ANNO XIII Capodistria, 16 Maggio 1879 N. 10 LA PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. EFFEMERIDI ISTRIANE Maggio 16. 1284. — Il senato veneto comanda che i nuovi giustiziari in Venezia non possano accordare a chicchessia nè ad alcun comune il libero passaggio dei vini dell'Istria. -4 1, 152. 17. 189. —Il generalo francese Schilt entra in Trieste col suo corpo di truppe. - 41, num. 39. 18. 1344. — Il senato mauda ordine al podestà di Ca- podistria, perchè solleciti i cittadini e que' del distretto ad unirsi ai militi di San Lorenzo del Paisinatico per marciare verso Ni-grignano (Squarcenich), castello dei conti di Gorizia, a ricupero dei furti fatti da que' castellani a danno dei Veneti. - 7, 22-12, 23.a 19. 1434. — Il senato cede a Luca del fu Marco Scrivani, notaio, un fondo paludoso entro i confini dell' agro giustinopolitano, situato a' piedi del monte Sermino, per erigere saline, verso l'obbligo della decima del sale. - 25,74.a 20. 1363. — Venezia delega il capitano del Paisinatico di Grisignana per ultimare certa questione di confine, insorta tra i comuni di Montona San Lorenzo e Parenzo. - 7, 31-21, lO.b 20. 1617. — La guarnigione veneta di Albona e di Fianona si misura con le forze austriache, guidate da don Baldassare Marradas; le quali, occupato eh' ebbero il porto di Fianona incendiano le barche ed i molini. - 12 III, 201. 21. 1291. — Venezia ordina al capitano d'Istria di prov- vedere con buoni cavalieri il forte di Moccò e di assegnare ad essi un mensile di soldi 40 oltre la loro paga. - 46, I, 179. 21. 1754. — Il senato conferma gli ordini dati dal capitano veneto in Raspo, Lorenzo Contarini, intorno ai boschi dell'Istria. - 44, 288. 22. 1797. — Si ritira da Trieste parte delle forze fran- cesi (700 soldati) dirigendosi verso Monfal-cone; il rimanente della guarnigione partiva il dì dopo per il Veneto. - 29. 23. 1345. — Il senato delega il capitano di San Lo- renzo del Paisinatico, il podestà di Cittanova e quello d'Umago per venire ad un accomodamento di confine con il conte d'Istria ; al Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. solo capitano poi dà la facoltà di aggiustare assieme al conte i danni che i sudditi si procurarono a vicenda dopo la pace ultimamente conchiusa. 7, 23-13, 9.a 23. 1748. — Il vescovo Gian Battista Sandi, partendo da San Nicolò d'Oltra, fa il suo solenne ingresso in Capodistria, e prende possesso della cattedrale e della diocesi. - 15. 24. 1314. — Muggia. Andrea del fu Ottonello giura in nome del Comune fedeltà perpetua a Guglielmo di Faganesco, delegato a ciò dal doge, e riceve lo stendardo di San Marco al . cospetto dei giudici Prencello del fu Valesio e Giobe de Giacogna, del consiglio tutto e di domino Giacomo di Cormonsio, vicario di Mainardo conte di Gorizia podestà di Muggia. - 46, I, 75, - e 32, 13. 24. 1674. — Maurizio Urbani ed Annibale Conti, delegati dal comune di Trieste, partono per Vienna a fine di esporre al principe il malumore della città, cagionato dalle estorsioni del capitano, Gian Filippo barone de Cobentzl. - 12, III, 318. 24. 1687. — Due fuste ottomane invadono Cittanova, la saccheggiano, trascinano seco molti prigioni e tra questi lo stesso podestà. Il vescovo era assente. - 1, III, 224. 26. 1334. — La pubblica galea viene avvisata di prendere in Caorle il neoeletto podestà di Capodistria, Giovanni Morosini ed i suoi addetti e di ricondurvi il di lui antecessore, Pietro de' Canal. - 7, 16-6 64.b 27. 1450. — Il doge Foscari investe domino Antonio de' Gartcianer dei feudi di Chersano e Sum-bergo, feudi di cui il Patriarca aquileiese aveva investito in addietro i di lui predecessori. - 4. 27. 1460. — Ducale Malipiero che delega il capitano di Raspo, Giacomo Marcello, per ultimare questione di confine, insorta tra Giorgio de' Herberstein, signore di Lupogliano e Semich e quei di Rozzo, sudditi di San Marco. - 4. 27. 1778. — Francesco Inzaghi, vescovo di Trieste, insignisce i canonici della cattedrale della croce d'oro con nastro rosso, concessione fattagli dall' imperatrice Maria Teresa. - 29. 28. 1291. — Il senato delibera di smantellare il castello di Muggia; parte questa che era stata respinta li 2 del mese in corso, e che ebbe però il suo pieno effetto col concordio 11 novembre di quest'anno. - 46, I, 181, - e 32, 11. 28. 1691. — Fra Paolo Naldiui, vescovo di Capodistria, ordina al pievano di Carcauzze don Giorgio Baichino di tenere i libri parrochiali in lingua italiana. - 15. 29. 1294. — 11 senato commette il trattamento degli affari risguardanti l'Istria al Consiglio dei trenta, mentre fino ad ora erano stati ventilati dal Consiglio dei Quaranta. - 46, I, 189. 29. 1549. — Trieste. Simone de' Eotta acquista da Ser Giacomo de' Eaunoch (della famiglia dei Eavignani di Firenze) il castello di Momiano con ogni sua giurisdizione. - 6. 30. 1397. — Il patriarca Antonio loda i buoni servigi del marchese governatore d'Istria, il cavalier Antonio Malizia-Caraffa di Napoli ; lo avvisa di affidare durante la sua assenza il castello di Pietra Pelosa al capitano Masello Tortello pure di Napoli e di raccomandarne a Bartolomeo Interamno la custodia. - 4. 31. 1432. —Il doge Foscari scrive al podestà e capitano di CapodiEtria, Ettore Bembo, di osservare e far osservare i capitoli rilasciati nel 1423 in favore dei villici dell' agro giustinopolitano. - 25, 15.a LA DOGANA Le grida di sorpresa dolorosa che si odono in tutta l'Istria sono per noi documento solenne dell' accoglienza fatta dai nostri comprovinciali alla notizia ormai divulgata colla pubblica stampa, come il consiglio dei ministri in Vienna, raccoltosi il 1 maggio corrente, abbia deciso che la nostra provincia debba entrare coli'aprirsi del 1880 insieme alla Bosnia, all'Erzegovina e alla Dalmazia nel territorio doganale della Monarchia, e che Trieste e Fiume rimangano porti franchi. Sono appena rimarginate le piaghe cagionate a questa nostra provincia dall'assurdo sistema doganale, organizzato circa venti anni fa, e che hanno dovuto togliere dopo qualche anno di prova, vinti dalla evidenza non delle ragioni che si andavano subito loro ripetendo, ma dei fatti che apparivano ogni giorno più palesi per dimostrare la rovina nostra e il loro danno. E fra breve siamo minacciati dallo stesso malanno della dogana, la quale, come allora, ci riuscirà insopportabile, perchè esperimento anche questa volta di un' amministrazione, che tentando vie senza uscita, ci farà pagare di nostra sac- j coccia e ci porterà il farmaco salutare quando ci j avrà esausti di forze !... 0 forse che noi dovremo ! pagare i tentativi degP industriali delle altre j Provincie austriache, i quali s'illudono di poter j smerciare tra noi i loro prodotti ed arricchire? ; Questa volta non ci viene fin'ora la dolorosa notizia, accompagnata dalla paterna assicurazione di voler curare i nostri interessi e sollevarci a migliori destini. È oltre una decina d'anni che le città della nostra costa, con tanto maggiore frequenza quanto più prossime, si vanno collegando per mezzo di leggeri piroscafi, alla laboriosa Trieste, che è il solo nostro mercato, la nostra sola alimentatrice. Da questa rapida, facile, frequente comunicazione ed a buon prezzo, vediamo crearsi tra noi una migliore esistenza come intorno ai margini di un' acqua corrente si vedono verdeggiare con maggiore rigoglio l'erbe e i fiori di quello che intorno all' arsa campagna delle cittadelle dell'interno, e si fan più frequenti le vie ai vari porti che più vicini offrono punto d'imbarco, e nuove industrie agricole si vanno introducendo, e si ricercano fonti di mercato prima ignote o poco curate, e si raddoppia il via vai dei provinciali; tutti importano ed esportano, chi le masserizie, chi nuove merci! Ed è tanto il crescere di questo movimento, che giorni sono si è costituito a Pola un comitato per una navigazione a vapore lungo la costa, oltre a quella privata di già esistente, e alla linea che vi mantiene il Lloyd. Tutta questa vita rigogliosa, che non abbiamo certo esagerata a nostro scopo, e che si manifesta dall'interno della provincia alla costa, e dalla costa a Trieste, fa più spiccato il contrasto con la quasi assoluta mancanza di movimento sulla linea ferroviaria, or sono pochi anni compiuta, la quale congiunge l'Istria direttamente coll'interno della Monarchia. Là si può dire che vi cresce l'erba, come sopra tutte le linee di strada costruite prima per l'interno, con lo scopa lodevolissimo che ognun sa. — Ma che? Si vorrà col chiudere mediante una sbarra il mercato nostro, farci invertire il movimento ? Grazie tante davvero! . . . Ciò che si potrà ottenere soltanto, sarà un rallentamento di quel moto benefico che abbiamo alla meglio descritto, difficul-tando le nostre operazioni con Trieste, e costringendoci a pagare più care le cose che ci abbisogneranno, e che non ci saranno però favorite a miglior mercato da Vienna nè da altri centri della Monarchia. Ma, per renderci tranquilli, ci si vuol assicurare che codesto sistema impossibile di separazione non durerà che poco ; fin tanto cioè, chea Trieste sieno pronti i magazzini per togliere il portofranco. Trieste sarebbe quindi inclusa con noi nella linea doganale, e ritornerebbe così la posizione di prima ! — O allora perchè cagionarci codesto malanno, se voi stessi confessate che tale sarà la conseguenza della separazione, sia pur momentanea, di quella città?.. Forse sperate cavar tanto dalle nostre tasche, già smunte, d'aggiustarvi una costola? — Fiume e Trieste giuocano a vicenda a chi ultima dovrà chiudere le porte, per guadagnare a sè, non foss' altro che per pochi mesi di libera entrata, la quale sarebbe assai utile per V avviamento tanto calcolato negli affari; ed è probabile che forse per una decina d'anni non sia tolto il portofranco in que' due porti. Per dieci anni dunque, noi vivremo separati da Trieste; ma fosse pure una sola metà, essa basterebbe per rovinarci: un anno solo . . s pochi mesi renderebbero sensibile danno così come siamo con le fila tese qual ragnatelo fra Trieste e l'Istria. Noi speriamo, nè vogliamo abbandonare questa speranza, nelle rimostranze solenni che sapranno fare tutti i Comuni dell'Istria, con a capo la sempre benemerita e operosa nostra Giunta provinciale; e se mai per avventura la Camera di Commercio sentisse qualche pulsazione di vita, ecco qui l'occasione: si raccolga, agiti, fornisca mezzi a tutti di combattere, perchè tanta sciagura sia scongiurata dalla nostra infelicissima provincia ! GLI ISTRIANI SUL MARE Se v' ha regione la quale possa andar lieta Mia posizione che natura le ha assegnata, questa è, in verità, l'Istria. Tuttoché situata in latitudine media, mercè il riparo dai soffi d'aquilone che le procura il ramo delle Giulie da cui si diparte, essa gode di una temperatura mite, talché la vite, l'olivo, e il mandorlo, propri piuttosto a climi meridionali, vi prosperano abbondanti e rigogliosi. Plasmata a forma triangolare, essa corre a declivio entro un mare ricchissimo, nel quale protende il vertice inferiore come se vi si dovesse immergere, e le cui sponde, a brevi distanze, sono abitate, da centri popolosi eminentemente produttori e civili. Ha i due lati maggiori su due golfi, segnati da due città commerciali, entrambi teste di linee ferroviarie a vaste ramificazioni. Dirigendosi il suo asse verso mezzogiorno, tutta la faccia della penisola riceve senza ostacoli e nella medesima intensità la benefica influenza dei raggi del sole, generatore e fecondatore primo della vita. Ha nel suo grembo elementi di ricchezza considerevoli che coltivati secondo i portati della scienza moderna, basterebbero da soli a procacciare al paese una prosperità invidiabile. Le sue condizioni telluriche non sono forse qua e là le più propizie, chè la porosità del suolo e la refrattarietà del sottosuolo calcare fan sì che le acque piovute per ristoro dell'agricoltura e della pastorizia deviano disperse, a danno certo della economia generale e, altresì, in taluni punti della pubblica salute. Ma per ciò che riflette la salute pubblica, molto può essere provveduto dall'arte — ne sono esempio Pola, vari paesi delle Ro-magne, e tutta la maremma toscana, oggi fiorente e sanissima in ogni sua parte. — Resta il danno recato all'agricoltura. Ma quale è il paese che sotto qualche aspetto non lasci alcunché a desiderare ? Al grave inconveniente lamentato fanno però riscontro non pochi vantaggi di diversa natura, dei quali è mestieri tener conto. Non vi sono infatti molte Provincie, come 1' istriana, le cui popolazioni possano in un tempo occupare la loro attività nell'agricoltura, nella navigazione, nella pesca, nelle svariate e molteplici industrie che a quei rami hanno attinenza, nonché in molte altre. Ho sentito più d'una volta lamentarsi i miei conterranei che natura è stata loro matrigna piuttosto che madre; ma io che ho pure, confessi, potuto studiare il mio paese, io che ne ho veduti e studiati tant' altri, che ho fatto tra questi e quello comparazioni spassionate, devo dire, per la verità, che il loro lamento non è punto giustificato. Chi ha assistito alla mia conferenza sugli interessi economici dell'Istria, tenuta qualche anno fa a Rovigno, sa benissimo su che cosa codesto mio giudizio si basa, sa quante vie di lavoro e di risorsa l'Istria ha aperte davanti a sè. È quistione di approfittarne. Deploro che il tempo mi faccia difetto e le cure quotidiane cui devo attendere non mi permettano in questo momento di riaccennarle diffusamente e di trattarle, come vorrei, nelle colonne ospitali di questo periodico. Ma parlando della navigazione degli Istriani obbiettivo principale delle presenti considerazioni, qualcuna per incidenza ne toccherò. L'Istria non è soltanto favorita da una posizione eccezionalmente propizia, non è soltanto provvista di buoni elementi di produzione, ma ha altresì abitanti svegliati, acuti, coraggiosi, intraprendenti, sobri e di integrità e robustezza di carattere da permettere che sul loro conto si concepiscano le più grandi speranze. L'Istriano, tenuto sulla sua terra natia, conduce vita relativamente stentata, ha aspirazioni limitate, gli slanci della mente contesi ;da difficoltà d'ogni genere ; messo sopra base più vasta, in ambiente più largo le sue virtù tosto si manifestano, si sviluppano, si rinvigoriscono. e talvolta con sorpresa di lui medesimo, in breve 10 innalzano sul comune livello. A cagion d'e-sempio, nel Regno d'Italia istriani ve ne sono parecchie centinaia, per non dire migliaia, e posso asserire, senza tema di essere confutato, che non ve n'ha alcuno che si trovi ultimo fra i suoi uguali. Nell'esercito, nelle università, nei dicasteri, nel giornalismo gli Istriani occupano posti onorevolissimi, benché mai scompagnati da quella modestia tradizionale che caratterizza il vero tipo istriano. Un paese dotato di siffatti elementi, perchè non è agiato, che cosa vi è che gli impedisce di divenirlo? Ecco un problema che gli studiosi dell'Istria dovrebbero seriamente considerare e trovar modo di risolvere. Dei tre rami principali che costituiscono la ricchezza istriana, la navigazione è il secondo. L'Istria è stata sempre un paese eminentemente marittimo. Dacché memoria di carte ci sorregge, troviamo che dal mare gli Istriani hanno ricavato gran parte del loro sostentamento, talvolta vere messi d'oro. Tre quarti della ricchezza che i vecchi istriani, con paziente lavorìo di secoli, hanno tramandato ai loro nipoti, sono frutto di fatiche sull'elemento infido. Il mare è anche quello che ha fatto forte ed ardita la schiatta istriana, quella schiatta cotanto nobilmente ricordati, nei fasti della Repubblica Veneta e dovunque la gloriosa bandiera di S. Marco ha sventolato. Al mare gli Istriani devono dunque anche oggidì rivolgere gran parte della loro attività e intelligenza. La navigazione che più è stata loro proficua è quella ch'essi hanno esercitato lungo e traverso l'Adriatico, con quelle piccole navi a vela di stranissimo tipo che si chiamano trabaccoli e braz-zere, e per le quali l'attività e il coraggio son tutto, doti nelle quali gli istriani non temono davvero rivali. Una doppia iattura ha però colpito da alcuni anni a questa parte codesto mezzo di navigazione: la concorrenza delle navi a vapore e 11 distacco politico delle due coste opposte dell'Adriatico. Staccata la Venezia dall'Istria, i trabaccoli della costa orientale non hanno più potuto approdare nei porti della occidentale, le barriere doganali avendone tolta la convenienza. Rimane loro la percorrenza da Trieste al Levante lungo il litorale austro-ungarico ; ma questa è frustata dalle navi a vapore, che non disdegnano di raccogliere le più piccole briciole. La navigazione a vapore ha ucciso, e per sempre, quella a vela. Che rimane dunque a fare agli istriani? Forse restarsene neghittosi, le braccia al seti conserte? Non istà ciò nella loro natura, non lo permette il loro interesse. Navigatori nati per tanti secoli, non devono cedere il campo di casa loro a chichessia. Se il materiale a vela col quale hanno raccolto tanti allori sul campo del lavoro marittimo non serve più ai loro bisogni, lo abbandonino, come l'agricoltore abbandonerebbe la zappa se uno strumento più adatto allo scopo cui tende gli venisse indicato, come il carrettiere ha abbandonato il suo veicolo per mutarsi in fuochista ! e in macchinista, secondando le esigenze dei tempi, i La popolazione marittima istriana, divisa com'è in piccoli centri troverà senza dubbio non lieve difficoltà a tramutare il suo naviglio a vela in tant'altro a vapore; ma se i trabaccoli per lo passato erano la risultante delle forze economiche di uno o più individui, i vapori possono essere quella dei vari centri di popolazione uniti nel medesimo intento. Se l'eco lontana che mi giunge dall'Istria non m'illude, un progetto per una società di navigazione a vapore istriana parebbe far capolino tra i miei conterranei. Ma se desso sta come viene fatto conoscere a me, io temo fortemente non possa giungere a maturanza, o se sì, che risulti un figlio nano di sforzi erculei. Quegli egregi miei conterranei che si sono messi alla testa di una società di navigazione a vapore per l'Istria, pensino bene che la loro i-niziativa generosa non è scevra di pericoli e di una responsabilità grandissima. L'Istria è una provincia che, nel campo marittimo specialmente, ha subito disinganni crudeli, e se un nuovo ne le avvenisse potrebbe esserle estremamente fatale, non tanto per la perdita materiale del momento, quanto per le conseguenze morali che ne risulterebbero. Una società di navigazione a vapore istriana, perchè possa avere vita sicura e relativamente rigogliosa, deve costituirsi colle forze di tutte, o quanto più è possibile, città marittime della provincia, non trascurando i legami con quelle dell'interno ; e gettare le sue basi in un porto che non sia militare. Senza codesti due requisiti ele-mentarissimi la società proposta non riescirebbe che un aborto. Non ho bisogno di addur ragioni per giustificare l'indispensabilità del secondo requisito. Chi s'intende di cose marittime ha per assioma che il porto militare è la negazione di quello commerciale : si può rivolgere gli occhi dovunque si voglia e non si troverà nessun porto militare che il commercio abbia scelto a sede delle sue società di navigazione ; dovunque il commercio ha anzi sempre sfuggito i porti militari. Per l'Istria vi sono anche ragioni speciali che vanno contro l'istituzione di una società di navigazione con sede a Pola. Rovigno, Parenzo, Pirano, Capodistria sono città che hanno una tradizione marittima rispettabilissima, buoni porti e ogni elemento per dare sviluppo ad una società di navigazione patria, che oggi giaciono pressoché inoperose in seguito alla concorrenza delle navi a vapore. O perchè non si trova più addatta una di esse per la società in embrione? Quale è il motivo che le fa escludere ? Non si pensa che tale esclusione, oltre che essere ingiusta, impolitica può anche essere fatale agli interessi della società nascente ? È possibile che Rovigno, Parenzo, Pirano, Capodistria rinunzino alla navigazione ? E non rinunziandovi, non potranno esse, alla loro volta, mettersi in campo con vapori propri? E allora?..... Quando nella conferenza più sopra accennata 10 ho messo innanzi l'idea di vedere gl'Istriani risolcare il mare colle navi a vapore anziché con quelle a vela, io partiva da un concetto ben diverso da quello che sento essere ora in via di attuazione. Io non ho mai saputo pensare ad una società che non fosse istriana, nel vero senso della parola, che non comprendesse cioè quanta più forza dell'Istria era possibile raccogliere, senza preferenza maggiore per una od altra città. E la mia idea s'allargava di più. Mio intendimento era pensare eziandio allo sviluppo degli interessi e-conomici terrestri della provincia, ond'essi fossero di sostegno a quelli della navigazione, e viceversa. Non è che in questo modo che si può togliere l'anemia all'Istria, non è che in questo modo che l'Istria potrà iniziarsi ad una nuova vita di lavoro proficuo senza tema di disinganni e di ricadute crudeli. L'Istria nelle industrie può fare prodigi, perocché vie aperte ad esercitarne ne ha moltissime, ed io non mancherò di dimostrarlo iu un secondo articolo. g. m. COMISPOIDESZE Albona, IO maggio 1879 Il 25 aprile una carovana di zingari, *) che fra adulti d'ambo i sessi e fanciulli si fa ascendere a cento e più individui (e da cento e venti a cento ottanta secondo le diverse stime), procedendo da Clava presso 11 porto di Fianona, ove era accampata da tre giorni, prese la direzione d'Albona, senza essere stata minimamente annunciata o da qualche autorità o dai precursori della carovana stessa. Arrivata alla tenuta di Dobróva dei Baroni Lazzarini-Battiala, da cui si vede Albona, i capi si disposero ad accampare e a far spiegare le tende, ma l'energico agente dei predetti ^signori, comparve tosto sopra luogo ed interpose il suo *) Anche a Capodistria abbiamo avuto nei giorni scorsi una numerosa compagnia di zingani, venuta da Pinguente; ma mercè la pronta intromissione dell' autorità fu allontanata e inviata al suo destino. N. d. R. veto. La carovana proseguì allora e spiegò le sue tenda sulle grotte presso il laghetto di Marcilnizza. Da questo quartier generale gli ziugari si divisero in piccole brigate ed invasero Albona e tutto il contado fino al mare e all'Arsa. Le loro operazioni erano le seguenti: Racconciare caldaje. — Due tre di loro entravano nelle case e nelle cucine, domandavano caldaje, e volere 0 non volere se ne impossessavano, procurando di scambiarle con peggiori, e rubando anche altri oggetti. Reca meraviglia che caldaje ritenute dal proprietario per istagne erano bucate appena venivano nelle mani di cotesti zingari, e quando si andava d'accordo per abbuonare il peso maggiore e qualcosa per la fattura, il peso aumentava in modo inesplicabile; indi contrasti e prepotenze, che cessavano soltanto quando s'abbattevano in più forte resistenza. Cambiare valute. — Presentavano per frodare pezzi da 20 franchi, banconote da 10 fiorini, talleri di Maria Teresa. Gli avveduti che si seppero salvare dall'inganno lo raccontano tuttora, i gabbati taciono. Le operazioni poi delle donne erano di mendicare colla proverbiale loro insistenza, d'involare quanto potevano e di fare le indovine verso mercede e in pari tempo di rubare. I pascoli privati servivano pei cavalli della carovana e le legna per le 13 tende che tenevansi illuminate giorno e notte. I capi della carovana erano: un capitano, un suo fratello col titolo di scrivano o segretario, ed il vecchio padre col titolo di eupano. Parlavano il greco, il serbo, il rumeno (tutti poi conoscevano la propria lingua orientale) e corrottamente l'italiano. Erano armati di moschetto a capsula e di revoltella. Essi dicevano di venire dalle Isole Ionie in parte, ed in parte dal Montenegro, ed aveano ricapiti di viaggio in buon ordine, il che è sorprendente, perchè si domanda come si permetta a simili sbandati di traversare impunemente la nostra provincia, che è fuori d' ogni linea di carovane e di commercio, come si permetta loro d'invadere poveri comuni di campagna senza preavviso, senza autorità politica e sufficiente forza militare che li scorti. Col loro costume di mangiare carne di animali crepati, e di tenere cavalli prossimi a crepare potevano diffondere malattie contagiose, epizoozie. Nel Comune di Chersano si fermarono otto giorni, e là divorarono 1 porci loro crepati e perfino uno già seppellito; celebrarono nozze, se vere o finte non consta. Un contadino di quel Comune cui avevano recato ingenti danni nel bosco e sui campi si disponeva a denunziarli ; lo invitarono in osteria e lo persuasero di fare da padrino a due zingarelli nati allora e così fu assopita la denunzia. Si scusarono poi che mancando un sacerdote di rito greco non potevano battezzare i neonati ; forse anche la nascita sarà stata inventata. Uno stradino riferisce di aver interpellato il capobanda degli zingari di quanti individui fosse composta la banda riunita, che invase i territorii di Chersano, Fianona ed Albona, e di aver avuto in risposta che fossero 163. Lo stradino si mise poi a contarli e trovò realmente 163 individui, compresi i fanciulli. La banda riunita allontanossi il 29 aprile da Marcilnizza sotto Albona, accampossi in vicinanza della strada distrettuale e dell'Arsa nel territorio di Pedena, ed aveva stabilito di dividersi in tre bande, prendendo diversa direzione. Pisino, 11 Maggio Le mine ei monumenti dell'epoca romana che tro-vansi qui e qua in Istria, ci destano tal sentimento di compiacenza, che la ricerca e l'ammirazione per qualunque rottame e frammento di tal fatta, ci divaga in modo da quasi non pensare de' tempi a noi più vicini. Ma se ci arreca soddisfazione il sapere che la civiltà romana era qui in casa propria, non meno ci dovrebbe interessare di risaper il mutarsi degli usi e costumi qui in provincia nei medio evo, ed in ispecialità negli ultimi secoli, ne' quali si deve presumere l'esistenza delle nostre famiglie in questi luoghi. Nelle maggiori cittadelle istriane l'idea d'un avita civiltà si presenta anche per induzione; non così nella Contea di Pisino, dove gli antichi borghi murati, andati in decadenza, presentano condizioni sociali oggi, da cui non si possano facilmente arguire quelle de' tempi passati. Non v' ha dubbio perciò che ogni notizia in proposito verrebbe molto gradita; sicché non mai dovreb-besi trascurare l'occasione per rintracciare vecchie scritture, e trovando qualche particolarità acconcia, renderla di pubblica ragione. Trovatomi testò a Pedena, i signori Luigi e Francesco Braissa (famiglia oriunda di Gallignana, però da due secoli stabilita a Pedena, e ch'era tra le borghesi più ragguardevoli della Contea) furono cortesi di lasciarmi frugare nelle vecchie carte di famiglia, e vi trovai atti e corrispondenze che danno una bella idea del vivere urbano e della coltura intellettuale, in ispecialità dei sacerdoti, dei capi del comune e dei giudici dell'onoranda banca (consiglio comunale) dei due secoli ultimi decorsi. Riporterò anzi tutto un brano del testamento esteso dal pubblico Nodaro Giov. Carlo Cavalieri in Novaco li 7 ottobre 1708. " Maturamente considerando il pio religioso reverendissimo Monsignore Don Giovanni de Turi. Arciprete e Pievano di Novaco, il stututo Divino, col quale è j dichiarato che ciascuno che nasce huomo non può vi- ' stirsi della Gloria Celeste se prima non si spogli di questa | humana vita, qual sano di mente, sensi, intelletto, perciò volendo colla facitura del presente suo Codicillo prevenire a fine dopo si compiacerà S. D. Maestà chiamare 1' Anima sua a sè, non solo non sia adempita sua pia mente e dispositione, ma anco non nascano litigi et contrasti tra li parenti, perciò fece chiamare me retroscritto Nodaro con impormi scriva come segue. Et imprima raccomanda l'Anima Sua alla Maestà del Signor Iddio, alla Gloriosa Vergine Maria, alli Suoi Santi Protettori S. Giovanni, S. Giuseppe, S. Francesco, S. Antonio e a tutta la Corte Celeste, il corpo poi exanime alla Santa Madre terra dalla quale prese origine e vuole sii sepolto nell'Archa Parochiale, et sijno chiamati quanti Religiosi si potrà havere et così parimenti delli confratelli di San Spirito di Gallignana, alli quali per non potersi detto giorno fare il pranso, stante in-dispositione della sua sorella e Cognata in Gallignana vuole dunque et ordina che a ciascun Religioso sii contribuito un Ducato per detto loro viaggio et S. Sacrificio quali celebreranno il giorno del suo Obito^ et alli Confratelli secolari pure di S. Spirito vuole sii corrisposto lire tre per cadauno quali comparirà alle nominate sue essequie„. Dall'atto stesso si apprende che a Gallignana v'era ! pure un'altra confraternita delle Anime del Purgatorio. j Più interressante è il testamento di ^Monsignore ' Pietro Antonio Gaus d'Omperg, Abbate di S. Giorgio in Canal, di S. C. M. Consigliere, Dottore della Sacro Santa Teologia, Signore di Gollogorizza e Vescovo di Pedena ecc. esteso nella città di Pedena, nel palazzo Episcopale, nella Camera chiamata Stuva„, dal pubblico imperiale notaio Cristoforo Hainoga in Pedena li 17 Settembre 1714, di cui venne estradata copia autentica nel 1743 controfirmata dal Vescovo Bonifacio Cecotti. Merita far punto ammirativo sulle seguenti disposizioni: " Item vuole et ordina Sua Signoria Illustrissima e Reverendissima, che subito dopo la sua morte li vengano lette e celebrate messe basse due mila, dico 2000, dovendo esser pagata cadauna messa con soldi venti,, idest lire una secondo il solito del paese,. — A cui si riferisce altra disposizione nel codicillo, cioè: „ Item Le due mila messe basse che in deto testamento ha lasciato per suffragio dell' Anima sua, ordina Sua Signoria Illustrissima e Reverendissima siano celebrate prontamente dalli Monsignori Capitulari, e religiosi di questa Città messe mille, e dalli Monsignori canonici e religiosi di Fiume altre messe mille più presto sarà possibile. " Item Sua Signoria Illustrissima e Reverendissima lascia, e lega due mila messe basse prò pluribus de-functis, sia pagata cadauna messa con lire una secondo il solito del paese. Item messe basse per l'anima d'un sacerdote N. 500 e per l'anima d' un laico altre messe basse N. 500. Riporterò pure due intestazioni di contratti nuziali : L'anno dell' humana salute 1750. " Essendosi trattato per inspirazione Divina, interposizione de buoni amici per verba de futuro il santo Matrimonio tra 1* onesto giovane.....e tra l'onesta giovane Antonia. „ L'anno dell'humana salute 1787 ecc. "Essendo per intervento dello Spirito Santo seguito l'odierno giorno il contratto matrimoniale per verba de futuro giusta il sacro concilio di Trento e rito della Santa Madre Chiesa, tra la pudica et onesta vedova Mattia ..... e tra l'onorato vedovo giudice Giacomo Luches ....... Infine per oggi faccio ancora menzione di una lettera scritta dal parroco di Faas li 28 Dicembre 1712al Sig. Ant. Braissa in Pf.dena, 8 raccomandata pel celere ricapito a Monsignore Pievano di Gologorizza,,, in cui esso pa-roco partecipa all' amico, "che la città di Pedena ha-vrà questa prossima quaresima un bravo predicatore cappuccino *. Per cui " i haverà pizza i signori Dottori „. — Questa lettera dimostra che c'era un pensiero a far ricapitare lettera da Pass a Pedena; che non soltanto Pisino aveva il predicatore quaresimale ne' tempi addietro, a ricettare il quale provvide il Mosconi in testamento nel 1550 o di quel torno ; che poi, supponendo invidiosi di ciò gli abitanti di Gallignana, si debba ritenerli colti quanto basta per desiderare ed intendere un buon predicatore; ed infine che i medesimi ebbero 1' epiteto suddetto prima del 1712. ©{p©Tuja (parentea Dal resoconto 1 gennajo 78 fino al 31 dicembre dell' anno stesso, che ci venne cortesemente favorito, rileviamo le prospere sorti di questo nobile sodalizio: Il civanzo di cassa dell' anno precedente fu di fior. 3000 in pubbliche obbligazioni, f.r 279.71 in denaro contante; gl'introiti per restanze attive dell'anno precedente e per contribuzioni dell'anno di gestione di fior. 970.34; il ricavato netto di nna festa da ballo eh' ebbe luogo a favore della Società addì 28 febbrajo 1878 di f.r 133.38; il cambio di due pezzi da f.r 1 in argento, gl'interessi attivi sopra obbligazioni dello stato, le obbligazioni del prestito unificato dello Stato, tutto del complessivo importo di fior. 463; per cui la somma totale degl'incassi fu di fior. 3300 in obbligazioni pubbliche, fior. 1563.69 in denaro contante. Da questo diffalcati gli esiti con fior. 1436.22 V2 rimane un civanzo di fior 3300 in obbigazioni pubbliche., e di fior. 127.4672 in denaro contante. Lo stato attivo della società colla fine del 78 fu di: N. 6 obbligazioni del prestito unificato in carta, fruttante l'interesse annuo di fior. 4 sol. 20°/0 del valore nominale, calcolato al prezzo di borsa del 31 dicembre 1878 a fior 61.55% di fior. 2031.15; civanzo in denaro contante come sopra addimostrato con fior. 127.46'Za; totale della sostanza attiva depurata col 31 dicembre 78 di fior. 2158.61 %. La sostanza attiva col 31 dicembre 77 ascendeva a fior. 2246.15; l'attivo si è quindi diminuito durante il 78 di soli fior. 87.531/*. Appunti bibliografici LETTURA FEMMINILE Donnina forte. Confidenze di Donna Conny. Milano, Carrara 1879. II Manoscritto della Nonna. Maria Grazia Riola Mancini. Milano Brigola 1879. Poesie di Grazia Pierantoni Mancini. Bologna. Zanichelli 1879. Ecco qui in un gruppo, come le tre grazie antiche, tre brave donne che vi vengono innanzi. Prima di parlare di un libro edito da una signora, non sono molti anni passati, il critico dovea fare le sue brave riserve; e vi presentava la signora tale de' tali come i un'eccezione, come un fenomeno straodinario, e quasi vi domandava scusa di avere osato, e metteva, come si dice, le mani innanzi per non cadere, tanto per far capire che le donne hanno a procreare figliuoli e fare la calza, e non intingersi le bianche dita d'inchiostro. Senza perdersi in vane questioni, sul come e sul quando ; senza chiedere il permesso al sesso forte, le donne si sono messe all'opera; hanno studiato, hanno scritto, si sono imposte ; ed oramai, dopo i fasti della Sand, della Percotto, della Milli, della Lutti, della Fusinato, della Cecchetti per tacere di tante altre forestiere e nostre, ehi volesse dissimularne il nome e le opere dovrebbe lasciare in bianco molte pagine della storia letteraria del secolo. Una specie sola non accettiamo; la donna letterata pedante, e ciò per amore del sesso gentile. Per la Venere di Milo! donna e pedante sono una stuonatura orribile; tanto è dire che una bella signorina possa venirci innanzi con un pajo d'occhiali verdi sul naso, e due palmi di finta barba da tiranno sul mento. Speriamo che le signore non accuseranno di tirannia il sesso forte, se rivendica la poco invidiabile prerogativa di seccare il prossimo. Abbasso dunque le poetesse che vestono alla Corinna, alla Saffo, che citano versi latini ; e ben venute le gentili signore, che, dopo aver adempiuto ai doveri di una grande missione, così senza parere, tra filo e filo, ci regalano i frutti del loro ingegno. Ed ecco qui uno ; dopo l'altro tre bei libriccini: un racconto, una raccolta di massime morali, un saggio di versi. Cominciamo dal racconto. Donnina forte. È una gentil signorina, da poco uscita, si capisce subito, dalla scuola superiore di Milano dove insegnano il Professsor Rizzi, e il De Castro figlio al nostro Vincenzo con quel frutto che tutti sanno. Anzi il libro è dedicato — alla carissima signora Carlotta Rizzi Cella, moglie del professore: taglierini insomma fatti ili casa di Via Borgospesso. Ecco, se tutte le scuole dessero di questi risultati, pregherei il signor ministro di fare una bella fiammata di tutti i programmi, e di lasciare un po' la mano libera ai rispettivi maestri. Il Professor Rizzi di fatti può dire: il programma sono io; e a chi gli chiedesse di estendere l'annuale relazione può mandare per tutta risposta — La donnina forte. Confidenze di Donna Conny. E non si ha a credere che siano di quelle solite confidenze che le ragazze si sussurrano .all' orecchio. Tutt' altro. La Conny dà in persona prima una lezioncina di morale pratica alle ragazze della buona società, tirate su alla moderna nella scuola popolare con grande scandalo delle vecchie matrone. La democrazia di Donna Conny va più in là dell'ideale del poeta (il Prati, se la memoria non m'inganna, quando canta: "E la donna del volgo e la dama Sulla panca d'abete pregò., È un ideale sbagliato; con cinque centesimi si compera a Milano anche in chiesa il posto riservato. Donna Conny può dire con più verità: "E la donna del volgo, la dama, Sulla panca d' abete studiò. Ma questo spirito d' eguaglianza è contenuto nei giusti limiti e corretto dall'educazione; se Conny è capace di andare a far visita alla fruttivendola, già sua compagna di scuola, che abita in una casuccia nera, di riscontro al suo palazzo; diventa poi di fuoco, quando un' altra sua compagna di scuola, un poco di buono, con una vociaccia sgarbata e fessa da Porta Ticinese le grida dietro : Ciao Conny ! Questa visita alla fruttivendola dà luogo a un caro quadretto di genere; e non mi pare, domando perdono alla Marchesa Colombi, (*) niente affatto un' eccentricità, una democrazia spinta. Non è una visita per progetto, non è un' affettazione di popolarità : Conny vuol vedere la migliore amica di scuola, il suo Moscerino ; è un bisogno del cuore : ecco tutto. Ma in casa della giovinetta ci bazzica un cugino, come ce ne sono tanti, sciocco, sgarbato ma bello. Conny lo deride ; ma un po' alla volta la poverina, inesperta del mondo, ci casca, massime quando lui per progetto comincia a far l'uomo serio, e a guardarla con certi occhioni. Tagliamo corto. La giovinetta lo ama ; è il suo primo amore. Non vi aspettate i soliti chiari di luna; nè cormentalismi nojosi : la narrazione procede rapida ; il disinganno non si fa aspettare. Il cugino specola sulla dote della cugina; ed ella lo scopre per quello che è, un vanesio, uno scapestrato. Morale del libro — "Conny sa quanta leggerezza, quanta slealtà e quante colpe si trovano nella giovine società ; e saprà capire, studiare e rimaner sempre in alto, sopra a tutti, la donnina forte. „ Le ragazze educate non muojono asfissiate nè tisiche; un lampo pieno di alterezza, e qualche volta di sarcasmo splende nel loro sguardo. Se il racconto, come pare, è subbiettivo; se Conny e Carletto sono copiati dal vero, Conny si è vendicata da ragazza di spirito ; la stupida boria di Car- (i) È un appunto fatto testé nel Fanfulla dalla Marchesa Colombi, pseudonimo della spigliata scrittrice, la signora Torelli., meritamente salita in fama. letto ha ricevuto il colpo di grazia. E tutto ciò è raccontato con amabile spigliatezza e rapidità, senza pose drammatiche, senza descrizioni nojose. La narrazione corre per via di dialoghi: corre qualche volta troppo : anche la fretta ha i suoi riposi. La scrittrice è figlia del suo secolo. Adesso si va, si corre per le vie ; si hanno cento cose sulle braccia ; chi ha mai tempo di fermarsi per istrada a guardar le guglie del duomo; se mai, un'occhiata, nelle vetrine della modista, e via. E il correttivo di quelle pagine eterne, di que'colpi di scena, di que' paroloni d'effetto che ci accapponavano la pelle venti anni or sono. Nei libri avvenne come in teatro. Una volta il gestire pomposo, e certe sbracciate larghe un metro, cadenze rettoriche, pose plastiche, e larghi passi segnati prima sul palcoscenico col carbone. Adesso siamo all' eccesso opposto. Passini, attucci, dia-loghetti, reticenze, silenzi, controscene in miniatura, causerie (ci metto auche io il mio aristocratico francesismo, tanto per far riscontro a molti altri) ; e poi verso la fine della scena, sull'uscio del gabinetto, favellìi sommessi, insistenti, incalzanti, cenni del capo, movimenti rapidi delle mani : il pistolotto della semplicità (2). Quando si avrà trovata quella benedetta via di mezzo faranno il famoso piacere di dirmelo. Eaccomando il caro libretto alle giovani quale un'utilissima lettura; ed anche alle ragazze delle scuole triestine - istriane, dove se ho a giudicare da certi saggi stampati, domina ancora la rettorica femminile, come è naturale, la peggiore di tutte le rettoriche, e si foggiano i periodi sullo stampo di quello del conciossiacosafossechè, con grave pericolo di sventolarci troppo i polmoni. La spesa del libretto è addatta a tutte le fortune; e con una sola lira il bravo Carrara ve lo spedisce, credo, anche franco di posta. Ha ragione, la marchesa Colombi; dei peccati ne ha tanti sulla coscienza il Carrara, provenienti da scelte male consigliate: e di queste una recentissima di cui parleremo in breve. Gli siamo proprio grati della edizione di questo raccontino e l'accettiamo come un'emenda de' passati trascorsi. Ben venga innanzi la seconda. Il manoscritto della nonna pubblicato per cura della nipote Grazia-Mancini-Pierantoni. Un saluto alla cara vecchietta che ci sorride nella prima pagina, una di quelle care vecchiette con l'aristocratica cuffia, che si mettono, si capisce, un tantino in sussiego per l'uggia del posare ; ma che hanno sempre dischiuse le labbra al sorriso benevolo del Torti. E se un velo di dolce mestizia adombra la sua fronte, gli è perchè pensa forse al figlio già emigrato, perseguitato dal Borbone, a Pasquale Mancini, il dotto legista ed uomo di stato che tutti conosciamo. La nipote ci ha messo di suo una breve biografia della nonna; segue il manoscritto intitolato - Avvertimenti a mio figlio. Non è dunque un arido trattato di morale, come ce ne sono tanti nelle nostre scuole. Una madre, prima di tutto, parla col cuore. E gli ammaestramenti del senno, dell'esperienza, dello studio non mancano; il libretto presenta una felice armonia fra le teorie della rivoluzione francese, e le dottrine della restaurazione religiosa. Perciò alle numerose citazioni delle massime filosofiche del Rousseau, e del Voltaire si trovano innestate con preferenza le cristiane del Pellico e del Manzoni. Souo due secoli, Vun contro Valtro armato, (2) Pistolotto, parola convenzionale dei comici a indicare quel rinforzare dell' azione al termine della scena per istrappare 1' applauso. ma non è un despota, è una donna che si asside in mezzo a loro ; e opposte tendenze assimila con intelletto d'amore. Raccomando il libretto alle giovani nostre maestre ed alle allieve della scuola magistrale. Ed ora, dulcis in fundo, dopo la nonna ho l'onore di presentare la nipote Grazia Mancini Pierantoni. Una sera, mi trovava come al solito dal mio libraio a dare un'occhiatina alle novità. Fra i tanti Elzeviri mi cadde a caso lo sguardo su di un elegante volumetto di poesie, e brontolando — saranno delle solite — cominciai a leggere tra foglio e foglio. Era una composizione carina, gentile ; un soggettino intimo, all'inglese — Al mio caminetto. — Oh oh ! dissi, anche il Zanichelli si rende pentuto e confesso; e i suoi tipi, come la lancia d'Achille sono cagione : Prima di trista, e poi di buona mancia. „ Guardai sulla copertina; erano le poesie di una signora, di Grazia Mancini Pierantoni, nome già noto favorevolmente alle lettere italiane. Quella sera non potei leggere di più, senza compromettere il borsellino; ma quell'allegra fiamma, quel caminetto, quella scena santa di famiglia, quella mamma che aggiunge legna al fuoco perchè sente venire il babbo, e stringe al seno i figli e raccomanda loro di credere sempre e sperare, e sopratutto di amare, mi si aggirarono tutta la notte per la fantasia destandomi il desiderio di poter leggere ad agio il volumetto. Pochi giorni dopo lo rividi sul tavolo di un amico : sono argomenti di genere intimo, forse troppo intimo ed unilaterale. Al realismo di moda, la scrittrice oppone quelle che il De-Sanctis troppo crudamente chiama — caricature di costruzione ideale. La poetessa ricorda le beate fantasie dell'adolescenza e il primo affetto d'un angelo sognato, ed esclama: Chi pensato l'avria Che dal sublime di quel santo affetto Sarei discesa a chiudere nel petto D'un mortale l'imago? Intendo, apprezzo, ma l'egregia signora sa meglio di me che a questi lumi di luna ci vuole una certa temperanza per non iscoprire troppo il fianco e dar materia agli avversari di cavillare, e di rincarire per picca la dose. Ella crede che la missione del poeta consista nel "Far l'ateo credente,, e che poeta voglia dire: .........anima ardente Sempre anelante all'infinito, a Dio; Che ignora il male, al bello è reverente E sprezza il moudo rio. Quanto ad anima ardente, convengo; però non parmi (ne chiedo venia all'egregia signora) che il poeta abbia ad essere proprio ignorante del male. Io torno col desiderio al caminetto, a quella, tal pedata dell'anno custode in carne ed ossa, ai bimbi, alla loro fede, alla loro speranza, e cerco l'| ideale nelle guance rosee, nel sorriso, nei grandi occhioni dei nostri fanciulli meglio che negli occhi a mandorla, nei santi improsciuttiti, e nelle smilze Madonnine dei Giotteschi e compagni. E si ha pure a concedere qualche cosa al genio dei tempi. E' prudenza, èi politica se non altro. Ma così, come sono, raccomando questi versi gentili spiranti affetti degni della nipote della nonna, alle poetesse emancipate che, date all'aure le chiome, ed i veli ai venti, dall'alta rupe spiccano il salto di Saffo nel mare della rettorica. P. I.