Received: 2015-3-16 UDC 394.3:343.615(450.34)"15/16" Original scientific article DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE I BALLI NELLE VILLE RURALI DEL TREVIGIANO (SECOLI XVI-XVII) Umberto CECCHINATO Scuola Normale Superiore di Pisa, Piazza dei Cavalieri, 7, 56126 Pisa, Italia e-mail: umberto.cecchinato@sns.it SINTESI Le danze pubbliche, che tra XVI e XVII secolo caratterizzavano i numerosi giorni di festa nelle ville rurali dellaprovincia veneziana del Trevigiano, furono un importante mo-mento di aggregazione e di sociabilita, ma anche di contaminazione e mescolamento, e spesso furono teatro di violenti scontri. Nella prima parte del saggio si fornira un'analisi di tali scontri, condotta su alcuni fascicoli processuali raccolti durante la ricerca. Nella secondaparte si analizzerä l'atteggiamento assunto delle autorita secolari ed ecclesia-stiche nei confronti delle danze pubbliche. Parole chiave: danze pubbliche, conflitto, violenza, contaminazione sociale DANCE, CONTAMINATION, CONFLICT. QUARRELS AND AGGRESSIONS DURING DANCES IN THE RURAL VILLAS OF TREVIGIANO (16TH-17TH CENTURIES) ABSTRACT During the sixteenth and seventeenth centuries, public dances were usually performed in festivals and holy days. This is as true of the province of Treviso (a territory in the Venetian Republic) as elsewhere in Europe. Dances provided important moments for social interaction and, at the same time, social pollution: frequently they also generated conflicts and violence. These conflicts are analyzed through the study of several fasci-coli processuali. The second part of the paper examines the secular and ecclesiastical authorities' attitudes towards dances, through analysis of secular laws and the decreta synodalia emanated by several podestä and bishops of Treviso. Key words: public dances, conflict, violence, social pollution Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 Tra XVI e XVII secolo, in tutta Europa, nei numerosi giorni di festa che costellava-no I'anno interrompendo le attivita lavorative, uomini e donne partecipavano alle danze pubbliche. Nel caso specifico della provincia veneta del Trevigiano, I'usanza e testimo-niata in due manoscritti del medico Bartolomeo Burchelati, erudito e cultore delle belle arti1. Ne I diletti di Trevigi (1596) l'autore testimonia l'esistenza di numerose "sacre di villa", organizzate "ne' giorni delle consecration di cotal chiese" nelle comunita rurali che circondavano la citta di Treviso, durante le quali si poteva godere di "bello et libero sollazzo" (BCTv, 1046, II 1.2, 8r). Nel successivo trattato La danza trevigiana (1629) Burchelati segnala la diffusione delle danze pubbliche in tutto il territorio della provincia veneta: "si usa per tutto il Trivigiano, a tutte le hosterie delle ville, alle frescate". Egli elenca almeno tre feste principali nelle quali avevano luogo le pratiche coreutiche: quella di San Gottardo ad Asolo, a Caselle, e infine a Camalo, dove nel giorno di San Matteo si faceva "il ballo tondo, il cerchio di carrozze" (BCTv, 1046, II 1.6, 2v). Le danze erano accompagnate da musicisti dilettanti o professionisti, abitanti della villa in cui si tenevano i balli, oppure provenienti da altre aree, giunti in loco attirati dalle possibilita di guadagno. Ogni danza era eseguita a richiesta e dietro pagamento: il ri-chiedente ordinava un brano specifico e pagava i musicisti dopo l'esecuzione; per questo motivo e lecito pensare che esistesse un repertorio condiviso tra le due parti, o che le mu-siche di accompagnamento appartenessero a generi suddivisi in base alle caratteristiche metriche e ritmiche2. Tali musiche erano eseguite "alle feste, ai balli, ai bagordi e baccanali, alle sagre, alle fiere, ai mercati" da suonatori di "subbiotti, di pive, di piffari, di tromboni, di lire, di liuti, di violini et violoni, di ciaramella, di citara, di manicordo, di arpa, e di ribecca, et di tant'altri" (BCTv, ms. 1046, II 1.6, 2r). Oltre a rispondere alle esigenze ludiche delle persone, le danze pubbliche erano im-portanti momenti di aggregazione e di sociabilita. Ai balli partecipavano persone provenienti da diverse ville rurali, attirate dalla festa: si verificava percio una contaminazione3 sul piano dei rapporti sociali, favorita dal contatto e dal mescolamento di individui appar-tenenti a diversi gruppi. In questi momenti di aggregazione potevano nascere nuove unioni, facilitate dai riti di corteggiamento messi in essere dai giovani durante le danze. Ne La Betia^, commedia cinquecentesca di Ruzante, e descritto un atto di corteggiamento di giovani contadini: 1 Sul Burchelati cfr. la voce nel DBI, curata da Cesare De Michelis, 399-401. 2 In tal modo, se il repertorio di una determinata zona risultava sconosciuto ai musici, essi potevano soddisfare ugualmente le richieste, eseguendo brani con struttura ritmica uguale o simile a quelli desiderati dai danzatori: lo stesso Burchelati, ne La danza trevigiana, fornisce un elenco di balli che si eseguivano nel Trevigiano (BCTv, 1046, II 1.6, 2r). 3 Sulla contaminazione si veda Povolo, 2014. 4 II testo riportato in seguito e la sua traduzione in lingua italiana sono tratti dall'edizione a cura di Ludovico Zorzi (Ruzante, 1967). Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 uno dei personaggi, Nale, spiega al suo amico Zilio come ha fatto ad assicurarsi l'amore della sua bella. Di fondamentale importanza era, ovviamente, la partecipazione costante alle feste e ai balli: Primo, andavo sempre, gia, a tutte le feste di Pavana; non c'era settimana che in balli e in pive, contandole di fila, non spendessi tre bei troni. Mi buttavo da compagnone con questo e quel giovinatto, Prima andasea sempre me a tute le feste de Pavana; che 'l n'iera me stemana che in bagi e in pive, mandandole a gualive, a' no ghe spendesse tri bie tron. A' me butava da compagnon cun questo e quel fantuzato, e ogni tratto gli pagavo il merendare; e questo per mostrare che non stimavo i denari. e ogni trato a' ghe pagava el merendare; e questo per mostrare che no stimava dinari. Credi che i pifferari tutti mi conoscevano, perche mi vedevano sempre il primo alla festa. Chirzi che i zugolari tuti me cognossea, perche sempre i me vea el primo in su la festa. L'atto di corteggiamento proseguiva poi in una serie precisa di comportamenti: il gio-vane scapolo pagava per tutte le donzelle presenti al ballo e faceva oggetto di particolari doni, quali dolci, biscotti, cialde e ciambelle, la ragazza prescelta. E poi pagavo la festa a questa e a quella tosa; e alla mia morosa ricordo, se mai vale, E po a' pagava la festa a questa e a quela tosa; e a la mia morosa a' me arecordo de le volte asse di aver riempito il grembiale di cialde e di ciambelle, dico, di quelle belle, che si portano al braccio. de averghe impio i pignole de nibie e bragiegi, a' te dighe, de qui biegi, che se porta al brazo. In seguito, il giovane si aggirava per la festa ostentando le armi e sfoggiando la sua virilita con fare esuberante e presuntuoso, e corteggiava le ragazze presenti lanciando messaggi con gli occhi. Tali comportamenti rispecchiano quelli imposti ai giovani scapoli dal codice etico dell'onore: fare sfoggio della propria sessualita in maniera esuberante equivaleva a dimostrare la propria capacita di difendere e protrarre i valori della propria famiglia (Povolo, 2000b, XXII). Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 E poi col mio spiedaccio [fa l'atto di brandire una lancia] andavo smargiassando, e andavo guardando questa tosa e quella, fino a tanto ch'ella mi dava nel genio. E po col me speiazo [fa l'atto di brandire una lancia] e' andasea sgrandezando e a guardando questa tosa e quela, tanto che per migola-miezo ela a' me ghe tirava. Il rito di corteggiamento culminava nel momento del ballo con la propria "morosa": il giovane si congedava dalle donzelle e ordinava ai musicisti la danza che avrebbe ballato con la ragazza prescelta: Poi le facevo segno, ti dico, con garberia, e poi mi toglievo via, e andavo a ordinare il ballo. A' te se dir ch'a' ghe gignava, a' te dighe, a la polia, e po a' me tolea via e andasea a ordenare el balo. La spesa per le danze e la precedenza sulla scelta di esse assumevano un'importanza cruciale per la buona riuscita del corteggiamento: qualora il giovane non fosse riuscito a ottenere il ballo dai musicisti, sarebbe stato disonorato davanti alla propria ragazza. Le parole di Nale sottolineano l'importanza di questa fase del rito: talvolta, essa andava conquistata con la foi^a, anche fino alle piu estreme conseguenze. Ne mai mi andava in fallo, perche sempre i pifferari, dico, senza denari, mi promettevano, perche sapevano che poi glieli davo; e facevo questione con questo e quel compagnone, che voleva il suo ballo innanzi. Ma io piuttosto innazi sarei crepato, che mai glielo avessi lasciato. Ne me me andasea in falo, perche sempre i zugolari, a' dighe, senza dinari, i me prometea, perche po a' gh'i dasea; e per questo a' fasea po costion con questo e quel compagnon, che volea el so balo ananzo. Mo mi mo ananzo a' sarae crepo, che me ghe l'aesse lago. Queste ultime parole non devono essere interpretate come un'invenzione letteraria del Ruzante: la precedenza sulla scelta dei balli era spesso causa di violenti scontri. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 Talvolta la contaminazione dei rapporti sociali che aveva luogo durante le danze pubbliche non portava solamente alla nascita di nuove unioni: i balli erano teatro di violen-ti conflitti dovuti a svariate cause, delle quali si offre qui di seguito una prima analisi, condotta attraverso lo studio di alcuni fascicoli processuali formati dai rettori di Treviso durante il secolo XVI. Come si e visto in precedenza, le danze erano occasioni privilegiate per la messa in pratica di riti di corteggiamento: ma gli stessi atti di corteggiamento potevano scatenare conflittualita legate a questioni di precedenza sulla scelta dei balli o al pagamento dei mu-sici; inoltre, in alcuni casi, un conflitto sorto sul piano individuale poteva estendersi sul piano collettivo e coinvolgere gruppi di persone appartenenti a diverse comunita. Nelle festivita di Carnevale del 1539, durante una danza tenuta in un'osteria nella villa di Moriago, scoppio una lite tra gli autoctoni e tre uomini provenienti dalla vicina villa di Fontigo. Concluso un ballo i musicisti, vedendo che gli astanti si allontanavano, si lamenta-rono dicendo che "niun haveva pagato se non quelli da Fontigo". In risposta a cio un abitante di Moriago esclamo che "quelli da Fontigo sono bone vache che danno zoso presto il latte", con il risultato di provocare una rissa tra i membri delle due comunita5. In un altro caso il musico Battista Magri, chiamato a deporre a un processo riguardante una rissa scoppiata nella comunita di Isola di Piave nel 1568, dichiaro che in un'occasione precedente, mentre suonava con i suoi compagni alla festa patronale di Fagare, il giorno di San Marco, "venero alle mani alcuni di Monastier con alcuni de Ponte de Piave sul pagar non so che balli"6. Ancora, il 27 febbraio 1530, nella villa di Povegliano, le danze furono interrotte da una violenta rissa scoppiata tra i musici, tutti autoctoni, e alcune persone provenienti dalla vicina villa di Cusignana: a detta dei musicisti la causa scatenante fu il fatto che gli abi-tanti di Cusignana, dopo aver ordinato con successo svariate musiche, "volevano ancor ballar, ma noi, che havevimo promesso balli ad altri, non volessemo darli piu balli, et per questo usorno alcune parole bravando contra de noi, et se partiteno. Et poi, da li a una hora et piu, ritornorno armadi molti compagni"7. Gli scontri che seguirono contrapposero gli abitanti di Povegliano, tra i quali i musici, e una banda di individui armati proveniente da Cusignana: la rissa termino con la morte di due persone di quest'ultima fazione8. Talvolta il corteggiamento attuato dai giovani durante le danze poteva rappresen-tare un pericolo per l'onore delle donzelle in eta da marito e provocare una reazione di difesa da parte degli accompagnatori. Il giorno della festa tenuta nell'ospedale della Carita, nella villa di Sant'Artiene, il 22 luglio 1540, Francesco de Tovena, fornaio, aveva raggiunto il luogo con una compagnia di amici, tutti abitanti della villa di Sant'An-tonino, e con alcune ragazze, tra le quali la figlia del suo padrone. Dopo aver ballato 5 Per la vicenda ASTv, Comunale, busta [b.] 1729, 1539 Processo da Morgiago. 6 ASTv, Comunale, b. 1736, fasc. Processus super homicid [...] in personam Aloysii Nardini, et vulneres illato Ambrosio eius filio de Insula Plavis. Il processo sara analizzato piu approfonditamente in seguito. 7 ASTv, Comunale, b. 1732, Super mortem quondam Petri Mioto de Poveiano et Fosati de la Biancheta contra illos de Pessatis et socios, c. 13r. 8 Per la vicenda del processo, si veda ASTv, Comunale, b. 1732, Super mortem cit. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 "fino all'hora di merenda", le giovani espressero il desiderio di lasciare la festa: in quel momento un giovane di nome Liberale, figlio di uno scarpaio di Sant'Angelo, cerco di convincerle a rimanere e insistette per poter ballare con loro, ma le giovani rifiutarono. Vedendo che Liberale non demordeva nonostante il rifiuto delle ragazze ("esse diceva-no non volere ballar piu, perche lui le astava a voler ballar"), Francesco decise di frap-porsi intimando al giovane di lasciarle in pace ("se non le vol ballar, ande cum Dio"). A quel punto Liberale si infurio, e dopo uno scambio di battute ("comenzo a dire che haveva da impagarme de questo et bravare. Li risposi che haveva da impagarme assai se erano de nostra compagnia") snudo la spada e si scaglio contro il de Tovena, che a sua volta cerco di colpirlo con una spada. Questa la versione del fornaio di Sant'Antonino. La denuncia inoltrata precedentemente da Liberale aveva toni differenti: il fornaio era accusato di aver aggredito per primo e senza motivo. Il giovane danzava con la ragazza consenziente, quando Francesco, che stava bevendo insieme ai suoi amici ("Franciscus accusatus, et socii sui insimul biberunt"), si avvicino e gli disse: "io non voglio che tu balli con questa zovene". Alla risposta accomodante del ragazzo ("perche non voi che balla? Se ne hai interesse dimelo che son tuo fratello, et se non hai interesse non te fazo dispiaser a balar"), il fornaio indietreggio furibondo, e dopo aver insultato e bestemmiato, parti all'attacco con la spada ("antedictus Franciscus furibundus et ira-tus habuit dicere: al despetto de Dio te amazero, multas alias blasphemias proferendo prout per testes declamabit cum spontono quo erat armatus [...] ipsum accusatorem [...] admenavit")9. Forse a muovere Francesco fu la volonta di difendere l'onore della fan-ciulla e, per trasposizione, quello di suo padre; e possibile altresi che la donzella fosse gia oggetto di una determinata politica matrimoniale del capo famiglia, la quale sarebbe stata resa vana nel caso in cui la fanciulla avesse perduto l'onore10. In altri casi i balli, riunendo persone provenienti da diverse comunita, erano occasioni privilegiate per la risoluzione di conflitti gia in atto. Nel 1594, in un dispaccio inviato ai Capi del Consiglio dei Dieci, il nobile veneziano Sebastiano Malipiero richiedeva l'inter-vento del Consiglio per una aggressione da lui subita il 17 agosto a opera di alcuni mem-bri della famiglia Cinello di Morgano, durante un ballo organizzato nella villa di Scando-lara. Mentre si svolgevano le danze, i servitori del nobile veneziano erano stati aggrediti da una banda di quindici armati: lo stesso Malipiero, intervenuto per sedare la rissa, era stato bersagliato di un colpo d'archibugio, fortunatamente mal mirato. Tali "Cinelli", scri-veva il nobiluomo, "habitano nella vila di Morgan, poco discosto dalla mia habitatione, et tenevano meco odio, et dispetto, seben l'andavano dissimulando, per le tante che a suo tempo faro contare alla giustitia". L'avversione della famiglia Cinello si era manifestata nuovamente, nello stesso giorno: "sopra un'altra festa venero con seta armati per attaccar la briga et levarmi la vita". Egli richiedeva pertanto alle autorita veneziane di intervenire, perche, in caso contrario, "al sicuro restera la vita mia in manifesto pericolo, et in perpetui travagli, et preda un giorno di quest'huomini scelerati"11. 9 Per tali vicende si veda il fascicolo processuale conservato in ASTv, Comunale, b. 1729, reg. 1540. 10 A tale riguardo si vedano i casi studiati in Povolo, 2000a e Povolo, 2008. 11 ASVe, Capi Consiglio dei Dieci, Dispacci dei Rettori, b. 136, n° 159. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 Le conflittualita che si accendevano durante i balli potevano protrarsi nel tempo, di festa in festa, quando i contendenti si rivedevano. Il caso e ben illustrato da un processo risalente al 1568, che in principio contrappose un musico, Ambrogio Gerardin, e un tale di nome Battista Furlan. Il 25 aprile quattro musici, tra i quali Gerardin, accompagnarono le danze organizzate nella villa di Fagare: uno dei musici, Battista Magri, vedendo che alcune donne volevano riposare, chiese a Battista Furlan di lasciare loro il posto sulla panca che occupava. Costui esegui, ma ando a posizionarsi in un luogo dove creava "piu danno di quello che non era prima"; percio un altro musico, Ambrogio Gerardin, ando a chiedergli di spostarsi nuovamente: ma Furlan rispose che "voleva star perche era andato la a veder le putte". Sembra che al momento tra i due non accadesse nulla; ma piu tardi scoppio una rissa tra alcune persone di Monastier, tra i quali Battista Furlan, e altre di Ponte di Piave: Ambrogio, intervenendo per dividere i contendenti, si trovo a dover fronteggiare gli attacchi di Battista, con il quale scambio qualche colpo di spada, pare senza ulteriori conseguenze. Il conflitto tra i due si riaccese alla prima domenica di luglio, durante le danze tenute alla sagra nella villa di Rovare. Qui Ambrogio ebbe a ridire con alcuni membri della famiglia Furlan, Geronimo e Momo, per una questione di precedenza sulla scelta dei balli. I due discutevano con un certo Francesco Brochin per l'assegnazione di una danza: Ambrogio, chiamato a dirimere la questione, la assegno al Brochin. Per questo motivo, Geronimo Furlan lancio al musico una sfida ("vustu mance da mi, vien fuora"), replicandola due volte, ma quest'ultimo non rispose alle provocazioni e in quel giorno non ci furono ulteriori scontri. Il 16 agosto, mentre i musici accompagnavano le danze sotto a una frascata nella villa di Isola di Piave, Battista Furlan, "con delli altri che erano sette o otto", invase l'area di ballo armato di uno "sponton" che appoggio alla frascata in modo "che non si potiva balar^'. Al-lora Ambrogio Gerardin gli mosse incontro, chiedendogli di togliere l'arma per permettere agli astanti di continuare a danzare: per tutta risposta Battista lo aggredi ("messe man ad un pugnal, et il sonador alla spada, et furno sottosopra"). Dalle carte processuali risulta chia-ramente la volonta di Battista di provocare lo scontro rimandato nelle precedenti occasioni: il gesto di ostacolare le danze mettendo una lancia di traverso era una sfida indirizzata al musico. A farne le spese pero non fu Ambrogio, bensi suo padre Alvise, intervenuto forse per placare gli animi ("il quondam signor Alvise era fattosi li accosto, poco avanti che mettessero man alli pugnali, senza arme di sorte alcuna"), il quale mori a causa di un colpo di lancia infertogli da Battista Furlan. Le autorita bandirono quest'ultimo da tutto il Trevigia-no, probabilmente per scongiurare l'inizio di una faida tra le due famiglie12. Nell'ambito del rafforzamento dei poteri giuridici delle magistrature statali veneziane in atto tra XVI e XVII secolo, volto a garantire un maggior controllo centrale sui territori 12 Per tutta la vicenda si veda il fascicolo processuale in ASTv, Comunale, b. 1736, fasc. Processus super cit. Nel periodo in cui si svolgono i fatti la pena del bando era ancora utilizzata per la pacificazione dei conflitti che potevano evolvere in faide famigliari, destabilizzando per lunghi periodi di tempo gli equilibri sociali (Povolo, 2007). Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 dominati, una delle emergenze piu pressanti era il problema della violenza. La terraferma veneta era attraversata da gruppi di banditi armati, bravi alle dipendenze dei signori loca-li, sbirri e cappelletti indisciplinati; ad alimentare la violenza concorse anche la diffusione delle armi da fuoco, che aumentava l'incidenza degli omicidi e dei ferimenti durante gli scontri (Povolo, 1980, 220-232). A causa dei numerosi conflitti che le caratterizzavano, le danze pubbliche furono considerate dalle autorita secolari sorgenti di scandali e risse, momenti destabilizzanti per l'ordine sociale: tali pratiche furono percio colpite da provvedimenti limitanti e repressi-vi, atti a contenere o a estirpare gli episodi di violenza incontrollata che ne scaturivano. L'analisi dei proclami emanati dai podesta di Treviso nel corso del XVI secolo mette in evidenza l'atteggiamento tenuto dalle autorita veneziane nei confronti del ballo. Fin dai primi anni del Cinquecento i rettori cercarono di limitare omicidi e ferimenti vietando il porto d'armi nelle feste e negli edifici di culto. Nel 1536 il podesta Francesco Bragadin proibi in tutto il territorio di Treviso il porto di qualsiasi tipo di arma, soprattutto se da tiro o inastata, in particolare durante le messe e i balli ("nec ad missas que celebran-tur in qualibet villa, neque ad tripudia"). Erano esentati dal divieto gli archibugieri agli ordini del podesta presenti alle feste con compiti di sorveglianza, purche non commettes-sero abusi che sarebbero ricaduti sull'onore dell'istituzione che rappresentavano13. La vo-lonta di controllare l'azione delle stesse forze di polizia della Repubblica era ben fondata; gli sbirri, o zaffi, alle dirette dipendenze dei rettori veneziani erano in larga maggioranza persone di mala fama, spesso colpite da procedimenti penali ancora pendenti, che sce-glievano tale mestiere per sfuggire alle pene o perche spinti dalla miseria: frequenti erano gli abusi, le violenze e le aggressioni a danno della popolazione (Povolo, 1980, 207-216; Bianco, 1990; Basaglia, 1986). L'esigenza di disciplinare tali truppe e evidente anche nei proclami del rettore Bernardino Vitturi, il quale nel 1555 confermo il divieto del porto di qualsiasi arma in tutto il territorio e nella citta di Treviso, eccettuati i viandanti ("per secu-rita loro") e le forze deputate alla sicurezza pubblica, le quali non avrebbero pero potuto "andar per la citta ne alle chiesie ne alle feste che si facesseno per il territorio armati di arme proibite per li ordeni et parte della illustrissima signoria"14. Ancora, gli abusi degli sbirri durante le feste furono oggetto di uno specifico proclama emanato dal podesta Andrea Corner nel 1561, in cui si proibi esplicitamente agli archibugieri ordinari di portare "schiopi, archi et altre arme prohibite per li ordeni ducali" alle feste e nelle chiese15. I proclami del podesta Francesco Pisani, risalenti al 1553, dimostrano invece una diversa attenzione al problema specifico rappresentato dalle feste. Il rettore, pur ripren-dendo i divieti sul porto d'armi emanati dai predecessori, cerco di porre sotto il suo diretto controllo l'organizzazione delle feste e dei balli pubblici ordinando che "feste alcune non si possano far nel territorio senza expressa licentia in scrittura datali per sua magnificen-tia". Chi organizzava o partecipava abusivamente all'evento era punito con un'ammenda di 50 lire e tre tratti di corda. Alla stessa pena erano sottoposti i musicisti: cio dimostra la 13 ASTv, Comunale, b. 65, reg. 1536, cc. [2v-3r]. 14 ASTv, Comunale, b. 64, reg. 1555. 15 ASTv, Comunale, b. 67, reg. Corner, c. [4r]. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 volonta del rettore di colpire alla radice il fenomeno, poiche ovviamente le danze non po-tevano avere luogo senza accompagnamento musicale. Per assicurare un rapido interven-to in caso di trasgressione, inoltre, si imponeva ai merighi delle ville di denunciare la festa abusiva nello stesso giorno in cui si teneva.16 Infatti senza una subitanea risposta delle autorita sarebbe stato difficile punire i contravventori, dato che i partecipanti ai balli e gli stessi musicisti spesso provenivano da localita differenti da quelle in cui si teneva la festa. L'atteggiamento dei podesta che governarono Treviso nei confronti dei balli pubblici si fece piu intollerante negli anni 1574-1577. I proclami dei rettori risalenti a quel periodo di tempo si distinsero da quelli emanati dai predecessori per l'esplicito giudizio morale espresso nel divieto. Nel 1574 il podesta dichiaro di voler "ovviar alli inconvenienti che ben sogliono nascere dal portar delle armi et dalli balli et tripudii". Come si nota dall'uso della congiunzione evidenziata dal corsivo17, per il rettore le violenze legate alle feste era-no si dovute alla diffusione delle armi, ma anche alla partecipazione alle danze pubbliche: tra i proclami rinvenuti durante la ricerca, e il piu antico a scagliarsi esplicitamente contro la pratica coreutica, e segnala una diversa sensibilita del podesta veneziano nei confronti di tale consuetudine. La festa e il ballo furono vietati totalmente, nella loro dimensione pubblica e privata. Le pene per i contravventori furono inasprite: tre tratti di corda, due mesi di prigione "serrata" e un'ammenda di 100 lire di piccoli. Qualora i colpevoli non fossero caduti in mano alla giustizia erano banditi con modalita a discrezione del podesta. Alle stesse pene erano sottoposti i musicisti che accompagnavano i balli e i merighi che non denunciavano la festa abusiva, oltre che gli archibugieri ordinari che portavano alle feste, nelle chiese e alle sagre altre armi "salvo che la spada"18. Il clima di controllo e repressione delle feste e dei balli continuo nei proclami degli anni 1575 e 1577, dai quali emerge anche l'immagine negativa che queste forme assu-mevano nella mente dei legislatori: dai balli "non nascono mai se non scandali, risse et custioni", e per questo motivo nel territorio sotto il controllo del podesta si proibiva "in tutto et per tutto [...] far feste, ne far ballar in lochi pubblici o privati senza licentia di sua magnificenza"19. Le pene si ammorbidirono rispetto a quelle previste dal proclama del 1574: chi partecipava, organizzava e suonava in feste proibite era punito con tre tratti di corda, due mesi di prigione, 50 lire piccole di multa. La pena del bando per i latitanti scomparve, sostituita da pene aggiuntive a discrezione del podesta. E infine importante notare che in questi due proclami compare una clausola assente nel proclama del 1574: a discrezione dell'autorita, l'accusatore ora poteva essere tenuto segreto. In tal modo i podesta miravano a facilitare la denuncia degli abusi20. La fase di repressione radicale delle feste non duro a lungo: negli ordini emanati da Andrea Corner nel 1578 non compare alcuno specifico divieto riguardante le feste, e cosi in quelli del podesta del 1589. I due rettori si limitarono a regolare il porto d'armi con or- 16 ASTv, Comunale, b. 66, reg. Pisani, c. [2v]. 17 Inserito dall'autore del presente articolo. 18 ASTv, Comunale, b. 34, Liber Actorum 1574, cc. 6r-7r. 19 ASTv, Comunale, b. 70, reg. Actorum Liber 1575-76, c. [10r-v] e ivi, b. 34, reg. Liber Actorum 1577. 20 ASTv, Comunale, b. 70, reg. Actorum cit. e b. 34, reg. Liber cit. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 dini simili a quelli dei loro predecessori di inizio secolo21. L'atteggiamento altalenante dei rappresentanti veneziani puo essere spiegato interpretando i provvedimenti piu estremi, presi nel triennio 1574-1577, come leggi provvisorie, emanate per far fronte a situazioni specifiche: risolte queste ultime, l'utilita dei decreti sarebbe venuta meno. A suffragio di tale ipotesi e possibile citare un dispaccio del podesta Bartolomeo Capello, risalente al 28 febbraio 1576, indirizzato ai Capi del Consiglio dei Dieci. Il Consiglio, in risposta a una precedente supplica dei Bombardieri trevigiani, aveva intimato al rettore di osservare il privilegio concesso a quest'ultimi di portar armi per la citta illimitatamente, di giorno e di notte. Nel dispaccio il podesta asseriva l'impossibilita di assecondare le volonta del Consiglio, poiche, sottolineava, "essendo io venuto al governo di questa sua citta, et ha-vendola ritrovata tutta colma di risse, fattioni et de seditioni capitalissime" aveva dovuto vietare il porto d'armi a chiunque per tutta la durata del giorno; ai soldati e ai bombardiert, proprio in vista dei loro privilegi, aveva concesso di portar le armi fino alla seconda ora di notte "per tenir ogn'uno in freno et per obviar a' molti scandalosi accidenti, che potevano facilmente occorrere". Tanto piu, affermava il rettore, sarebbe risultato dannoso concedere tali diritti ai bombardieri nel periodo in cui scriveva, ovvero durante il Carne-vale, "che e il piu pericoloso tempo di tutto l'anno": essi, infatti, "sono pur di questa citta, et sono fautori, et fomentatori di queste fattioni per le loro dipendentie"22. E possibile che i divieti contro il ballo risalenti a quel periodo fossero stati emanati per cercare di limitare gli scontri tra le fazioni che dividevano Treviso. La necessita di vietare i balli si ripropose nel secolo successivo: allo stato attuale delle ricerche e stato rinvenuto un unico documento, contenuto in un Liber status animarum del pievano di Varago, villa situata nel territorio di Treviso. Nel Liber e contenuta una copia di una terminazione del podesta e capitano Girolamo Savorgnan, emanata l'8 dicembre 1682. In essa il rettore, "considerando [...] di quanti mali danno cagione le feste de' publici balli che su questa giurisdizione si fanno" poiche in esse "si commettono multiplici eccessi, de-litti e scandali, con eccidio delle persone e dell'honore de' sudditi", vietava le danze in qua-lunque luogo e tempo in tutto il territorio, al fine di diminuire in tal modo "le cause di simili casi e disastrosi eccessi, e stabilir la pace, tranquilita et quiete". Ai trasgressori erano com-minate pene di bando, prigione e maggiori ad arbitrio del podesta (BCapTv, I, 179, 377). La repressione dei rettori veneziani nei confronti delle pratiche coreutiche nel Trevi-giano fu, dopo il Concilio di Trento, affiancata dall'azione di riforma religiosa intrapresa dalle autorita ecclesiastiche. I vescovi della diocesi di Treviso cercarono di imporre una netta separazione tra il sacro e il profano: le pratiche profane che caratterizzavano i giorni di festa furono bandite dai luoghi sacri come le chiese, i cimiteri e i sagrati. Le intenzioni di riforma dei prelati trevigiani emergono dall'analisi dei decreti contenuti nelle costitu-zioni sinodali pubblicate tra Cinque e Seicento. 21 ASTv, b. 65, reg. 1578, [2r] e b. 34, Liber Actorum 1589, 2r. 22 ASVe, Capi Consiglio Dieci, Dispacci rettori, b. 136, n° 55. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 Le piu antiche proibizioni concernenti le danze pubbliche ad oggi rinvenute emergono dalle Costitutiones date alle stampe sotto l'episcopato di Francesco Corner, nel 158123: il vescovo vieto totalmente i balli nei giorni di festa e proibi al clero secolare di partecipare o assistere alle danze sia pubbliche che private24. Il suo successore Lodovico Molin, nelle costituzioni stampate tra il 1601 e il 1604, mantenne i divieti precedenti, dichiarando che le danze condotte nei giorni festivi offendevano Dio e scandalizzavano gli uomini onesti, dando luogo a blasfemia, ebrezza, aggressioni e omicidii25. Il pericolo insito nella contaminazione tra le pratiche profane e quelle sacre era in primo luogo la possibilita che i fedeli venissero deviati dagli obblighi devozionali. Nel 1579 un massaro della chiesa parrocchiale di San Tommaso di Costa chiese a Francesco Corner, in visita alla pieve, che fossero vietati i balli che si tenevano sul sagrato nel giorno della festa patronale "perche il piovan non pol dir vespero per il remor che si fa al ditto ballo" e, cio che e peggio, "non vi concorre al vespero troppe persone per rispetto della ditta festa" (ADTv, VPA, b. 7, f. 3, 114r). L'intervento del vescovo non si fece attendere: egli proibi "in tutto e per tutto" le danze a pena di scomunica, perche "con il remor et suo-no si disturba il vespero, oltra che per esso ballo vien deviato il populo che ne concorre pochi alla chiesa". Stupisce pero il resto del divieto: il vescovo proibiva il ballo "in quel loco" e cioe il sagrato, ma aggiungeva che i partecipanti "volendo ballar, vadino altrove lontano da essa chiesa" (ADTv, VPA, b. 7, f. 3, 115v). L'ordinanza si costituisce cosi come un provvedimento atto a soddisfare un'esigenza momentanea legata alle celebrazio-ni, piu che a sradicare una pratica considerata immorale: ma cio potrebbe essere dovuto all'infruttuosita degli interventi piu repressivi piuttosto che al carattere permissivo di Francesco Corner26. Il pericolo dell'allontanamento dei fedeli si rende evidente anche in alcuni proclami del vescovo Lodovico Molin, nei quali si esorta a evitare le pratiche co-reutiche, affinche i fedeli non siano "distratti da vane o poco honeste occupationi" e non trascurino gli uffici divini, scandalizzando "li animi pii di coloro che vogliono spender li giorni di festa come a' buoni christiani si conviene"27. 23 Le precedenti costituzioni di Giorgio Corner, stampate nel 1565, si concentrano sulla riforma del clero. 24 «De festorum dierum cultu persolvendo. [...] Ne denique iis diebus chorae, saltationes, tripudia urbe, oppidis, vicis, aut usquam omnino ducantur, aut fiant» e «De clericorum moribus, vita et honestatem. [...] Choreas tum privatas, tum publicas non modo non agent, sed nec spectabunt non quidem. Qui secus fecerit, si privatim, pro qualibet vice decem librarum poenam solvet, si publice vigintiquinque» (Costitutiones, 1581, 22 e 172). 25 «Non, nisi Dei offensione, et scandalo bonorum, choreas ducat, et gentiliis quibusdam se ritibus totum dedat: unde commitendorum peccatorum occasio non levis, deinde blasphemiae, ebrietates, et periculosa interdum rixae et homicidia subsequuntur [...]» (Decretaa, 1604, 50r). 26 Il quale, come gia segnalato, due anni piu tardi avrebbe vietato completamente le pratiche coreutiche nei giorni di festa. 27 «Acciocche, con l'esser voi distratti da vane o poco honeste occupationi, non lasciate di ritrovarvi presenti in detti santi giorni alli divini ufficii, ovvero scandaliziate gli animi pii di coloro che vogliono spender li giorni di festa come a buoni christiani si conviene: vi esortiamo et paternamente ammoniamo, che del tutto schiviate i balli, massime in luoghi pubblici, et medesimamente li giuochi di carte, dadi et altri simili; et che per quell'ora almeno che nella chiesa si insegna la santa istituzione christiana o si celebrano li divini ufficii, vi asteniate anco dal giuoco della balla, zoni et borelle, et da spettacoli di commedie, ceratani, et simili altre cose vane» (Decretab, 1604, 11v-12r). Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 Il senso di pericolo avvertito dai vescovi nei confronti delle pratiche coreutiche era piu impellente nei periodi in cui colpivano le calamita naturali, considerate punizioni divine, come l'epidemia di peste che dilago nei territori della Repubblica tra 1576 e 1577. Il vescovo Giorgio Corner, venendo a conoscenza nell'agosto del 1576 che nella villa di Musano si tenevano frequentemente danze e balli, ammoniva gli abitanti della villa "a dover lassar da parte questi balli et queste vanita", dato che essi "se ad ogni tempo sono cattivi et causa de molti inconvenienti considerando il mal procedere et la malizia, [...] molto piu devono esser prohibiti in questi infelici et calamitosi tempi", visti "li travagli et pericoli nelli quali s'attrova il nostro serenissimo principe, et l'inclita citta di Venezia". Il vescovo esortava quindi la popolazione a dedicare il proprio tempo alla preghiera e alla devozione "lassando li vicii et li peccati per placar l'ira del Signore [...] et supplicando il Signor Iddio che voglia liberar i nostri signori dalla crudelissima peste che va disertando la citta di Venezia, pregandolo a conservar noi altri liberi da questo morbo". Arrivava quindi a vietare completamente l'organizzazione di danze pubbliche e private, proibendo ai musicisti di suonare: i trasgressori erano puniti con la scomunica e altre pubbliche pene a discrezione dell'autorita28. 28 ADTv, VPA b. 6, f. III, Liber visitationum ecclesiarum fabricarum illuminariarum hospitalium et aliorum piorum locorum, castrorum et villarum suppositor et suppositarum diocesi tarvisina annorum 1575. Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSIONI DURANTE ..., 29-42 PLES, KONTAMINACIJA, KONFLIKT. PREPIRI IN AGRESIJA MED PLESI V RURALNIH OBMOČJIH TREVISA (16.-17. STOLETJE) Umberto CECCHINATO Visoka šola Normalka v Pizi, Piazza dei Cavalieri, 7, 56126 Pisa, Italija e-mail: umberto.cecchinato@sns.it POVZETEK Članek obravnava vzorce socialne kontaminacije med javnimi plesi v 16. in 17. stoletju, s posebnim poudarkom na območju province Trevisa, ki je pripadala beneškemu kopnemu teritoriju. Fenomen javnih plesov ob svetih praznikih je dokumentiran za celotno Evropo. Po eni strani so tovrstni plesi spodbujali nova srečanja in poznanstva, po drugi pa je kontaminacija družbenih odnosov povzročala številne konflikte. V prispevku so, na podlagi analize številnih sodnih spisov (fascicoli processuali), obravnavane antropološke dinamike teh konfliktov. Izbruhe nasilja na javnih plesih so beneške oblasti videle kot obliko destabilizacije javnega miru in jih zato s pomočjo prepovedi in omejitev skušale nadzirati. Ta odnos je razviden iz številnih terminazioni, ki so jih pripravile prosvetne oblasti. Po Tridentinskem koncilu so se tem poskusom pridružile tudi posvetne oblasti. Namen cerkvenih dostojanstvenikov je bil predvsem umakniti plese kot vir kontaminacije iz svetih krajev in časov. Največjo nevarnost so ti predstavljali v obdobjih izbruha kuge. Ključne besede: javni plesi, konflikt, nasilje, socialna kontaminacija Umberto CECCHINATO: DANZA, CONTAMINAZIONE, CONFLITTO. RISSE E AGGRESSION! DURANTE ..., 29-42 FONTI E BIBLIOGRAFIA ASVe - Archivio di Stato di Venezia (ASVe). ASTv - Archivio di Stato di Treviso (ASTv). ADTv, VPA - Archivio Diocesano di Treviso (ADTv), f. Visite Pastorali Antiche (VPA). BCapTv - Biblioteca Capitolare di Treviso (BCapTv). BCTv - Biblioteca Civica di Treviso (BCTv). Costitutiones (1581): Illustrissimi ac reverendissimi Francisci Cornelii Tarvisii episcopi constitutiones. Ex sacri Concilii Tridentini praescripto Diocesanae Synodo nuper cele-bratae quo perpetuo serventur traditae. Venetiis, apud Guerraeos fratres, MDLXXXI. Decretaa (1604): Decreta Synodalia ecclesiae Tarvisinae usque ad annum MDCI. Tarvi-sii, apud Evangelistam Deuchinum, MDCIV. Decretab (1604): Decreta edita in synodo diocesana Tarvisina Tertia, quam Aloysius ar-chiepiscopus Molinus episcopus Tarvisinus habuit. Anno Domini MDCIV Clemente VIII summo pont. Tarvisii, Apud Evangelistam Deuchinum, MDCVI. Ruzante (1967): Teatro. Prima edizione completa. Testo, note e traduzione a fronte a cura di Ludovico Zorzi. Torino, Einaudi, 252-257. Basaglia, E. (1986): Il controllo della criminalita nella Repubblica di Venezia. Il secolo XVI: un momento di passaggio. In: Ortalli, G. (ed.): Bande armate, banditi, banditi-smo e repressione di giustizia negli stati europei di Antico regime. Roma, Jouvence, 65-78. Bianco, F. (1990): Contadini, sbirri e contrabbandieri nel Friuli del Settecento (Valcellina e Valcovera). Pordenone, Biblioteca dell'Immagine. DBI - Dizionario Biografico degli Italiani. Roma, Istituto dell'Enciclopedia Treccani. Povolo, C. 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