IV. ANNO. Sabato 24 Maržo 1849. M 13- Numismatica. Al signor F. Schtveitzer Lo studio delle monete antiche torna sempre di gran-dissimo giovamento alla storia, e noi per queste regioni molto dobbiamo di notizie al medio tempo, sia dei Patriar-chi di Aquileja, sia dei Vescovi di Trieste, sia dei Conti di Gorizia, sia dei Duchi di Carintia. La comparsa di queste monete e prova indubbia dei diritti di governo che eser-citavano, di quei diritti che erano proprt delle Baronie maggiori; e indizio sicuro per distinguerli da quei baroni minori che ebbero o pretesero diritti molto estesi, ed e di bel sussidio nel completare la serie dei dinasti, e dei Principi che vi ebbero reggimento. Ella fa beli' o-pera per questa sua patria d' affetto, facendosi ad illu— strare la serie delle monete che qui furono in uso nel medio tempo, siccome con tanta lode e vantaggio ha fatto di qualche dominazione; prosegua che Ella meritera di questa sua seconda patria, la quale se nella massa ignora o non tiene in pregio ogni cosa che nobiliti lo spirito, e tenda a sollevarlo al di sopra della bassa condizione terrena, vi hanno nel silenzio, e parecchi, che tengono conto del progresso degli studi che direi secreti, fra noi, e sanno pregiarli, e riconoscono che in qualunque condizione di vita, P uomo ha possibilita del sapere, e maggior merito se vi aspira in mezzo a gravissimi o-stacoli. La monetina del Vescovo Givardo non mi e nuova. In un Catalogo deli' anno 1846 contenente i doni e gli acquisti fatti dal Museo di Lubiana si registra come rin-venuta in Hasberg una moneta che e quella del nostro secondo Giobardo vescovo; contemporaneamente quel Museo faceva P acquisto di una moneta, che a descrizione 6 identica con quella che da Lei si possede; senza pero che nel catalogo venisse indicata la provenienza. Mi fu detto che fosse stata rinvenuta sul colle di Gratz della Stiria. L' autore deli' annuncio nel catalogo, fisso con molu* acume 1' epoca della moneta, attribuendola al principiare del secolo XIII, giudicandola contemporanea al Bernardo duca di Carintia, che conio la prima moneta lubianese; ma nel cio fare, sembra a me che menasse troppo rumore volendo incerta la serie dei Vescovi nostri di quei tempi, e volendo espulsi dal sillabo Leonardo, Givardo II e Giovanni; quell'autore non conobbe forse che fino dal-P anno 1844 la serie dei vescovi era stata depurata, e ripetuta in piu stampati, in italiano ed in latino. Esso autore riconobbe identicita nei nomi di Giobardo e di Givardo, ma non credette nell' esistenza di due vescovi dello stesso nome, in due tempi diversi. Pure la cosa era altrimenti, imperciocche il nome del primo ora scritto Gebardo ora Giobardo si trova registrato in atti, sen-tenze, diplomi imperiali dei primi anni del secolo XIII, da me veduti; deli'altro Givardo, che fu di časa Aran-gone, canonico di Aquileja, il quale sede quattro anni, si legge il nome in diplomi, costantemente Givardo; il quale Givardo precedette a Leonardo di Cividale, suc-cesso a Volrico, riportando la palma per sentenza di Papa Alessandro IV dei 10 maržo 1255 di confronto ad Ar-longo che pote salire la cattedra piu tardi. II nome di Leonardo e noto per indubbi diplomi da me veduti, nei quali anzi si dice eleclus; e se di Giovanni sono incerte le notizie, appena potrebbe porsi in dubbio P esistenza sua; dopo le molteplici, concordi testimonianze degli scrittori nostri, e forestieri; e fra i nostri citero i nomi ripetuti dal vescovo Rapicio, del canonico Scussa, di Pre Felice Bandelli, tra i forestieri il P. Bautzer, volendo tacere quelli che trassero da que-ste fonti. Lo Scussa dice positivainente che Gregorio IX Papa gli aveva indirizzata epistola. Ed e questo i! vescovo Giovanni, al quale si attribuisce la prima vendita di diritti di governo al comune -di Trieste, 1' atto della quale procurai di porre a luce nell' opera recente Docu-menti ecc. Trieste 1848. Ne Leonardo I, ne Giovanni, ne Girardo, ne il secondo Leonardo, che visse breve tempo, vanno radiati dal sillabo dei nostri vescovi; anzi Le diro qualcosa che forse potra darle argomento a qualche esame. In carta manoscritta, nella quale si registrano alcune memorie della chiesa dei Francescani in Trieste, favori-tami dal diligentissimo Signor de Jenner, trovo indicato che la chiesa fosse stata consacrata nel 1234 dal vescovo Givardo, e che sulla porta si vedesse Io stemma di lui cioe I' agnello di Dio colla croce. Nel 1234 sedeva il vescoyo Leonardo, non Givardo, e potrebbe ben essere corso errore di copista nel tra-sportare da copia a copia la data in cifre arabiche; nel 1254 era vescovo Givardo il secondo, e sulle monete sue si vede 1' agnello di Dio; ma questo stesso agnello di Dio, cangiata soltanto la direzione, si vede altresi sulle monete del vescovo Arlongo, i rovesci delle quali sono tanto variati. Arlongo aveva nello stemma di fa-miglia la mezza luna con sopra una stella, come puo vedere sulla facciata della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo di Muggia nuova. Stemmi faraigliari su monete dei Vescovi di Trieste non mi e accaduto di vedere all'in-fuori di Arlongo, che fu dei Visgoni, di Rodolfo che fu dei Pedrazzani; se non fosse il gonfalone con due stelle su d' una moneta di Volrico che fu dei Portis, cio che ignoro del tutto. Ed or venendo a cio che piu importa, non mi sembra che la varieta nel modo di scrivere il nome del vescovo Giobardo o Givardo sulle monete, dovrebbe auto-rizzare a supporre due persone diverse, se variela di scrivere il nome si riscontra anche nelle pergamene che si hanno dello stesso vescovo, variela non del tulto con-cordante con quella delle monete; se questa varieta e autorizzata dai tempi. Givardo sede nove anni, e tale decorso e sufficiente a collocare piu d'un Vescovo, pero un solo ne conob-bero i nostri scrittori, fra quali il Bandelli che io gran-demente pregio, ne accade mai in diplomi posteriori di vedere fatta menzione che di un solo Giobardo anteriore a Corrado che fu dei Bojani. A mio avviso, i due nomi Giobardo, Givardo, non sono che varieta del monetiere; ne dovrebbe sorpassarsi che i monetieri di Aquileja cangiavansi spesso, ed erano per lo piu di altri paesi, di paesi ai quali nomi siffatti erano difficili. Io penso anzi che monete sincere d' altri vescovi oltre quelli che sono noti per 1' opera del-1'illustre Fontana, non si abbiano a rinvenire; e piu di un secolo e mezzo che i nostri ne fecero costante e di-ligente ricerca, senza altro frutto, oltre quello che abbiamo. Non avrebbero coniato moneta, Giovanni che sembra essere stato EleUo sollanto, di breve tempo, Leonardo II che fu eletto soltanto; Ulvino e Brissa, pero questi due erano successori a Volrico, che alieno molti diritti della Chiesa, quantunque fra questi non fosse il diritto di moneta; ma il diritto di moneta non era come sospettiamo soltanto dei Vescovi, vi partecipava anche il comune; e quando il Pedrazzani conio 1' ultima delle monete triestine, lo fece a manifestazione delle pretese che aveva sui comune, per cui il solo suo nome comparisce ali' ingiro, non quelIo della citta, come si vede in tutte quelle dei suoi predecessori; lo stemma poi della citta si vede sottopo-sto al suo stemma di famiglia, come quello di soggetto allo stemma di dominante. Ma questo suo vanto si col-lega strettamente colla congiura dei Ranfi, ed il fine mi-serevole di questi, la vendetta che ne trasse il comune, spiega perche le monete del Pedrazzani sieno divenute si rare; ed il perche i Vescovi successori (i quali ap-pena nel 1791, che e quanto dire ai giorni nostri, depo-sero il titolo di Conti di Trieste) non ne coniassero piu. Ho cominciato a stampare alcune leggi nostre, dalle quali Ella potra vedere tutto il sistema di monete che ebbero i nostri nel secolo XIII; sono certo che sa-pra vedervi cose che io non valgo a riconoscere. P. Kandler. Della Chiesa di S. Giovanni de Tuba od al Timavo. Prossima alle sorgenti del fiume, che oggidi con-serva il nome di Timavo, sorge una chiesa ad onore di S. Giovanni, parrocchiale di quella plebe, altravolta arci-diaconale; la di cui giurisdizione stendevasi altravolta per lungo tratto sui Carso. La dicevano altravolta de Tuba, ora la dicono frequenteinente di Duino dal pros-simo Castello, il nome del quale non trasse origine dal Castello antico di Pucino che stava ove oggidi chiamano Vatcadin o piuttosto Valle Catena, sibbene da questa voce di Tuba ridotta a diminutivo, come lo accenna anche 1' antico nome tedesco di Tubein. Abbiamo detto del fiume che oggidi conserva nome di Timavo, e con ragione, perche al principiare deli' Era nostra questo nome di Timavo davasi a quel fiume che dicesi Reca, il quale dalle pendici del Nevoso prende il covso per Prem a S. Canciano, e si sprofonda in una Caverna; fiuine che era in verila il Timavo superiore. L' antichita poi dava il nome di Timavo a quel fiume che sgorga dal Lago di Pietrarossa, o Lago del Timavo anche in antico, e che scorrendo per le paludi di Monfal-oone ha il nome di Locavez, formando il confine fra Monfalcone od il Friuli, e Duino, come anche in antico serviva a segnare il confine deli' Istria. Cosi essendo le cose, tutto il terreno al Levante del Locavez era Istria, e su questo terreno stava la chiesa di S. Giovanni. L' edifizio della chiesa nella parte del santuario mostra per 1'architettura a sesto acuto, che dicono im-propriamente gotica, di essere opera del secolo XIV, nella qua!e si impiegarono pietre scritte, e materiali da muro di un tempio sacro alla Speranza Augusta, il quale sorgeva su d' un' isola di mare, illustre per le terme ce-lebrate miste ad acqua marina, oggidi conosciute sotto nome di bagni di Monfalcone; sull' isoletta prossima sorgeva una lanterna per additare ai naviganti il porto del Timavo. II corpo principale della chiesa e opera tumultua-ria fatta in tempi piu vicini per compiere il tempio cominciato, e che non fu ridotto a termine secondo il piano eseguito per 1' abside e che sarebbe riuscito dr non spregevole aspetto, per queIlo stile adottato. Ouesto edifizio non e il primo che sorgesse sa-crato a Dio su quel terreno, si hanno notizie certe di altra chiesa, e di chiostro ivi prossimo; imperciocche nel 1085 il Patriarca di Aquileja Woldarico scorgendo il mo-nastero deserto per 1' insalubrita deli' aere, 1'aveva donato ali' Abbazia della Belinia prossima ad Aquileja della quale divenne membro. II monastero, i beni di questo passa-rono poi in proprieta dei \Valse Signori di Duino per diritto di avvocazia; rimase la chiesa, la quale da tempi remoti assai fu Plebania, anzi, se le notizie sono esatte, fino dali'anno 1188. La terra sulla quale alzavasi la chiesa era terra di S. Giusto di Trieste; il Capitolo di Trieste vi esercitava giurisdizione in certa solennita, esigendo 1' offertorio;-questo diritto durava ancora nel secolo XVI. Le remi-niscenze della nostra gioventu ricordano avanzi di un edifizio che indicava essere gia stato esagono, e dovrebbe essere stato battistero ad uso della pievania; ma ve-demmo questi avanzi in tempi nei quali non sapevamo valutarli, e cjuando con migliore intelligenza ci recammo a vederli, non erano piu, grandi cangiamenti essendosi falti in quei dintorni per nuove strade. Dovrebbesi ra-gioncvolmente conchiudere che quella chiesa non fosse gia di monaci, sibbene di plebe; che il monastero od avesse propria chiesa, od altrimenti che usasse della plebanale come gli altri fedeli, e che in ogni tempo la plebania fosse distinta e separata onninamente dali' Ab-bazia o dal Monastero. Nell' interno di questa chiesa aH' altare si vede in-eisa in marmo la seguente leggenda. OSSA BEATORVM SVNT HIC CONCLVSA PIORVM BAPTISTAE CHRISTI SIMVL ALTERIVSQVE JOHANNIS. HIS SVNT CONJVNCTI MERITIS AC MVNERE DIGNI STEPHANVS ET BLASIVS NEC NON GEORGIVS ALMVS ATQVE MANVFORTIS LAVRENTIVS ADDITVR ILLIS; HOS HIC GERMAMI OVONDAM SOLLERTIA CLARI UNGARI CVM REGEM FORMIDANS VALDE FVRENTEM IVSSERAT ABSCONDI MAGNO STVDIOQVE RECONDI SIC PER OVINGENTOS VEL FORSITAN AMPLIVS ANNOS NON POTVIT SCIRE FVERINT QVA PARTE LOCATI. SED VOD OLRICI PATRIS O MNIPOTENTIS AMICI PONTIFICIS.SVMMI LENIS NIMIVMQVE BENIGNI VIRTVTIS PLENI CVNCTIS VICIIS ALIENI PER LACRIMAS MVLTAS QVAS CHRISTO FVDIT AMARAS ATQVE PER INNVMERAS STVDV1T QVA PASCERET TVRBAS TEMPORE SVNT OSSA SANCTORVM IVRE REPERTA QVI SANCTOS COLVIT SE SICQVE COLENDO BEAVIT OVOD IAM CVM SANCTIS M A N E A T SIBI VITA PERRHENNIS • Narrasi in questa leggenda che cinquecento e piu anni prima del Patriarca Volrico fossersi nascoste nella chiesa le reliquie di S. Giovanni Baltista, deli' altro S. Giovanni, di S. Stefano, di S. Biagio, di S. Giorgio, di S. Lorenzo, le quali poi furono rinvenute dallo stesso Patriarca; si narra cioe di una ricognizione di corpi santi, nascosti in tempo di grave pericolo. II Patriarca che li rinvenne e quello di Aquileja, non di Grado; Aquileja diffatii nel 1028 ricupero i diritti metropolitici sulP Istria tutta, e quindi anche su S. Giovanni de- Tuba. II Patriarca era Volrico, od Uldarico I dei Duchi di Carinlia, che asceso al trono patriarcale nel 1085, in questo stesso anno dono S. Giovanni ai Monaci della Belinia. Narrasi nella leggenda che i corpi santi fossero stati nascosti cinquecento anni e piu avanti il rinvenimento, cio che porterebbero, se fossero 500 precisi, ali' anno di nostra era 585, tempo nel quale A-quileja era in potere pacifico dei Longobardi, mentre 1' Istria e Duino, che stava al confme, eran in potere dei Bizantini, e nessun pericolo minacciava Aquileja gia di-strutta, o quella parte d' Italia, da un Re furibondo degli Ungheri. Ne questo pericolo dovrebbe essere stato quello della calata dei Longobardi, i quali sebbene venuti da Unghefia avevano proprio nome, non ignoto nel 1085, mentre non correvano tre secoli dalla caduta del Regno Longobardo, mentre nel Friuli medesimo, i Longobardi pervennero a celebrita, mentre nei tempi dello stesso Volrico non era sparita la distinzione legale fra nazioni, ne fuor d' uso la dichiarazione qui ex Natione mea professus sum lege vivere Langobardorum; Alboino non fe'guerra di distruzione sibbene guerra di conquista, e come di lui non s' ebbe grande terrore, la memoria sua non fu in abominio; esso era cristiano, sebbene della setta degli Ariani; ne v'era motivo di temere per le sacre reliquie. Altro avvenimento accenna 1' inscrizione, incerto pel tempo, dacche si dice cinquecento e forse piu anni, terribile per gli effetti, ad opera di un Re ungherese. e noi propendiamo che si voglia accennare ad Attila Re degli Unni, che ebbe farna e nome di flagello di Dio; di quell' Attila che distrusse Aquileja e lascid principal-mente in queste provincie tale memoria, che ogni distruzione si attribuisce a lui; ogni sevizie si ritiene di lui. Propendiamo a credere che si parli d' Attila perche ai Longobardi precedette il Regno dei Goti non turbato da invasione di Unni o di Ungari, al Regno dei Goti quello decadente degli Imperatori romani; perchč la sventura temuta ed accennata deve essere stata esiziale, se quelli che nascosero reliquie tanto insigni, non vennero a ri-cuperarle, ed a riporle in quella sede distinta nella quale erano dapprima, e che pensiamo essere stata Aquileja, siccome la citta piu prossima, e celebratissima per culto. Si accenna che la persona la quale nascose le reliquie in S. Giovanni de Tuba per timore del Re furibondo degli Ungheri, forse Germano al quale si da il titolo di Chiaro, titolo che sembra indicare una dignita pubblica di citta romana; chiarissimo fu il titolo dei Senatori. Non sarebbe inverosimile che reliquie di Santi tanto insigni, venissero trasferite al Timavo, nascoste in quella chiesa, la quale per essere fuori della strada battuta da Attila (disceso da Caporeto per Cividale) era meno sog-getta a pericoli, meno ancora per essere di piccola bor-gata che non attraeva 1' avidita dei soldati. Ma noi an-diarno piu innanzi e pensiamo che oltre queste reliquie riparasse allora in S. Giovanni 1' Evangelario che ora si custodisce nell'Archivio capitolare di Cividale, Evangelario che e scritto nel IV secolo, preziosissimo monu-mento, di simile al quale non ha che la chiesa di Verona. Questo Evangelario fu in S. Giovanni di Duino siccome mi accerta carissimo ainico, che tanto dedusse dalle se-gnature di persone che sopra si leggono. L' Evangelario come libro era meno soggetto aH' avidita di soldati, di quello che le capsule argentee nelle quali si custodi-vano le reliquie. Oueste sacre cose riparavano a S. Giovanni nel tempo in cui Attila mosse contro Aquileja per distrug-gerla che fu nel 452. L' esistenza della chiesa a S. Giovanni di Tuba, la quale forse prese il nome dalle reliquie dei due S. Giovanni ivi nascoste, non esclude la contemporanea pre-senza di un monastero; anzi se la chiesa, come non du-bitiamo fu di rango maggiore come si manifesta per la dignita goduta di Arcidiaconato; la presenza di un monastero e di regola, anzi i monasteri sono fra noi coe-tanei alla formazione delle chiese pubbliche, se pure non le precedeltero; altre volte ebbimo occasione di toccare della costante presenza delle Abbazie e Mona-steri, nelle comunita cristiane di categoria maggiore. E questa chiesa, cioe la comunita cristiana risali— rebbe ad epoca del IV secolo, a quel tempo in cui data la pace e la liberta al Cristianesimo si costituirono in tutte queste nostre regioni le congregazioni dei fedeli. Senti le conseguenze della invasione degli Slavi che per la prima volta si mostrarono nei 568 di nosra Era in una prima scorreria, uniti ad Avari, questi e quelli al seguito dei Longobardi. II calcolo deli' inscrizione della chiesa di Duino, parterebbe a questa epoca, pero nei 585 i Longobardi tenevano Aquileja, e non vi sarebbe stata ragione che le reliquie sacre si portassero da quella citta, ad oggetlo di porle in salvo, in luogo che appunto era esposto e destinato a scorrerie e depredazioni. E lo stesso vale della spedizione fatta dai Longobardi nei 753 per occupare 1'Istria superiore. Ristaurata poi per opera di monaci cedettero ancor questi alle vicende dei tempi; ed oggidi e parrocchiale. Daremo alcune lapidi che vi si leggono. T PRE IOHANIS HOVAR • CA PITANY DVIM HIC^IN HONORE HEREMITE EST COŠTRVCTA EČCA IOHIS BAPTE ANNO DNI 1512 • 1 • MAY M • STEPHANVS AD • LAVDEM • D • O • M • DEIPARAE ET • S AN C TI • IOANNIS * BAPTISTAE SEDENTE • PAPA • VRBANO • VIII • REGN ANTE • ROM • IMP • FERD • III • S VB ■ ILL D • IOANNI • PHILIPPO • A • TVRRI • S • R • I ET • VALLISSAXINE • COMITE • CAPIT ANIO ■ DVINI • SVMPTIBVS • ECCLAE HANC • TVRRIM • A D H V C ///////////// TE • VSQVE•AD • EXTREMAM • SVI ■ EFFI/// EREXIT • M • ZANETTI • DONAT • PAROC HO • CAROLO • DELPHINO • ET • CAMERARO ANDREA • BLONDA • ET • VICINIE • DIE • XII IVNI • M • D ' C • X • Lil PAVLO • TERTIO • PATRIT BERGOM • VIRO • OPT • FIL MESTI S S • P • P • ANNO D O M I N I • M DLXXXXII DIE • X • MENSIS • DECENB DEO • DVCE COMITE • FORTVNA DILECTISS®10 • CONIVGI TE RENTI O • SAROTTO MARIA • VXOR • ET FILII ■ MOESTISS1" • IN ■ PERPETVAE • BENEVO LENTIAE • SIGNV ■ POSVERE • OBYT XIII • NOV • ANNO DOM ■ MDC XXI DEO • VIVAT LVCAS PVNTAR DECANVS OBYT VIII MARTY ANNO 1709 REQVIESCAT IN PACE HAEC REQVIES DNI IOANIS BAPTAE MARAVT PAROCHI ET ARCHIDIACONI S • IOANNIS DE T VB A M D C LXXXVII QVI GIACE GIVSEPPE LEOPOLDO VITTORI AMMINISTRATORE DELLA SIGNORIA DI DVINO PASSO DA QVESTA A MEGLIOR VITA L1 9 XBRE 1765 • R • I • P • HIC • IACET REV • DONVS • LEOPOLD • A • TVRRI PAR • ET • AA • S • 10AN • A • TVBA OBYT DIE • XIV • MENS • MAY • MDCCXII AET • SVAE • XXXXVIIII P • I • D f ANNO • DNI • M • CCCC • XXX • IN • DIE SCTI • ANDREE • APLI • OBIIT • NOBILIS VIR • IEORIVS • REICHENBVRG • ITEM ANNO • D NI • M • CCCC • XLIII/// OBIIT NOBILIS • DNA • DNA • MARTRA • ZINGNA DNI • VXOR ■ DNI • 10HANNIS • REICHEN BVRG • CAPITANI • TVC • TEMP IN TVLIA