Tempio di Giove, U Arco del Vefìibolo è grande, magnifico, e fofìenuto da quattro colonne di granito, con due porte /atirali. Dentro l'arco del Ver fìtliol.t evvi una rotonda con varie nicchie peg? 7-doli, ave apptndevanfi le armi, i trofei ecc. Vi fono de* luoghi fottirranei , ed una porta con fregj dietro al Vefìibolo otturata. La parte che guarda il mare, detta il Molo, ha un portico tutto chiufm con molte finefìre , dalle quali dominavafi la fu-perba veduta del mare. Vi fono var'j intercalami) , frrPf o" ordine Dorico , ed alcune porre otturate (he guardano il mare . La porta Ferrea era vici* ti1 A<*k* per averla in ifpofa, ed anche la promeffa di cento zecchini per la dote . Due giorni mancavano alle nozze, quando incontrai Anka. Ella piagneva, io T amava , e le fue lagrime piombarono lui mio cuore , Anka, le dilli, tu non ami Sidranicbìx tuoi doni, le fue ricchezze non ti raffrenano il pi auro \ O Narzcviz, ca, mi rifpofe, amo te loto. A che fervono a me le ricchezze che tue non fono ? tanto fono per me, come fe tu le aveifi , e non folli mio. Vuoi tu, bel_ la Anka eller mia? — Hai, tu coraggio, Pervaii, d* efler mio? —Sì, ceco il mio cuore, la for-^a chi mio traccio, e quella de1 miei amici. —Ci lafciamo J raduno gli amici..— Anka vuol «iT«r mia - Temete voi « miei valorofi compagni, dilli loro , ì fervi di sidranich ì ini rilpofero che fono tutti pronri a rubar Anka, e che bada fo!o io li guidi . Le armi che noi abbia- na ad mia Loggia, dei/a quale veggenjì ancora quattro colonne , che fino in mezzo ad una fabbrica moderna . Tale porta conduceva alla Corte dt r , i rifo i ffe/Jc volte de1 nuovi omicidj. Tali modi per altro ai prrjente fono quaft del tutto aboliti , o pochi Villaggi nrlla Moilacchla li ufano . Shs combinano tuttora tt paci con qualche J'p'/a , ma non tanto come Una volta. Dall' una alt' altra Villa v% è qualche differenza , ma jr.elto pieciola . Tra gP Indiani un omicidio accende una guerra civile fra l' paY* $t, e riduce la famiglia vinta aW efìerminio « COOK •viaggi neir America . D rlfo ■ Contento dì poffedcrla, mantenni Te mie pro-meffe . Si fecero con (more le ccremonie della pace tra i parenti del defunto, e me. Cinquanta zecchini Sotterrarono la fua memoria , come il Sepolcro , ove Scolpimmo il cafo, rinchiufe il fuo corpo. 0 Anka t Anka, tanto fummo allora felici, quanto fon'io al prefente Sventurato nell'averti perduto! O detefìabilc Vtejcbì'zj* ( a ) , odiofa , c trilla compagna , tu mei* hai rapita: tu mi mangiafiì il fuo cuore! O mia Spola , i noflri figli piagneranno la mia morte dopo la tua, e tu non canterai alle nozze di Jervaz . Tacque Pervan nalcondendo il fuo vo'to bagnato di lagrima . Jtrvan afcolrmidoTo avtvn richiamato tutto il luo fpiriro . t.a ma fella non potevaglì rtlg-pjire -J'cfempio di (Vo padre gli f<■ mminiflrava il mezzo d' appropriaifela al cafo d" un rifiuto . Poco dopo il racconto del padre , compite le confide- ( I ) Viefchi/.a , o Strega . Sano conosciute le Strighi [otto it nome tii Viefchi/.e , e fono quelle che vanno flridendo , e volando di notte . Vanno te loro flregberie nell'offa de* morti , colf erbe , coi capelli , ni1 è lecito fra i Morlacchi dubitare mai di fintili corbellerie. Se una volta il Morlacco fio-priva uno Stregone , e Strega voleva ad ogni cejìe abbruciarla. iterazioni del giovane imorofo, c le Tìfleffiom dì Stìepo per la buona Da/eia, arrivarono a notte avanzata 1 Prof^i, e dittero che Topofnicb lì aveva ben accolti: che dopo la gran cena avevano efpoflo il foggettò della loro miffioneche Topofnicb contento della proporzione aveva loro derto di ritornare * fecondo Tufo, panati alcuni giorni per ricevere la rifpolla. Dopo quello Tervan unito a Jervaz li .fin* graziò congedandoli , flabilendo con elio loro il giorno per andare a fentire la tifpofta • fine del Secondo Libre. D t /ti- LIBRO HI. ARGOMENTO, 'Apparecchio per le Nozze — Converfazìme riti due Vccchj fu Marco vie h . * X>' uomo barbaro atTbluramr>nte Selvaggio non ta fc e ' r .1 d'una compagna , ni} cura il più dolce lepame che la natura c' infegna a firignere , ne vi cu alcun merito, ed alcun» formalità . L' uomo del tUttO faciale non fa per lo più del matrimonio , che un' affare di convenienza , e w follecitandone gli apparecchi. Comanda a Dafcìa fua Nuora, ed alle ferva di ben lavare , e polire la capanna, non che gli utenfilì «li famiglia intagliati . La diflenderc le più belle peU li, e grandi coperte fopra i letti . La conduce pofeif in una fpecie d'aja fotto il tetto della capanna, o (ia foffuta • Cola in varie calfe eravi l'erbato T antico e ricco guardaroba della famiglia, folito a no» loccarfi che nelle più grandi occafiuni * Gli abiti » crediti degli avi, le belle camicie, e le marama ricamate d'oro, e di lcta, i KaJpsài, o berrette dì uomini, e donne , cinture, e giojeilli che formano u-na proprietà comune, e prezioii, il di cui ufo più o meno frequente fecondo la qualità della roba era permetto ne' foli giorni di fefta. La moglie di Stìepo cpllc Aie ferve mette In orùjuc fu delle calle , e fo- u | pr* pra delle tavole tutte le ricchezze della cafa, come ella ftefTa aveva veduto a fare quaudo venne la prima volta a veder la capanna del Suocero. Al punto fteflb Fervati, ed i fifili ftrofinano con olio e rascia le feimitarr , le pillole, i fucili, ì pugnali difponen-doli con fimmetria fopra le p;ircLÌ della capanna {a)* Gli antichi C'Inanimi, o fra martelli, gli archi, e le freccie, armi antiche della Nazione, ch'erano con-fervafe con venerazione fra \ Narz*vizca, tutte porte al momento in villa, ed ordine. ** Che Jella e fua Madre , dille Fervati, ammirino i begli abiti, c gli oruamenti copiofi di noftra famiglia: ma che fTopofì nicb , vedendo le nofire armi , (appiano clic i Ì4arze-pfeea ne conofeono Tufo da molto rempo , « che il valore è tanto ereditario in noi, come le flette) armi. Quatta fciabla pefantc, e larga di lama e quelli del valorolo Pecirep. Ohi mici figli come la maneggiti iti mia gioventù , o^gi appena la pollo alzare- Que» ile pillole, e quello fucile fono Ilari prefi al Bafsì di Sfocar! da mio Avo , quando gli ragliò la ralla in lina { a ) / ■MorLitel'i fono tutti pieni d* armi, ed in ca-fa, ' furi di i-afa . Le capanne de' più mlfèfi jì vedranno [paglie dì tutto, f • >. / è d'armi. Confcriaìifì ancora dell' armi antiche \ come martelli co'lunghi manichi , ed altre ^,,,1 in ufo prima dtlio /:!.: OffO < na Sortita fatu lotto le mura di Corone (♦?). O fiss'i» ricordatevi, ciò che vi dico", Tur.ro cu difppftq iti Ola di Pervan , ed al terzo fiottio vcdelì venire pieciola truppa ben oidiuata . Ecco Julia, eccola con fua Madre, le Sorelle, la fua difetta Pojcftrima , le ine amiche , ed una comitiva di parenti, che vengono vedere l'abitazione, e le ricchezze dei Narzevrtca. II buon vecchio apre loro la porta , e le fue braccia ; li conduce dappertutto, e recano forprcli vedendo la quantità di mobili.* e la loro dilpofizionc . Jella, e tua Madre reflano abbagliate di tutto ciò che la premura donuflica di Da-Jcìa ofl're alla loro villa di abiti, giojelli, ecc. Jervaz guarda Jella. e gode della fua forpreia. L'armi ce» citano l'ammirazione de' valorofi ; molti vogliono maneggiate la fciabla di Yecirep : altri ia foflengono , pi uno (a) Corone, antica e forte cut lì della Grecia nella Morta y fui Golfi detto ftflo nome, ne Ha provincia di Belvedere , Leon Veterano , Carfaro Geno-■vtfe, la forpreje nelP anno 1204. e netto Jt?[J'o anno fi diede ai Veneziani, Bajazer 17. Ai npre/e ne IP anno 1408, c Dorìa tu prefe nuovamente nel 'I?.;. ritor.:,na ai Turchi, Frati cefea» Morofi.i la npreje net 1ÓS5 , indi cadette ancora in mano di ejji. P 4 Villino Puo farla girare intorno alla teda. Vervan f0f-pira ; «gli fe ne ferviva nella fua gioventù, e" neflnno afflitto per la fepara/.ione , ma fortunato per la buona fperanza d'un'ottimo faccetto. A queh? ultimo lentìmento ei s'abbandona , e cerca isfogaffo L0I> delle amorofe canzoni facendo eccIiV-g^iare •« tIlc* te te rive delta Cettina . Dall' attra parre il paffaggiere che ritorna a cafa, ripiglia l'ultimo verfo della flrofa finiti da Jervaz , e ne aggiugne di fua invenzione* Jrrvaz l'interrompe, e l'anima infpirara e calda d» amore inventa nuove flrofc all' ìmprovvifo . Il paffag-gi re egualmente improvvifando rifponde , e la lorta poetica dura tra di loro fino a tanto cric i raggiri del fiume, ove il fendere che abbrevia l'ima delle due vie, fepara i viaggiatori . Quella e la maniera con coi fpeflb il Morlacco , figlio della natura, lontano dalla noja occupa la f'cnfìbilità' dell'anima fua, e rjoa la rnrmenra punto cflendcndo al di la le fuc brame . T.a fui imaginazione, l'diro poetico gli filino gu(lare innocenti e lieti piaceri, che l'ambizione ed invidia d' alta fama fi propongono invano . 11 Moritelo nato poeta e cantore alla fua foggia, fa, e canta i fuoi verfì amorofi in forza della dolce ispirazione che gì* incìra l'amore ftelTò . Jttva% cammina, e più non tenie il fuo competitore. Egli s'avvicina al dirupato f.iffo d /'» va . . /, c lente che fi ripete 1' ultima parola del fuo verfo, e talvolta il verfo intero. S' arraffa, e replica ancora allungando il canto, e tal fiata abbreviandolo, Sorprefo, e quali irritato crede che alcuno fi ti la di lui, quindi ad alta voce lo sfida a ' vedere ; la t il polla \ più chiara delle precedenti. Allora Pplftimlnrt capifci che quello eh'ci fent» altro altro non è che Io f pi cito Vada (a), che ili nafcofto negli fcogli , e tr.i le caverne, il quale li gode a paventare i paflaggieri fenza far loro alcun male .Jtrrva% conosceva V Eco iti quella maniera , gridandogli in tal modo ad alta voce; " Tu non mi paventi, fphi? to fòli tari a — fpirito (alitarlo gli rifpofe". Jervaz lo fece ripetere varie volte fino a tanto che avanzatoli vieppiù nel piano, e non udendo piti Vada, credette averlo fiancato, ed obbligato a rientrar» nella fua grotta a iipofare . L'impaziente giovane tormenta fuo padre onde s1 affretti a fpadire alla cala di Topofntcb ì Pro/zi . refi» van , gli rifpoude , di alpettare ancora qualche gioì* no . " Compalifico il tuo ardore : ma non c duopo inoltrate tanta premura per acquiflarc um domi,-;, Tal inficia degrada it valoroio Morlacco. c lo fa Daffare per debole. Che fjrelli di più fe fi t fatta (Te di far acquido d'un bel giumento, che poteffe migliorare la udirà razza dandoci de"cavalli degni di portare i no Ori (4) Vadaj v 'Eco viene prejk dai Morlacchi per etno /, ':o> « l'i cbi.nii.tno Vada. Che ignoranza f \! fentire a rip.i re più volte le toro voci , parla • re, cantare, ed a tinto ri/pondere lenza vedere alcuno ; dunqn$ è uno Jpirito, dicono, che £ fa br'T- dì noi, perciò ne hanno timore . nollri intrepidi guerrieri ? Sii tranquillo : tu Tirai fef* vito d» J'tt* : ella ti laverà i pitdi , comporrà ì fuoi < ii:'Hi t'a fciughcr.ì quando ritornerai dai cara* pi. JfUti porterà al tempo della raccolta il lane input dilatarci in mezzo ai favori, e ne3 nollri balli ella melenrerà ai tuoi amici del vino nel bicchiere in-ta:'Ji:ro . Ma lo Slavo deve sdegnare dì dar a credere ch'ei preferita i pareri della famìglia ÉfW éfefti-Z) della forza " . Jcrva~, afcolfa , ma er;li arti a; all' eccedo > fenfibìle il Morlacco innamoralo , e fcorga una 'eliciti alTal più d Mirare ; vede cj nel lo che la ni-tura femplice ed innocente mftflra nelP unione di due cuori che van concordi ; quello , che la natura barba» ra , e beffale corca indarno di rovefeiare ; quel'n t che la natura corrotta realmente degradi per Una v\ falfa , ed irregolare . Finalmente tutto e pronto, ed > jyftrnfo il giorno ìn cui i Profzi fono in caf.t di Topù/titvP* ella pianta i chiodi, lava li miei pannolini,e pafcola fe mie vacche, | le mie pecore preparando il latte in diverfe maniere Xe fue gambe Ioni e diiirre, come un giovane fapU no, foflengono il Tuo corpo fenza che vacilli, allorché ritorna dalla fontana col barile pieno d' acqua po-Jlo fuJIa fua rella . Vedete il fuo petto che nutrirà. ì figli, c li conferverà fani, e robufli ] Sonameli all' nomo di cu; farà, giuro , che l'obbediti colla Affli prontezza quando U" ordinerà di cuocere le carni p'■ palare ai luoi oCpili» come quando le dirà di biliari in giro con ciTt . Che prezzo m'offrite per la mjfl jella} — Tu che conolci le fue belle qualità, rii-pofe Lovrìeò, tu flefio qual pre.-'o II ditelli r1 — Non io il mercanti cos miei amici, rjfponde To/jo/V/Asoffri Iti tu, e fe l« fornma non m'appiglierà laprai allora fe mie pretese . — Ebbene , dille Lovricb , tu fai che di rado fi va al di là dei dieci 'zecchini per una don» ci. Jet In non ha prezzo, e ti porto per ella a parte dei ricchi Narzevizca cinquanta zecchini d'oro rutti numerati in quella borfa . „ Lovricballora la tira fuori dilla fua cintura, e la fa fuonare con un aria virto-riofa all' intorno della tavola . Ttttri i convitati battono le mani ad una tal viOa , e con lieti evviva eful-ra tutta la capanna. Topofnicb intima filenzio, e prendendo la berla in mano (tende V altra a Lovrici : Stringi la mia mano , e la mia prometta tu la porterai inviolabile al tuo parente. JclU e fua; mia R« glia , Jervaz Nuncvìzca (ara tuo fpofo, preparati a cangiar padrone . Che tutta la mia famiglia , ed amici li rallegrino , fra otto giorni v' invito tutti a celebrare le nozze. " Le grida di gioia comminciano ; confufamenre s'alzano dalla tavola, fi Cinta, fi bai. la,e li prende congedo . Lovricb capo della fua truppa porta la ri (polla alla capanna di Vervan , e la contentezza di lutti i Narztv/'zca per l'ottimo fucceflo divulgandoli per ogni dove dà avvilo che di là ad otto giorni |j (aia il bel matrimonio eoo felle, giuochi, , e piaceri . Jervaz contento di fua felicità corre a parteciparla ai parerteli tlj am;c; , Tutta la popolazione, e tutti i NarztvìzCà fono in confuliouc. Quelli che dcggiowo piti éi più comparire, e che fi fono dlilintì per vaìoroTe azioni, ed acquiltata hanno (a dima,Tono invitati a parte pct figurare alla fella. Fortunati i popoli ove la virtù hi Una riputazione , ed ove la riputazione ha luogo' Jervaz ebbe l' illruzioni da fuo padre , ed efatramcnte le c(e-gul con univerfale forprela . Sono diftribuiti divertì u/tizj pei cerimoniali . Ad ognuno dà quello che it gli conviene per parentela più vicina agli fpoft, 0 per la (lima cui gode. Tutti fono coutenti, e pronti. Jervaz divide il luo tempo tra il difpurre tali cofe, ,«d a vilitare Jella. La vede nella fua famiglia, le parla, l'abbraccia, è divenuto tìglio di cala, e come tale * accolto. S'avvicina il gran giorno . Le donne, je figlie ricamano nuove camicie , c nuovi ftivalotti , cambiano le funicelle che li tengono ferrati, inventano nuove mode per le berrette, c treccie. Le giov;* ni perfoue vanno alla caccia, alla peleaii padri fcel-g«na tra gli armenti i montoni più graffi ; i polli, |d i galli d'india lono nutriti con grano turco cotto nel latte. Porta ognuno de'doni alla cala di Pervasi , accio la Iella lìa fplcndida , c per dimollrare quanto ;| buon Starejcina e amato da rutti ì Narzevizca . Fervali in un lato della capanna forma un turato di tavole defllflttO a ferrare il letto degli fpoìi. Vi pore una cada pegli abiti ordinari ; quelli poi di parata fono polli nel guardaroba della famiglia . Con due pezzi di tavola, cadauno fu tre piedi, fornike 1* pieciola n h camera di due fedle . Dà alla nuora per il parto nuziale molte pelli bianchifTime , e coperte di lana , lavoro Turco , In mezzo però a tante occupazioni Pervan e tormentato dalla rimembranza del difpiaccre fuccetTo tra tuo figlio e Marcvvicb , lembrandogli che quelli foiTe amante di Jella. Che fa egli mai? ov'è quel!' ardente rivale / E' duopo che m'informi per prevenire qualunque funello accidente, nel giorno delle nozze, c per oppone , al cafo d' una forprefa , it valore dei Narzeziizca all' infidi e di Mareav/c/j . Senza parlare ai figli pone la fella al fuo cavallo, e s'incammina verfo la capanna di Topofnicb, Egli lo trova in mezzo a' fuoi figli ordinando la fella che deve cominciare nella cafa det padre della fpofa , e terminare in quella dello fpofo. V'era colà un venerabile Cala» |mi (a)Pervan gli bacia rilpettofaniente la mano.,, li quelli gli difTe Topojnich uno de' miei antichi amici ; flava una volta in (Placca vicino all' imboccatura di Narrata ( b ). Viaggiò per molto tempo , e ritornando ( « ) Sacrrdotc tifi Rito Greco . ( b ) Narenra . Le acque del fame Narenra finn fui-m.ijìrc intorno a ìfmtfPtfola, Gli abitanti b.-voiv in- io al prefente a cafa fua ha fcclta quefia flrada per ri„ vedermi, e benedire la mia capanna , la mia famiglia » ed i miei amici . " I vecchi s' abbracciano : il prauv.o e offerto , ed accsttato . Finche fi prepara , Penìa* pioaone al fuo amico un palleggio avendo qualche co-fa d'importante a comunicargli. " Calogero, egli dtej al Prete, i padri di famiglia hanno duopo delle tue orazionivado parlare al tuo e mio amico , priega m* tanto il Signore per tutti due. — Andate, mici fratelli , difTc loro il Calogero : verfate i vo hi (agreti in fello l1 uno dell'altro, e che il curiofo mai li penetri . Quel liquore che non ì: ben chiufo nel va^o elala le parti fpiritofe , perde 1* fua forza, diventa infipido, e non c di ajuto all'uomo indebolito che n' ha duopo . " ETcono infieme i due amici , e tacitamente s1 allontanano. Venti pafTì di là della capanna Pervan Carrella, prende per mano Topojnich, e gli dice: „ Topofmck ■) certe cole paffate mi funcflano, ad il mio animo e intimorito.Si, ho del coraggio, mi fen-to ancora forte , ma tu fai che quel coraggio che non e intrepido , e , come un torrente che ti precipita dai monti, copre le nofire praterie coiie rapide acque , d-. j/t,tiif':'rentenicnte qneiVaecq^ ,\4aljhe f9rft tienilo ripeter/i tome da principali'JJ: „.; castone J malori , a' quali vanno fogget:: . defola le noflre campagne , e fi perde , s1 annichilifce» e non laici* fulle fue traccie che la rovina, e la di-Jlnr/ione ; quando il coraggio e: unito alla prudenza raflomiglia all'onda della Cettina, che chiula ne'fuoi argini e la forgeftfe di mille beni in quefte parti , malgrado fa rapidità con cui artraverfa j nollri campi. Le fue acque fono buone a bere, ma duopo anche nutrirfi ; e come potremmo fe i nollri pafcoli fodero allagati , fe la Cettina non ci fommini-flrafTe i pelei per i giorni di digiuno ? Dimmi il vero, O antico amico dei Narzevizca, illumina la mia prudenza; Mareovicb ti ricerco mai fitta in ilpofa t ti fci pentito d'avergliela prometta, o eri libero di accordarla a mio figlio? Pofi>' io elitre ficuro che Mar* covici» non ci renda una qualche imbofeara? Hai velluto fulle llradc di l.ovrecb , di Cifla, di Mramor le grandi pietre (colpire" (ai che dcrLiJvono i ratti delle mogli dei nollri antichi ? ti fovverrai che dovetti io Hello feguire il loro ciempior Si potrebbe inai dubitare che Marco-vic't volulle intorbidare le nozze dì mio tìglio? —i Lodo, o Vtrvan, la tua faggi» previ» denza , la prudenza del tuo animo è come il b.*flo-r.e della tua vecchiaia; ma lappi che quella volta puoi andare fenza timore. So beniflìmo delle pietre (opra la ftrada d'Itmfcèi, mi fermai più volte a Dcr-venie/), a Zakuzaz, per offervare i lepolcri di quelli che perirono nel ratto della bella Juk»Jfa*. Perii no- flro itro matrimonio non V% a preveue:e , non v1 è a te mere. Mareovicb abbandonò la fua cafa, ed il paefe. Lo vidi c vero, fidare i fuoi fguardi fopra mia fi. glia, egli aflrògb i fuoi dcfiJerj partendo, nè mi fece mai parola. Pochi giorni dopo ch'eravamo flati infieme , e che alla vivacità di tuo figlio non mane?» di rendere fanguinofa la fijfia, Mareovicb t venuto alla mia capanna. " Addio, Toposnìch, mi difTe, addio a tutti i tuoi di cafa. Dio confervi te, la tua famiglia, e Jella. Io parto, c ritorno all'armata a fervire il mìo Principe". Così mi lafciò : parti ali' aliantene più feppi di lui. Non ti prenda alcun'a-gitazione , o Per vati, va alia tua capanna, e dilpo;;? tutto per le nozze . I Vecchi s'abbracciarono, e Perite* cougedandofi ftabilì con Topofnich il dì pelle nozze. L'ultima raccolta era fiatasi buona, che era in ifiato di dar le follie felle ogni qual volta il Voleva . Fu obbligato il Calogero da Tapafmah a fermarli in fua cafa per aflì'lere al matrimonio, e fare la ceremonia co^li altri Calogeri della Parrocchia , t quali farebbero fiati avvertiti . Si cominciò mandare dei doni alla Chiefa di S. Niccolo, uno dei protettori dei Crifiiani del rito greco . Voleva conciliarli il ^latrocinio anche d' un fanto Latino , facendo ic\ prefenti ad una Cappellina ove erano alcune inuginf de'Santi . Giunto a cai* Pervait, la Nuora f alitili a dilceii- dcre o7 dere da Cavallo, ed oflerva in lui un' ifhaoidinaiia allegrezza- Egli l'abbracciò con tanto piacere, ed in un modo inlolito per eflb lei . Si cominciò a ricevere i doni, ed a fare la fcelta delle provvigioni che dovevanfi confumare in tutte le felle . Sei giorni deb» bono durare, e niente comparifee troppo abbondante alla vili* dei Nsrztvlzs* per la magnificenza del matrimonio. Se la raccolta non forte Hata copio(a fi a-vrebbe attefo un'altro anno, mentre fi dee confumat-*a tutta nelle felle. La previdenza s1 eftende full'avvenire a fpefe del prefente.- e V uoiao della natura, ^emplice, ed energico quanto la flefTa non penfa a riferbare, ma gode, e conta full' iuefaufla lua riproduzione t Fi ut del Liùro Ter*,*. ite, >> . LIBRO IV. ARGOMENTO. Matrimonio di Jervaz < L'Aurora del bel dì desinato a celebrare il Matrimonio , ancora non illuminava il piano di Dizmo » quando gl'invitati , e quelli che avevano un qualche affilio erano d'intorno alfa capanna di /Viv-»»., Non vi fu d'uopo di rifvegliare Jervaz-, mentre riceveva in quel momento dalle mani di fuo padre l'abito nuziale, cioè, il piti bello, il piti antico monumento della ricchezza della famiglia. Quello Lia un poco troppo grande per la di lui flato;; , la tftt affai lar-|t, e di taglio lunga , ma alcuno non avrebbe ofato toccarla. I bottoni ciano d'argento maluccio, e la cintura d'un bel lavoro turco poflo su qu ''a di pelle tutta interlccata d'argento. Dafcta put. io primieramente Jervaz con un pettine di legno «ì Len confer-vato , perchè quali mai non adoprato come l'abito, e dilpoft i capelli lecoudo 1'ufo della funzione del rì°'-no. fcfla glieli annodò vicino alla nuca, e I» 'alciò cadere fciolti |u||e ipaJle . L'acconciatura doveva di. lìiagtierlo tra tutta la compagnia , non che la magni l flcen* fìcenza del fuo abito. L'eminenza del capo non ave* va come gli altri,che un picciolo tupè all' ufanza di* Tartari anticamente padri di tutti i popoli dell' Afta e óc\V Europa . Il buon Vecchio, e Stirpo fi pofero a veflirli diflintamente . Dafcia ebbe iti dono dal Suocero delle picciolc catene d' argento con alcune medaglie , che pendevano dalle lue treccie . Erano tutti abbelliti lìraordiuariamente , e più riferbati del mae-flofo Jervaz . Ecco aperta la capanna . In mezzo atla numerofa rruppa, la maggior parte à cavallo , il Bari.telar ( a ) ftlito fui fuo dellrierc dinotava il fuo brillante minillero , facendo ondeggiale all' ■ li l'antica inlegna dei Narzevizca alla fine ti' una picca fulla dì cui punta cravi un bclliffimo pomo frefeo. I Svatti fi prelevarono, ed il loro ca. pò Janco, il più grave, e rifpettofo perfonaggio del cantone dopo lo iitarefeine , coprendo il pollo di Jtart - fvat molVo a Vtrvan V impiego , ed uffizio di cadauno * É te- (a) Bariaóar. F'«m foto , e qualche volta due , un* per atro dalla parte detta fanciulla ; quejli tiene fopra una lancia una bandiera di feta, che va f ventilando. Qeffa la /uà carica appena che gli Spofi vanno a congiugner/i ai piedi dell* Jltarr ♦ s, Ecco if (a)ì e! difte, che come compi- te diven** tut> parente, e darà il primo bacio alla fpofa. Jervaz non ha che un fratello; in luogo d'un fecondo fratello che ci mancherebbe a Ttiepo,v\ por* remo il giovane Ca tornir, che tutti due accompagneranno „ e ferviranno come Diveri la nuova figlia -Ecco il ButiHa ( b ) «olla fua provvigione di vino pee difTerarfi per iflrada. Va inianzi tu, o Zaus[c) della compagnia, incaricato di regolare le ceremomc , ed]' infegnart i doveri ; alza la tua mazza , moflra la tua dignità , fepara dalla truppa il Parvinaz Cd) che deve precederla cantando. Eccoci tutti pronti ad in> camminarci ; Vieni in mezzo di nni, degno Starefci* na9 voi di lui figli, e tu buona Da/ci* ì Montano tutti a cavallo, dopo avervi fatto falire le donne, che prefero in mezzo la fpofa di ftìepè^i Le gridi, i tiri di piflola , ed i cavalli partono infie- E -. me. Il Ìli . I III I ■ IMIH » Il ■ " * ( a ) E" il Compare, e tefìi monto . ( b ) Buklla . r quello che porta la buracchìa , o orl^ pieno di vino alla compagnia per viaggio, ed an* che a tavola. CO Zaus . Quefìo ì il Uro matflro di cirimonie, 9 porta ia mazza in tnano per ordinare là munii Jìabiliia, ( d ) Parviiaz l Capo che precede la ftltf*k4rJ n;o. Appena è fufiìciette il piano al difordin* dell* tumultuante ed allegra truppa, che avanzando va ere-feend© nel numero . Tra le acclamazioni e i voti pei nuovi fpoiì , i' fanciulli della villa corrono all'intorno facendo altamente rifuonare il nome di chi è Togget» to del culto univerfalc pretTo la maggior parte dei popoli antichi, barbari, o civili, e ciò che Io e an-cora tra alcuni popoli dell' lnd egntwo, T uria dopiti digiti Bevonif dovendo }*+ brindi fi a tutti , e bere ♦ ( b ) Harvinfii. n,<-tli ebt prendo»* in compagni* . ( c ) ZaciOnìlVà , eh* fèto**» U com?*z»i** E J aprili, e circondata, da^iì uomini. Le donne Ranno ia piedi fervendoli, e /e//* nel fuo Vero punto maeflofa. mente cammina, e modeilamcnte moflra la fua lieta cordinone . Spello i circollanti l'ammirano, t fovt» e}i lei cadono i dolci morti, e le improvifate , Terminato il pranzo del primo giorno fi mettono in cammino , t li Svatti prendono tra loro la bella prometta in matrimonio , e fuo padre. Appena fatto un quarto di miglio , Jervaz, efee dalla folla , gira il fu* cavallo , e corre a brig'ia fciolta alla cafa di T#t fnfaich donde era partito. La madre di Jella, efatta al ofTervare l'ufanze , l'attendeva fulla porta. Ella rAbhr.^tcìa , • Rettagli al collo una ricca marama| Jervaz le dona una medaglia d'oro di quattro zecchi. ni , dicendole che non fi rammarichi per la perdita di fili** L?jli entra nella capanna, e trova una delie forelle della fua fpofa (editti fu d'una calla cho -acchiude abiti , i gioielli, e tutti gli ornamenti rie! a forma fpola. Col mezzo d'un dono che le fa, ella s'alai , e lafcia jgli amici di Jervaz la caltap /he potano via lui momento lleflo. Tutta la famiglie J.» cuconda, ricevendo tratti della fua generofitl, ed in ito di venire alla Chicli . Jervaz capo di tutta la famigli- dei JafojniiJ? nggiugne la truppa. Poi li tu jefla la brigata in un picciolo piano all' Ombri , ti piantano le a.o':, e li a le 1 iIce un fecondo pranzo. L% lit))i l'ilClffc»! Allea la rafJkaf)B)i c pi4||i****t| dall' JnIT allegria » e dal foli motti della natura, Jervaz beve poco e quali niente mangia; egli divora CO' fuoi ocelli la fua bella, e V imaginazione rimando tutti gli oggetti prefenti altro non vede die lei , d1 altro non s'occupa che della feliciti eh. I * en-de . Jclìa (lanca e tormentata dalla liberti dei d cor-fi fi contiene più che pub ; gufla r' applaufi fenza Jafciar di villa un puro iftante il fuo bene. Sebbene l'educazione della modeflia non le abbia infegnato a riafcondére i fuoi fenttmeun, pure ha i! felice taTent* del ftffo. Giammai la pafTionc nella donna per un> uomo le fa dimenticare gli avvantaggi del fuo amor proprio in faccia a tutti gif altri; più che ella fi vede applaudita dalla moltitudine, più gode d'una vera foddisfa/ionc di piacere a quello che preferì, fovra gli altri. Il pranzo per Viaggio l finito. Tutti traballando jìafcendono a cavallo; le grida Cono ancora più forti, e la cò'nfufiòne e al f«o compimento „ Giunti alta Chiefa, difecnde la Spofa alla porta, e v'enrra accompagnata dai Divari , c preceduta dagli Svaiti che preferitane al Calogero un montone arroflito, bottiglie dì vino, e pane , mettendo tutto fu d'una tavola polla in mezzo: Jella perfeziona il dono con ima belliffima marama eh» copre tutto . Il Prete tinifce r;Iì SpofT, di-cendo, che dovettero tenerli perii picciolo dito , facendoli girare interno alla tavola feguìto dal K*** , dando E « 9 a cadalo Una corona (a) d'olmo ,0 di vite, fervasi pone la fua fulla teda di Jella, e qucfta la fua fu quella dello fpofo . Così incoronati girano tre volte intorno la tavola feguiti dal Calogero, tenendoti fempre per il dito fino a tanto che canta ad alta voce, li Fede dì Cri fio è piU forte che una forefta d'olmi. Pretto i Morlacchi tale fentenza allegorica b la fola formula del matrimonio . Con tutta fretta fi abbando» ria ia Chiefa, e ritornano a porfi in cammino. Alla meta della flrada alcuni giovani Morlacchi fi sfidano il chi arriva il primo alta capanna di Vervan a dargli la nuova. Il vecchio e fulla porta tenendo in mano un dono. Eccoli, eccoli, gridano tutti infieme, ma il primo che porge la mano allo Srare fina ne riceve il dono . La fpofa fi ferma dinanzi alla capanna , ed .1 Suocero prende in braccio un fanciullo di tre anni, c lo dà a Da/da, e quefla a fella, che 1* abbraccia, e l'accarezza prima di difeendere da cavallo. Dalla fua tenera mano, e da quella della Suocera piglia una oefìella di mandorle, di pomi, o di noccinole , gettando tali frutti dierro alle jfpallc per dinotare che ogni giuo o faQCiulllfcO è finito per lei. I Di veri I ' afli- fa j 1 fuperjlìziofi, ed ignoranti Calogeri pn mezzo deli* corone danno ad intendere, che Dia pah fa la fua volontà, l'afTìflono a discendere da cavallo, ma la giovane fpo-fa prima d'entrare nella capanna c'inginocchia* o bacia la foglia della porta . Turto e dilettevole confusane , tutto e mormorio . Si pone all' ordine il terzo pranzo più magnifico degli altri. Una tavola oc* cupa l'interno dilla capanna.- un'altra e polla al dj fuori. Jella fiede a parte con i due Di-uerì „ che non ia deggiono mai perdere di villa un momento, ed ha l'onore in tal giorno di pranzare cogli uomini. Jer* vaie. t>a in altra parte cogli Svatti: egli non dee, ne ardi Ice tagliare cofa alcuna, e nemmeno fervire>|] Kuum gli prepara perfino il pane in pezzi. Pervan* ejiudiziofo Stare/dna , in mezzo alla fua gioja attendeva a tutto t Un bue intero arroitito , quantità d'a-fiuelli , e montoni componevano il pranzo con ogni Xpezie di pollame, e tra quelli i polli fritti ( a ) condii ti coli'oglio 7 e piccioli torte di latte. Due cento era- I (a) / Morlacchi preparano i polli fritti in quejla maniera, Dopo tffere femi-cotti nell'jacqua boi* Unte, // tagliano in pezzi > e li fan friggere nel &urro . Dvpo tii ciìi Jì inette fopra ejji la con* Cl» di aglio pejìo, e latte inaridito, ad i» man-tanzm di quefìo dell' aceto . Ricordar fi deve il proverbio, ré\ degnili non convita dfjM**** trino i convirati , ed il bifogno vi larebbe flato pe,; quattrocento. Non v' era vitello j i| Malacca non ne ammazza . Crede di non dovcrG privare per in. gordigia d'un'* animale che diviene sì grande, ed uti* Je . I barili di vino fi vuotano come bottiglie . Il canto, gli epitalami, e le canzoni vanno a vU tenda. Dopo terminata la cena degli uomini1, e quella delle donne, che li hanno ferviti, i Divari prendono Jtlla in mezzo, e la conducono nella camera nuzia-le . Jervaz fi mette alle ginocchia del padre, c gli dice.* „ Divento uomo.- io ti chieggo, o mio padre, la benedizione per la mia pofterit.t, e prega il Cielo ond'ella ti raflbmigli. „ Ptrvan lo benedice , c l'abbraccia; allora il Kuum lo prende per l« mano, c lo conduce nella pieciola camera ove Jella V attende., Miei figli, loro dice, levatevi le corone, e ponetele fui voflro letto annodandole infieme, ed attaccandole al folajo . Quelle corone rapare finteranno il legame del voflro matrimoni ; giammai non s1 abbiano a Imparare, e difunirfi per voflra felicità, mentre le li rom-peffero , o cadellero fa re ile fui punto Hello liberi , ed il voflro matrimonio (vanirebbe come la polvere delle foglie fecche , che cadrì lui vo:lro lerro • „ Jervaz fra le dice che le corone giammai non fi slegheranno . fitte piena di timore monta fu d* una calla per arrivare al folajo . Vi artacca le corone bene intrec ciato > ed annodate infieme , gettando fott'occhio .(no *TTf fuo fpofo un tenero, e mefto fguardo, predandolo Al toglierle !• fpavento impedendo si tremenda caduta » Jervaz *c covre vicino, ed inchioda ben bene le coro* re al foffìtto. Il Kuum allora manda via i Dtvert\ ed ordina agli Spoti di levarli reciprocamente la filici» , che lega i loro abiti. Jervaz in un moro-nro fcioglie quella della fpofa, e Jella non ofa di farlo fnoflrandofi Confufa ; il Kuum la burla, ed eiTa abbafw fando gli occhi , ed arroffendo più per ifììnto natura» 4e » che per malizia adagio gliela slega. Il Kuum ha finito , e ritirandoli umfce i eonpagni . Si circonda zi focolare , e rra le eanzoni , ed urli fi condannano l f)ìv*ri a pìcciole pene pecuniarie per aver abbandonata la fpofa. Le prime ore della notte fono impiegate ad uno flrepito continuo , gridando , battendo le molle , e le caldaje, fempre bevendo dell'acqua-viro per darli fona, e prolungare quanto ti a potàbile l'aN Jegro rumore . Ferva» s' era ritirato ; Stìepo aveva in» «ombenza di Matto , e vegliava onde mai non lucee-defie alcun dipiaeere fra tanti ubbriachi , il che pur troppo e facile ad accadere. Quel Morlacco che inror-bidaffe una fella nuziale, farebbe difonorato, Dafcié aveva attefo alle donne , conducendole in una carne-retta acciocchì: prendefiero un poco di ripofo . Alft» (puntai del giorno dovevano tutte afTaricarfi feguiran, (do 1- fefta. Già cominciava a comparir la Vermìglia aurora, eef j Di- 3 Divtri portarono li co?eziene agli Spcfi. „ fcToRÌ'e Ai Jervaz , diflera a Jtlla, «eco la colazione, fervl il tuo fpofo. E tu Jervaz dividi eolla tua fpofa ciCj the ti portiamo . „ La cole/ione non è niente mero che un groffo pollo attonito, pane , e vino. Jetvax s'alza dal letto, e va a riunire gli altri i le donni entrano in foli» , ed afuftono Jtlié a vcilirfi . Da/eia intreccia ì capelli, e li lafcia giù pendtati. Jella non afa porli più la berretta verginale, Ella l* ve flirt, a polla all' ordine . Corre a baciare Vttvan , che la ba» sia fulle labbra* Abbraccia e bacia pofeia il Kuum, ed i Diveri, e per ordine ognuno della compagnia» Da/eia dà un pettine a Jtlla, la quale comincia a poltre; i capelli dei piti giovani ovatti. Ella deliramente intreccia ne* capelli di cialchuduno un cordone di feti chermifma: ad altri qualche ornamento di corallo t ed ai più didimi pieciola medaglie d' oro . I To-pojmcb , ed i Narztvizea avevano tutto apparecchia* to onde le nozze tollero graodiofe . Ma l'occafione ft prefetita d1 efpcrimentare la gtutfofità- e riconofecn-*a degli altri. Ognuno fi dee lavare le mani nel catino che gli prelenta Jella, e coli1 acqua che vi v-rf»' e nello lleflò tempo vi dee gettare qualche moneta», che rella alla Ipofa. Elia può burlarli anche |q altra maniera, levando loto, finché fi lavano, |a berretti*, la pipa, la borfa, e pagarne il ribatto , Più eh* ella carpifee di tali mobili, più guadagna, e fi loda la fua ti fui deftrciza. I convitati poi alla fera potorio fard •Irrt-rranro a l"» quando difcafzandoli retta incaricata di gua'dare le Opankt, ovvero fcarpe ( *)- Se arri» •/ano a rubargliele viene accufata d* imbeeilità ; ed ?» c»ftigata. Jtlla non lo meritò, e ricevette d» tutti fornirli appla lì . Uni molti doni , fi fece pagare quantità di mandorle pepli fcherzi, e le furberie che Teppe fare . Jtlla ha fpiriro, Jtlla t una donna di meri» to, diceva ogni accorto Morlacco. Per turro il pranzo del fecondo di , entrata la Spo-fa nel numero dell* alrre donne ila in piedi , c ringrazia con un* inchino tutti quelli che bevono alla fna falute. Sarebbe quella l'occafione d* ifeoprire la corozione del Morlacco, giacche fa de* verfi ofeen? all' improvvifo ; ma per lo pia egli £ fornmeiTo alle legni del decoro ; e non fa quella buona gente eh© quello ce,'e ocello a fare, fi dove anche talvolta te* cere « Di- (t) Opancke . Sono [carpe di cuojo crudo di bue uli* eflremitd delta fuola vengono annefje tanti cordicelle d: cuojo crudo di Montone, e altro for-*>i*ndo la parte fuperiort delia fcarpa. Le talcagna poco vi entrano j una lunga cordicella attor' 9)0 ' piedi , ebt fi giù per di /otto i malleoli, fa lt veci di fibbia. Sa Tjafcia guardava I convitati, c*ie doveva Servire? « è dolcemente parlava con efl'o loro di fui Sorella , e del novello fuo Spofo „ Dimanda mod-ftamente al, Suocero la permiflìonc di bere per ordine ali» i tlute de" nuovi fpofi ,e canrare full* Gusla il loro contento | e la loro felicità . Terminato il canto , llcfe ognuno it; fuo braccio, e prefentoil fuo bicchiere verfoRli fpo(i , Cercandoli cogli occhima non v' etano piti , Éevono tutti, gridando , 11 alla falu e della, buon'u» ya, che produrrà la vite abbracciando l'olmo, per Je fede de* Morlacchi , " s Jervaz non dimentica, né tralafcìa alcun ufo na« Stonale. Si fa capo dei giovani, e va correndo per le capanne dei più vicini parenti , ed amici , Egli v{ porta tutto ciò che può rubare . Dà del vino , e del pomi alle loro mogli. Cinque giorni furono pafTati negli flefli divertimenti . 1 pranzi fi fuccedettcro fenza interruzione vera* na* fuorché; il ballo, il giuoco, ed un poco dormi-xa. L' ultimo giorno fi pensò di vappr-fentare una pieciola leena Murlucc* > ponendo in ridicolo ì coftU* mi dei Turchi loro nemici. fu eletto un Cadì, o Padrona , che fece condurre dinanzi * lui tutte le perfone della fella . Fatto il j>roce(Tb a etafeheduno, condanna a fuo beli* agio i più flrcpitoli i i meno ubbrLchi ad alcune baltonate falle calcagna . Ognuno col me«u d' una iuv^U fchiva la fentenza data, ma allo fpofo non giova un tal mezzo. Es'i è condannato, e correndo fortemente li fafva ì fe gli corre a dietro , fi fcaricano fu di Jui delle fcliiopertate di fucile, e di pillola a polvere./ egli cade e tigne d'elfer morto .Jella, informata della parre che dee fare, tutta piagnente fi proflra ai piedi del Cadì con un pollo in mano, pregandolo reftituir~' le Io fpofo . Il Cadì refta commolTo, « miracolosa-mente lo fa ri fu lei tare. Segue la cataflrofe ; glil-va/-ii pongono il Cadì fopra un carro, c lo conducono» in trionfo ; ma in mc/zo alla Aia pompa ò circondato il carro di paglia , e dandogli fuoco fe gli farebbe la bella grazia di abbrucciarlo, fe con un falto non fi falvalTe, infultato con mille grida dal papole» di'e incantato a si fuperbo fpettacolo * ' L'ultima cerernonia che corona i fei giorni, confi-fìc nella difhibu/ionc di piccoli doni che il Kuum, «d t Dì-veri fanno alla compagnia a nome della Spola • Olirono ad ognuno il dono fulla lama della fei-'.i,iiatra con una mano, ed un bicchiere di vino coli' altra, dicendo, è giunta la fpofa, ed ha /a/ciato il dono , prendilo per amor fuo. I convitati ricevendolo bevono il vino , c gettano nel bicchiere un picciolo anello % Q Mru moneta. Finamente la folla fi difperde, c I'afTemblea fi fcuara. Jelia col Marito , e Suocero accompagnino a cavallo il Ku,im par inezia l. la forgente d'ogni ricchezza, ed erafi ira. I pie- { a ) V agricolture è trafcuratiffxma. Seminate le bi». He non pongono più piedi fui campi, che al tempo della riccolta . La terra per lo piU è ftr* tilc , n:é non vogliono fare quello che non bantu fatto i loro maggiori , Hanno uny odio giurato co* gli alberi , uno li pianta, e f altro It sradica* Credono efli , jenza aver mai provato, ebe le loro terre non potrebbero produrre ogni forte di frutto, così fono ancora più «'•gleni . Alcuni luoghi pfrì fono molto ben coltiviti , # quejìi per la cura, / •vigilanza , non che fatica grande del proprietà* trio , eh' è ben educato , e capifee ti bene , ed a\+ vantaggio dell* agricoltura % Sì pfcglfO In quatta piìì d'ogni altro Morlacco, li ito Terreno era coperto di viri, di legumi, di biadai : faceva vedere co! fno efempio che non dipendeva dalla qualità del terrero, che i fuoi compatriorti non avef-fcro abbondantemente tutto ciò che potefl'c fervi re al. Je bìfogna della vita , e molto di più per cambiarlo in ciò che a loro fiCttTc d'uopo. Aveva piumato on picciolo campo d'aglio, ed un alrro di cipolle ( a ) . Teli legumi , delizie de' Marlacchi, coflano dei carri-l'i non poco dilavvantagg-iofi in grani , ed in bettia-r;e , condannandoti per ignoranza, en hanno pi ardirà . F E1 vero che Ferva» nella fua gioventù era ricco ■ Quando mori fuo padre ti trovò padrone di qualche mille zecchini in oro, fholre arme,- e vcfìirl, avanzi delle rapine > di Vecìrep . La brama di confervare e fpclTo si attiva, quanto quella d' acquiflarc , e forfè anche di più ; imperciocché non i acutamente vero che ì beni generino V ii.fmgardia . E'il ricco che diventa o avaro, o prodigo, o pigro. L' induflria che che fe ne dica , «•, di rado l1 cfFetto della mifcria . Il ijvrggio, o l'indigente che dee combattere contro tanti oflacoli in una volta per riparare alle proprie necefllrà, ne reflrigue il numero più che può, ed e l« provvedendo alle bifogni altrui . Chiamo uomo comodo quello, che nel fuo fiato, offia per bere Ha-bile» o per ricavato dal fuo lavoro, pub edere fu Hi -eientc al mantenimento di fua perfona, della fua la-miglia, fecondo la condizione in cui egli c, fenza avere il crudele penfiere di dire co(a larà dimani é Voglio dunque che 1' uomo da me dinnito non abbia Ja certezza che del giorno a dierro , ed ecco lo i i-lo comodo y la certezza del dopo dimani Uabiliice la licchezza , ed il ntylutrofo abbandono ic ne tajMP • Ttrvan , ricco di prodotti terreni , ed effetti , puc» non folo foddisfare a tutte le fue netefllrà \ ed a quelle della lua famiglia, ma in noli re loi.cor.-ere *i fuoi vicini, quando la tempcfla dovaft-iffe la ncoiia, o il fuoco abbruciane la capanna (a), o ab* un maligno Ipirito attaccarle Ite" belliami una malattia epi- ( a ) Se mai per accidente alirucciafi una ami''-. Capanne, ogni nazionali eincorre al rtjarcim'ito , e quefìo non folo nella fleffa villa, ma di Tetti* torio in Territorio . Avviene talvolta e/» P't* è il guadagno della perdita , ed in tal med o f *pera fe accade mortalità n^ uovi. ti Morlacco auafì mai non fi ^Ufa di fimi le fi} e mi locale . J * sa fpifUwiff Tali atti di vera beneficenza erano eccitati, e diretti dall'ottimo Starejcina, e comune* mente venivano oflcrvati. Appena fentiva accaduta, xina difgrazia nel fuo cantone , o nei vicini , univa l capi di fam'm ia dipendenti da lui, ed a fe fleffo addogava la quota più grave, dandola afjli altri a prò* por/ione della facoltà, e ricchezza loro. Se la ma* latti» regnava nell'armento, o i campi etano diflrut-li dalla tempefla , o dall' innonda/ione: fi ftabiliva pelle famiglie la rifpetiva contribuzione di un bue, d'una vacca, d'un montone, d'alcune pecore, • dì ( a ) Di State fi generano certi vermi mei capo , e uell.t coda degli animati , che fpefl'o ti fanno morire . Ne/i* interiora a* alcuni animali pecorini ji óftervanno al tempo di State certi forellini , fpe* mollmente nel fegato, e quefìt formati da iati ver* ffli , i quali potrebbero effere prodotti da quaS.be-erba venenofa mangiata dalP animale . I Morlat» phi vogliono elee fieno te Streghe , che con detto freccie tt fiottino. Ogni famiglia Morlacca benestante ha la fua mandra di duccrnto, trecento^ ed anche fti cento animali ; e la povera ne ha quaranta, o cinquanta tra pecorini, ed altri ; mi potrebbe averne tntno fe ti Jwj nutrimento più con Ittune è il latte, 0 41 molte mi fu re dì grano, S* abbracciava la capanna^ I* atfktidÉV* ognuno follecitamerite , ad efempio di Ptrv*n y di tagliare arbori, trafportarii al luogo frabì.-hto , accumulando il legname, la felce, e la terra per fabbricare una nuova capanna, lomminiflrando» veflimenta , utcnfih , e fpefln I'ajurtì era tale che l'orbati"*?* il danno avuto . Ptrvan il pio liberale , es premurofo ne prefieieva, ed era contento di firmi! geaerofità. " Doniamo, miei fratelli , diceva, loccor-riamo il noflro infelice fratello . Le fue lagrime palleranno in coniazione ; quello che abbiamo di più , non e chi un depoiito nelle nofire mani , ed dovn-to a chi ne ha d'uopo; le loro bisogna, le loro di-favventure non fanno patire i nollri cuori t Non faremo felici vedendo terminate le loro indigenze , ci •fltire noi lleflì follevati dal pelo dolorofo della com-paflìone ì Quando abbiamo ben mangiato ne1 noftft prau/,3, potremmo di nuovo cominciare 1 indugiare quello che ci refla t (ili abiti che fono nelle nofire e a (Te farebbero di troppo pelo al noflro corpo , fe di nujiìi non ci lerviili no per coprire la nudità del povero efpo.lo al freddo ? u TLa mendicità era incognita nel cantone dei K*r-ztvixC0t Ta| buoni gente aveva il fuo bifogno , e non av«va alcun vizio . Lontana dalle magnifiche Cittì, ignorava l'arti di formata delle neceflità fato tizie , ne aveva mali efempi .■ Ptt-v.m N*rzt-vize* e* u* vero, il più comodo del villaggio ? »i era nello lidio tempo e padre, c benefattore di tutti; aveva de1 gioielli, degli abiti, ma erano flati da lui ereditati, ed avuti lino dalla nafciia, i quali conta» vano almeno tre generazioni . L' ufo aveva refo io cjuella famiglia tal moda di naturale magnificenza , Il MerUcco la rifpetta tanto, come gli arredi facri , ed antichi delia lua Chiela „ La novità rende il luiTo oltìagpiofo, e P*r*é*n aveva tutta la premura di noo introdurne nella fua raarffclia. Quel danaro che aveva trovato alla morte di fuo padre , fino allora gli era flato inutile , Lo teneva nelle borfe vecchie dì peli» fu' toi\do *i* una carta , 9 non lo toccava «he nelle nozze de'fuoi figli, per comperare Je loro mo* , c dilhibuire, fecondo il (olirò T i doni. Tutti gli anni un mercaure di Spalato , chiamato Vra:an>cb , amico antico di Pcrvan veniva a Dienti verfo la fine dell'autunno, ed cfponeva in faccia alla capanna dello Jlattfeìna tutte le merci che potef-leio convenire alle bifogna degli uomini, ed al luffo limitato delle donno. Vtrvan ne faceva il cambio. Dava dei buoi, del grano, del mele , del formaggio, per grolle lenzuola, per della lag già , rela, fìrumcn* li rurali, e di famiglia. Non fi >,ù pero lino a qual punto |egna(fy 1* buona fede nel mercante, il di cui g'iaJa;yio eia confi Jerabi lilfmn. Quatto poi al buon Nérvvizc* > egli nemmeno fognava che vi portire efiY- effcre il piti leggilo inganno nei cambj , p"-tcv* temerlo' Egli non cambiava valete per valore, non concfccndo i t'apporti tra i prezzi delle cofe cha a I'1' lomminirtrava, ed il danaro, ovvero roba del pàèlYt ove il mercante la rrafportava ; dava del fu-jicrfluo per cola ncceflarìa, ed utile.- ricevendo in pace la leggìi dal fuo corrifpondenre, Appreso a poco anche gli altri facevano lo fletto , e tale commercio non era che vantaggiofo per il mercante . Quello che andava ancora più a fuo profitto era il concordo delle donne , e la loro naturale avìdirà psr tutro ciò che nfguaraàvà l'abbellimento , ed ornamento" Per quanto Ha avvilito il feffo tra i Morlacchi , e nella tnaggtor parte delle Nazioni barbare , élTp giani" mai non lafcia V Minto che lo trafporta a far valere la perfona , e cercare di piacere per opporre r amore alla forza. Oltre le cofe particolari di famiglia, come filo, seta, cordone, aghi, e rutto ciò di'e d'uopo per il ricamo, e biancherie, Draginic% avev;». fomma attenzione di portare , e di porr? lotto i Io» io occhi una quantità di bagatclle che ebbagliatfero la villa, comperandole qu.dla povera gente a caro prezzo. Quelle cambiavano i frutti de'loro faticoli lavori, i formaggi, le carni falate , per catene d' ot-*o»e» grani di vetro, coralli, medaglie, ed Ogni forta di cencio, che a prima villa avetle loto da to /.o nell'occhio - Così Tarrivo di Dragan'ah era una vera fiera , ed una vera feda per il popolaccio, II fuo carro carico di balle, e calie entrava al piano di Dizmo, come il carro d'un trionfatore, circondato dalla gioventù, incontrato dalle dopo*, ed accolto tra le grida di tutto il borgo. Draganicb |o precedeva a cavallo ; teneva lotto al braccio la nota dei capi più preziofì , e dilicati, eccitando in tal modo V impazienza della cwriofita « Era affitliro a fcaricare Je mercanzie, parte full1 erba , parte tu delie tavole» c per tre giorni interi una folla continua di coinpeia-rori, o almeno di perfone giravano all' intorno , ed e laminavano tutto con vero Un poi e . Ferva» aveva fU-biHro un ufo comodìtl'nno per il vendicom , « pei comperatoti, che abbreviava molto le operazioni, ed il foggiorno troppo peticolofo per Dragante». Dopo aver interrogato i capi di famiglia, e dappertutto il villaggio pubblicato che fi avelie ad indicare ciò che faceva d'uopo per l'anno venturo a tale tempo, Per-van gH «lava la nota di quello che veniva ordinato . Le commiflìoai erano efeguite, e li caricava il carro, e le fuo perfone delle fpczie ricevute in cambio. Tale dilpofizione facile pei Morlacchi era in ogni parte affai vantaggiosa al commerciante, e le buone genti vivevano lenza alcuno iofpetto delia fua fede . l'er Per molti giorni era una grande occupazione, un piacere fenfibi'ilfìmo moflrarfì reciprocamene i begli acquifii tatti. Tali piccioli avvenimenti fpargevano nel \ot9 fpirito dilettevoli varietà clTcndo in taate cole alfai uniforme . Fj;it utl &i>r$ Quatto* LIBRO V, A. K Q OMENTO fatto di Jella. — Arrivo del mercante Dragameli. X>J N giorno la. famiglia di Tervan radunata intorno a lui occupavafi ne1 foliti lavori, Erano pattati alcuni meli dopo il matrimonio di Jervaz, ed il dilordine delle felle aveva rovesciata la vita quieta del Mortaceli agricoltore. „ Mici cari figli, difìe loro, la noftra famiglia e in ottimo flato, ed altro fare non dobbiamo che por-gerc preci al Cielo ; da molto tempo a lui mi fono rivolto co'mici voti, ma indarno, pure non ceflerfc di farne ancora, onde vedere la prole. Qualche per-verfa Vttfcbiza diede cattiva forte, ed invincibile al* la mia buona Da/eia. No, ella non mi darà de' Nipoti . Dieci anni di flerile matrimonio mi fanno per. dcre la fperanza di vedere q come i grani di quefla fpica ch'io tengo i" mano. « Egli diede la fpica a ^e/A* che tonto avidamente t grani, e li trovo quattordici. JetU guardò Ino marito, e fortife. Tutti batterono le mani , e bcverrero al felice augurio fatto dal loro padre . N/Jte eri un* ferva di cafa , O pturroflo amica favorita di ]clU. Nata in una famiglia numerofa del villaggio, Ptrvitn , fecondo il coflume , l'aveva allevata con (e prendendola in caf« con quello fpìriro di t'elici.' egualità, che non attacca alcuna idea di fchia* vitti, o di vile fervitìt fui fare de dotietllci". Nité9 eguale alle fue compagne, s* apprettava ai lavori d? ca(a,e di campagna . Non v'era nlcuna differenza ne! trattare le donne di cafa, e quelle figlie , o donna flraniere che ne fono a parte, e che ricevono il vitto) e vellico al pari degli altri tutti . AM* aveva una Sorella, che entrata in una caf« come ferva, era ftav la fpofara dal tìglio del padrone; ed un fratello che nello flefTò modo aveva fpofara una figlia del padrone , ma in altra famiglia. L'tflcr a genio l'uno dell1 alno, Pera, l'inclinazione formano . fra elfo lor» lo convenienze del matrimonio , Quando tali matrimoni arrivano Ad empiere la capanna del capo di cafa , fe ne fanno dell'altri in un'angolo, e tale mifcuglio ijnulerva P egualità obbedendo ognuno alla narura » IvV/ta attaccatìfTtma a Jella vedendola avanzare ne Hai gravidanza, ed avvicinarli alla line, la feguiva dap* pertutto nei campi , nafcondendo la fua atTettuofa inquietudine » Lo lìaro fuo non le impediva d'attendere a* fuoi lavori, anche i piti faticofi. Andava a prender Tacqui, preparava il pranzo, ferviva gli uomini., e non era niente meno robufTa e forte ne'pili* Verfo il termine della gravidanza Niki la preveniva con tutta attenzione a fare legna. Si trovavano un di tutte due ad un micelio, quando ad Un colpo le doglie la prefero , e fenza paventarti , o Sconcertarti punto " Nika , le qiflf , prendendola Afonamente per je mani, tu non ignori che una donna del nofho vil-lagRÌ* non nella cintola fe lo ptrtmno con fanima indiffren-~a a cafa* Le Morlacchc del rito Circeo, come-Jella , flano facili , o ditficili i parti , no9 /}4mMo alcuno che le afjifla , foffer» anche al cafo di tire , fuorché una Morlacca Latina. Nikfi penò dovendola abbandonare; come it vento ne andò in pochi momenti, e titornò colla vecchia latina. fella feìicemente diede alla luce un bambino^ che totìo fu favaio nell' acqua del rufcello , La vep* chia le infognò le cerimonie a farli, tra le altre quel* la di leppelliie forto tetra la fecondimi colle lue proprie mani (a). Pofcia la madre ravvolte il figlio nella rafeia, t lenza verun palmento, 0 aver d'uopo di foccorfo s'incamminò verfo la fua capanna , che alquanto diflante n* era ; la fua gioja a'T'fteva la fot" 7.3. naturale. Jervaz in quel momento conduceva nel loro recinto t bovi . Al primo rorido sbigottito ex vola a rincontrar JelL lontana trenta palli all' incirca dalla capanna, le falta al collo, c la bagna di lacrime. Jella apre la rafeia, gli da il bambino nelle fue braccia, e mille c mille volte ei lo ribacia . Quella adagio lo fegue, ed ci gli come un lampo fpaiifce correndo fra le braccia del padre, che gli veniva incontro . Jervaz al/a la fua mano quanto da lungi Io può vedere, mofli andogli il figlio. " Mio figlio..,, tuo tìglio.... il noflro fangue". Quelle fono le fole ria Un* altra J\tperJiÌ7jone ridicola jra le Mor-iteche Crede, ni anche in qualche Motlacca Latina, cl,t /, ju/e madri debbano jrppeilire le fecondine . rèe le parole, che può appena il padre profferire prefo dalla più viva gioja. Jervaz pili non parla, ed abbraccia piangendo ora il padre, ed ora il figlio. In tal maniera diventa ancora il più favorito del padre. Tervmn aveva defiderato ardentemente vedere a pei-petiiarfi il fuo Sangue , e così la fua gìoja era inef» prlmibile. Ciugne Stirpo, e fofpirando abbraccia il fanciullo, ed il Fratello; ma fi amareggia fra le per eiler privo della felicita d' efler padre. Dafcia e prefente , fa vede, l'ama, e teme di mortificarla. Quc-fla e tutte le donne circondano il fanciullo, ed il padre; arriva ed ognuno Grettamente l'abbrac- cia. Tale fortunata famiglia dimoflra il fuo contento in varj modi , c la fenfibilita efprime e compone affai meglio, - he l'arte. Venite, debòli imitatori dèmi natura venire nella capanna dei Na^zevizea, ' ed imparerete a deictivete le differenti mozioni dell' anima, fecondo il grado, e la qualità della paffione che commuove gli affitti. " Sii iior.o oneflo, gilda Ferva»; afTomìglia a mio Padre , K\ gufine Jervaz ; fii valorofo , come i tuoi Avi, fiegue Siiepo ; ama tua Madre , come ella t'a-Hia, con voce debole gli dice , la tenera Jella ; fi a mi amico, balbi tran Jo proliegue. " Uomini, e donne implorano fopra di lui la benedizioni del Ciclo , augurandogli odio verfo i nemici , la forza per tiipì* jnetli, ed il piacere di vendicaifeae. Se gli pone da una una parre Mari** Vérgini t e dall'altra 5". Niccolo , e fi predice che luta il pili belio, ed il più deflro del villaggi0* Jell* è a Ietto, lìando a1 fuoi piedi il fi. glio, Elia lente, e vede le felle, e lo flrepito della famiglia pet tutta la notte, ne punto fe ne rifcnte . La loddisi'aziooe , ed il contento interno danno il ripolo il pili ellicace all'anima, ed al corpo. L>ue foli giorni fono futiicienti a Jtlla per riflabilirfi , ed al terzo giorno ella e in piedi , ed al quarto tiprende le lue incombenze nella famiglia . Il fanciullo ì: portato alla Chiela , e riceve dalla bocca del Qaiegtr» li pome di Demetrio Jer-uavicb. Vennero in quel dì alla capanna i parenti ,egli amici di Pervan. La madre è favorita di quantità di regali ; indi li palla alle lolite allegrie, che conlillono fempre in pranzi, ed in ballo . Jella l'ufo ti fa ufeire dal letto del tuo fpofo, « ripolare a' suoi piedi , perche divenuta madre, ma tale collume non t' affligga ( m). Jervaz t'ama, tic |arl annoiato dell'attenzioni dovute al tuo tiglio: ti chiamerà a lui vicina, e non vorrà chi uà lo priegh1, onde (, I ) li ( aligero /uperfliziojo proibijce a tutti di toccar la j.uttjcra avanti il ttrmiue dei quaranta giorni, di mangiar» nello fleflo piatto, ed altro Co/o ad UJè\d*lP FéraiJ uro , t02 onde permettere di pattare nel fuo letto , come fa maggior parte de' tuoi compatriorti efigono dalle loro mogli. La feliciti di tale famiglia accrefcevafi di giorno in giorno. L'amore, ed il rilpetto per il capo , univa tutti gl' individui tra di loro , e laceva regnare la pace, e la prolperità nel governo di cala. 41 Amatevi , miei figli , loro diceva ,• amandovi contribuirete lutti al bene della famiglia, ed ognuno n'avrà la fua parre . Le acque raccolte in un fiume portano delle grolle barche cariche d'immenfo pelo ; i piccioli cacali che eleo no Correndo d.i utm parte attravcrfo i campi non conducono che ficnle labbia , ed appena (ottengono il battello del pcfcatore. V«rri il tempo, felice tempo / ove la riviera potrà fomminillrare acqua fufifìcìente al canale che fi fe parerà, ondagli polla oflrire le comodità del trafpouo , ed i beni della pefea . L'uomo e fatto per vivere coli'uomo , « lìando infieme , e confcrvaiufufi uniri fannofi ree pro-camcnte del bene, labbricano dille capanne, ti ripan« Jio dall'intemperie, provvedono alle bifogna , godono della loro eljllrn/-i , e di quella de' loio limili a* qui, li la danno. L'unione opera prodigiolamcnte, e l'uo* rno ilolato farebbe come l'orlo ertantc , c ltroce , • patitolo, che corre per le forcflc 41 . Tale IpitUo di vera unione folida Ila molto più volentieri nelle capanne , che ne* palazzi, ove il Mi* e jjo il- loj tjgoifmo cerca inutilmente dì nafconderfi fotto gli appetti i P'u fallaci. Fino le perfone flraniere, che Inno ne,'a famiglia di Pervan , e che prcflano in fua c\(* fervigio, fono a parte di tale fpirito. E'vero che fi confederano , come affare della fìelìa famiglia , ed averne d' uopo di elfo loro , li confiderà come diritto alla beneficenza , ed amore dei padroni j il fervigio » Je tfliflenze che fe ne efigono come un debito , a cui n* contraccambia con mille buoni e dolci trattamenti. Stirpo ferio, penlierofo oflerva tutto , le poche cognizioni ch'egli aveva, lo rendevano cutiofo , ed avido di acquetarne di maggiori. Uctiderava tar dell' esperienze tanto ne IT agricoltura, quanto negli armenti» Aveva avuto una volta in dono da un Ragulco ofpi-te in fua cala un Becco d'Angora , col quale aveva formata una bella razza , ed aveva recato a fuo padre un gran contento nei primi frutti . Il fuo pelo tra lunghirtimo, fino, ed a detta d'ognuno belliffimo . «;;li avrebbe dato due de' fuoi Tali per avere alcune Capre della flefla fpe/ie . Il modo di coltivar l'erbe' la premura del bellume , ed i cambi dell» groffc derrate coi vicini, era [{pigione di Stirpo. Volendo egli fcuipre occuparfi , poco parlava, noti aveva diflrazio-tie veruna, loprairncndcva anche all'arare, al fr-nunaro } a| raccUj.|jcre f quantunque tali incombenze foriero dovute • Jtrv+m . Quelli piìi giovane , e di temperamento pn, dillratto , ptcfcùva la cacti* , * '* O a pefea r«4 pefc» *d °Sn' a'no impiego. Il tempo che aveva
  • o caligava la fua pigrizia, facendo egli OelTo di na-feofìo , quello, che avrebbe dovuto fare Jervaz , allorché- ritornava da ima lunga caccia , che gli aveva, fatto dimenticare il fuo lavoro. Egli abbracciava , e ringraziava il fratello con una certa ingenuità , e pentimento di cuore ; ma che? fi correggeva per un me-fe , o due al più, ne'quali era affuluo al lavoro. Da* Jcia(c\\& quanto il manto, e niente meno attiva ave« vi tutte le cure della fa miglia, ed a lei erano attuiate. Ella era fola,ed aveva re fa la capanna propria, polita malgrado Tufo contrario della ruvionef», il buon fenfo àiPetvan aveva feoperto la faltibrità , ed i beni della proprietà/' 11 fucidume, diceva a'fuoi tigli ,c la cagione della putrefazione ; c la putrefazione pioduce quella quan» tira d* infetti, che devorano le nofire provigioni , erodono noi fletti. *' Dajcia aveva attenzione a tutto, I.a fua premura era di accudire a ciò che aveva , e dove- ( a ) Le donne Mortacele fono fudicie al par degli nomini per antica abituazionr . Il burro che alo-piano per unfi-rfi i c*p-l!t iterati di ha facilitate , ? di Untane vjjrnde le Mariti, doveva aggiuf!ncri? dì nuovo. Cercava di compenf.tfé ii nulle modi la fua flerilirà con tanti altri prodotti tlclla ma indullria. Tutto il mondo portava il lavora ddlc lue mani Ila di lino, lia di abiti, fi a in ricamo, c tutto di fommo prezzo . SÌ amava Dm/ci* , c li accarezzava Jella . Quella 3C ere ice Va il Tuo AeritO per te fue buone maniere lo-tcrelfanti, e fenfibili al cuore di' di lei parenti, dato avendo gii alla famiglia anche un fecondo figlio. Era poco affidila al lavoro, ma lì occupava all'indilpen-fibili premure de* fuoi figli , avendo poca volontà di lavorare : tutte le attenzioni poi pei figli erano talvolta interrore trattandoft di ballare , di cantare al fiiono della Tambura ( a ) , ch'ella pizzicava tanto bene /amenti , che cominciano al tempo delta raccolta de grani, e terminano in Carnovale» xo3 miafie il vino, pure non fuccedeva (concerto veruno. 5»e fi tirava a kg no, o li correva: il vinto non ardiva in modo alcuno offenderli del (no vittorìofo compagno ; e fe avelie ardito dimotharfi avvilito, im.i loia parola di Pervan lo metteva a dovere . " Mio figlio, diceva al vinto, con voce penetrante, e fenten* ziofa , di che ti lagni} vorrefli irritarti contro la tua torte , la quale malgrado la tua agilità , e delire//» ha decifo di farti perdere? tappi, clic appunto quella ti fari vincere un'altra volta. " Ognuno s' acquetava , e fi dava principio a' giuochi. Il rifpetto allo Starejcina s' unilcc all'amore, e lo rende pacificatore d'ogni dilputa , ed arbitro delle opinioni . Dava la fua dacifione fui dubbi, e la fua Temenza era ricevo, ta , come l'oracolo dai dettino* l'aie princìpio di ne-celfita per quanto difficile egli lia a riconciliarli cogli altri , è il piìt lenlìbile, il più imponente fui popolo, anche il più illuminato j ì peiò ciecamente abbracciato dagli uomini che fono più attaccati alla femplice natura, Come i Morlacchi. Bada dire deflino , ed il Morlacco tutto gli attribuifee, e felicemente vi lì abbandona con tutta ia fua vita. 1! (aggio Tvpofiucb fempre fi trovava i tali felle, ed egli lleffo qualche volta faceva altrettanto per avere il contento di rivedere la tua Jella , e godere tutta la pieciola famiglia. Finche la gioventù dell'uno e l'altro fello ballava dinanzi alla capatala , e fi "a* fluì- fluitava , ì due vecchj feduti full'erba facevano della digrcffìoni, quefl'amavano, fi raccontavano i loro affari, fi lamentavano , rillettevano con ferie^ fenza fa-pere fu di che, e venivano fuori con dell'efclamazioni feparate da lunghi intervalli . Mentre i due vecchj pattavano in tal guifa il tempo , venne il fofpirato momento dell'arrivo del mercante Dr agami eh. Tuita il popolo della villa cominciò a portarti alla fua cafa per avere i foliti cambj . La Ina venuta lufeitò del tumulto . Eccolo , eccolo , dinanzi alia capanna dei Narztvizca , fui fuo cavallo , feguiro da' fuo carriaggio , circondato dai fanciulli , e dal popolo . Le donne gli danno mano a difecndere da cavallo , e Ferva» l'abbraccia. Si fcaricano le merci , e lono dilpofte lotto il tetto dello Stare/cine , alloggiando i di lui fervi nelle capanne le pài vicine . Tre archibug-giatc date all' aria in un folo punto per ordine di Stirpo , e ripetute dall'una all'altra abita/ione annunziano l'arrivo del provveditore generale, c fanno cor-rare da iurte le pitti della valle quelli che hanno in-tcrettc , o che fono curio!! . Si trafporta coli tutto .db chi dee fervire al pagamento, ed ai cambi* Mentre fi dilpongono d'intorno alla cafa le ricchezze della nazione, Draranich riceve dalla famiglia di Ferva* tutte le attenzioni della piu correfe ofpi-talita • Le donne lo fcalzano, lo lavano, lo pettinalo. Gli uomini trafportano , e pongono in laniera le bai/e ut» bàUc di mercanzia , ed i* vecchio non lafcia di dimandargli di Ina falute , di quella de' fuoi figli , de* fuoi affari coi modi i più preffanti , ed amichevoli. " V albero e vecchio , rifpofe Dragmnicb , lì cur. va, e s'avvicina alla fera; la terra che abbraccia, e Angue le fue radici , che germogliò altre vQlte il fuo tronco , e lo fofliene ancora debolmente , a momenti ila per ricevere la fua Ipoglia . Non fono però flato inutile fu quella terra ; lafcio dopo di me delle piante giovani, che potranno formare una gran forcfla. — Jervaz ha avuto per anche figli ? eccone tre ch'io abbraccio . Il Cielo ti feliciti ottimo Statefei ma , le tue brame fono compire. — E tu, o Stirpe, lei ficco dì vitelli f fi moltiplicano le tue pecore f T' ama il tuo Marito , o forrunata Jtìia ì io l'amo niente) meno di re. — Dafcia , tu lei la più laggia tra le donne ch'io conofea . Perchè non ne ho una limile a te, che diriga la mia enfa! — Un bicchiere di vino, mio amico , gli dille Vervan, che rimetta le tue forte. — Due, e tre, ei rifpofe, alla profperirà di tilt ti i Narztvizea, che fecero la mia fortuna . Si , mio amico , non lafcio di dirlo , il commercio con il tuo villano , o Stare/cina, mi arricchì , e rcfla a' miei figli una fiifliltcnza che non potrà a loro collare le incomprenfibili fatiche , i viaggi , e rilchi da me incontrati. Che vagliono per me le mie ticchetta ì m" aflaticai , patii non poco a farle , e mi compiaceva della nr della, fola fperanza ; al preferite che I* lio arnjnaflate m; mancano le facoltà , ed il tempo a goderle . Il freddo della vecch iaja agghiacciò i miei fenfi , e le mie brame ; ioao circondato di beni al punto in cui jni fi rendono inutili . 1 miei figli folcano i mari t onde acquiflarne di maggiori. Quando fento • fofliare il fiero Aquilone , tremo ch'egli fquarci le vela , ed il vafcello che porta i miei figli vada a naufragare fu gli felonij o romperfi negli fcogli. Sembrami vederli a (ommergerfi , e perire fra le angofeie di morte . Le tuie iiglie , alle quali diedi ricca dote , fono collocato in paefi llranieri , sì lontane da' miai occhi , coma fono, oh Dio ! i loro cuori dal mio. Uno de* miei figli fpoib una donna d" una grande Città lontana* E|Ia non fi degna venire alla cafa del fuo Ipofo , ed abitare l1 ifola paterna. Non conofeo i miei nipoti, non vedranno il loro Avo, e giammai faprauno pronunziate un tal nome. Quanto invidio la tua ione, O felice Stare/a»* i l tuoi figli Scaveranno la tua fulla , ed il tuo Jtrvax (colpirà lulla pietra uomini che piangono . Io folo non avrò alcuno d* intorno al mio Iato , che chiuda per fempre i miei occhi (martiri , c moiibondi , i quali cereherauno invano negli altri gli fguardi , e le lagrime della natuta . Nfe le '"ìC "R'ie, uè le mogli de' mici tigli canteranno fopra il mio corpo U canzone della mia morte , 0 quelle fUll« mie fatiche . " ut U buon Tervnti piagneva , e fa commoventi deflazione del vecchio &t*$**hh frappava le lacrime a turra la famiglie de' fuoi amici . " Ma perche , gli difTe lo Starefchia , non lafci il commercio, ed obblighi i tuoi figli a vivere collo loro mogli nella tua itola ? — E* troppo tardi , caro amico , e non v'è più quello diritto nel nofiro paefe. L'obbedienza figliale , quei tributo della natura , il primo de' noflri doveri , cede nei paefi politi a miiic altri doveri inventati dalla fodera per rendere l'uomo febiavo. V'ha niente di più naturale , che dipendere da colui che ci d;se la vita ^ Può quelli voler altra cofa che l'amore dell'oggetto della fua tenerezza ' Si , I' uomo libero fente , ed appia M c|iicfta dolce obbedienza . Effa non lo moietta punto : ai allatto fe gli oppone allo fviluppo di tutra la Ina energia» d'i tutta la Ina forza. Ma l'uomo di Città circondato , opprcflo da varie cole ncceffarie al fuo flato obbligato a vivere con mille dipendenze . S' avvede bcnillìmo che gli c d'uopo dell'appoggio d'un padre, ma efamina altri legami , e rapporti , che quei della letnplicc natura . (ili onori , le ricchezze lembrauo pure neceflità ai di lui occhi. Pei conlcguirle a quanta fchijvirù non c niellici i di fot tonici tei li1 IV r ;mu-dagnare ei dee vivere tra le fatiche , ed i timoti ; lì deve occultare dall'inganno, cercando n'ingannare con ottimo efletto. S= vuole particola!,'.vaili , c domina- ti* minare in Cittì , dee acquifhre dei protettori tifando h pili vile ftfvitu , e per ricompenfa ì: ridotto a tro» vare del piacere nel la-rinvio di fe fletti), negl'imba* razza i'1 cui C condotto d«t lu°i Affli clienti. Le fro* di negl*invidio^, P incottanz.a delia grazia avvelenano il buon'olito. Se brama una gloria militare, egli (putto cerca d'internarli in litigi, poi quali ne la fua pania , ne egli fatiate prendere alcun'interctte : ed il fuo valore mal impiegato confìtte nell'cfporre la fua viti ella volontà di nulle fupcriori che trattengono t fuoi patti, o arredano le fue prodezze fenza poter dt-muflrare , come vorrebbe , il fuo valore. Fra tanti roycfcj di cofe, l'amor della famiglia fvanifee, i teneri c (a&ri legami della natura non hanno forza ; l'obbedienza figlia!e , ed anche l'amore paterno fono t pómi dtllrutti. I miei ftgH abbandonati troppo pretto in mezzo d'un tal mutilo forfè m'amano ancora,ma fanno vivere lenza di me, e de' mici configlj. fino al pulente potei aneli* io flcrffo far di meno di etto loro, ma , oli Dio! la veerbiaja ralfomiglia all'infanzia : la prima ha biloguo d'un'appoggio come la fe* coinla . u Penetrato l'amico Perv*>i dello (lato di Dractnieb, I l'bentpoco folle iutela da lui la maggior parte de'fuoi tblcorfi , « Lafcta dunque il tuo commercio , ed i tuoi laticoli Viaggi , o Drac.tmcb ; vieni a vivere in ■ t cafa i Sarai un mio fratello , ci i miei fiflì t'a- ih aleranno quanto io fretto, avranno il nome do* tuoi.'f Dragauich a tale offerta fida lo fguardo lullo Stare, [citi*, ed a tutti d'intorno. I figli » e le lóro mogli esprimevano cogli occhi la viva gioja che può dipi-gnere il Sentimento leale del dcfidetio, e della fprrau-•li. Turri amavano il vecchio mercante , e le di lui lagrime li avevano inteneriti , ed era loto fiata di fonino aggradimento l'efibi/iore del padre. Rejìa con noi , gli di (Te Stiepo . Ti additerò i più dilettevoli paffeggi ; mi Seguirai appoggiato ad un baffone, fui quale fcolpii io fletto due ferpenri («), che intrecciano le loro tette , e ne formano il pomo del liilfonr , Io ferberb per te . Ti darò braccio , ti preparerò vicino al ruScello un tedile d'erba per ripo, farti." " Rejìa con noi : feguì fella , canterò quando tu vorrai la canzone della bella Stane , quando Scappo da O/mano , fiero Turco , che la tubò alla fua fonie glia . " 41 Refla con noi , foggiunfe la buona Da/eia ; t'impatterò il pane con il latte, acciò lia più teucro. A< vrò (a) / Serpenti Panno alia guardia de' te futi . (Juan-do fe ne incontrano molti , è fegno dì fori090i I* cend» $ Morlacchi . vrb cura de'tuoi abiti più belli de* noflri, e cercherò farcene d' e,*"»'' • " 11 Rejla co>* noi , grida abbracciandolo il fuocofo Jervaz- Tu affìllcrai con piacere alla mia pefea.* porlo a* tuoi piedi l'incaiieo della cordicciola . " Penetrato fino nel più interno dell'anima" Si, fiate miei figli, gridò Dragameli , . . . Ed i miei f . . —• Verranno a trovarti qui , con fomma gioja li vedremo , proveranno eflì pure che non poflono effer felici che con te , c fra noi . —■ E P affuefazione t Vi parlo io fletto , commofTo dalle voflre orlérte, incantato dal voflro lieto afpetro , io fletto non ho più forza a decidermi. Forte Panno venturo farò più felice per compiacervi .u Pervan niente foggiunfe di più; folo ditte all'amico, che aveva deflinato di far tofare il più picciolo Demetrio, arrivato all'età dei quatti'anni , c che l'aveva lecito per eflere il padrino ( a ) , defiderando con qut- ( a ) Ufano ratiere i captili , Lifnanito vn picciolo codino. In alcuni vii, miti corre ancora un c*/ì",rte* *d , de fi chiama un1 amico , il quale tvjt un poco il ragazzo, Ptr tale ctrtmtma diventa Compare Spirituale . q-jetto aggiugnerc al legame della loro anricaamicizia, quello d'una parentela Spirituale tanto per etto lui, come per tmta la famiglia. Dravanicb lo rinpraziù , ed accettò I* otterrà ; fece cenno di non voler più bere i Pervan gli fece dare il iuo letto non Cinta feUatì fiato prima dalle donne fcalzato, lavati i piedi, e le mani. fin* (iti Quinto Lilio, ti) Libro vi. ARGOMENTO. Mercato — Partenza di Draganichn Tutti li famiglia dì Pìrvan crafi alzata di buoa fruttino, ed anche \* ofpitc . Uomini, donne, ragazzi correvano in folla, i primi conduccndo dei carri carichi di pelli tirar! dai buoi , portando dei vafi di mele , di cera, di burro j le donne con dei montoni; e formaggi , i ragazzi con delle celle , • dai lacchi pieni di frutta fecche. La gran piazza era dinanzi alla principale abitazione del Narzevizcì piena di popolo, e di viveri, prefentando il confufo difendine , ma allegro, eT un mercato di villa.. Jella, Jervaz , e Stiepo ufeirono dalla capanni, cir« condando il loro amico , legniti da calle, e balle che racchiudevano gli oggetti di tante brame . ÌBCOJkH. vono Prrvan , c n^jeta j che furono amichevolmente rimproverati per averli prevenuti. li In Il} In mezzo della piazza fi piantò una gran tavoli ponendovi all' intorno i cofani del mercante - Draga-web , dopo aver Utro aprire le fue valigie tirando lùari ciò che voleva moflrare agli occhi de' Morlacchi maravigliati , e ciò che doveva diflribuire fecondo le commiffioiii avute l'anno precedente , vi fopra. Si pofe a federe con tutta gravità fu d'un picciolo jgibcllo da tre piedi (a), flando dinanzi a lui i iv>. ztvìzca , come mallevadori de' contratti , e prendenti alla loro efeeuzione. Cavi) fuori dalla cintura la lunga nota delle commifTìoni, e delle perfone che le avevano date < Di mano in mano che fi nominava alcuno egli s'avvicinava alla tavola , e riceveva dalle mani di Dragatici ciò che «rIì «veva ordinato, ed anticipata* monte pagato . Vedovali dividere , ed allungare fulla piazza peni di tela , di drappo ( di pelli lavorate , (frumenti rurali, mobili di cucina ( 6 ) , c vane altre co- ( a ) I Morlacchi fìedono per lo p,h p9r terra, a [opra l'edili componi di tavolette in [trina di treppiedi e poco alti da terra » ( b ) / V*fi p*r la cucina fono pentole di terra p1* mangiare, e per bere fono di tavola , Cli uir»/"' t fra gP Indiani , fono ano , o due bacili » P**^ cofe , delle q^i hanno d'uopo i Morlacchi, e ne re* Mano fempre privi per la loro ignoranta, ed inerzia* Ognuno ritornava con gridi di gioja alla fua carretta, ovvero al (uo animale per porvi (opra la nuova mercanzia . Dragatileb per conciliarli l'animo di il buon* gente a moro fa , e per conltgucnza di buona fede , a-veva l'afluzia , e forfè anche la booti di regalare ad Ognuno , dopo avergli data la roba di commilitone f qualche bagattella,, per efempio, un poco di tabacco, dell'acqua vite, una pipa, qualche ritaglio di drappo rollò per fare dei Kalpaki (a) , dal che forprefo lo Slavo era al colmo della fua gioja. S' approllìmarono pofeia le donne , feguendo il luffa , nelle loro convenienti ordinazioni . Si olfervò Io Hello ordine per elio loro , come avevafi fatto pegli Uomini. Fazzoletti, collane , Iraugie di lana * ed alcuni /gabelli , che fervono di origliere , ed uno /gabello) più grande, dove jìede il padrone della Capanna t Terzo viaggio di Cook nell'America, ( a ) Kafpaki. Turbante cilindrico ad ufo tartarei che v*ene /colpito talvolta fulla pietra del fspolcro P'r dinotare che là v1 è Jepolto un Capitano del Villaggio. Il 2 ito etmi fiocchi : prescindendo ddh forbici, aghi, dalli di filo , di l'era , oro filato , t varj altri famigliari oggetti. Dragaci eh gcnerofo , e galante aggiugnea ad ognuna il piccolo dono. Alla vecchia donava un'imagine in quadro ; alfa giovane maritata uno fperchio gran* de come la mino , ed alla donna nubile uh fiore artificiale , ovvero una penna di pavone. Dopo aver ricevuii gli apptaufi , e i ringraziamenti eh'l'chegjiavano d'intorno a lui , Drapunich , uomo regolato , e che prevedeva , richiamava ancora di nuo» vo gli uomini, che gli avevano portato della mercanzia per pagamento anticipato delle commiffìoni , che gli davano per l'anno venturo. Col fuo catamajo, e colla penna in mano fcriveva il nome di cadauno, gli «Rètti che lafciava , e ciò che gli commetteva. Dopo queflo i futi fervi ticevevano gli animali , ed i viveri , che davano anticipatamente , ponendoli nelle ca. panne formate a bella pofh alla fine della pia?7a . La ftima , il rapporto del prezzo non erano calcolati .* il Morlacco non penfa che a cambiare oggetto per oggetto, il che per verirì non dava penfier* al deflro commerciante, fapendo egli dare ai contratto tum la dovuta Solennità , onde etTer falvo dal rimprovero , 9 da! pentimento. Dopo efepuira la nota , rilff-geva ad ognuno l'articolo della fua ordina/ione, e dell'oeri't-to defluito al cambio | dimandando ad alta voce che» fi di Hi fi dieclTe fi» tlUTi erano contenti. In ni modo non fi Udiva ,na' dalla bocca del Morlacco quercia vetuna , anzi UH ti reflavano contenti dei loro nuovi acquali flioflrandoceli reciprocamente con ellremo piacere. Jl desiderio delle cofe fuperfiue rende gli uomini accorti ; quando le ignorano , e che hanno tutto ciò crVc d'uopo per fupplire abbondantemente alle prime neceffirà , non fi calcola il fuperfluo , ne fi fa dargli un rìuìIo valore. La pieciola varietà nello lleffo fuperfluo difpenfa anche i Morlacchi dall1 induflria di valutare il loro proprio fuperfluo in modo di procutarfi un vantaggio maggiore di quantità e divertita negli articoli del fuperfluo fir.miero. Quello poco di vari.tà impedilce , che mai non nafeano fra di loro foggetti di gelofia , e d'invidia diliiciii .ul appagare - lha:.\a>;:Jj aveva talento , e vedeva che avrebbe arrifehiato nel portare novità forprcndenti , e che molto meglio era per la tranquillità , e ficurezza del fuo ricco commercio tenere i fuoi avventori nei limiti delle toro folite idee . Finita la fiera , e terminate le operazioni del commercio , fi cominciò il divertimento favorito della nazione, e della natura, cioc, il pranzo. Ogni capo di famigli, raduna i fuoi commentali d' intorno ad un monticello di tetra , o d'una panca , fopra le radici ohe «feono fuori fl4i tr0IKO dell'albero, ponendovi li N 3 * fu* MI (ai provvigioni. Ormino mangia, beve, e grida, le dMtf) fervono in giro pattando da una tavola all'altra fino a tanto eh'è a loro permeilo di rannicchiarfi in varie patri, e mangiare a piacere. Gli elogi, e brindili a &*«g«nìtb vanno al Cielo fra gli urli , e nuvoloni di fumo di tabacco. Dragamcè commoffo da quello che vedeva « far(i per lui, fi confermava vieppiù nell'opinione di venir* pattare il redo de' fuoi di con tali amici . Nei due giorni feguenti vi fu ancora concorfo in cafa di Per-va» per tenere compagina al vecchio mercante ch'era vicino a partire. Il quarto giorno ei prepari) i luoi corri, e tutto il villaggio gli felicitò il buon via;'., io p Pvrvan , a Di>»panicb s' abbracciarono dirottamente piangendo, promettendo di rivederli nell'anno venturo allo Hello tempo; " Sì, ditte il fnraflicre, ti caro parente , entro ad un'anno o farò in tua cala , o rei ffpolcto : poli'jo ritrova» lo qui, ed c fior vi poflo dalle tue mani, acmmpagnato dalla tua nnuuiola pofle-rità ! l'Ula la mia famiglia unirli, e non bnmaic che mi folo popolo con i tuoi ! *' ( ) Dtapmick ^ tu t* nifi .inni , td abbi irci per l'ultima volta il ruo amico / Verri uno d«' tuoi figli in tua vece; la slottu-,,a | *n" IO mi || tue ti Iav vciurc ; il fangui dt Drajancé d.e dee fartene fpargere di pia amare. I figli di Vtrvan ed altri parc"ti accompagnano il vecchio fino al confine del villaggio. Egli fe ne va con il fuo bottino, 0 comperandolo calco'a già l'avvantaggio che dee ritrarne , ni più penfa al bene di terminare tranquillamente la fua vira nel lieto foggiorno dell'innocenza. Tutti fili augurano buon viaggio , ed un felice ritorno. Lafcie i fnoi amici: il fuo cuore reflerà ben pre-fio in filenzio , e la fua mente s* occuperà ce* fuoi computi, « nel fuo commercio. GHl il capo d«i t>tat%*V*'iem pafT.iva i fuoi giorni nella dolce ferenità alla maniera degli antichi patriarchi . JclU aveva data alla luce una figlia, ed in taJ modo accrefciuta la famiglia , mentre era il quarto parto in fei anni di matrimonio con Jcr^ez. Alla vi" ila della feconda generazione , forte , e robulla , il cuore dell'avolo provava il contento il piò puro , ed unico che fetba la natura per la felicità della vec» cM.ija . Quanto piti il Morlacco , capo d' una famiglia , U vede aumentata" nel numero , tanto più è lieto col fttirimento , e col fatto. A mtfura ch'egli avanza «oli* «rà, Ì figli, ed i nipoti raddoppiano le premure, ed il rifpetto per elfo lui. Riverìfcono, ed accarezzano m un modo come fagro il principio lenfibile, e vigente , da cui «bbero origine ; e tali fentinjenti fon* t*4 in proporzione del grado di djìEtanza dì parentela, mentre mia quarta generazione riguarderebbe il fuo trifavolo , fe vivelTe , come un Dio. * " Noi difendiamo da noflro padre , dicono , e di padre in padre fi va fino al primo clic viene da DioT Il piimo uomo che ardì difobbediro Dio fnQ padre, tirò fopra di (e la fua maledizione . Obbediamo quello che ci diede la vita, perche non fi vendichi di noi, « ci maledica , come Dio ha maledetto il primo uo* jno , " Così l'obbedienza figliale e la vendetta pretto ì Mi .„•• , louo , per e:-] dire, egualmente d'il li-fusione divina, Tutr* la famiglia dei Narz*vizca aveva per il fuo capo un1 amorofa venerazione , i piccoli fanciulli Tac-caicz/avano, perche era verfo dì loro a vicenda amorevole , C buono i Demetrio non mancava ogni giorno dopo pranzo di correre a cercare la pipa dell' avo , e portargli |l brace per accenderla, Il buon vecchio l'idolatrava, e non poteva Ilare lenza di lui. La te-fta, ed il P«*to efpofìi a tutto ; una pieciola camic-ciuola l'I rafeia lenza maniche fulla vita ; il fanciullo correva pei campi fegnrndo l'avo nel patteggio . Se fi doveva pattare un rufcello, Vtrr*» ancora robuflo , jgiato fui battone , lo attraverfava , e gridava al fanciullo che lo imirafle .- quelli lenza conGderare il fallo fi slanciava, e u°» poteriilo giugnerc alla riva» ni oppofla cadeva nell'acqua. Il vecchio rideva , ed il fanciullo tutto bagnato uiciva dall'acqua ridendo an» ijora p*u » c M godeva dello Orepito che faceva cam.» miri*"1'0 coli'vpankt piene di quell'umore. Giammai l'avo , ne alcuno delia (amiglia avrebbe penfato di alciugarlo, o di cambiargli le velli, folle flato anche nel più rigido inverno. Era d'uopo talvolta attendere Ja collina per vedere fe I* uva era matura • Demetrio gii era accanto ; fe la l'alita era afpra , ed il cammino pieno di fallì , piuttollo che lanciarlo lì flrafcinava a lui vicino , « lo feguiya arrampicandoti • Egli cono, fceva i montoni Ì piti graffi, e li dinotava cornei pili buoni ad edere mangiati. Se incontrava al pakolo un picciolo cavallo , e poteva pigliargli i crini in nn lam. po vi laltava lopra facendo tutti gii sforzi pofiìbi|i per tencrvili , e fpcifo vi riufeiva, malgrado i Ulti del cavallo per liberartene ; talvolta cadeva , e la caduta I* affliggeva più del dolore , perche non età n* compianto, accarezzato. " Tu non lei deflro , gli diceva l'ervan : ma un' altra volta meglio vi darai• Salta ancora in mia prefeiua fu quel cavallo; fìrìngi-ti ben bene al Ino collo ravvoglicndoti intorno alla mano i crini. Nell'ore di ripolo lo prendeva fulle ginocchia , e gì* infegoava le canzoni $A*ké , § di M*r« fu KraUxicb . Quando lo vedeva a tormentare i rimi fratelli nella capanna, alternativamente lo tormentava tifo ■ #lTo pure, dicendogli. I( Tu fai del male a* tuoi fra» felli , perchè fei più forte di erto loro, ed io eh» lo fono più di te, voglio fartene altrettanto.- lei tu contento? ti fembra cofa giulla ' " La pieciola famiglia accrefeeva , e fe ne aveva tutto l'antivedimento . Ferva» con ragione fi compiaceva delie fue premure economiche (*) , e della fu# fari, che , le quali apparecchiavano una corno, a fuflìflenza a' fuoi difendenti , Ira i quali , dopo la fua morte, doveva (accedere una divifione Più che l'uomo l'avvicina al fuo fine, più fi gode contemplando quel bene che falcia fulla terra , come frutto di tue fatiche . I figli , ì nipoti fono parti dì noi fletìi, che fopravvtvendotì continuano per co*] di-te la noflra efilìenza , ed a motivo di quelli non pe- ri- _ ( a ) Pervan era un Morlacco in certe refe Hi ferente dagli altri Mot lacchi , mentre per lo più fra i Morlacchi ^ bandita l'economi* ; e fe vi fvQ* nome economo diverrebbe ridicolo, e difprrz *m da tutta la Nazione. L* fl'fle fumighi dei Fu (]e [Jori, ptr quanto abbondante fta la derrata , di rado ia fapo all' anno non •»' aggravano di urlui 1*7 fifce interamente la noflra memori», Nella focietì della pura e fe'nplice natura , T uomo dice , m' affatico pei mi«» f,3'': ed il felvaggio, non m'affatico che per wc folo. Quando l'animale Selvaggio umilmente che lui » è creluuto abbaflauz.a , il padte l'abbandona e lo ialcia provvedere da le lolo alle lue necelfità . Cosi l'uomo aflolutamente felvaggio che fi procede* Ja fufTtflcnza coi ioli mezzi penou della caccia, e della pelea , abbandona il luo tìglio qualora e in illato di fare alttcttanto ; errante per le torcile, e tulle fpng-gie del mare, egli rincontra, e non lo tura. Al centuno la focietà moltiplicandone le idee , le tenia/ioni , e per confegnen/a le bifogna , ha inventato , o trovato i mezzi di appagaci?* Quello cambio reciproco di premura , quello vicendevole lottarlo , quella comunità di compiacenze e (lato il primo legame della focietà , ed è ancora la baie predo gli uomini di campagna. Ma nella città lo Ipiiiro, e per così dira Tabulo della (usabilità ha depravato gli uomini; per. tando all'eccello il numero dei bilogni fattizi , non ha lafciato che le apparenze d'una mutua llrettillìma u-nione , quando realmente li ha ricondotti allo liato d' iaeUflcrenzai e d'e del felvaggio. L'uomo pa. flore, o agricoltore ha d'uopo de* fuoi hgli pei lavori della campagna , ed agflugne all' attaccamento che la natura Ri* inibita per «Ho loro, quello della familiari-ai » tal ti che diventi ancor* piti fori*. Deriva da queftt fletfo attaccamento che il padre (i fa uu dovere , un* compiacenza di preparare delle ricchezze *' luoi hglì# L* uomo di citte al contrario alfediaio da un numero troppo grande di perionali necetfità non ha ne il tern-po , ne le forze, ne la brama di occupar* nei biiogni futuri de' fuoi parenti. Quindi 1'egoilmo indolente, c l'abbandono delle cure paterne, purché la vanità non tenga luogo di queJJ*amore ch'eccita quelle fteffd premure . Di là la divisone d'interdi» , e l'indipen. deuza , e tutti i mali che conducono anche alla di-irruzione dell'amore della patria , c rendono l'uomo in mezzo alla focietà *1 indi;iercnte pegli altri, e tanto ifolato come il relvagp.io , " Atiàtichiamoci per noi , a pei nofiri figli , dicev» il nollro felice Morlacco : s'affaticheranno elfi pure per loro : eflì li benediranno, come mi benedite voi. •Le rioHre viri ci prefentano un'abbondante venderà* mia : prepariamo i tini , e le botti che lono vuote da moiri meli. Perche non potremmo con uu lavoro più affiduQ, e piìj fluduto ptoccurarci una quantità dì vino a noi fuflicitnte per tutto P anno t Difetto la coltivarionc della Vite non c piellu i Moriteci»ciò che avu-bhe potuto d'ere. Scotrtndo il vado ictreno dopo U piano di Dir.rno imo alle rive della Ct$tÌ9*i% ed alle laide dell* £a>a*aV*X*, l'nvan lo ticonolc«v* atto arto ad ogni forra di coltivazione . E* vero che non avrebbe toceato che a lui a diflodare delle terre io* colte, tfhe avrebbero rendmo il centuplo di ciò che fi avelie feminato ; ina non avendo alcun» idea del commercio attivo che atricchilce , e proccura il comodo , ed il fuperfluo , mentre avendo offervato per mi -a efperienza che la parre del paefe coltivata lommini-Arava al di lì dei bito^ni della fua popolazione , le fue brame erano foddislatte , r.è farebbe fiato atto a formarne di più . Ptevedeva facilmente eh» aumentando la fua poiU-iiiA aveva folto la mano di che nccr«. fctn anche i modi del a fufliflen/a ; il terreno eia da per tutto fertile , t fembrava adattato a Vaij prodotti. Capo d'un popolo principalmente pallore , e po* chiffimo coltivatore, t frlleil . Il pallore conduce una vita afai più tran» Rutila che J* agricoltore. SI ha fempre poflo l'imigini dilla felicità fui quadri, ove le peilone che vi t furano , fono pafloti , pallorclle , armenti the pafiolano Bel prato i « rtatlaa tiva del micelio , fochi il felice pafiore canta d'amore , e dei delizio/i puedi . H %/l»rlaeeò penfi prima di tutto ai fuoi pafcoli , va Vagando col fuo beftiamc , c dei prodotti dello fteflb forma le fue grandi ricchezze , e s'affatica meno che puà nel lavoro. Ha grande avverfione agli alberi,che fradica , quando gli incontra lui terreno che gli fem-bra aito a nutrire foltanto i fuoi armenti. ftne dei Stjia Libra* ti LIBRO VII. ARGOMENTO jtrrivo dei figlio di Dragameli . Storia de! naufragi* 9 t morir di fuo Padre. JtjR* vicino il tempo in cui il vecchio Drap anici' | niva tutti gli anni a portar» alla popola/ione ilei Mar* Xtvizca le mercanzie ordinare , avendone avuto nell' anno precedente V anticipato valore. Era terminato il m:fe di Novembre, ne ft era per anche veduto. Vari capi di famiglia venivano a chiederne nuova alla Cafa dello Stareftna, Le loro camicie erano confane* te, UOpankr avevano duopo di nuova pelle; i giub-brrelli (a) di talcia erano logorati , • le donne ozio-fe . Giammai il Morlacco ebbe la precauzione di fate tal forta di provvigione da un'anno all'altro, Quindi terminarti l'anno era finito rutto. Etano inquieti, e non lapevano qual partito prendere . Un viaggio a Sci»** ( a) 1 Glubberelli non oltrrpaffano ir anche, eia ci» eone et» una j^cia . J Scìgn ( " )j a Spalato, ovvero ad altra Cittì fulle colle del mare farebbe fiata cofa sì nuova , che non lì avrebbe laputo come effettuarlo. Ptruan era talmente imbarazzato , quanto gli altri tutti , ed ogni giorno , egli , ed alcun' altro de' fuoi figli montavano » cavallo , e facevano alcune miglia per quella flrada donde doveva venire Dragtnich . Venne il niefe di Dccctnbre , e V inverno cominciava a Ipargere le lue gelate brine con rigore . Jervaz un di flava in oflerva-?ione a quella parte , quando difeerne di lontano un carro che veniva verfo di lui . Salta a cavalla , lo Iprona fu ([nella via , e riconofee più da vicino il con- (a) Scìgn Fortezza tutta diroccata, uè altro vi fi vede che le antiche vejh'gia d' una moderata archi' tritura. La Campagna diScign è beila, ed ,n alcuni luorhi non ha invidia delle campagne Ita* liane. Foco dijìant? vi fono dille miniere d> Qef-Jo , ? circondata da Colline , e l.t pia;- ira r1 per molti me/i inori,lata dalla Cettina , che tende $n certi luoghi I' aria infatubre . Qui è il primi, /nego della Bazzana Turca , ovvero Quadrato re* cinto | ove i Turchi che vengono dalla Ivjjnia vi entrano colle mercanzie per timore dellapefte. Vera un Nubile Veneto col titolo di Provvedi fere f alcuni Quartieri per la Milizia . convoglio compollo d'uni carretta, e quattro uomini a cava//*» ^ra> quali difliugue il più familiare dei fervi tìjf vecchio Dranjnicb . Jervaz cominciò a gridare u (>»'è il noflro amico? ov'c il tuo padrone? u li fer-vitore non rifpofe che piangendo : Jervaz. capifee edere accaduta qualche dilgra/;a ; ed afpetta con Impa. zienza che il fervitore polla parlare". " Ah ! fofs'egli reftato in cafa voftra f il mio caro padrone fa '-Se ancora vivo. Ecco il Ino figlio : ecco il bravo Er%è Dragatiameh, che viene a fod di sfati gli obblighi di fuo padre, e chiedere ('•mietala' dei Narétvizàé .** féfaia^ fi fiira , e vede vicino a lui fu d' un bel cavallo un g.uv.ine (P amabilifTìmo afpetto. Pofero il piede a terra, f Jervaz prendendo l'altro» per la mano , fcuotendolo " Figlio di Dravanich , gli dtlfe , tu vedi in me il ligiio dell'anrico ttérzivUi* » il Bagliore areico di tuo padre, tu l'hai perduro, ed" io r'oflio il mio ih fua vece- Vieni in tua cafa, vie ni a tipofatti ; vi traverai anche i fratelli, che t'ameranno come ì tuoi propri . SttgUirni : andiamo ifluY me a piagnere I' oueflo Draganich nella tua cafa ; fa cafa dei Narztvizca ì la tua . £rzt penetrato dalla buon'accoglienza, amorola , e cordiale di Jervaz i t quantunque nato , ed allevato in campagna feppe ti fpondete " Fratello , dagli amici che mio padre fi a-Viva acquiflato , lento tanto più la di lui perdita. T'ac cetto per mio fratello; bramo il momentu d. ifiUirn: i . ti l)d re ni cafa dai Nérztvitt** Sono certo che tutti t'af. l'omtg!ieranno : andiamo a flrìgnere la nollra amicizia, andiamo a piagnere mio padre coi fuoi amici • ** Gli amoroiì clogj che i due giovani danno ai loro padri d'accordo, fono un mezzo dei più forti per confondale tra cfTo loro le fondamenta d'una virtuofa amicizia . S'incamminarono verfo il villaggio feguiti dal carro , e dai domellici. Jervaz per dilloglierc il fuo amico dalle trifle idee, nelle quali la rimembranza > ed il dolore di fuo padre I* avevano immerlo , gli andava indicando tutto ciò che di particolare fc gli olf'ri-"va fulla via , ammaeftrandolo dei nomi dei differenti luoghi che di quando in quando fi presentavano , o dì lontano fi feor^evano . *' A diritta tu puoi vedere le rive della Cettina , fiume che bagna le nollre campagne , e diflcta Ì noftri animali . Le chiare fue (or;-, liti fono ai piedi delle colline , che DQÌfcODO le mon* ragie di Koz/ac , Dinara, ed Herzovjz. Caverne im* metile, profondi lottenauci , gioite tencbrole , ifpide di punte, firuatc nei Liti della montagna, lotto l'abitazione delle late che fanno guardia alle tre lorgen-ti principali Chivjjcb , lurtbizca , e Coti uff* . El* le no li unilcono e form.ino la Cettina , che in una pieciola eflcnfionc licevendo le acque del Dabar t e della Vtruccbia corre oigogliolamente fulle nofire pianure prendendo polcia un corto più lento e maeflo'4-Guarda a lini 11: a quel gran bofeo : epji afecnde fino all' ili'erta di GtaH.ir, , e io copre colla fua ombra Lì il timido daino , ed il veloce capriuolo fi ria-fondono da chi fi fìegue ; lì parimenti il gallo di montagna prefo d'amore lente il grido della fua compagna che l'invita s'avvede del cacciatore che fe gli avvicina, e non gli lafcìa pììi tempo d'evitare il colpo mortale , Fuori del tempo de* fuo! amo*! , per quanto goffo et fa , fugge fempre da chi lo c-rcn. Anche l'orfo terribile fa la fua dimora fu quell'alte montagne che puoi vedere al di fotto del Sole , le quali ce lo fanno ben preflo nafeondere . L'animale feroce fpinto dalla fame di fremi- talvolta nell1 inverno in mezzo alle nofire pianure : ma il valorofo Morirò non t* contento di difendere ì fuoi armenti , che anzi va a sfidarlo, attaccarlo, abbatterlo nel bofeo » mi furando le Ine proptic forze con quelle del formidabile fuo nemico. — Veggo delle capanne, un villaggio, gtid'S Dtapananieb : — al»! Diurno, ri'pnfe Jervaz , il foggiorno c quello de' tuoi arni;! , e fratelli . La neve caduta da pochi giorni ha coperto t nollri tetti , ma pteflo difparirl. Vedi come il Sole a' attuila pieno di raggi , e come di viola , e di porpora colora la nuvole che lo circondano , e fembrano opporfi al fuo paflaggio. Ritornerà dimani 11 bello che diftruggerì la neve, e potrò farti percorrere i no-Uri prati , i campi ( e quelli de* nollri vicini . Vedi tu dinanzi a noi quegli olmi , indicati dal mìo diro ) I \ Egli- f |lina fono ahi, ed ombrofi , lontani però dall'affo, i iare a quelle vecchie quercie » che non fono tanto lontane , c che formano la foreila di Brantri'*** fjUtrdd a bnillra quelle gran pietre, dalle quali ferri-. brano ufciie tanti albcii ; quelli fono i fepolcrì dei Rarzevizca , le Uno ceneri foco infieme colle radici degli alberi che le coprono. Un padre, un figlio, un caro Probatime fcolpì fu cadauna di quelle pietre pi» indizi del fuo dolore , ed ha piantalo l'albero che l* adombra ad onore del fepolto ( a) . Tu non vedrai le prodezze dei valotofi . Il noflro Sovrano che viva in pace , ci toglie il modo di molliate la nollra for-'ix , e non abbiamo a vincere alcun nemico; una volta ì nofiti maggiori feppero difiinguctfi . l.a romita che vedui alzarli (ovra le altre, racchiude gli avanzi d-1 C ; i-ano Pecirrp , il pili valorofo de' nollri antichi . Tu Cestirai le molte lue imprefa dalla llefl'a voce di mio patite , che folo e degno di cantarle: ni-lecito ad un giovane uomo palclare allo flraniere la 6l°- ( a ) Q**fi tutti i Cimi terj fono pieni d' alberi , acciò Panimi de" Morti ( dicono i Morlacchi ) pvQano girare all'ombra. Pochi Morlacchi dì notte tempo farebbero capaci di paffare pei Cimiteri . Qf diam in tempo di notte non paflanu mai , ftnza *»-pa pofitiva ntcrJJttHj prejjo i a mi ter/t ploria del nortro capo . M Così discorrendo Jervaz li trovò al l«0B° di dare a fuo padre il fegno concerta* to de» d"e co'p> di pillola. Pervan con tutta la famiglia dalla capanna al momento in cui i viaggiatori attivano alla porta . Jervaz ordina alle donue di affiilere Oragaxameh a discendere da cavallo „ indi prendendolo per la mano lo prefenta a fuo padre , " Ecco , gli dine , il figlio di Dragarne/} : e\ viene a foddisfare gli obblighi di fuo padre , e porfi in fuo luogo ne' nollri cuori . " Tal voce ballò per far ca. pire al vecchio , che il iuo .nntico amico era morrò . figli abbraccia il giovane ofpife % appoggia il fuo capo fulla di lui Ipalla , e non fa proferire parola . F»--zt penetrato per l'eli remo dolore del vecchio Starefci* na,t\x tiillcrza che vide dipinta fui volto di tutta la famiglia che lo circondava , non potè trattenere le lagrime . Al piti minimo moto di pianto die cadette folla guancia di Pervan , aUò egli il capo ** Figlio di Dragarne!/ , gli dirle , tu piagni la ninrte di tuo padre , tu l'ami anche nel fepolcro , tu fei dunque degno dell'amicizia dei Narzevizca , che vogliono bene ai loro padri , e ne venerano in ogni tempo la loro memoria. Temeva che il fogglOMM delle Citta avelie indurito il tuo cuore , come mi fu fatto credere che ciò accada. Vieni, mio tiglio, abbraccia i t"°» n»°vi ♦rateili, forclk, ed i loro figli M . Ognuno l'abbraccia , ed % condotto nella capanna . Se gli dà da lava- / :e , ed & poflo alla dtritta'dello Sttrcfctn*. Le donne ap-narecebiarono un'agnello arroftiro, circondato da altri ■ibi, ed r mangino con tutta quiete. Ptrvun , dirle al Coralliere " ; Mio tiglio bramerei (entirc il Incccf-io della morte di tuo padre , Per quanto penofo lode per efTctc a te Uti tal racconto, lo ricerco dalla tua amicizia , e dall'amor tuo tìliale che avelli pcr c([0 lui. Siccome egli era comune amico di tutta la nortra popolazione , co*ì > di ragione che lia qnefla radunati per udirlo dalla tua voce , ed cfTere in tal modo a parte dcNc nofire e tue amarezze . La di lui memoria b cara a noi tutti, perche egli ebbe a cuore le cole nollrc ncccffa'ir . Rtpof.iti quella notte , e non temere punto la niflc-.za che ti li apparecchia per di-nani. Il nollro dolore, le nofire lagrime fervira.no di follievo alla tua anima afflitta . —• Perva» , mio fecondo padre, gli rifpofe Erze, vorrei appagare voi* ed i vollri : ma non elTendo flato prefente alla fua morte , il mio racconto potrebbe diminuire le circo-ftanze della fua dilavventura , e togliere in parti alla df lui memoria il dolore che i fuoi amici potrebbero avere. Permettete che il buon Fiùppovicl fuo fervo, fedele compagno delle lue dilgraaie, che voi tutti co* nofeete , ve ne faccia la defci'uione. 1 ;;li «' aflatica-va , oimr / per arricchitoli, e peri certamente per aver voluto rendere i fuoi tigli felici. Tale penficte che n»« 'i conofeere quali cagione della Ina morte, ni eoHna da- i4i ci* amarezza, « m' rende a noja la vita .<—Accetto U tua offerì* * fegiiì Pcrvan : Viiippovicb ci farà in tra vece il racconro. Calmati dall' inquietudine , o fcat» eia f iugulilo penfìere che t'ali urna - Tuo padre faceva il fuo dovere fa s'affaticava per lo flato comodo de' fuoi figli ■ farì ricompenfato dal Cielo, e tu non devi render conto degli eccelli di quell'amore paterno , che forfè furono cagione della fua fatale Iciagura. Siane pur grato , ed Imita il fuo efempio verfo i figli clic avrai , fceglicndo per altro i mezzi meno perico-lofi per non privare troppo prrfìo rIì lìciti figli della loro più grande ricchezza, cioè, dell'amore, dell'affi, «lenza, e dei conlìglj d'un padre. 44 Fervori non dille al giovane Dragarticf> che il vecchio fuo padre aveva rilolto di falciare il commercio per vivere in pace, <"d in quiete il reflo de' fuoi giorni . Tale circoflan-'za avrebbe aumentato il dolore de! figlio ; fin» padre avrebbe sfuggita la morte fe non avclfe tatto quelV ultimo viaggio. Per-vm* aveva poruro fufhcientcmonre comprendere che la morte del fuo amico era flafa im-piovvila ; die mano al Ino ofpire? , e Io condulTe a dormire con elfo lui nel poflo di fuo padre . I fervi -avevano di già (caricati, e ripofli gli «fletti nella capanna , che I tal ufo ogni anno leniva a gl'ila di maga-//ino t Fihppovicb dopo aver cenato con i padroni , pahb « dormile , cosi pure gli alni fervutoti; tutti lu delle panche all'intorno del «oculate . tì'ì' avelli aveiii levate le Opank* t ed eflerfi ravvolti nelle Joro Jiaùamze ♦ La nuova dell'arrivo del figlio di Dragameli, fava « ce del padre, erali ovunque Iparla. All'apparire d.l giorno tutti i N.*rztvizca uomini, e donne corfero iti folla alla capanna dello Start/ciaa poitando , lecondo L'ufo, di che felteggiare il foralìiere . Ognuno defidc-rava vedere il giovane uomo : ed il vecchio , come capo, lo prefentò « dicendo ; 44 Mici figli, miti amU ci , ecco il figlio dì Draga»teb noilro antico amico, che più non vive, c che occupa il fuo luogo. Eglj viene a farli conolccre, e chiedere la volita amicizia, la volita confidenza , come l'avete accordata a tuo padre, fucili impegna di provvedere a' voliti biiu-gni, come faceva lo Hello, lai giovane e Slavo co* me noi, ed è noflro fratello. Voi Io vedete immcrlo nel più giullo dolore, tilpettiamo l'uomo alllitto che viene a noi, ne ci vegga punto inlenfibili alla perdita d'un padre ch'eia nollro aulico , non li paili al pie-lente dei C.tinb) , ttattcìemo i ooliti aliati con «ito lui ne' giorni icguenti . Doniamo quello di al piamo per Dragarneb , 4 cantare in tua lode , ed aver com-paflioiic del figlio. E perche i nottii lamenti lituo più commoventi, e le nollre lodi più linceic , lenii.uno jl racconto di fua motte dal Ino tedcle letvo li.i/jt,-vicb , che dopo cena al pallido fplendore dell' acce'» |apino pollo in un'angolo della capanna ce lo '** ri f\t II tetto lu""* VJ farà vieppiù vedere gli oggrtti funeAi che ci faranno jrapprtftntatj , e (e V ombra di Dragatele* ama ancora quel Cielo che le fu alrrevolte SÌ caro , e quella, capanna «he al fuo partire era bagnata di lagrime , potrà ella entrarvi più facilmente» e vagare con libertà • J-* ombre fi compiacciono alla notte del muto ed immobile filenzio di queili che a* fcoltano i racconti de* morti < * ). u Cosi parlò, il fagfiq Ptrvan , ed ognuno applaudì al fuo favellare. Mentre r.mccoglievanfi |e provvigioni pottate per ogni famiglia, e che alcune donne dirette da Dafcia apparecchiavano il pranzo, fu circondato da ogni parte il giovane Erze. Gli uni elatninavano le lue fattezze, e trovavano che gli occhi grandi e neri alTomigliavano a fuo padre, con quelle fopracciglia quafi unite» Gli altri mifuravano la fua vita , e la paragonavano a quella dei più grandi fra elio loro, I giovani uomini api ivano le maniche del luo Jacerma , olfcrvando il nerboruto braccio , paragonandone un'altro a quello* 1 vecchj IcNmente trovavano che dire t perchè" noti aveva rali i capelli come gli altri della nazione , < che 1*) I" opinlunt tra i Morlacchi che l'Anime dt*Mom tl /* divertano , e ? mg&irmo d' intorno alle capanone afc9i,a^0 • ¥ttcCQnn C/JC tH fn-f venpono fatti donne . O giovane uomo , giovane nomo , ricordati che la D^amaZia è il loggiorno dei falconi , tutti lì ra'lomig!'*"0 ovunque volano, ne faprebbero farpruo-va Welle loro penne, delie loro ali leu/a sfigurarfi . " £rze fu fenlibiliUimo a tale rimprovero : ma fepp» diflimul.irc, e tacere. Si trattava d' acquietare la benevolenza d' una popolazione , dalla qu ile poteva!! ritrarne i più grandi vantaggi >• egli era ben lontano dal conofeere e profetare la fìucerirì d'uno Slavo deU la Merlar, ha. Le donne a vicenda l'interrogavano moli tilnno tulle mode delia donne della hi* Ilota. fV-zr volle allertarle tutte , diverrcndo anche fe rtelTo , cercando nello flelfo tempo tenerle lontane dai lort» interdi» . Raccontò che nel momento in cui i padri accordano le figlie in matrimonio , non mancano dì dire allo fpofo tutto il male polTibile della fua futura fpofa, prevenendolo eltere ella capricciofa, ollinata,a Cattiva .- a cui nfpondcva lo fpofo cha avrebbe cercato di correggerla di (ali difetti nel modo feguenre , dandola tollo uno fchiafio , ovvero un pugno- L'ufo era realmente tale fra il popolo della fua ifola , ma Dilavantek aveva il fuo line nel raccontare tali fii-gol.iuù . Guardava di cattivarti gli animi, e lamici-»i« dei mariti , che capirono in queiT ufo il loro proprio caratici* nazionale foflenuto , e dec'tfo nel di-fptezro delle donne , e ridettero molliamo. Le nollra donne fleffe prelero la cola in buona parte , e fi cori-fola- Colarono della loro migliore forte , mentre quelle d minciavano ad elfcre pcrcofTe , prima della cerimeli* o prima di dare ai mariti il polfelTo , il diritto , il difpiacere di maltrattarle.. Di più v'e , ei diffe , un* altt'ufo aff.ii flrava^ante nell'ifola di Zigrina (a) vicino a Sebenico ( b ) : il giorno del matrimonio al punto (t) Zlarìna. Pieciola ifola , e povera nel Contado dr Sebentcd. (, b ) Sebenico è Città poco grande, tua forte . ì\ feto* arietta fui pendìo d'un monte , ed c guarnita di mnticbe fortificazioni , Il porto r difefo da un Forte , detto S- Niccolò . Ve ne fono due mitri , Uno detto di S. Giovanni , e F altro del Rtront ; tutti due in eminenza , che dominano l.i Ci ed )■' ira fralmente fìtuata (iiovan Hatttfìa (',infìnti.mi la Vuole fabbricata da quei della Croazia , e ne ferine coti: — Fu fabbricata ijuejla Città , da' Malandrini , e Fufcoccbi i i quali avanti Fedi fi a-.io àe di eff* fulevamo abitare fopra uno fcoglio alt* , dove ora è fabbricato il Cajlello , dal quale . Vedevano un quali bt uavi/io, difendevano dal mt>:. te , e colle barde andavano depredare detti navi-tj — , Dopo tale libertà paftò fotti Ì Rè d'Ungheria j ìndi alla Signoria Veneta mi Tanno r41 a fétte il Doge Michele S'.'no. Dopo Zara ella i mefiti* *4j punto in cui ff! ^pofì fi feparano dalla compagnia, lo Starifvat deve tagliare con un colpo di fciabla la corona che è fui capo della fpofa ; non fo fe per mo-flrire la fua deflrczza , o per pruovare 1* intrepidezza della moglie , e la fua ralfegnazionc per i capricci ** quali fi va ad efporre : ovvero per dimoflrare con allegoria Un poco troppo flrana a* quali pericoli s'efpo-ne cangiando flato. Molti giovani mariti pretendeva-no farne rollo la prova, e fi sfidarono : mi il faggio Starr/citi* prevedendo le confeguenze funefte che fucs Cedere potevano , fi trappole , e proibì tale novità.*1 Il Morlacco., egli dilTe , deve cercare d "e (Te re valorofo colla forza, e non colla de lì rezza. Impalate a domare un cavallo , a gettare una pefante pietra in aria,, a battere fortemente; quella dee eflere la n< Ara fom-ma deflreaza . Colla forza la fciabla paflerì fin nelle vilccre dell'inimico , e vi fata profonda piagavi la de-flrezza di leggiermente adoprarla r giuoco eia fanciullo, ed indegno di noi - Nluno ardi piofetirc parola t e le donne ch'etano paventate inderò fiato . Si pte pa- ■arg//e fkUfiHklé , popolata di Nobili Yamiglir , amanti dtl fortjfitrt , td bé affai pulite caft i £' d*f.»a di o(JrrvazÌ0nr la Cattedrale fabbrica di f>nma ntagnifietma t * col tute cumpofì» di tavty It di marmo conntffe in/i/mr , pararono le tavole rotonde Tut'.e vitine all'altre ; sì potere» a tavola , e vi (Ietterò lino a (era . Fu accelo il Tapino , e FiiÌPpavitb leduto lu d' ujio kanno più alto degli altri , cominciò il tuo racconto funebre per ^a morte di Dr*p*nich in tal modo » 41 O terra , madre comune de" mortali ; Tu che dai a tutti le loro bilogna per poco che ti muovano* tu che fecondi i femi che IpJtlr fopra ti vengono, e dai fli alimenti pella (uUiflcn/a di tutti gli e (leti erranti fulla tua fuperficie ; tu che lollicni , e umilici gì'im-n.ciifi armenti che ci coprono colle loro lane , e ci difTctano col loro latte ; tu le di cui livicre , come vene del tuo gran corpo , unilcono la fertilità , e dillri* l,uikoiio i Ij.micIui umori ; tu clic moltiplichi i petit colle tue acque , e le foreflc cogli animali atti a nutrirci , a foccorrcrci, perche, o tetra, permetterli che fi Ucetaflcro le tue vileerc per levarvi quel lunclio metallo che tele l'uomo Ichiavo di lui Hellof Perchè non ingojafli quell'empio che il pi imo difccle ne* tuoi piofoiuli abiuV Perche permetti clic b taglino le tue fu-petbe folcile per lolcarc i mari , c j»<-n.nc da 11*una all'altra eflreiuirà" quel metallo, dcfolazione ,e tiH 1r , antiche ricchezze , e gioja ì Tu prefetti all' uomo i tuoi alti alberi per fabbricare la fua capanna , per ile aceraie il freddo nelle rigide e lunghe fere d'inverato , per collruiic .la bauherra or.-Je private , e latti «he ti fi disfiguri, /frappando, la tua bella capig'ijfu- ra, tm i rovckiando i tuoi eterni lavori ì Ma tu calHfcfci 1' uomo iaQi vani attentati coi nuli che da le JleiTo fi ptoctura cotrendo dietro ai falli beni . Fu la fjtc dall'oro , quella lete crudele , che quanto pili iMcCOU tenta , tanto meno s'eitingue , che dio mor»c al mai padrone , perche ric^o , e voleva effetto ancona di piti . L'afpctto della voflra felicità , o N*rzr-vizea , gli aveva ilpitaro il danderio di rinunziare ai fi:p commercio , e fottrarfi dai di lui pericoli . Sono felici» ci dicevami talvolta, non polfc.iendo oro , ma non COnofcono le Vtnttt voluttà , le bellezze di fi*-poli, e gli allettamenti di tante gian Città, ove l'ero e neccflario per vivere. — SI, mio caro Padrone: ma perciò fon1 eglino meno felici di voi ? Credete che i pochi momenti in cui vi date talvolta ai piaceri, all' orlo nelle Capitali vi compenlino delk litiche, e dei pericoli ai quali vi efponcte in tre parti dell'anno ? B|li fofpirava , ■ le avelie viiluto non farebbe flato *1 1 • i ti luo diin:;:"ino , e e* avrebbe pollo fra le vo-Kic braccia. Picat di dolore abbiati 0 lafciato il fortunato log-giorno dei Nsrzfvizca, ed il mio Padrone allfìtrillii/io fi girò più e piti volte col capo a dierro per riveder-1° • Giammai non mi feordcrò che arrivati al confine non potendo più vedere il letto delle vollre capanne, Dr.i^nicb difiele da cavillo, e lalcii-o in d'una piccola collina voli* vederle un'altra volta , e CO»"»»*" piandole per qualche poco , colle Ugnine agli occhi cosi efclamò, u Dio ti benedica, foggiorno dell'innocenza , Dio ti benedica foggiorno di virruolì, e bravi Morlacchi . f Non poteva più didaccarfi V1 t come che il fuo cuore predetto gli avcfle , che per l'ultima volta godeva di quelPamenifllma villa. Il nollro viaggio fu felice . Ci fermammo a Trai*, ( a ) Sebrnico, e Tara ( b ) , ove abbiamo venduto , e cam- (a) Tra li . Dai Slavi detf Troghir, eonfiderabile per il fuo dtflretio , e per il numero degli abitanti . p:irjìa Ctr.'a giace (opra un ifoletta artificiale congiunta al Continente mediante un Ponte di legno. Ebbe origine da una Colonia di Siracufanì . V} la Nobile Famiglia di Giovanni Lucio , celebre Seri t* tétti che dilfujamente fcnfje di tale Citta, ed antera eftfìoto MS. dello Jìeffo nelP Archivio del. la Famiglia. Plinio la chiama Tragurium op-pidtim Romanorum marmore MIMI • biella Cattedrale v*e una quantità di verde antico» ( b ) Zara . La Città di Zara fi* anticamente chiamata col nome di Jadera, o Diadora. Fi* capitale della Liburnia , fra i duo fiumi Tedano, » Ti/io , ora Zt\magna , / Kcrlca. Tale Citta fu riguardata con /ingoiare affezione da varj Imperatori Romani . r particolarmente da Auguflo, e da Trafano. 0.»'$ ul. i..... r 9 ttmSitto U ferrare prefe da voi Di là Garriti p* fan all' nodra itole di Pa^o con dell'argento , ua carico di (evo , di mele » e di cera. Dopo aver riveduto , e rimetto in ordine gli affari della cafa, §§eng*mi«h pento ad imbarcarli , come era l'olito , pec fi viario di Venezia ove andava tutti gli anni a ft' dcre le fue mercanzie . Fece dunque preoarare il fuo basimento, dettino i marina; , prefe un'alno fer-tirore, e me nei fcguìrlo . Dopo la cena di con;»,-do che diede a* fuoi amici patTammo ntl vafcello cantando . |) mio buon padrone (ì pofe fuMa :o \eira ( * ) inviluppato nel fuo mantello , perchè io mare alla ultimo fece fabbricare , o rìQauraf un arnuinittm rie dal fiume Kcika rtmducrva F ai tf e nett.t Clf-M| e *''/y?0'J/7 ancora le wfìi^ir a' 57. F'ii} r-a • Giacomo fuori delia < itti. E1 affai popolai*, coita, uè ha invidia di qualche rappu.irdevole Città . E* dtffa dm fette prandi baluardi ; Ij ti JTvrte, malte artiglierie , camere d* armamento , ed è molto perfidiata . Le fabbriche mar fiori fono la Torta di Terra Ferma , /* £ » diri» prita il Quartitre della Gran - Guardi* , e quello di S* Michele . Ve un attimo Spedale per le melme. (a) ^ •! tavolato del vmjctllo ,f*l yualt fi mmuuvra, 9 fi Cummins, . li 0 t'Ia rotte > tttttpn fi-eodo. C'innoltroTT.o t|| goffo e". I i-t'ernaro ( « ) con un tempo favorevole: quando tutto ad un tratto il vento fi cangiò , il Cielo fi co* prì di nuvole, la Luna fi ofeurb , ed il mup*ir dell* cnde,rhc in quel Ivopp rinterrato per le fpiiggie raV vicinate limborr.ba con pib forre Crepito, cominciò a fpaventard . Il vento ci fpigueva con impeto verfo terra , t II fpiar*«ia ripiena di Icogli ci minacciava l* ultima difavventuta . Qui non ifla il tutto \ dicefì chi it] quelle montagne, alle di cui falde vi fono tali Ico» a;i , vi h nalcondano paventofi ferperti , che hanno telìf 01 becco armate di corni, ed arrendono i valcelli co» fileni a p.Ilare per di là onde divorarne gli uomini * fe mai fono obbligati • prender terra . Cia It frntiva-HO in m«/*o alla rempcJla le feroci 11 rida di que' mn-fri fiammtfchiarfi col rimbombo del tuono , col tilchio •Jr' venti, e collo llrepiro dell'onda negli Itogli j «|. to non acendevammo che qualche terribile difgrazia. D.nfanicb intrepido, ed attivo fa mainar le vele , e cerca allontanarli dalla (poggia , ma non fu pnll-bile ..i.tre al ver.to che ci fpigheva a terra. Rotio il va. feti Io cominciava ad empirli d'acquai la noflra nior-Xt uà viciaa^petchc principiava ad « Ilo n dar fi . i no. «ri ( a ) Quarnato , irati? di ti,art , de Hai >,»!?,; ( temei » (Jioprf t>#Vtf tentjàuw /irte \*i fifi voti, n0^rtf preghiera non"erano" afcoitue lr Ciclo troppo coperto di nuvole , gii urli d.-l' onda iiopP0 tQrti > perche le debili grida di noi povèri ntft> tali pondero arrivarvi. Altro non ci rollava che discendere nel palifchtn.no , ed alla lo»luna abbai.donar» la nollra vii*. Difillo lo gettammo lollo in mai-^.d Ognuno prefe in fretta i Ittui migl.ori efletn , diiceti-dandovi al numero di dieci perfone. DrsgMtfè le «(Ter 1* ultimo preferendo la nollra la:ve./a ili tua propna , volendoci vederi foggili tutu cui pencolo 4cl'a morte, tino a tal punti» la fua direzione tu da jjraiiJ'uoiiiu , coraggiosi , come l'abbuino f.rp:. umettato. Lgli teneva ai mano la curda, ed era ^icr ajiteeiideie dal baliunsnto nel palikhcrmo , quando il demone , quello certamente ciré rende iuU£uLi«- i" UOtno pur la lete delle ficchete, |li faggit) ui litOT-tare a cercare Una calittra di danaio , che aveva,a poppa del valcello. Gndoinmì di tenera ti corda act Cora un momento , la quale teneva il paiilchermo attaccato al valcello. Difperataménte gli gridai, « dilli che le fcolTe del vtnto erano terribili, the ci allontanavano, e che poco gli rcllava di tempo per falvarli. Oh Dio | le mie parol: , le mi* grida trafpoitafc dal vento alla pjrte oppoiia non intorni da lui Untile. Rientro nel valcello al punto, in cui un'onda orribile fpignendo il p,iifchermo ruppe la corda t e ci Ica^clb leti» ini - lutti ci lu;:J3 dati ti remi per teneri più IH vicini eh; folte potabile, e fjrid.ire fiuti d'accordo a/. frttat*, HfftttMif. Uno flrcpiro fintile a quello di ch\ cade e basita io mezzo all'acque mi predifTp I1 a^ca-dtua dil^razìa . Furono inutili t noflti «forzi : il mare infunerò vieppiù- ci nl'ontanava dal vafccllo, come lo fpJmdore dei lampi ci abbagliava f • faceva travede* re. All'iflante nulla più fenrii ; prefo dal piti dil"o*> Tato dolore , petilerti la memoria , i fenli , ne lepoi piti dì me. Renai rima fa notte quali nello fiato Def» fo in cui vedere al prefente il mio giovane padrone | ( dietro il giovane Dr'rptmnich , teneva il Ci o «f*. poi-fiaro fra le due mani, e dirottamente piagneva )• Appena farro giorno ci trovammo in un p cciolo fenO Circondato dì feopfi ficuri dal mare, la di cui borre* leu cominciava a calmarli . Malgrado il percolo de* ferpenrì abbiamo cominciato a correre lun«o f. fpiag-gli ne' luophi più eminenti , e vicini n'Ia riva » gridando fulla timida fperanja che il noflro padrone ci folle falvato a nuoto , o chr il vafcrllo non fi fofTe interamente fommerfo . 41 Drmamcl>, ove fri tu? ri» fpondi , noi t'abbuoi cercato, i cattivi fono fulvi C 0 tali eravamo in confronto del migliore de-pfi uomini ) . il buono fata anche falvato." Cominciammo latita di doglio in ifcoplio , come il capriuolo foglino dai cacciatore. Ritornato in calma il mate , quantunque le nofire fpoglic folle rei bagnate , e noi quafi privi di y ione i.ob abbiamo Lkiato a^ Cùatiniare le i.ofUc i««- t> ■ tilì ricerche • Alcefi falla più alta fommita , c filando qu- e 'a gii occhi vagabondi fulla fpia^gia del mare vidi de' timoni , e delle panche dilperfe , che l'onda portava fulla labbia. Non dubitai più del naufragio del baflimento , Diedi animo a' mici compagni, rimettendo in mare il palifchcrmo , onde cercare almeno il corpo , e le fpoglie del mio buon padrone i Conteggiando appena avevamo fatto due miglia , ch'io vidi oadeggiare qualche cola , che credetti efTcre la K*b*ni%m di Draganìch . L'abbiamo prefa , e mando!* feoprimmo il cadavere nella quale era ancora ravvolto. Hicouobbimo la cintura di cuojo dittaccata dalla caiTetta dell'oro , aiTaflmo de! noflro fventurato padrone , che circondava ancora il Ino braccio. Da ciò abbiamo potuto chiaramente capire che ritornato con il fuo presolo dcpolito full'orlo del battimento, ofl'ufcato dalle più denfe tenebre , (lordila dallo Crepito della tempella aveva prefa la corda , ed era di-ke(o credendo di ritrovare alla Hne il palifchcrmo, a che le nolìre braccia fonerò fiele per riceverlo . Oime ! Egli trovb una morte inevitabile / 11 perfido mare do-po elfere flato per etto lui tanto remno favorevole procurandogli le ricchezze , che aveva radunare, volle togliergli tutto privandolo di vita . Quando il no fi te» dolore Cf )0 perrnife pigliammo i remi , e remigando vctli» l'ilola di l'^-e colla uilla c cara faglia bagnata dalie noilre Ugnine , conlegnamtno al difpeiat*» K 4 g'io gito per renderle gli ultimi doveri , e perche etTo , i tutti gli abitanti poteflero almeno onorare coi loro fa-menti ia memoria del noftro degno compatriota, i t piagnere fugl' inanimati di lui avanzi. E' fiato incile/ fulla pierra che li copre un' ancora fpe'zzara , ed una caffctta mezz'aperta , donde efee dell'oro , t'erivendo-vi fopra quelle parole Qui ripofa Uragani cb il più e»fflot il piì< benefico tra gli Slavi . Avrei voluto a-»-giugnervi egli accumulava Toro per beneficar la fua famiglia , e Foro lo fe perire . Il giovane Bragananicb eftrcmamcnte penetrato di dolore I tale racconto era fuori di fe fieflb ; gridava j e fi frappava i capelli . CommolTo' a pietà il binai vecchio Io prefe tiretto ira -le toc braccia, e proncndo il fuo vifa vicino a quello di Dragan.micb confufe le fue lagrime ed i fuoi fofpiri con quelle di elfo lui. I.cr , afcolrarlo , ammirarlo, e non fofpettava punto d'intorbidare la fua felle irà. Sempre con efTo Ini que' giovani gli fecero percorrere le vafle campagn? del diflretto , e vedere i P°?oli vicini. Dappertutto l'ofpitalità veniva ad incontrarli : Ie verità de' cuori , e le maniere fincere iurerefTuvano il giovane Dr*?mremrU. Se gli fece co-Ulcere Tópèfritl ,| pa(jr# # jCÌÌM ( c Tutu ]. ru» famt- i-oa famigli» ! Andarono anche alla cafa di Marcovicl Erze , e Stirpo quel giorno erano foli. Stirpo per fate cola grata al fuo amico , credette non poter fare di più che condurlo a cafa d'un*uomo , che aveva viaggiato , col quale avrebbe potuto trattcnerfi infieme con molto più di genio j Mmrcovich difatto era ritornato a cafa da poco tempo. Nella prima campagna coi Ruffi contro i Turchi era flato farro per (uà dif avventura prigioniere in una dilcefa che i Ruffi fecero in un' ifola èe\V Arcipelago , Quelli efTendo (lati Cofiretti a rimbarcarfi , Marcovich non porb rifolvetfi a fuggire , fu incarenato reflando prigioniere in mano de' nemici . EfTendo poi (fgjolti 'a pace , ritornò a cafa fua v ed i fuoi ptimi pafTì lo portarono alla ea-panna di Topnnifcb non avendoli mai dimenticata la bella Jtlla . Fu eflremo il fuo dolore , quando inteff che nella fua lontananza enfi m.iritara con Jervaz v quel felice rivale che mortalmente odiava. Egli ne fece degli acerbi rimproveri a Topofnich t ma quefli fi feusò col dire che non gli aveva ma» ricercata la fua parola , e che fra di fora ron v'era flaro vcrun*impegno. Furiofo di aver perduta la fola perfona ch'egli aveva «mata , arrabbiato per aver avuta contraria la fortuna in guerra , non Trovando più bene ne in fua cala t ni alttove aveva aggiunto alla ferocia del fuo Carattere un'umore altero, e violento. Stava di tado CO* fuoi compatriota , quali mai non fi trovava alle alle loro felle , lungi (e ne ftava dagli odiati Nar*> zevj'zca . Faceva di quando in quando qualche viaggio , o per trafficare, o per ifcacciare quel mal umo-t:t che le avverfirì gli avevano ptoccurato . Al vedere il fratello dello fpofo di Jella impallidì, fentì rifvegliarfi Podio, e la rabbia che covava il fuo cuore. Ma il modo libero e lincerò di Stiepo , le leggi dell'ofpitalità si facra fra i Morlacchi diflìparo-no tolìo i trilli penfieri , che fe gli erano fufeitatì nel feno i Si fcolTe , ed affogò entro di fe i primi moti impetuofi della fua collera. " lo ti conduco , gli difTe Stirpo, il figlio di Dra^ant eh , l'antico amico, e benefattore dei Narzcvizca , Egli ha prefo rincari-co di fuo padre, ì nortro amico, e fratello, ci ama, e cerca conofeerci, non che vedere le nofire abitazioni. Potrei dimenticare il valorolo Marcovicb, che portò le fue armi contro i nollri nemici , quello le di cui ferite, e i ceppi hanno a quelli cullato sì caro prezzo ? ci vuoi ricevere in rua cafa quella fera t fiamo troppu lontani dal nortro villaggio per giugnervi prima dell* notte t Se Marcovich non vuole accendere il fapino -, ed ammazzare l'agnello per nollra cena, palleremo ad alloggiare in altro luogo. — Come puoi tu lolpet tare, Narzcvizca, a lui rifpofe fieramente Marcovich, eh' io ferri la porta allo flraniero / La mia fchiavitìt non portò feco Ja rovina ne* mici armenti , che han* no anzi fempre più moltiplicato durante la mia allenta . v.x . Le mie difrjrazie non ti ar^ravir.o punto, febbe-\ie la felicità altrui mi rende avvilito, Avrete rutti ciue dell'ottime pelli per ripofare quella notte. L*a-pnello farà arroftito , v'a^ln^nerò de* polli fritti con-cuti con latte, ed aglio. Voi non folo beretc de! Iat« te ar^ro , ma avrete del vino di Mvntemoro ( u ) ette comperai dai fratelli Albanefi . Non ci mancheranno pomi , e noci , raccolte dalle mie ferve , che faranno d*ottimo gufto . Non ho fpofa per lavare i voflri piedi , e pettinare dimani i veltri capelli, febbtne vi fu flato lo Starcjcina , etti negommì di dare fua figlia . . . ( dicendo quefto incrcfpò le ciglia con tutta dirizza ) . Dammi la mano , Drap. rartiere ch'io folli per condurvi . " Non potevi diri/-sarti meglio che a me , rifpofe Marcovich , avendo piti volte girata la nollra Dalmazia tanto per affati di. commercio , che per radunare la valorofa gioventù che dovea feguirmi in. guerra , ed anche per foddisfare al mio temperamento inquieto, c curlofo . Condurrai , o Stiepo , il tuo amico alle falde dei monti Herzovaz, e Jerebiza. Alle due ertremità della catena che formano infieme , efeono i due nollri bel-iilTtmi fiumi Kerka (n) e Cettina, Un torrente impe-tuofo , e pieno di fchiuma mofira V ufeita della Kerka» Quella efee dal di fopra della caverna , e cade con (a) Kerka ; fiume che efee da una caverna, il quale una volt,, divideva la Liburma dalla Dalmazia | td è il Tiv.io degli Amidi. L ! itti con u"° ftrepito sì forte in fieno dal fiume , che rende la fua forgente orgogliofa , e potente. Se avete coraggio prendete uu battello da peccatore , fcavato in un rronco d'albcto (a) , ed entrate arditamente per quell'apertura nelle vtfcere della montagna. Opponete la forza delle vofire braccia alla furia della corrente , e cercate d'innoltrarvi in quell'acque fotterra-nee quanto potete. Io vi entrai con tre mìei compagni , ognuno con un fapino accefo nella mano delira , ed alla ti in fi t a un ballone ferrato per tirarci innanzi . Al chiaro del fapino abbiamo feopcrto cofe meravigliofe ; le pareti erano del pili bel marmo in cui etanvì (parli de' pezzi di crillallo, pietre lucenti* e colorire in modo ch« davano vario (pie-odore tra le piìt denfe tenebre . La forprefa ci ammutolì , fifiando immobilmente il guardo, e fenza la neceffit.ì di dover relifierc al torrente che ci avrebbe fatto rinculare , fa-relTimo rimili! vere flatue dallo fluporc . Era nofira brama di andare avanti .' alle volte ci trovavamo in mio Ipazio rillrettiflimo tra l'acqua c la volta, potendo appena tenerli , (ebbene curvati, nel battello ; tal fiata ( a ) E' una fpez.ic di zoccolo , o per meglio dire , è un albero grande fatto Julia jìeffa forma della na* vietila per teffere , ed un Morlacco fidato ali* e-firemitiì con due pale una per mano lo guida» ftp fiata la volta fi alzava si maeltofamenre a fe^no tale che le renare ci toglievano onde poter vedere al di fopra de* noflri capi. Ma ia fatica di andar fempre contro la corrente più forte, e più riliretra, non che ti tr.-ddo,e più di tutto il pericolo dì teflare alf'oleu* to , le i n a fi ri fapsui lì fofTcro ammorzati dalle gocci* d'acqua che calavano dalla volta , ci determinò a ritornare in dietro. Allora ci volle non poco a difenderci dal pericolo d* eflerc {pezzati dii.c punte di uu-ci'tio polle in fuori, di cui fono piene le pareti. Mi lagnai fra me ile'Tb molti lì no per non aver potuto giugnere fino all'abitazione dello fpinto cattivo , che mi a'Iicurò un Calogero elfervi cola . Non aviei paventato di battere alla fua porta ; Marcovicb giammai non temè la villa degli fpiiiti, ne quella deilf*>nm fui {a) che s'incontrano erranti per le oolite cani* pa- ( b ) Vampiri . Seno /pinti erranti di notte , come tutti gli altri , e vengono formati dalia fola pelle d* M uomo , inastata dal demonio, e ripiena dì fan. gue. Soggetti a quejla fventura fì dicono tutti quel- ' ti , fotta ai quali dai tempo che fono morti ìnfi>io • quel the fi J ut ferrano, pajfa qualche ani maluccio, *°me ti Cane , gatto, top» ecc. l'ale fuperflizione i finite a quella degli Ebrei eh* portando un morto ,tr tflrada,fe „*, ^ ^ft| ritornano a t§* L a /i/, ióS pa^ue , allorché gli orologi delle nofire Chìef« hi& battuta la mezza notte, Ufcito dalla ca-erna , o Stirpo, va lungo *! fiume, e quando fti a portata di Vrderlo , mollia al tuo compagno il Cartello di Knm («) , e digli che anche la donne Morlacchi fono {late fempre valorofe , perche alTcdiat. in Knin dai Romani , piutroflo che divenire {chiave, vollero gettarli co» loro figli nel fuoco, e ut\ fiume . Guarda pofeìa piti a baffo a diritta , ed ofTerva | gran malli di pietra mezzi fcpolti , « qutfi coperti ci tifatigli, Il nofiro paefe piacque altre volte «:?li av^ di conquifiatori, i quali dalle fj.iag«ie oppofie dell' U tutu* wnnero a fabbricarvi della Città , « ilabilire la loro lede . Erano i padroni dell*univerfo , e vollero fceplietj t nofìri difirctti per godeie le delizie d'un grato foggiorno . A qual prò gli archi immenfi che do» fa,» fi rattenpono da di lì portarlo alla fepoltura, Ti'li fpirili sforiamo ir donne af altri , ma fì p:>t> ptn/are che Vampiro ey/i è , nè fi vetpognano le donne di raccontarlo. H Vampiro* in Inghilterra) r una Noi loia, e tale è anele pepa fé* Indiani. (a ) i nin . fortezza , /otto Ir mura della quale corra la Keika . Si vuole che quefìa Ftrtezza fi* ir la dall* dvnnt emiro i Romani # tr5ò dovettero * roro collare tinta fatica ? té nofire capanne f°n0 P" n°i fufttcienri , « refifìono per tutta la di quelli che l'abitano. Le più (Wl imrt fabbricate cogli avanzi delle montagne , i tetti piti ile* vaii , ed abbelliti prolungherebbero mai fulla ferri il tempio a chi vi abita? Sono fruftranci gli sforzi degli Uomini contro il tempo, cHt ttitto diftrugge ; egli fe-Co ftrafeina i fuperbi lavori, come le acque della Ker-|a che fi precipitano a R->ncitlap ( a ) , ed a Scarne* na (£) difiaccano i macigni, e rotolano i mafìi enormi ( a ) ftoncisfap . Da lungo e baffo piato corre un ror-re ite , che fi perde d'i vìjìa a motiva dei folti alèrti , il p*ale va paffando di folto ad ui Ponte di lavoro rozzo, affai lungo, di f.da fabbrica tt-.r. checca , e lui .i cadere in due i o tre luoghi nella Keika. La lunghezza della caduta dalla fpiagoia farà di tre piedi ali* incirca , e la fpiagnia fari lunga quindici piedi ; non la l'acqua alcun rag» giro t ma va con furore a precipitarli nei fiume , cen uno fìrepito fpavntevole . Dice/i che il vero punt» di vifìa fta alt* Ffì.ite . (b) La cafeata di 1 cordona ù veramente fuper^a. Cèffi dalP alto d*una ( ultina un fiume Soffia, # di quando in quando dilatando P'r lunghi e taf* :i raggiri % formando quantità di rivali , vi * eie» mi fino dal fondo «Iella voragine al'a valle. Gli fguaf» di del A- or/arco s'aneflano più fulla caduta di e\oncim $imp , the lopia rìì archi della Sur/liacerqua (a). La natura innalza ed al L.f?a de' malli affai più grandi t che gli l*Hzi p iì fi rprci.dcnii dell'arte. Vedrete per tetto il Im.go ti atro di cammino i fuoi orribili rove-fti^n.erti. Senza dubbio la terra ha Icona talvolta la fua amica fuptrf/ìe , cambiando alpetro agli occhi ff .ivt-. tati del cacciatore , la gucrta che iiifaliibilmeu» te drr»in Jena al canale largo cinquanta piedi ali" incirca . Dalla /orge/ite delia ( ujtaia fino al li* vllo del Camole, in **fl*f la corrente dell'*t una e /,»,/ te pmHef* . Al luto citfìra sbuca fumi da una ambile caterva un torrente d'acqua che fa cri ire y eflmdo taf erta C ujetta da folti a i beri y ed etite fiefi . Vane vi fa andate alcuni Mulini , cit " ■ *>.•. a tutto il Contami di Zara. Le falde delle bolline fono le rive del Canale. (a) SupplieCfrqmi , efiia, Chicfa traforata . l"era^ Cinque Archi di :'■■< n'Architettura , ora ve ne fono ftm,(ìi tre, j trite aue furono tuffarli da un Mor* |*lKn ■ ia'li/care , le quali uje /, vrvyor.» »»•»-lo J/'cflo in Dalmazia. 1 ali Archi ftutbiati» P'"' trcin per qualche ir/tw/ò» i7i te ci fanno dì contìnuo «li fpiriti che abitano nelle vifcere delle montagne, tr cagione dei fuochi forrerra-nei che ne hanno dillrutti i lati. La villa orribile di quello paefe , eh* ifpira terrore , batterebbe per allontanarne «li abitanti , quando non avellerò punto a temere i falconi , ed avolto; divoratori, i quali piombano fopra i fanciulli , e fopra gli agnelli , trafpor-tandoli ne' loro nidi. Voi vi avvicinarete a Scardona (a)y Città che già fiorì per il numero de' fuoi abirantì , e cara ai noflri antichi tiranni per l'oro, che ne' fuoi contorni rinfer-rava fotto terra , e che il picciolo Jadro (b) lafcia vedere in picciolo pagliuzze fparfe lii rado nella fab-bia ch'egli porta, difendendo dalla montagna di Vro-mima , ove trovanfi miniere dì tal funello metallo * Non vi configli© di rimontare quello fiume per percorrere Srebramiza , ed i luoi barbari contorni . Il Tur. ( a ) La Città di Scardarla nen } punto fortificata , nè ■ delT antica Scardola niente vi rimane a vedere* Ha un beliijfimo borgo tutto {eliciuto di nuovo* Vedeft politamente la Cittì) alla parte del fiume per andare alla V.ajcata. Scardina è un ottima fca-** fer il commercio de1 Turchi, Il pefee ? afd>; dante in ^ fattétM , ( b ) Jadro, ora fiume Keika. L 4 Turca avido e fiero per le ricchezze che ne trae , \ malfidente, e tiranno. Seguendo il volito viaggio vi avvicinerete al mare , e troverete fulla fpiaggia Sebr-nivo , Zara, Tra* , ed i loro porti . Ma Drupananich H conofce , ed il filo commercio fpeffo ve lo condure . Per te, o Strepo, e inutile il conofccrli. Vedrai degli u/i, e dti collumi che non ralTom'iglieranno punto alla tua maniera di vivere. Che importa a te la-pere che , gli abiranti di Sebcnico ricercano avidamente la Trota pafeinta d'oro nell'acque della Kerka, ed i pefei che fuggono dal mare nell'imboccatura de,' fiumi ? A te non cale il fapcrc che il mare vi forma i coralli coi quali s'adornano il collo le nofire donne ■ Su quefta itemi riva trovali la razza rinomata di qne* cani feroci , che fauno atTaltare con tanta fierezza il Turco infedele, ed il Morlacco indegno , e feia-gurato , che vive fotto di lui, rifparmiando la vita al Morlacchi fudditi ai Crifltaat . Tu non hai d'uopo di que* cani per guardare i tuoi armenti. Il Turco ìr da te lontano, ed il fratello non ruba all'altro fratello . Tutti ì Narzcvizc* fono fratelli, ì: tuo padre il loto Starr/cina , governandoli tutti da vero padre . ivJon vi avvicinate | Narrata , ne alle lue campagne avvelenate. Potrclìe avere con voi altri tutte le acque lalut.iri del fiume Traunich ( a ) che non laprefif di- ( r ) TrtUnlchi Acqua mima a Irrc. ili difendervi dalli febbre contagiofa , che fa diventa* gialla U Pc^c » c rohechia la carne ; l'aria vi e. infetta , e putrida. E come quello non potrebbe darli 1 il monte Rabbm, e gli altri di quello mifero circuito fono pieni di caverne eh' efalano continuamente vapori infiammati , e mortali. Le più cattive Viefcbiz* vi fanno la loro dimora . Con tali vapori compongono il filtro , o bevanda , col mezzo della quale sforzano il cuore de' fanciulli ad alzarli fino alla loro bocca , allorché dormono, per prenderglielo, tagliarglie* 10 , e farli morire in tenera età . Elle fi compiacciono di vedere a piagnere ì di loro infelici parenti ; la canzone che richiama a memoria le beli* azioni dell'uomo che più non elille, non può dilettate 11 loro orecchio , e mitigare il loro dolore ■ Si veggono tali infami Viejcbize andar vagando alla notte per le diferte campagne , co' capelli fparli mandando urli fpaventevoli. Infelice chi le incontra! Perde le forze , cade a terra, ed è Oralciuato da una mano invi-fibile a leguire il moflro fino nel capo della fua caverna . Quando farete a Triboubug («), potrete pmt* toflo (b) Tribouhug, o Trcbocconi, villaggio povero, brut* tù > ni ijalato , circonnato di pittra , e congiunto *' Continente per un ponte cattivo di pietra . Vi e nato »„ ctrlo v,7/-lfu papizza irnprovvi'famrr , tbe lofio incontrare 1* ombra innocente del buon Vapìzza, che Culla Gusla vi canrerà ancora la morte della bella fpofa ó"Afan- Aga , ovvero gli amori à'Hali-B:gb* Egli risponderà alle voftre riceiche con delle canzoni farte all' improvvido , come faceva al tempo che cantando percorreva rifole di Sebenìco , e le fpiaggie del Lago d' Urana ( a ) . Vedrete il bel litorale di I*r#a« e gli avanzi dei magnifici palagi che gli antichi JV tenti vi fabbricarono . Se mai accadefie che in quelle rovine avelie un qualche morfo d'infetto venefico che vive del fangue degli uomini ; allora aflìfo fu d' una corda per aria attaccata alle due cflremità , e pendolonè , dondolatevi per pili ore ; in tal modo fi di'ii-perà il veneno infornato nel fangue. Ufcite al più prefto di là, e ritornando fui voflro cammino verfo le montagne del VroUgb (^)attraver-fate la Collina di Màjttnka, nome caro d'una diletta che uno sfortunato amante perdette in que* contorni, e che che cantava colla Gusle , e parti telare fi rendette perete fue canzoni , ( a ) // Lago d'Urna ? confiderabile per la fua rflcn» ftone di dodici miglia , e per la fua abbenaanza di pel et • ( b ) Prolog e" una montagna, ebe divide lo Jt'ito^' nero dall'Ottomano. t c\e ì fuoi dolorofi accenti non poterono più trovare . Se » 'e' parlate , vi rifponderà , è quella Poaibra del'' giovane Anka linarrita nella folcila che va errando intorno alla lua Ipoglia divorata dall'orlo aria-inaio, ovvero immolara alla cocente rabbia,e gelotia d=!la Viejchiz* del luogo. Prima dì arrivare alla Cettina volgete il guardo alla parte di Scìgn. Sopra i fuoi deboli baluardi alcune centinaia de* nollri antichi fo-ilennrro, e rendettero inutili i tentativi di trenta mila Tirchi afialitori, la mapgiot parte de* quali cadde al pie delia collina feminando qua e colà i loro impuri cadaveri • La gran popolazione di Vofjiza abita fopra quella Catena di monti che «oronano la valle dopo Ciapa-vizza Ilio alle fpiaggie della Cettina. Sentono i M#r-laccbt tutta ta nobiltà della nollra origine , e la fo-fìengono . Protetti dai nollri padroni , e dai loro inviati , lì governano , e fi difendono da fe foli . Il loro capo % quello che lì diflingue col valore, e che la forre favorilce, ed indica loro, allorché refille, e fugge fe'iccmente dalle peifecuzioni de'fuoi compatriota che l'efperimentano . Oflervate il loro portamento, ■nimiiare la loro forza, onorate i più valorofi de* noto' fratelli , e ron intorbidate punto con una reme-rana imprudenza i loro collumi dillerenti dai nollri. Le dirupate montagne di Pogliz* potrebbero fpofTar* vi di forze. Non v'andate a lipolare all'entrata dJle ca- caverne, le quali racchiudono phìaeci, che i freoH vi hanno ammonticchiati. Un'attentato imprudente pr> rrebbe aprire I* ufeio ai venti che I' riterno vi tiena ferrati . Sortendo vi riporterebbero altrove , deva-flerebbero gli alberi, e le raccolte della valle. Le ca* verne fono fagre. E* pericololo violarne I* afilo, e It leggi. Perirebbe quel temerario che gettarti» Una p;e. tra contro l'imboccatura della gran grotta fopra la tomrn.itì del Prologhi II Vento impetuofo , che guarda l'entrata col fuo perpetuo fottìo , la Spianerebbe con più gran forza a dietro, e punirebbe il facriler*io accoppando il colpevole , Vicino al'e forbenti della Cettina l'onda limpida del picciolo torrente di Pcnue-ckim ( m ) « atto a dlrtetarvi . Quando il Rinvine Mar*, lacco ha bevuto della fua acqua gufla con più Itpore il cibo che mangia fdraiato full*erba della fpiagm"a,a con più raffegnazione folre la lontanane* della fua moglie* Sopra tutto non dimenticarti , 0 Stiepo , di far ve* dere al tuo compagno «elle differenti gite quella quantità d'antichi fepolcri che Ipertb incontrerai , alcuni de* quali ti louo noti . Ve ne fono che rinchiudono forfè le obbliate ceneri degli antichi conquillatori, ma il piti gran numero chiude gli avanzi prczìofi de' liofili ( a ) Parrocchia , fiume e he pajft nella (vellica » (tri avi. P^zK veder* le armi, e le figure che fopra li fono fcolpite, come fimboli del loro valore ; ivi ©fiVva. le nostre fpoqlic , ed il tuo fangue bolla nella tue vene ad una tal villa , rammentando da quai va-iorofi uomini ne trae l'origine. Li co la Irrida che tu dei tenere , e ciò che la cu» riofiri del vero Morlacco dot cercare di conofeer* . Il mare immenfo , « burrafeofo non * per te, tranquillo abitante del paei'e che n'e lontano. £' quoflo il campo a,>etto all' inculinolo commerciante , come Draga* ttanicb, al pefeatore nato fulle (piaggia , all'uomo di-fperato come io fono. Voglio ancora abbandonarmi alle lue onde , fe gii e per me lo lìeffo che la fortuna nemici attacchi al vafcello ove io farò la tenace PakUr.i ( a ) , pefee di cattivo augurio , co' di cui denti feroci ferma il timone del vafcello , e fa difpe-Jare il pilota . w Marcovtcb fini di parlare , ed i fuoi ofpiti lo rin- gra~ ( * ) Paklara , o prefio i Naturatifli Remora, i pefe*-tori itmonttri dicono che /' attacca al timone , » filar,!* ,i corf9 jtifM èitrC4 , ^«ff/io ptfet ft trova fpeffo n-traefur di Li (fa , è lungo un piede e mex* ca, e Tarmigli a a Cougrg, graziarono dell' ifìruzione . Stiepo Io comm'anfe ne! fuo interno , e gli augurò più propizia fortuna p^r i* avvenire con vera amicizia. S'abbracciarono tutfi tre% e li due amici fe ne ritornarono carichi di alcune bottiglie di Morttemoro , ed altre provvipioni date a loro da Marcnvicb. Quefli reltò nella fua lolitudine, occupandofi nel preparare le cofe nccefTarie alla fua imminente partenza, non lafciando di penfare , e eoa vera rabbia di aver data ofpiralita al fratello del fuo rivale . La fua ferocia naturale ìo porrava a tanto eecefTo d'odio che invece di accoglierlo avrebbe voluto sfidarlo a comburere. Indi (i calmava, ed eia contento d'averli diportato con gencrolita fino a riceverlo con tutte le accoglienze dovute alla buon'amicizia . "Ah / fe invece di Stirpo la forte mi avefTe pre-fentato l'odiato fratello , non avrei potuto allocar» nel mio (eno il livore che m'avrebbe fufeitato . Gli avrei detto, giovane uomo, non entrare nella mia ca» panna, l'olpitalttl ti potrebbe a coperto da'miei col* pi, ed il mio braccio vuol farti pruovare la forza del pelo dolorofo che cacciarti nel mio cuore . Sì, le la-prime di JelU pagherebbero le pene che il luo incollante penlare mi fece foffenre . Non farci più padrone di rifparmiarmi tutte le colpe che la brama della vendetta avrebbe potuto fupgcrirmi al/a fua vili» • Quella fciabla , quello pugnale , quelle pillo!* avrebbero bero data la rrortc al mio guerriero nemico , degno di me. La nespola che li raccoglie in autunno ancora vtrde, quando fi lafcia con pazienza maturare viene faporita pei pranzi d'inverno. L'odio che conferva! per tanto tempo fazierì tanto più I' animo mio bramofo del fangue del mio nemico. Fin* ti ti Ottave Lil>f* LIBRO IX. ARGOMENTO Convcrfazìone fulle donne. — Incontro del ; Vampiro. — Cacci* dell'Or/Ò, X Due giovani fi avanzavano al piano per il cammi-no, che conduce alla capanna di Pervan . Erze aveva ofiervaro una qualche alterazione in Marcovìcb , al momento in cui gli comparirono dinanzi. Di ciò ne dimandò la MglOBf » Stirpo f a quefli gli fece il racconto degli amori , del matrimonio dì fuo fratello ; motivo , forfè , per cui Marcovicb odiava tutta la famiglia dei Narzevizca. u Le donne, diceva ad Frze, furono cagione di tanti mali ne' noflri antecclfori , quando non erano che guerrieri , Varie canzoni ce lo ricordano. Di rado celebravano" le no?.7e lenza fpar-gimento di [fangue , c la più bella era per Io più il premio del più valorofo , e più fortunato . Sfidava i fuoi rivali, fi combatteva , ed avrebbe avuto rof'ore prefentarll ai parenti della giovane che defiderava ia ifpofa , fe non folle fiato carico di fpoglic di quelli che Rliela avevano contraffarà. La noflra nazione no" avendo più sì grandi occasioni di far la guerra , Pcr- de de nell'ozio quel lenrtmento «levato che la condurrebbe a misurare il Tuo coraggio e la fua forzi coli' inimico per non aver a cedere la vittoria che alla fua propri» fuperioriià . fin da quel temoo , da quanto ci racconta mio Padre , dediti unicamente al ripofd della vita paflorale, alle cure piacevoli dell'a^ricolr u* ra , e'infepnaronO a 'art più flima d'un pinmenro, d'una vacca, che d'una fpofa. Se ta'volta «io de' nollri Vlorlacchi ha la preferenza lopra i luoi compagni fi «crea di levargliela, di pr-nlei gliela c<.!;'a(luzia< o con un vile artartìn anelito : ed ecco come tr* unì la ferocia ebbe luogo iuvrce efel valore. DrégMittifìté lodo la vera cognizione del fuo amico, e convenne con affo lui, che la differenza dei ten.ii aveva farro torto alla Rran.lezza d'animo de' funi Coni patriot ti ; Il di" fpr*zzo per le* donne gli fece fòmmi imire ItdVie • ** L idea che fi concoifee del merito 4* una nazione non farebbe forfè male calcolara filila maniera del ri-fpetto che fi ha per un tal fefTo . Alcuni popoli hanno penfato che le donne averterò qualche coli* rji di-vino nella loro eflenza. La vìfia meravi^ltofa eltt pre-fagifee l'avvenire, it fapcre allettare in modo di non potere «filiere , il dono di far cole che incantano t che le rendono si potanti , fembrano appartenere pint-torto aj|e jonne cr]e a^|j uomini. ( Dr*?an* aveva qualche cogniz.one, e voleva farne it confronto. ) M Sono Sono flato a Marna ( é ) , e davvicino vidi quc* va-Jornfi Greci , avanzi d'un'antica repubblica , quegli Spartisti indomabili che nienre poti* diffiuggerlì ( o sloggiarli. Rinchiuli nelle loro montagne, che li affi, curano come un baluardo, non temono i Turchi, che «bborrono,e quantunque non fiano che un pugno d'uomini , nondimeno fecero fempre fronte a coloro. Inondarono \ barbari fpefTo il paefr , e le fpiaggie che li circondano, ma non han potuto mai penetrare nei loro nascondigli . Dovettero contentarli d'un picciolo tributo arbitrario , che i fieri montana) fettine da.ll* alto dei loro fcoglj , o glielo portano fulla fpiaggia del piare . Si governano fempre colle leggi de' loro aa> ( a ) Maina , provincia delia Marea tra due catene dì montagne , che vanno Jopra il mare . Fa parte dell* artica Leeoni a . Ha 400*0 mila abitanti chiamati Mainotri , 0 Magnotti , che vengono) dai Lacedemoni , e formano una Jptzte di Re] ubili ca indipendente , ed a[Jai nemica dei Turchi , the non poterono mai fottomrtterli a motivo della it.ro bravura, e delle laro montagne. Il più gran traffica con/ìfìc negli /diavi che fanno indifjeren-it■mente Jopra i Turchi , e [opra i Crifìiani . Lia*" no un porto, ed un borgo chiamato Maina, f**9 lano affai mule il Grece, anteceffori legislatori, e quelle ordinano die fi titubano onorare le donne. Così Je Ma/nette fono degt^' dciJ'onore che hanno . Sono piene d'ardire , ed accompagnano i Joro mariti nelle feorrerie , e maneggiano le armi quanto citi. Si dividono le fatiche cogli uomini, e ne fono la dolce ricompenfa . V1 e- niente di più grato, di più caro all'uomo che fi fe dittata con onorevoli uffizi 1 con azioni utili a* fuoi compatriota, quanto vederti ricercato , e prescelto dall'oggetto che ricerca egli fletTo ardentemente , e che preferìfee i tot-to ? Non ha egli ragione di accarezzare ciò ch'c piti amabile , ed in natura più commovente f Ogni qual volta, dopo un lungo viaggio, ritorno a cala mia , e veg^o la mia Orra correre uno alia (piaggia del mare , con uno de' mici due figli in braccio, e l'altro a mano, bagnata di (udore la fronte , allannata ed .infante dal fretto'ofo correre , fiffo i mìei fguardi fulla vermiglia guancia tanto animata , fulla dolce tenerezza dipinta ne' fuoi occhi pregni di lagrime , gettarmifi col braccio libero al collo , avvicinare coli' altro al mio vifo il caro figlio, lìughiozzare, mandare de'profondi fofpìrl, proferire mezze voci impedite dalla gioia nel punto in cui palpita il fuo cuore appoggiato al mio petto , il , mio amico » fembtamì allora dovete edere fuperbo delle mie fatiche , perche raddoppio il fenttmento. interno della mia felice efifienza ; non \>c pericolo , aon vi farebbe valoiofa imprcìa , che M 1 non tì4 non fo^e da ne abbracciata p*r acqui fi .ire nuovamente una tale lpofa Stieto \\ r i ìc animata pittura ar-dava " Egli adorava la fua D*\ci.t ; la priva- zione d'una fortunata paternità, eh'e il più bel dono della natura, il legame più dolce e più forte per mezzo dell'unione focialc s'accrefeeva nella forte emozione dolorofa dell'amante fpofo. Stiepo fofpirb , e Dr*-p^i.mich fegdl a dire. " Nelle gran Citta1, mìo amico , ove l bifogni fono moltiplicati all'infinito , e fi voce cara e lacra della natura ì: allogata dalle grida delle numerole pa'lioui , il rifperto che li rende alle donne e divenuto sì fallo, quanto quegli llefli bifogni. Godono in apparenza divini onori : per elle finto fi fa , m* tutto ci?> che fi fa non e clic battezza , ed Inganno . L'approvata cortil'pondenza ed apparente dei due felli non e fondata che fopra convenienze flraniere ai principi della narnra.Tale corrifpondcn/a diretta a foddistare mille altri bilogni fattizi , mille ideali favori , ed imperfetti nafeonde per ordinario la corrifpotidenza ricercata dalla natura . I i.'a è il più delle volre in conteaJdi/ione coi raffinamenti dtlli /ucieto" . Io credo pertanto quello] dilordine mrno grave che non è quello di difprez.'are le donne , e gertarlc qOlfl nella claffe dei bruti , come fanno i nollri Morite e hi . — Quantunque le nofire Chiefe fif'10 piene d" imagini , t di divozioni talvolta vane , C'IC male fpiegando la nollra credenza dilonorano la reii- Rio- 1*1 gioii* , pure 1:1 nofira groflolana pietà va!- affai pi i dell'f0Pitt* di chi non ricouolce ed onora in qualche modo P Edere liipremo . Quando gli uomini corrotti dalla mollezza non han potuto avere in loro potere tutto ciò che i loro replicati defiderj richiedevano ali1 ifìante , e che la quantità delle cole originare ha forpaiTato quella delle cofe ittcetTarie, i cambj non furono lullicienti a proccurarli le une cut luperfluo dell'altre ; di piò la dillanza dei luoghi, la difficoltà dei trafporti hanno telo tali cambj impraticabili . Sarebbe flato neceflatio dare un prezzo imaginalia a qualche materia, che avelTe potuto convenire a tutto, liccome i Caratteri della fcrittura fono Itati inventati per diete i mezzi del peiu'iete. L'oro e ^argento furono levati dalle vifecre della terra per tllere l'equivalente d'ogni oggetto the ti cercalle . — le donne l'I effe non haiy;o più qotll'intrinfeco valoie , ed individuale che avevano al tettilo de' ooliti maggiori, E* vero che godono piò fegni ertemi di confideraziona , ma non eccitano più quel uebile ardore di i mini erano] infiammati altre volte pei loto ii.terefìi. Manno cedalo , per cosi due, d'aver più quel piego che meritavano , ed alno non fono the la molila ili c,° che valevano un giorno , in quella lleffa guif* cui l'oro è il legno dei bifogni della vita. 11 Erz* ragionava , paragonava , e li fpiei-iva da negozianti: y « da A,W«<<*;, il quale „OII tiivudo privo M j di iÈà di ipìrito s' impiegava Volentieri rell' idee attratte riputandoli filofofo. Stiepo-, per efempio j l'interrogavi per qual motivo in Europa le donne effondo quali 1U bere e Covrane , erano Ichiave in Turchia, e in altri unmenfi paefi, fe doveffe preflar lede a quanto aveva fentito a dire. " Quella fchiavitù, gli rifpofe, b parimenti uu1 effetto della corruzione degli uomini; proviene da un1 alno principio , (ebbene parte da quello iieffo fpirito di dedicamento al piacere. UApatico portato a godere coi mezzo della bellezza del fole , e dolce ardore del clima , con ogni Corta di produzioni naturali e dilicati eccitamenti per infiammare ed allertare i lenii , cerca darli tanto più facilmente al piacere che ha minori olìacoli c pene per ottenerlo a ttiotfvd della gran faciliti colla quale egli foddìsfk ai primi bifogni dell' eftllcnza 4 Libero da ogni cura pe-nofa , da ogni faficolb efercizìò , inurteVfo nella pigrizia, tutte le lue brame hanno per primo feopo il più vivo dei piaceli i tutti gli altti ch'egli imagina , che cerca per variare, e prolungare, non fono che confe-guenze , e vi hanno dei collanti rapporti . Quindi ne rafee la fallita del fuo guflo, e Io ftegolamcnro della fua imaginazione nella quantità di donne eh*et cede nccelarie per la quantità de' piaceri che brama , e crede trovare . Infingardo ed ignorante (piegano 'a ftclTa cofa . L'ignoranza ftrafeina con fe il timor* 1 il fofpctto, la diffidenza ; fi può fpetaic cha una donna Vi vì imi, ad * Mcìlé, che fi porta ((pirli de!!' amore allo (t*"r° PUr»to a più donne: ma quanto più grande 'e ;j numero, fi prefiggono tanto più di godere. Come avere quello numero, come guardare , e tenere in ordine fimile greggia? Si tiene chiufo quello che fi ha dì più prcziofo , ovvero quello che fi tenie di perde* re , ed ecco le donne rinfetrate da uomini avari , iniziabili , e violenti nelle loro pafTioni. Se gli rifiutici amamrro le loro donne un poco meno „ fa;ebbero più libere, Vedi tu i noflri Calogeri t Non ti fembra che i 'oro fondatori abbiano confiderato che quanto più fofTcro rinchiufi» più s'occuperebbero al bene del» la loro feliciti , e fi renderebbero più cari alla divinità col continuo efercizio nei loro doveri? Forfè, lo interruppe Stiepo , quelli popoli hanno creduto che A guifa del befliamc che fi conduce al pafcolo, Un folo) montone avelie a foddiiiare varie pecore » • che fofTe duopo tenerle chiufe in una Italia pet il buon Ordine della loro economia ? " Ad un tal paragone Trze là pofe a ridere, ed abballando il capo l'approvi»è Stie* '• tva il fuo amico, I febbtne accadevi f?"."Sfilino ch'egli non compiendone fldet dello fl e fio, pur» ne compiaceva moltifTìmo , e Io computava uomo immirabile. Ad ogni iflante fentiva entro di fe fino * qual ponto farebbe fiatò felice I-orrendo con lui le Citta e 1 p*cfi cl.c ancora non conofeeva i Dimandava a Brw*n*nich degli ufi (tramar! : le difensori M 4 eht ■SI qbt ne fruiva a fare i lo rapivano fuor di fe, ?| fuo amico ftorggvì P tritiro de' fuoi difeorfi , e di buona fede (e ne ccmpiaccva- Credeva rendere gran vantaggio a quefla popola/Mine , dando delPi(tru7intii a chi ftu!e un giorno ne diverrebbe capo. Tern ina 0 era il pranzo fui tnoiiticrlto di rena 4l piede dei* albero di taf agio . Stujo non aveva voluto che loi t toccato jl vino di Mfrccvicb , u Poniamolo a mio Padrt, di ceva , tgn è vecchio , t neceflario le gli rende per folìeneifi in terza. " Il vino ni n era * tutti comune fra i Moriaul'i, ed il buono era larilTimo . S'avvicinava la notte , e la loro converfazione aveva latto rallentare il palio ai cavalli . Stirpo fe ne accoile , * fapendo che non poca flrada » loro tcflava ancera a tire prima d'arrivare a Dizmo , pregò il fuo amico ci alret.ite il pano , Già appena q^flinguevanfi gli tp^er:' fulla terra , ed alcune nubi affilate fui loro cupo li minacciavano di vicina pioggia. Quanto più c:t.*cva P ole ut ita , tauro più inquieto Stirpo diveniva , e l'anpuf'iav* digli lcherzi d<' 'i;t> WjIcO , quan-d>a tutto ad un narro lo lente a gridare 41 Dio Cj ajuti i (»*OiO perduti, ecco un Vampiro — Un Vam-piro 7 — Sì, e i") l.i : Ingoiamo, mio amico, egli viene, viviamoci: fi generi fovra di noi, e lucchie-?i il BOflrO fanpue . Non vedi come diviene grande il fuo capo s'alzeta «d apparirà fopra all'albero , dir* irò al quale vuole nafcondtifi. Koq gli palliamo iti- i"n- awizì . atlretnainocì a 1ar oraztaat . " Stirpi girava il fuo cavallo, quando ito arrecandolo per la briglia1' Fenn* > giidò , non ri arrollìlci d'aver paura , J' un folo uomo ch'I a piedif Vcuamo che cofa e. —Un' «omo ? a tal Qra ì a quello tempo 1 io aver timore 4'un'uomo ; le follerò quattro che mi contendertelo « cammino avrebbero a lare con ftitpo N*>rz*x>i'zca . Mi quello non un'uomo , e un Vampiro ; ben lo ravvilo al luo nero afpetto, alla debolezza , ali*intormentimento che lentamente penetra nelle mie braccia, « nelle tuie gambe . Senza dubbio egli viene a violentare qualchcduna delle nofire donne , e vuole al prefente diflctarfi nel nolìro fangue . " Difatto, allorché l'uomo più non lenti il caipcfììo de* cavalli , c la voce delle perfone , eraf» nafeofto tacitamente dietro ad un albero. Dragananich che non temeva pnn to i Vampiri, dille al fuo amico. " Tieni il mio cavallo , voglio avvicinarmi a quell'aorte*, e parlargli.— Che fai t tu vai a oerdetti fermati . " L'altro già era a terra , a vicino all'albero. M L ,i fei tu ? elio pretendi? — Fratello, rilpofe l'uomo dietro all'albero , io fono un povero Morlacco , che fmarrì la flrada ; il mio nome e Jcrro : la mìa capanna fe vicina * quella dello Startfeino di Diurno , e pafcolo Ogni C'.omo gì, armenti dei Notti vitM* . Contando le mie pecore ae trovai una di meno , e ritornai lui cammino che feci in quello di , onda etreatia; mi fovtag- M 5 ginn- 7 (W giunti 1* notte fo qnefli ìnor»Tif, « mi perdetti* A te> vc'iva lofto inuiruaarmi per chiederti la via , ma ,| timore mi prefv , e cercai di nafcondermt , Ah f mio fratello, additami la ftada ; a momenri cade la pioggia, tremo di rientrare qualche Vampiri irritaroj o qualche cattiva Viejchfn. tl Lo (pavento di quelì" tomo fmiile a quello del fuo amico fece molto ridere il tranquillo Dr>y an*uicb t " Vieni con me, Hi ditte, noi andiatio alla cafa dello Xtarejcina h'arvtvtzca, ed ecco qui il fuo figlio primogenito . *' 11 MurUccv he*) un latto fino al cavallo di linei», gridando.- *4 Uria fratello Stiepo , ecco Jetié, , che s'era fmarrito . *' Stte/o lo riconobbe alla voce, e tutti due pref*ro fiato. Fr?.# montò a cavallo , e continuarono inlieme il v*aggiei , Qu^fii voleva far vergognare il fno amico elei timore che aveva mofirnro ma Jtietn n0n fa, peva arolfire d'una cofa tanto terribile, con-i piti , P« tetto il culmino foderine con oflina/iona la efiflen/a di quelli , e fe non a^'ePe avuto tanto timore avrebbe di:li lenta la compaia d'f'cunO m <ìue" fli ii oHri , onde pctfuadere |* ii.credulo, Jetradal fanti) ino tutto affermava con delle ridicoli- foticllc. Sua moglie fifla l'ire fan violinar» all'imbrunir della nette andando a pur dea e acqua vìeiro alla fua capanne', Ritornato tpH % r.ifa in qrel ptrto, vide qnaf» the coti di nfto che tirava Iflvlhippnta l'i;a n opli*'* tra quella un'orrida tn-bra in figura d'un ''- c,,c fpa- iparinJa Paveva beffato a rem, e camminitogli fui do i<> » percuorenJolo con un qran colpo , malandò U p'eghiere di fua moglie , iccio-che tralafcia'le di {Maltrattarlo 4 Erzr non volle dire ci?) che >-n!ava, an pativa fenrtnJo Surf, uomo di buon fenfo.ors-ftare fede a fìmili fanfaluche . Gli fpiriti ♦ollertì , «U Spiriti che girano furono pofeia il logperto della loro COiWerfazione. Parlarono anche con crand eniulhfma tlello fpirito Mézicb , (*) che prende talvolta alcuno (a) Mazicb . fra i Morlacchi r ut Vampiro giova-tir , vago , bello ; nè r poffibile {cacciarlo -la fr . S*accontenta di fue il (erv'uore t dotiti folto il lef.o del padrone per effert praito od ogni fu>> cj* mando. Chi lo prende per angelo, e chi per dia-volo : e fe un Morlacco per econo-ma ben i>itt:,a à più ricco di anello che dorrebbe eQere , fi dice che ha in cafa ii Mazich , q le. Spirito Folletto. Monf. CooW net fuo fecondo Vi aggi» nelf amene* coi) parla a prr>porito de* Vampiri . Uì'albtro d* una attedia,e groffez%a fmi furata f,vrafì.,va a tutti gli altri t ed i fuoi rami erano forieri di Nor-fole , di una greffezza en< rme , e che noi thiawia-mo Vampiri , £fle fl.ivani ai,aerate colle zampa etnei nate ai rami del? albera , e qua fi eurte cotta trjla aUUnzth. U €u„j% ci,, fa qurjì'antmate me* gli hò in amicizia a tal fegn.0 eh.: Io ferve iti figura di ferviteli con fornai! attenzione , ed attrae fu di lui e fu dì ciò che gli appartiene tutte le felicita poflìbilì a defiderarfi . CoA il fortunato protetto vedeva in modo tale profperare i fuoi affari che in breve tempo diventava il più ricco in armenti , ed in pafcoli . Si conosceva con facilità quello' Mazicb dalla fu* bellezza , c continua gioventù . Ognuno atigutò a fe ftef-lo, ed agli altri la benevolenza di Mazicb ; e la con-verfazione andò alla lunga fulle differenti grazie che? clafcheduno duello n'avrebbe. Finalmen^arrivarono al villaggio, e furono accolti colle dimoltrazioni della più viva tenerezza. Stirpo ripete- a fuo padre , ed a ftrv*z le belle de-fcrizioni fatte a loro da Marcouicb t e Pcrvan che ia parte le aveva vedute , le confermi). I (\[U> fratelli lufìiigavano fe fieli!, ed il loro amico d'un dolce piacere , cioè , volevano fìcuramente forprcnderlo , e fargli abbandonare la Città , e le fue bellezze . J.rze molto fenfibile fi montava alla loro promcffi, via gli otti è immtnfo , ptrchè non vive cbt di frutta i i per quefla ragione gl} Ijvlam hanne invtnta' to per attr-apparir una gabbia di vinco , fatta a jrg' già di nati i , in cui /,< Nottola quando è entrata, a%en pub più foiti: iti» non gH fembrava che fodero fpinti da quell' ita-paziente delìderio di curioftti che doveva animarli, « fcuotcrli . Ad ogni illante egli ripigliava it luo favorito foggetto , ed infenfibiltnente abbagliando la loro imaginazione faceva che preferifTero le fue fcducenti pitture ai quadri più imponenti della natura. Una fera difpofe nella capatina cinquanta candele di cera con fimmetria , parte fulle tavole , parte alle pareti , c le fece accendere tutte ad un punto nel momento in cui la famiglia di Prrvan v'entrava. L'e-flraordinario fplendore di tale illuminazione sì fupc-liore a quella del fapino li fece mirabilmente arrefta-re, ed ilpirù ne' loro cuori la piti viva allegria . Si danzò , e fu la danza meno felvaggia dell'altre volte. 1 fratelli Narzevizca erano incantati . Irz? con aria tranquilla, e quali ridondo , così parlò : " Miei fitteli!, ed amici, quello che Vedete e un nulla. Ardono talvolta a migliaia le candele ne' nollri Tempi j * ne* Palazzi de' Grandi . AI punto Hello voci angeliche fecondate da quantitl di ftromentt cantano bellilTImc canzoni. Vengono prelevate delle bibite affai guflofe a rinfrefeanti a tutti gli aitanti , ed in larga copia . Fiori e profumi imballamano 1' aria . Gli occhi ammirano delle donne sì belle , quanto le Circaffmnr rin-nel fcrraglio del Gran Signore." Il colpo e fatto . I giovani fono riloluti di andar vedere tali meraviglie . Si riposò alla meglio che ti jpo- potè i ina ì due fratelli non dormirono. St cercarono, e fi comunicarono le iiU piacer ,li che ti tormenta-Vano , Ma come pari une al 'oro padre ' come otte* rierne la perraillione ' cofa diventerebbero Défcié t Jelia t Onici* avrcSu- potata r^Ure col padre ; ina Jella ? Jervaz non poteva reliftete al penfiere di (e* pararfi da lei . Pensò urlarne alla JleTa * * k jna opponendoli 1 ... la lontananza farebbe (tira per poco . . . o forfè avrebbe vuto il corano di fefjuirlo. Conchilifera di attender; t! tedi pò in cui dovevano fare il giro del piefe con Organarti eh » Que'U breve fepurazione avrebbe data a loro accadine di parlar» f.i tale progetto allo ìmre/cita ; il più dùhci'e era a" averne la licenza. Jervaz. lì Wiiin"JV4 c'>9 il buon padre avrebbe contentato i luoi fiali , e fof/f s'avrebbe perfuafo di venirvi lui lìeTo. 1 due fratelli abbraccia»* do fi lì divifero. Il uamo le fluente era flabiiìro per fari la ciccia dell* orlo fulla montagna,, Venti cinque dei oiù bravi cacciatori dovevano ve ir a prendere i Sarzevizca alio fpuntar del giorno , e lare ìndi vedere a Draga» nanieb la toua, il coraggio , e la delirerà dei Morr-iacclì • L'Allodola incitante l'inuma cetera al lucido apparir del di faceva fentire il fuo canto, ad il melanconico Gufo avea riptelo il laminino allo f«.o Ilo d°*° «'annida . I primi ra^i commcuva'.o a iakiare di* ttifl- i!fn»iiere gif o«etti. Le terra coperta di rugiada ap-parivi adorna d'un ve!0 trafjarente. I rami degli albe-fi lanciavano j.'occio'are quelle preziofe lacrime che glirrbbefì l'afTenee de? S-de averle fatte fpar^ere du« fanTc fi nnrre , e che andaHe ad afe rugarle col dolce calore ad oTrire ai fuoi amiti. Cfv dormirà a>h mattina fu"* pelle dell'orfo, fe ne fetvira ben ro^n , e non poti a cambiarla. Il lungo fonno e necelTaMO a' Vecchi ocr rimetterli in forre ; il lun«n forno fvi^a la gioventù : in piedi , andiamo a sii'ire il feroce abiranre drl'a montagna . " Subito i tre amici a* "n'^ono ai loro compagni , che trovarono armati dì trroffi haHoni . Jervaz ne avea f?tro prendere uno anchr a Tirava*anie^ * Oltre al baffone ave"ano attaccato alfa fafe*fa il coltello ; l qve* fa ciccia non fono lecite P.irmì da fuoco ; non fi fa-ref.be onore quel V»-liceo che attaccane l'orfo c!>* lutile grande vantaggio, Avevano a fare due miglia per arrivare alle falde della montagna delta CrffltM , dovevano far* la caccia. F.*Iino ."onofeevano tutti i nifi Sfridi ridondigli y e malgrado » pericoli a* quali fi efpnnevano % arano allegrifiimi , e cantavano infieme glP ufanza del loro paefe. Li \f>(> La Horia che dà il Morlacco circa l'origina bell'or-To y l ruipclarilfiina , ed ha di quella fupei liizione che caratterizza tutta la di lui credenza . Egli dice che allora quando Lucifero fu gettato giti dal Cielo , e condannato da Dio Padre all' inferno j un picciolo Angelo che non aveva avuto parte alla Tua ribellione non potè trattenerli dal ridere vedendo il capitoti.belo che fu obbligato a fai e Lucifero colla tetta innanzi , ed i piedi in alto. Dio le ne accorlt,t li tr.oftrò iu ritatiflimo dì tale malizia , e del mancamento di ca« Ttth verfo quel giovane temerario, l'er punii lo Io fpe-dì fulla terra , e lo condannò ad andare vagando pei bofehi , c pepli Icogli loito la fpaventevole lìgura d' oilo , e quello Imo alla tùie da' Iccoli dopo ì quali f.ia rimefTo per grazia nella primiera fu/ina . Lgli e deninaro per maggiore cafligo a lenire di trallullo agli uomini colle fue morlie , e goflo ballo, .'è ptelo vivo, per inlcgnargli che non fi dee far bcf'e di quelli che foro cafligati. Difatto vaioli , diiono i A/ur-laccbi , T orfo trafcin.no di villa in villa , sforzato dalle cartonate, e dalla fame , ballare, fare degl'in* cluflriofi giri, rendendolo, l'uomo che gì* inh ;;na , «:> petto di tifo del popolo , malgrado la pietà che dor yrebbe muovete il fuo flato. AfgiagnetC , fegueno a dire, ch'egli ha la «j;|.avventurai d'ePere dotato di molto intendere, e coniava fempre qualche cofa della fua fovranuatuiale iute!.. felligenza - Ffi'» r*me l'noir.o , t fe ne difènde con tur « I* fpa forza amando piuttoflo di morire , che iortomertcrli alla verdognola sfortuna eh' egli prevede. Gl' orti vec* hj non lì lafciano addimeflicare : difticil-m^nt* fi pendono vivi ; la forza unita ali* afìuzia fa cadere più facilmente i piccioli , che fi trovano nei loro MlCOi gli. L'impreca piti difficile t quella di topliere i p i violi orli alla loro madre ; fra tutti gli aiimali efa I; « -"de con ellrema ferocia. Già t Doriti giovani lono giunti alla montagna pienj d'ardire . ed impazienti d'incontrare l'orlo . Si icpatano a due a due , e fi difperdono fra i bofehi, ed i fco. gli . Gli uni fi pollano fu i fenticri ove feorgono le 11accie , gli altri s'arrampicano fui precipizi , e 1'af-pectano alla forgente d'un rufcello , ove credono che pof'a audarfi a dilìcrare . 1 due più coraggiofi Jervaz, e Drap allunici) , penetrano nella foreffa , e *' internano nel piti folto e cupo fperando di poter trovare il na-fcondigtrD d'un'orfa. Battono fortemente lugli alberi col loro hafloni : mandando ,infieme grida fpavente* vo'i per isbigottire la befiia , e farla forrir dalla ca-verna . Quantità d'altri piccioli animali (paventati fungono dille loto tane \ ne vengono alcuni accop« Pat< coi baioni ; la maggior parte pero fi falva per maneejBga d' areni da fuoco , onde giugnerli di lonta> no e 1' »t(0 n0„ fi fCOpre , Potrebbe darli che non vi le* Vi forte , o che la paura non lo faccfTc fortire » X giovani alla loro foggia lo iridano . 14 Vieni , f« hai cuore : guardatili, t'alpetto lenza I boopo,non ho che '1 baltoue : corri a lapparmelo , ed a profondere le tue adunche unghie nel mio te nò . Vuoi che ci sfidiamo alia lotta > abbracciamoci : che il più forte atterri Paltro , ma fri un v;!e , ed hai timore." LVr-fo non rifponde , ne companfee , ed i cacciatori impazienti s'irritano. Jervaz e Or ipanamch più ardiri arrivano ali imboccatura d'una caverna. Eccone l'orme, là v'è l'orfo- Jervar. con acutiffime e forti grida incita l'animale a fortire : ma invano 1*attende.1' Corto a cercarlo lì dentro , dice all' amico . No , per pietà , rifponde Erze .* potrebbe darti che folle un nalcoudiglio d* un'orfa , che feorrendo intorno alla foretti va a trovare onde nutrire i l'uni parti. Afpet-tiamola a/ii al fuo ritorno la Combatterei!»* . Avrà" ella intel'o le nofire (Irida dopo la fua partenza , e non tarderà a venire . P.omettiamori loto ( tal * la peucrofa intrepide zza del Mori,,cco ), che quello lari Il primo ad attaccarla fi difenderà da per le , e non farà leciro al luo amico fe non vendicarlo al cafo che locccmbefTe. " lutto ti prometto, dice l'ardenti Jervaz » ma io non m'arredo M e ciò dicendo penetra furioio nella grotta. Erze fpaventato l'alpett* all'imboccatura ; ma noti padano cinque minuti che fine Jervaz tenendo in braccio due piccioli orfi- Alle- legro per tale Prefa la mollra a Draganamcb, e fi con-' fola penfando di portarla a' fuoi figli. Ma, rutto ad iu\ tempo urli fpaventevoli colpirono le fue orecchie ; Porla turiofa veniva ad incontrarli. Vedendo i luoi piccioli fi lancia fu Jervaz ; quelli li getta a terra al momento in cui l'orfa fìendeva le fue branche , ed apriva la gol* P«r lacerarlo. Jervaz la colle con uu colpo di bilione che le falcio piombare fulla telfa rinculando al punto Hello due pa'b .. Stordita dal colpo, e fmaniofa per non vedere piti i fuoi parti , che IV-zt aveva raccolti;, li dibatti: i fianchi, e col ruggito attirò qtiafi tutti i cacciatori al luogo del combattimento. Rabbiolo l'animale, e colla fchiuma alla bocca refia un momento dubbiofo , contra quale dei nemici a lui dinanzi abbia a (cagliarli , e faziare la fu-nofa Ina collera. Jervaz ■ il valorolo Jervaz, con un latto ardito a lui (Ì prefenra , getta il ballotto , pone il Ino pugnale a traverfo in bocca , e colle braccia aperte riceve l'orla che ritta in piedi fulle lue 7tm-pe fi slancia fopra di luì . 11 robulto Morlacco la ferra con tutte le fue forze , e non le dà tempo a fervili! delle fue branche , ma e flrafcinato dalle feofie violcnii della feroce beflia in mezzo alla lotta, e c«- lanciandola iciuiviva . Rinvenuto dalla iatica, coperto di fangue, t di fango, bagnato di fudore , (tracciato * ferito in vaij luoghi , lenza però il più minimo pentolo, era a vederlo inietcflante , ed criibile. Un'aria di ttionfo lifplendcva lui!' itilauguinata (accia : il fer.iimento di gioja , e quello della (lanche/sa non gli davano campo a patiate, ed appena a refpirare . Tutti l'abbracciarono , le ne conlolarono , e gli polcto la vorotu del valore. Si (aitava, e li ballava intorno a lui, ed alla vinta bctlia, colmando di tlOfj , e di benediaio-iii il vincitore. Una parte della truppa fi caricò cicli' enorme preda fu delie pertiche, e l'altre prefe JtJ0*** tulle fpalle > ed infieme addarono Imo a'.'visite c'el bo- talco fermandoli alla riva d'un rufcello . Jervaz filavo, levette, circondato Tempre dai canti, e dalle ao turnazioni pei la vittoria . Dopo quello obbedirono all'impazienza di andate a dividere la loto allegrezza colla famiglia dei fortunati Narzevizca . Alle grida di gioia che da lontano s' udirono , il vecchio Ptrvan 9 le donne , ed i fanciulli ofetrooo dall'abitazione in fretta , e corfero incontro ai cacciatori . Le donne rincularono dallo fpavento Vedendo il moflro' , eh; quantunque motto , pure iufpirava orrore . Qual fu frerò la forprefa del buon pà'dre , vedendo aprirli la marcia de' giovani , ed eflervi in mezzo I* amaniiffi-mo fuo figlio Jerv.ii portato come un tiionfhrore t Stiepo, e ufàgananicb danzavano innanzi a Ini, perchè la vile invidia non c conofeiuta tra i Mulacchi." li pielfitiamo il valorofo | gridarono rutti, egli è il tuo figlio, il anale ha sfidato, combattuto , ed atterrito il fiero nemico , nedica il padre , che fili ha data la vira , ed il valore ; polfa benedirli ancora in fegoito per molti anni.*' Poffra I terra Jervaz dìnttli a fuo padre ; egli s'in* ginocchio, e Prrvit» abbafUndofi l'abbracciò bagnandogli il vifo di Uggirne fenza porrr proferire parola. *'ece lo (fiflb Jitla con un* inefprimibile ardore, Ann-gendoio al fu» feno , non iftancandofi di baciarlo , a ribaciarlo guardando fe toffe lei ito. Venne anche Da» jeia , e gettò fa lui dei rami di quercia , e d'alloro •he io-, che preftamente aveva radunati allorché vide venire i cacciatori. 1 domefltci, le donne tutte vennero a circondare il vittoriofo/erras , e non potendolo lìrigne-re fra le loro braccia vollero toccare le lue mani , e le velli. Le fue ginocchia abbracciarono i due tìgli, e gridarono di eflere alzati , onde baciare l'amato padre . Stiepo s'avvicinò , ed aprendo la fua Kalumza feca a quelli vedere gli orfacchini vivi , dicendo che il loro padre li aveva preti colle fue propiie mani prima di combattere coli' orla . Saltarono di gioja i fanciulli, e pregarono di darli a loro Gridò il primogenito , io combatterò con quelli orfi , ma voglio afpettare che fiano si grandi come quello che fu ammazzato . " 11 fecondo fi abballava , e li baciava. Si levarono tutti due la cintura , conJucendo col guinzaglio gli orfacchini che avevano lei fettimane all'incirca . A chi li vedeva, dicevano i fanciulli, " è preda di nolìro padre ; egli fu valorofo per noi , e noi pure quando faremo grandi gli troveremo dei piccioli orli per divertirlo . " Dikorrcvafi del pencolo cui avrebbe corlo Jervaz , fe dimenandofi coli'animale non gli aveffe dato quel colpo mortale , facendo elogi alla fua forza, ed alla iua dellrez/a , Jtrvaz difle a Pervan : " Mio Padre, parmi clfct felice avendovi dato un tal contento. Voi mi avete infegnato a fprea> zare i pericoli , ed affidarmi alla robuefizza delle mie braccia.'MI buon vecchio flava appoggiato èj'**'*) co- «ome per foPenfr'ì ; ma in effetto per toccare il bricco fitfor-ci , Cr)C offerva*,! con tanto flupore. , 'a cara Ielle (lava all'altra; parte ; i ragazzi facevano (a[-t. ,,re ,|. 0f| lC^bini dinanzi a lui; Frzf, D^fcia , e Mtepo decorrevano della bravura di />r-1 e gli uomini dicevano : ** Noi avremmo fatto •'fretta .io : egli e flato più fortunato di noi; un5 altra volta potremo forfa far v.-dere il noflro valore; ì.tanto al gettante godiamo di quello di nolìro fratello , e facciamo eco alle fue illufìri azioni. " Furono tagliate le zampe dell'orla per fare un dono in famiglia* Jtrvaz regalb l'animale a* fuoi compagni. Quelli partirono contenti, correndo pei villaggi, mo-flrauJo l'orla , e fefleggiando il valore di Jervaz aV#f-tevizea. Fine del Librò Nono , libro X. ARGOMENTO Vittima dti tre amici , onde viaggiando -vedere cofe curio/e . — Caduta delia corona . —• Jtlla va a trovare la Baornizca . • • i ni \ E Rze Dragtnanicb malgrado il fuo piacere vivendo con tale buona famiglia , pure bramava di partire . L'amicizia che ftntiva pei due fratelli Narzev,zca , gli rendeva penofa la fepurazione . Drliderava enei utile ad cffi , e credeva che conducendoli con elfo lui per alcuni meli avrebbe loro proccurato alcune cognizioni a grande vantaggio della popolazione. Aveva capito che tutto ciò che raccontato aveva ai luoi amici della bellezza delle Città, dei divertimenti , c comodi della vita che vi li conduce , aveva fatta la più grand' impresone nei loro animi. Dopo le belle cole che aveva loro mofìrato , fublimata ia imaginazione altro non vtdtva che quelle cofe delle quali ad ogni Mante fi faceva loro delle fuperbe delcrizioni , tnofirando-gliele come oggttti d'induflria , e propri al commercio , (u cui gli avrebbe ifirutri . Cosi non lo lafcia- N va- ìoii tana più , e le ricerche , e le rifpofle li tenevano iti tin continuo orgalmo. Erzt li avrebbe appaiti con-ducendoli con efTo feco ; come però toglierli al padre ? come fpeiare che il vecchio fi piivafle dei fuoi due figli ad uu punto folo t giammai non avrebbe penfa-to di poter efTere cfaudito levandogli Hmili care fpe-ranzi ; poiché lo fpiriro di curiofitit, a cui, p avanzata età, l'ufo della più grande fcmplicita nei defiderj , e la Ina felice ignoranza opponevano : quindi penlava ciré farebbe flato prefo per dctcflabile feduttore . I fuoi amici non potendo piò trattene!fi gli avevano ma-nifeflato il loro cuore t e l' avevano impegnato a parlare al padre, ma Dtx*g*néni(b aveva ricufata sì ardua inipteia • „ Io vi fecondarti ( diiTe loro ), pronn iterò tenervi luogo di padre, quantunque giovane ; la mia Jpericdza mi da tale autorità , ma non pollò rivivermi a porgere il primo colpo di dolore nel feno di Prive» . Sarebbe un viol.ire l'ofpitalìtà" , e rendermi colpevole della più indegna ingratitudine. Il voflro buon Padre proverà dolore ad un tale progetto , e foflrirà non poco fcparandoli da voi, che eternamente ama. Egli non vedtebbe , ne conoteerebbe i beai che ne fonerò per fuccedere. Le voflre idee, e le nofire farebbero rigettate , e fcancellate dal fuo viviilìmo dolore. Vedete che farebbe duopo ch'ei patilfe per r»n-ifervi felici , e divenir tale lui fletto ; potrebbe «fi'' vedere ciò nell'avvenire quando la fua avanzar* età Io .:(j . Io ie(e gii sì vecchio ? vorrcfle vedere per lui , miei amici ì al voflro ritorno vi ringraziera della riduzione da voi altri prefa . — Rifpofero tutti due che nori farebbero mai per acconfentire fenza di lui ; nu che adoprerebbero le lagrime, le preghiere, e le promette per commuoverlo. Gli diremo che non v'e pia ripo-W per noi, fe ci niega un tanto bene, ti noflro buon padre fempre ci amò j la certezza di renderci angu-itiati, f* il opponeffe alle nollre brame , non gli permetterà di farlo. " Terminato il palléggio ecco quanto fu ftaMlito dai tre giovani. Al giorno dieiro dovevano porli in cammino per vedere le cofe curiole dui paefe ; in quello flcflo punto in cui partecipavano al padre tal cofa fi doveva chiedergli la permifTione d'accompagnare1 l'amico fino a Venezia ; Quando furono alla pi«f I ti «Iti buon vecchio , e che gli parlarono del giro che dovevano faie , ìaancò loro la parola lui progetto del fcun viaggio. Inranto la convenienza li chiamava a non far più attendete Draoanamcb , e Io Startjtth* cosi loto diffe : " Andate , miei tigli , divertite ti nalìro olpite , inoltrategli ciò che v'e di bello nella "olirà patria , ma non perdete il tempo in cole inutili- Ritornate a me più tolieciti che potete, miei filili : lenza di voi , folo , fono infelice. Il tempo si pteztofo per quelli che temono a mifur.nfo , avendo innanzi fempre la fine che li minaccia , deve «nere N i ira- iò8 impiegalo fino ne*piti brevi momenti in tutto ciò che v'ha di più dilettevole nelle vita . Potrebbe eflervi per me niente di più caro, e di utile per voi che ter-vinui di quel poco di tempo che mi refia a confermarvi , miei figli , le irruzioni che fempre v' ho dato ? vedere tutti i giorni nella voftra obbedienza, nella voftra faviezza il frutto delle mie infinuazioni l Miei figli, voi fate la mia confolazione , il mio amo-Te per voi e la mia vita , ed è per me una vita pegola allorché non vi veggo . Quanto più m' avvicino alla mìa fine, tanto più cerco di fepravvivere ne'voliti cuori, raddoppiare la mia tenerezza per voi ; non vedervi pili e morire faranno due infeparabili decreti che fi efeguiranno ad un colpo folo . « Quella tenera «ffufione di paterno amore agghiacciò gli animi de'figli i pianfero di gìoja , e non ebbero più coraggio di parlare dell'altro viaggio . II Padre li abbracciò, }\ benediife, ed augurò loto un buon viaggio .Jelt* s'ac-corfe , che qualche cofa di firaordinario , dopo certo tempo , teneva inquieto V animo del fuo amato Jtr* •Meati Aveva tentata ogni via di frappargli il ftgre-to , interrogandolo deliramente , m» tutto indarno. Quantunque amalTe moltiftìmo Jtlla , pure olTcrvò il giuramento fatto col fratello di non parlare di tal progetto alle loro mogli . Temevano in elfo loro un1 indifereta tenerezza, ed un pianto fuperfluo. Avrebbero potuto patera? tutto allo Smtfàné , applicandolo tlolo a non abbadare alle preghiera de' figli. Jtlla vedeva partire il fuo fpofo con dolore , tremando l'abbracciava, e gli diceva: Ah tu non ami più Jtlla, tu nafeondi de' fegreti. — Jervaz forrife a tale rimprovero , e rifpofe: Jtlla, oggi io t'amo, come folle quel primo dì in cui ti vidi • prender acqua alla fontana di tuo padre ; quel giorno in Cui affaticato dal correre , più non fentii alla tua villa ne l'affanno della mia fatica pel corfo , ne l'ardore del fole che da tante ore ribaldava il mio capo. Il vedetti, o Jella, mi fece venir freddo , come la rugiada rinfrefea le nofire pecore quando ritornano dal pafcolo nelle fere di Luglio. Sta In pace, mia Jella : non reflerb lontano che cinque , o fai giorni, e fpcro che mai più ftii feparcrb da te ... Tu Io credi, o Jervaz t • •** Jella era rimafia forprefa per le ultime parole. Jervaz l'abbracciò in fretta, dicendole, che avella attenzione onde non mancato il latte agli orfacchi ; tale fchctzo fu detto da Jervar, per togliere il mal umore alta moglie.** Non ri raccomando punto i miei figli; ?* avverto folo , di non contrariarli troppo quando fi rotolano nel prato coi piccioli otfi. Non ti fpaveura-*• , laici* che ne portino qualche graffiatura ; così »' :I^«faranno al dolote , e faranno più coraggiofi . " Effl Partì, t lafcio la tenera fua fpofa fpaventata dal timore di qualche fmifiro evento. I giovani comincia-rono il giro del paefe a norma dell'avvifo di Mar~ eovica* N ) Jel- ;.io Jell* melauCOgeCa. ed affitta cerca follevarfi facendo, parte a Ùajct* de' luoi lo ("petti , per la quale avev,» pO lo inno ilipctro proveniente anche dalla lua maggiore età ) Le raccontò che Jervaz era piò penlierolQ del l'olito, avendolo lentito anche a parlare di notte ; il che per lo innanzi mai non le tra accaduto, ricordandoli d'averlo udito ripetere piò volte fognando i verfi della canzone dell'incollante e bel Selimiro quando iaiiiò la lua tenera Kvjara , per lolcare i mari." Le nollir montagne Tono immobili : le montagne d'acqua Iparitcono dinanzi a noi. u Ella gli aveva ricercato qual viaggio di mare voleva lare f ma non le aveva data rilpolla . Dajcia cercava di calmare i timori dilla; cognata ; lenza dubbio la wmnpaBiùa di Draya-nauicf , i viastji . de' quali con f jra gli altri H aauliagio di fuo padie , ciano cagione g foggerò dei fogni del fuo amico. L'aria feria del fuo v< Ito proveniva dall'attenzione e premma dì lui per fcllc^'/Mre un'olpire tanto caro a tutta la fami» glia. " Anch'io aiuo tnio marito , feguiva Défilé i ina non. p* affannerei le lo fermili a parlare meno del lolito . Le ricciche che facciamo ai nollri mariti , quando non hanno per oggetto airio che la noflra cu-riofit.Il , qualunque li lia l'intercHe che ce le fuggeri- a trovare Ì fuoi figli , e cominciò a g'iuocare con effo loro. Alla fera cantò conforme il folito , mentre cenava il Suocero , ma il fuo trillo umore le fece fov-veuire delle canzoni funefle ; Indi principiò a piagnere dirottamente, per la qiial cofa il buon vecchio, ed i fervi , che infieme cenavano , furono prefi da un'estremo dolore.'* E perche le dille Ptrv>iuy canti log-Retti lugubri I I miei figli , oh Dio ! fono lontani , r«n. < a ) 1 * paffiont pim grand* dei Catedonf era it canto. Non fi />;.& fpigner più oltre P entufi.tfmo per la potfìa , r per la oiufìca di quel che factjfero cote* fli ro%%i , ma ftnfibili montanari. i c«nti tran» it condimento pim aggradevole del l$ro Ctttviiì cantami? fi rendevano ai moni gli onori funebri , coi canti fi andava incontro agli ofpiti più dijftn* " i ' f'iii cari , /,/ r/m/ica m femina aveva patte in lutti i loro affari , titolai. « N 4. Ut cantami cofe valorofe, e dilettevoli. Jtìla mandò un profondo fofpiro , ed alzando gli occhi al Ciclo pregni di lagrime obbedì all' intenerito Suocero . Pcrvan la lodò , e ringraziò , pattando poi eia a rimettere il fuo fpirito agitato per la lontananza dei figli colle prc» ghiere, e col ripofo. Jtlla pafsò nella fua flanza . Allorché Jer potrei parlarle delle vo* Ire pena ; mi terrei a memoria tutte le fu* parole , e vi porterei la rifpofla con quella fedele ■fartez** Pro* pria pria cltlU voflra Nika, Più iccoiluinata di voi il lavoro ,. fapete che tocca a me andar al bolco a cantare 'e ra** '^alie di lagna , che gli uomini hanno tagliate ( ./ ) , e che lo quella Jlrada più d'una volta al giorno , lebbene il bolco lia lontano due miglia . Ho qualche poco d'ingegno , e Da/tèa ha*impiaga nel lavoro del ricamo ; e voi , mia caia Jrtla , non mi lpedite alla cafa di voftra madre per portarle qualche torta di latte rapprefo , sì ben fatto dalle mie ma-ni, cuii,e dalle voflre ì ma co mai allora d' tfeguira le voftre commiflìoni r" vi ridico [uello che vo ■ . mi" drc mi dice per la ,ua amata feìl.i few din tati parola verona avendo buona memoria'1 So piti di venti c.m/.oui , le quali lo Starejcina vuole che io gli canti quando voi non liete nel calo di cantare alla fua cena . Se il fuo fuccorfo può foMavam , perche non vi fervite del mezzo della voltra Nika , che tanto vi ami : — 11 Ur;ut" l!»c Ha nel mio cuore non O it (a ) Gli uomini ( gl1 Indiani ) non avevano riguarda per le don ie . Le mogli non j% avvi ina* vano mai ai loro mariti , per umore dì importunarli anche coi foli /guardi . Mentre quelli flavine i,, ripo/o , qurjh fi affamavano a tra/ rtO* re f«J>* di legna per il fuoco , Viag. 2. di MonJ. Cook , fi può comunicare, replicò Jella \ patifeo non potendoti dir tutto . Seguimi , e ti prometto , che fe la ri-1 polla della Baornizca fari confol.intc, ti dirò allora ì miti fpaventi , i quali fecero che mtraprcndefTì un tal viaggio i u Nika non oiò piti replicare parola , e i .unminando continuarono il folito filmaio « Dopo altre due ore di viaggio, fella fi fermò ad allattare la pieciola Anka , tale era il nome che il Suocero SV*. re/una le aveva farro porre. Intanto N:k\* tirò fuori le provvigioni dalla < ; Ha , e pofe full* erba un quarto d'agnello arrollito , mia torta di fior di latte, dei pomi , ed uii rialto di latte agro , pregando Jtlla con maniera dolci , ma animate , a prendete «ni qualche ■ìunimento , ** Mangiate, le diceva, mia bella padro-na , per confermare tulle voftre guaneie l* incarnato colore sj vivo , Mime quello di quello pomo , che ha fopportatO i raggi più ardenti d'filiate . Mangiate per mantcucie il voflro vigore , e potere ballare il \kozi-rori coi voflri fedeli donzellici all'arrivo di Jervaz. Mangiate Jella, altrimenti quando faremo glao* re alla grotta della fì.iormzca , prela dalla fatica , e lenza nutrimento, non avrere nè voce , ne forza onde parteciparle le vollr» angofeie, e portila commuovere colle vollre pteghiert. " Quell'ultima ragione I* perfuafe a mangiare tutto quello che Nika le prefen-i<» , benché avelie meno appetito , t più inquietudine t lua compagna. Dopo mezz'ora di ripofo prole. gui- giurano il loro cammino verfo la rnonragna min unto melanconiche . Nika vedendo la fua padrona un poco follcata le propofe di cantare alternativamente con lei. JftU non fi trovava in grado di farlo, e ne ricercò dilpenla. Cominciò dunque Nika da le fola a Cintare la canzone del Re Vladimiro , e di Kraplia Stipane* c quando ariivò al punto della partenza della figlia Kraplia, che fu fa Vladimiro rifpedita a fuo padre preflo il Re di Unipari a , dopo aver avuto un figlio, Jtlla pianfe dirorramente . u Nika, per pietà, le dilfe , lafcia te ne prieijo quella canzone, e cantami piurtoflo i lamenti della valorofa Krunoslava f quando fepatata dallo fpofo Vai tarlar lo andò a cercare vediti da guerriero fui cammino diJackzt• Ti.ll canzone Nika non la lapeva, ni altie ne canto per noti accrcfcere a Jtlla la tnaninconia. Camminarono lungo tempo dit impetto alla montagna avanzandoli fu d'un dolce pendio fra i cefpugli ili*entrata d'un bofeo che la-feiarono a parre per non perdere di vifla la cima della Morpotazca. Il Sole batteva il dorfo delle due viaggiatrici i ed il plenilunio fpargeva a loto villa la fua faccia rubiconda full'orlo dell' ori //onte . La cima t,cgli alti alberi dagli ultimi taggi del Sole dorata prometteva bclli'Iima notte. Affrettarono il pafTo ancora di pm |r tjne ftancjjc donne , pel IflflgO cammino allo fplendore della Luna f cercando la grotta della Baornizca. Fortunatamente peufavano. che il luor»o O 2 vici vicino alla Fata farebbe fiato libero dagli fpiritt , e ch'cffa li avrebbe di lì tenuti lontani .Jtllafece vedere a Nika , che fpaveutata fi guardava d' intorno , conte-la pieciola Anka dopo sì lungo tempo dormiva anco-ra colle braccia fiele al collo di fua madre . L'aria era chera, il Cielo fereno , ed ottima U llrada. AVA* animata da tutte le off «tv azioni di Jella la itguiva coraggiolamentc . Non li poteva per anco vedere IV bitazionc che fi cercava . Sapeva beniflimo Jelia clic tm folto numero di cipteilì moflrava l'entrata della caverna , ed una caduta d'acqua poco di là dittante.' indicava co! fuo mormorio la direzione ch'era d' uopo teucre . H Lcco , ecco i cìprellì , grida ad un tratto Jtlla , guarda come Ia Luna, dìilipare tutte le piìi pitciole nuvole, illumina 1 l'acri tetti . (> COllH queli' ole uro colore tu' il'pira rilpetto / Come quella abitazione dimollra la maelta dell amabile, e benefica Jr-ata, che v'abita ! O lauta Baornizca t ne Vango a re con piede vacillante , e tremo nel recinto che ti nakotule alla villa de' mortali , pure fermamente confido in te . Tu non ami di vivere con elfi , ma elerciti il tuo pt ter* col beneficati! . Io t'impioto, ti porgo i mici voti , mento la tua piati , la tua pto-te/ione. w J-nttano tutte due nel bolco, ed olici va-no in mito una grand'apertura , alla di cui In* feorgevafi un fianco d'uno Icoglìo nudo armato d'a- cutiflltno ponti polle in fuori. Il zc litro fpkav* leggici- giermente, e moveva le lodile digli libiti j * quelli continuo e grato frondeggiante Crepito univati il mormorti della caduta dell' eloqui che lolcava un lato della montagna e terpegqiava a guifa di torrente ira i felci , firalcinando quantità di toglie . Un religiolo rii'petto tfS\th in petto alle due donne. JetU diventò 1 vota, c NH* tremante da paura. Rallentarmi.* il palio, e fembrava che mal volentieri s'avvicinano, i,i i:d'entibilmcnte all'entrata della caverna . Una pio t'onda ofeutità inoltrava la lua imbolcata , ne ardivano avanzare il piede . fella rellò un poco penile rota , ma sforzandoli a fare qualche palio potè veder* uu j iglò dì luce, che fortiva dallo fpiraglio d'una onta interna. Prende N*k* per una mano, richiama in fe fpirito e forza, leva da terta un pezzo di felce, i dì alcuni colpì , tremando, alla porta. Quelli rimbombando internamente le fecero (piali cadete dietto febieoa icìarono fudare un freddo umore , tremare It pitio.-Chta meno pel rilpettochc pel terribile Ipavento, da cui ì prefe . Itila aveva lalciata la dumo di ^'/7,■j, e quella teneva le fue mani attaccate alle gonnelle della fu*, padrona, come per tirarla in dietro. Non era più tempo di rinculare . Dopo alcuni Manti di (ilenzio "uà l'onora ed allungati voce, dal fondo della caver-Ji» » teatl patio . " Chi batte alla porta dell'antico foggiomo della B.iomizc*) S'è un'infelice ch'io polTa adistere, egli O f en- entrerà: fe brani-i del bene, glielo farò f Se foffe po, curiolo , o che delìderalle far Diala al luo profilino ebe non intorbidi il mio ripofo, e che l'indirizzi alle Viejchtzt , le di cui caverne ripiene di fuifuree aain-me , e puzzolenti circondano le avvelenate montagne che terminano alle pianure di Nar-nta," fella avendo prefo fiato le rifpofe con voce rifpettofa , c timida , " Venerabile Baornizca , chi viene ad implorare il tuo loccorfo nella lua af/liiione e la figlia di 7 «-ptjnicb, la moglie di Jervaz Narzevtzca , eh'e figlio dello St.irtjcina di Dizmo t II mio cuore e innocente, ma afflitto, ed itmnerfo nella piti fpaventevolc incertezza . Degnali ricevei la nel tuo alilo di pace , e di conlola/ione : nel forammo della Iure , e della belle-fattrice ; dcRiuti piellar orecchio alle lue pene p ed annunziale i voleri de! Cielo che t'ilpira," A Ilota la porta li aperle , e la Baornizca comparve agli occhi immobili delle due Inpplicanti, Fine dei Li uro Decimo . LIBRO XI. il7 ARGOMENTO Vi/ita, « con/ulra di Jella colla Baawrrfica . — U la ben venuta la Nuora dì Pervan Narzevtzca, ch'io Aimo, dille lì Baornizca à Jelia pigliandola pei mano. Vieni nella mia abitazione , ripuliti , e non temere putito di aprire il tuo cuore a quella che altre volte conlolò tua Madre, e tua Ava. Uferò tutta la mia feienza per ailiilmi , per fecondare le tue brame , imperciocché tu non puoi volere che cole giufle . Vieni, e raffermati . " fella entrò con lei. Un lungo ramo di fapino accelo illuminava il puuo della grotta , e mandava lotto alla volta nuvole di deulo fumo . Il primo oggetto che colpi gli ocJu della giovane Malacca In l'alpetro della Fata. Va-Jttvafi lui luo volto un'avanzata età, ma farebbe Ha-to difficile indovinare il numero de' fuoi anni. Nemmeno uaa crefpa sfigurava le lue fattezze , ne alterava la lua dolcczaa. La carnagione era bruna, ma 1*1» Vtfita ai Topofoich . — Ri rome alla capanna . O 4 mcn- n L-.irc lifcia, che fembrava quali lucente; due piccioli occhi, ma pieni di fuoco formavano una ridente li-Jonomia ; Ipaziofa era la fronte ; «rande la bocca , 8 vermiglia fornita di rari denti, bianchi, e con un lieto forrifo di sì dolce bontà , che dava la piti forte fpe-lanza ali1 anime appaffionate . Il (opracciglio , ed i capelli bianchi d'argento, i quali mollavano la mae« \ù della Ina fi» ira . Quelli difendevano a lunghe ti eie fui fuo eolio, e itille fpalle. La fua figura era iù alta dell'ordinario ; portava il capo elevato , ed i i | 0C0 il dietro , come chi c afluefatto a guardare ! fo il Ciclo. 11 luo ve'ìiro all'ufo RUrlacco, elicili Ina unione aveva qualche cofa di meravinliofo . Il (Il "ppo tra rfftl piò bianco cotone , ed invece di ber-rCtta di Icariano, il Ino rapo ara inviluppato di moK ti veli bianchi, i di cui lati pendevano lui dorfo , e finivano in ffingie d'oro . Alcune penne di pavone, c di rari uccelli fornivano quella fpezie di ciitria. Vedevano, fulla fua ciurma i fette primitivi coloii : una larga falcia di colore dell' azzurro del Cielo , adorna dì conchiglie, di medaglie d'oro, d* argento, e eam-p elli attaccati all'cflremita , difendeva dalla fua fpalla diritta fulla fmillra , ficchc ogni motto del Ino corpo era fonoro. Una gran catena d'argento dorata citcondava il fuo collo, e cadeva lui petto ; calzato il piede cogli flivaletti lavorati a maglia, e It Opt**' «li ffgaO, e ri: corda, come le portano le donne Ifcr» tacche . SÌ fcorgevano lugli affibbiati che univano ia Ina camicia , delle pliche ti1 argento lavorato , che rapprefentavano dei genj alati, i quali erano incarniti con belle granate . Jella e Nika non fi l'aliavano d' ammirarla con forprefa mifta di fiupore , e di piacete . " Mia figlia, le dille la Baornizca, veggo che la mia figura ti piace. La purità del cuore , la tranquillità dello Ipirito , ed il modo di vivere il più ofTcr-varo m'hanno prefervata la falute , e m'hanno fatto puguere ad un'età , cui non v'ha efempio fra noi. Ma voglio che tu ripolì , e pigli qualche nutrimento. Non ti darò che di quello che mangio io liefla, cioè cibi femplici. Giammai non ho defidcrato i pranzi dì quelli che riempiono i loro ventri d'i carne d'animali. Gli animali una volta erano nollri fratelli, poiché nel baradifo ttrrtftra con ver lavano co' nofirl primi pa- dri (al) # " Jella e Nika tflendofi fedute , la tia>r-nizea dille a quella di prendere la pieciola A»k>t % feit-z.i ri!vegliarla , dalla Icbicua della madre , e porla io un canto fu delle fiuoje , il che fu fatto , tanto che la Vecchia prefe fuori da una calla delle noci , delle inlpole, del latte rapprelo, e del pane. Ella pofe il tutto fu d'una tavola dinanzi alle due donne- Jella aper- ( a ) Antico pre^iiielizU della nazione . ■perle lofio la fua celta, e preferito quello che aveva portato , (piegando toflo il bel velo desinato alla Baornizca . Ringraziandola Io pigliò , e rollo fc lo gettò tutto intorno al collo . l< Grata ti fono , o figlia di Toffmtk , ed il tuo dono noli1 avrai mal impiegato . Aggiungiamo del tuo formaggio alla nollra cena ; riponi i tuoi polli, non ne faprei che fare ; il fangue degli animali non imbratterà mai la mia bocca , della quale ralvolta Dio fi ferve per far lapc-re i fuoi voleri agli uomini . M Je/la cenando ripigliò interamente il luo ingenuo coraggio , e cominciò ticer-care alla Baornizia di varie cole che la forpielidevano . Dei vali d'erbe odoiileie erano polle fu certi beccatelli di legno intagliati colla punta del colteli*» » e difiribuiti di fpavio in ilpazio lunjjo te iuequali pareti della grotta alle quali erano attaccate alcune iìuoje per ripararli dall'umidità . Altre fìuoie limili coprivano il laftricato , ed al piede del muro vedevanfi d* un finifiìmo lavoro delle canne guarnire di foglie lec-ebe per Icrvirc di materallo . Alcune pietre vi formavano in mezzo un cerchio ; delle ceneri , e dei pru-nami moflravano che quello era il cammino. Due vecchie caffè di legno parimenti incile ; alcuni fgabclli JA tre piedi ; due tavole ; molti vali attaccati pei loro manichi a dei chiodi , erano le fuppelletili del luogo. Jtlla oflervava tutto . La Fata vedendo la fua curio-fili: " Tu reflì forprefa, le difTc, di quello che vedi. Le Le fiuoje , che coprono le mura dello fcoglio , fono d' un lavoro a te Incognito ; le ebbi dai Turchi della Bojnia, che qualche volta vengono a confutarmi . E perche negherei ai Turchi la mia ardenza f Tocca a quello che ha creato gli uomini , giudicarli ; a noi tocca far loro del bene , quando cercano il giufto. Le ftuoje polle in quella guifa temperano il freddo pro-Veniente dall'umidità . Gli eccelli delle fìagioni che fanno germogliare la terra, fono dannofi ad alcuni di lei abitanti . Un'albero c fuflìcicnte per falvare dai gran calori l'uccello che fvola/.za per aria , e fa po* feia paflare nei dolci climi coli'avanzar dell'inverno. La concavità degli fcogli ferve di ricovero agli animali che camminano, e che s'arrampicano. L'uomo il piì fapiente di tutti , forma da per fa quello che gli fa d'uopo . Felice colui , o mia figlia , che non conofe- che un picciolo numero di Infoimi ! I vafi d* erbe odorole che conterrò a iurte le Cagioni , parificano l'aria della mia gtotta , e fanao parlare ne' miei polmoni dei vapori fani , e foavi. L'aria ch'io tefpiro non efTendo corrotta dalle particelle putride d' un nutrimento putrefatto , efee di nuovo dal mio petto, quali così pura come quella ch'io infpiro . Gli altri v*fi che i nollri buoni pallori Morlacchi fi dilettano a fcolp»rc t e chc mj portano in dono , fono fuflicientì a contenera il latta di una vacca che io tengo in una capanna vicina , e che abbondantemente me ne fornii) ini- 1}1 miniera per i! mio nutrimento , o fia ch'io lo bev.i, o che Io faccia coagulare. Le frutta che aggiungo al mio pranzo , le tele , e gli abiti fono pure doni che Dio mi da col mezzo degli uomini , a* quali egli fi degna volere ch'io interpreti la di lui volontà . KU liuto le pelli che rifvegliano P omicidio ; il mìo capo non rlpoferi fulla fpoglia flrappata dal più fortf a| debole innocente. Sogni di fangue intorbiderebbero il mio fonno,cd imbratterebbero la mìa anima . Il cammino che tu vedi , non e flato mai accefo per me . Egli rifeaida il Morlacco che qui viene nelle notti d' Inverno, o che perduto nella montagna batte alla mi* porta tremante dal freddo, e fianco dalla fatica. L'u. (o , mia figlia, ed il difp:c//o dei patimenti m'hanno dita la forza, e V indipendenza da una moltitudine dì quelle cofe che tormentano gli uomini , allorché non fono foddisfatri , e cagionano a loro tanto imbara/;o per averle.'1 La Baornizca allora lì alzò, pole da una parte la tavola , ferrò in una delle caffè gli avanzi della cena , e dìlfe a Jella: " La notte e chiara c cheti. Vuoi tu godere, mia figlia, per alcuni [ftfritl la vìfia del Cielo nella fua piò pura ballétti ì ufeia-mo infieme dal mio ritiro ; il tempo è buono . Sono Ioli:g tutte le fere indirizzare a Ciel fererro la mia preghiera al Creatore , e quando il tempo non me l# permette, ftando fulla foglia dilla tuia porta rendo <' mio om.ir»f*fo i Pio Signore . Intanto Nika rip*?'*"r^ accanto alla tua Anka : già non ci fermeremo fuori gran tatto : indi tu llefl'a ripeterai, acciò il tuo fpi* rito fi* P''1 in calma allo rifvegliarti . il A tali paiole ufeirono inficine , e taci, amente s'avanzaiono imo a! recinto de' ciprefiì , " Fermati, mia figlia, le ditti la fata : d:ma:fi allo fpuntar del giorno ti condurrò in mezzo a quella fanta ofeurita . Qui cercheremo con dei rullicij illiruiii dai faggi antichi , dimenticati po-kia da lungo tempo dai deboli uomini , a far venira fu di 1 ci gli fguaidi dell'Eterno . Se il tuo cuore è: puro , la fua infpirazione difenderà nella mia anima, e uj additerà i configli the deggio darti per prefer-v.ttti dalla difavventura . Quello cuore a me può tutto palliare folo Dio , ed io lìefia ti fentirem:> ; tu non gli puoi nafeondere cofa alcune , e l'oflcndjrefìi alando la frode verfo di me . Alza prima i tuoi occhi a quella volta fuperba , ove millioui di fiaccole l'elelli illuminano il luo trono immortale . Kg li occupa degnamente quel Cielo immenlo che fabbricò t e ehi noi non abbiamo che ad ammirare per leutire, « pubblicare la fua Onnipotenza. Guarda come la Luna fparge fu di noi il luo vago fplendore. Ella e certamente una delle più picciole fiaccole the il Creato-re ha pollo piò a baffo, ed a noflro bene. Colui cha viaggia Italia terra , e quello che percorre la fuperti-zte dei mari , e indegno della luce che riceva fa non lo risazia. Cosi il Sole, quando t'attuila a' noiin ot' occhi, egli va ad illuminare altri popoli . Dio e il Padre di tutti gli uomini , ed il fuo amore e per tutti noi. Curviamolo nella grandezza delle fue opere, e rendiamoci definì colle noftrc preghiere elei la fua benedizione. Dio , diceva ad alta voce la pictofa Baornizca, che -vedi ne* cuori depli uomini. Dio eh- cono-fri i nofìri veri hi ftp ni , noi fiamo in pena ; patijcotio le noflr* anime ; temiamo de* mali non preveduti . Perdonaci , fe tjuefl» * un c.ijìipo de1 nofìri delitti ; vieni a foccorrerci fe i cattivi ci perfepuitano. Dopo quelli breve preghiera che fella accompagnò con vera fede , le ditte la Fata di federi! al fuo fianco fopra una panca all'entrata del bolco - " Apri la tua anima , 0 Jella , e parla a tua madre, onde 11 tuo fegreto patti ntl mio cuore . Dio vorrà certamente attillcrmi piv [ollcvjrti dalle pene. "Jella allora, abbattati gli occhi , ed agitato il refpiro , fece alla vecchia il metto racconro de' luoi rimori a motivo delle parole che aveva fentito dalla voce di Ino marito , manifettando anche il funello accidente della caduta delle corone, montandole gli avanzi che naftolii teneva nella fog cintura. La Baurm-ia le ditte, " Itai fatto benill | a poitaili , a tempo e luogo ne avremo d'uopo di etti. u Jella conferò alla Fata la fiuta nuova corona, per nafeondere la fatale caduta , e lafciare i/maro »' fua fpofo del crudele diritto che ne rilultava par a e che paventandone , la fua tenerezza l'avrebbe fempre Hi pre tenuti in uno fiato di difperazione • Tal dil'corfb eia accompagnato da un torrente di lagrime fpeflò interrotto da profondi fofpiri . La Baornizca afcoltan-dola fempre con fomma attenzione volle clic la me* icliina afflitta follevaffe il fuo cuore piagnendo dirottamente lenza ritegno veruno. " Certamente, dine a Jella , l'avvenimento e della più grand* importanza, perche fovra tutto preceduto dalle parole che fentifi-da rito manto , quando dormiva. 1 fogni fono IpefTo un prenunzio della Divinità a' fuoi più cari figli per awifarli a prevedere quelle difgrazie che poflono riparare . Tu ignori i! fogno di JcrVat , e fu di ciò niente ti poflo dire. Per la caduta delle corone, forfè non è. tanto infelice prelagio come lo credi , poiché una gran parte de* nofìri Slavi non vi pone il diritto di lopara/.iune tra Marito e Moglie. Jervaz che t'a-Bia non iaprebbe certamente approfittare d'un diritto the l'azzardo , e non un tuo fallo glielo veniffe a i dare . Con tutto ciò farebbe d'uopo avvifarlo di quanto ti accaduto . Forte colla tua frode ti fei privata , o mia figlia , del trionfo di vederti fcelfa Una feconda volta per ifpofa dall'amato tuo Jervaz . ^a e meglio tacere. La mancanza di confidenza, ed i1 delitto , hanno talvolta nelle donne le fieiTe conseguenze predo gli uomini *, le punilcono egualmente fe peritano male, come fe facetJero male. Andiamo a riporre , mia cara JtUa ; l'avvenire fi ffjg'* fPe(!o m mez* a j6 mezzo al ripofo , e brilla in feno alle tenebre. Io m* avvicinerò al tuo orecchio in punta di piale, per non rìlvegliare Nika : conlulterò la tua anima addormentata , e piìi libera dai lenii , uè intorbiderò punto il l'ormo allo franco tuo corpo . Ti prometto tutta la mia affifìenza , La meditazione del partito va ad illuminarmi full'intelligenza d-li'avvenire, ed unirò gli augurj che la natura aa legnati colle lue mani ai ne, e per comando del luo autote . Calma il tuo Ipi-rito , /e/A/ ; rimetti le tue forze . Il fole riprodurr" lo fplendorc e la vita fulla terra, e nel tuo cuore Entrarono tutte due nella capanna. La Baornizca da una parte, t Jtlla vefìita dall'altra chetamente ripo-lamlo vicino alla fua figlia , raccolta nei iato p*nfi«« ri . L'emozione continua deli'anima , la latici del viaggio iminerfero ben preflo la giovane donna nel più profondo forino . Intanto le ultime parole della Fata avevano fparlò un ballamo Iaiutare fulle piaghe del luo cuore, ed avevano affopiti i fuoi timori .Jtlla non li rifvegHò che mi punì ifLinfe per dar latte alla pieciola figlia , e donni ancora lino a tanto che la voce della Baornizca li fece lentire al fuo orecchio.'1 Alzati , e fìeguimi buona Jella u. Ella rollo obbe \\4 e dando mano alla Fata, con un patto alquanto no-mante ulti dalla grotta . La vecchia ebbe cura di chiudere la porta con una grolla pietra per non attere feguita e forprefa da Nika. Un lolo picciolo IÉIS'0 co- *Ì7 cominciava a fpunrare full'orizzonte oppoflo, ed ap« pena difTipava le ombre della notte. Le fielle fi ritira* vano nell'immenfiti. dello Ipazio , e la rugiada mattutina brillava fulle toglie , e full'erba. Le lonnc «'avanzavano , ed entravano adafiio nel bofeo de' ci* prefii , quando la Baornizca co*) parlò alla fua compagna . '« D'Unix il tuo cuore a Dio , predalo meco Unita a ricever* i noflri voti , proteggere le nottie menti contro i malvagi che le minacciano." Giunte in mezzo ad una pieciola piazza , Jtila of-ferva tre grandi pietre polle l'una full' altra , ove vedevano" dei caratteri , che la Baornizca pronunziò , a fpiegò così , Dio Ettrno : Dio Creatore: Dio Rima, nitratore. Eranvi polli d'intorno i ciprefli, e fra quel* li alcuni lauri , due granati , un picciolo mirto , ed altre piante incognite , ma iempre verdi . La Fara fi fermò dinanzi alle pietre , e f olfiendoiì verfo itila con aria maeltola, " Comincio, le dirle , i miflerj dell'arte mia , e penlo coli* ajuto di Dio penetrare nei fe. greti ch'ei uon palefa che ai buoni di fede. I fegni dinotano i fuoi voleri agli uomini; quelli lìanno ferir» ti nel gran libro della natura che racchiuie il delfino immutabile di tutto ciò eh'e flaro creato , Ma chi P»ò leggere colla fola faienza i caratteri dell' Iterno in-comprenfibile ) infiniti ftcoli non fomminiflrarono agli Uomini mriofi che degli etrori . Solo all'anima pura, a di vera feda fi degna Ira-li Spirare l'ardore di cono. 1> fea- fcere ■ *uoi decreti , ed alla fine d'una lunga vita a lui confagrara , accorda I1 intelligenza di alcuni mille-ri indicati nel gran libro . Avrò d'uopo qualche voi. ta della tua allìltenza , offerva bene tutti i mici moti , e (la pronta ad obbedire; guardati lopia rutto di non interrompermi, ed il filenzio chiuda fulle tue labbra le ricerche, ed i pianri. Nel raccoglilanl0 e ne_ celiano il filenzio, e quello dimollra la fom me filone/4 Jella promife di obbedire efattamente a tutte le lue ifiruzioni . La Fata le dille allora di levarti la berretta , di porla per terra, e di slegare le tue treccie, imitando il fuo efempio ; pofeia le fece gettare via I* Ofankt, e camminare a piede nudo. M Prendi due rami di ci pretto , due di Inoro tempre verde , e due di granato: indi alcuni rami dell'odoroso mirro, e poni tutto fulla più alta delle tre picrre , mentre io vado intanto a raccorre le foglie di queir altre piante che ti fono incognite . " Jelia efegul gli ordini con blennio , e la Baornizca pole i rami a due a due incrociando una coppia full'altra , e frammilchiandovi le foglie delle piante miiìeriofe . Fatto queflo , ■ Dammi, le ditte, i piccioli peni di legno avarn-a dei rami della tua corona nuziale . " Jella , tirandoli dat fuo feno , li prcientù alla vecchia fofpirando che II pofe in croce fulla fommira della piccioli piramid* ch'ella aveva formata. Allora s'arrefìò un poco,eo-jue per contemplare la lua opera ; indi tratte dalla fua fua cintar» Una lettola in cui v'erano due piccioli baffoni di l«ffn<» fecco , e forte , ponendoli a ftroppic-ciarli, *d a batterli con molta forza ; ufeirono delle faville che con induflria le dirizzò lui rami ammattiti , e continuò fino a tanto che vide alzarfi picciolo fumo lentamente da varie parti della piramide (. 0 ). *• FilTi i tuoi fquardi fu di me, ditr* alla uiovane Spo-fa , accendi il fuoco della preehirra nel tuo inferno, * non aprire bocca, ne tirar in dietro mai il pi^de Allora la Baornizca alzando le mani al Culo , fcuo*» tendo il fuo bianco capo, fvol.1z7.jndo i fuoi capelli „ * cog'i occhi immobili full1 altare fi pule a girare intorno pronunziando delle parole, che non fu poflibila « Jella poter capire, benché le fcmbralfeto nella prò» pria r cefi /«ir di .1 , the aW b'Jrhi vrdi, eéaj che I'ithi , fi ccendOao f'tr il pran frepameno rie* TM* fi diradino Ir ftaj nule , che te '"lutili*, ijmj fjaji natn . Timide falla SttCìtÀ del P a pria N*ifttt< Dopo aver fatto vari etri, I*inquieta Fera , arrefroffi ad un tratto per e'ami -are con fide rat a-menfe la piramide, da etti non u'ri/a che del fumo, dicendo a Jtlla " Afcendi f> 1 ' e:lrcm"r> detti p:etra inferiore , levati la Juc'tma ''al mo collo , c tieni quella colle tue mani da un laro , ch |ej f^ro |0 (raffi) dall'altro, colicchè re'li t Pa fpìegatt lui topo. •/. la obb Jì ■ li l'imo . il velo vi *u nodo di lo01.1 n ni celta i'Kin/a . la Fj. la di ninnlo in quando ab'o per vedere fe la fiamma fi (copriva, e di rva a Itila d'olTervare eff. pure tal cola , continuando femprr con tino tJafa ajotrimenro , e con una voce ancora pili forti ;i rio-roni/iare le ma piche parole. Cìi»nnTj»ì non appari la figurai . Dopo lanci » r<( inutile Balenatone , la Ha»r~ ftizcé p\eph prontamente Vaffumicato velo , lo pofe pel fuo feno , e puardo più atftnràaSeftta nel rogo , che volle ad un tratto feoprire , Ciiì intanto 11 Sole cominciava ad il'uminare l'erta dilli Itiemtagrre , c tutti idi oRr.e'ti fi conofeevano , F\ce la Fa;* un mi-mitillimo •fimi re-ila pi-amidc con o*chi pieni di (pavento , e trovò che i due piccioli rami della corona er.flo confunuti , e ia lua Jactrm* tinta dì riero da un'elìremlta all'altra dinotavano una eatafhofe funefla all'uno d*ì due fpofi. " AbbalTa il tuo capo, o mia figliai, ai decreti dell' Ente Supremo ; quelli fono immutabili. Rivol-f»rndo(ì con dei lamenti sì ribelli che inutili, potttb-b.fj irritare la Diviniti, che può mitigarli, quando noi non lo fperiamo . La nollra rafTVpnaM'one aumentando le nofire for?e per fopporrare la difavventura , muove a pietà ulvolta la fua gr'ufU collera . Non potTo dirti eli più : i miei deboli occhi non veggono piti di lontano, nt p b chiaro di cosi . '* f'fUy con II capo naleoflo nel feno della vecchia , to biqnava di pianto, fingfiloiiandd fo temente , e fi.ì comincliva lino da oti I umiro a foff rire le difpM/i'*, di cui era n\* nacciata . L'oc rc/'i della rierfona che ne dove» eliti i' foglietto le «ruzzava il cuore. Ah! per pi», t.ì , mia Maire, c'ie / r** mm m* abbandoni, al* tronenri ttt nmorn-, Que'lo e il folo voto che » Dio 10 ptruo ,n jutto fervore , nrldi i ritiri pianii lo commo* v*. o . — Kerma , mia figlia , aragli f* affolla ; nr-«a o f'dam-ntc di foft»nere il tuo coraggio, f nu'i ,i| più. hiìrff ,| male |.r tu Icmt , rum e qiie'-•u cne ti d«v« accad r. . Iti hai dei fi^li, frV/li « r« 11 a.ni , avranno biluguo di te." Icrba per loro a™o« r» It tua mtrepidem . — E Jervaz, mia madre' Jrrv*z allontanerà mai da me , me Io afficurir1 — S] , te lo aflìcuro j tinche Jervaz vivrà non amerà altre che Jella . " Quell'ultime parole diedero vita aria tenera Spola . Il luo Ipirito non paventava d'altro che della perdita del fuo amor*, temendo di vederfi feparara . La Baornizca non volle illuminarla fu ciò che predire le potava , faptfai do eh* l'illusione c il più gran bene della vira. La giovane donna pregò la Fata a raccomodare il fuo ornamento ; Q rifece le fue proprie treccie , s' a-feiugò dal pi int», fi lavò gli occhi alla fontana, perchè Nika di nulla s'accorgefTe, abbracciò più voi-te la vecchia, t la pregò darle dei prelevativi contro gli attentati datinoli delle cattive Vicjchiz* tanto per ferva* , che per lei. La Baornizca cavò fuori dalla fua laccoccia due piccioli pieghi di forma triangolare, e glieli donò , dicendo, che tutti t malefici dif* parerebbero dinanzi a quelli , a che guardale di uou avanzare un'occhio profano fopra la Santa Scrilt ri che racchiudevano: ma che n'attacallc uno a quache parte del veflito di Jervaz , e I' altro lo portalle dinota nentc ella ftefla . Fino a tanto che i due pre-llof» Zapi fi ( a ) folfcto llatt fopra di loro non a- P 4 vreb- ( a ) Zipili i fomQ ctrtj lrtvttti , eòe fi vanno fp*c* Clan • vrebbero avuto a temere in modo alcuno (e maleder* re Vtc[chiT.t . Jtlla baciò rifpettofamcnte i Zapifi ; e la mano che glieli donava. Rientrò polcia colla fata nella grotta lenza che N,ka , la quale ancora dormiva, le ne foiTc accorta neppure della loro lontananza . La Baornizca la rifegliò , e ponendo fulla lua tavola dei pomi, del latte, e delle focaccie di fermento, in legnò a Jella un cammino che l'avrebbe condotta in quattr'ore al villaggio di Tepofnich . Dopo aver gongolara , e timc-fìa fui fuo dorfo la fanciulla, la giovane madre li congedò dilli F ita , ringraziandola di tutto ciò che aveva operato per lei , pregandola di proteggerla nelle fue preghiere all' Frer-no, temendo di die «Jifav venrure. l.a Baimi: e a l'abbracciò , la benedilli* e Pa compagno cogli occhi fino fuori del primo recinto dalla grotta . Eff, fj fcri. riva penetrata per Jella ; la fua bellezza, la fua gio- ven- cianli da taluni l'arrocchi delta Mertacchia , la di cai virtù enfili? net fapere la Me Ha a mente fenza intenderla . A f-irfli Za pi lì fi attribuì (co il piterr di curare qnaiunque infermiti , fufrran le flrepberie f e pia anche far divenir gravide li donne (lenii , Sarebbe iaffidati , ed empie chi voleffè togliere e /ereditar fi mi ti ab burnì involi {*" perdizioni • m ventò , la fua (inceriti, e fopra tuffo il fuo amor» per Jervaz , le avevano farro prendere un grandilTi-mo itirerelfe per lei: ma aon poteva egerie utile; pura le rifparmiò un maggiore dolore , avendo efTa be-nifTìmo capito ciò che le doveva accadere . Jella lentamente profetili va il cammino nella campagna . Nika Vedendo la fua padrona meno penfierofa del giorno precedente, volle divenirla scherzando sull*ornamento , ed abitazioni della vecchia . Senza dubbio, diceva, fa llrega aveva qualche folletto Mazich al fuo fervigio ? come farebbe fiata capace di lavare tutta la biancheria che la copriva f fenza la frefehezza della fua pelle, artifizio di Mazich, fe le avrebbe dato almeno due fecoli . Le belle medaglie che circondavano il fuo collo, e la fua fafeia erano doni dello lleffo. Jtlla forrideva ravvivata dai difeorfi di Nika-, fi fece promettere con giuramento che non avrebbe par-laro certamente con chi che fi a della vtftta fatta alla Baornizca. Tutto ciò poi che le tra accaduto le if-pirava la piò profonda venerazione per la Tata benefattrice. " Un giorno voglio ritornarvi, diceva Nika, per fapere fe Vuk* mi fpoferà l'anno venturo , coma nù promife, Vako che getta una gran pietra *1 lonta-no » » che mi fi faltare sì alta, quando io ballo in cerchio i| Sevizi ^ori. Ma la ftrega che fa tutto, perchè non fape»a che dovevamo andare alla fu* |rottaf perchè, fapendolo, non ha fpedito incontro alla fa Nuora de Nttrzevizt* «I Tuo Métte» t perchè non rifparmiarci il lungo cammino che abbiamo fatto jt-fì ( 41 Con fimìli tjifcorfi, ed alcuni canzoni arrivarono più preflo che non credevano al villaggio, ed al» la capanna di Topo [web. Egli era fulla porta con tua moglie , Appena vide la figlia che diede un grido, a eorf» ad abbracciarla , Gguito dalla vecchia , «d ac. compagnato da molte ferve . La prima pigliò la pieciola Ankéf che la portò ad incontrare 1' Ava, a cui gii la fanciulla forrideva . Se le ricercò toHo la cagione del fuo viaggio, credendo che veniflc dirittamente da Dizmo. " Perchè non lei a cavallo, dilli.* Topo/neh alla figlia? Pervau non t'ama piìi? niega agli forfè uu cavallo alla madre de1 suoi nipoti? come in si b'eve tempo bai potuto tare u» camm'no %\ lungo) — Mio Padre, Jervaz e in viaggio con gammeb , Elfi , ed i fervi hanno prefi i migliori cavalli ; volli approntarmi del tempo della loro aflcn-za per pattare due giorni colla mia famiglia , ed ha preferirò il partir» a piedi pintrollo che non vedervi." I due giorni che pafsò preffo i fuoi Genitori furono confumafi in felle, pranzi, danze, e canzoni. Si offi-rvò foltanto in JelU, in certi momenti, della dilliazione , e talvolta flava incantata cogli occhi filli a terra , pi»na di confufione , e fuetto melanconica. La lua in-quietudiae fi reputò che proveuifTe d.il maffimodolore p*r la lontananza del marito , e coi! veramente «ta . té l* fi fent'v» a fìrappare il feno da interna amarezza, prefa da (paventi cha con ifftnro poteva combatter-Ir, o reprimerli. Il giorno appretto fi pofero in cammino verfo Dtz~ mo . La madre di JtUs la regalò un'abito per la pieciola JteAaTj di lei cucilo, ed alcun* medaglia, e catenelle che l'adornavano. Il vecchio padre accompagnò la figlia per un'ora di tttada , eie due donne fol-leciratncnte terminarono il loro vi.»™io, vedendoli in-contrite dai figli che lungi dalia capanna fe ne ttavano a slancine pietre . Quando le videro rovesciarono ben pretto le loro faccoccie ch'erano piene di fatti, e coi fero innanzi alia madie. non tbbe rempo di accarez- zaci quanto voleva, perchè fi gettarono fulla cella della provvigione , e fino a tanto che non fu bene focheggiale , non cominciarono ad abbracciarla, ed a corrifpondere alle marerne carezze . Circondata, fiira-ta dai figli , e-iunfe alia porr* della capanna, ove fu teneramente accolta da tutta la famiglia . fii tu ben arrivata; lei fiata fempre ben»? Jell* il tempo della fera * flato per noi muto durante la tua attcnzi ; fe non parlavamo di te , non lapevamo che dire . " Ella era efiremamentc amara P" la lua I-onta, a docilità. Prrva» amava in lei Ì Paioli tigli, eh* aveva dati alla luce, e febbene proeuufTe di aon affiggere Dé/fié, pure fi capiva che la Lua favorita età Jtlf*. Dopo la vicendevoli ilt) nuove dello flato buono delle due famìglie, " i\ h*\ qualche notizia di Jervaz, e de'fuoi compagni, dine l'tQflofa fpofaf Credete che dimani faranno qui? — Potrebbe darli, ìilpof* il padre , ma io non attendo i miei figli coll'amico, che dopo dimani . Dimmi D#-ftié che cofa foro apparecchier^mo par rvRalarli ? fa* ranno fianchi, febbene la gii veni il non solatie» p,ua-ri trattandoli di vedere cole nuove ■ Sia in pronto quel capriuolo pi ciò falla montagna , e quel montone sì grado che vidi nella mia gran n,andrà . Fate delle torte di latte, mio figlie, e che non manchi il mele . Dragananicb , quantunque forefliere , ama il me* io. Dimani vi occuperete ad appirecc hiare tutto , e dopo dimani fan ti remo il racconto delle enia vedute da* voliti mariti . Rallegrano le narrazioni curio!» , e ricreano l'anima dell'nomo vecchio, e fono per tifo lui, come quella giovane figlia che al rifvegliarfi di bel mattino vede degli abiti nuovi , o fe le addita una moda nuava di poi li la piume , o i fiori full* berrerta . JtlU appena giunta nel fno luogo fiffjb tofio Io* sguardo al folajo con fonimi infitta , ed a^irazinne «laminando minutilTtrnamenre P afperro della nuova corona, trovandofi contentiìTima per vederla in ogn* parte limile alla prima. fine del Libro Undecime* libro XII. ARGOMENTO Ceagtde i t partenz* dei figli di Pervan . 1\TErto il fine del fello giorno , dopo la partenza ili nofìri viaggiatori pel giro del loro paefe, fi lenti da lontano qualche tiro di pillola, indizio che rirorna-vano . Tutta la famiglia fe ne coire incontro , efil arrivano . Jrr-vaz precipita a terra il primo, e va ad in* ginocchiarfi dinanzi al padre , indi fi getta al collo di ////*, adi» iteli i cari figli, » tutto in un punto, E" impofTiòil* (piegare l'accojlimento tenero , e la compiacenza la più viva dei patemi, amici, e fervi dei Narxrvizc*. " <-> «fi» padre, quante cofe mera-vigliofe abbiamo veduto r 11 nofìto paefe e bello , a contiene varie curiofitì. Ma come è forprendente la Cittì! Come il mare, lu cui è fondata, è fuperbo f Imaginatevi, dille Jervaz, amile e mille volte la larghezza della «.olirà Cettina, e voi non avrett che una pieciola idea di qucll* ntimtnfo piano che il ma-** prefema a^li occhi de' viaggiatori. Grandi barch» Io folcano, come i nollri battelli che traverfano f o alcendono ,1 fiume, quando andiamo a pelcare le Tra- Trote- Le capanne della Cittì fono tutte bianche, fabbricate con bellifTìme pietre; direbbe!! al vederle che ve ne fono tre o quattro 1' una full* altra. Sono grandilfime, e poffono ricovrire cento abitanti , trovando tutti un'ottima comoditi dando come noi. Amano peto a nafcon lerfi ,e c» vuole fatica per irovare ove Hanno. — Ho veduto, d;tTe J:rv*z , d*>llc botteghe sì piene di panni, e di tele, the una fola farebbe furticienre ■ fornmìniltrave abiti a tutti i Nar-zevìzc* del nolìro villaggio . *— Abbiamo ma -iato tutti i giorni, ag;iunft Stirpo, del pane inv-.ee di focaccia , ed abbiamo bevuto del vino diftinto in luogo di latte agro. La Cala del Veneto òttrefa»** eh' e il padre dei popoli ddla Citta, e adorna ai di dentro delle più belle lìofe. Gli fpecchi, eh» noi co> nokiamo appena, a inoltrano il vili» lolo alle nollre donne, li fono -ì grandi che ognun vi si p 16 veder» dal capo al piede. Il mastico St.irr/cna mi parlò in lingua Shvj , * mi dimandò le avrei brama u" vedere Ve neri* , il foggiorao dei Grandi della tetra. Coli fetiaa dubbio s'ammirano col* mer■•vigliofe . . . 11 Vecchio ferva* terminò il difcorlo del figlio , dicendo, ripofatevi , miei tigli i che le vo'lre fpole lavino i vollri piedi, e polileano i voMii capelli, tino a tanto che s'apparecchia la cena: indi mi racconterete le belle cofe, the avrete oflervato . " Non mancarono i giovani d'obbedire il Padri. Fervati prendendo per mano Dragananisb, gli ditte "perchè hai condotto 1 miei figli alla Citta? vedi, come il loro cuore fi è infiammato per degli oggetti a loro incogniti. Temo che pollano difprezzare le toro capanne , defidcrarc delle cofe cht impoiTibili folTero ad efcguiie , e renderli malcontenti. " Erze fi feusò , dicendogli, che la Città di Spau lato non era tanto lontana che non aveva, potuto negar loro la grazia di condurli coli, giacche gitelo avevano richieflo . Si pofe pofeia un bell'abito , perchè era giovane amante del lufib , ed aveva l1 ambizione d' offufeara la villa de* fuoi ofpiti colla fue ricchezze, e fi mife a tavola. Jella fervendo Jervaz, gli dimandò , fe erano belle le donne di Citta, e come vefìivano. " Si, Jella, le diflc, ne vidi di belle al pari di te, anzi più bianche, ed i loro abiti raflomigliauo ai nollri , ma fono più varj a motivo degli ornamenti, e della loro finezza. Alcune fdegnano porta: e le nofire Opa»ckt, e (errano il piede con pelle, o llofa preziofa ; quello certamente porta loro dell'incomodo, e non potrebbero le donne di città ballare si fnetle , ne correre il (erte nel prato , come la mia Jelia. " Ella forrvfe , «d abbracciò Jet" uaz t (•) Lai Citta di Spalato è lontana da Dumo di'ti miglia t atl'ineirea, itultant* ac» . " Déftiìi diceva $ti*pè\ come faretti contenta « vedere fa città! Imparcretti ad apparecchiate cibi più gufiofi dei notiti, ed a formare dittimi ricami. Ali* città tutto e coperto d'oro, o d'argento. O D*fci* perchè non vi ftiamo noi pure! " Il fapino fu accefo, ed all'ordine la cena. Vcrvan offervò che i figli mangiavano con meno d'appetito , ed una fola parola non proferivano. Parve a lui anche vedere che «ji quando in quando fi guardavano a vicenda , indi fifiavano lo fguardo con miflero fovra Ùri Giammai folle a' mici piedi, che per ringraziarmi ; in altro rempo mi avete parlato con liberta . O voi certo avere commetto qualche grand'errore , e chiedete con ciò il perdono; altrimenti io giudico la vofira ifìanza ingiuria. ,,/er. u.r, , alzando il capo, e guardando il padre, no gli diffe , i tuoi figli non conofeono né il delitto , né la vergogna; elfi potranno affliggerti, ma non ti faranno arroffire . E' vero , abbiamo una grazia a chiederti , fappiamo ch'è giutta, ma per tale la devi giudicare tu fieflo . Senza di quello noi preferiremo ad effere per fempre infelici, fe ce la aiegbi , a quello di avere il (omino dei piaceri fen/a il tuo afe ufo. — Ah.' PréSénéSt'tè che facefii ? grida il vecchio pien di dolore ; tu hai rovefeiata la mia famiglia, mi precipitili , ed aprilli il mio fcpolcro lotto miei occhi . — Alzatevi, miei figli; no, «on farete infelici, aveffe anche colla voflra dimanda a perdere la vita il voflro fventurato Padre.....Ah! no, padre adorato, noi compiremmo la vofira felicità a prezzo del noflro fangue , cd appunto per accrclcere una tale felicità , unendovi la noflra propria, vi ehiediamo la grazi* dt permetterci, onde fare un viaggio a JWv» per i- Q fituir fruirci, per imparare mille utili cognizioni , e per rendere più lieti i veltri ultimi giorni con comodi , e piaceri fino al prefente a noi ignoti. Amato Padre'1, non ci neghiate un tal favore,'ve ne Supplichi rot*?>jrt fono come il torrente che precipita dalla montagna al tempo delle nevi ; fe degli argini rIì opnouere , li rovefeia, a'Iaga le campagne, atterra le capanne che incontra; ma le dilatarlo fi laica a piacere, et cerea le valli più profonde per amarrarvi fi , formando da per fe un canale. Voi partirete, »e ne do lamia parola ; farò delle preghi*" P« il vollro ritorno alla mia Solitaria capanna; falciare. mi *J7 mi ofa tranquillo. Dimani parleremo del voflro viag. gioT del modo ch'io bramo che lo facciate , del tem« po di vofira lontananza da me, c fopra tutto del ritorno t " 1 figli fi poterò nuovamente in finocchione dinanzi a! padre, e Dragananich ^ gli ditte, ch'era il più buono tra tutti i padri . Le donne cominciarono a piagnere ritirandoti nelle loro camere . Prrvaa lentamente pafsb »cl Aio ritiro , trafitto il cuore dal più, grave affanno . Quella era la prima affli/ione provata da'fuoi figli - Tutto avrebbe a quelli potuto negare: ma farebbe fiato un'operaie faggi amen te «> prevedeva betitflimo che un tal viaggio avrebbe potuto taf cangiare il coflume a tuoi Morlacchi. Si poteva mai un tal cambiamento confiderarlo per cofa buona? Erano flati fino a qael momento felici , e lo potevano effe-te maggiormente. La provvidenza forte aveva fpedita il tìglio di Dr.igantch per far nalcere una tal brama ne'tìglt, e prottirare con mi rjl mr/.zo « tutta I* po-pota/ione nuovi vantaggi. La polterir.i avrebbe aggiunto nuovi muli per ricompenfa \ luoi compatriot-ti, «vendo feoperte nuove forgenti di ricchezze , per vieppiù diflingucrfi tra effi. V'è l'ambizione in tutti gli itati. Fra tutte le patfioni quella (ola non muore «he con noi. Rifletteva finalmente che co*l doveva ef-lere, • cho ciò che deve accadere è immutabile ; quindi "i lilpeulabile la crudele fepirazione . Il povero vecchio pafsò tutta la notte riflettendo ai veri me**i di '■ode-re tale viaggio più utile the lodi poUibile tanr(, Q ? ■* ir* ■i tìgli, quanto a! popolo eh*eì governava. L* idea di vedere a partire i Tuoi figli gli era e fi Ternamente de lorofa.* ma fi fuperò dicendo cosi a le Hello' *' Avrei egualmente meritato condanna vedendo morire i miei figli, e'é io ad elfi fopravvivere ; finalmente non fi Separa ao che per poco tempo. Poflo ancora rivederli , ed al loro ritorno mi Saranno tanto più cari, perchè lontani dalla mia villa per qualche tempo. " Egli for« mò pofeia il piano degli ordini che dar loro doveva il giorno apprefli), e cominciò chetamente ripolare dopo aver combattuto, e r portata la più Segnalata vittoria (opra Se dello . Jervaz ellcudo pillato al luo l-to.'.o non vi trovò Jella, mentre era lolita andai lo a l'iV>.<|ia:e puma tli pallate ella llefla a lorto . „J*IU, fella , ove lei mia caraf „ Ella non rilpoude, ma un dirotto pianto, e mille condili (ofpiti la fauno leu-tire nalcolla in un'angolo della capanna . fervaz le cor. re al collo, e flrignendoU fra le lue braccia, "/e//*, le ditte, tante volte tu mi verdelli a partire per plagi gì affai pi i perii olofi, che non è quello, cioè andando a sfidare l'orlo Sulla montagna , panando a hot té] lungi dalla nollra abitazione ; (ai quante volte il vino altera lo Spirito , e pafTa fra i Mot farchi al furore, quando alle fefle non v'è un capo, o fapgio Tèéréféh ara, come il noftro buon padre. Jelia, mi credi in-(enfibilc al tno dolore Separandomi da te' ma che ■r «leggìo * Vuoi eh' io Sia oggetto di rifo per mio fello, e per il mio amico preferendo la moglie' Jet* il «r*et| vaz, gli rifpofe, tu piti non mi ami, e cerchi i-vccc mia qualche donna di città. Oh D'io! Ti vidi ai piedi di mio Padre, egli commoflo piagneva, e tu odi-nato volelìi frappargli dalla bocca la dolorofa fcpa-razione, A te vicina io mi trovava: correva il mio pianto fulla tua fronte, nè ti degnarli guardare chi lo fpargeva , Jervaz tu VedefM 'e donne di Città .- qual-cheduna promif* darti più bei figli di quelli della tua J IU , e t'offri di ricam ire più doviziofamente le tue camicie; ma dille fe t'amerà più di me f penfaci be. ne . Quella , lungi dal morire , c me farei io ftefla , le fianco foffi di tue tenerezze , come ora to fei delle mie proprie , niente eliterebbc a prendere altro uomo in vece di re . Quello via;;;; o è funeflo al nofiro amore , io lo fo , o Jervaz . Ah f per pietà non partire, te ne priego per il uro amore, e te ne lcon-gìuro per quel tuo fangue che vedi feorrere nelle vene de'tUoi figli, per U memoria d' Anka tua madre, cht s'aggira piagnendole lo afficuro, ù,terno al freddo letto dell'infelice tuo padre. — Non v'e. più tempo, o JclU di cang'ur pcniiero. L'uomo che ri-tratta la fua proinelfa merita il difprc/zo. il mio a-niore per te è sì collante, quanto il Uifo tu ì fondato il Tempio ove li giutai la mia fede . .Ritorcerò, e quell'amore nuovamcnlc germogliai alla tua vi'la, come i teneri pomi nel mefe di M.igyro , Ti portelo degli abiti più belli, di quelli di A«è* mii MaJre, anche più di quello the iiidoua4li il di delle Q 4 noi' zòo nozze- Imparerò nuove canzoni lugli amori delle belle e valorofe Italiane, e te le infeguarò . Mi fu detto che brillano in amore, ma non mai farà un'amore il tenero, e sì collante come quello del tuo Jervaz* Non piagnere, Jtlla mia adorata; non preveggo alcun fini Uro augurio fuori del tuo dolore , e delle tue lagrime . " Jella obbedì , e cominciò l calmarti . EU la dormì, ma inquieta , agitata, ed ali» spuntare del giorno divenne terribile il fuo fonno. Uno fpavente-vole logno ( a ) turbò ralmcrre ti fuo fpiriro , e la riempì d'orrore dando compimento ai Terrori della caduta delle corone, delle parole de'la Baornizca difettati entro d; fe, e che invano cercava d' obbliarti . Un lunghiflìmo fpeftro di donna vellita di nero fe le pre- ( a ) / Morlacchi hanno molta fiducia ne* forni . fi f0* gnanit ài vedere /' anime dilato parenti morti, a» mici , cono/centi , ed altri . Si fognano d' aver trottato il wfatt in un d to fito corrono a vede, dicono, che il Dtmonio t'/a ferrato Va. G'' Indiani prrfì.ino molta fede ai jopni .che prendono jtr ifpirinjtaé mandate d.ipti Dei , e dagli jfiriti de1 lori* amici aefiD.fi. (hi ha ti doné de* (ugni , ha anche quello delle prrdi-joni , gaffa pr un'indovino , ti l> confutiate in tutti gli wafn dt jomma importanza. prefenrì) innanzi; quella teneva in una mano una Scheggia <1Ì Tapino accefa , che dava un mezzo Imre pieno di fumo ; coll'altra mano le accennava nello sfondo una mole immenfa d'acqua , che Jella interpretò per il mare , e sulla {piaggia una capanna limile alla fua in cui vedeva per le fincfrre un corpo in-fanguinatO che non potè ben figurar.? rh't folle . — Jf 10 fono Ank", Madre di Jervaz , dite a lei lo fpet-tro , con voce rauca, e terribile ; mira, additandole 11 cadavere difiefo a terra , ciò che ti è preparato . Sventura , fvrntura , fvrntura ai Narz'vizca " L* ombrj alzò la fua voce allontanandoti , e fparl . Jtlla airi Iteriti fi Hfvegliò prcfa da un freddo fudore, e co'capelli rizzati gridando, [ventura. Jervaz balzò dal Ietto pavet.fato : la moglie gli raccontò il fogno , o fecondo la fua opinione, quello che le era comparfo . Egli non il inrorbidò punto, ma cercò di afficurarla che lo fpiriro di Anta erafi forfè fatto vedere per vendicarli d'averlo invocato fuori di propofi-ro. Se tale fogno averte avuto a prouoflicare qualche dtfgra/ia, farebbe andato da mio Padre, come padrone dei paffi dti figli: che quanto a Jtlla erta doveva «Tcre tranquilla, e ratTegrtafa alla volontà del Cielo *be ti mauifcllava col mezzo di quella del Padre , il m cui amore pel tigli era ben piti gjudiziofo , e piò forte di quello d*»na moglie . Jella non osò replicare parola, ma il fuo timore noa li diminuì, t folo pen. so avere col mezzo del Suocero che teneramente ['*. Q 5 ma- rruva, 1* pffm'fTìone dì accompagnare fuo marito. H io avrò cura di lui, fra fe dicea, e l'obbligherò a portar fempre (eco il preziolo Zaptfì, dono della Baornizca. " Anche Dafcia non poco amaramente piagneva ; Stirpo non mancava di afTìcurarla che fi ricorderebbe fpe'o di lei, e che ritornerebbe preflo.* era per altro meno coimnolTo di fuo fratello . r>mf\,a non avendo veduta in lui que!P fMuflone di cuore, che nafce dalla fcnfibilita', e la promuove negli altri, erafi accoflumata ad una eerta moderazione in tutte le fue azioni. Amava moltiffimo luo marito, ma fen-aa trafporro di gioventù , e lenza tanta tenerezza , 1 figli d.-llo St..rejctmt appena alzati s' unirono ct>n Drapananicb, intorno al Padre, t-rrli aveva djtt» ordini fe^reti al fuo fedele e ijm-rti erj partito da cafa per efcfiuirli. Delle meaccie, del (aite rapprefo. dell'acqua vite, del tabicco, e delle pi,).* etano fui. la tavola, lutti vi ledettero con Ij'en/ia , quando il buon vecchio così cominciò a parlate .* " Miei figli, voi volete dunque partire , lalciarmi , ed abbandonare la (labile abitazione de' voflri avi, per folcire fu de' piani mobili del burrafeofo mare , Voi fiate felici* Trentanni, o Stirpo , e tu ventjquatrro, o ]erv*rz, di pice , di contentezza non v1 han potuto convincere . Voi pettfate (the I* acquilìo di nuove cognizioni , a (Tdggerti nuovi portavi far godere novella felicitai" Il pane cotto nel forno in vece di lòtto alla cenare , H (urne apparecchiato coli* ulto in vece del tapino , ■■■! altri 2 6* altri fimili vantaggi potranno compensarvi dei pericoli cui andate incontro ? Spero che non cambierete i voflri abiti ; quelli dei nofìri maggiori panarono fu dì voi, come quei di mio padre pacarono Sulla mia vita . Tutte le mode della Città non convengono ai MotUccbt , Oc vi la Sciate prendere dall' eflWnminarezza ■ La penna,e la lana fervono di materalTo ai corpi deboli,che Sempre più fili Snervano. Il Mor Uceo ravvolto nella Sua Kabanizca , Sulla pelle delPanimale cha V hi nutrito, dorme Sulla panca, ed il Suo Sonno non ì niente meno dolce e Ina ve , efTcndo la necefiìtà , e non la mo'lezza » o la noia che lo fa Soccombere. *-» Andate alla Città , e Dio vi benedica. Efamìnate prima di tutto, Se le petSone che le abitano , fi amano tra di loro più di noi , Se rifpetfano i loro padri più di noi , fe accarezzano i proprj figli , fe vendicano pili di noi gli oltraggi de' nemici , fe «e rirrapgono una giuda vendetta ( *0 * Guardate fe aprono fe loro braccia , le cafe al foraftiern , fe foccorrono l'indigente oppreffo , fe rifabbricano capanne divorate dalle fiamme a qualche infelice , fe gli danno armenti in luogo di quelli che un male epidemico ha fatto loro perire . £cco , o mici figli | quello che farà per voi utile ■ a di (b) Corri un proverbio tra Mor face ff ; Obi non li vendica , non fi Santifica . Q * e di vera confolazione ad offervare . L*oro c l'argento fono inutili cole , ma unicamente però necclTarie agli abitanti delle Città , a motivo dei loto grandi bi-iogni ; quindi ad efii collano lominc pene per procu* rarfeli , e forfè dei delitti per iltrapparli a quelli che ne hanno. Andando dunque alla Città dovete avere anche dell'oro. I figli dei Narzcvizca deggionodegnamente comparire per far onore alla Nazione MorUccà. Ricordatevi però che liete fempre flati moderati per Io danaro, e che l'abito di fcarlato, o color di rofa non ripara niente di piò dalla pioggia, quanto quello di panno bili, fommmiflratoci tutti gli anni d.l buoa Padre di Drag-tnanicb per cambio colle nollre lane, e che la tela lu cui Dafcta e Jeila ricamano %\ bti fiori , fa delle buone camicie, quanto qucll* di Ertela* vorara <\ fina come quella tl'aragno. — Stiepo , ricordati di vifitare i Tempi fagrati al Dio dell' Univer-fo ; ne ti pallaflc mai per Io capo di portare qui indorarle, o llofe per adornare il nolìro Tempio . Se poi lenti una qnalche preghiera da te creduta piò degna alla Divinità di quelle che noi cantiamo, apprendila , mio figlio ; al tuo ritorno me la Infognerai. Rin-grazietò piò degnamente quel Dio , la di cui grazia imploro, onde mi renda i mici figli. 41 Qui l'ottimo Stttrefiiftm dirortamente pianfe, e feco lui i figli." Di penlarvi non è piò tempo , nr? intenerire mi dcgm'o ' diffe Ferva'! ; l'uomo quand'ha rifolto deve effere 16 removibile come l'albero fu cui un ramo flraniere in- ne* nefiato cerei a confondere il iucca, e la vira fua propria ; egli fembra come lagnarfene a principio , indi «forzato dai legami a fofferire, accoglie il nuovo ofpi-te in modo rale di rendere un tal ramo sì fecondo , quanto gli altri rami fuoi proprj figli. — Per la vo ilra dimanda ho decifo condifeenderc alle voflre ilìan-ze , ed al prefente altro fare non deggio che cercar* di rendere utile , quanto lia portabile , il voflro viaggio- J*U*.....quando quella fi fentì a nominare corfe, e gettandofi alle ginocchia del padre, gridò:" Ah I per pietà non mi feparare dal mìo fpofo ! Chi gli parlerà ogni giorno di te fe non io che fono tua figlia f Chi gli ricorderà fuoi figli , ed il dovere di pretto rivederli , fe non la loro Madre ) Vorrefli che Ì piedi de' tuoi figli affaticati dal lungo cammino , ed i capelli avviluppati dal vento in mare foffero toccati da altre donne, che da una Morlatcaì "Jet* vaz tremava per l'ardire di tua Moglie. « non olava pi offerire parola. Pervun guardò lua Nuora con vero giubbilo, e le dille : " Alzati, Jella , tu accompagnerai i miei figli ; anche quello fra me fieffu penfato 1 aveva ; è giufto che abbiano ad effere ferviti da una donna che li ama.- ed abbiano fempre dinanzi agli oc-i-hi r oggetto il piò intereffante della famiglia. Causerai loro tutte le fere le nofire canzoni ; la tua pre-feuza, il tuo amore, le tue premure li terranno fede li alla patria. Tu farai, mia figlia, per noi, come la calce che unifee la piene delle mura dei nutrii Tempi. Jer. Jer-vaz c giovane: ia donna c neceffaria all'uomo,come l'acqua ai buoi allorché ritornano dalla paftura, fe il pallore tarda a condurli alia riva , corrono ad infangarli nella prima palude che incontrano. Stiepm meno focofo penferì alla fua Dafcie , e la privazione gliene fari pruovare tanto più il merito . Tu, mia Da/a* , non elfere melanconica vedendo a partirà il tuo fpofo; reiterai meco, ed appunto a te m'affidano i miei figli', porgendo a te i figli di Jirvaz, fperanra dei ìKatztvizta. Vigila fovra di me, 0 Dafeim : parlami tuttodì de' miei figli tu hai l'udito più acuto del mio, quindi mi avvertirai al tiro di pìllola , che an-nunzierà il loro ritorno . " Dafcia abbafitò il capo , a baciò la mano del vecchio il quale bacio t Iti I» fronte . Dopo quello ai fi raolìrò tranquillo , ed intrepido , come e per lo più l'uomo in ifiaro natura., it, quando fa aver latta una buona azione , ma che a lui collo fomma fatica. S'avvicinò polcia al giovane trttt Dravan.inich , e pigliandolo per mano gli diffe : " Non ti raccomando i miei figli , perchè crederei offenderti . Penìa fola che tu Sei la cagione che da me & feparano, e che colle mia lagrime a te Sempre li chiederò , non che colf cfirenie mie preghiere. Se il dolore di non vederli ini condurrà al lepolcro , tu m'avrai fempre d'intorno ombra errante colie pila alte grida di giuda vendetta . Prega il Cielo che la brama dì vedere la Città , opera di tua feduzion* i uoa lia loro laute . Tuo Padre era mio amici* i tu pu- pure Io Jei, perciò me ne retto tranquillo. I miei figli fono nelle tue mani ; la tua efpericnz* li guiderà. • li proteggerà la tua amicizia. Per tale crudele af-fcnza accordo il termine di fei meli • quello tempo e> fufricieote ad appagare la loro curiofità , ed approfittare di utili cognizioni. Se oli re parta fiero un tal rem-po , altro non potrei dire fa non cn« non «'nano più il loro Padre, ne il loro paefe, a morirò volentieri." Dra^ananùb rifpofe : " Se fu mio errore l'aver farro nafcere ne' tuoi figli il defiderio di illruirfi per afferà più utili alla loro patria , il Cielo pure mi punifca . Sotto la miacuftodia li prendo,e ti do parola di ricon-dnrteli prima che fpiri il termine da te prefitto, e ta. ji li accolgo come da te a me affidati. " Prendendo allora per le mani i fuoi due figli il vecchio Perva*f afcefe cogli ficffi nel magazzino , ed aperfe la gran calla , che racchiudeva le fue ri.che/ze. Tirò fuori degli abiti fuperbi , ch'erano dui Padre, colle cinture, e berrctre a loro attinenti." Ecco gli abiti d'uno dei grand'uomini dì nollra fchiatta. Quello 1'h" portate» il giorno delle mie nozze con votfra Madre , • queflf altro V iiuldir.ti il dì nel quale feci ragliare i capelli al primogenito. Hilparmiateli , perche Ì voflri figli poffa-no effi pure portarli ne* giorni foleuni . Vi fervirete d' qneHi qualche volta a Venezia , quando andrete a vedere alcuno dei ooftri Pmffhd , che governano quella fupeib* Cina. Dite loro : " Noi fiamo I figli dal fedele Nartevizea Starr/rima del popolo di Dt'zmo, Of* Curvatene la bellezza . I bottoni fono d'oro trufficelo , lavorati a Bijanzto , prima che il Turco ne di-venifle padrone . Gii 0ivalerti forniti d'argento , le feurpe di feta e cordoni d'oro , le cinture di cuojo ricoperte di punte d'argento e ben difegnate ; il tutto forma il compimento degli abiti. Ecco la borfa perii tabacco , ed un% altra che non porterete vuota . p,r-vaa a tali parole cerco fui fondo della Cina , e tirò fuori un ficco di pelle pieno di vecchi zecchini , che rovelciò fulla tavola ; ne contò fuori lei cento dividendoli egualmente tra i due fratelli . 41 Vedete queir oro? Per ben cent'anni fu inutile ài Narzevizc* .Celli pur anche al' effervi necefTario , allorché ritornerete al mio feno . " Una berretta grande di panno rollo fatta a cilindro , circondata di belli""'"» pelo , compì P alleflimento d'ognuno . Con tale ric^o equipaggio difeefero dal luogo ov'erano , ringraziando il Padre. Quelli prefe Dafcis da una parre, e le dilli all'orec-chio d'andare a prendere un'abito intero da donna, il piò magnifico che foffe nella caffa, e porlo nell'involto di féUé fenza dirglielo , voltado farle un'ina-provvilata, e darle il piacere di comparire quanto gli uomini. Da/a a non doveva cliente gclola, mentre tali abiti al loro ritorno dovevano effere ripolli nel co* mune magazzino , accordandoli folranto l'ufo ne' giorni lol enni , ed a tali perlone efieodone lo Starr-jetmi «I dilponitore . Un lacco dalle pareti della capanna due damafchU nate Scimitarre , c due paja di piftole , dandole ai figli , dicendo : " Tali armi de' nofiri antichi abbiane a fervìrvi per ditela • La forza confine nel braccio ±* ma il coraggio e nel cuore i prendete quell'arme, nei fate mai i primi a rimetterle . " V'aggiunfe due coltelli col manico d'argento doraro , in cui vedcvanfi alcune pietre incartate di vari colori . 44 Ogni ordina e dato , dine a quelli , dimani parrirete . Avrete un carro per il bagaglio, e per Jella, che deve prendere con fe la pit e io Li Anka, ed il fecondogeniro ; gli altri due tederanno con me. Ognuno di voi fari a cavallo , ed avrà il fuo domeduo . Phht v'accomp.igne-tà fino a Venezia, e la fi fermerà folo rre giorni, ritornando fubito a cafa per rendermi conto del vollro" viaggio , arrivo , e flaro di falutc . Quando farete in Vwrja ceiTerÒ di perfare alla vofira partenza , e folo rifletterò al vofiro riforno . Avrere le vofire provvigioni per il tempo in cui fiacre fui mare , a rutto previdi , ne altro teda al prelente che l'efecuzione del voflro progetto ; più non ho tempo a perdere fa vog'io vederlo compito. Miei figli, m'allontano da Voi più prefio che podo per rivedervi folleciti fta fa paterne braccia , ed abbreviare il mio dolore . Lo fa" Pr«re al vodro ritorno; fa pena corrode II cuor* , corife l'aceto il ferro, malgrado la fila fortezza, e grof-fez/a. Tali difpofizioni erano fiate fatte alla mattina , e già poco ci voleva a pattare a tavola quando ad un trm- tempo Ili videro a comparire quindici vecchi delle pri. me famiglie dei Narztvizca . " Vtrvan, di fiero , abbiamo ricevuto da Vuko x tuoi ordini , che brami da noi ì — Mici amici , e parenti qui vi chiamai acciò felicitiate nel loro viaggio i miei fi ;li . La brama di vedere la Città li cond uce a Vtnczt* culla guida del nolìro amico Ft?.e Draponanhb . Qu lìa curiofìtà non e; rutto capriccio di gioventìi che l'avrei rigettato, ma vogliono intraprendere un tal viaggio per ifimirfi, e comunicarvi pofcia quello che avranno imparato di uiile per tutti voi. Eglino impareranno a fare il pane che fi cuoce ne' forni , perché I' abbiate più buono ; così a feminare e coltivare l'aglio , e U cipolla cibi Unto a noi cari e favoriti , i quali vendono da noi cambiati con tanti montoni, e formaggi, Jell li aveva preceduti, e fmonO incontrati dal capo, e dalla lua farri glia. Dappertutto trovarono un*"aecoglttnento d'ofpiralttà flraordtna-ria , politezze , c«ne, regali. 1 Morl^cclù attai allenii alla fera cantarono il valore, c la prudenza di Vrrva» Narzevizca , la di cui fama patfava le venti miglia italiane di circonferenza . Il terrò giorno Erzr Drara-namcfi volle precedere i fuoi compagni fino a Tr-i per mare , onde apparecchiarvi l'alloggio , e fermare il valcello • I giovani uon ini facevano poco cammino a motivo del cafro , e dell'ardua via farra tulle fili e ;« gie di IcogMo che hanno orìgine dai rari della CiafaT vizza. Quando ebbero pattati t preripi/; (ì fermarono alla villa del bel p^efe , che s'aperte loro innanzi f • pranzarono full'inclinaro terreno , alla riva d'un ru> (ttilo, che ferpeggiaiido dilctudcva dall'alto. DVtro noti non fi difeorreva che del Padre, di Da/eia, dei figli , * di Dizmo, cofa farebbero in quell'ora. I loro cuori non fi erano ancora di là diftaccari, e l'afperto d'un nuovo Cielo , d'un orizzonte incognito non aveva fatto in elfo loro alcuna diversione di fentiinenti . Dopo pranzo fecero più cammino , ed erano già dittanti un quarto di miglio dalla cafa di Marna», ove feorgevafi la fortezza di Cltffa {a) alzatfi fu d'uno fcoglio , quando Vuko venendo ad incontrarli," Siamo giunti, loro ditte, in un punto di vero dolore, e di difgrazi» in cafa degli amici di vofi.ro Padre. Marnan l'antico Starefcina di Rojlar l'altro ieri e morto. I di lui fi-fcli fono d' intorno al fuo corpo, e lo piangono. Invitano i figli dell'amico del loro Padre a piagnere con Q t etto ( a ) Citila è poco tratto di Jirada fopra le rovine di .Salona , cioè, quattro miglia ali*incirca italiane, fabbricata fu d* una rupe inacceljibile , circondata da burroni , e borri, dominata dalla fommitddella montagna, I rompicolli della Clapavizza, la di-J'crja di Cotigne - berdo, la valle Drazaniza ,/o-/io orridi deferti capaci à* intiepidire qualunque ardito viaggiatore . Tutto il pendìo è di marmo ptricotojo pei cavalli t che a fatica poffona fojìe-»*rvifi . Qjiffla Fortezza I 0 Mandetrium di Plinto ; è molto rovinata, mai non ceffa di effer bella. efìb loro, ed a cantare la canzone dì morte I Nar~ zevizca s" arTretrarono per andare a compiere i doveri funebri che ogni Morlacco deve rendere all' anime de' defonti • Entrando non furono accolti da alcuna per-fona nella capanna; tutta l'afTemblea, uomini, donne^ li amici, e vicini fanno campanula al morrò , acciò non se riabbia a mais fe v:e-ne lafciato folo . Ognuno gli va a parlare a IP orecchio , e gli dà qualche commi ffione per Palerò mondo . Alcune donne pagate a bella pofta cantano te lodi del morto , ftrappanfi i capelli , e talvolta fi graffiano it vifo , andando a gara a chi fa piagne re , e gridare più forte . Terminate te /acre funzioni , al momento di feppellire il morto fi rinnovano i pianti ,c gii urli dei parenti dello fìeffo , cui le donne danno commiIJiont di /aiutar tutti i parenti, ed amici delPaltro mondo. Tutti i parente del morto per un* anno intero portano te berrette vere per Io meno ( tifando alcuni tìngere anche gli avi- rfi piagnevano sì fortemente , come la vedova , i figli dt Mara*». Jervaz s'accolto al morto, fedendo vicino al figlio, onde dare colla fua voce più forza a quella del fuddetto, e mandare degli urli più fonori. Il corpo era difìefo in terra nel mezzo della capanna , ravvolto in un panno bianco , il capo nudo, e fcoperto 31 vifo ; e!ue gtandi muilacch» gli davano u n'aria mae-flofa . Le donne di quando in quando fi alzavano, ed andavano a parlargli all' orecchio ; gli uomini a vicenda pattavano a fare lo fletto , dandogli delle com-mittloni per 1' altro mondo . Si portavano in giro delle carni arroltite, delle fi cacete, dell' acqua-vite. Alcuni mangiavano, bevevano, afri continuavano a gridare, e fecero così tutta la notte. Al dimane a buon1 ora i parenti i più lontani , ed amici andarono a prendere congedo dal morto. " Tu ci coflrigni lafciarti, uè vuoi più rettare con noi l Sia teco una pace eterna / Non venire ad intorbidare il nolìro ripolo errando fulle ("piagate del mare , ne lalciati da noi far vedere col mezzo della fiamma turchi- abiti) in Jepno di /corruccio anche qtiejìo. Le donne mttton/ì l'i capo JazzoLlfi neri, e turchini, 9 talora coprono il tojj'o col nero lu-go gli orli delle loro vefli . china (.4) che s'alza , e va incontro allo fpavtntato uorturno viaggiatore Morlacco . Noi vegliercmo fulla tua fpoglia fino al punto di porla ne! fepolcro, e faremo sì che verun' animale panando non ardifca inforzarla : temendo che divenuto irritato Vampiro venga a fucchiare il fangue della tua pofterìrà , tuoi compatrioti (a), Refla coi nofiri padri, e preparaci un buon accoglimento quando verremo ad unirci teco .** Vennero i Preti , e dimandarono dì portar via il cadavere ; allora a piena voce fi cominci?) urlare, e la-xnenrarfi t Fu accompagnato con gran corteggio fino al fepolcro, prefenri anche i Narzevizca . Ognuno gettò dell'acqua benedetta fu! cadavere , e le donne fem~ pre più energiche uclPefprefTìoni di fenrirnento , lafcia-rono fu quello dette fpugne bagnare fielf* acqua flefla acciò la provvigione vi refiaffe più lungo tempo . A grado che ognuno gettava un poco di terra fui morto , ( a ) Veggonfi talvolta ne* C'tmiterj, nelle Cloache, nelle "Paludi , e ne' luoghi pingui certi fuochi fatui prodotti da quelle materie crafje , come fi fa dalla Tifica, I Morlacchi li chiamato Candelette, ed ove fi veggono , là dicono efjervi le Anime de' Morti fe fono i fuochi di colore turchino, e fe ì rofTo vi fono dei te fori . ( a ) Vedi la Nota *. del libro Ottavo del Primo Voi»™» to j gli raccomandava la fua t'ommUTione per I* altro mondo , e partiva . Sulla pietra firpolcrale eravì fcol-pito il Kalpak inC-gna della dignità di Siarcfnna , ed una Icimitarra che tagliava una lìuna crefeente in due , per dimolìrare che aveva combattuto contro i Turchi. I viaggiatori feguirono la compagnia di ritorno aTU capanna , ma non vollero reflare al gran pranzo con cui fi terminano Pefequie , e doveri funebri. Si comincia con nuove grida , e con pianti , e fi termina per lo piti con una univerfate ubbriacchezza . I figli di Marnan abbracciarono , e ringraziarono i Narzevizca , e quelli partendo non furono falutati col tiro di pillola a cagione delta circollanza. Colla feorta del diligente Vuko arrivarono prima della notte alle porte di Trai*, ove furono incontrati da Drtigananicb , ed avendoli condotti per la Città li alloggiò in una cafa comoda , accolti , e ferviti con maniere del tutto nuove per elio loro, ed in particolare per JeJ/a.Effn fi rrovava in una continua forpre-f| , e la fua innocente curiofità le luggeriva ad ogni illante delle ricerche , e fpeflo non fernbrava foddis-tatta delle rifpofie, offia che non ne capiva la fpiega-zione, ovvero che non le trovafl'e a fuo genio. Quan" tunque Schiavona, la Città di Tr.iu non e però differente negli oggetti ch'ella prefenta , ed anche nelle maniere da ogni pieciola Città dell'Ifl.-ia, o dell'Ita- Qa lia. 384 Ha. I mobili di cafa, le botteghe d'arti, gli oggetti di vendita, le varietà nelPafpetto,e nel colìume degli abitanti *? febbene all'altrui vifta avrebbe molto rapporto col veftimento Morlacco, pure per Jella,, e pei giovani fratelli era una cofa affai grande , d'ammirazione, 0 almeno di forprefa. Vi furono delle cofe, nel loro penfare , fuori di ragione, ed incomode. Ella gettò lungi le fcarpe da donna , i bufti di balena che vide indotTo alla padrona di cafa, e varj altri ornamenti, de'quali chiedendone la ragione non ne era perfuafa. Quando doveva coricarli in letto non fapeva come alzare le coperte. Non ardiva Sconciare si polite cofe: ma inco-raggita dal marito fi rifolveva ad andarci con cffo lui» " Oh! io voglio eòe poniamo, diceva, a no» ftro Padre un letto come quello. Quanto farà contento rìpofarc sì mollemente! Il fieno appena tagliato, Verba del prato non fono sì tenere, come sì va-fìo, e dilicato piano. " Sì fermarono tre giorni a Trau, e gli nomini, meno nuovi nella Città, fi afìuefarono a quegli oggetti, e non erano tanto affettati. Jella fempre li divertiva non diflìmulando fopra tutto , ni* la fua ignoranza, ce la fua forprefa . il che non accadeva agli uomini avendo piò vanità , che buona fede . Jervaz le pre-fentò un belliflimo bicchiere di crilìallo, e vuoto- la donna prendendolo in fretta lo lafcio cadere , dilp*- ran- randofi al vederlo ridotto in mille pezzi. Ritornata dallo sbalordimento, e confolata dagli altri, raccclfe quei piccioli pezzi, che le pareano tutti preziofi. Ne prefe tolto un'altro, e bene flrerro tenendolo tra le mau, guardava a traverfo dello ileflb ora il marito, ed ora il cognato. " Quello è più, diceva, della ru-giada del mattino, pio bianco della neve fui coperto della nollra capanna, più fodo del ghiaccio de'noftrl laghi. " Il Padrone de! vafcello avvertì i giovani uomini che il vento era favorevole per attraverfare il Golfo. Vuko s'incamminò al porto col bagaglio dopo aver lafciato i cavalli, ed il carro a perfone licore. Jella fi vefìì alla miglio che potè.. Gli fguardi avidi de'cu-riofi, quegli inv'.diofi e maligni dell'altre donne, ave-* vano rifvegiiato nella giovane Morlacc* Piflinto naturale della civetteria, cioè la brama d'ettere fiimara bella dagli uomini, e la pretefa di piacere egualmente che un'altra donna. Si pofe con tutta attenzione una bella penna fulla fua berretta, formando una Superba Marama, le di cui etìremità vagamente ricamate pendevano dinanzi alla fua giubba. La cintura più ricca del confueto in conchiglie, medaglie', e bottoni; non dimenticandosi le picciole croci di Stagno, per prefer-vare fe ftetTa, ed il marito, tenendolo per il braccio, dal male che avrebbe potuto temere dalle Vitfcbìzt in mare . Fu ftrafeinata, anziché condotta a/ porto, far- 301 fermandoli ad ogni tratto per curiofirà, or ad enervare una cofa , ed ora un'altra . Tutto ciò che di nuovo vedeva, e che già per tei tutto nuovo era, le faceva arredare il pafTo , e girare gli occhi qua, e là, avidi dì tutto vedere. La veduta poi del porto di mare, e lo flrepito dell'onde, non che le capanne ondeggianti ( nome che rodo diede a» vafcelli ) compirono di Sorprenderla . La quantità e varietà di popolo fui molo decife la fua impaziente curiofità . Pili volte li volle a parlare a quelli che la circondavano, e fe non rifpondevano per non capirla, o fe parlavano in altra lingua fuori delle fua propria li lafciava con difprezzo . Se ciò accadeva con alcuno de* fuoi , che fotte Schiavone , I che le rifpon-deva, era tutta allegra, e gridava, ** Er(ì parla , egli parla: come ti chiami? quanta che fet qui.1 lo fono Topofnich: fiamo in quaranta; mio mariro > Narze-vizta: fono pur di cento. " OfTcrvò delle caffagne Zecche, e pattando fe ne pigliò-; il fruttajuolo le cor-fe dietro per ettcre pagato: JelU fi meravigliò. li Non ti vergogni, gli ditte, dimandarmi del dinaro per «vermi offèrto da mangiare? vieni a cafa mia, ed avrai delle S*caecie, dei pomi, ed anche del montone, a Saziarti fenza un foldo ; anzi ti ringrazierò per etter venuto in cafa nortra , Invece d' alcun'altro luogo .1 Erze rideva : i due fratelli fi vergognavano delle Semplicità della compagna. I primi colpi della corruzione avevano cominciato ad ìmpofleflarfi delle loro anime; fenza di quello avrebbero eglino poturo arroffire dell'ignoranza di Jeilaì AI punto in cui i nofiri viaggiatori andavano ad irubarcarfi, un'altro vafcello vie in izTir.no falpava per partire . II Capitano era in piedi fulla coperta, e guardava i forartieri che Salivano nel vafcello a luì vicino. Ma qual forprefa per Marcovicb (imperciocché Marcovicb rtelTo Si portava a Venezia per paSlare a Vetroburgo), quando vide Jervaz, e Jellal La viltà della Sua innamorata gli fece accendere il fangue dal piede alla teffa , indi pafsò al cuore per refifìere ai moti impetuosi della Sua rabbia , e divenne pallido , come un'irritato Spettro. Guardando egli attentamente la giovane donna Sentì che il tempo non aveva punto diminuirà la forza della fua paffione . Il dispetto d'averla perduta gliela fece comparire ancora più bella . Difatto le anime feroci amano di rado più d'una volta in tutta la vita. Jervaz con tutta dolcezza , e premura diede mano a Jelia per pacare nel vafcello, Marcovicb ad una tal villa provò tutti i fa» rori della più perfida gelofia . Pofe ad un colpo pre-cipitofamente la mano Sulla Scimitarra, e fece alcuni palli full' orlo del vafcello per andare ad ammazzare il fuo felice rivale. Allo ftelìò momento Jelia alzando gli occhi verfo di luì, gridò.- " Ecco là Marcovicb, l'amico di nolìro Padre , * Dragananicb e ltó#> fa r> 258 pt> s'alzarono infieme a tali parole . " Addio Mara* vicb, dilfcro, buon viaggio. " Jervaz lo falutò fol-tanto col capo, e non gli difie parola. Tali voci d* amicizia, la ricordanza del vecchio Pervan, e la compiacenza di vederli amichevolmente riconofciuto da Jtlla, fecero un'improvvifa risoluzione nell'animo dì Marcovicb, La mano che flrigneva la guardia della Scimitarra fi portò con un moto involontario al cuore . Non diede alcuna rifpofla ai giovani uomini, ma ritirandoli in fretta nella camera del vafcello gridò:*' Allontaniamoci di qua, Capitano, falpa piò prefio che fia po/Tibile - " Erze e Stirpo rimarcarono l'atto incivile di Marcovicb, ma non vollero punto confederarlo , conofcendo la vivacità di Jervaz, e l'antica COntefa tra di loro. Fortunatamente Jervaz era allora attentifilmo ad accomodare la fua fpofa , e non aveva fatta alcuna ollervazione a quello ch'era accaduto . Jella dille che trovò Marcovicb molto invecchiato dopo che non l' aveva più veduto: " O mia fella, e paffato non poco tempo, le rifpofe Jervaz, dal fortunato momenro in cut mi defli la preferenza fopra di lui . Ti ringrazio fenza fine con tutta 1' ani* ma d'avermi fatto Padre de'ruoi figli . O cara Jella , tu potevi dare dei figli a Marcovicb, ed hai voluto eflere Madre dei Narzevizca . " Il vafcello di Marcovicb fi partì a gonfie vele , * qoafi piò non fi vedeva. Alcune ore dopo i noli» viag- viaggiatori fi difiaccarono dalla riva, e Jelia, lem. brava confufa non vedendo altro che Cielo, ed Acqua» No, Ella diceva, non c poffibile che riguadagnare ancora polliamo la rerra ; la vita d' un' uomo non farebbe ballante a fupcrare quello Spazio immenfo di mare che v^.jgo a me d'intorno. Almeno filila mia Cettina anche nei luoghi, ove più non fi fente la voce de'miei compagni alla riva oppoila , veggo fempre la terra. O miei amici, ove mai fiamo? in qual parte fono i nofiri Padri, ed i figli? ove camminano? la terra difparve, la troveremo noi più ì I due fratelli erano eflremamente prefi dal timore vedendo la novità di Jella tutta piagnente , e disperata . La vergogna , ed un poco di refiflenza li tenevano cheti. Dra-gananich li afficurava che non era altro che un picciolo tragitto, di cui in breve tempo ne avrebbero veduto la fine, e che prima di arrivare a Venezia li avrebbe fatti difendere a terra . Predate fede al voflro amico che fece pili cammino in mare , di quello fia voi altri ne' voflri campi . Una groffa onda fpinta da vento favorevole non faceva niente meno che fai-tare Jella, che mandava fuori dell'alte grida, ed ì due Morlacchi che tremavano Sottovoce. Jella confufa non fapeva più che fare . Ora invocava i Santi, « U Baornizca ; ora diceva dell' ingiurie a Dragano* web. " Senza di te non faremmo qui efpofii a divenire preda dei molìri che ci attendono nel fondo del ma* igo mare . Se i laghi di Kn'tn fono abitati da pefci grandi velluti, che talvolta Spaventarono Ì noftri fratelli, fenza dubbio quello lago imrraenfo , che voi chiamate mare , deve contenere bcftie orribili, e grandissime ,• capaci d'inghiottire la barca intera. " Vide ella allora i due fratelli abbattuti, e che pativano a motivo dello fconvoglimento del vafcello . " Eccovi puliti della vofira curìofirà. , patifco niente meno di voi fteguendovi per obbedienza. ** Erze cercò di fpiegarne •la cagione , ed incoraggìr'a col fuo efempio , promet» tendole che un tal male farebbe fra poco celiato, poiché a momenti vedrebbero terra , e vi discenderebbero . La pieciola lfola dì Zur't ( a ) non era tanto lonrana , e penfava il Capirano di dar fondo per rimettere daMo fpavento i fuoi' amici , caricare dell' olio, e del vino . TI vecchio Pcrvan intanto andava, veniva, vifitava i fuoi amici, e ritornava a cafa alla fera ancora piti melanconico. La fua capanna gli era divenuta infop- portabile dopo che non aveva più 1 fuoi figli. Le ca- rez- ■ ......... i - . ■ ■ .. i. i . . . ( a ) Zurì è un* Isoia affai efgolìa al mare, ed ha dirimpetto il Continente, Kaufvan , Capri, Smolan ec. Le donne vanno differentemente v6 eli Marcovicb , Imprudenti i Mariaaj s'avanzarono talvolra a gridare ' viva il noflro Capitano , cht fupe-rò Tricolaz nel cor/o. Gli animi cominciarono ad ina-fprirfi , ma ancora Marcovicb non aveva udito parola offendente dal canto dei Narzevizca , L'accidente il piti impreveduro, ed il piò inconfi. derato fu motivo della piti grande e fatale difawenrura. Dragananich avendo fatto cenno ad uno de' Marinai varj fuochi d'artifizio fi accefero ad un punto , e la-feiarono fiupefatti i due fratelli, e Jella . Un picciolo fottio che precedeva , e feguiva la brillante flrifcia d* una bellifTìma luce : la lunghezza , 1* altezza a guifa di fulmine : lo feoppio alriffìmo : la quantità di ri-fplendenri ftelle , che cadevano, tutto era fecondo Jelia opera deMa Fata Pefefìrima di Dragananich. PafTa-to il punto di forprefa , ella faltava , gridava , e Sem-brava volerfi slanciare come quelli. I giovani uomini rifcaldati dal vino , ridotti quafi alla follia da quello nuovo dilettevole fpetticolo facevano imo ftrepito Spaventinole , e la loro gioja rodeva l'anima avvelenata di Marcovicb. Il fuo penfiere era di fangHe, e la fua brama di morte, n^ piti poteva rrattenerfi .Jervaz eu-riofo s'avvicina al Marinaio che gerteva in alto i fuochi arriftziali, e pigliandogli la miccia dalle mani volle dar fuoco ad un razzo cW Erze gli preSentò . Non vi riufeì bene nel primo che cadette nell'acqua , ma peggio fu per il fecondo che andò infelicemente a dar fuo- m fuoco alla vela «jet vafcello di Marcovicb nel punto in cui i Marìnaj la facevano in ruotofo . Marcmith cogli occhi fempre itimobili fui Narzevizca aveva be-niffìmo difìinto la mano di Jervaz • II fuo furor? pas. «ò all'eUrcmo, credendo che ad arte fi avene fraglia* to fopra di lui il razzo. Mandò un'urlo con viva vo« ce, e corfe al fuo luogo nel vafcello per dare di mar* no all'armi. Il Capitano fe ne accorfe , e prendendo. Io ìfrettamente fra le braccia « " Fermati , valorofo Marcovicb, gli diffe ; la notte ofcurt , ti potrebbe mancare la vendetta. Sarebbe meglio porfi nel nolìro palifchermo , ed andare ad attaccare , e punire quei perfidi ed arditi che c'ìufultano ; ma fono in numero maggiore di noi, e dalla loro coperta potrebbero atrr mazzarci prima che noi poteffimo aggiugnetli > —- No» non foffrirò di più , diceva Marcovicb mordendoli le labbra ; tu non fai l'ingiuria fatrami dai Narzevizca miei piò crudeli nemici . Il fangue di Jervaz — che dico il fangue ? i tormenti i più atroci , le piaghe !« piò profonde deggiono fegnalare la vendetta di Marcovicb fui vili avverfarj ■ Lafciami, Vado gettarmivi a nuoto , ed il primo farà Jervaz : indi ammazzerò tutti gli altri , perchè fono fuoi amici . Vegga Jella Spirante fotto il mio ferro colui che preferì, e conofea quello che trafeurò . — Marcovicb , t'arrefìa ; la vendetta dell' uomo avveduto non deve efiere indarno azzardala ; a 01160' ora tutto farebbe inutile , ed i tuoi R } ne- nemici che devi far piagnere . riderebbero al tuo vano ardito attestato. £ tu , ed io fiamo offe fi , e voglio fangue quanto tu fteflo , non lo reme re , lo avremo dai Narzevizca , Lafcia pure ihs sbarchino: li Seguiremo : li raggiugneremo , cadranno uccifi per le 110-iìre mani, volefl'ero Salvarli ai piedi dell'Altare . ■—» Sì, diffe Marcovicb , m'acheto; e dimani bene avanzato jl dì attaccherò Jervaz, onde meglio vedete ad ufeire quel Sangue; profonderò la mia mano nelle fue ferite; porterò io lleffo il fuo capo a Jelia ; lo farò roro(are ai piedi di quella crudele che fi ride del mio Tormento. Chiudimi , Tricolaz , non mi lafciar piò vedete gì' indegni che m' ingiuriano . Quando faranno difeefi a terra , vieni ad aprire , furiofo mi Staglierò fu di «fio loro , vediò Jervar. infanguinaro morire a' miei piedi . Si , tu dici bene ; quell'uomo che non ammazza il fuo nemico non c degno di vedere Fa luce de* giorno . I lamenti fono dovuti alle perfone giovani che hanno d'uopo di moflrare il loro coraggio . La venderla dell'uomo prudente deve efferc a puntino e-feguita ."(ai. . Jer* ( a ) Crede il Morlacco che /' anima dell* ucci/o gridi vendita contro /' uccijorc , perciò fi deve in ogni mudo cercare di vendicarlo. Ji vanno raccontando erti Jervaz, Stiepo, 0 JelU giammai s'imaginavano la difgrazia che coloro meditavano . Avevano bensì of-fervaro che il razzo era caduto nel vafcello di Mar* tovicb , ed avevano anche fentito qualche grido ; ma urlavano sì altamente eglino fleffi, ed erano talmente preti dalla gioja , che non penfavano ad altro che a prolungare il loro piacere. Finalmente andarono a dormire, e fu tranquillo il loro fonao. Solo a Stirpo gli fcmbrò fentire una voce , che diceva , " Ritorna , ritorna in Moriaccbis: " egli n" rilvegliò , e Io raccontò agli altri; Jervaz ridette, e burlò il fratello per il vino che aveva bevuto. Jella, poi non fece R 4 co- rra di loro alcune favolate , che , fe i Parenti ave fiero perdonato Jenza vendicarli, /' anima dell' uccifo farebbe comparfa a tagnarjì, Q^efio è fu/fidente per mettere in orgafno il Morlacco , e divenire vendicativo all'ultimo fegn'j . In tutta PAlbania , ed a 'Vlontenero /*• inimicizie fono affai pia fere che tra' Morlacchi , puff indo da Padre in Fistio t e te Madri non mancano di moflrare fpef-fo ai proprf fip,H le camicie infan?uinate de' Genitori ucci ft, perebi- fi ano vndicati . Tra Morlacchi tale coftitni è a;fa:to sbandito . così . Tate accidente fuScitò in lei tutti i timori che non erano che aflopiti dalla diffrazione. O mio fratello, o mio fpofo, fu cerramentc fa voce del Cielo he parlò ( ne ardì nominare la Baornizca, di cui ella non avevafi dimenticato i pronofHci ). Ecco un gran viaggio che abbiamo fatto, ecco le Città che abbiamo veduto , ecco le belle cofe che abbiamo imparato a conofcere . Non s' allontaniamo di piò ; balìa così: ritorniamo , ritorniamo a conSoIare nolìro Padre . II cuore mi dice che quello viaggio non ci farà felice, accontentiamoci di quello che fino qui abbiamo veduto. " I giovani uomini non Falconarono, e furono avvifat't che il battello era pronto; quello, che Drapanamcb aveva fatto arrivare per difcendcre a terra . V'entrò in eflo mrta 11 famiglia , ed i fervi . II loro amico li condufie in cafa d'un luo corrifpon-dente diflinto , che flava in tino dei pftt belli ■ luoghi della Città . Era d'uopo ad Erze fermarli qualche poco a Zara a motivo del fuo commercio , e voleva appunto di là cominciare ad iftruire i Suoi amici. La curiofità dell'impaziente Jella fu varie, e va-iie volte appagata, ed alrre volte iellata poco Soddisfatta , mentre ad ogni bottega, ed ogni vefiiro mio. vo voleva fermarti. Volle Subito comperarti uno Specchio, alcuni pe//i ili flotto, dei fiori fecchi ; finalmente fi'dovute condurli alla loro abitazione compo-t'ìa di tre luoghi a pian terreno, con batic fc-neflre fui- jot Sulla fìrada. Jtlla corfe tollo a tali feri e li re, ne fi fiancava d'interrogare, d'ofTervare , e di mofirare delle brame tanto induftriofe che impoffibili a foddisfare. Povera Jelia ! i tuoi bei giorni fono terminati ; quefla Città, queflo foggiorno che oggidì r'incarna , farà per te piti orribile, più odiofo dell'inferno. Dra&ananich atti vi (Timo andava apparecchiando quello che era più nece(Tarlo per far capire ai di lui amici un principio di commercio fino a tanto che li tratteneva a Zara. Ecco come impiegava la mattina. " E' d'uopo dividere per fare più cofe utili. Uno de'miei amici , che deve venire qui, il quale è da Traà , da molto tempo però abitante in quefla Città, condurrà con efTo lui JV/V/e, e gli fpiegherà il commercio che fa qui, ed a Venezia di candele, di formaggio, montone affo micaro , e falato, mele, cera che ritrae dalle Dal-i/iaxia, e dai paefi a voi altri vicini. Gli farà vedere i fuoi magazzini, e gP infegnerà il modo onde ben fervirfi di rali capi che tanto abbondano nei Narze" vizea. Vuko li accompagnerà, ed et pure imparerà nello fleiTo tempo. Tale uomo da Trae ritorna a caia all'indomani, e potrà facilmente far arrivate noti* zie dei figli dell'ottimo Starefcìn* di Dizmo. Jervaz verrà con me per ifcegliere un buon panno , ed alcuni pezzi di tela che Spediremo a voflro Padre . Li Moglie del mio amico da Traù terrà compagnia a Jella, e le infegnerà la maniera di fare il pane. V'è in 1*1 In cafa delia farina, ed uno fiaccio , onde elfi impari facilmente a Impararne la crufca. Guarderà ad in> paliate, fare il pane , cuocerlo in forno all'ai piti bene che fotto alla cenere . I giovani uomini vedranno come è fabbricato il forno, come fi rifcalda . \* Jella avrebbe defiderato piutrollo ulcire di cala con luo Marito, Per verità lo pregò, ma le rifpolc- " Diamo, o cara Moglie, tali primi momenti al dovere d' apprendere utili cofe , cagione di quello nolìro viaggio, | brama di nolìro Padre. Potremo pofcia divertirci , e potremo rellare fempre uniti. " Jelia tacque. L'uomo, e la donna di Trah arrivarono, ed ognuno dovette hn quello che riabilito erafì da Dragananich. Fecero patto di trovatfi tutti a cafa all' ora di pranzo, ed i primi tolto partirono . Jervaz Hello dopo aver abbracciata la Moglie ufcl di cafa. " ricordati, gli dille la Moglie, di ritornare preflo ; fono foreflie-ra in quella capanna, ne couolco alcuno, e vedendoti partire fembrami di effete abbandonata. Jervaz, fermati un'iltante ; guarda i tuoi fàgli , vogliono elfi di nuovo abbracciarti ; non partii da Dizmo veramente per effere da te divifa, ma unicamente per Ulani a canto. " Jervaz non potè re'ifiere ; ritornò in dietro, raddoppiò le fue carezze colla moglie, e coi figli. Jella l'accompagnò lino alla porta, corle alla fineltra con tutta premura, e quanto poti; noti lafcio di accompagnarlo cogli occhi . Allora quando piò noi vide | de le mancarono le forze, e cadde fu d'una fedia Senza proferire parola; un tetro Jumore s'impadronì della fua aaima; la donna da Tra* le parlava, effa non Pafcoltava; i figli gridavano, Jtita dava a loro cib che chiedevano, ma tutto indarno, perche Seguitavano a piagnere. u Oh Dio difle a Nika : non ilio benevorrei ritornarmene a cafa . Nika , fta af-coltando per me quella povera donna che ci deve jftruire, dal canto mio^ non ho voglia di cofa alcuna . " " Appena giorno rifvegliatofi il furiofo Marcovicb , grida a Tricolaz , alzati, alzati , il Cielo è fereno , ed il Sole e più lucente degli altri dì per illuminare il mio trionfo . Sono partiti , fono a terra ; li vidi io fìeffo a difeendere nel palifchermo , fa co'azione , e prefìo partiamo. — Io non voglio mangiare, feguì Marcovicb : giuro di non prendere cibo , ne bere fino acanto che («zio non è il mio furore, e compita la mia vendetta. La fame, e la fete non arriveranno ad indebolire il mio fiomaco, come la rabbia lacera il mio cuore. Se delle dilazioni crudeli mi sforzano a ientire quelli pungenti (limoli, tanto più irriteranno il mio furore, come gli Speroni animano il cavallo onde giugnere alla fofpirara mera . " Piglia Marco* victr le fue armi , e bene f efamina » polif'ce la Scimitarra , aguzza la punta del lungo coltello , ricarica le pillole, e le pone nella cintura. Tricolaz non fi fece at- J»4 attendere. Discendono tutti due a terra, fi portano alla Piazza , e cominciano a paflegiare le firade piti frequentate dal popolo nella Cittì . „ Infallibil* mente , diceva Marcovicb , Erze farà fortire di buon' ora i di lui amici. Vorrà a quelli mofirare la Piazza, ed i fuperbi quartieri della Citrà . Non ifiaranno moU to a qui arrivare. Tu Tricoiaz guarda alla dritta, io oflerverò alla finillra , e nel'o fleflb tempo anche dinanzi a me . £' falfo che la collera acciechi, ravvi* ferei il mio nemico nella piti ofcura notte , e bollirei»» be il mio fangue al fuo avvicinamento. Tutti due palleggiavano ora l'uno a lato dell'altro, ed ora ciafcuno ad uno dei capi della firada . Tricolaz chero, cheto," Marcovicb giurando, befìemmian-do , e trovando la mattina lungbiffiaaa . Camminavano, s'arrenavano , ricercavano fpeflb ai palìaggieii fe avellerò veduto Erze Dragananich, noto ad ognuno, accompagnato con altre perfone ; ma niuno li aveva incontrati. „ Ove fono, ove fono? gridava l'arrabbiato Morlacco. Avrebbero mai inrefo il mio progetto? vorebbero nalconderfi alla mia villa, al mio furore ? il vecchio SiareJ'cina farebbe loro comparlo in fogno, e li avrebbe avvitati della morte ch'io voglio date al fuo amati.lìmo Jervaz ? O qualche Baornizca che li protegge , li avrebbe nafcolli a* miei occhi' „ Tante ore di paffcggio ora lòrte, ed ora piano »- vreb- m vrebbero fiancaro ogni uomo , fuorché Marc-vieb . La fua attenzione vana lo rendeva ancora piti arrabbiato ; fi avrebbe letto fulla fua inviperita faccia il delitto, che meditava . La bocca fmagrita , anelante ; ÌI guardo torvo , e feroce ; un'andare confufo, ed ineguale, tutto dinotava un'uomo acciecato dalla rabbia , td IrapofTeffato dal demona di vendetta, e di fangue . firn* Jtt labro Dtcimeterxo . LIBRO XIV. ARGOMENTO -snt H t clinroi eiabna 00 ; npj|?*t> < ovioi CMwyr Ji Combattimento di Jervaz cernir* Marcovieta m Zara. J Due piovani amici Jervaz e Dragananich avevano' impiegata quafi rutta la mattina in affari di commercio , ad dammare , a Scegliere gli oggetti eh* penla-vano di Ipedire in dono allo Stare/cina. Impazienti di "ggiugnere Stiepo più pretto che foffe flato loro pof-fibile , s'avvicinarono alla Piazza per artenderlo . Intanto un mercadantc amico di Dragananich lo pregò di paffare con elfo lui in una botrega per difporre infieme di alcune commiflìoni di compera , e di vendita . Prima di fermarli, Dragananich pensò al fuo amico che rellava folo, quindi gli dille .- '* Jervaz deg-gio parlare con quell'uomo per un quarto d'ora , vuoi alpettarmi , o precedermi a cafa t Quella che vedi è la flrada , e non puoi fallare . Verrò ben tolto ancor io ; faccio quello , onde non ti prenda la noja d'attendermi qui tu folo , finche viene Stirpo, . Forfè camminando I4 inconrterai fulla via che conduce verfo cafa , eh' io licito colla mano tt > ad. ?°7 addito . Vanti* intanto , fe vuoi , guardando quello che ti fembra nuovo , e che può intereflare le tue brame. „ Dr ne anani cb ritorna col mercadante, e 10 fventutato Jnvaz s'incammina verfo cafa , bramo-fo di vedere la lua famiglia, e trattenuto di quando in quando dal piacere di offervare ciò che vedeva pet la prima volta in tutta la fua vita. Al punto in cui egli ufeiva dalla Piazza Marcovicb fremendo allungava il paflo, e veniva ad incontrarlo. La Mor lacca berretta fu conefeiuta ben tulio di lontano , avendo la rabbia quella volta aguzzata (a villa ; e raddoppiando 11 paffo conobbe l'uomo che da tanto tempo attendeva. ^ Eccolo, eccolo, egli gridò, io ti ringrazio o forte , " e tirando fuori la fua feimitarra , in tre fai-ti fi fcagliò fopra Jervaz . „ Riconofci Marcovicb, e difendi la tua vita, o Narzevizca, coatro il pia furiolo de' tuoi nemici, che morto ti vuole . Jervaz , forprelo dell'azione di Marcovicb, gli rifpofe, *' Tu mi fcuoci fenza (paventarmi, Giammai il fangue dea Narzevitea non provò timore. Si, ti contendo la mia vita a prezzo della tua. Dimmi prima , o Marcovicb, la cagione che ti rende ta to mio nemico? Se tu non. hai feordara l'antica conttfa che abbiamo avuto in cafa di Topujmcb , io non ti voglio male , e tocca a te potla in obblio . — Ed io dopo tanto tempo t'o* di° » • t'ho fempre odiato, replicò Marcovicb t \ tuoi pari dimenticano egualmente, le ingiurie che fanno» co- $u8 come quelle che ricevono, perché fono vili per trarne vendetta, L'affronto che mi facelìi b qui ^ mettendo la mano fui cuore): tu mi toglierti Jella, che dame era fcelta tra le figlie tutte Morlacche per efferc Ma" dre de' miei figli. La preferenza che T'accordò fopra dì me c il tuo delitto, ed infieme il fuo torto . L'orgoglio tuo fece SÌ-, che jeri fera infultafii la mia pcr-fona gettando dei fuochi anifiziali nel mio vafcello , difprez/andomi . lo voglio la tua morte , e fe mille angeli t' invilupaflero colle loro ali, la mia feimitarra li farebbe in pezzi, come voglio fare te (ietto . " Jervaz f allora tirò fuori la fua feimitarra , ed alzandola al Cielo", io r'obbedifeo, o mio Padre, egli gridò, quella che l'ulama fu ad efTere Sguainata , pofia cfTe-re I' ultima a rienrrare nel fodero , tinta del fangue dell'inumilo che m'offende.*' Anche Tricolaz s'avanzava contro ferva* . u Fermati, lafib, gli gridò l'altro ; un Marcovicb balìa per dieci Narzcvizca. *' A tali parole ftr~jaz oflefo attacca il fuo nemico ; fi bat* tono , le due Scimitarre gettano fcintille di fuoco l'u-na contro all'altra, s'incrocciano, e s'arredano alcuni ilìanti rifpinte egualmente da tutte due le parti. Varie perfone fuggono , altre fanno un gran circolo intorno ai due combattenti, e non ardi (cono Separarli. La rema ch'ifpirano ad un popolo difarmato i Morlacchi delle terre interne , la fierezza dei loro tratti , i loro mullacchi , le loro armi , e la loro fama metto- tono curiofirà, t paura negli Spettatori. I due nemici rinculano alcuni patii in dietro al punto fletto , fi gnar. dano un'ifiante , indi con più" furore fi Scagliano addotto . Jervaz era più grande, e più agile del fuo rivale. Egli era fopra di lui , e tutti i fuoi colpi diretti al capo ; l'altro lo nafeondeva , ed ifeanfava il colpo ; ma la Scimitarra di Jervaz patta deliramente , e cadde fulla Spalla di Marcovicb gli taglia gli abiti, • Io ferifee .Già vede il Sangue correre giù per il braccio, e tinta la Icimitarra di Jervaz* " Tu Sei ferito, Marcovicb , fei contento t E' forte il mio braccio , quanto il tuo fletto , tettiamo dunque amici. —Amici f rifponde la tigre ; la tua morte , si , la tua morte pub foìo faziarmi. Che s' aprano tutte le bocche dell'inferno fotto a' miei piedi, io mi vi getterò , fe potrò condurviti . " Allo fletto ittante et piomba fu di lui difperatamente , e raddoppia i colpi barrendola feimitarra , che Jervaz girava intorno fui fuo capo. Un fentimento di naturale magnanimità verfo un nemico ferito aveva cangiato nel buon e valorofo Jervaz il modo di batterfi , ficché fe ne flava fui folo atto di difenderfi. Marcovicb arraboiaro della resilienza , tutto furiofo vedendo il fuo braccio finittro co* parto di fangue , che dalla Spalla gli uSciva, fi ricordò un'afìuzia che n'ebbe un'effetto affai lagrimevole. Ottervò che il Suo generoSo avverSario s'accontentava di diSender* la Sua vita , e che SorSe peofava di vin- S cer- fftO cerio col fargli mancare le forze , perciò fi lafcio giù-gnere . Le due impugnature |* untfcono ; Marcovicb refi (tendo rincula , e nalconde al ino nemico alcuni gradini d' una difctfa . Collui ne fapeva il numero , e l'altezza . Jervaz vedendolo a rinculare credette che volette foccombetc, ed arrendcrfi . Quòidi fece un moto improvvilo , come per abballarli inclinandoli verfo Marcovicb , e ferirlo nel ventte , sforzandolo a darli vinto; fu al momento di difeenderc i gradini che Mar* covtcb prefe un (alto in dietro, ed ingannò l'altro che non le ne avvide mancandogli il terreno lotto ai piedi, e fu coltretto di cadere boccone fulla rerra. Marcovicb pretto getta lungi la feimitarra , e col pugnale alla mano (i precipita fopra Jervaz , che sbalordito dalla caduta rial/avati in piedi appoggiato fui gomito. Lo sfortunato giovane ville il pngnjle lampeggiate a' fuoi occhi, e gridò : '* Marcovicb , ti chiedo la vita per amore di Jtlla. — Appunto per Jella, rifpofe lo fcellerato allattino , ri evi 'a morte, « gli profondò il pugnale nel l«|0 deliro . Jervaz , altro non proferì, che, Oh Dio ! Io muoro / 11 e cadde dittilo a rerra nel proni© fangue», che con gran bollore fortiva da T a>erto fianco. Il popolo prefo d'orrore, e di sdegno, correva a sbranare Marcovicb : ma quelli avendo impugnata la Icimitarra , ditelo anche da TricoUz , che fe gli era avviciaaro col ferro Iguainaro alla mano , Qtidò Mar cavie b , prima di porli 1* inlanguinato pugnale le In bocca : " Che niiino ardifca avanzarli, altrimen* ti fo pallerò da parte a parre , come quello perfido temerario*" La folla di gente fi difperfe ; qualcheduno fe-gul di lontano il feroce Marcovicb fino al vafcello , ed alcuno fi diede premura di affisrere il mifero Jervaz » che non dava alcun fegno di vita . Erze Dragananich aveva terminata la fua conferenza col mercadante , e fi affrettava d'unirfi ai fuoi amici , quando vedendo quantità dì gente in mezzo alla Strada feaza poter difeernere ciò che fi guardava con tanta attenzione , gli venne curiofità di chiedere che co-fa colà vi fofle,e la rifpofla fu ch'era flato afiaffinato uu giovane Moriteci. A tali parole un funeflo piefen-timento lo fece tramortire. Si fa largo con gran palpito di cuore , e vede l'infelice fuo amico ditlefo a terra ravvolto in un mare di fangue. Si getta fopra di lui, e col pianto, colla grida, coi finghiozzi compiagne la fua mirerà forte. " Io t'ammazzai y io ti fuggerii un tal viaggio fatale , O mio diletto amico . Amato Pervan , ecco come ti riconduco il depofitc» fagro che mi affidato. O fventurata Jella: Jella, che cofa farà di te f Chi fu il barbaro, Io fcellerato , il di cui furore ti ridufTe in tale flato t " Egli fi flrap-pava i capelli , fi percuoteva la faccia , il fuo dolore eommoveva tutti gli Spettatori. Gli fu detto che fpef-lo tra ì due combattenti erafi fentito a proferire 1 Nomi à\ Marcovicb. c di Jervaz t ma che a,on ii ave* S a fe- va potuto interpellare la ragione dell'offefn . Se gli raccontò l'accidente per cui il giovine uomo aveva dovuto cedere , ed il modo vile , e tiranno adoprato dal fuo nemico ferendolo a terra , Dragananich furibondo s'a'zò per andare a cercare Marcovich , ma il Chirurgo ch'era flato chiamato, trovò al ferito alcuni alianti di vira. Fu prefo da quattro uomini, feguito dallo fteffo Chirurgo, circondato dal popolo, portato a cafa , Jtlla era alla fua fineflra ; una mortale inquietudine l'agitava continuamente. Efta conobbe rollo Dragananich, che innanzi camminava; ma non s' accorSe dell'uomo che fi portava dietro di lui . Uno fpavento frammtfchtaro di curiofità la fece correre ad aprirt la porta al punto in cui Dragananich pallido , femivivo, e fenza refpiro vi giugneva . Jtlla feoperfe ad un tratto la fua Sventura, e cadendo a terra , gridò * Gran Dio f che veggo ! Jervaz ammazzato ! H Niia , i fervi , le genti di cafa corfero , e fi prefero cura di rialzarla . Ella gettava degli Sguardi feroci tacitamente intorno di fe, ne fi potè impedire che non flffasse tantoflo gli occhi lui piò terrìbile degli fpetta-COli , cioè fui marito che moribondo fi portava dinanzi a lei . Ad una ral villa fi slancia furibonda dalle braccia di chi la teneva, e precipita a braccia aperta full'infanguinato corpo dell'amato fuo fpofo. "Jervaz, mio Marito , fei tu? Ah l tu piò non lei ru non mi rifpondi I tu lafci la tua Jella I No , io vo- gito morire , voglio reftar* cOn te. " s'alza rn piedi • da di mano al pugnale di Dragananicb per cacciarcelo nel feno . " Ferma, Jella, ferma: vendica il tuo fangue prima di morire con Jervaz. Marcovicb a l'iniquo Marcovicb Paraffinò. — Ma*cavieb / Sì, vivrò fino a tanto di dargli la morte io ftefla , giacché in quello punto egli la di * me. Ov'é colui,ove s'afcofe i! mollro d'empietà f Ove mai io corro per faziare , oh Cielo / la mia giuda vendetta , lacerando , sbranando quell'infame corpo , divorando il fuo cuore ? Ch'io perifca annegata nel fangue che tornirà da quelle perfide vene aparte dalle mie mani." Mentre fi difperava , cosi gridando fra Ì fuoi di cafa , il moribondo fu pollo fui letto in una pieciola camera vicino alla porta. Il Chirurgo cercava fermare il fangue dalla ferita per farlo rinvenire , ma efaminata la piaga la trovò inevitabilmente mortale . Altro ei non fece che porvi un piumaceiuolo per non tormentar* l'agonizzante che appena dava indizio di viti."Jer-vaz , apri > tuoi occhi , mira ancora la tua Jtlla, afcolta il giuramento eh* ella ri fa di vendicarti col tuo nemico, e di legnalo, avefie ella fieffa a perderà la vita per raggiugnerti al punto in cui farà faziata del fangue di Marcovicb. Tuo Padre. . .0 disgraziato Padre . . . o sfortunato vecchio ... a te doveva raccontare la caduta delle corone .... Perfida Baar» nitfa a che mi f«rvirono t tuoi Zapifi . . . Barbaro S | Mar- Marcovicb\ Senza pietà! Io fola, io fola t'aveva of-fefo ... e tu fopra di me dovevi frendcre il braccio fanoninario , traditore, omicida .... GiufHzia d'un IJio,etii foffii il delitto d* uno fcellerato , la morte d' un'innocente , il mio flato affai peggiore della morte! ... . Il pugnale dell'afTaffino tronca la vita del valondo , ed un fulmine non gli piomba fui capo!.* Un Sacerdote colà chiamato cercava di calmare J°Ha, parlandole di doveri che le Tettavano a compiere verfo i fuoi figli. A tali parole corf* furrofa a prender» li, e con un moro violento, impetuofo, avvelenato, mordendofi le labbra, e eoli'occhio piagnente." Mirate , diffe a quelli , voflro Padre che muore ; la maio di Marcovicb l'ammazzò , e per fua barbara cagione Tetterete orfani infelici. Quel colpo che ferì voflro Padre , quello fletto mette nel fepolcro la vofira efortunata Madre . . . La mia maledizione fcenda fui ▼ottri capi fe non lavate le voftre mani nel fangue di Marcovicb , e di* fuoi pa-cnti. Sì, tutti \ Ma^covtcb ftino ttermina Ì, ed io moro contenta \ " fella fi lacera fieramente il feno , fi rode le mani , fi flrappi i capelli , piagne , grida ta'mente che muove il pianto a tutti ì cuori de' ci coPantl. Marcovicb anlò al vafcello per fafeiart la fua piaga ; ed appena enrrato gli venne il crudele penfiere che Jervaz fotte fiato affittito a tempo , e morto non fotte dal colpo che gli avea dato . L'arrabbiata e perfida- fida (ua anima gli fuggcrì novelli furori. " Andiamo, diffe, andiamo alla cafa dell'inimico, e fe vive ancora finiamo d'ammazzarlo fino all'ultimo iftanre di Vita. Me felice / fe pofTo fentire i pianti, e le grida dell'indegna Jtlla* I fuoi lamenti farebbero piò dolci alle mie orecchie, e piò foavi della piò beila canzone che fotte fiata cantata alle mìe nozze con lei . •* Cosi, ditte , e febbene Tricolaz gli facette vedere chiaramente i pericoli cui andava incontro , non l'afcol* tò, e s'incamminò verfo l'abitazione dei Narzevizca col fuo amico, e tra Marinai per far fronte al foc-corfo che Stiepo avrebbe cercato di dare al Frarello . Al momento in cui Marcovicb fi avvicinava alla cafa, Jervaz, dava qualche fegno di vira. Aveva debolmente aperti gli occhi, e fittava lo sguardo moribondo fu di Jella. Marcovicb voleva sforzare la porta; Tricolaz lo rrarrenne, ma avendo oflervara una finellra batta, comìncio guardare dentro, e vide nella camera Jervaz dittefo fui letto, e molta gente d'intorno a lui . Egli potè capire la voce di Jella , che dille ; " Ei non e morto, refpira ; fi egli vivrà, e fi vendicherà egli fletto. " Mircovicb a tali parole peufava di tirare uu colpo di fucile al moribondo per la tìnettra , e contendeva con Tricolaz fe dovette terminare cosi la tragedia , o sforzare la porta , e compiere d' ammazzarlo in mezzo ai fuoi difenfori. Nika aveva fentito al di fuori dello flrepito, ed avvicina- S 4 ta- Ili tafi alla fineflra riconobbe Marcovicb. " JclU , Iella gridò, ecco i nofiri nemici, vengono a terminare il loro perfido delitro. Jella precipirofamente s'alza, fi guarda d'intorno, prende i due figli, e corre a porli fulla fineflra . " Avanzati, difs' ella a Marcovicb, vie* ni, e quella palla ch'hai preparata per V infelice mio fpofo, pafli da parte a parte i teneri petti di qtiefle due vittime innocenti , avanzi del tuo barbaro furore . Calpefta co'tuoi iniqui piedi quelli miei parti, entra a sbranare in mia prefenza le vifeere di qujlo che affaffinafli . " Si girò JelU ad un ttatto, e fi gettò fopra Dragananich ch'ufeire voleva coi fervi per abbattere I* ardito Marcovicb, e Io trattene con tutta la forza . La debole fperanza che Jervaz ritornatle in vita le Suggerì di rimettere la fua vendetta ad altro tempo . Marcovicb alla villa dei due fanciulli che fi tenevano abbracciati, ed occupavano la fineflra, 1 inculò per orrore,' febbene feroce, e tiranno , lo fper-tacolo di quei due teneri figli abbandonati alla tua rabbia lo refe immobile. " E che / ammazzerei quei due fanciulli? farei sì vile ? " Corre alla porta la sforza per aprirla , ma era banc aflicurara . Ritorna alla finellra , e nuovamente freme vedendo là que'due piccioli fanciulli colle mani alzate al Cielo afcolrando le grida dello fpavento. Faceva la fchiu-ma di rabbia, fi cotitorceva come un Serpente colla pillola alla mano non ofando ammazzare tale inno- cen- cente difefa. J Ila dietro ai figli per infoltarlo, gli diceva: " Avvicinati, tigre anfante di fangue , guarda quanto è facile il faziarti ; i nemici che tu hai dinanzi fono degni di te , del tuo valore , tu puoi ridurli a brani, e fare fcorrere il loro fangue fino alF ultima goccia . " Marcovicb s'avanzava, poi rinculava mordendoli le labbra, rie poteva fuperare la natura la di cui forza, e maeflà , per così dire, agivano in-vincibi'mcnre fu di lui dipinte nel tenero gruppo dei due fanciulli. Finalmente fe ne partì correndo, tutto furiofo, maledicendo i figli, la madre, il moribondo, e la fua debolezza che non gli dava campo a fare quella vendetta da lui tanto defiderata . JelU prefe allora ì fuoi figli, e li pofe ai piedi di Jervaz. Il polfo era un poco ritornato ; fembrava che cominciane a capite qualche cofa, fi tentò ogni mezzo di tarlo parlare, ma furono tutti inutili sforzi , folo firigneva debolmente la mano alla fua diletta fpofa . Stirpo dopo aver molto pafTegiata ia Città cogli uomini da TraU , e non vedendo comparire al luogo pattuito né il Fratello, né Erze, ed effendo fuonato il mezzo giorno , dine al fuo compagno , palliamo a cala , ove forfè i giovani uomini ci avranno preceduto , altrimenti temerei di qualche loro tirano accidente . Intanto ch'ei s'avanzava verfo la cafa, un palpito interno amareggiava il fuo cuore. Paf-sò per il luogo del combattimento , ed offervò delle ji8 le goccie di fangue che V accompagnavano fempre diritto alle flrada di cafa fua. Quel fangue fpar-fo Sembrava come agire fopra di lui nelle fue vene , e gli faceva ribrezzo . Sollecita il paffo , batte alla porta, fi fa dell'indugio ad aprirlo; una mano tremante , una voce piagnente fe gli preferita , e fen-te Strepito nella camera vicina, entra, e vede, Oh Dio! villa orribile/ il quadro più terribile dell'infelicità, del dolore . Jervaz fpirante.- Jella pallida come fa morte , gettata Sullo flcifo letro fofienendo colle braccia la tefia del moribondo ; i figli ai piedi del jetto, il terreno ed il letto insaguinati . Erze curvato a terra, e col vifo fra le mani.- Nika ed i Servi ammutoliti, confufi tra i finghiozzi , ed il pianto. Stie-po refia immobile qual dura pietra, c fitta Io Sguardo fui Fratello. Jella fi volge addietro, e grida" Ei muore afTaffinato da Marcovicb. " Un tremito di furore , una convulfione di rabbia s'impadronirono di Stiepo. Egli s'avvicina al Fratello ; lo vede girare gli occhi morienti or fopra Jella, ed ora fopra di lui, e Io Sente a proferire con una voce languente quelle parole : *' Confolate mio Padre . . . Non vi feordate dell* infelice Jervaz .. . Marcovicb mi levò la vita ... Oh ! miei Figli ! ... Oh Jella ! . . . Un'eflremo languore fuccede a rati voci, ed è l'ultimo della vita . " Egli muore, dice il Chirurgo, — Jervaz muore... gridarono tutti infieme. Stiepo, in quello momento non co- conofcendo pia fe fteflb, agitato da tutte le furie piomba fui cadavere dell'amaro Fratello, gliiìrappa la fafcia che copre la. piaga (gli alianti lo guardano co» orrore, ma non ardifcono arrenarlo ) pone la man© fulla ferita, e la ritira tutta infanguinara ; s'alza prende la fua feimitarra, la tira dal fodero, e piti volte la ripafla colla mano rima di fangue, indi Piar, nalza al Cielo, e con una voce terribile cosi grida.** Giuro che quello fangue farà tempre forto a* miei oe-chi fino a tanto che il fangue dell'atTalfino traditore t ufccndo dal ferito fuo cuore per la mia mano, non mi laverà quella feimitarra, e diflruggerà quelle macchie ( " Prefo da un vivo dolore ad un tratto le fue forze s' eflenuarono, e fenza alcun fentimento cadde fui letto del Fratello . Jella aveva le fue braccia ilret-tamente legate al collo del Marito , e più non le moveva ; il fuo corpo era ridotto infleffibile, fa bocca aperta, il guardo immobile, ficchi temevafi fofs'ella fieffa fpirata , A llento furono tutti due trasportati ira altro luogo per richiamarli in vira. Stiepo fi fcuote tutto ad un punto, corre furiofo per la camera, e vuole raggiugnere Marcovicb . Jella, ritorna*un poco in fe fieffa , e palTa in un torrente di lagrime * * Oh Cielo ! Io P ho perduto . . . egli non vive più .. , per pietà lafciatemi a lui vicina... lafcìatemi ancora vedere queir uomo che fofteneva la mia vira . . . • ® Jsrvaz, fei trotto lungi dal vecchio tuo Padre , tonta- tano dalla tua patria . . . Chi degnamente piagner* fui tuo sfortunato corpo? . .. fotterrato in terra ftra-niera le lagrime de7 tuoi figli non bagneranno il tuo fepolcro .... La tua Moglie ... la tua fventura-ta Moglie ... no , non lafcitrà mai gli avanzi inanimati del fuo amato fpofo. . . Stirpo t Organati eh, miei amici , o eh* io ila fotterrata con effo lui y 0 fe volete eh1 io viva per allevare i miei tìgli alla feria derra , non lafciate un depofito sì preziofo per me lungi dal paefe de'fuoi padri , de* fuoi figli, della di-fperata vedova - „ Stirpo che piagnendo afcoltata l'aveva, rifpofe : " Miei amici, condurremo con noi il cadavere di Jervaz, il noflro infelice Starr/cina potrà bagnarlo colle paterne fue lagrime . " Tale promefla fn accompagnara da un cenno che fece a turti i fuoì di armarli , ed in tal modo prefe anche un poco dì fpirito l'abbattuta donna. Stiepo prende per mano Dragananich , guarda la fua gente , e dice A fua So Telia : f* Noi partiamo , e non ritorneremo finché non farai vendicata . — Si, ella rifpofe, correte , cercare il mofiro , pigliatelo , guardate di non ammazzarlo ; qui vivo lo conducete ve ne feongiuro, acciò ì primi colpi mortali li riceva dalle deboli mani di quefl' orfanelli p figli dell'innocente, che da traditore ammazzò . " Allelliti erano gii tutti , e pronti a partire, quando l* uomo da Trab, che lungi aveva fempre fe-< guito Marcovicb , per potere rendere conto a* fuoi ami- ci «i de! luogo ove erefi ritirato , li fermò fui fa porta, dicendo loro : " Ove correte ì Marcovicb è ben Ion-tano . Malgrado P orribile burrafca che rovefcia al prefente il mare , egli c partito fui vafcello di Tricolaz per Trit(le. Forfè irritata l'onda l'inghiottirà; respinto , Spezzato negli Scogli di Uglian ( * ), forfè lo fcellerato ne pagherà la pena del Suo delitto coi tormenti , e colla morte . " Stiepo arrabbiato, furiofo, no, efclamò , tu non mi fuggirai, poreffi ritornare in feno a tua Madre, da di là pure ti eflrarrei. Partiamo andiamo a Triefle, o Dragananich » -— E lafcie-remo il corpo di Jervaz tra le mani flraniere, per correre dietro ad una incerta vendetta, rifpofe, Dragana-nicb ì Credi tu che Marcovicb fi fermerà a TrieJìef Con tale gita , forfè inutile , perderemmo il rempo che avreffimo dovuto impiegare fubito a foflenere il ruo infelice Padre al colpo terribile che dovrà fofTeri-re . Odimi ; che s* imbarchi toflo il noflro amico da Tr.it* , e che Seguiti Marcovicb , nè Io perda mai di vi- ( i ) Uglian, nel Canale di Zara . V I/ola è ubertofa } la gente buona ; vi manca però Pacqua nella calda Stagione , *■ gli abitanti nella State Ji veggono miferamente tutte inaridire % villa fino a tanto che non e Sicuro de! luogo ove il moftr© s* arrederà per qualche tempo . Quelli Subito ci venga ad avvifare in cafa di tao Padre . ««• Sì , dille S*i«po : avremo tempo di eSe^uire il tuo consiglio» Ma al prefente altro non afcolro che la rabbia che mi divora. Andiamo al Porro, dimandiamo ,prOc-curiamo d'avere traccia dell' affossino, fella , fla tu intanto a quello fagro depofiro , ed implora dal Cielo la vendetta la più giuda eh* ei poffi volere. Miei a-mici , mirate ancora quello cadave-re , e fegaitemi. " Efcono di cafa tutti, c corrono al ponto, come tanti pazzi furiofi. V'arrivano, ed interrogano que' pochi de' Marina; , che manovravano per Salvare i vascelli dalla furiofo burraSca che diveniva maggiore all' avanzar della notte . Effi li afficurano eh* Marcovicb sforzò Tricoìar. a faipare malgrado il peflimo tempo." Il vile infame cerca naScOnderSÌ al min furore , non ci fermiamo indarno ; il vento che Seconda la Sua debolezza , farà lo lleffo della mia brama per raggili-gnerlo ; foileciriamo ad infeguiflo , prima che tra le fpiaggie s'afeonda. K Stirpo vuole imbarcarli , ma il vento è troppo gagliardo ; egli prega , ofìre , minaccia , e neffuno ardifee rimuoverlo da tal penfiere. Solo Dragananich cerca di calmarlo , facendogli ridertele che a motivo del rempo non avrebbe potuto Marcovicb far lunqo viaggio , e che fe Sofferò partiti alla mattina feguente erano fkuri di raggiugncrlo . Stirpo a li calmò alquanto , e dopo aver accordata una barca leggiera per Trieflt , e partire appena che il tempo l'avene permeilo, ritornò rollo a cafa, ed afflittiflìmo raccontò alla Sorella l'infelice accidente che li colina-fe a forza di fofpendere gli effetti della fua impaziente vendetta . £ry Dragananich eflrerflamente ^ommofio dello flato deplorabile di tutta la famiglia , Sommamente bramoso di vendicare il fuo amico, del quale a lui fi rinfacciava la morte , s* avanzò in mezzo alla camera, e prendendo Stiepo per mano, cosi parlò/ „ io giuro per mio Padre, e per il tuo, del quale egli era amico, che da quello momento in avvenire giammai t'abbandonerò fino a tanto che teco unito non cadrl vir-tima I* autore dell' efecrabile "delitto , che ci rende tutti infelici . Poffa il Cielo darmi la morte, ed t tormenti ck'io rifparmierò all'infame cagione di nO-flra fventura . „ Jelia, rurta notte, mai non abbandonò il corpo di luo marito, e tutti in circolo erano intorno al letto ad ufanza Mor lacca. Stirpa cantò il coraggio , ed il valore del fratello ; Jella V amore che aveva per Lei , e per luo Padre ; Erze decantò la dolcezza , la bontà del fuo amico. Tutti infieme frammifehiarono alle fue lodi le lagrime, t gemiti , e le grida . Fatto giorno fi pensò a porre, e difendere il corpo po in una catta per edere trafportato. Jtlla non poteva allontanarli, ed imprimendo lulla di lui fronte I* ultimo baccio , gli dille : " Vieni , o mio Jervaz , fpcfio a chiamarmi di notte tempo nella capanna . La metta tua voce rifuonando nel mio cuore lo difeccherà ancora più:e la morte che imploro non tarderà punto a finire le mie pene. — Ripofa in pace, foggiunfe i^ Fratello , cara parte del fangue nolìro indegnamente fparlo i il tuo nemico ce lo renderà quando verferemo il fuo fui tuo fepolcro. " — Addio per tempre bravo, e vaiorofo Jervaz, gridò Dragananich ;tuo Padre ha perduto un tiglio; ti giuro di ridonarglielo, lo avrà in me, prenderò il tuo luogo, e piò non lafcierò P#r-van Narzevizca-, " Ufcirono tutti dalia camera efle-nuati dal dolore , ed immerfi nella piò proronda tri-Me//.*, 1 fine alti Li ire Dtcimtquart» „ LIBRO XV. o o'eiCJ rrf. et ARGOMENTO uà r Afor/f «7 Marcovich. --- Ritorno a Dizmo Morte di Pervan . i • .1 L vento fort finente fofliava . Stirpo fi dìSperava , ne giugneva alcuna nuova dal porro , e la mattina sii avanzava. Jella con Nika cangiavano le Marame bianche in nere, e le bagnavano di lagrime. Gli uomini non parlavano , ma numeravano le ore , guardavano il tempo , e Tempre più s'arrabbiavano non potendo Sollecitare la loro vendetta .• quando improwiSam* nte fi Sentì picchiare aJPuSciOè Drapananicb corre ad a-prire ; fi preSentano due marinai Schiavoni che con un' involto in mano cercavano di parlare con Stiepo Narz'vizea. Sono introdotti nella camera , ove Slava raccolta la famiglia , ed allora uno di queili così parlò : " Qual dono mi Sarai tu, Se ti reco la nuova che Sopra ogni altra defideri ' Marcovicb , tuo nemico, raflafiìno di tuo Fratello è morto. Marcovicb e-morto ? #r«lì non deve morire che per le mie mani , addi-rami Manente ov1 e^|i b : tal Savore t" lo pagherò a gran prezzo. ... Si, Nancvizca, quegli che lo ara. T maz- mazzo, fu appunto Tricolaz, il noflro Capitano. —-Cielo quanto giudo tu Tei ! 11 traditore ha pagato il rio che gli era dovuto , dalle mani appunto di quello a cui più s'affidava. Ma, dimmi, la fua morte e fiata crudele / e flato fatto in pezzi dalla rabbia tiranna , e dilperara ? Il feriti veramente a morire' Parla, e dimmi il vero ; la bugia zoppica , e va poco lontana : e fe m'inganni , trema della mia giufta collera. Marcovicb, diffe il marinajo , voleva partire je-ri fera : o fia che remeffe le perquifìzioni della Giu-flizia , o la vofira venderta, diffe a Tricolaz di fal-pare , e di condurlo a Trisfle . Diceva , che voleva fare un viaggio per rerra , e che farebbe andato sì lungi , che imponibile farebb* flato ai Narztvizca vendicare la morre di Jervaz, come era fUro impoffibile togliere dalle fue mani l'inimico ch'egli perfeguitava. Tricolaz cercava di pervaderlo , dicendogli , che il vento era contrario, e che il fuo debole vafcello non poteva refiflere ad un mare coranto burrafeofo. Mar-aovicb tirando fuori la fua fcìmirarra , e minacciando da pazxo , obbligò colle fue furie il Capirano ad ufei-re dal porto. " Abbandonatevi al mare, vili che fletè, diffe, io temo affai più la tern . " Avvedendoli pofeia che Tricol-z , il qiufe flava al rimone , cercava la fpiaggia d'una pieciola ifola, falrò fopra di lui, e prendendolo a mezzo corpo lo gettò tre paffi di 11 della coperta , dando di piglio egli Hello al timone. Of- y Ì%1 Òffe lo il Capitano s* alzo arrabbiato , e tìnfe di non cunre l'indegna azione ; anzi cercava di accomodare alcune cofe nel vaScelIo per aSpertare l'opportuno me mento in cui Marcovicb volgede a lui le fpalle. Giunto il punto gli lafcib andare un colpo di feimitarra fui capo che glielo fpaccò. Allora tutta la gente gli batic le mani , « Saltò di gioja , per edere da tutti odiato. Il moflro contorcendoli per terra foffèrì lungo tempo lo flrazio d'una morte crudele , ma ben degnamente da lui merirata, e provocata. Niuno ebbe pietà di lui , e l'anima fua penò per la ferita, prima di precipitare all'inferno. Appena fpiraro gettammo l'odiato corpo in mare, che toflo lo inghiottì, e quafi fi calmò. Ti portiamo l'infanguinata spoglia del tuo nemico , eccola ; e quefla il teftimonìo di quanto t'ho detto . Marcovicb e morto ; porta Jervaz dall'alto de* Cieli tormentare l'aftaiTìio fepofro nelf* Inferno , e com-* piacerfene egli cogli Angeli .' " Moflrarono allora a lui gli abiti del morto che furono riconofeiuti, e che fi trovarono tinti di fangue. Appena Stirpo, Jelia, e gli altri li videro che vi li gettarono fopra, e li lacerarono in mille pezzi. T denti, le unghie, i pugnali tutto s'adoprò per faziare la rianimata rabbia alla vi-fta di quella roba che richiamava a* loro òcchi il de-teftabile autore della loro difavventure. Stirpo cercava i luoghi infanguinati , li Succhiava , e vi paffava Sopra la fua feimitarra . Jtlla inoltrava quei pezzi at T a fuoi fuoi figli, e dando al giovanetto degli aghi da capo gli indicava i luoghi dove aveva a ferire da parre a parte. Vana vendetta fuggerita da una fìrana di/pera-, '/ione *Ha fua anima che trovavafi ìtnmerfa nel più acerbo- dolore! Dopo avere Soddisfatta la loro rabbia!, Tegalarono, e licenziarono i marina,. Stiepo lerrò in. una caffetta gli avanzi d«i velliti di M«rc*vicl> per portarli a cafa . " Che Je mani tremanti , e deboli occhi del mio Sventurato .Padre veggano i Segni dell' infame che fparfe il noflro Sangue .' Indi li abbruccie-Temo ; cesi devefi agire col più perfido; tra tutti gli uomini ;e ciò faremo fui fepolcro di.Jtrvaz, onde l'a. ruma fua girando intorno al fumo di quegli ilracci imbevuti del fangue del traditore , fe ne goda , e alcenda quel fumo fino al trono di Dio, eòe vendicò 1' innocente . „ Il curpo di Jervaz. fu cimilo , coperto con mi panno nero, e portato nella camera di /«//a. Quella li fece porre un matqrallo a lato » e riposò vicino al cataletto appoggiato tenendovi fopra il luo capo • AI dimani imbarcarono ; la vedova prete il polto al cataletto , c,cplà immobile redo , Lo lleffo vafcello , col quale *li Sventurati venirono da 7V«» , li riconduce j ma, o'n Dio ! qual dideicnza .' I buoni uomini la prima v.olta sì allegri , e. sì contenti erano immerfi in una tetri/lima analinconia , edotto della piò profonda tri-/terza,'\-iJeJi« fola Serbava forza ballante per loflcrira piò degli altri, e lar Sentire i Suoi lamenti. f Ritor» no m no dunque fola , diceva , ed abbandonata alla mia p& tiuf io» altre volre oggetto d'invidia alle donne del mio cantone, vado per effòre tra loro cferhpio di cori> paffione . Scelta dal più bello, dal più valorofo dei nofiri uomini , i miei giorni di giubbilo, e di piacere fono tolto paiTati i altro non mi retta in vita che il dolore, ed il pianto. Piagnerò risvegliandomi al noti Vederti, o Jervaz , in latto; piagneiò al punto in cui ti lavava i piedi , quando ti pettinava , e fi apparecchiava il pranzo . Le canzoni, il ballo, il giuoco tutto b finito per me, reiterò inconfolabile tra la malinconia , ed il patimento. Altro non afcolterò'che il canto funeflo dei gufo ; e l'orto non mi offrirà eh* fpine non alzerò i miei occhi al Cielo che quando farà ofeurato , e ripieno di tenebre come l'anima mia-» L' unica preghiera che a lui indirizzerò farà chiedete la mia morte- Perchè prolungare a Seguirti, mio caro Jervazì I nollri figli non hanno piò di bifogno d'effe-re allevati per la vendetta ; il tuo nemico più non efiv fle i e la fortuna negò d'accordare al mio dolore il follievo di vendicarti colle mie mani. Per quanto io vegga il tuo corpo pollo nel noflro fepolcro , ed a canto de' tuoi padri , e che fenta la tua canzone funebre , che verfi fulla tua pietra i lugubri papaveri bagnati dalla mie lagrime, altro non mi reitera chea feguirti tra morti. " Un piatito continuo, poco cita, e mei non dormire aveano renduto la bella Jella T ? al al punto di non elfere più conofciuta. Appena lama» terna tenerezza da lei otteneva che fi ricordaffe della piccioli Anka, che Nika di quando in quando le presentava . Stiepo non proferiva parola ; flava cbgli occhi immobili a terra , digrignava i denti > ed imprcv-vife fcofle lo facevano balzare , coma f„ tofle flato forprefo da continui eccelli di fpavento . Quefla era per certo l'idea dell'orrore f dover comparire dinanzi a fuo Padre , prefenrandogli il funebre convogli" che conduceva. Tremava che ad un tal colpo doveffe all' ìftante miferamenre perire. Drapananick capì ben ìtTì-mo ral cofa , e cercò di confolarlo , dicendogli , che fi affumeva egli fleflo di fare il racconto dellacataOro-fe al vecchio Padre , e che avrebbe adopraro tutte le maniere , e sforzi pofTìhili per reprimerne ì di lui primi effetti. Net varj luoghi, ove approdò il vafcello, non volfe difeendere alcuno della compagnia . Final? mente fenza accidente veruno giunfero a Traìt, e Vuko andò a terra per apparecchiare il carro , ed i ca» valli . Jella non volle porre piede in Città , ne. muoverli dal fuo luogo fino a tanto che non fu pronta ogni cofa per profeguire il viaggio per terra. Allorché fu avvertita ehe fi doveva lafciare il vafcello f molta gente erafi radunata al porto per vedere tale fvenrunta famiglia , i di cui djfaflri erano flati raccontiti dai marinai . Tutti gli affanti piagnevano di dolore ad un tale commovente Spettacolo >• ognuno vo- voleva afTifrere a porre il cataletto fui carro. Stiepo t e Dragananich vollero far tutto effi foli. Jelia. a patto lento li feguiva , colle mani incrocciate fui petto, cogli occhi 6ffi a terra , ed il vifo fcolorito , fmunro, e bagnato di lagrime . Nika, e Vuko renevano in braccio per cadauno un fanciullo , e camminando foAene-vano Jelia . Pofero i fanciulli fui carro, ed a Iato di effi la loro Madre . EiTa vi fedette appoggiando il fuo «apo fui cataletto , ne mai lo alzò per vedere la folla degli fpettatori , che la circondavano , ne per ringraziarli della premura , e pena che lì prendevano della fua difavventura ; altro non vedeva , ed altro non Sentiva che l'infelice fuo flato. Gli uomini montarono a cavallo , e l'afflitta comitiva fi pofe in cammino feguita per molta flrada dal popolo pieno di commozione , che dirottamente piagneva tale difgrazia , e malediceva la memoria del crudel omicida Marcovicb Paffandb pegti fieffi villaggi ove s'erano fermari la prima volta , ricevettero i nofiri viaggiatori Io fleffo accoglimento , e vi eccitarono tutta la pietà dovuta alle circoflanze . Ma Jtlla non volle mai paffare la notte nella capanna $ ut ricevere alcun follievo per parte dei StartJ'cina, e delle loro mogli. Non potendola perfuadere ad abbandonare per un poco il cataletto , che teneva fempre abbracciato ; fi cercò far alzare alla notte dei rami di fopra al carro» e coprirlo di pelli, e Jacerme per difendere la madre, ed i fan T 4 ciu- citilli dal freddo della notte. Alle grazie ed ai favori de' fuoi ofpiti non rifpondeva che con profondi fofpt-ri . Si pafrò gran parte della notte intorno al funebre depofiro , e fi obbligò pofcia gli uomini a prendere un poco di ripofo nella capanna . Le donne reftaronO con Jtlla, che prela da un' ellrema debolezza era sforzata talvolta a chiudere gli occhi per brevi momenti. Jl buon Ferva» Narzrvizea , fempre occupato a confiderare la lontananza de' fuoi figli, cominciava a biamare il ritorno di Vuko , che avrebbe dovuto por' targli la nuova del loro arrivo a Venezia. La fua impazienza lo tormentavate troppo lungo gli faceva com. paure l'indugio. Varj timori fi rifvegliavano nel fuo a;iino , ed aveva offervaro che nei giorni pattati alla parte del mare era fiato tempo cattivo , ma fpcrava che Ì fuoi figli farebbero flati facilmente a Venezia, e che Vuh> di titorno avrebbe potuto avere qualche di-lavventura. Contendeva cento volte al giorno con Da-feia , e di giorno in giorno accrefeevafi ia fua inquietndi-i e. Le ombre della notte fi prefentavano alla lua anima, ed alla fera era fempre prefo da una tetra malinconia. Dujcia fece vtn'wt Toponife», fperando che la fua cou-verfaiione potefle folk-vare 1' afflitto vecchio . " O To-pantfeh , quc.le furono le prime parole che vedendolo itti dille,- che fa quel crudele Vuko*. perchè non viene a confolare 'il luo padrone, che va morendo tra l'incertezza , ed il timore , come i bruchi infinuati nel tron- tronco della vecchia querelar1 egli m'ama, e fa quanto rrl fono cari i miei figli, perciò deve figurarfi il mio infelice fiato. Sarebbe forfè perito in quel mare fnneflo » che ci rapì il nolìro caro amico Dragananich ; Il tempo cattivo ne'pafT, ti dì avrebbe mai ritardato l'arrivo de1 miti figli a Venezia • o cagionata qualche orribile difav-ventura ì — Da/eia , mio amico , io tremo , io palpito . Avete mai veduto alcun trillo augurio che vi ponefTe in timore, o fperanza?— No, mio Padre; tutto tace a me d'intorno, ed altro non fento che la voce della mia brama impaziente, che nafee dal mio cuore, e fi conferva giorno e notte nella mia anima. " L'inconfolabile Vecchio andava, ritornava, ricufa-va il cibo , il ripofo , e confumava la maggior parre del tempo lìando feduto fulla foglia della porta della capanna, ora alzando gli occhi al Cielo, ed ora ver-lo il cammino che viene dal mare. Ma e giunto per lo Starefcina il punto fatale. Egli s'alza, chiama la Nuora. " Da/eia, Da/eia hai fentito lo lìrepiro del tiro di pillola ? — Senti un'altro tiro....., No, non m'ingannai. E perché un folo tiro alla volta ì — Perche tanta diflanza dall' uno all' altro t Cielo ! un rerzo I Soflienmi o Da/eia ; la fventura cadette fu di noi. " Da/eia pur troppo aveva udito i tre tiri, folito indizio di qualche difgrazia, ma non aveva coraggio di confermar* al Vecchio, che tremante gli reggeva appeaa il capo appoggiato al fuo fe- m feno i Pervan non potè piti refiftere in piedi, cadetto fu d'un (edile di pietra.,, No, Da/ct'a: io non prendo errore . Ecco eh* nitrifeono i cavalli ; cavalli flranieri non fi rallegrerebbero all'avvicinarfi aDizma, Odo Io flrepito del carro. Egli e yuko lenza dubbio > ma Vuko apportatore di dilgrazia, • dì morte,t( Proferite tali parole il convoglio li gira , e comparisce dirimpetto alla capanna. Da/eia riconofee il Marito, ma non abbandona il Suocero . 41 Ecco Stiepo , ei grida, veggo anche il noftro amico Erze. — E Jervaz, lo vedi o Dafcia ! i miei occhi s'intorbidano : m; fento a mancare : •-- attillimi ad andar loro incontro , (i f gli fa più sforzi per alzarfi , ma fempre ricadde . Stiepo precipita da cavallo, corre alle ginocchia del Padre , e le abbraccia fenza proferire accento . Il carro \ innanzi a'fuoi occhi. Jella al/a una mano al Cielo, e colPaltra gli mottra il cataletto fu cui ella e appoggiata ; "Jervaz non vive più , grida il povero Vecchio , e follevandoli con ittraordinarie forze li slancia verfo il carro , Dragananich lo fofliene , l'abbraccia, e gli àlee :^ Jervaz, b in Cielo: ma egli è vindicato, e l'affattìno Marcovicb pagò colla fua vita il fio del fuo tradimento . " Pervan più non fen-te ; ei s'arrampica fui carro, e cade fui cataletto,'* Jervaz , mio figlio , mio bene amato tu più non vivi / •* Egli flende le fue braccia tnrorno alla catta , v'appoggia il fuo capo , i fuoi bianchi capelli vi à ro- rovefciano fopra , ed un lungo gemito efee dal fondo del fuo petto , e penetra tutti i cuori ; le fue braccia pendono ai due lati, e reila fenza moro . Jetlm getta un grido ; H Nolìro Padre è moribondo — noftro Padre muore . M Tutta la gene* fi pon« « «ridare ; u Noftro Padre muore . " Suepo falta fui carro ; la fol« h fi ferra a quello d* intorno , e grida tagliate gli a-biti allo Startfcin*, gettate dell' acqua fui fuo capo , {frappatelo dal cataletto ; ma già non dà più alcun legno di vita • Le grida degli fpetlatori fanno orrore per rutto il piano : " Il noftro Padre , il nolìro Stare J e ina e morto. Il dolore gli aveva levato il respiro, ed era morto. Tanto e forte il dolore nello fiato di naturai Stiepo difperaro tira fuori il pugnale, èva per ucciderli, ma viene arreflato . Ei corre furiofo a precipitarli fui cad3v«ra del Padre , battendo il capo fui terreno, gridando altamente dal dolore, e cercando ogni modo di toglierli la vita. Jella fvenuta cade a rovefeio al fianco del cataletto , e Dafcia Smarrita non fa chi affilìere, ove correre, chiama ajuto,pietà, e fi difpera . S'affretta il popolo alla più fpavenrevole tra tutte le tragiche fce ne. I tre tiri di pillola partiti dalla capanna dello Srarefein* , fegno di difavventura , avevano fpaventato tutto il villaggio , e richiamata una folla di popolo armato , donne , fanciulli intorno al funebre convoglio, la pochi momenti fi 'a la nuova dif- difgrazia , ed il popolo radunato comincia ad efcla-mare per ogni dove . 44 11 dolore diede morte al no>-ftro povero Starejcina $ il pugnale dell'affa/fino Marcovicb ha ammazzato due cuori in un punto ItefTb * Maledetta la Sua memoria , i fuoi fratelli, la fua generazione , il dì cui langue tutto non può appagare quello che ha variato , e la vita che rubò al noftro infelice Padre. Si, che tutti gl'infami Marcovicb pe-rifeano , grida ad un tratto Stirpo rinvenuto dalla fua fpofatezza , lacerandoli come un furiofo : che fia eliiuto, fepolto per fempre un tal nome odiofo : che una giulìa vendetta vendichi le perdite, il dolore, la delolazione , la morto che uno fcellerato della loro razza ha cagionato a noi. No, miei amici, no miei fratelli, voi non avete mai amato il buon voflro Sta* re/citta , ne. meritate il nome di Siavi le meco uniti non correte a vendicare i torti voflri , ed i mi«i col fangue da' nollri nemici. Sarete l'orrore, l'obbrobrio della Nazione degl1 lllufìri ; fi camminerebe fopra di yoi , come fui bruco che fi fchiaccia , perchè s'arrampica . Se voi mi feguite , fe puniamo quella razza odiota , fe vendichiamo 1' anima di quello che fu vo-ilro Padre e mio , ella proteggerà i fuoi figli , e farà diventare felice la vofira popolazione ; l'anima poi di quello che fu mio fratello, e capo della valorofa gioventù di Dizmo rinforzerà le vollre braccia contro Pi* nimico che in faccia volita relille , e manderà a vuo* to 1*7 to i colpi del traditore che ammj/za fenza rifchio . Se rtfto folo , rado a cercare vendetta , aveffi anche a morire, e lo farò con tutto il cuore , non potendo fopravvivere alla vofira, e mia vergogna . " Tal difcorfo pof* al colmo del furore rurro il popolo . Tirarono turri fuori le Scimitarre , e gridarono : " Sì Strepo , fii noftro Stare/dna , guidaci, fi imo teco ove vuoi 11 ; e fi girarono per incamminarli al luogo ove abitavano i Marcovicb. Erze Dragananich vide che il momento portava un1 orribile eccidio , e defolava tutto il paefe con una guerra civile piena d'orrore in tutto quel vallo piano* i di cui varj dillretti fi farebbero armati per foflenere gli oppreffori , o gli oppreffi . Malgrado il fuo proprio pericolo ebbe ardire d' opporvifi , ed alzando la voce in faccia al popolo, ed a Stiepo, che come capo Io conduceva; • '• ■ " Che fate, o miei Fratelli ? che penfi tu , o mio ■miCOf Jervaz è morto, e fuo Padre lo feguì in Cie* lo per renderlo ancora più felice. Il traditore affaiTi-no è precipitato fotto i fuoi proprj occhi nell'inferno per eflerc punito del fuo delitto, e voi parlate di vendetta t Forfè non andate a fegrificare e fratelli , e donne , e fanciulli infelici f Furono mai effi partecipi dell'efecrando misfatto dell'infame fratello? o almeno P hanno mai conofeiuto ? Tutto il fangue che volete Veffare , ve ne renderà mai una goccia di quello che al ài prefente piagnete ? Le lagrime delle donne di Mar» toviJ) immerfe nell'afflizione dello flato vedovile , e della mi feria , ne l cancelleranno una fola di quelle che il dolore farà Spargere tutto il tempo di vita alla sfortunata Famiglia di Pervan Nmrzevizca , ed ai Suoi amici? Nò, mici buoni Fratelli , non vi abbandonate alla rabbia brutale che vi ftrafe ina . La Ciuffi-zia del Ciclo vendicò Jer"j*z Sull'autore di Sua morte ; Per-vitn cedette al luo dolore. Egli finì di vivere al punto in cui cenava d'effeie felice, dopo aver terminato l'ordinario corfo che per lo piò accorda la natura a-gli uomini , e che 'e fempre bicve in quelli che a lui raffomigliano . Si , Stirpo , Sento le crudeli ferite del tuo lacerato cuore , tu fei il piò fventurato fra gli uomini , ed ingiullamente il pili infelice. Ma, e vuoi tu divenire il piò criminale, ed il meno degi.o di pianto fra i disgraziatir* Guardami, t'offro la mia gioventù, il mio dolore , (e mie angeleie , la mia vita ; ed jnvecc che tu vadi ad efercitare una vile vendetta, Soddisfa il tuo furore (opra di me; ricevi la mia amicizia , la mia compagni», la mia ferviti) per tutta la' mia vita . Vedi, come io vendico, come cerco a riparare le perdite preziofe che abbiamo fatto? Abballiamo tutti il capo alla fvrnrura che Dio fe cadere fu di noi , e non vi accrelciamo nuovi delitti. Mici amici, da Dio, e dal tempo l'afflitto deve attendete Pa* turo a fopportare pazientemente le Ine difgrazic. Gli uo- mi- 319 mini fono agititi, abbattuti dalle Sventare, come la quercia dai venti ; efTì folìengono i colpi, e refifrono , il Cielo poi ritorna in calma, e fereho . Abbandoniamo la noflra inglufla collera, miei amici, andiamo infieme ad affiftere le donne ,ì fanciulli d'una addolorata famiglia ; andiamo a dare le ultime efequie . .. Sn'ept, ritirati , calma i tuoi furori , ritorna ad effere ragionevole , ed abbraccia il tuo nuovo fratello* H Quelli gli falcò al collo, e lo conduffe nella capanna . Mentre Erze parlava andavano abbacando le armi. Il popolo fi fermò , e cominciò penfare , incerto , dub-bìofo , febbene ancora fremente , I primi acceffi del dolore, ed i pregiudizi della Nazione avevano follo infiammato l'antico coraggio di Toponifcb ; ma calmato un poco dal parlare del giovine flraniere , dalla fua naturale bontà, ed età , facilmente ritornò alla ragione, ed alla giutlizia . " Si, egli gridò alla folla , inginocchiato, colle braccia a! Cielo , e coi capelli Scompigliati , e tatto piagnente ( confondendosi alla rabbia, il dolore, e la pietà ) , si , 11 Ciclo fcagliò il fuo fulmine fui capo di quel perfido, e l'ha precipitato; perirono lé fue ceneri , e non imbrattarono alcun fepolcro, perchè n'erano" indegne. Il Cielo e giuflo, e ci ha vendicati . Che vogliamo di piò ) Siccome la morte ineforabile ci rende fue vittime , così l'inevitabile deflino vegga compiti fuoi decreti. Miei Fratelli, miai figli, l'anima del buou buon Dragan'tch parlò col mezzo di fuo figlio; Panì-311» di voflro Padre, noftro caro Stare/dna fi te duri-re per bocca del figlio del fuo amico . Dall'alto de' Cieli , ove que' beati fpiriti veggono la verità , la ginflizia , e la bontà fuggerirono quei difeorfo al giovine EfZf, • Piagniamo lulle nofire 1 venture, {occorriamo i nofiri Fratelli, e rilparmiamo la vita agl'innocenti . E a■' te fventurata Famiglia che il delfino c"id»le volle opprefìa fenza pietà coi colpi del fuo braccio ^vandori il più rifpeuabile dei Padri, il più caro-dei Fratelli, non potrà giammai rapirti la più tenera comparitone de'nollri cuori, che va antepoiìa alla vendetta. Stirpo il tuo popolo ti chiamò fuo Starefcina, fuo Padre , Quvlio che perdelli lia ripotlo nel tuo cuore in .quelli figli che .ti dedicano la loro non conoiciura , ma tran-quilla felicitatale corne la continuarono con tuo Padre, Erz? Dragananich il fole benefico eh* illumina la Città, la natura che vi Ipargc le lue ricchezze intorno-a quelle, non ti facciano dimenticare dei Morlacchi , e delle fpiaggie della Cettina , La curiofui ti lia maeitra , ed a' tuoi compagni . Eliaci fu fatale, ed i nollri polleri vi rinunzierauno di buon grado pvr ijeoiprt,» -rHoirr oiolotul rut«t^B»tuiau:..i- ■. ■: -j Se tu ci avefia ben conolciuti , direfli con noi , che par eilae più felici dei tuoi ricchi cittadini in mezzo alle loto delizie, altro non manca ai Morlacchi , che iouometicre \\ Valore alla Ragione , ed alla GVujltzi*" feood