received: 2008-09-02 UDC 82.09-17:394.1"15" original scientific article ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE DI CULTURE Laura GIANNETTI University of Miami, Department of Modern Languages and Literatures, US-FL 33146 Coral Gables, Merrick Building, 5202 University Drive e-mail: lgiannetti@miami.edu SINTESI Tra gli esempi piu interessanti di interpretazione e contaminazione di culture emerge il "discorso del cibo" che abbonda nella letteratura del Cinquecento. Una parte della poesia burlesca del periodo ha infatti utilizzato il linguaggio del cibo e della cucina per parodiare scherzosamente generi e tradizioni letterarie facendo scendere alla quotidianita piu prosaica auctoritas classiche e autori contemporanei. L'articolo si sofferma in particolare su alcune opere di Giulio Cesare Croce, Francesco Berni e Giovanni Mauro evidenziando una produzione letteraria in cui alto e basso, classico e popolare, colto e quotidiano si intersecano e si mescolano creativamente. Parole chiave: banchetto, convivio, poesia burlesca, immaginario alimentare, discorso del cibo, parodia letteraria FEASTING WITH BURLESQUE POETS: LITERARY PARODY AND INTERPRETATION OF CULTURES ABSTRACT One of the most interesting examples of interpretation and 'contamination' of cultures is the "food discourse" found abundantly in 16th century literature. Part of the burlesque poetry of the time in fact employed the language of food and cuisine to humorously parody the prevailing literary genres and traditions, bringing the classic authorities and contemporary authors down to the most prosaic level of everyday life. The article dwells upon several works by Giulio Cesare Croce, Francesco Berni and Giovanni Mauro, drawing attention to a literary production in which the noble and the humble, the classic and the popular, the cultured and the mundane intersect and mix creatively. Key words: banquet, feast, burlesque poetry, food imagery, food discourse, literary parody 141 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 Nel Primo Trattato del Convivio Dante Alighieri invita i propri lettori 'affamati' della sapienza umana e divina ad un 'generale convivio' in cui le 'vivande' - le canzoni filosofiche - saranno accompagnate dal 'pane', il commento che le rende comprensibili a tutti. La figura del poeta dispensatore della sapienza come nutrimento dell'anima, resa appetibile dal pane del commento, si trasforma due secoli piu tardi in quella del poeta-cuoco Giovanni Mauro (1490 ca.-1536) che in una sua poesia in ternari offre al suo ospite una minestra poetica ma gli chiede di portare il pane perché gli aiutanti non hanno potuto trovarne. La minestra offerta da Giovanni Mauro e la discussione prettamente cinquecentesca sul tema dell'onore, di cui secondo l'autore non c'e penuria, tanto che lo sguattero ne serve all'ospite due piatti pieni: "Or via, ch'io vi vo' dar quel che vi viene / di questo honor, e un guattero sac-cente / ve n'apparecchia due scudelle piene."1 La metafora del banchetto o della cena in cui la poesia o la filosofia sono il cibo da offrire agli ospiti, ha parecchia fortuna nella letteratura del Cinquecento e trova una sorta di scherzosa apoteosi alla fine del secolo nel poemetto La Libraria, convito universale dove s'invita grandissimo numero di libri tanto antichi quanto moderni di Giulio Cesare Croce (1550-1609).2 Nella Libraria, il banchetto e infatti totalmente "libresco". Gli Asolani di Pietro Bembo imbandiscono un convito a cui e invitato un gruppo di libri illustri, in onore della Canzone di Annibal Caro.3 I libri-servi corrono tra la cucina e la sala e offrono le delizie gastronomico-librarie agli ospiti, a loro volta libri celebri o argomenti di studio di ambito classico-umanistico: accanto all'Arcadia di Sannazzaro prendono posto lo squadrone della Grammatica con i Nominativi e le Concordanze, le Regole (di grammatica) di Prisciano danno la mano all'Odisssea di Omero, non mancano i Sonetti di Petrarca, e naturalmente la Commedia di Dante. Non ci sono gerarchie culturali o distinzioni particolari se non quella che li accomuna come testi noti del passato e del presente; Le Ricette di Galeno si accompagnano alle Favole di Esopo, L'Architettura di Vitruvio al poema epico Orlando innamorato e non mancano le Rime di due poetesse, Laura Terracina e Laura Battiferra. Un gruppo di autori e/o personaggi di opere che non possono 1 Giovanni Mauro, "Capitolo secondo del dishonor" (Opere Burlesche, 1548). 2 Giulio Cesare Croce, La Libraria convito universale dove s'invita grandissimo numero di libri tanto antichi quanto moderni ritratti tutti in un sonetto, opera non men utile che dilettevole (v. Calore, 1977). 3 Per la verità la Canzone del Caro non è passata alla storia della letteratura per i suoi meriti poetici. Croce la scelse perché era interessato ad un gioco di parole che prendeva spunto dal nome dell'autore, per parlare alla fine del Convito della carestia e della miseria che affliggevano l'Italia del tempo. Si scopre infatti che Gli Asolani hanno offerto il banchetto in onore della Canzone di Annibal Caro perché quel testo è conosciuto da tutti, non per ragioni di ordine artístico ma perché, come dice il testo nella parte finale, il pane è caro, la legna è cara, il vino è caro, tutto è caro. Dato che intorno non si sente altro canto che questo lamento del carovita, ecco spiegato come la Canzone di Annibal Caro meriti il posto d'onore al banchetto. Per un'analisi dell'operetta si veda Shemek, 1998. 142 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 fregiarsi dell'appellativo di "classiche", ricopre il ruolo di servi, scalchi e coppieri del banchetto. Tra i camerieri Croce mette in rilievo Francesco Berni (1498-1535), au-tore delle poetiche Opere burlesche e Buovo D'Antona personaggio principale del cantare popolare omonimo.4 A governare la dispensa, le Facezie del Piovano Arlot-to5 e nel ruolo di cuoco naturalmente Morgante, entusiasta mangiatore del poema di Luigi Pulci (1432-1484). Ma cosa si offre al banchetto? Il menu incomincia con un antipasto delle Burle di Gonnella servite fritte con lo strutto, mentre le scodelle sono poi riempite delle Novelle di Agnolo Firenzuola (1493-1543), seguite da un pasticcio delle Maccheronee;6 non mancano la Zucca di Antonfrancesco Doni e le Facezie di Lodovico Domenichi, di cui tutti gli invitati sono molto golosi. Una mistura indistinta di Libri Spagnoli viene servita come minestra, mentre la vivanda più saporita viene presentata alla fine: un piatto misto di Commedie del secolo che ha funzione di dessert, ad imitazione dei banchetti di corte in cui una rappresentazione teatrale spesso allietava ed anche chiudeva il convito. Il convito crociano non ha bisogno del pane del commento; non la filosofia infatti ma commedie, novelle e facezie intrattengono piacevolmente gli illustri ospiti. In questo banchetto/teatro delle parti, alcuni libri hanno funzione di servi, altri di ospiti, altri sono infine destinati ad essere mangiati e dunque a non lasciare traccia di sè. Se apparentemente Croce discrimina le opere o gli autori "facili" nell'assegnare loro un ruolo di servitori o addirittura di cibo da degustare, in realtà nella Libraria, convito universale si presenta una panoramica di grande interesse della cultura a stampa del tempo e si assegna un posto nella storia anche alle opere appartenenti a generi ritenuti minori, quali le commedie, le poesie burlesche o i cantari popolari. Le opere di puro divertimento sono le vivande servite al banchetto ma sarebbe troppo facile affermare che Croce per questo motivo le giudicava opere di nessun valore. Il ban-chetto cinquecentesco, sia reale che metaforico, doveva intrattenere piacevolmente gli invitati, non annoiarli; dunque meglio riservare alle opere di grammatica o ai classici il posto di ospiti intenti a gustarsi il Teatro de' Cervelli1 o la Zucca8 piuttosto che offrir loro una discussione filosofica come nel Convivio dantesco. Con il suo poemetto Croce ebbe l'opportunità di designare una sua personale biblioteca ideale. In essa la cultura classica del passato, quella dotta del suo tempo e quella più quotidiana si mescolano creativamente, come accade inoltre in molte altre opere di Croce oggi riconosciute e studiate come una sorta di manifesto del periodo per la 4 Il Buovo d'Antona appartiene al ciclo carolingio dei cantari. 5 Piovano Arlotto è lo pseudonimo di Arlotto Mainardi (1396-1484) famoso nella tradizione popolare fiorentina per i suoi motti e arguzie. E' il protagonista di una raccolta quattrocentesca Motti e facezie del Piovano Arlotto di autore anonimo. 6 Il riferimento è alla tradizione "macaronica" di cui le due opere maggiori sono la Macaronea di Tifi Odasi (fine Quattrocento) e il Liber macaronices di Teofilo Folengo (1511). 1 Il teatro dei vari e diversi cervelli mondani (1583) di Tomaso Garzoni (1549-1589). 8 La Zucca (1551) di Anton Francesco Doni è il titolo della sua raccolta di novelle. 143 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 "tensione tra cultura 'alta' e letteraria e cultura 'bassa' e popolare" che esse presentano (Rouch, 2006, XXIX). La domanda che spesso ci si e posti di fronte ad opere difficilmente collocabili per genere, e fino a che punto la cultura "alta" fosse portatrice di contenuti "popolari" o quanto la cultura "popolare" fosse debitrice alla cultura alta. Ma questa e certamente una domanda moderna, che non avrebbe avuto significato per molti autori del tempo. Come Croce, altri autori del periodo scrissero nei piu diversi generi spesso mescolando culture "classiche" del passato o culture "dotte" del loro tempo con la loro cultura quotidiana. Tra gli esempi piu interessanti di interpretazione e "conta-minazione" di culture emerge il "discorso del cibo" che abbonda nella poesia e lette-ratura del periodo. Basti pensare a Teofilo Folengo (1491-1544) che nel Baldus mette in scena un Parnaso maccheronico, ai poeti burleschi del circolo di Francesco Berni che raccontano le avventure epiche delle carote, delle fave e del ravanello o allo stesso Croce che racconta l'epopea del maiale come fosse un trattato scientifico e un poema epico. "L'immaginario alimentare" fonde e confonde scienza e letteratura, geografia e medicina, creando un nuovo genere insieme comico, parodico e grot-tesco. Ma non si puo ignorare che l'interesse per il cibo come argomento di poesia irriverente trae spunto e ispirazione anche dalla crescente importanza che la cultura della tavola acquista nella societa del periodo. Il Rinascimento italiano rappresenta infatti un momento profondamente innova-tivo nell'approccio al cibo e alla convivialita perché incomincia il distacco dai mo-delli umanistici, di imitazione dell'antichita e si da inizio ad una tradizione gastronomica e conviviale decisamente piu originale (Benporat, 2007). La cucina italiana conosce un breve ma trionfale momento di egemonia sulle altre cucine europee favorito in gran parte dal recupero umanistico dei trattati culinari dell'antichita. La stampa determina la loro ampia circolazione insieme alle opere dei cuochi delle corti, ai testi di tecnica agraria, raccolte di ricette e libri di dietetica. Questa diffusa cultura gastronomica fornisce il lessico e spesso gli argomenti a dialoghi e trattati, lettere private, poesie, testi teatrali e novelle in cui e preminente un "discorso del cibo", serio e/o faceto. La popolarita delle immagini alimentari e indice di fattori molto diversi: dall'attrazione per gli aspetti rituali, ludici e sensuali legati all'alimentazione e all'esplorazione del piacere dei sensi, all'attenzione per lo stato di cronica penuria e miseria in cui versava l'Italia del Cinquecento. Mentre le immagini alimentari si relazionano in vari modi al piu ampio contesto culturale e storico, quello stesso contesto trova proprio nel "discorso del cibo" un potente e creativo mezzo di comu-nicazione ed espressione. Nel Convito crociano le Opere Burlesche di Francesco Berni (1548) si trovano in una posizione culturale intermedia: esse corrono per servire alla cucina, un appro-priato riconoscimento di Croce alla tradizione iniziata da Francesco Berni e divenuta presto una moda letteraria, quella dei capitoli in lode di cibi quotidiani quali l'in- 144 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 salata, la salsiccia, o i fichi. Pur comprendendo titoli commestibili come il "Capitolo della gelatina", il "Capitolo delle pesche" o il "Capitolo dei cardi", le opere di Berni non sono cibo offerto in pasto agli altri libri ma hanno una funzione di collegamento, in quanto servi al banchetto, tra i classici o pseudo tali seduti alla tavola e i libri che vengono allegramente consumati.9 Per quale motivo Croce assegna loro questa po-sizione particolare? I poeti berneschi che produssero la maggior parte delle loro opere nell'ambito dell'Accademia romana dei Vignaiuoli negli anni '30 del Cinquecento, privilegiarono quello che la critica ha definito "l'elogio paradossale" di cibi o oggetti di uso comune, dalle pesche alle anguille, dall'ago all'orinale. Se il doppio senso favorito è quello che rimanda alla descrizione delle più diverse pratiche ero-tiche, queste poesie parodiarono anche generi e tradizioni letterarie e mostrarono un gusto particolare per far scendere alla quotidianità più prosaica auctoritas classiche quali Aristotele e Galeno, personaggi dei poemi epici come Orlando innamorato e Orlando furioso e protagonisti del mito come Ercole, Apollo o Giove. Lo stesso Croce con la sua molteplice produzione letteraria in cui alto e basso, classico e popolare si mescolano creativamente, puo avere giudicato Francesco Berni come un suo antecedente, una sorta di "mediatore culturale privilegiato" (Rouch, 2006, XI) tra cultura alta e cultura bassa. Il latinista Annibal Caro (1507-1566) nel cui onore si offre il convito libresco di Croce, nell'Accademia dei Vignaiuoli assume lo pseudonimo di Ser Agresto da Ficaruolo nello stilare il suo faceto commento ad una lunga poesia in onore dei fichi di Francesco Maria Molza (1489-1544).10 Nel lunghissimo "Commento" si puo trovare comicamente spiegata l'origine della poesia bernesca e della sua predilezione alimentare (Caro, 1968, 93). Secondo il racconto di Ser Agresto, Francesco Berni era stato cacciato dai giardini del Parnaso a causa della sua irriverenza verso le Muse poetiche ma riusci a rientrare di nascosto con la complicità delle fantesche, proprio nell'orto adiacente, dove si fece raggiungere dai suoi compagni e amici poeti e in-sieme fecero incetta di frutta e verdure, cioè scrissero i celebri capitoli in terza rima. La metafora dell'orto in cui si vendemmiano senza riguardo alla stagione verdure di forma fallica come fave, carote e bacelli o frutti di forma sferica come il melone e le pesche, ebbe grande fortuna in lettere, poesie e commenti poetici del tempo anche se non tutti l'apprezzavano.11 Ad esempio, per Pietro Aretino, nemico acerrimo di Francesco Berni sulla scena letteraria del tempo, essa non era altro che una "poesia 9 Francesco Berni e considerate il fondatore del gruppo e l'iniziatore della cosiddetta "poesia burlesca". I capitoli citati si possono leggere nell'edizione Rime burlesche a cura di Giorgio Barberi Squarotti (Barberi Squarotti, 1991). Per una lettura che svela i significati erotici di molte delle poesie di Berni si veda l'edizione delle Rime a cura di Danilo Romei (Romei, 1985). 10 "Il Capitolo de'Fichi" fu pubblicato nella collezione II Secondo Libro dell'opere burlesche di M. Francesco Berni, del Molza, di M. Bino, di M. Ludovico Martelli/ di Mattio Franzesi, dell'Aretino/ e di diversi autori/ ricorretto, e con diligenza ristampato (Opere burlesche, 1555). 11 Sulla metafora erotica dell'orto si veda soprattutto Giannetti Ruggiero, 2006, 40-42. 145 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 dell'insalata", ad indicare una poesia di basso livello. Ad esemplificare il suo dis-prezzo, nella celebre silloge delle sue lettere stampata alla metà degli anni '30 del secolo, Aretino inserisce il racconto del "Sogno del Parnaso" da lui avuto una notte. Il dio della poesia, Apollo, gli appare nel sogno all'interno di una cucina "odorifera" di buon cibo e lo incita a mangiare con gusto la carne che sta arrostendo sullo spiedo, mentre i poeti burleschi "quelle carogne" che hanno dato da mangiare cavoli, erbe e insalata alle muse poetiche - possono solo assistere impotenti al suo pasto lucul-liano.12 Non si dimentichi che quelle che l'astioso Aretino chiama "carogne" erano tutti umanisti di valore, uomini colti, che conoscevano il latino, la filosofia classica e la poesia di Dante e Petrarca, ma scelsero di dedicare una parte della loro opera a contestare, tramite l'elogio di certi cibi e di alcuni oggetti prosaici della quotidianità, alcune consuetudini umanistiche del fare poesia e letteratura. Tra gli obiettivi favoriti del loro scherno e della loro parodia si trovano l'uso insistito della mitologia greca e romana, la cultura medica basata esclusivamente sulle auctoritas del passato, i procedimenti della filosofia scolastica e l'onnipresente ricorso al nome di Aristotele, i latinismi, i petrarchismi stucchevoli, ma anche i riferimenti a concetti e idee cruciali per la vita sociale del sedicesimo secolo, come ad esempio quelle di onore e vergogna. Tra i più prolifici poeti burleschi, Giovanni Mauro dedica non pochi capitoli in terza rima alla divulgazione di ricette erotico-gastronomiche in cui mette a profitto per rovesciarle e parodiarle, alcune conoscenze o luoghi comuni di diverse discipline, dalla mitologia all'astronomia, dalla medicina alla storia antica. Nel capitolo "Della Fava a Madonna Flaminia" in cui la fava è la metafora prescelta per indicare il fallo che piace indistintamente a uomini e donne, l'origine dell'antica Roma viene familiarmente spiegata attraverso la similarità onomastica: i Ciceroni derivano dai ceci, i Pisoni dai piselli e i Lentuli dalle lenticchie. Se la grandezza di Roma ebbe origine dai legumi e la gens Fabia prende il suo nome dalle Fave, tutta la storia antica, anche quella greca, puo essere rivisitata alla luce delle imprese eroiche del prode legume, del quale si riconosce orgogliosamente l'origine italiana. Amata anche dai Greci ed utilizzata nei loro banchetti la fava ha trasformato Ippocrate in Ipocrasso, ha svelato l'ingordigia di Cleopatra ma anche la lunga fedeltà di Penelope ad Ulisse. Le propietà eroico-erotiche della fava si accompagnano infine a quelle medico-rigenerative nell'ultima parte della poesia: come nei trattati dei medici galenici del tempo, la fava tempra il dolore e dissecca gli umori mentre conforta nello stesso modo uomini e donne che dovrebbero sempre tenerla cara.13 12 Vedi Lettera n. 282 nell'edizione Lettere di Pietro Aretino (v. Erspamer, 1995). 13 Giovanni Mauro, "Della fava a Madonna Flamminia, Cap. II in I Capitoli del Mauro e del Bernia et altri authori nuevamente con ogni diligentia et corretione stampati (Capitoli, 1537) c. 6r; si veda l'analisi in Silvia Longhi, Il capitolo burlesco nel Cinquecento (Longhi, 1983, 87-90). 146 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 Anche Mattio Franzesi costruisce il suo capitolo "Sopra le carote" in forma di ricetta medico/gastronomica, indicando le qualità nutritive e rigeneranti della carota e volendo mostrarne la superiorità sulla fava. Come le fave, anche le carote sono versatili nella cucina erotica e sono buone sia per i guazzetti che per l'insalata, sia per l'attività sodomitica che per quella con le donne. Le loro proprietà mediche per la digestione e lo stomaco sono tali che già Tiberio se ne faceva portare in quantità durante le sue campagne di guerra; il seme delle carote, piantato in buoni terreni, avverte Franzesi, si è poi diffuso in tutta Europa e i soldati di Cesare, non avendo pane, hanno vinto quelli di Pompeo solo nutrendosi di carote. Il poemetto si conclude con un avvertimento ai poeti che hanno intagliato la figura di Priapo nel legno dell'albero del fico,14 che meglio avrebbero fatto invece ad onorare il dio degli orti mettendogli in mano una carota.15 La difesa del fico era stata presa da Francesco Maria Molza nel suo "Capitolo de' fichi" con cui il poeta risponde all'invito di Apollo di dedicare più attenzione al frutto trascurato dagli altri vignaiuoli. Molza dichiara in questo capitolo la sua predilezione per i fichi, metaforicamente il rapporto sessuale con le donne, in opposizione all'esaltazione fatta da altri poeti come Berni dei frutti di forma sferica, simboli della sessualità sodomitica.16 Chiarita quindi la sua posizione anomala nel gruppo dei poeti vignaiuoli, Molza si dedica a mostrare le qualità del fico sullo sfondo della sua rilettura della storia romana e del mito dell'origine dell'uomo. Ecco spiegato come l'albero del fico, non il melo, fu responsabile della cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre ma nel contempo i versi di Molza vogliono riscattare il frutto del fico dalla responsabilità di aver indotto Adamo al peccato originale; fu infatti il diavolo a servirsi degli irresistibili frutti del fico per far cadere Adamo nel tranello e dare cosí inizio alla storia dell'umanità.17 La passione dei poeti burleschi per la materia alimentare li induce spesso a contestare la sapienza medica del tempo, basata sulla ripetizione di luoghi comuni tratti dalle auctoritas mediche classiche, e a presentare gli elogi di certi cibi esaltandone le virtù curative, trasformando dunque la poesia in una sorta di ricetta medica. In un altro dei numerosi capitoli di Giovanni Mauro, dedicato all'amico Pietro Carnesecchi malato, il poeta, in polemica con i metodi violenti dei medici del tempo consiglia all'amico un diverso tipo di cura. Per Mauro i medici che si affollano intorno al suo amico e lo affliggono con tutti i tipi di purgazioni, sono da condannare aspramente in quanto farebbero ammalare lo stesso Avicenna. La ricetta medica che lui propone mettendo a tacere Galeno e Ippocrate (che infatti chiude in parentesi nella poesia), è di dare a questo giovane galante che fa innamorare chiunque lo veda, 14 Come afferma Francesco Maria Molza nel suo "Capitolo de' fichi". 15 "Le Terze Rime di Mattio Franzesi. Sopra le carote a M. Carlo Capponi," in Opere burlesche, 1555. 16 Sulla poesia dedicate alle pesche da Berni si veda: Giannetti Ruggiero, 2006. 17 Per "Il Capitolo de'Fichi" di Molza vedi nota 10. 147 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 solo cibi delicati come insalate e minestrine, fegatelli e mele cotogne. Questo ca-pitolo registra in modo scherzoso il dibattito tra gli umanisti del tempo sulla validité del continuo ricorso a Galeno e Ippocrate, che nel Cinquecento vengono tradotti e studiati ampiamente. I loro nomi, storpiati e confusi, divengono rapidamente topoi della poesia burlesca sulla scia del caposcuola Berni che aveva ridicolizzato la triade medica di Dioscoride, Plinio e Teofrasto imputando già a loro la demonizzazione delle pesche, frutto considerato altamente pericoloso nella medicina antica e contemporanea ma diffusissimo negli orti e nei ricettari del Cinquecento.18 La contestazione della consuetudine umanistica del ricorso alle auctoritas del passato porta alla diffusione di un nuovo genere letterario, la parodia del trattato medico-scientifico, particolarmente sviluppata in una operetta in prosa del cantastorie Giulio Cesare Croce. L'eccellenza e trionfo del porco racconta la vicenda eroica e comico-burlesca della vita del maiale dalla nascita fino alla morte, naturalmente preceduta dal "Testamentum Porci" (Rouch, 2006, 3-71). Nell'operetta in gran parte in prosa, la contaminazione tra culture è portata avanti con grande maestria e la grandezza epica delle azioni dell'eroico maiale viene raccontata in una forma mista di poema epico e trattato scientifico. "Il Proemio de l'eccellenza del porco" dopo essersi riallacciato idealmente ai propri antenati letterari cioè i poeti burleschi che hanno spiegato "la bontà del fico", "la virtù della fava", "la dolcezza del melone", e i "secreti del tartuffo" (Rouch, 2006, 5), dà seguito all'Invocatione poetica ad Apollo perché assista l'autore insieme alle sue massare, le Muse, nel trattare di salumi e mortadelle. Ad un primo capitolo sull'etimologia del porco segue quello che ne illustra le virtù medicinali delle diverse parti. I consigli medici volgarizzati di Plinio o Avicenna si mescolano con citazioni dal Decameron, racconti di burle popolari, allusioni erotiche e riferimenti alle più diverse opere di letteratura e cultura del suo tempo. Le virtù medicinali del porco sono elencate in un'enciclopedica e poetica ricetta che si rifà creativamente alle credenze del tempo e al grande numero di testi popolari e non che Croce ben conosceva. Mitologia e cucina appaiate, mantengono un ruolo di primo piano e le Muse poetiche sono invitate ad assistere ad un trionfo delle varie parti utilizzabili del corpo del maiale, mandando al diavolo il dio Apollo e il suo Parnaso. Le arpi e i liuti delle Muse si sono mutate in secchi, spiedi, taglieri e scodelle; l'aura poetica è divenuta odore d'arrosto e i canti una rara "musica Porcina" (Rouch, 2006, 67). Ormai del tutto scese dal Monte Parnaso e stabilitesi in cucina, le Muse si sono infine accasate col maiale. 18 Si veda il celebre "Capitolo delle pèsche" di Francesco Berni. 148 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 NA KOSILU PRI BURLESKNIH PESNIKIH: LITERARNA PARODIJA IN INTERPRETACIJA KULTUR Laura GIANNETTI Univerza v Miamiju, Oddelek za sodobne jezike in literaturo, US-FL 33146 Coral Gables, Merrick Building, 5202 University Drive e-mail: lgiannetti@miami.edu POVZETEK Pesem "La Libraria/Convito universale" avtorja Giulia Cesarja Croceja (1592) je parodija na gostijo iz 16. stoletja in na slavno literarno tradicijo banketov; toda v njej gostitelji, gostje, služabniki in postrežena hrana niso nič drugega kot knjige, natisnjene v 16. stoletju. V banketu Croce posebno mesto nameni knjigi Francesca Bernija (1548) Opere Burlesche, ki "tečejo pomagat v kuhinjo", kot poklon ber-nijevski tradiciji poglavij v slavo vsakdanjim jedem, kot so solata, klobasa ali fige. Bernijeva poezija, ki jo Croce postavlja v vmesni položaj - saj Opere Burlesche niso med slavnimi deli, povabljenimi na banket, pa tudi ne hrana, ponujena v jed drugim knjigam —, predstavlja pomemben trenutek v mediaciji med visoko in ljudsko kulturo šestnajstega stoletja. Članek analizira nekaj primerov te kulturne proizvodnje, osredotočene na "diskurz o hrani". V sklopu tega dobi mesto tudi sam Croce, ki opiše junaško epopejo prašiča v obliki znanstvenega traktata v pesmi "L'Eccellenza e il Trionfo del Porco" (1594), pa pesnik Giovanni Mauro, ki gostom svojega literarnega banketa ponuja prozaično "mineštro" kot šaljivo antitezo dantejevskemu "angelskemu kruhu", ter Francesco Berni in njegovi kolegi s tako imenovane Akademije vinogradnikov (Accademia dei Vignaiuoli), ki so v svojih erotično-gastro-nomskih poglavjih parodirali pomembne literarne zvrsti in tradicije: od petrarkizma do mitoloških povesti, od epskih pesmi do jezikovnih postopkov sholastične filozofije. Ključne besede: banket, gostija, burleskna poezija, kulinarične prispodobe, diskurz o hrani, literarna parodija FONTI E BIBLIOGRAFIA Bàrberi Squarotti, G. (ed.) (1991): Berni, F.: Rime burlesche. Milano, BUR. Calore, M. (ed.) (1997): Croce, G. C.: La Libraria convito universale dove s'invita grandissimo numero di libri tanto antichi quanto moderni ritratti tutti in un so-netto, opera non men utile che dilettevole. 1952. Ristampa anastatica. Bologna, AMIS. 149 Laura GIANNETTI: ALLA MENSA DEI POETI BURLESCHI: PARODIA LETTERARIA E INTERPRETAZIONE ..., 141-150 Capitoli (1537): I Capitoli del Mauro e del Bernia at altri authori nuovamente con ogni diligentia et corretione stampati. Venezia, Curtio Navo. Caro, A. (1968): Commento di Ser Agresto da Ficaruolo sopra la prima ficata del padre Siceo. In: Caro, A.: Gli straccioni - commedia. La Figheide comento. La Nasea la statua della foia. Dicerie di Annibal Caro. Bologna, Commissione dei Testi di lingua, 81-161. Erspamer, F. (ed.) (1995): Lettere di Pietro Aretino. Vol. I. Parma, Guanda. Opere burlesche (1548): Il Primo Libro dell'opere burlesche di M. Francesco Berni, di M. Giovanni della Casa, del Varchi, del Mauro, di M. Bino, del Molza, del Dolce et del Firenzuola. 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