ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Received: 2017-03-18 DOI 10.19233/AH.2018.27 Original scientific article ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ANNI DELLA GUERRA FREDDA Raffaele NOCERA Universita degli Studi di Napoli "L'Orientale", Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Largo S. Giovanni Maggiore 30, 80134 Napoli, Italia e-mail: rnocera@unior.it SINTESI Il presente articolo affronta alcuni aspetti delle relazioni politico-diplomatiche intercorse tra l'ltalia e l'America Latina nell'arco temporale compreso tra l'immediato secondo dopoguerra e la meta degli anni Cinquanta. E questo un periodo ancora poco indagato dalla storiografia, se si eccettuano alcuni lavori di Aldo Albonico, basati su una prima analisi della documentazione diplomatica italiana - che rimontano tuttavia alla fine degli anni 1980 -, e quelli successivi di Ludovico Incisa di Camerana. Il contributo si basa, oltre che sulla letteratura esistente, sulla raccolta dei Documenti diplomatici italia-ni, a oggi ferma al 30 giugno 1952, e, per quanto concerne il caso cileno, sui documenti consultabili presso l'Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri. Parole chiave: Italia, America Latina, Cile, Seconda guerra mondiale, Guerra fredda ITALY, LATIN AMERICA, CHILE: FROM THE SECOND WORLD WAR TO THE EARLY COLD WAR ABSTRACT This article deals with some aspects of political-diplomatic relations between Italy and Latin America in the period between the immediate post-World War II period and the mid-1950s. This is a period not yet investigated by historiography, except for some works by Aldo Albonico, based on a first analysis of the Italian diplomatic documentation - which date back to the end of the 1980s - and the subsequent ones by Ludovico Incisa di Camerana. The article is based, as well as on the existing literature, on the collection of Italian diplomatic documents, to date until June 30, 1952, and, as regards the Chilean case, on the documents available at the Historical-Diplomatic Archives of the Ministry of Foreign Affairs. Keywords: Italy, Latin America, Chile, Second World War, Cold War 673 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 DALLA RIPRESA DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE ALL'INDIFFERENZA DELLA PRIMA METÀ DEGLI ANNI 1950 Conclusa la seconda guerra mondiale, le autorità italiane si sforzarono di riallaccia-re i rapporti con i paesi dell'America Latina per non buttare al vento un patrimonio di amichevoli relazioni messe a dura prova dal fascismo1 e dalla sciagurata partecipazione dell'Italia al conflitto e, soprattutto, perché il supporto delle nazioni del subcontinente latinoamericano era considerato indispensabile "nel quadro della ripresa di una posi-zione internazionale dell'Italia" (Ferraris, 1996, 82). Roma riteneva che nella regione l'Italia avesse "una posizione preminente per ragioni etniche, religiose, culturali e linguistiche", e che il riavvicinamento avrebbe, inoltre, consentito di aumentare il suo prestigio e offerto la possibilità di "avere maggiori e diretti contatti con l'estero" (Albónico, 1988, 437)2. L'interesse mostrato dalle autorità italiane per l'America Latina nell'immediato do-poguerra fu, dunque, sostanzialmente strumentale, ossia diretto a ottenere il sostegno per un giusto ed equo trattato di pace3, "e poi per una revisione delle clausole del medesimo, relativamente specie alle ex colonie" (Albónico, 1987, 378)4. I paesi latinoamericani accolsero con favore l'iniziativa italiana. In prima fila figurarono l'Argentina5 - nono-stante la cautela che dovette mostrare l'Italia nei confronti del paese rioplatense a causa dell'ostilità statunitense per il ritardo con cui Buenos Aires aveva dichiarato guerra ai paesi dell'Asse6 - e, soprattutto, il Brasile, unico Stato dell'area a partecipare alla conferenza dei Ventuno che si tenne a Parigi dal luglio al mese di ottobre del 1946, e che, in ragione di tale presenza, agi in nome di tutti i paesi della regione7. 1 Sulla política estera fascista in America Latina nella prima metà degli anni 1930 cfr. i lavori di Mugnaini, 1986 e 2008. 2 La citazione è tratta da un appunto sottoposto al maresciallo Pietro Badoglio il 28 ottobre del 1943 riguardante il problema delle relazioni dell'Italia con l'America Latina. 3 Si vedano, a mo' di esempio, le comunicazioni del Segretario Generale agli Esteri, Renato Prunas, all'ambasciatore in Brasile, Mario Augusto Martini, del 23 settembre 1945, e sempre di Prunas all'ambasciatore a Washington, Alberto Tarquiani, del giorno seguente. In quest'ultima, si rilevava pure che tra le "moltissime cose da fare nell'America Latina", ci fosse quella di "ristabilire la normalità e riprendere il regolare contatto" (DDI, 10/II). 4 Tale connotazione strumentale si sarebbe riproposta anche in occasione dell'ammissione italiana all'ONU (cfr. Albónico, 1992, 133). Sul sostegno, ripetutamente ricercato dall'Italia, dei paesi latinoamericani alla revisione del trattato di pace ancora al principio degli anni 1950, si veda, a mo' di esempio, il telespresso inviato il 7 giugno 1951 dal ministro degli Esteri Sforza ai rappresentanti diplomatici italiani in America Latina (DDI, 11/V). 5 Cfr. il telegramma dell'incaricato d'affari italiano a Buenos Aires, Giovanni Fornari, al Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, Alcide De Gasperi, del 16 maggio 1946, e la risposta di quest'ultimo del 31 maggio; infine, i telegrammi sempre di Fornari a De Gasperi del 6 e 12 luglio (DDI, 10/III). 6 Va ricordato che l'Argentina, nel gennaio del 1944, non aveva rotto le relazioni diplomatiche con l'Italia ma solo con la Germania e il Giappone, proprio in ragione del fatto che dal settembre del '43 la penisola (una parte di essa) era passata al campo alleato. 7 Cfr. il telegramma di De Gasperi alle rappresentanze diplomatiche in America Latina del 17 luglio 1946. Sul sostegno del Brasile si veda anche il telespresso del 13 novembre 1946 inviato dall'incaricato d'Affari in Brasile, Renato Giardini, al ministro degli Esteri Pietro Nenni (DDI, 10/IV). 674 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 L'appoggio latinoamericano al trattato di pace fu al centro del viaggio realizzato da Carlo Sforza8, su incarico di Alcide De Gasperi, dal 22 luglio all'11 settembre del 1946, in alcuni paesi latinoamericani9. Nella comunicazione con la quale informava le rappresentanze diplomatiche in America Latina dell'imminente visita dell'"inviato stra-ordinario della Repubblica italiana", De Gasperi segnalava che questi aveva "incarico ufficiale di ringraziare governi Repubbliche latino-americane per azione già svolta pro giusta pace, prendere con essi contatto per illustrare punto di vista italiano nei confronti delle soluzioni punitive progettate dai Quattro, concretare possibilmente con essi ogni possibile ulteriore più specifica azione di assistenza"10. Nella sua tappa in Argentina, Sforza inviô una prima riflessione della sua missione al Segretario Generale agli Esteri Renato Prunas, auspicando "che tutti in Italia sentissero, come io qui, quanto profonde le ragioni di ottimismo, ricerca sviluppo futuro, in un continente dove tanto, in ogni campo e non soltanto nella emigrazione, si attende da noi"11. A quell'epoca, alla base delle manifestazioni ufficiali della nostra diplomazia, ci fu il tema della latinità (Albónico, 1988, 444) - già abbondantemente sfruttato dal fascismo e ripreso da Sforza nel suo tour latinoamericano12 - e la riproposizione, anch'essa ricon-ducibile al periodo del "ventennio"13, di una certa rivalità con gli Stati Uniti; una rivalità accantonata, tuttavia, molto rapidamente a causa della consapevolezza che l'America Latina rientrava nella sfera di influenza di Washington e "che nessun paese europeo poteva prescindere da tale realtà" (Albónico, 1987, 387-388). L'accettazione della supremazia del paese nordamericano e l'abbandono delle riserve nutrite in passato nei suoi confronti, soprattutto in ragione della presa d'atto dell'im-portanza che gli Stati Uniti ormai rivestivano per la sicurezza e l'economia dell'Italia, suggerirono, cosi, di seguire quella che Albónico ha definito "politica di bassa priorità e di minimo impegno" (Albónico, 1992, 134), e guidarono la successiva azione italiana nel subcontinente. Questo ebbe inizio con la missione dei democristiani Salvatore Al-disio e Giuseppe Brusasca, rispettivamente vicepresidente del Senato e sottosegretario 8 Ministro degli Esteri del Regno d'Italia nel periodo 1920-21 e poi dal 1947 al 1951 della Repubblica italiana, ma che allora non rivestiva alcun incarico ufficiale. 9 Sforza si sarebbe dovuto recare solo in Brasile, Argentina, Cile e Uruguay, ma poi aggiunse anche le tappe in Perù, Colombia, Venezuela e Messico. Partito da Londra, la sua missione si concluse negli Stati Uniti. 10 Telegramma di De Gasperi del 18 luglio 1946 (DDI, 10/IV). 11 Telegramma inviato da Buenos Aires del 9 agosto 1946. Sforza stilô un bilancio della sua missione in una lunga missiva inviata il 9 ottobre a de Gasperi (DDI, 10/IV). 12 Nella lettera a De Gasperi poc'anzi citata, ai diplomatici italiani nei paesi latinoamericani visitati che avevano segnalato al presidente del Consiglio "che le mie parole avevano ovunque suscitato uno «spirito di latina fraternità intorno all'Italia»" Sforza replicava sarcastico: "quando nei miei messaggi e discorsi io incitai in ogni capitale gli americani del sud a professare, accanto ai loro patriottismi nazionali, un nuovo e più largo patriottismo - quello della solidarietà latina - come il solo che permetterebbe loro un leale panamericanismo escludente ogni rischio di assorbimento nord-americano, io sentii che predicavo quasi sempre a dei convertiti" (DDI, 10/IV). 13 Sulla latinità come "arma da contrapporre all'imperialismo statunitense" e dunque anche sul concetto del panlatinismo, nel quadro di una riflessione sulla pubblicistica italiana degli anni 1930 sull'America Latina, si veda Scarzanella &Trento, 2004. Sull'"assalto" al subcontinente da parte del fascismo si veda, invece, il libro curato da Scarzanella, 2005, il lavoro di Savarino, 2006, e il più recente volume di Giannattasio, 2018. 675 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 agli Esteri, che dal luglio all'ottobre del 1949 visitarono tutte le nazioni latinoamericane, siglando trattati e protocolli bilaterali di pace, amicizia e collaborazione (Ferraris, 1996, 82)14. Infatti, non a caso, nel corso delle varie tappe del loro viaggio, i due politici italiani "lasciarono cadere le espressioni di insofferenza antistatunitense e le avances per soluzioni terzaforziste prospettate da alcune autorità latinoamericane" (Albónico, 1988, 449), soluzioni che, inizialmente, avevano anche affascinato alcuni settori della Democrazia Cristiana, secondo i quali "un «blocco latino» capace di far da mediatore tra mondo anglosassone e gli slavi comunistizzati, [avrebbe] potuto trovare un punto di incontro con Perón" (Albónico, 1987, 390)15. Vale la pena rilevare che l'ambasciatore italiano a Buenos Aires, Giustino Arpesani, già nel giugno del 1948 aveva informato il ministero degli Esteri dell'intenzione del governo argentino di creare "un blocco di neutri inteso ad assumere una «terza posizione» tra i due antagonistici schieramenti"16. Sforza aveva replicato al lungo rapporto del rappresentante diplomatico mostrando forti perplessità per le sue prospettive sul piano politico: Da un punto di vista culturale, spirituale e un giorno forse anche economico, è fuori di dubbio che tali orientamenti presentano notevole interesse anche per noi. Da un punto di vista politico non sembra peraltro avere oggi una attuale e pratica consi-stenza un atteggiamento programmatico dell'Argentina che nell'emisfero occidentale sarebbe destinato a urtare contro la politica nordamericana e, in Europa, prevede raggruppamenti e affiancamenti che, data l'attuale posizione internazionale della Spagna e della Francia, non possono che considerarsi come possibilità ipotetiche o comunque remote11. Ma Aldisio e Brusasca mostravano adesso anche una certa preoccupazione "verso quel «certo oscuro risentimento che talvolta caratterizza i rapporti fra quei popoli e gli Stati 14 I primi protocolli di amicizia e collaborazione furono siglati, pochi mesi prima di questa visita, con Argentina (dicembre 1948) e Cile (marzo 1949). Si vedano, a tal proposito, i documenti dalle rappresentanze diplomatiche italiane nei paesi in questione in DDI, 11/II. Nel telegramma inviato il 13 luglio a tutte le rappresentanze diplomatiche in America Latina, Sforza scriveva con compiacimento che i "tradizionali legami coi paesi America latina hanno avuto recente incremento attraverso appoggio prestato da paesi stessi a giuste rivendicazioni nuova Italia democratica". Il ministro ci teneva a sottolineare che, al fine "di esprimere ai singoli Governi sentimenti Governo italiano", la missione straordinaria si sarebbe fermata "in tutte (dico tutte) capitali latino-americane", forse memore delle lamentele che erano giunte dagli esecutivi dei paesi esclusi dalla sua missione del 1946, in particolare dell'Ecuador (DDI, 11/III). 15 Il riferimento è alla strategia di politica estera seguita da Juan Domingo Perón e nota come "terza forza". Per un approfondimento si rinvia a Zanatta, 2013. 16 Cfr. il rapporto riservato inviato dall'ambasciatore al ministro degli Esteri Sforza del 24 giugno 1948 (DDI, 1/I). 17 Telespresso riservato del Ministro Sforza all'ambasciatore Arpesani, 16 luglio 1948 (DDI, 11/I). Nondimeno, durante il suo soggiorno a Buenos Aires, l'8 agosto 1949 Brusasca scrisse a De Gasperi suggerendo una qualche forma di collaborazione di tipo militare, sull'esempio di cio che facevano gli Stati Uniti e sulla base dell'importante ruolo che rivestivano i militari nella vita politica dei paesi latinoamericani. Il sottosegretario ipotizzo di offrire gratuitamente corsi di formazione ai "cadetti degli eserciti latino-americani [...] per poter avere anche noi nella futura classe dirigente di questi paesi degli elementi che posseggano dei legami spirituali e culturali col nostro" (DDI-11, vol. III). 676 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 Uniti»" (Albónico, 1987, 390)18. Tuttavia, più che la definizione di una politica estera nel subcontinente che non turbasse la Casa Bianca o l'adesione a progetti, ambiziosi quanto utopici, poggianti su una comune radice latina, tra la fine del decennio 1940 e il principio di quello successivo, la priorità dell'Italia fu ricercare anche con le nazioni dell'America Latina forme di collaborazione tese ad alleviare la difficile situazione economica e sociale italiana di quegli anni. Ció spiega perché il tema principale delle intese con i paesi latinoamericani riguardó la disciplina dei flussi migratori, che consentiva di alleggerire l'esorbitante peso della disoccupazione e di rimettere in moto l'economia attraverso le rimesse degli emigranti; cui seguirono, a distanza, gli accordi commerciali e le intese culturali. A tal fine, si previde la realizzazione di una "collaborazione triangolare" in cui gli Stati Uniti avrebbero messo a disposizione il capitale, i paesi latinoamericani la terra e l'Italia il lavoro, trascurando, tuttavia, il fatto che si trattava di una formula ormai ana-cronistica, nella misura in cui "confondeva l'emigrazione contadina di fine dell'Ottocento con la nuova emigrazione italiana che non si proponeva come vocazione la colonizzazio-ne di nuove terre ma cercava anche oltreoceano, come effettivamente trovó, una nuova sistemazione nel settore industríale e nei servizi" (Incisa di Camerana, 2003, 154-155). Ció nonostante, sebbene nel quadro di un espatrio transoceanico i cui valori furono mol-to più contenuti rispetto ai flussi europei (Martellini, 2002, 371), l'America Latina tornava a essere una delle principali mete dell'emigrazione italiana, con oltre 400.000 partenze nei primi cinque anni del secondo dopoguerra, partenze tuttavia dirette quasi esclusivamente verso due paesi che già in passato erano stati al primo posto tra le destinazioni preferite dagli emigranti italiani, ossia l'Argentina (con più di 300.000 ingressi) e il Brasile, ma con la novità rilevante rappresentata dal Venezuela che fu la nazione scelta da circa 55.000 italiani (Bertagna, 2002, 359). Si tratta di cifre non paragonabili a quelle dei tempi del grande esodo, eppure ugualmente considerevoli; tendenza, questa, che sarebbe proseguita sino al 1960, quando, con scarti temporali a seconda del paese, il fenomeno si sarebbe quasi completamente esaurito. Nel periodo 1946-1960, infatti, in Brasile si registrarono 111.000 entrate (Trento, 2002, 5), in Venezuela la quota di immigrati italiani superó le 200.000 unità (Martellini, 2002, 373)19, mentre in Argentina, in controtendenza rispetto a questi andamen-ti, dopo il 1951, la quota di immigrati cominció a calare considerevolmente. La ripresa dei flussi migratori verso l'America Latina fu resa possibile da accordi ad hoc siglati dal governo italiano e dagli esecutivi dei paesi latinoamericani di arrivo. Il primo trattato in ordine di tempo fu quello del 21 febbraio del 1947 con l'Argentina, cui ne seguirono altri due l'anno seguente e nel 1952 (Devoto, 2002, 51); nel caso del Brasile, invece, si attese il 1950 (5 luglio) e l'intesa determinó una leggera ripresa dell'emigrazione italiana dopo le vistose diminuzioni del periodo tra le due guerre mondiali (Trento, 2002, 5-6). Il 14 maggio 1952, inoltre, fu firmato il trattato sull'emigrazione assistita con l'Uruguay20. 18 Il virgolettato nella citazione si riferisce a un passaggio della relazione scritta da Aldisio e Brusasca al termine della loro missione. 19 Da notare che, a partire dagli anni Cinquanta, la quota di immigrati italiani in Venezuela supero quella dell'Argentina. 20 Sull'emigrazione italiana in Uruguay si vedano Marocco, 1986, e Devoto, 1993. 677 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 Queste intese in materia migratoria non furono seguite, peró, nella prima metà degli anni Cinquanta, da passi più concreti e, quindi, non favorirono un miglioramento quali-tativo e quantitativo dei rapporti italo-latinoamericani. Esse rappresentarono, piuttosto, dal punto di vista dell'Italia, la fine del ciclo dei primi duri anni del secondo dopoguerra, ciclo che ebbe un carattere provvisorio ed eccezionale e che si contraddistinse per un duplice ruolo assegnato all'America Latina, quale sbocco migratorio e blocco regionale sostenitore della fine dell'isolamento diplomatico italiano (Incisa di Camerana, 1995, 55) e, poi, del pieno ritorno dell'Italia nella comunità internazionale21. Questa fase segnó, inoltre, una netta inversione di rotta rispetto al "ventennio", quando il fascismo culló, con risultati effimeri, sogni di grandezza, in special modo in quei paesi con forte immigrazione italiana (cioè Argentina, Brasile e in minor misura Uruguay). La diplomazia italiana, cosi, fu a lungo impegnata in progetti estemporanei, che sarebbero rimasti solo sulla carta, come la realizzazione di una missione di "buona volontà", sull'esempio di quella del 1949, o l'istituzione di una periodica conferenza dei capi missione in America Latina. L'esito più significativo cui giunsero le discussioni interne al ministero degli Esteri fu la costituzione, nel 1954, di un comitato ministeriale per l'America Latina a cui erano chiamati a partecipare membri delle diverse direzioni del dicastero, ma che non raggiunse alcun risultato degno di nota (Albónico, 1992, 137-139). I governi italiani a malapena si ricordarono dell'esistenza della regione, se non per ribadire il proposito della già menzionata collaborazione triangolare. O, peggio ancora, si limitarono a vaghe e retoriche esternazioni sull'amicizia che legava l'Italia al subcontinente latinoamericano. ITALIA E CILE NELL'IMMEDIATO SECONDO DOPOGUERRA Poche furono le eccezioni all'effettiva indifferenza mostrata dall'Italia verso il subcontinente latinoamericano. Tra queste spiccano, indubbiamente, l'Argentina di Juan Domingo Perón, il Brasile a lungo guidato da Getúlio Vargas22, e, in seconda battuta, il Venezuela23 e il Messico24. Di certo tra le eccezioni non figuró il Cile, paese non prioritario nell'agenda di politica estera italiana in America Latina, ma che dagli anni Trenta alla metà dei Cinquanta visse una fase politica molto interessante per la 21 Va anche ricordato che, in mérito alla sorte dell'Eritrea, fu il folto gruppo dei paesi latinoamericani a rappresentare in sede ONU la soluzione indipendentista promossa da Roma, non essendo l'Italia ancora membro di questo organismo. 22 Non a caso, e in assenza di opere generali che trattino con una visione di insieme le relazioni tra l'Italia e l'America Latina, solo i rapporti diplomatici, politici, economici e culturali con questi due paesi sono stati oggetto di riflessioni da parte degli studiosi. Si vedano, a tal proposito, rispettivamente Incisa di Camerana, 1998, e Luiz Cervo, 1994. 23 Con questo paese, l'Italia pensó in un primo momento anche di stabilire una sorta di partnership politico-diplomatica. Sulle iniziative della diplomazia italiana, alla luce dell'ingombrante presenza degli Stati Uniti, si veda Larizza, 2006. Sul periodo successivo, in particolare durante la dittatura di Marcos Pérez Jiménez (1952-58), si veda Palamara, 2017, che indaga anche i rapporti con la Colombia che in quegli stessi anni (1953-57) visse un'analoga e dolorosa stagione autoritaria 24 Su questo paese, ma relativamente al periodo precedente, si veda Savarino, 2011. 678 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 presenza, dapprima del Fronte popolare - sino al 1941, con la partecipazione delle forze della sinistra marxista - e poi di esecutivi a guida radicale sino al 1952 (sebbene ancora con il sostegno, almeno in una prima fase, di socialisti e comunisti). Furono anni durante i quali emerse con forza l'intreccio tra politica estera e politica interna, anni che videro l'intersezione di progetti politici diversi; tra questi, ad esempio, quel-lo incarnato da Arturo Alessandri Palma, uno dei primi che sarebbero stati prodotti dal variegato e conflittuale mondo della sinistra, e, infine, l'ultimo governo guidato da una formazione politica centrista, il Partito Radicale. In breve, questo periodo segnó la fine di un ciclo e l'inizio di una nuova stagione politica che si sarebbe esaurita con il golpe dell'11 settembre del 1973, una stagione cosi stimolante da suggerire brevi riflessioni sui rapporti diplomatici italo-cileni e sul modo in cui vennero percepite e rappresentate la realtà e la vita politica cilena da parte della diplomazia italiana in Cile. Questioni di particolare importanza, anche alla luce del fatto che le considerazioni dei diplomatici italiani vennero sviluppate al fine di fornire indicazioni, suggerimenti e suggestioni rilevanti per la vita politica italiana. Il punto di inizio è la considerazione che, per quanto concerne il periodo succes-sivo alla seconda guerra mondiale, è possibile applicare quanto detto nel paragrafo precedente anche al caso delle relazioni italo-cilene. Nell'immediato secondo dopo-guerra, infatti, l'Italia fu soprattutto interessata all'appoggio di Santiago in merito al superamento delle difficoltà causate dalla sua condizione di paese sconfitto25. Anche il Cile, quindi, va inserito nella lista dei paesi della regione verso cui si diresse l'inizia-tiva italiana della seconda metà degli anni Quaranta, culminata, come è stato indicato nel paragrafo precedente, nella missione Aldisio-Brusasca26. Tuttavia, quando Roma inizió a ridefinire la propria collocazione sul piano internazionale e a stabilizzare la propria appartenenza alla comunità atlantica nell'ambito dell'alleanza con gli Stati Uniti, il Cile fu derubricato dalla sua agenda di politica estera. In realtà, si trattava di una condotta in linea con il passato: nello scacchiere latinoamericano, il Cile non era mai stata una nazione con cui l'Italia aveva intrattenuto relazioni politico-diplo-matiche ed economiche privilegiate. E l'interpretazione della sua marginalità nella politica estera italiana del periodo risulta valida indipendentemente dalle forze al potere a Santiago, con l'unica parentesi rappresentata dal governo del democristiano Eduardo Frei Montalva (1964-70). Ció non significa, tuttavia, che la diplomazia italiana non seguisse con attenzione, come avvenne per altri paesi del subcontinente, le vicende politiche, economiche e sociali cilene. Anzi, l'ambasciata informó puntualmente il ministero degli Esteri degli sviluppi locali, mostrandosi particolarmente interessata ai rapporti bilaterali, alla situazione 25 Si veda, per citare due esempi, la nota verbale del 22 marzo del 1946, con la quale l'ambasciata del Cile a Roma informava il ministero degli Esteri italiano di aver presentato al Foreign Office un memorandum affinché si tenesse "nella dovuta considerazione la dignità nazionale e l'avvenire del popolo italiano per qualsiasi rimaneggiamento territoriale che sia contemplato nel trattato di pace che si firmerà coll'Italia"; e il telegramma di De Gasperi all'ambasciatore Giovanni Persico del 5 luglio 1946 (DDI, 1O/III). 26 Si veda il telespresso inviato dall'ambasciatore Giovanni Fornari al ministro degli Esteri Sforza il 22 agosto 1949, in cui si traccia un bilancio del loro soggiorno in Cile (DDI, 11/III). 679 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 della comunità italiana (ingrossata da un nuovo, anche se numéricamente contenuto, contingente migratorio), e agli sviluppi della politica interna cilena, che non lasciarono indifferente la diplomazia italiana. In tal senso, furono due le questioni maggiormente monitorate: il "contenimento del comunismo", sfociato nell'approvazione nel 1948 della Ley de Defensa Permanente de la Democracia (con la quale si relegava nell'illegalità il partito comunista), per l'interesse che avrebbe potuto nutrire il governo guidato dal democristiano Alcide De Gasperi e, più in generale, la Democrazia Cristiana, impegnati in quel frangente in un virulento confronto politico con i partiti socialista e comunista italiani; l'evoluzione del partito conservatore, perché si riteneva che al suo interno esistesse una corrente, quella "social-cristiana", protesa verso i valori e gli ideali dei democristiani italiani, a differenza della Falange Nacional21, che nel 1957 avrebbe dato vita, insieme ad altre formazioni minori, di cui due nate da scissioni dal partito conservatore, al Partido Demócrata Cristiano. In merito alla prima questione, si puó rilevare, dai numerosissimi rapporti inviati a Roma - e questo indipendentemente dall'ambasciatore di turno28 - un giudizio estrema-mente favorevole della misura introdotta dall'esecutivo del radicale Gabriel González Videla, eletto nel 1946 e definito dall'ambasciatore Persico "persona duttile e sagace, che possiede il dono di poter amalgamare tendenze opposte ed ha un sufficiente senso di responsabilité'29. Anzi, tra le righe, è possibile leggere addirittura un invito a emulare la Ley de Defensa Permanente de la Democracia. Non a caso, nel maggio del 1952, l'ambasciatore Berio, in occasione della presentazione da parte del governo De Gasperi al Parlamento italiano del disegno di legge sull'ordine pubblico (che, tuttavia, non sarebbe mai stato convertito in legge), scriveva che quella legge "ha egregiamente servito per molti anni la politica democratica del presidente González Videla e pertanto puó considerarsi un precedente degno di consultazione" 30. Prima ancora, nel 1949, Fornari aveva finanche abbozzato una qualche connessione tra l'Italia e il Cile proprio in tema di anticomunismo. A suo avviso, infatti, il sostegno del Cile alle iniziative di politica internazionale di Roma scaturiva anche, se non soprattutto, dalla coraggiosa politica svolta in tal senso dal Governo italiano; la necessità di sostenere la nostra giovane democrazia nella sua lotta contro i totalitarismi - e soprattutto 27 Inizialmente organizzazione giovanile del partito conservatore, nel 1938 divenne una forza politica indipendente. 28 Dal 1945 alla fine degli anni 1950 si susseguirono alla guida della rappresentanza italiana in Cile Giovanni Persico (dal 26 aprile 1945), Giovanni Fornari (dal 12 febbraio 1948), Alberto Berio (dal 14 ottobre 1950), Guido Borga (dal 20 gennaio 1953), Mario Luciolli (dal 31 ottobre 1956). 29 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 1, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1144, del 2 novembre 1946. Il giudizio dell'ambasciatore Boerio, in occasione della fine del mandato di González Videla fu ancora più favorevole: con l'uscita di scena dell'ultimo presidente radicale "l'Italia perde un sincero e provato amico" (ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1573, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 4970/871, 31 ottobre 1952). 30 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1584, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1950/395, 13 maggio 1952. 680 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 contro il comunismo - è l'argomento che qui fa più presa e, forse, quello che veramente ci ha valso il fermo appoggio del democratico, ma fermamente anticomunista, Governo cileno31. Non sorprende, cosi, che nelle relazioni sulla situazione politica interna del Cile inviate mensilmente al ministero, ci si soffermasse spesso sulle attività del partito comunista, mettendo puntualmente in luce, prima ancora dell'approvazione della legge, la sua attività "sovversiva", soprattutto "dell'economia nazionale"32 e, in seguito, la "subdola propaganda cripto-comunista"33, nonché la fermezza mostrata dall'esecutivo cileno nello "stroncare a tempo ricatti e agguati comunisti"34; esecutivo di cui, quindi, furono tessute le lodi per l'impegno nella difesa della democrazia. In tal senso, per i diplomatici italiani, González Videla e, dopo di lui, Carlo Ibáñez del Campo35, furono entrambi meritevoli di giudizi lusinghieri, e questo perché considerati convinti paladini dell'anticomunismo, nonostante il diverso orientamento politico, la differente gestione del potere e la maggioranza politica su cui si reggevano. Ció non impedi ai diplomatici italiani, naturalmente, di segnalare i limiti della loro azione di governo e gli incerti risultati conseguiti, soprattutto nel caso del secondo. Tuttavia, la lotta senza quartiere ai comunisti cileni - e, per altro verso, ai sindacati, di cui non si mancó di segnalare l'acceso spirito combattivo e contestatario - fece passare tutto sommato in secondo piano le sfide, soprattutto di carattere economico, rimaste irrisolte36. Per quanto concerne il secondo aspetto, invece, va innanzitutto rilevata una buona dose di confusione nel dar conto, nei primi anni del secondo dopoguerra, della situazione del partito conservatore37, dell'affermazione e del peso della componente social-cristiana 31 Cfr. il telespresso già citato riguardante la missione Aldisio-Brusasca (DDI, 11/III). 32 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 1, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1437/390, 22 agosto 1947. In questo rapporto l'ambasciatore scriveva anche di seguire con attenzione la situazione perché a suo dire "ha un aspetto che interessa non solo il Cile, ma tutto il Continente americano. Come è noto il Cile era considerato la roccaforte del partito comunista in Sud America; è qui che l'organizzazione è più efficiente, la disciplina più compatta, il potere politico più forte perché in mano dei comunisti sono le chiavi della produzione nazionale, miniere di carbone e salnitro". 33 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1573, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 9908/871, 30 novembre 1951. 34 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1573, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 4970/871, 31 ottobre 1952. 35 Militare, uomo forte della politica cilena del periodo, fu presidente della Repubblica dal 1952 al 1958. Il suo esecutivo si caratterizzó per un velato autoritarismo e un più incisivo populismo, ma anche per la fine della proscrizione del partito comunista. 36 Sulle contraddizioni e i modesti risultati (più precisamente sul "palese insuccesso") del governo Ibáñez, puntualmente riferiti a Roma dalla rappresentanza italiana, si vedano, solo per citare due esempi, il bilancio del primo anno di governo in ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1596, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 5637/1129, 31 dicembre 1953; e AP 1951-1957, Cile, b. 1610, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 5727/824, 5 novembre 1954. 37 La confusione riguardó la scissione del Partido Conservador in due tronconi, il Partido Conservador Tradicionalista e il Partido Conservador Social Cristiano, divisione originata dalla differente posizione assunta dai due settori in occasione dell'approvazione della Ley de Defensa Permanente de la Democracia (favorevoli i primi, contrari i secondi). 681 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 e della realtà della Falange Nacional, nei confronti della quale emerse una sostanziale sfiducia, che solo con il passare degli anni sarebbe stata soppiantata dall'idea di trovarsi dinanzi ad una forza "promettente", meritevole di interesse da parte della diplomazia italiana. Cosi, se nel luglio del 1946, il partito conservatore veniva definito di "estrema de-stra e profondamente cattolico"38, quattro mesi dopo l'ambasciatore Giovanni Persico scriveva che il partito in questione "ha in questi ultimi tempi mutato la sua orientazione politica ed ha assunto una fisionomia che puô ricordare quella dei partiti social-cristiani europei"39. A distanza di due anni, perô, il suo successore, Giovanni Fornari, mostrando una maggiore dimestichezza con le sfumature e le dinamiche interne allo storico partito di destra, nonostante fosse in Cile solo da alcuni mesi, segnalava che la scissione del partito conservatore poteva ormai dirsi "già in atto", poiché all'interno del "vecchio partito cattolico" coesistevano una corrente "social-cristiana" e una "tradizionalista". Entrambe le fazioni affermavano di ispirarsi ai principi della "Rerum Novarum" e "ambedue si autodefiniscono anticomuniste: ma una profonda differenziazione si è ormai creata fra esse"40. Tale osservazione seguiva di appena dieci giorni quella riguardante il discorso del senatore Eduardo Cruz Coke ("a Capo della cosiddetta frazione democristiana in seno al Partito Conservatore") in Parlamento, in occasione dell'approvazione della Ley de Defensa Permanente de la Democracia. In questa circostanza, il diplomatico italiano rilevava che il parlamentare cileno aveva già da vari mesi "volto la sua azione politica ad una più sincera e completa adesione da parte dei conservatori cileni", alle idee e alle "dottrine della democrazia cristiana, quali sono a oggi rappresentati in Europa soprat-tutto dalla democrazia cristiana italiana". Fornari, segnalava, poi, con un certo compia-cimento, il fatto che Cruz Coke avesse citato "le parole del Presidente De Gasperi che si è rifiutato, dopo la vittoria elettorale, di infierire contro i comunisti perché convinto che bisogna fare opera di persuasione e di avvicinamento presso le masse ingannate, che devono rientrare nell'orbita della legalità e nella vita politica del Paese" 41. Questo commento non doveva cogliere di sorpresa il ministero poiché, circa cinque mesi prima, Fornari aveva inviato un rapporto dedicato specificamente al partito conservatore, intitolato, non a caso, "Il Partito Conservatore e la dottrina demo-cristiana"42. Nel dare conto di una riunione del direttorio del partito, l'ambasciatore annunciava, per 38 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 1, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 711/199, del 26 luglio 1946. 39 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 1, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1251, del 26 novembre 1946. 40 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 2743/411, 26 agosto 1948. La rottura veniva confermata l'anno dopo in un rapporto in cui si lamentava "la dolorosa scissione che viene ad indebolire gravemente una delle forze più sane del Paese" (ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n.2078/234, 18 maggio 1949). 41 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 23911/20 del 13 agosto 1948. 42 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso 849/133, 24 marzo 1948. 682 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 la prima volta, la vocazione social-cristiana di Cruz Coke43 (e dell'allora presidente di questa compagine, il senatore Horacio Walker) e l'esistenza di due correnti, l'una "tradizionalista" e l'altra, appunto, "democristiana". Sebbene il direttorio del partito avesse ribadito la sua condanna del comunismo, opponendogli la dottrina "fondata nella filosofia cattolica", per l'ambasciatore era comunque degno di nota il fatto che, pubblicamente, avesse abbandonato "in parte le sue vecchie posizioni per abbracciare la filosofia e la dottrina demo-cristiana". Per Fornari, che in quei mesi sembró essere alla ricerca di presunte analogie con la situazione politica italiana - se non addirittura impegnato a trovare qualcuno a cui affibbiare l'etichetta di democristiano all'interno del partito conservatore -, non c'era alcun dubbio in merito al fatto che la forza politica cilena piu originale fosse la corrente social-cristiana del partito conservatore e che Cruz Coke rappresentasse uno dei politici cileni piu brillanti e in sintonia con i valori democristiani. I giovani falangisti, invece, venivano dipinti, in maniera sprezzante, come opportunisti, camaleontici e dediti a mascherare la loro complicitá con la sinistra marxista cilena44. E quanto emerge dal rapporto inviato il 22 maggio del 1948, subito dopo le elezioni politiche italiane che avevano registrato la netta affermazione della Democrazia Cristiana italiana45. Il documento merita di essere citato in alcune parti perché indicativo, appunto, dell'opinione che nell'ambasciata italiana e, di riflesso, a Roma, si nutriva nei confronti dei futuri democristiani cileni. Forse anche in virtu della soddisfazione per il risultato della DC, l'apertura e quasi trionfalistica e rievoca i toni propagandistici del fascismo. Per l'amba-sciatore erano, infatti, giá evidenti "alcuni sintomi della profonda ripercussione" che le elezioni italiane avevano avuto sulla politica cilena: a soli pochi giorni dalla vittoria democristiana in Italia, si pud notare in taluni circoli politici una quasi affannosa ansia di compenetrarsi delle idee e delle dottrine che formano in Italia la base delprogramma democristiano46. L'attenzione del diplomatico era ovviamente rivolta agli ambienti politici cattolici e, in particolar modo, al partito conservatore, all'interno del quale giá "da qualche mese stava prendendo forza la corrente «democristiana»", e si era mostrato vivo interesse per il risultato "dell'esperienza italiana". Tale risultato, oltre ad essere giudicato come 43 Secondo l'ambasciatore, Cruz Coke, da quando era tornato da un lungo viaggio in Europa e in Italia, sosteneva "l'evoluzione del Partito conservatore dalla sua posizione di esclusiva difesa dei diritti e privilegi della classe dei grandi proprietari terrieri e latifondisti, verso gli ideali e la dottrina demo-cristiana". Cruz Coke fu tra i fondatori della Falange Nacional, ma in seguito preferí continuare a militare nel partito conservatore. 44 Fornari doveva essere al corrente delle dure critiche rivolte dalla Chiesa cilena alla Falange in ragione della sua opposizione all'approvazione in Parlamento della Ley de Defensa Permanente de la Democracia. 45 Nelle elezioni del 18 aprile del 1948 la DC ottenne la maggioranza relativa dei voti (oltre il 48% sia alla Camera dei Deputati che al Senato) e assoluta in termini di seggi, mentre il Fronte Democratico Popolare, coalizione di comunisti e socialisti, si fermô al 30% dei consensi. 46 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1460/229, 22 maggio 1948. 683 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 un successo in funzione anticomunista, era stato percepito in Cile soprattutto come una "vittoria democristiana" e, pertanto, accolto con entusiasmo dalla gioventù conservatrice orientata a strumentalizzarla per guadagnare peso all'interno del partito. La vittoria italiana è ora considerata una preziosa arma nelle mani del Cruz Coke, che si proclama un fervente ammiratore e discepolo del Presidente De Gasperi41. Nell'ambito di una conferenza sulle elezioni del mese di aprile tenutasi nella sede del circolo conservatore, il senatore cileno elogiava la DC e invitava, allo stesso tempo, il suo partito a seguire l'esempio italiano. Ma - e qui si sferrava l'affondo ai falangisti -, se per Fornari era "naturale" e "giusto" che Cruz Coke cavalcasse l'onda del trionfo democristiano in Italia, era altresi interessante notare che anche il movimento falangista, "facente capo a elementi che pur proclamandosi sinceramente cattolici non nascondono le loro tendenze comunistoidi, si ritiri ora dalle primitive posizioni sbandierando un programma soltanto democristiano". Questo sferzante giudizio non impediva all'amba-sciatore di informare Roma della sua intenzione di voler monitorare anche la Falange Nacional - un "piccolo partito, con pochi aderenti", come lo defini -, perché la "sua evoluzione costituisce un sintomo non privo di interesse delle sensibili ripercussioni che il risultato delle elezioni italiane ha avuto su questo popolo, pur cosi giovane, cosi lontano e tanto differente dal nostro". Ci sarebbe voluto, tuttavia, ancora un po' di tempo perché, in ambasciata a Santiago come al ministero a Roma, cominciassero a cambiare opinione sui falangisti, se è vero che, ancora nel febbraio del 1950, questi venivano etichettati "cattolici di estrema sinistra"48, in un certo senso collusi con gli ambienti della sinistra marxista e, solo verso la fine di quell'anno, come "cattolici di sinistra"49, la cui azione politica diventava, quindi, degna di essere seguita. Il cambio di registro è da attribuire, presumibilmente, anche all'avvicendamento nella conduzione della sede diplomatica e all'arrivo in Cile, a partire dall'ottobre di quell'anno, di Alberto Boerio. Fatto sta che questi, nel febbraio del 1952, ricordava, dapprima, che i falangisti erano considerati gli "enfants gâtés" della coalizione che sosteneva il governo di González Videla e, successivamente, li elogiava definendoli "partito di battaglia, anelante di riforme sociali, che mostra certamente di saper sacrificare ai propri principi il lustro di seggi governativi"50. Alcuni mesi dopo, poi, sempre l'ambasciatore, nel commentare i risultati delle elezioni presidenziali del 47 ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1460/229, 22 maggio 1948. 48 Cfr., solo per citare due esempi, ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 2, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 558/86, 16 febbraio 1949, e AP 1946-1950, Cile, b. 3, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, 16 febbraio 1950. 49 Cfr. ASDMAE AP 1946-1950, Cile, b. 3, "Appunto" per il ministro del 9 novembre 1950. In realtà si continuo a fare "confusione" anche in seguito e a ricorrere o all'una o all'altra espressione (cfr. AP 19511957, Cile, b. 1610, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 1900/371, 31 maggio 1954). 50 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1584, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 561/102, 5 febbraio 1952. 684 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 settembre del 1952, accusava di opportunismo politico il gruppo socialcristiano, perché orientato a una qualche forma di intesa con Ibáñez, mentre lodava nuovamente i falangi-sti, "uomini di principi [che] hanno sin da ora proclamato la loro indipendenza totale nei confronti del futuro Governo, ricacciando i tentativi formulati di unificazione dei partiti cattolici in seno a un apposito fronte"51. Va detto, comunque, che si trattava solo di una piccola variazione di giudizio, se è vero che, nel primo rapporto in cui commentava i risultati delle elezioni, Boerio aveva auspicato la riunificazione delle due anime del par-tito conservatore (socialcristiani e tradizionalisti) perché cosi si sarebbe costituito "un solido fronte democratico-cristiano" e criticato i falangisti perché "amoreggiano con la sinistra"52. L'anno dopo, perô, il nuovo ambasciatore, Guido Borga, scriveva di una frantumazione del partito socialcristiano, poiché i suoi settori di destra erano confluiti nel partito conservatore-tradizionalista, mentre il "suo settore di sinistra sta stringendo patti di azione con il "«falangismo»"53. Si era ancora ben lontani dall'interesse mostrato dai democristiani italiani - e, dunque, non dalla diplomazia italiana - per il PDC e per i suoi principali esponenti, primo fra tutti Eduardo Frei Montalva, asceso alla presidenza della repubblica nel 1964 anche con il fattivo sostegno dei partiti democristiani europei, in particolare di quello italiano54. Non è un caso, infatti, che quest'ultimo, nonostante avesse già assunto incarichi di governo e fosse senatore dal 1949, quasi non comparisse nella documentazione diplomatica; anzi, una delle prime volte che la rappresentanza italiana fece il suo nome fu nel novembre del 195155, in occasione della campagna elettorale dell'anno successivo, durante la quale, peraltro, non venne quasi mai menzionata la condotta della Falange. Un altro breve passaggio su Frei si registra nel corso del 1954, a proposito del tentativo di formazione di un esecutivo "tecnico", quando l'ambasciatore italiano lo defini "l'attivo leader dei cattolici di sinistra"56. Maggiori riferimenti a Frei si registrarono verso la fine dell'esecutivo ibañista e, in particolare, in occasione delle elezioni presidenziali del 1958. In tale circostanza, a com-mento del risultato elettorale e, specificamente, della sconfitta del leader democristiano, il ó settembre del 1958 l'ambasciatore italiano Mario Luciolli scriveva al ministro degli Esteri Fanfani che Lo sforzo del candidato demo-cristiano, Frei, di inserirsi fra la destra e la sinistra con atteggiamenti propagandistici e programmi nettamente di sinistra, non ha avuto 51 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1573, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 4970/871, 31 ottobre 1952. 52 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1573, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 4525/806, 30 settembre 1952. 53 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1596, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 5637/1129, 31 dicembre 1953. 54 Su questo aspetto mi permetto di rimandare a Nocera, 2015. 55 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1573, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 9908/871, 30 novembre 1951. 56 ASDMAE AP 1951-1957, Cile, b. 1610, Ambasciata d'Italia in Cile a Ministero degli Esteri, telespresso n. 3424/443, 30 giugno 1954. 685 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 fortuna. E questo, un risultato che provoca un certo rammarico per due ragioni: perché si tratta di persona altamente qualificata, che, se si fosse difesa a tempo dalle intransigenze dei suoi collaboratori più estremisti, avrebbe facilmente ottenuto la designazione dei partiti di destra oltre che del suo, cosí da essere eletto a forte maggioranza; e, soprattutto, perché gli strascichi amari della lotta con Alessandri potrebbero impedire, almeno per qualche tempo, una proficua collaborazione fra la democrazia cristiana e il Governo (Collana di testi diplomatici, 1991, 24). CONCLUSIONI A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, l'Italia cercó di appoggiarsi all'Europa per rinsaldare i suoi vincoli con l'America Latina o, per essere più precisi, di conciliare l'interesse per l'America Latina con l'unità europea. Ma i risultati furono tutto sommato modesti. Vero è, peró, che dal 1957 gradualmente l'Italia prese a formulare una politica più coerente e organica nei confronti dell'America Latina, come dimostrano le dichiarazioni espresse dal ministro degli Esteri Giuseppe Pella il 28 giugno 1957 a Firenze, dinanzi ai rappresentanti diplomatici latinoamericani accreditati a Roma; e dinanzi ai capi missione italiani in America Latina durante una conferenza tenutasi a Montevideo dal 29 novembre al 3 dicembre di quello stesso anno (Incisa di Camerana, 1995, 58)57. In sintesi, si è dinanzi a un rinnovato interesse dell'Italia per la regione latinoamericana. In tal senso, il viaggio del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi in Brasile dal 4 al 14 settembre del 1958, il primo compiuto da un capo di stato italiano in America Latina (F. R. [autore ignoto], 1958, 1071; Ferraris, 1996, 204), rappresenta il momento più alto dell'intensificazione dei rapporti tra l'Italia e i paesi del subcontinente, e della presenza italiana nel subcontinente dalla fine della seconda guerra mondiale. L'Italia doveva porsi in prima linea nel miglioramento dei rapporti euro-latinoame-ricani, intensificando al contempo i suoi già buoni legami con i paesi del subcontinente, tanto più che questi ultimi, e dunque non solo il Brasile, in quegli anni, avevano bisogno "di assistenza, di aiuti, di cooperazione". Il viaggio di Gronchi non doveva, dunque, essere considerato solo come una tappa importante del rilancio delle relazioni italo-bra-siliane, ma rappresentare il punto di partenza di un nuovo cammino dell'Italia in tutta l'America Latina. La visita di Gronchi in Brasile sembró, perció, realmente costituire una consacrazione del nuovo orientamento italiano nei rapporti con l'intero subcontinente latinoamericano. Quanto, al di là dei passi concreti fatti in seguito, questa percezione fosse diffusa - e a dimostrazione del crescente interesse del mondo politico e sociale italiano per l'America Latina - lo si ricava, per citare un esempio, dal fatto che, a distanza di poco più di un mese dal viaggio del capo di stato italiano, la rivista Relazioni Internazionali58 usci 57 Da notare che, con la sua presenza nella capitale uruguaiana, Pella fu il primo ministro degli Esteri italiano a metter piede in America Latina. 58 Settimanale dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale fondato nel 1939, istituto fortemente 686 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 con un numero speciale interamente dedicato all'America Latina59. Tra i vari articoli pubblicati che ripercorrevano la storia passata e recente del subcontinente spicca quello dal titolo indicativo "La politica d'amicizia dell'Italia"60, in cui si sottolineava che il fattore fondamentale e nuovo - e destinato a "prevalere nel futuro" - nella "situazione odierna dei rapporti fra l'Italia e il mondo latino-americano", fosse "la politicizzazione di detti rapporti, fino a qualche tempo addietro considerati soprattutto in funzione di comuni interessi migratori, economici e culturali". Al principio degli anni 1960, la diplomazia italiana si mostrava ancora più intrapren-dente e disinvolta, orientata a verificare la fattibilità di un'accentuazione della presenza dell'Italia nella regione. In quest'ottica va inserito il secondo viaggio compiuto dal presidente Gronchi in America Latina, dal 7 al 19 aprile del 1961, questa volta in Perù, Argentina e Uruguay, con una brevissima sosta nuovamente in Brasile. Oltre che appro-fondire la collaborazione politica e commerciale con i tre paesi latinoamericani visitati e incontrare le collettività d'origine italiana, il viaggio pare abbia avuto anche un celato scopo di proporre l'Italia come un'alternativa, certo di più basso profilo e consistenza, agli Stati Uniti, sfruttando il malcontento diffuso nei confronti di Washington; o, quanto meno, di presentare il governo italiano come intermediario nei rapporti con la Casa Bianca, e di attore incaricato di limitare la sua arroganza e aggressività (B. C. [autore ignoto], 1961a, 403)61. Si trattava di un limitato spazio di manovra che l'Italia cercava di ritagliar-si, ma stando bene attenta a non urtare la suscettibilità degli Stati Uniti, in una fase critica della storia della guerra fredda in America Latina62. Il viaggio va considerato, comunque, soprattutto come una tappa fondamentale dei rapporti italo-latinoamericani dei primi due decenni del secondo dopoguerra (B. C., 1961b, 505-506), e come una conferma del livello di vivacità raggiunto dall'Italia in America Latina; nonché rivelatore del tentativo della nostra diplomazia di proporsi come mediatore tra l'Europa e il subcontinente. Insomma, l'obiettivo nemmeno tanto nascosto dell'Italia era di stimolare gli alleati europei ad approfondire i rapporti con i paesi latinoamericani e di auto-attribuirsi un ruolo di guida all'interno della CEE. Questo obiettivo non sembra sia stato raggiunto, non tanto e non solo per eventuali incertezze avute da Roma, o per le resistenze degli Stati Uniti, quanto, piuttosto, per l'indifferenza dei partner europei. Questi, infatti, non si mostrarono molto interessati e disponibili ad accogliere gli inviti italiani ad approfondire i rapporti con l'America Latina. D'altronde, la Comunità europea avrebbe atteso ancora diverso tempo prima di interessarsi delle vicende delle nazioni di quella parte del mondo. vincolato al Ministero degli Esteri e, dunque, in quegli anni, pubblicazione molto attendibile circa la linea ufficiale perseguita dalla diplomazia italiana. 59 Ben 140 pagine (a fronte delle 30 circa di cui si componeva abitualmente un numero della rivista in quegli anni). 60 Relazioni Internazionali, n. 42, 18 ottobre 1958, 1239-1241. 61 Sembra quasi che Roma volesse rispolverare, su basi completamente diverse rispetto al passato, l'ipotesi di collaborazione triangolare. 62 Basti pensare, solo per citare due esempi, alle due crisi cubane, quella della Baia dei Porci, che si verificó proprio in quei giorni, e quella dei missili dell'ottobre del 1962. 687 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 ITALIJA, LATINSKA AMERIKA, ČILE: OD DRUGE SVETOVNE VOJANE DO PRVIH LET HLADNE VOJNE Raffaele NOCERA Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Largo S. Giovanni Maggiore 30, 80134 Napoli, Italija e-mail: rnocera@unior.it POVZETEK V članku so prikazani splošni vidiki odnosov med Italijo in Latinsko Ameriko v obdobju od konca druge svetovne vojne do začetnih let hladne vojne. Najpomembnejše značilnosti opazimo v podpori območja, da bi se Italija polnopravno vrnila v okvir mednarodne skupnosti in v ponovnem zagonu italijanskih migracijskih tokov v smeri Latinske Amerike. Na podlagi analize vrsto primarnih neobjavljenih in objavljenih diplomatskih virov ter najbolj relevantne znanstvene literature se prispevek posebej osredotoča na ita-lijansko-čilske odnose, ki so, glede na tiste, ki jih je Italija vzdrževala z drugimi državami te podceline, predvsem z Argentino in Brazilijo, manj poznani. Bili so vsekakor zanimivi, predvsem zaradi analogij, kijih je italijanska diplomacija spoznala v v Santiagu de Chile, in sicer v podobnosti med obema političnema sistemoma, ali pa zaradi sugestij, ki bi jih lahko latinskoameriška država na področju političnih dinamik in ideološke usmeritve nudila italijanskim vladam. Ključne besede: Italija, Latinska Amerika, Čile, druga svetovna vojna, hladna vojna 688 ACTA HISTRIAE • 26 • 2018 • 3 Raffaele NOCERA: ITALIA, AMERICA LATINA, CILE: DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE AI PRIMI ..., 673-690 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASDMAE AP - Archivio Storico Diplomático del Ministero degli Affari Esteri, Roma (ASDMAE), Affari politici 1946-1950 Cile e 1951-1957 Cile (AP). DDI, 10 - I Documenti Diplomatici Italiani. Ministero degli Affari Esteri, Com-missione per la pubblicazione dei documenti diplomatici (DDI). Decima Serie: 1943-1948. Volumi II-VI. Roma, Istituto Poligrafico e zecca dello Stato, Libreria dello Stato, 1992-1997 (DDI, 10). DDI, 11 - DDI. 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