La canzone delta C. d. L, Bianca la nostra bandiera, evviva il compagno Santin ! PREZZO Ili TUTTO IL T.L.T. Lire 20. 8 MAGGIO 1948 h. 22 Tassa postale pagata - Abb. Il Gruppo Non c’era il sole. Eppure un sol splendeva sopra la piazza d alle imposte chiuse, e illuminava quelle genti fuse sì che un frate-lo ognuno appresso aveva. Dietro le imposte, gente ancor retriva, fremeva ad ogni suono che saliva. Accanto al fabbro c’era il Magnarne, con l’impiegato stava lo spazzino; tutti fratelli; tutti un sol legame. Mancavano j »gagà», le «segnorine» e i cgross» con la pancia sema fiina, N stipendio e fuori dell’ufficio cassa tutti piangevano dicendo che vosi non poteva andare. Si crepa! Diceva uno. Ci si spegno! Diceva un altro. E’ una agonia! Ripeteva un terzo. Irwece al proprietario della fabbrica non gliene fregava niente, e se ne stava nel sud ufficio a pomiciare oon la dattilografa. Fu Giacomo Pietrobon, lontatto come quello che abbiamo visto noi? Tanti primi maggio in un primo maggio solo? E quelle belle aggressioni per le strade, fatte da volonterosi «giovani», con spirito altamente sportivo? Per la vie di Mosca, tutti al tra cosa. Disciplina, uniformità, noia. Soltanto lavoratori e bandiere rosse. Neanche un pò di padroni, almeno qualche autocarro — m rincresce di dirvi — il delegato continuò dopo un colpetto di tosse — che pochi tra voi hanno afferrato questo punto di vista. E questo vostro assenteismo a lungo andare sarà disastroso per la nostra comune felicità e prosperità. Ho saputo ad esempio che un certo numero di persone si sono rifiutate di pagare il denaro che il presidente del Comitato per la Difesa della Pace aveva proposto loro di riunire. Per chi sa vedere lontano questo è un gesto cattivo non solo verso il presidente, ma anche verso l’esercito imperlale, il cui sforzo titanico d’instaurare pace e prosperità nell’Asia Orientale richiede tutto il vostro generoso aiuto. In ogni modo lasciamo rii passato al passato» come dice Confucio. — Il nostro esercito imperiale è generoso e magnanimo per natura: e quindi non c’incaricheremo più di quella ;faccenda — E detto ciò l'oratore fece improvvisamente una pausa per lanciare ancora uno sguardo sulla folla che non si mosse. — Patitoli PIAZZA PERUGINO A voi, pastori d’anime la rima oggi indirizzo. E vai, deh, perdonatemi se in essa qualche frizzo di pepe e sale carico alquanto troverete: non è questa mia satira boccone per il prete, cui meglio s’addirebbe il miele ed il giulebbe. Lasciamo star gii articoli e il codice penale, e 1 doveri e gli scrupoli d’nn buca confessionale; ma ehi di curar Vanirne il compite riceve, curar l'anima propria innanzi tetto deve, anche se dò dovesse toccargli l’interesse. E aliar, padri piissimi, di qual verbo celeste voi vi rendete interpreti nel dir mal almo e peste dei popolar poteri sol le benedizioni riserverai:do ai fascisti e simili cialtroni? Scusatemi se insiste, ma ve l’ha detto Cristo? tiiutSiUL/l 1«ak'wSlitW• \3d-^> sr*-^ v j> ile-111 ? *’r'*~*- «■n.*** - e-jt. -gf ^ — *» lì# * «Il e se invitassimo anche quei quattro poveretti di piazza Unità? irsi COSÌ soli. (Die. di Serse) O non è questo il sudicia mercato che H Messia spazzò fuori dal tempio mostrando un’energia da rivoluzionario e dando buon motivo perchè lo giudicassero ribelle e sovversivo? B console romano era demo-cristiano? alla marnala di „Ikiee £i£eia“ Padri, ehi suol promettere l’inferno al peccatore e il paradise al semplici ed ai puri di cuore è assai men responsabile di chi fra voi sostiene che il male è il comuniSmo e il capitale è il bene. I morti tristi e buoni, 1 non fan da testimoni... Capra e 1 dollari - La tigre In un baule - Ma dov’è la psicologia? L’altra seta In via XXX Ottobre, otto individui rimasti sconosciuti, avvicinatisi a un tizio dall’aspetto di operaio, sicuramente slavo-comunista « perlomeno simpatizzante, lo invitarono gentilmente a desistere dal lanciare occhiate poco rispettose nei loro confronti. Lo slavo-comunista, tale Carnaio Efta, falegname, abitante In piazzetta Scarsa numero 7, piano 1, porta 3, rispondeva arrogantemente con fare burbanzoso, che lui non guardava proprio nessuno e che loro, gli sconosciuti, si erano oscuramente sbagliati. Irritati da questa risposta e offesi nei loro affetti pGù cari, gli sconosciuti, levati da tasca gli innocui aggeggi, chiamati comunemente pugni di ferro, si misero a spingere l'Esse verso terra; questi visto la mala parata cominciò ad invocar aiuto come un ossesso e a menar calci da cavallo imbizzarrito, ferendo anche ad una coscia, per fortuna leggermente, uno degli «conosciuti. Dopo un paio di minuti l'energumeno, per gli sforzi fatti, si accasciava al suolo, stanco e sanguinante. Una camionetta d’emergenza della vicina centrale di Polizia, chiamata da uno degii sconosciuti e prontamente giuntavi provvedeva a salvare da guai ancora maggiori il manesco falegname. Qui rivelava il tatto e la sagacia dell’ispettóre Emme, che con parole convincenti persuadeva gli sconosciuti a ritornarsene in Cavana, L’Esse trasportato aTOspeda-le ne avrà per una ventina di giorni salvo complicazioni. Ora, piantonato da due P. C„ mediterà siti mal fatto. La vita è meravigliosa non diciamo che sia tra bratto film. Arriva fin dove possono arrivare la poesia e la saggezza e la polemica residenti a Hollywood. Studiatavi la figura dal perfido milionario e capirete guanto per la poesia, per la saggezza e per la polemica eia difficile, in America, formarsi la ossa. Cominciamo dalla polemica. Capra si è ben guardato dalTiniliggere dispiaceri ai dollaro. H suo nababbo è crudele ma è paralitico, in modo da suscitare uno sdegno mitigato dalla pietà; senza contare che i nababbi della vita vera possono toccarsi le gambe, assicurarsi che esse rispondono tuttora perfettamente ai bisogni di chi deve andare e venire con le tasche sempre più gonfie nelle Borse o nei Mercati, ed esclamare tutti contenti; «No, io non sono come questo sporco Potter». Quanto alla saggezza, lasciateci dire che non potrebbero emetterne una più spicciola e stantia i distributori o Nicola Manieri. La poesia, infine. Capra si muove nell'allusivo e nel fantastico come una tigre in un baule. Quella macchietta di angelo— come credere a un al di là che non conferisce dignità, assai prima che ali; ai volti alle figure e alle parole dai morti? Quel lungo dialogo, in principio, ira i due astri palpitanti nel cielo notturno : Iddio e Pietro rappresentanti come il fanalino posteriore di una motocicletta... sembra di vedere nel loro spegnersi e accendersi, la scarpa dell’autista mentre preme sul pedale del freno o mentre se ne distacca, i lettori che siano anche titolati di una patente di guida mi capiscono. Tutta la parte in cui l’angelo mostra a Stewart coma sarebbero andate le cose qualora Stewart non fosse mai nato, doveva avere un tono diverso, un clima poetico al quala Capra non ha neppure pensato. Capra potrebbe anche scrivere trenta versi di Sem Benélli, ma una sillaba di Quasimodo non uscirà mai dal suo cuore. Salutateci, infine la psicologia, se la vedete in un film di Capra ; ah, quella gente che passa dalla grettezza del momento in cui Stewart confessa l’insolvibilUà della piccola banca, allo inaudito sperpero di generosi sentimenti che vediamo nel-l’aptloeoì Ma questi uomini tranne ss earvetio fra 1« due tempia, o una capriola? Ma 1 vivi si. Se Satana, malgrado i vostri affanni, innalza a capo il popola sul arolla dei tiranni, e se questo potere darà lavoro e quiete, che mai penserà il popolo di quel che disse il prete? Non è da preti degni pigliare certi impegni! Il: WS invece, Forze annate sì, ed in grande quantità, eoo aviazione di contorno. E’ perchè i lavoratori vogliono difendere questa loro conquista, ma non sanno poverini, eh» fanno ben poca cosa di fronte agli anglo-americani che le forze armate, oon tanta più generosità e spirito di civiltà; mettono a disposizione degli altri. Dei nostri padroni per difenderli. Perchè l’esercito sovietico ad esempio non viene a difendere t nostri padroni? E poi, lo vuoi mettere uno spettacolo iH LI HA CONCIATI MOLTO MALE UN TERRIBILE GIORNALE nr ? Responsabile: REMIGIO PAVENTO Redazione e Amministrazione: CAPODISTRIA - Via Cesare Battisti u.301 Concessionaria esclusiva per la distribuzione in Italia » all’estero: MES9AGERIE ITALIANE S. p. A. via Paolo Lomazzo n. 53 MILANO «Oh Madonne verginissime!» fanno in cero estere fatti tanti amici di Togliatti... —Che frescone le «Ultimissime»! I Le «Ultimissime» frescone hanno detto con sadismo: «^ia illegale il comuniSmo!» Che bel colpo di— cannone! — Non è che noi giara o in pochi, è che la piazza è troppo grande. (Di*, di Svr»e) e Umi Cidi detle Con i „boy-Houtf JTJ m RUBRICA peri rag az z zi dell’Azione Cattolica Ohibò. La stampa di sinistra contìnua la sua campagna diffa-‘"Uitoria con quel sant’uomo di Don Paolo perchè nelle recenti eiezioni italiane ha votato set-tantaquattro volte. E’ roba che eoi» questi giornalisti venduti all’oro di Mosca è impossibile cagionare. Se alla sezione della D. C. hun-dato a Don Paolo settanta-Suattro cartelle che cosa doveva tare luì? Aveva pur detto il Papa che astenersi dal voto è Peccato mortale, figuriamoci poi Don Paolo che di peccati mortali *e avrebbe fatti 74. il trenta aprile siamo stati tut-** quanti riuniti alla sezione, Don Paolo ha tenuto nn po' d’istnt-*ione sulla maniera d’aggredire » democratici. E* una manovra che etchiede un coraggio indomito, ddngue freddo e nervi d’acciaio. L’azione vien fatta così: uno o Pii giovani si appostano nei Pressi di qualche parrocchia fido aU’arrivo di qualche democratico che transita da quei pa-*a9sn, allora bisogna avvicinarsi _due o più poliziotti che si troveranno sicuramente da quelle wnt' e si accuserà « democratico di furto e tentato omicidio. Non appena il democratico sarà catene i boy-scouts con quella Uudwcia che li distingue ìnfile-nno nelle mani i « pugni di jerro» e colpiranno ripetutamen-r; « democratico in vetri punti Indispensabile per questa azione è l’avere appuntato sul petto un cartello con scritta cosi concepita: « Giovane Generoso, salvatore della civiltà ». Questo per farsi applaudire dal bravi parrocchiani, che sono così fieri dei loro boy-scouts. Diceva Don Paolo che spesse volte con uno scherzo di questo genere sì può guadagriare anche un bel gruzzolo di sacri bromi. Infatti, succede talvolta che colpendo il democratico ripetutamente passi qualche persona imperialista-bolscevica e si e-sprima brutalmente in direzione dei boy-scouts, allora le nobili signore patronesse delle nostre organizzazioni, vanto della nostra società, che sicuramente si troveranno da quelle partì si solleveranno le gonne in senso di dispregio facendo vedere certe cose... Se un militare alleato, putacaso, passa da quella via ella vista delle cose sì avvicina alla patronessa o alle patronesse e qualche buon affare ne esce sempre, affare per U quale i boy-scouts riceveranno il percento poiché in fondo il merito sarà loro. E’ una cosa che mi piace maledettamente questa della caccia al democratico. Don Paolo dice che se a Trieste un giorno et saranno elezioni e vincerà la D. C. ognuno avrà la sua aggressione al democratico settimanale. Speriamo bene. NIENTE PAURA — Silenzio, non c'è bisogno di gridare « abbasso De Gasperi », se ne andrà" abbasso da solo! I „SOCIALISTI” Noi siamo le colonne, noi siamo le colonne! LIBERTAS , ‘ 1 Dicono che ora, con a risultato delle elezioni lane>_ confessione e comunione sono diventate ob- pi*. di Watterf 3 graneiLlnl ASTUZIA L’astuzia, oggi che 1 mondo è maledettamente degenerato, non è più un vizio, colpa quasi, ma un’arte. Infatti, dell’astuzia il Novissimo Melai dàce: «Arte di conseguire abilmente un dato intento o di evitare gli inganni altrui». Arte signori! L’astuzia è un'arte! Un’arte come la musica, la poesia, la danza, eoe. Di conseguenza, il monte Elicona, nella Beozia, non è la mistica sede di nove, ma bensì di dieci Muse. Lasciamo ad altri iil compito eli nominare la Musa dell’astuzia. Ma lo facciano, altrimenti ehi dovrà invocare un astuto priona di commettere una truffa? Se Omero, prima di iniziare l’Iliade, sente la necessità di rivolgersi alla Musa dicendo: «Cantami o Diva del pelide Achille l’ira funesta...», e ch’è Omero, figuriamoci poi un astuto qualunque. Perciò, essendo l’astuzia un’arte, vedo l’assoluta necessità di creare per quest’arte, come per tutte le altre, una Musa. Una Musa che insedieremo sul monte Elicona, assieme alla guerriera Calliope, alla dotta Olio, alla canora Euterpe, all’allegra Talia, alla tragica Melpomene, alla linea Polinmia, aU’astronoma Urania, alia passionale Erato, e alla ballerina Tersicore. Solo così, terremo fede alla nostra decisione, quella Cioè dà chiamare arte l'astuzia. Oggi, la semplicità, l’ingenuità, la dabbenaggine non esistono più o, forse, esistano in regioni della Terna a me sconosciute. Oggi, per dire bene di una data cosa bisogna dime piale, e viceversa, affinchè chi ascolta, credendo sempre H contrario di quelito che gli vien detto, sappia, indirettamente, ciò ohe effettivamente si voleva sapesse. Da tanto, risulta che i metodi propagandistici usati fin’ora dalle varie fazioni politiche in lotta non sono stati efficaci, cioè non hanno portato alcun vantaggio alla causa che per mezzo di essi metodi sperava di trionfare. Forse; la grossolanità dei metodi, più ohe io» nocua è stata nociva. Se io, per esempio, dico: «Il signor Andrea Cesalpinia naturalista, medico e filosofo, nato ad Arezzo nel 1019, morto a Roma nel 1603, è stato il primo ohe riconobbe il sesso nei fiori», voi rispondete che non ve ne importa niente del sesso dei fiori, e tanto meno dei signor Andrea Gesalpini. Ma se io dico: «Il signor Gigi Loeacchio, ebanista, calzolaio e pittore di stanze è stato il primo che riconobbe il sesso nei fiori», voi, pur non interessandovi nè il sesso dei fiori, nè il signor Gigi Loeacchio, andate a sfogliare libri ed enciclopedie per dirmi che no, che non è stato Gigi Loeacchio a scoprire il sesso dei fiori, ma bensì Andrea GesalpiraL E METODI Io, allora, mi frego le mani perchè sono riuscito a desiare il vostro interessamento sul sesso dei fiori. Così se io dico: «De Gasperi è un santone, va in chiesa tutte le mattine per confessarsi e comunicarsi; bacia i bambini lebbrosi sul collo e sui lobi delle orecchie; conforta le vedove e regala arance agli orfani», voi, per spirito di contraddizione andate in cerca di documenti e di vecchi giornali austriaci, e dopo averne esaminati per parecchie centinaia di migliaia, mi venite a dire che De Gasperi è un austriacante, un venduto, un traditore della patria, che nel 1900, dopo aver bestemmiato in chiesa, gravemente ferì con arma da taglio un sacerdote; che nel 1912 schiaffeggiò un bambino tubercolotico; che nel 1913 prese a calci nel sedere una vedova triestina che voleva a tutti i costi mantenere la nazionalità italiana! eoe. Io, allora, nuovamente mi frego le mani perché sono riuscito a sapere molte cose che non sapevo sul conto di De Gasperi; e non solo, ma sono riuscito a dare li via, senza compromettermi, ad una campagna contro un uomo di una certa importanza. Se invece intendo dir bene di un personaggio, non avrò che di minimizzare i suoi meriti e fingere di dare importanza ai suoi diffettueci, (guardandomi bene, però, dal rendere di pubblica conoscenza i suoi grandi, veri difetti): otterrò in tal maniera l’effetto che mi ero segretamente preposto, quello cioè di attirare l’antago-meta in un campo banale ed effimero, che farà scivolare irrimediabilmente rattaccante avversario nella rote dei libellisti da strapazzo, precedentemente e accuratamente tesagli. ET questo, a parer mio, il miglior metodo di propaganda; metodo risultato dalla distillazione di tutti i migliori metodi; metodo, tenendo conto dell’astuzia di primo grado di cui godono le popolazioni, di effetto sicuro. E* ovvio che di astuti di secondo grado ce ne sono parecchi, ma in numero così esiguo rispetto a quelli di primo grado, da non pregiudicare il risultato dell’appE-cazione del mio metodo. Consiglio, pertanto, al leaders dei partiti dt rivolgersi al sottoscritto qualora volessero santificarne o perdere un loro socio o avversario. E se, putacaso, desiderassero imparare come ri governino e ri preservino i principati, non studino il Principe di Machiavelli, ma ri rivolgano a me. Sarò ben Meto d’insegnar loro il «Metodo Elgar», applicabile ai casi più disparati, infallibile, d’insperabile successo, purché praticato da cervelli elastici e dotati di quella decima Arte di cui più sopra abbiamo parlato. BLGAB Dicono che a Trieste siamo Uberi, Come le rondini? come i vetturini, m T0^a questi partigiani. Li conosco bene iou* ere tè, stavi con loro sulle montagne? no, U rastrellavo assieme alle «Brigate Nereri VERITAS Grazie a Dio, non più « tutti prole-1 *' « tutti proprietari », signore; e Per evitare spiacevoli equivoci vi con-Siglio di vestire democristianamente: Po i ebbero scambiarvi per un povero! (Dh. di Erio) Gloria vada all’Ingegnere inglese Rfocardo Trevithick che per primo fabbricò, nel 1603, una trebbiatrice a vapore, e nel 1804 una locomotiva a vapore. Gloria vada a William Hedley, che dieci anni dopo il Trevithick, ciò nel 1813, costruì una locomotiva a vapore che chiamò « Guglielmi no sbuffante ». E infine, gloria vada a Giorgio Stephenson, che dopo due anni di paziente e intelligente lavoro riuscì a perfezionare (1828) 11 « Gugllelmino sbuffante » al punto da metterlo in grado di rimorchiare un treno di 120 tonnellate, coprendo la distanza di ben 16 chM ometti in una soia, debole e pallida oretta. Per degnamente festeggiare la invenzione dello Stephenson, re Giorgio IV ordinò che si temessero nel teatri e nelle piazze storiche conferenze, miranti ad esaltare il genio e la dirittura morale dei grandi inventori. La storta, però, non dice se nel teatri e nelle piazze si sia o no fatta menzione a Giorgio Washington, uomo questo di poche parole, che nel 1775 convinse ben tredici colonie delia Granbreta-gna a ribellarla _ alla madrepatria. Ma la storia no!, giornalisti moderni, ce la mettiamo sotto ai tacchi, e puntiamo Invece, subito, all’obbiettivo. I ferrovieri di turni fa erano gentili, e per questa loro non comune dote, erano amati dalle popolazioni, SI registrano casi in cui abili malfattori, camuffati da ferrovieri, in diverse nazioni civilissime, riuscirono a farsi decorare dai slndacì e, ciò eh’è di massima importanza, a carpire non pochi primi premi nei concorsi di bellezza. I ferrovieri d’aHora portavano baffi e barbe, fl che conferiva loro un aspetto dottorale si da a ABBASSO I confonderti, negli svaghi domenki ali, al medici e agli speziati. Non pochi sono i casi di partorienti che, sprovviste di' denaro per essere assistite da medici specializzati di siffatte cose, ottennero dalla Direzione delle Ferrovia dello Stato l’autorizzazione di farsi assistere da ferrovieri muniti di baffi e barbe. Ben presto, però, come tutti possono immaginare, gli uomini tentarono di Imitare le barbe e le vestimento dei ferrovieri allo scopo di godersi il pietoso sipettacolo; pleto so nel senso che, non essendo ferrovieri, nulla sapevano di parti. Molti giovami buontemponi e donnaioli, non avendo ancora raggiunta l’età della barba, pur di non perdere l’occasione di tale divertimento (così, infatti, chiamavano i parti siano stato pesi semplici o complicati), si munivano di barbe finte che portavano nelle tasche. Non appena da una finestra si Invocava l’Intervento di un ferroviere, questi mattacchioni ra-pid issimamente si adattavano al viso barbe lunghissime e, salito FERROVIERI di corea le scale e entrati nella stanza delia partoriente, si mettevano a battere pentole e coperchi e a ridere come matti tenendosi la pancia. Questo per dire la stima e H rispetto che le popolazioni d’allora avevano per i ferrovieri. Stima e rispetto, bisogna dirlo, ben meritati. Oggi, purtroppo, i ferrovieri non portano più barbe. Qualcuno Porta baffi, ma piccali e corti; baffi che non incutono nè rispetto nè soggezione. Le classi medie e il proletarlato, (per non parlare de’i’arieto-crazia che addirittura odia e vorrebbe morti tutti i ferrovieri), non stimano più i ferrovieri e questi, sapendolo, si chiudono In se stessi e cercano in tutti 1 modi di restituire l’odio che da anzi custodiscono in petto e, durante i viaggi notturni, studiano piani di vedetta. Qualche giorno fa, sulla linea Bari—Foggia, ho assistito a un caso,, pietoso. Un signore vestito di nero era seduto vicino a me. Tremava. Forse ha la febbre, pensai. K in-uuxiosito: « Signore, » gli dissi, «ha la fèbbre? » « Non ancora, » rispose, « me presto ». « Ama le febbri? » « Macché, è il ferroviere ». « Il ferroviere ha la febbre? » domandai incuriosito. « No. Vede quello li? », mi chiese indicandomi il bigliettaio. « Sì ». . « Bene, sono due settimane che viaggio su e giù, su e giù, e quel puzzone non viene a chiedermi a biglietto. « S’immagfnI, è così superbo da non veder chiedere nulla a nessuno e si dà un sacco di arie. E’ del mio paese, » proseguì diventando paonazzo in viso. « E tutti lo odiano. « Questa linea è deserta da quando fa servizio quello li. Nessuno vuole andare a Bari, e quelli di Bari non vogliono venire a Foggia. I commerci languiscono e l’agricoltura è abbandonata. Forse, tra non molto, gli abitanti di Foggia e di Bari guasteranno la linea e... sa com'è. In un disastro ferroviario, è facile che ci esca un morticino...» Il signore vestito di nero mi guardò con occhi crudeli; fatti crudeli in verità, dalle molte uTm.iazioni subite e, salutatomi, 3 ese da: treno in corea attraverso il finestrino. Questo, uno dei tanti casi, per cui I ferrovieri sono odiati. Ora, riconoscendo l’utilità delle linee ferroviarie per 1 commerci e lo spostamento di popolazioni, noi fermamente chiediamo alla Direzione Generale delle Ferrovie di prendere severi prowedl-,menti contro gli attuali ferrovieri, onde migliorare 1 commerci e le trasmigrazioni, e rendere meno umilianti, e con ciò più agevoli, i lunghi percorsi al quali i viaggiatori devono sottometterei per ragioni di ufficio o private. ELGAR — Cleofoccio mio! — disse trionfante Giacinto a suo figlio — il G. M. A. è grande: chiudendo le frontiere ha impedito la calata per il Primo Maggio! Evviva il G. M. A.! Abbasso i comunisti! E così dicendo. Giacinto, colto da entusiasmo irrefrenabile, organizzò feste, autorizzò cortei e accese candele e luminarie, tutto in onore dei G.M.A. Cleofe intonò la Marcia Reale, agitando gioiosamente vessili del Bemelux. <— Orbene — continuò Giacinto — queste saggio misure hanno provocato il completo fallimento dei rossi: Piazza Perugino era deserta come un Sahara! Lo dice la «Voce»! Evviva la «Voce»! Giacinto si trasformò rapidamente in prof. Furlani, e scrisse poesie sulla Terza Forza. Poi, dopo aver gridato un paio di volte «Bravo Bymes», riprese: — H «Lavoratore» afferma che Piazza Perugino era affollatissima; Ebbene è vero! L’ho vista anch’io. Era piena anzi zeppa, ma di slavi! Slavi calati dal Carso pietroso e dall’Istria romana! Altro che triestini! Abbasso il «Lavoratore»! Clecfe, credendo di far bene, attaccò «Bandiera Rossa», ma uno sganascione paterno lo fece tacere. — I triestini, tutti i triestini, — proseguì Giacinto — si sono radunati in piazza dell’Unità: che folla, che spettacolo! Ito «Voce» dice che la piazza era nera fino a!l’invc*rostraile! Viva la «Voce»! Porco chi dice il contrario! Giacinto sputò fuori dalla finestra con estremo disgusto. — O Dio — seguitò — se proprio vogliamo essere pignoli, come ha detto il mio signor direttore, la piazza in un certo senso era vuota, ma ha detto anche che questo significa democrazia vera! Va chi vuole! Ognuno è libero di rimanere a casa propria: perciò chi s’è sentito libero è rimasto a casa! Evviva la libertà! Evviva Q signor direttore nostro amico di famiglia! E Giacinto, mentre Cleofe accarezzava il ritratto del signor direttore, spedi alcuni telegrammi di adesione ai piano Marshall ORATORIO ‘—Ah, bricconcelli, bricconcelli, chi vi ha insegnato a scrivere « abbasso i proletari »? Bisogna scrivere « a morte i proletari »I (DU di Walter) 3 graucilini Se realizzassero lo sblocco dei fitti, la Camera... dei Lavoro~ chissà quanto verrebbe a costare? Papà, mi hai detto una volta che il buon Dio non fa nulla, senza motivo. Infatti figliolo, è così. E allora a che servono i «radio-commentì di attualità»? A farmi risparmiare la. corrente elettrica, perchè appena la radio comincia a trasmetterli la chiudo subito. LE GRANDI RIFORME 1— Voi tutti sapete che, grazie alla vittoria democristiana, i disoccupati in Italia non sono più di 30 centinaia di migliaia, ma di tre piccoli, irrilevanti, quasi insignificanti milione ini. (Dia. di Erio) TEM PERDUTO Questo nostro libero giornale che, redatto. da uomini liberi, pur chiamato «umoristico* si occupa sempre di cose serie, diceva già settimane or sono come certi atteggiamenti di una, magari trascurabile, parte della popolazione triestina incline ad ascoltare gli imbonitori da mercato, fosse solo uno stato d’animo, lo stato d’animo del grullo, e scrisse ancora come una data, o pretesa, idea politica, in questa epoca di ferro, non si improvvisi cosi solo con il tingere una bandiera, ma avendo dietro di sè una tradizione e, sopratutto, un bagaglio di idee e di fatti, di qualcosa di pratico insamma, di qualcosa di consistente. Le parole, in tutti i casi, non bastano, o bastano solo per i ganzi, e tantomeno bastano Le parolacce. Questo nostro libero giornale diceva, tra l’altro che ogni manovra, ogni trucco, ognl minaccia, ogni azione delinquenziale, non sarebbe stala sufficiente per strappare ai lavoratori la loro festa e truccarla con i fiocchi e nastri colorati affinchè perda ogni tradizione di lotta trasformandola in baccanata da fiera. Tutto questo il nostro libero giornale lo disse B lo ridisse per parecchi numeri; e se oggi riempie di questo argomento ancora una colonna delle sue pagine non è, dopo che i fatti gli diedero ragione, per ostentare meriti che non tocca a lui riconoscersi, o per infierire su chi ha avuto il suo 25 luglio ai Maggio; ma per un’esigenza di chiarezza verso i suoi lettori e amici. Giacché questo libero giornale aveva ben avvertito che non avrebbe potuto esistere altro primo maggio che quello in cui vi partecipassero * lavoratori, che non avrebbe potuto esistere alcun primo maggio se non quello preparato e coordinato dai lavoratori stessi, dai loro comitati, dalle loro organizzazioni. Aveva ancora avvertito che nessun lavoratore, per quanto fesso che avrebbe potuto essere, avrebbe potuto credere ad un primo maggio organizzalo e preparato (udite!) da quella stessa borghesia reazionaria alla quale la tradizionale dimostrazione di forza operaia del primo maggio deve essere di monito per l’esecrando delitto commesso da quella borghesia stessa, (da qui l’origine del primo maggio) in America molti anni or sono ai danni di innocenti lavoratori. Questo libero giornale che aveva fatto anche dell’umorismo e dell’ironia stt questo improvviso amore di celebrare il primo maggio da ehi fi primo maggio aveva sempre avversato. Ma gli ammonimenti svariati lanciati da questo giornale non vennero presi in considerazione, e fiera della sua imbecillaggine la borghesia preparò con alterigia e fracasso quella che doveva estere la disfatta del suo trucco. Cioè U fallimento della carnevalala svoltasi in piazza dell’Unità otto giorni or sono, carnevalata autorizzata dal Governo Militare, benedetta da Monsignor Santin « beffeggiata da tutti i democratici della città. E la borghesia, sparuta, si è ritrovata da sola in piazza, con in mano bandiere non sue, spaventata dalla sconfitta e dai colore delle stesse bandiere Che dovevano servire da esca, e non servirono. Livida ha sfogato verso l’imbrunire la sua rabbia lanciando nelle strade i quattro cannibali delle squadre terroristiche a tanto l’aggressione. Ma è stata una soddisfazione da poco. Questo libero giornale che redatto da uomini liberi, «castigat ridendo mores», sapendo che sarebbe finita cosi lo disse in tutte le maniere, usò anche le forme più popolaresche, e si sforzò talvolta <— sfidando anche qualche amichevole rimprovero — di scendere allo stesso livello degli avversari per farsi comprendere. E gli metti anche di fronte alla realtà, ma tutto fu imitile. Biancofiorata e protetta dai cannibali con pugno di ferro la borghesia ha voluto tentane ciò che falli clamorosamente. Cosi ancora una volta da queste colonne parte wn avviso alla borghesia, un avtnso di starsene quieta, di non volere la luna od altre follie, e sarà l’ultimo. E anche un. avviso ai cannibali delle squadre di terrore parte ancora una volta da queste colonne dopodiché staremo a vediere se c’è un bricdolo di buonsenso nel cervello degli squilibrati. In mancanza del quale incoraggeremo i nostri lettori a scendere nelle vie e prenderli a calci, magari guidati dai liberi uomini che compilano questo libero giornale. 9)m ChiiSùtte RE RSECUZIO N E Gli M. P.: — Porcaccia miseria! Ma ce l'hanno proprio sempre con il Governo Militare! (Dìs. di Walter) I M P li Vi sono a Trieste degli esseri strani, che — a quanto danno a vedere — amano molto le feste. In genere questa categoria di persone viene definita sfaccendata. Ma nel caso specifico l’attribuzione non è del tutto esatta. Perchè la festa dei tipi in questione è tutt’altro che una giornata di riposo, di poltroneria. Anzi nei giorni di festa essi si danno ad una grande attività, molto faticosa, e talvolta addirittura pericolosa. Ma quello che è di più strano nel loro modo di fare è che in qualsiasi, occasione festeggiano sempre la stessa cosa. Piove? ed essi festeggiano con drappi colorati attorno al collo, che evidentemente devono servire ad asciugare i sudori provocati dalle corse e corsette che fanno per città, gridando con una buona dose di eccitazione. Fa sole? e la scena si ripete. Se c’è la bora, l’unica differenza è che vestono abiti più pesanti e cappotti, ma il drappo attorno ai collo è sempre lo stesso. Non credo sia un loro simbolo, visto che evidentemente lo disprezzano profondamente tanto da fame gli usi più ignobili, quale quello di fasciare le mani armate di pericolosi aggeggi, con i quali vogliono talora costringere a far festa anche quelli che hanno intenzione di lavorare, ai lavoratori, per intenderci. E’ da qualche mese che li osservo, e mi meraviglio sempre di più. Stando alla tradizione, Natale non si festeggia come Pasqua, nè Pasqua si festeggia come il Carnevale, nè quest’ultimo come Ferragosto. Invece questi' strani esseri che crescono a Trieste, o in certe zone di Trieste, come il Viale o Via Cavana, le feste le celebrano tutte alla stessa maniera. Mio nonno dice che sono pazzi e per comprovare il suo dire. aggiunge che è proprio dei pazzi avere delle fissazioni. Ripetere cioè invariabilmente un gesto, una parola, un atteggiamento senza comprenderne il motivo, o peggio facendo fl danno degli altri. ^ Qualche giorno fa per esempio — era il l.o maggio — i tipi hanno fatto festa. Naturalmente penserete voi lettori, profani, per il l.o maggio — feste dei lavoratori — si saranno a-stenuti dal lavoro, avranno inneggiato alla collaborazione dei proletari, alla pace, alla libertà. Ma no. Hanno fatto la loro isolila lesta, cioè — è qui c’è da stupirsi — hanno lavorato. Hanno fatto il loro abituale lavoro delle feste. Corsette, con mani fasciate, con drappi intorno al collo. E non hanno inneggiato alla collaborazione dei lavoratori ma anzi hanno cercato di impedire ai lavoratori di farlo. E’ sitata la volta che preso mio nonno in disparte, gli ho detto: «pazzi si, co- me vuoi tu, ma se vogliono essere o fare i pazzi, lo facciano per conto loro. Si tengano le loro feste, che noi ci teniamo le nostre. Allora saranno pazzi, perchè per ora sono anche e sopra tutto criminali». «Che vuoi — ha risposto mio nonno — è la gioventù. Mida per niente li chiamano «giovani» . Ma io credo che essere giovani non basti per giustificare l’incapacità di comprendere la elementare differenza che passa tra un l.o maggio ed un 28 ottobre per esempio. Sono date troppo diverse, troppo lontane l’urna dall’altra per poterle festeggiare alla stessa maniera. Infine visto che mio nonno non voleva capire, l’ho lasciato al suo pediluvio, e convinto che i «giovani» in questione, fossero oltre che pazzi, criminali e scimuniti, sono andato alla ricerca di un esemplare. Trovatolo gli ho fatto la festa anch’io. Sul groppone naturalmente, dopo avergli tolto di dosso quei simbolo che egli stava insudiciando, ed averlo consigliato di usare un certo discernimento nel distinguere i colori delle feste. Doppio gioco CP- La signora: — Puah! Ec co i soliti comunisti che si mascherano dietro la bandiera rossa! (Dìs. di Walter) Si da costantemente per certo uno sgambetto di Sforza, e De Nicola. Che splendido scherzetto giocar sulla parola dL_ scemo Presidente! Numero 22 Pur se contro la legge si fan messe al Defunto, Ciò che più deplorevole è che a fianco al congiunto c’era pur l’onorevole, E lo sbirro protegge! Nell’Alabama (è bella!) si divide il colore: qui il negro, di là il bianco. Ma Taylor, senatore, se n’è infischiato franco; però e finito in celiai Ha detto la Maria, che vende il corpo brutto a tanti americani: «Porteranno di tutto codesti ciarlatani, ma non democrazia!» Quel tal sindacalista che si chiama Pastori invoca il Padreterno, che si trovi un tutore, che intervenga il Governo... (Col sistema fascista?) Revisioni Revisione! Sforza vuole soldati, molti più del concesso. Ne vuol tanti inquadrati Vuol guidarli egli stesso, (Che., non basta un follone?) Un Ministro, ad Atene ci ha lasciato la pelle colpa un certo attentato. Se ne di con di belle. Con vigore aumentato si imaspriscon le pene. Fra tormenti inauditi, muore il popolo greco Muore, oppure va avanti Cosa fa il finto cieco dei famosi «aiutanti? Sputa e dice: «Banditi»! Io, come tutti lo sanno, non sono rosso. Chissà perchè, poi, ho un amico rossissimo il quale, quando c’incontriamo, mi saluta col pugno (è sbagliato dire: col «pugno chiuso», in quanto un «pugno aperto* non esiste), canta il ritornello dell’inno dei lavoratori, impreca contro Sceiba e De Ga-speri, inneggia ad atta voce ai capi comunisti delle varie nazioni e poi, dopo una buona mezz’ora, si ricorda di me e allora mi stringe la mano e mi chiede informazioni sullo stato ài salute mio e dei miei famigliari. Ogni volta che lo incontro succede la stessd cosa. Ieri l’ho incontrato, e lui: «Ebbene, ti pare sia servito a qualcosa chiudere le frontiere? No; no, non dir nulla: non servirebbe• Alle frontiere hanno decuplicato la sorveglianza, nessuno poteva passare nel Territorio Libero di Trieste. Ho visto io, coi miei occhi, una povera madre che piangeva e pregava che le permettessero di andare a riprendersi il figlioletto passatoi senza che lei se ne accorgesse, al di là della sbarra. Ma la Polizia Civile disse brutalmente di noli bambino, intanto, continuava a giocare con dei sassolini e non rispondeva ai richiami angosciati della madre. Gli agenti della C. P sghignazzavano crudelmente, si battevano la pancia e qualcuno, a dire il vero, si battè ripetutamente e sonoramente il sedere tenendo una gamba sollevata. Malgrado ciò, la Piazza Perugino, il 1 Maggio era gremitissima, a dispetto ed onta di quanti si aspettavano, grazie alle misure draconiane delle A. M. G., il fallimento dei festeggiamenti per il l Maggio*. «Sei certo che nessuno sia riuscito a penetrar# nel Territorio Libero?» «Ma scherzi? Sono sicurissimo!* «Ebbene, ti dirò invece che sono passati a migliaia, a centinaia di migliaia. Per cominciare ti dirò che in «Zona B*. non appena sono venuti e sapere che il 30 aprile si sarebbero chiusi i con’ fini.... «Non lo sapevano!* «Bene, lo avranno immaginato. Dunque, non appena sono venuti a sapere che il 30 aprile si sarebbero chiusi i confini, e con ciò vietato l’ingresso nel T. L. T. a tutti i non residenti nello stesso, si sono febbrilmente messi a scavare gallerie. Dopo sole dodici ore di lavoro, tre gallerie erano ultimate: incominciavano a Capodistria e sboccavano nei pressi di Piazza Perugino*. «Impossibile!» «E non basta! Agenti di Mosca, nottetempo avvicinatisi alle frontiere di Trieste, con metodi spicci e infallibili hanno fatto fuori tutti i poliziotti, e indossati i loro abiti, continuamente strizzando gli occhi e fregandosi le mani. Invitarono gli abitanti della «Zona B» della Croazia e delia Slovenia a festeggiare il 1 Maggio a Trieste». «Bugia! Abbasso il Cancelliere di ferrol, abbasso l’aguzzino Sceiba!» «Ma non è finito. I sotterfugi e gli imbrogli noti finiscono qui» «O la pianti di ragliare fesserie o la nostri amicizia finisce. Ma si può sapere chi ti ha riempito la testa di simili balle?» «Non sono balle. Tutta la stampa ne parta, eà io credo alla stampa!» «Ma se tutti parlavano l’italiano, come puoi sO“ stenere che tra noi triestini Vi erano russi e croati. Ma sei diventato completamente scemo?» A «Ah, qui ti volevo, arnlgo del sol! E i corsi accelerati di lingua italiana che si sono tenuti in Iugoslavia, in Bulgaria, in Romania, in Cecoslovacchia e in Russia, dove li lasci?» «Vuoi dire che...» «Proprio così. Da tutte queste nazioni sono affluiti i dimostranti a centinaia di migliaia a Trieste: tutti perfettamente istruiti nella lingua italiana; e non solo nella lingua italiana, ma anche nd dialetto triestino». «Bugia! Abbasso Saragat!» «E va bene, abbasso Saragat, se vuoi, ma è cosi/» «Ma dove ha dormito questo milione di perso* ne, dove?!» «Ma che, gli agit-prop non ti hanno detto prir prio niente? «Dove sono stati allogati per la notte, domandol* «In case, amico, in comodissime case. Dove vud che dormano, sui fili del telefono, forse? Tu dormi sui fili, di solito?» «Io no, io abito a Trieste». «E loro hanno trascinato le case oltre i confini-Che c’è di strano. Poi, finita la festa, se le son# riportate in Bulgaria, in Jugoslavia, in Cecoslovacchia e in Russia. Eh, caro mio, siete organizzati voi!» «Ma...» «Che ma e ma! O eredi o non credi: la verità e una sola!» Il mio amico «rosso» senza salutarmi col pugno e senza cantare il ritornello dell’inno dei lavoratori se ne andò tristemente, dondolando la testa. L’ho sempre detto, io, che se qualcuno si mette In testa di volerla spuntare con me ci rimette; * come ci rimette! ELGAB ! i i 1 i Gli organi magni del nuovo fascismo, se nuovo possiamo chiamarlo, o non piuttosto del solito fascismo incoraggiato dalla truccata epurazione e dal cinico calcolo di un malgoverno fiduciario, invitavano negli ultimi giorni del mese scorso la cittadinanza a partecipare alla celebrazione di ima messa alla memoria degli «eroici caduti» della Guardia Civica. Orbene dato che la grandiosa maggioranza dei cittadini non ha dimenticato ciò che si è sofferto nel tempo in cui le iene fasciste assetate di sangue e di vendetta, al riparo dei polpacci alemanni, dominavano il paese, superando in efferatezza e in gesta criminali gli stessi loro padroni, crediamo opportuno rivolgere ai promotori di questa pietosa opera di carità alcuni consigli certi di essere presi in considerazione onde celebrare ogni anno una giornata speciale in onore di cotanto e-roismo, giornata che potremo chiamare della «Guardia Civica» o meglio «della S. S.». poiché è universalmente noto essere stato il corpo della Guard:a Civica un’emanazione di quel brillante corpo che erano gli S. S. germanici. Proponiamo perciò; che il 30 aprile di ogni anno, sia proclamato «Giornata della Guardia Civica» o meglio «della S S.», e si acciuffine per 'e strade, a caso, come ai tempi belli dieci nostri cttadini, li si sbattano contro un muro e li si fucilino senza discussioni, e magari anche si rastrelli nelle case qualche giovanotto e lo si invia alla Risiera, ripetiamo però, così a caso, che anche noi ci mettiamo nel numero dei prelevando Noi proponiamo di organizzare la loro grande giornata «Giornata della Guardia Civica» o meglio «della S. S.» con messa cantata e preghiera per Mussolini. Ogni anno. A memoria imperitura ed esempio magnanimo. Richiediamo per il sacrificio solo dieci cittadini. Che cosa sono dieci vite all’anno? Bazzecole. Qualche anno fa, quando la Guardia Civica rastrellava i partigiani sul Carso, e prelevava le vittime nelle loro abitazioni, noi antifascisti ci avremmo fatto la firma. * Quando comprenderanno i no-stri avversari che patriottismo è qualcosa d-' ben diverso da l nazionalismo? Patriottismo vuol dire amare la propria patria, cioè la terra in cui si è nati e dove si vive. E siccome questa terra in cui sono nati e vivono italiani e sloveni, è amata intensamente tanto dagli italiani che dagli sloveni, ne deriva che ambedue sono patriotti, sulla stessa zolla di terra che da molti secoli a-bitano in comune, e su questa zolla godono di parità di diritti. Perciò, per rendersi l’esistenza vicendevolmente tollerabile, devono volersi un po’ di bene, devono affratellarsi. Questo è ve-ró e sano patriottismo. Nazionalismo vuol dire invece esaltare se stessi e denigrare il popolo col quale si convive. Pretendere tutti i diritti per sè e negarli agli altri, cioè, nel nostro caso, agli S’avi. Impedire ogni autocritica e criticare invece ferocemente gli altri Pretendere di essere i monopolizza- toti della civiltà, del genio, della gentilezza d’ànimo e guardare gli altri con dispregio. Pretendere d’essere «padroni in casa propria», e dichiarare «intrusi» gli Slavi, che vivono qui da oltre dieci secoli. Vantare i propri ipotetici meriti in fatto di arte, di scienza, di progresso, e vPianeggiare gli altri, trattandoli da barbari, da ignoranti, da ottusi. Dir tutto questo, e comportarsi in pari tempo, più che da barbari, da perfetti mascalzoni: ecco il nazionalismo, peste dell’umanità. * Al primo maggio, in Piazza dell'Unità, mentre, da un lato, alcune ragazze dell’Azione Cattolica distribuivano il bianco fiore, dall’altro, alcuni giovani semnaristi doli’A C L. I, al suono del’a voce dell’oratore Rinaldini che vuotava fl. suo sacco d’ingiurie anticomuniste, sventolavano alcune bandiere rosee. Probabilmente per accostare le due cose la canzone dei proletari «róssa.è’ la nostra bandiera, evviva il compagno Stalin!» loro l’avranno aggiornata così: «Rossa è la nostra bandiera, evviva il compagno Santin!» * E sempre a proposito del primo maggio: lì ridicolo signor Pino Bon, avvocato e giornalista, del qual galantuomo già tanto i giornali se ne occuparono, scrive sul suo settimanale «Lunedì». organo dei libellisti contemporanei. che «...mentre Bulgaria blaterava d: pace e accusava le potenze occidentali di fomentare la guerra, le truppe sovietiche armate fino ai denti sfilavano nella Piazza Rossa davanti a Stalin» Sembra che il direttore del «Lunedì» e i suoi collaboratori si siano dimenticati che mentre il maresciallo Stalin fa marciare le truppe sovietiche «armate fino ai denti» nella Piazza Rossa di Mosca, cioè a casa loro dando prova di «mire imperialistiche» gli «anici» occidentali fanno marciare' i loro eserciti armati fino ai. denti nelle piazze di altre città, non d' certo a casa loro dando prova di mire liberalistiche a tutto alè (vedi Grecia, Palestina, ecc. ecc.) Ma forse l’avvocato Pino Bon, antifascista, traditore, avvocato fallito, e giornalista bugiardo a queste cose non ci tiene, e quando è arrivata la bustarella non occorre altro. I gaglioffi non si smentiscano mai. * E poiché una cosa tira l’altra. ed anche i gaglioffi vengono a due a lue come le ciliege, vcd'amo d1' occuparci un istante di quel tale radiocom- mentatore delle «notizie d’attualità» di Radio-Trieste, che sembra attingere le sue notizie più «importanti ed interessanti nelle più luride fogne del giornalismo fascista contemporaneo Infatti, lunedi sera, il radio-commentatore dando notizie particolareggiate sulle varie celebrazioni del Primo Maggio in tutto il mondo, ripeteva parola per parola, compresi gli sbagli d’ortografia, notizie e commenti che la «glenga» di bugiardi e falsari che compilano il «Lunedì» erano riusciti ad inventare in occasione del Primo Maggio. Povero radio-commentatore delle notizie di attualità, dovrebbe pur accorgersi che il «Lunedi» è un giornale fascista, redatto da fascisti e diretto da uno sporcandone voltagobbone Poiché automaticamente. non accorgendosi dì ciò e ripetendo ìe bugie e cattiverie di quei gaglioffi anche lui entra inevita- bilmente nella categoria di così perfetti gentiluomini. • * Volete ridere figlioli? Bene sentite questa allora, l’ha scritta il «Giornale di Trieste» il 28 aprile scorso: «Invece di spre' care tanti miliardi nella sciocca propaganda, che prova d’Intel' ligenza avrebbero dato gl onorevoli Togliatti e Di Vittorio se avessero comperato un mese fa le «Montecatini» a 190 lire per rivenderle oggi a 400 nell’interesse della loro organizzaz' one? Quale saggia propaganda sarebbe quella di esortare gli operai — non di attendere il famoso giorno del giudizio universale, con il sogno della rapina tota-l'tarla — ma ad acquistare a-zioni». Eh? che ne dite? Povero MarX : battuto in pieno dal «Giornale ! di Trieste»! Avanti operai non | riforme sociali, ma azion: della I «Montecatini» e Sisall * Questo stesso giornale a proposito di un pranzo di benefi' cenza offerto dalla C. d. L. trova «spiccatamente democratica» la presenza a detto pranzo di Monsignor Santin e delle maggiori autorità cittadine». Perchè poi !’«Orinale» trovi «spiccatamente democratico» mt to questo quando lo sanno anche i paracarri che neh. come d're, passato regime, ogni mangiata del genere trovava presenti il prefetto e il federale e 1 mons. Santin?