ANNO XVIII. Capodistria, 16 Marzo 1884. N. 6. DELL'ISTRIA Es'e il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua- ,-lrim. in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la iteiiiiZ!i)i|». ! Articoli comunicati d'interesse generale si stampano grati.tamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Di G»an Domenico Strafico Vescovo di Cittanova Nel Fanfulla della Domenica, N. 16 e 40 del 1883 leggonsi due articoli che trattano diffusamente di Gian Domenico Strafico, vescovo che fu di Cittanova nel!' Istria, poi traslato alla sede di Lesina in Dalmazia. L'anonimo estensore di detto studio, m'invogliò di ricorrere alle fonti, come per esempio agli Studi critici del Tommaseo, per mettere assieme una biografìa di detto Monsignore e rinfrescare nell'Istria la sua fama. Pigliciò le mosse dal dire come avvenne che 1' anonimo si pose a scrivere il detto studio sullo Stratico ; studio, mi affretto a dirlo, molto ben fatto, cpportunissimo, e condotto con tutte le regole della critica moderna. Dopo di aver parlato dello Stratico in due articoli del Fanfulla della Domenica (N. 16 e 40 del 1883) nacque in lui il dubbio si possa credere che, col mettere uu monsignore in una galleria di figure casaiiòyiane, abbia voluto significare che lo Stratico sia stato un uomo da strapazzo, e degno solo di memoria per le relazioni sue con quella buona droga del Casanova. Nulla di più contrario alla verità, soggiunse 1' anonimo. Gian Domenico Stratico è uomo di scienza grave, e di letteratura seria, ottimo vescovo ; e reca maraviglia che i posteri lo abbiano quasi compiutamente dimenticato, quantunque le sue opere a stampa e i suoi contemporanei avessero lasciato di lui largo ricordo ; e il suo pome non fosse dimenticato nella natia Dalmazia, dove di lui scrissero il padre Donato Fabianich zaratino, l'arcidiacono capitolare Carlo Federico Bianchi, Ferrari Cupilli nel Rammentatore Zaratino del 1847; il prof. Ivcevich nella sua pubblicazione di lettere d'illustri italiani (1857 Zara), e in capite libri l'illustre Tommaseo negli Studi critici Venezia — 1843 e molti altri'). Ed ora all' argomento. Gian Domenico Stratico nacque a Zara il 19 marzo 1732, come si ha dal Fabianich. I genitori di lui Giambattista Stratico e Maria Castelli erano fuggiti da Creta, dove possedevano un feudo, per sottrarsi alle prepotenze del Turco ; e dopo una dimora di quattro anni a Bari, passarono in Dalmazia. Bambino di due anni il povero Gian Domenichino fu colpito da cateratta ; i medici dichiararono sarebbe rimasto cieco. Ma i suoi lo votarono a San Domenico, e lo vestirono da frate. Mirabile dictu ! Il bambino riacquistò la vista, ma perdette la libertà per tutta la vita. Così Gian Domenico fu frate senza saperlo a due anni ; questa la prima origine de' suoi guai e della disarmonia nell' educazione e nello sviluppo delle sue facoltà: disannonia che vedremo | costituire il fondo del suo carattere ; e che ci dà la chiave a spiegare molte contraddizioni ne' suoi : scritti e nelle sue opere. Fu quindi ancor fanciullo affidato alle cure dei padri Domenicani, e specialmente del padre Delmare, uomo versatissimo nelle scienze filosofiche ; ed in letteratura. E qui i soliti miracoli. A nove anni recitava prose e poesie in latino ed italiano, | a dodici compiva le studio filosofico, e disputava in barbara dinanzi agli attoniti padri. Ea lucerna non dovea lasciarsi lungo tempo sotto il moggio. E1 eccolo qmndi, per consiglio fieli i zi^ materno, —• ') Il Casanova nelle Memorie; Angelo Maria Baudini u alcune prefazioni e ne'suoi Bicordi, il conte Rados, Antonio Mi-cliieli Vittori nella dedica fattagli — delle riflessioni snll'ig' oranza della lingua slava in Dnjmazia, libro dell' arcidiacono Matt?o Sovech — Venezia 178.7. Vittorio Alfieri, ecc. ecc. ignoro se i nostri scrittori abbiano lasciato memoria di lui nei loro, scritti. È icerto però che ;! «scine di un vescovo così celebre, e che nell'Istria fece molto parlare di sè sarà rammentato più volte: certo nella Bibliografia istriana. Eccito i miei comprovinciali a fare ricerche e studi in proposito, per completare la biografia dell'illustre prelato. Antonio Castelli vescovo di Cattaro, mandato a Roma nel convento della Minerva, dove tro?ò protettori di polso nel padre Mamacehi, nel pacre Iacquier e nel cardinale Orsi, che l'introdusse neMe accademie, ove si fece ammirare per la vivacità dello spinto, per 1' arguzia dei motti e la felYce disposizione a improvvisar versi ; dote questa moko I ammirata allora, in quel mondo frivolo, di prelati e di donne letterate e poetesse. Tra queste vogliono , essere ricordate la Fantastici celebre improvvisatrice e sua scolara, e la Teresa Galli Tassi di Firenze, : che celebrò lo Stratico con nobili rime, alle qufcli I egli rispose con la Morte di Abele e con 1' Atte di amar Dio. Ahi! Ahi! >i Da Roma lo vediamo trasferito, non si sa come, in Toscana, dove fu nominato nel 1763 professore di Bibbia Sacra nell'Università di Siena; nel 1769 a Pisa, con lo stosso incarico. Col professorato di Siena comincia per lo Stratico un nuovo genere di vita. Aveva trent' anni; era frate non per vocazione e si sentiva uomo. A Siena conobbe la marchesa Violante Teodora Ghigi, la poetessa Maria Fortuna, sua scolara, e molte altre donne per le quali la letteratura era una specie di galanteria. A Pisa, secondo il Fabianich, 1' aria del paese non gli si confaceva, benché in una lettera al Chiaccheri così scrivesse: „lo non penso più a Siena una maledetta (si noti la frase veneziana e un certo stile sboccato, proprio più della regione che solo vizio dell' individuo come meglio si osserverà altrove) e mi pare dì non esservi mai stato; ma tu Isidea (Maria Fortuna, la scolara e siamo al tu) e gli altri amici mi siete sempre presenti. A Pisa lo Stratico conobbe il famoso ciurmatore Casanova, che così fa menzione dello Stratico nelle sue lettere: „Ce moine me fit jouir à Pise des charmes de la società qui faisait ses délices. Il avait choisi deux ou trois demoiselles de condition(?) lesquelles unissaient V esprit à la beautè et leur faisait apprendre à chanter des impromptus avec accompagnement de guitare. Il les avait fait in-struire par la celebre Corilla. (Famosa la maestra e si può quindi arguire la celebrità delle scolare). „Le pére Stratico, qui me fit passer des jours si agrèables, sans étre beau, possédait parfaitement V art de se faire aimcr.u II Casanova, si dirà, le sballava grosse ; ma qui non c' è alcuna ragione di dubitare della sua veracità. Non si creda però che lo Stratico sciupasse tutto il suo tempo a scrivere lettere e canzonette alle poetesse sue amiche; perchè appunto di quel tempo è la sua opera a stampa — Della vita di San Guglielmo Magno Duca di Aquitania — (Siena 1770). E che la sua fosse poi una cattedra veramente importante, e che egli ne adempisse i doveri, appare anche dal motuproprio del grauduca Pietro Leopoldo (1772) col quale viene nuovamente destinato all'Università di Siena : singolare contraddizione a prima vista ; ma scusabile in molta parte, e che si può benissimo intendere e spiegare con quella disarmonia delle sue facoltà e grave lotta della mente e del cuore, conseguenza della imposta vocazione. E qui è luogo rammentare i famosi versi di Dante : Ma voi torcete alla religione Tal che è nato a cingersi la spada; E fate re di tal che è da sermone, Onde la traccia vostra è fuor di strada. „Le espressioni del. decreto granducale, e questa Vita di San Guglielmo, aggiunge 1' anonimo, ci inducono a credere che cadesse uu po' nel-1' esagerazione il canonico Bandini scrivendo dello Stratico che era di fede e di nazione greca, poco atto al lavoro, e dedito solo a divertimenti e alla pratica del bel sesso. Più curiosa è 1' accusa di sospetta ortodossia mossagli da una sua intima ammiratrice ed amica, la marchesa Ghigi. In materia così delicata, converrebbe riferire per intero le lettere dello Stratico stesso al Chiacchieri : ma poiché la brevità impostami non lo consente, ne riferirò solo qua e là qualche brano. . . . „La marchesa Ghigi mi ha scritto una lettera delle più mortificanti che io non meritava da lei. M' ha detto infine, che io non dovea più praticar seco, per non pregiudicare al credito della sua ortodossia. Vi confesso che mi sarei dato al diavolo, ed adesso ancora fremo rileggendola .... Non mi ha più scritto nò bene nè male. . . , Doppo una lettera di contrizione scappatami dalla penna in un articolo di passione, di cui mi pento, era da temere che essa violasse la la sua ortodossia, se mi scriveva una riga per consolarmi." Questa dell' ortodossia io la credo una gherminella della marchesa per levarsi dai piedi il frate. O forse avrà provato un qualche scrupolo di donna avvezza ad accendere un lumicino alla Madonna e uno al Diavolo secondo i casi, e come avviene in certe società galanti : il Giusti informi. Forse il frate avrà qualehe volta negli intimi colloqui impugnato la validità de' suoi voti. Quello è certo si è, che lo Stratico in tutti i suoi scritti appare, come vedremo poi, ortodosso. Quanto a provare la purezza ed innocenza delle relazioni dello Stratico con la Ghigi, ci vogliono ben altri argomenti che quelli recati dalla Katolicka JDalma-cija del 2 Agosto 1882 in risposta agli articoli del Fanfulla della Domenica. E poi, provata anche la relazione innocente con la Ghigi, come giustificare le altre ? Questa con la Fortuna, per esempio, che in lettera all'abate Chiacchieri scriveva: «Stratico che fa ? Fa anch' egli all' amore come un satiro ? Salutatemelo." A questa vita di Siena, dimezzata tra gli studi, e le feste e gli amori, venne a toglierlo | nel 1776 la nomina al vescovato di Cittanova. Il bello si è, nota 1' anonimo con la sua solita arguzia, che nella lettera pastorale del 1784 ') egli ricorda questa sua vita - senese come tutta claustrale, tutta di studio e d' insegnamento delle sacre lettere. Grande fu la maraviglia e lo scandalo per questa nomina nel mondo ecclesiastico dei preti zelanti. E 1' abate Amaduzzi ne scriveva in proposito al canonico Bandini con un' ironia poco cristiana e con certe lepidezze da fogliera di sagrestia: „Che dice dell' elezione del Padre Stratico in vescovo di Cittanuova nell'Istria ? . . . La cronica scandalosa, se potesse parlare, direbbe: Oh preclarum custodem ovium! con quel che segue." Il più volte citato anonimo fa una lunga disquisizione per ispiegare come fosse fatto vescovo. [Sarebbe stata, dicono, una trappola del frate, il quale in morte di Lorenzo Ricci generale del soppresso ordine dei Gesuiti, diede fuori, egli domenicano, un elogio funebre del gesuita, per entrare in grazia a Pio VI, gesuita nell' anima anche lui. Se non che, 1' orazione sarebbe anche con fina astuzia una diatriba coutro i Gesuiti stessi, dei quali con enfasi di affettato raccapriccio si enumerano tutte le colpe delle quali furono accusati : un tiro maestro insomma, come di chi dà un colpo al cerchio ed uno alla botte. Comunque, Pio YI vide nel domenicano un nomo di genio, e lo fece vescovo. Sono inclinato anche a credere che la curia romana, usa allora a chiuder un occhio, ed anche dup, su certe tac-cherelle di gioventù, e inclinata ad innalzare e premiare gli uomini di merito (allora per divenir vescovi non occorreva predicare la necessità del ') La lettera citata deve essere la — Risposta di monsignor tesano Giandomenico Stratico (Dal castello di Buje 10 Marzo 1784;) risposta alla lettera del pubblico di Città Nuuva nella trapazione dello Stratico a Lesina. Oppure il — Ragionamento di congedo al clero, pavrochi e corpo nobile di Città Nuova. Ce ne (iranno ancor delle copie in provincia. Del resto queste contraddizioni nulla, o ben poco, tolgono al vero merito dello Stratico, (ke fu poi vescovo illustre ed esemplare. Sono le solite bugie innocue dello stile officiale con le solite proteste di umiltà ecc. ecc. (he si leggono in tutte le pastorali dei nuovi prelati, ai quali, a untarli, piovve sulla testa una mitra viceversa lungamente sospirata ! potere temporale, e pigliare torcicolli) pose gli occhi sul bravo frate e lo trasformò in vescovo. Si rammenti pure che allora erano i tempi delle novità di Francia ; forse con quegli antecedenti lo Stratico sarebbe divenuto chi sa quale rinegato framassone : altra via d'uscita non c'era. Pio VI fece benissimo, e da uomo prudente salvò un frate, e serbò un ingegno alla chiesa. Honores mutant mares dice il proverbio ; e lo Stratico fu davvero un. ottimo vescovo, come si vedrà nel seguito di questo studio, col quale mi propongo di rinfrescare la sua fama e di confortarne la memoria che giace per quei tali colpetti che invidia, le diede. P. T. STORIA PATEIA li doge Obelerio e la città di Veglia (Continuazione vedi n. 3 e 5 a. c.) Ritornando al Gfrorer, dopo quella lettura, stabilii di scrivere questo articoletto, in via di rettifica nell' Archivio veneto; ma no soggiunsi tosto, nella Provincia dell'Istria dissi anch' io la stessa corbelleria, due anni fa, quando ingannato come tanti altri da quel Vigilia non ebbi tempo di esaminare il fatto; nella Provincia si ripari all' errore. Peccato confessato, mezzo perdonato; all'altra metà riparerò con questa rettifica. Ed in primis, lasciando di provare a suo luogo che Vigilia non è la nostra Veglia, noto qui per incidenza che il Curidum (o Guriclum) dell' annotatore di G. Diacono, non può essere Corniccliia, piccolo villaggio discosto un' ora circa dalla città di Veglia ; e perchè il suddetto villaggio non esisteva di certo nel IX secolo, nou trovandosi nominato neppure nei documenti dei primi due o tre secoli dopo il 1000; e perchè Cornicchia suppone un Comicula (lo stemma di fatto di quella deputazione comunale è un cornetto, ) mentre Guriclum I non poteva dare che qualcosa di somigliante a Corichio ! o Coriglio. In secondo luogo, prima di procedere nella mia di-! mostruzione, osservo che il Dandolo in Muratori XII, 173 ha: "in Vigilia civitate apud Circulum ... il Lucio: De regn. Doliti, ecc. 1. II. 59, giusta un Cronista anonimo; „apud Aurialum"... ed il Filiasi (Veneti primi e secondi. T. VI, p. 109) giusta la stessa Cronaca: "ap-puo Aurialo„; — tutti poi dicono che Obelerio ritornò "iu Veneciamr. A far vedere chiaramente che la città Vigilia di G. Diacono non poteva essere la nostra Veglia, esaminiamo brevemente il fatto storico, quale ce lo dà il citato cronicista Giov. Diacono. Non cito il Dandolo, perchè egli copia questo fatto dal primo, quasi alla lettera. Ma prima due righe d' introduzione. Siamo all'epoca di Carlo Magno. Egli, il potente conquistatore di tanti popoli e proviucie, e fra le vicine, dell' Istria, Libumia e Dalmazia interna, non poteva resistere alla tenta/ione di avere iu suo dominio anche la Venezia e la Dalmazia marittima. Ma sebbene il patriarca di Grado Fortunato ed il tribuno Obelerio avessero tentato di favorire 1' ambizioso piano di Carlo, i loro piani .riuscirono vani, e le due ultime provincie rimasero ai Bizantini pur il noto trattato di pace fatto ad Aquisgraua nell' 810,') come in generale, dice il Gfròrer nell' op. cit. i Carolingi nou ebbero che uu dominio apparente sulle coste orientali dell'Adriatico. (Arch. ven. T. XIII. P. Il p. 308). * Giusta Giovanni Diacono, Obelerio viene eletto doge dal partito favorevole ai Franchi ; nell' 803 o 804 mentre egli si trovava a Treviso; p. 14. Egli entra in Venezia con audacia, e viene ricevuto dal popolo onorificamente!? mentre i dogi Maurizio e Giovanni se ne fuggono, e muojono senza rivedere la patria/*— Associatosi nel dogado suo fratello Beato, 0baleno spedisce una flotta a devastare la Dalmazia marittinja, che ubbidiva ai Bizantini, ma era ambita d