L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4. Semestre e triraestrein proporzione Si pubblica ogni sabato. II. ANNO. Sabato 6 Febbraio 1847. M tO —11. Rettificazione. Nell'elenco dei fogli e giornali pubblicato in Milano vediamo figurare l'Istria tra i fogli ^politici, ed indicato il prezzo annuo in Lire Austriache 60:20 il che sarebbe di f.ni 20:5. Questo è equivoco che crediamo dover rettificare, mentre l'annuo prezzo è di sole lire 12 pari a f.ni 4. Così nell'elenco pubblicato in Vienna viene indicato che Y Istria esce tre volte alla settimana, mentre in verità non esce che una sol volta. Consiglio Municipale di Trieste. Pili .9. JOIMIt r\ • . : ij'HT .i- Veniamo a conoscenza che sono stati nominati Consiglieri Municipali a completamento di due mancanti, i signori: Castagna Giovanni Matteo Costantini Giuseppe. Amministrazione e Consiglio Comunale di Isola. PODESTÀ e CAPO POLITICO: Noi), sig. Giovanni de Moratti del fu Giuseppe. DELEGATI dal CONSIGLIO: Sig. Giovanni Costanzo (Uno da scegliersi). DEPUTATI al CONSIGLIO. Nob. sig. Giacomo Besenghi degli Ughi Signor d'Agostini Sebastiano „ Betoso Nicolò „ d'Agostini Mauro „ Chico Francesco „ Bressan Francesco „ Benvenuti Simone Signor Col«tn1>ar Francesco „ Fanganel Bartolo „ Delise Ugo „ Depase Massimo „ Poletti Bartolo „ Depase Sebastiano „ Vascotto Arsenio „ Lovisato Domenico „ Pescatin Domenico. DA P O li A. Il nostro porto acquista un aspetto ogni dì più brillante per lo straordinario approdo dei bastimenti da guerra che vi suscitano una nuova vita. Presentemente, oltre la fregata di guardaporto la Guerriera, sono in esso ancorati: la fregata di primo rango la Bellona, a bordo della quale si trova 1' I. R. Comandante della divisione navale dell' Adriatico sig. colonnello Giovanni cav. de Buratovich, nonché i brick da guerra I'Oreste e la Venezia comandati dagl'II. RR. Maggiori sig. Vittorio Zambelli e sig. Girolamo Tura; la goletta la Sfinge, e due altri legni minori, e si attende fra giorni l'I. R. corvetta 1'Adria ed altri bastimenti della divisione suddetta per avvicendarne i movimenti. Oh il bello spettacolo, dopo la secolare solitudine di questo porto, vedervi raccolta sotto gli auspici dell' austriaco paviglione una squadra, ammirabile per l'ordine e per la forma! Ieri poi arrivò coli'ordinario piroscafo una commissione d'ingegneri navali presieduta dall'I. R. colonnello sig. Leone cav. Graziani, qui dellegata dall' eccelso I. R. Comando superiore della Marina; ed oggi la vedemmo tracciare il piano sopra una grande area alla sponda del mare pella costruzione dei magazzini, e fissare i punti delle prese pelle argane onde carenare i bastimenti di alto bordo. Queste disposizioni ci lasciano fondata speranza di vedere stabilmente centralizzata in questo porto una squadra imperiale. Ed il preludio di questa rigenerazione della nostra città lo rendono assai bene augurato la degnazione esimia dei graduati superiori, la gentilezza squisita della numerosa uffizialità, e la disciplina perfetta degli equipaggi. 25 Gennaio 1847. (Art. com.) \ Parocchia della B. V. del Soccorso in Trieste. Col dì primo gennaro 1847 venne attivata in Trieste nuova parocchia, traendola da quella di santa Maria Maggiore, la quale aveva surrogato l'antichissima parocchia di s. Maria e di s. Giusto, unica nella Città tino ai tempi dell' imperatrice Maria Teresa, madre della patria e di Trieste. Fino a questi tempi la cura delle anime nella città e nel territorio era poggiata all' insigne capitolo cattedrale, i di cui membri seguendo un'antica consuetudine solevano ripartirsi tra loro le varie cappeU^ della città e delle contrade esterne, e della regione circolante deputato un vicario nella villa d'Opchiena, ed in tempi più vicini altro per la villa di Servola. Soppressa la compagnia di Gesù nei 1773, il tempio di questa, intitolato alla Concetta, detto s. Maria Maggiore, venne conservato al pubblico culto, ed assegnativi sacerdoti; però nel 1777 aumentata la città Te-resiana di case e di popolo, la parocchia di s. Maria e di s. Giusto venne ripartita in due, di città vecchia e di città nuova ; tempio della vecchia divenne la chiesa di s. Maria Maggiore per la più facile frequenza del popolo; tempio della nuova fu la chiesa di s. Antonio nuovo eretta per privata divozione da pie persone: chiesa che venne ricostruita a' nostri giorni. V' era in antico altra chiesa parocchiale oltre il duomo, e questa fu la chiesa della Beata Vergine del mare, la quale sorgeva nella via che mette al largo dinanzi gli arresti di polizia, a mano diritta. Questa era chiesa arcipretale, in grandissima venerazione, a tre navate, con dintorno tombe antiche, e cimitero tino a tempi a noi prossimi, trasportato in sul cadere del secolo passato (1783) al duomo. Incendiata per caso nel 1655 venne ricostrutta in forma più umile e fu chiesa dei contadini con fraterna di questi, fino a che nelle sup-pressioni Giuseppine del 1786, e chiesa e fraterna ebbero a cessare. La d;gnità di chiesa arcipretale accenna da sè sola a condizione di conto; da pergamena dell' anno 1298 apprendiamo che fosse parocchia, il che ci avverte che questa parte di città formasse corpo diverso da quella che era entro le mura, e che in Trieste pure fosse divisione materiale e morale di città. Però Trieste entro le mura fu dominante dacché quella parocchia si estendeva per 1' agro, mentre questa della Madonna del mare sembra essere stata limitata a quella parte di città che posta fuor delle mura era più prossima al porto delle navi, ed era la città mercantile, per cui forse si disse s. Maria al mare, o la Beata Vergine del mare. Nel ricostruirsi la chiesa del 1655, si era trovato l'antichissimo pavimento, coperto già da sovraposti, ed era di mosaico e nel mosaico stava scritto: RVFINVS • CVSTOS PRO-VOTO-SVO FIERI • CVRAVIT PAVIMENTVM LONG-PDXV che malamente si interpretò come nelle ultime lettere fosse segnato l'anno di costruzione. Siffatte leggende erano frequenti nelle chiese del sesto secolo ed anche più tardi; se ne vedono frammenti nella insigne basilica Eufrasiana di Parenzo, nella basilica Eliana di Grado, nella chiesa della B. V. delle grazie di Grado, per non dire d'altri luoghi. Nè ripugna punto che fino dal VI secolo in cui le istituzioni di chiesa presero fra noi tutto lo sviluppo, venisse eretta chiesa in questo suburbio, o perchè penetrasse il cristianesimo prima in questa parte che nella città, o per altra causa; certo che in questa regione era la chiesa del protomartire s. Stef-fano nella spiaggia di mare che era più prossima all' odierna piazza Giuseppe II ; chiesetta che accennerebbe a culto il più antico. Intorno a s. Maria e nella chiesa, si rinvennero assai sarcofaghi, di forme antiche, i quali collocavansi entro le chiese medesime e fuori. Si ha memoria nelle vite dei patriarchi di Grado, che certo Massimo avesse intorno il 650 costrutto chiesa alla Beata Vergine di Barbana in Trieste. La quale notizia non può riferirsi all' insigne santuario di Barbana nell'estuario aquilejese, il quale ha altro fondatore noto; e la circostanza che questo patriarca era nativo da Trieste, rende il racconto più credibile. Per quante diligenze avessimo usate non ci venne fatto di avere traccia di chiesa alcuna, nè di abbazia che avesse titolo di s. Maria di Barbana; e come siffatte abbazie devonsi cercare se non entro le mura, almeno in prossimità, e nelle borgate più frequentate ed illustri, nè traccia o memoria alcuna avendosi in altre parti, è verosimile che fosse costrutta in questo rione di s. Maria del mare; e che o nella carta antica che dà notizia della fondazione si leggesse Barbana in luogo di Ad mare; o che dimesso l'epiteto di Barbana, si dicesse soltanto s. Maria ad mare per distinguerla dall' altra s. Maria che era sul monte, e eh' è il duomo odierno. Vi fu nel 1309 un monastero di s. Maria in Trieste, del quale si sa avere appellato al Papa contro la decisione del legato apostolico Napoleone cardinale di s. Adriano nella lite contro il vescovo e la chiesa di Trieste; però questo è il monastero della Cella fondato nel 1278 dal vescovo Arlongo in o-nore di Dio e della Beata Vergine, non già la chiesa della B. V. del mare, che nel 1298 vediamo essere stata parocchia. Questo rione di città, che cominciava da porta Cavana e da porta s. Michele verso il Campomarzo, è terra consacrata da antico e costante culto. Oltre le due chiesette accennate, v' era quella dei ss. Martiri con sepolcreto, luogo bagnato dal sangue dei prodi campioni che diedero testimonianza per la fede nei tempi delle persecuzioni nei primi quattro secoli di nostra era. Questi luoghi furono in grandissima venerazione fino a'tem-pi a noi vicini, e nei tempi di mezzo vi presero stanza i frati minori di s. Francesco, più tardi altre religioni. Corre tradizione che s. Antonio da Padova, il quale fondò i conventi di Gorizia e di Muggia, visitasse di persona Trieste nel 1229 e dormisse in luogo che poi fu convertito in chiesa e dedicata a s. Francesco ed a s. Antonio. Certo si è che intorno questo tempo fu costrutto convento dei frati minori, i quali seppero attirarsi non la carità soltanto, ma la benevolenza di ogni ordine di cittadini, nobili non meno che plebei. La chiesa, il cenobio sorsero ove in oggi è 1' episcopio, la chiesa della B. V. del Soccorso, e la piazza Lipsia. Quale forma avesse la chiesa noi sapremmo dire che ogni indizio a noi manca; forse fu in quello stile che i francescani predilessero e che dicono gotico, u-mile come l'esigevano la città e T ordine. Certo si è che distinti personaggi, perlìno vescovi, preferirono di sapere depositati entro quel sacro recinto i loro avanzi terreni, e vi ha memoria che nel muro della chiesa fosse inserta antica scoltura raffigurante un magistrato romano; e ricordi morali di antico dettato; ina quegli a-vanzi sparirono allorquando fu rifatla la chiesa in tempi non propizi per gli studi, qualunque poi fossero; dacché appunto T anno precedente sopprimevasi il collegio, chiudevansi il ginnasio, il liceo, il seminario dei preti. Tanto era affetta all'ordine serafico la nobiltà, che in-stituirono in quella chiesa la confraterna detta dei nobili, la quale durò cinque secoli. Ridotta la chiesa a cattivo stato per ingiuria del tempo venne ricostrutta nel 1774 in forma moderna, quale oggidì si vede, e venne intitolata alla B. V. del Soccorso, ai santi Francesco ed Antonio. Yeniva la chiesa solennemente consacrata dal conte Ferdinando de Herberstein vescovo di Trieste, e da Aldrago dei Pic-cardi ultimo vescovo di Pedena, assistenti 1' abate infu-lalo di s. Maria di Luca in Vestfalia Giovanni Pless, e dal decano mitrato di Trieste Pietro Cristoforo de Bonomo. Di fianco alla chiesa collocavasi il cenobio, il quale occupava tutta l'odierna piazza Lipsia. Sulla porta maggiore leggesi ancor oggidì l'inscrizione : DOM deiparaeqve . virgini. titvlo . svccvrre. ac.,i)lvis . francisco et . antonio. dicatvm . templvm . hoc fratr . min . conven . solemniter , consacrarvnt . antonivs ferdinand . ab . herberstein . s . r . i comes . et . ef1scopvs . tergestinvs . et . aldragvs antonivs . de . picardi. eprscop . petinensis . assistente ioanne . pless . abbate . infvlato . s . mariae . de lvca. in . westpiialia . et . petro . christophoro de . bonomo . cath . eccles . tergestinae decano .mitrato xvi . cal . avg. ci3 13 cclxx1v Soppresso il convento nel 1788 la chiesa fu mantenuta aperta al pubblico culto e provveduta di sacerdote, la quale surrogava la cessata chiesa della B. V. del mare pei contadini. Difatli in questa chiesa fino dai tempi remoti (dal secolo XVI) annunciavasi la parola di Dio in lingua vindica; slavi erano parecchi dei padri che alle confessioni con molto zelo attendevano, ed in questa chiesa fu predicatore quel Primus Truber, che poi predicò la riforma in Gorizia, e fu esule nel Wiirtember-ghese nel secolo XVI. Convertito il convento in uso urbano, fu staccato dalla chiesa, nel lato della quale si vedono ancora le traccie di congiungimento; e fra la chiesa ed il rimanente dell'edilizio fu aperta nuova via urbana. Nel 1813 la chiesa ebbe nuovo lustro per la dimora prossima di funzionario pubblico d'allora ; fu a spese private di questi ristaurata, abbellita, decorala: un altare venne dedicato all'Angelo custode (era il nome battesimale di lui) fornita di battistero per casi di urgenza, e fatta succursuale, solennizzato con pompa siffatto ristauro. Ed allora il convento venne sterrato onninamente, convertita 1' area in piazza sulla quale doveva sorgere magnifica fonte di bella decorazione, e farsi luogo di piacere; le vicende di quegli anni vollero altrimenti; però la piazza rimase. Preparata la divisione della città in parocchie che corrispondesse al numero cresciuto del popolo, restituita la cattedrale all'antica condizione di parecchia, questa chiesa della Beata Vergine del Soccorso veniva dichiarata parocchiale col dì primo del 1847 per un distretto il quale dall' antico confine della città vecchia s' estende verso il campomarzo, in estensione però maggiore della parecchia antichissima di s. Maria al mare. L'odierna parocchia è di patronato imperiale per doppio titolo, e perchè di patronato imperiale la parocchia di s. Maria Maggiore da cui fu tratta, e perchè il tempio parocchiale è di ragione dell'erario. Il popolo coscritto alla parocchia novella è di 4200. Così dopo il volgere di tanti anni, dopo l'avvicendare di sorti sì svariate quel rione si ricompose a congregazione di chiesa; dopo girare di più secoli riebbe proprio pastore; e quella frazione di città ricorre ancora alla gran madre delle misericordie, sotto la cui invocazione si pose or sono tredici secoli. Dell'antica Carnia. L'anonimo Ravennate, o Pre Guido, o quale altro nome si avesse, ha dato materiali di grandissima importanza. A tempo opportuno faremo lo spoglio di lui in quella parte che tocca l'Istria; ma prima di accingerci a ciò, conviene che si abbia convincimento della sua autorità per quei paesi appunto che sono meno noti, ed i nomi dei quali figurano viziati per colpa di amanuensi; e rivolgeremo lo sguardo alla Carnia. Della quale esso dice: uItem juxfa ipsam Vale-riam potii/ur patria, quae dicitur Corneola, qua e et Alpes Juliana antiquitas dicebatur. Quam patriam Car-necli, qui Valeriam Patriam, ipsi eamdem descripse-runt philosophi etc. — In qua Carnech patria fuisse ci-vitates legimus, ex quibus aliquantas designare volurnus, hi est Carnium, Scoldium, Hipplium, Ris, Pianta, Cle-midiurn, Sedo. Item in valle ejusdem patriae sunt ci-vitales etc. Ci proveremo a rettificare questo passo, senza il soccorso di manoscritti. Non già Corneola può stare nè Carneola in diminutivo, mentre abbraccia anzi tutta la patria dei Carni come vedremo; ed il diminutivo è proprio di una parte soltanto, anzi di minima frazione dell' odierno Carnio, giacché Lubiana, e quanto è in giù verso la Sava apparteneva alla Pannonia. Sembra quindi che debba leggersi Carniam, o Carnorum. Esso divide questa patria in due parti, fra i monti, ed in valle. Quella fra i monti dovrebbe cercarsi nella regione che fu sempre ritenuta Carnia. Il Carninm Scoldìum, sembre essere il Carnium Julium, Julium essendo 1' epiteto desunto da Giulio Cesare o piuttosto da Augusto; e che così è ben chiamato più esattamente di quello che si dicesse Julium Carni-cum. Julienses Carnorum disse Plinio, al quale forse questo nome di Carnium per nome proprio di città non sembrava latino abbastanza. L' odierno Zuglio è nel sito dell' antica colonia destinata a tenere in freno 1' odierna Carnia, tutta posta tra monte. L'ultimo comune fra quelli citati dall'anonimo sarebbe Sedo; a riconoscere il quale giova una leggenda in bronzo già dissotterrata in Zuglio or nel Museo di Cividale che dice: C • BAEBIO • P • F • CLA ATTICO II VIR • 1 • D • PRIMOP1L LEG • V • MACEDONIO • PRAEF CIVITATIVM • MOESIAE • ET TREBALLIAE • PRAEF • CIVITAT IN • ALPIBVS • MARITVMIS • TR ■ MIL • COH Vili • PR • PRIMOPIL • ITER • PROCVRATOR TI • CLAVDI • CAESARIS • AVG • GERMANICI IN • NORICO CIVITAS SAEVATVM • ET • LAIANCORVM Dalla quale apprendesi come il comune di due popolazioni unite ergeva un monumento al procuratore di Claudio nel Norico, il quale era nativo da Zuglio; e certamente strette relazioni dovevano esservi tra questo comune ed il personaggio, provenute da quando visse in patria e vi esercitò magistratura. Comune lontano non fu questo certamente, nè sconosciuto in Zuglio, perchè altrimenti ai nomi poco noti sarebbesi aggiunta l'indicazione della provincia nella quale stava. Questo comune di SAEVA è il SEDO dell' anonimo ; Cedaris di-fatti è nome di luogo tuttor esistente presso a Zuglio, ed ivi è il canale detto di Incaroio, il quale sembra conservare nel nome le traccie dei Laiancorum. Altri comuni sono più facili : RIS è Resia, PLANTA è Ponteba, RIPPLIVM potrebbe essere Rigolato, CLEMI-DIVM Socchieve. Forse nel manoscritto dovrebbe stare RIGOLIVM, CLEVIDIVM. Così la Carnia antica avrebbe avuto quella divisione in sei comuni che viene additata dalla naturale configurazione delle vallate, e che è tuttora riconoscibile, e che diremmo Canal s. Pietro,. Canal di Gorto, Canal di Resia, Canal del Ferro, Canal di Socchieve, Canale di Incaroio; e questa Carnia così confinata sarebbe, stato anche il territorio dell' antico episcopato, conservato al preposito e capitolo di s. Pietro. Cividale è menzionato dal Ravennate in altro sito; da Cividale dipendevano i distretti montani dell'alto Goriziano; nella vallata del Vipacco v'era il comune di CASTRA non sappiamo con quale rango, poi dalle alture di Planina pel filone delle Alpi fino al Nevoso era agro triestino. La Carnia dell'anonimo non può cercarsi altrove che nella Carnia odierna. DALMATI PASSATI IN ISTRIA. Al Dr. MCundler. Già so, che non sono il benvenuto se non ti annuncio o qualche nummo od inscrizione, e se non ho meco qualche antica moneta, o qualche pergamena, o qualche carta che giovi ad illustrare la provincia. Questa volta non vengo colle mani vuote. Eccoti tre brandelli di una ducale di Francesco Contarini, dei quali uno servì un pezzo da pelle di tamburino pel giuoco di palla di fanciulli, poi servì il pubblico misturando tabacco da naso. Il sig. G. B. Hattinger ricuperò tutti e tre li pezzi, i quali uniti permettono, sebbene a grave fatica, di leggervi quanto stava scritto; un pezzo, ed è il meglio conservato, ha la metà sinistra del documento; il secondo brandello contiene la intestatura a destra; il terzo pezzo c il più maltrattato perchè i chiodi ed il grasso del tabacco l'acconciarono in modo miserevole. Non vi è dell'anno più che il milleseicento, però avendo il Contarini dogato dal settembre 1623 al 12 decembre 1624 non è difficile fissare l'anno 1623 dell'era veneta che corrisponde al 1624 dell'era nostra. Nè il serenissimo doge, od il senato, nè 1' eccellenza del provveditore generale in Dalmazia Francesco Molin che aveva gli onori di re di quel regno una volta all'anno, pensarono mai che quel dispaccio avesse da passare per le mani.....ma buona sorte che il di- ligentissimo Hattinger lo potè avere; ed è meglio assai, per quanto credo, rallegrarci del ricupero, anzi che fare querimonie sulla custodia delle carte storiche. Parla questa carta del passaggio che facevano gli Albanesi dalli stati turchi nei territori della repubblica e specialmente nell' Istria ove venivano accolti, e donati di terre; mi sembra che fossero Morlacchi piuttosto che Albanesi, ma sieno gli uni, sieno gli altri, eccoti carta che mostra come venissero per la via di Nona e di Novigrad, e come s. Marco li proteggesse, usando quei modi che non lo compromettessero colla Porta ottomana. Ed insieme a questa ducale ti mando l'apografo di un bollo che lessi sopra pani di piombo presso Cartagena, piombo preparato dai Romani traendolo da antiche miniere, e ricerco te di darmene spiegazione, che io non ci arrivo.—Addio. C. Cumano. Franciscus Contareno, Dei Gratin, due Yenetia-rum etc., Nobili et Sapienti Viro Francisco de Molino, Prov. nostro Gnati in lìalrnatia, et Albania, fiileli, di-lecto, salutem, et dilectionis affectum. — Perchè può apportare sommo pregiudizio alle cose nostre lo aperto e frequente transito di Albanesi sudditi turcheschi nello stato nostro ad habitare particolarmente nell' Istria, havemo scritto le aggiunte lettere al Rettore et Provv. Generale della Cavalleria con quali prescrivemo il modo che do-verà tenere nell' avvenire in simile occasione, et ve ne diamo con questa copia per istruzione, a fine che ur-gendo le occorrenze possiate dare li ordini vostri che siano conformi al nostro volere. Et perchè, come have-rete inteso in lettere del Provv. e Generale della Cavalleria in Dalmazia, assistendo egli all' imbarco di alcuni Morlacchi capitati a Novegradi et a Nona, come destinati per l'Istria senza la nostra partecipazione all'atto rap- presentato, li Turchi di Islam interessati nella mossa di questi havevano stabilito di accorrere ai nostri danni, risolvè esso Procuratore spingendo alcune compagnie di cavalleria, et con dar altri ordini impedire il pregiudicio che avria potuto ricevere. Questa mossa di un nostro rappresentante intesa a spalleggiare li sudditi fuggiti dal paese Turchesco con animali et altre robe, quando fosse portata con le solite esagerationi alla Porta, potria far nascere occasione di qualche travaglio; havemo però stimato a proposito dell'istante caso di aggiungere, alle altre commissioni che in questo proposito vi havemo dato, le presenti ancora —, e vi commettemo col Senato che sia da voi proibito per via di terra l'ingresso nello Stato nostro, particolarmente in Dalmazia ad alcun suddito turchesco che vi si conducesse con fine di accasarsi per habitare in esso. Ma se qualche accidente portasse la occasione ad alcuno dei sopradetti di capitarvi o per salvar la vita, o per altro rispetto, non volemo che li Rappresentanti, o sudditi nostri della Dalmatia li diano fomento o assistenza, ma lascino che da sè stessi facciano quelle disposizioni che giudicassero necessarie, et ciò per levar la gelosia a' Turchi confinanti et la occasione di strepitare alla porta. Non vi aggiungeremo 1 maggior calore a questa esecutione perchè conoscemo la prudentia vostra, et siamo ben certi, che maturata la importanza di quello si tratta, sarà impiegata la opera vostra, e darete da per tutto li ordini conforme al bisogno ed al nostro servitio; et di quanto venirete ese-guindo ci lenirete avvisati. Dat. in nostro Ducali Palatio die 27 Januarii Indie l'ione VII. MDCXXIII. Agostino Molin (?) Segret. Fuori. -Nobili et Sapienti Viro Francisco de Molino prov. nostro generali in Dalmatia. (nota di ufficio) 27 Gennaro, ric. a'27 Febbraro. BOLLI SU PIOMBO. Al Dr. Costantino Cannino, Abbiti le mie grazie per la ducale del Contarmi, essa verrà propizia, non dubitare, perchè la storia della imigrazione dei Serbli nell' Istria non è ancora chiarita, e si raccontano le storie le più pazze del mondo. Non è toccato anche a te di udire come i Peroiesi di-cansi Greci? e non ti è avvenuto di leggere le estatiche visioni di chi scorgeva in quelle faccie ed in quei vestiti i tipi spartani, o messeni, o che so io, mentre sono belli e buoni montenegrini venuti da Cernizza nell'anno del Signore 1650; ventisei anni più tardi che si segnasse quella ducale di che mi hai favorito, la quale accenna al ricovero che s. Marco dava ai poveri cristiani che volevano fuggire la barbarie turchesca? La venula di quei montenegrini non è mistero, tutti possono verificare la cosa, ed anzi non ruppero sì presto le relazioni coli'antica patria come forse si potrebbe pensare; sono greci ma di religione soltanto. Ma lasciamo quest'argomento, e veniamo a quel bollo che mi invii. E ti dirò che se tu non sai decifrarlo, io meno, e che per ottenere spiegazione conviene ti rivolga a qualcuno dei valentuomini che hanno gran pratica di antiche leggende, e che hanno dovizie di libri e materiali e raccolte da consultare. -Ci vogliono libri e materiali ed esperienza, e tu sai meglio di me che di siffatte cose abbiamo penuria; ed io poi sono come i cani di villa, abbaio in casa, ma fuori di casa mia mi trovo perduto. Ma a te nulla posso ricusare e frugo nel mio sacco, offerendoti quel qualunque vi stia. Il pane è di antica fusione, non il solo, nè il solo marchiato che siasi rinvenuto in antiche miniere che chiamano Massa romana presso Cartagena di Spagna. E come mi narravi, preziosissime cose s'ebbero ivi a rinvenire, non romane soltanto, ma puniche; un completo assortimento di stromenti da lavorare le miniere, da farne museo; e monete, e puniche e romane; di che non dee farsene meraviglia dacché le miniere di Spagna furono aperte dai Puni, continuate dai Romani, siccome Plinio ne fa testimonianza. L'inscrizione, come mi accerti, è M • P • RO SCIEIS • M • F ■ MAIC a lettere di rilievo con punti come sono segnati, e con distanza fra il RO e lo SCIEIS quasi vi dovesse stare un punto, mancato o per colpa del martello, o per altra causa. Non è da meravigliarsi se il piombo venisse segnato per indicarne in commercio la provenienza; si segnavano anche i mattoni, le tegole, e facciamo altrettanto oggidì e coi metalli e colle stoviglie. Questi bolli non altro potevano indicare che il proprietario, la miniera, le note croniche del tempo di fusione, il peso. Di note croniche, che sarebbero o i consolati, od anche l'imperatore, nessun'indizio ; del peso nemmeno; quindi propendo a credere che indicassero piuttosto il proprietario e la miniera. Quindi sono tratto a leggere Metallum Populi Romani nel principio, e Metalli Fodina MAIC nella fine, il che combinerebbe colla denominazione di Massa romana conservata alla miniera; romana perchè appunto del popolo, Massa perchè tratta questa voce dal MAIC, nome barbaro della Spagna che non so poi come si pronunciasse, nè di qual lingua fosse. Quel SCIEIS mi dà maggiore imbarazzo, perchè io lo vorrei EX • SCIEIS supponendo questo un popolo cui per diritto di conquista o di castigo venissero tolte le miniere; però non so trovare questo nome tra i popoli della Spagna. Ma se io non li conosco, ben facilmente possono essere noti agli altri, e può aversene notizia da marmi che ignoro. Più pronto sarebbe il leggere Metallum l'ublii ROSCII, ma l'EIS mi imbarazza perchè un cognome romano che comincia coli'EIS.....non saprei....; d'altronde i punti o lo spazio dei punii mancherebbero. Qui in provincia non abbiamo miniere nè antiche nè moderne da poterne trarre sussidio nella spiegazione che mi chiedi, e fuori di casa mia sono fuori d'elemento. Il piombo che possedo ha la impronta a rilevo C • IVLII • XAN — Caii Julii Xanthi, ma è tubo, dell' o-riginale del quale mai potei venire in chiaro; e questo è piombo di Dalmazia e di fabbrica salonitana. Piombi ridotti a tubi si rinvengono frequenti nella provincia, ma il piombo vale danaro, e prima che se ne sappia qualcosa è colato e convertito in altra forma. In Trieste fuori di porta Donota, nella possessione che era in allora di casa Rossetti, ove oggi è il teatro filodrammatico, si rinvennero nel 1732 tubi di piombo per acqua, tratta dal grande acquedotto di Bagnoli, e sui tubi fu letto a rilievo: FELIX ■ PVBL • TERG • F cioè: "Felice Servo pubblico (o del comune) di Trieste fece„; i tubi furono donati a certo Francesco de Rei-gersfeld, persona in allora di conto e di pubbliche incombenze, e passarono Dio sa dove. Di questo medesimo servo si aveva memoria funebre, allorquando era già fatto libero, o perchè seppe industriarsi nel fare i tubi per conto del comune; o perchè rimeritato dal comune colla libertà per l'onesta opera prestata. Eccoti la leggenda tramandataci dall'Ireneo della Croce: 0 • PVBLICIO • TERGESTE • L FELICI • SEPTVMIA ■ SP • F SEXT A ■ 0 ' PVBLICIVS FELICIS • L • INGENVVS • V • F Non ti garantisco la verseggiatura, della quale anzi dubito assai; ma cosi è registrata, così te la ripeto. Vedi, vedi, lo schiavo di pocanzi come ha donna che è ingenua, ed un liberto che gli erigono monumento; ed il liberto che ha cognome di Ingenuo; vedi come liberto e patrono. prendono il nome di Publicii. — Ma io sorto d'argomento. Segui un mio consiglio, manda 1' apografo dell'iscrizione a qualche dotta academia o persona, ed a-vrai spiegazione soddisfacente, più assai di quella che io ti possa dare. Quelle che furono date altrove non tengono; oibò, oibò, il voler da ogni lettera dell' alfabeto trarre iniziale di una voce è cosa che non va. — Addio. Kandler. Del Battistero di Pirano. I monumenti di architettura cristiana sono frequentissimi in Istria, più che in altre maggiori provincie, e sono pur quelli che attestando lo stato delle arti, della rie- ! chezza, della prosperità, congiungono l'antichità coi tempi moderni, e dànno elementi preziosi alla storia, e ragione delle condizioni del tempo corso dall' antichità all' epoca moderna. Dal tempio di Roma e di Augusto in Pola, da quelli di Marte e di Nettuno in Parenzo, da quello delle divinità capitoline in Trieste, fino al tempio di s. Antonio nuovo in Trieste, vi ha serie continuata per tutti i secoli, di edifizì consacrati al culto da poter seguire le vicende dell'arte medesima; imperciocché del V secolo vi ha il duomo di Trieste, la chiesa di s. Lorenzo del Pasinatico; del VI secolo l'insigne basilica Eufrasiana di Parenzo, la chiesa dei santi Giusto e Servolo di Trieste, la chiesa di s. Maria di Canneto in Pola; del VII al IX secolo le chiese di Cittanova, e moltissime di Pola, senza fare conto di cappelle minori; intorno l'XI s. Michele di Pola; poi del XII, XIII, XIV, s. Francesco di Pola, s. Petronilla, s. Gio. e Paolo di Muggia, ed altre che dicono gotiche: il duomo di Pola dei tempi in cui il sesto acuto ritorna al semicerchio ; poi di tempi migliori la facciata del duomo di Capodistria, la chiesa di s. Vincenzo nello stile che dicono lombardesco ; e dell' epoca moderna il duomo stesso di Capodistria, quello di Rovigno, quello di Dignano, quello di s. Maria Maggiore di Trieste (per tacere di tante altre degne di memoria). Ed in tempi moderni quella di s. Pietro in Pirano, di s. Antonio in Trieste, di s. Lorenzo in Ser-vola, di s. Girolamo in Visinada, e queste pure a mo' d'esempio soltanto. Nelle quali chiese tutte, eccetto quelle del secolo presente, si vede applicato agli edilìzi sacri un tipo tutto proprio di architettura cristiana che prestandosi alle esigenze del culto, manifesta il sentimento religioso che professava il popolo. I tempi moderni trasportarono nell'architettura quell'oscillazione che agita le menti in molti ordini di cose, ed i concetti e le forme fattesi indipendenti da quel pensamento che fu del secolo passato, varia dall'uno all'altro concetto, nè a noi sarà dato di vedere a quale stadio sia per fissarsi. Tra i monumenti dei quali la provincia d'Istria può menare vanto in confronto di qualunque altra, vanno enumerati i battisteri i quali non sono rari. Nei tempi antichissimi le sole chiese vescovili li ebbero, e tanta era la parsimonia nel concederli, che non potè ottenerlo Isola nel secolo XI (nel 1082), ma a quello di Capodistria dovette ricorrere. I battisteri antichi sono testimonianza di condizione nobilissima ecclesiastica e civile; e se piacerà a Dio, altra volta ragioneremo, quale precisa condizione oltre la vescovile sia indicata dall' esistenza di antichi battisteri. Usavano i nostri antichi di destinare a battistero apposito edilìzio, 1' architettura del quale era solitamente in forma ottagona, con vasca esagona nel mezzo pel battesimo di immersione; gli antichi battisteri somigliavano a bagni romani. Collocavansi di fianco alle basiliche a breve distanza, talvolta uniti a queste per porticati; talvolta erano di facciata alla chiesa; sempre intitolati al santo precursore, per cui ne venne il nomo assai spesso conservato di s. Giovanni, di s. Giovanni in fonte. La forma non era costante; quella di Trieste è ignota; in Capodistria è rotondo, però di epoca non remota; Pirano, Cittanova, Parenzo 1' ebbero ottagono; Pola in forma di croce greca; Rovigno (e notiamo la singolarità) in forma settagona. Esagona fu la vasca in pressoché tutti (quella di Trieste è conservata), quadrata quella di Pirano. Nel discorrere dei quali battisteri avremmo dovuto prendere incominciamento da quello che per indubbie prove si mostra il più antico, ma preferiamo di a-prire la via con quello di Pirano, perchè mirabilmente giova a dare spiegazione di quello di Rovigno, che è singolare. È questo collocato in vece che dinanzi al duomo (di fianco non lo permette la mancanza di terreno) nella parte postica ed a distanza di 11 tese viennesi, nella direzione dell' edifizio medesimo. L'edifizio è onninamente isolato, esternamente di forma ottagona, internamente circolare, tutto a volta, con lume che scende da apertura lasciata nella sommità. Internamente la muraglia è scompartita ad otto arcate che lasciano altrettante nicchie sulle quali, a breve distanza, comincia a posare la volta. Nel mezzo dell' edifizio vi ha la vasca a cui si ascende per tre gradini, come in altri battisteri, al qual numero trino si attribuisce significato mistico. La vasca è di un sol pezzo di pietra calcare numolitica, facilmente riconoscibile per marmo da fabbrica delle cave di Sestiana; ed era già parte di un monumento funebre romano, siccome attestano i genietti in atto mesto che ancor si veggono scolpiti. Questa povertà di materia, in parte che solitamente ornavasi di marmi preziosi, mal saprebbesi conciliare colla cassettina d'avorio di preziosissimo lavoro usata nel duomo per custodire reliquie. A differenza di altre vasche, questa di Pirano non aveva ciborio, cioè non aveva copertura o volta sostenuta da colonne; sui quali cibori leggevansi a memoria della costruzione, o motto che accenni alle sacre funzioni; almeno non seppimo vederne traccia. V' ha in oggi nella nicchia che corrisponde alla porta d' ingresso un' abside profondata per collocarvi l'altare, siccome la si vede praticata anche nel battistero di Capodistria; ma pensiamo che vi fosse aggiunta in tempi posteriori alla fabbricazione, allorquando Santa Chiesa indulse 1' uso di più altari. Siffatta abside non si vede nel battistero di Parenzo, nè era in quello di Cittanova che riteniamo pel più perfetto che si a-vesse in provincia; non è nel battistero di Rovigno la di cui piccolezza avrebbe richiesto quasi di necessità siffatto allargamento. Il battistero di Cittanova era più profondo del suolo circostante per tre gradini che giravano tutto all'intorno dell'edifizio nella parte interna; ed altrettanto dovrebbesi dire di quello di Trieste; in questo di Pirano non vi ha traccia alcuna di siffatti gradini, nè lo comporterebbero la vasca già alzata di tre gradini sul suolo odierno, il sesto delle arcate che è di due diametri circa, la presenza delle nicchie medesime per cui le gradinate avrebbero girato in forma frastagliata. Il battistero è poi collocato non soltanto sulla sommità del còlle, ma talmente soprasta alla via che vi si deve a-scendere per non breve scalèa. L'interno fu decorato con oggetti di stucco perchè la semplicità delle linee, la nudità delle pareti, parve cosa forse troppo meschina; un lanternino fu sovrapposto all'apertura unica che dà lume dall'alto, almeno non abbiamo ravvisato traccia di finestre laterali le quali d' altronde non avrebbero potuto collocarsi che nei vani delle arcate; ma anche d'altri battisteri potemmo verificare, come la luce fosse dispensata parcamente. Come fosse decorato anticamente l'interno, se per opere di mosaico, se per pitture a fresco, nessuna traccia; che le incamiciature dalle muraglie, l'imbiancature furono frequentissime. L' esterno è semplice ed in tutto quale di antichi battisteri, se eccettuare se ne voglia il lanternino. Ci guarderemmo bene dal suggerire che il battistero di Pirano avesse da essere restituito alla primitiva sua semplicità, sappiamo bene con quali difficoltà vada ciò congiunto, e come i pensamenti degli uomini sieno variati; però se mai avvenisse che quell'edifizio dovesse per altre cause toccarsi, sarebbe forse bella cosa il restituirlo com' era in antico; che l'antico carattere accrescerebbe l'estimazione originale colla venerazione per 1' antichità; un antico con indosso cianfrusaglie moderne è sconcia cosa, tale da palesarne la ridicolezza nascondendo quei pregi che altrimenti sarebbero in tutto aspetto. Battisteri antichi divengono ogni giorno sempre più rari, meno per vetustà, che per desiderio di cose nuove, e l'avere antico monumento torna in decoro e soddisfazione. Noi giudichiamo il battistero di Pirano opera del VI al VII secolo. Diamo la pianta in esatta proporzione (per quanto i tipi lo permettano) avvertendo che il diametro interno misura 32 piedi viennesi; vi aggiungiamo il segmento dell' interno, notando che le arcate hanno tutte un'altezza. Redditi dei Podestà veneti nell'Istria. Continuazione e fine. (Vedi i N. 86-87, 88-89 an. I; 1-2, 7-8.) PINGUENTE. Hendite certe spettanti un tempo al Capitanato di Raspo. 1. Formcnto annue staia 450, comprese in queste staia num. 30 che corrisponde il daziale, le quali calcolate per forma di conteggio a lire 26 lo staio, fanno lire 11,700, dalle quali detratte lire 90 che devono esser corrisposte al daziere, e lire 24 per le spese di granaio, restano annue L. 11586 : — 2. Avena di cavallo staia 530 annue calcolate in ragione di lire 12 lo staio sono lire 6360, dalle quali detratte lire 58:5, metà delle spese per la condotta delle Prau-de dei grani e del vino, restano . . „ 6301 : 15 3. Vino barile veneziane num. 260 annue, che calcolale a ragione di lire 14:8 la barila danno annue lire 3744; dalle quali detratte lire 120 per far accomodar il bottame, lire 58:4 per la metà di quanto viene pagato per la condotta delle Praude di vino e grani; lire 12 per affitto dell' armaria ossia cantina ; lire 14 per affitto del magazzino, e lire 100 per affitto della caneva, restano annue „ 3439:16 4. Agnelli di decima num. 600 calcolati a lire 6 l'uno, sono annue.....„ 3600 : — 5. Segala staia 3 e mezzo a lire 14 lo staio sono annue..........» 49 : — 6. Lana libbra 290 circa, calcolate a soldi 14 la libbra, sono.......... 203 : - 7. Galline annue num. 149 e mezza a lire una, sono........... 149 :10 8. Pollastri num. 93 a soldi 15 l'uno, sono „ 69:15 9. Capponi num. 6 a lire 2 l'uno, sono . . „ 12: — 10. Formaggio fresco libbre 80 a soldi 8 la libbra, sono............32 : — 11. Ovi num. 480 a soldi uno, sono . . . „ 24 : — 12. Alcune spallette per l'annuo importo di „ 8: — 13. Castrati che vengono corrisposti dal Co- mun di Colmo per annue.....„ 24 : — 14. Affitti di montagne, regalie ed erbatici, per annue........... 2100 : — 15. Giurgevizz.e e Micheglizze dai castelli di Yerch e Sovignacco per annue . . . „ 120: — 16. Contribuzione in denaro......„ 2067 : — 17. Affitti di due prati, incirca annualmente „ 80 : — Somma delle annue rendite certe L. 29,865:16 Rendite incerte. GÌ' incerti degli ex-capitani di Raspo consistevano in lire 62 per cadaun sopraluogo ricercato dalle parti, e le pene in ragguaglio di soldi 4 per lira dai pubblici debitori; incerti che non possono esser posti a computo nemmeno in via approssimativa perchè assai straordinari. PRESIDENTI deW Intendenza Commerciale nel Litorale Austriaco, in sostituzione agli antichi Capitani. 1747. Cristoforo Barone de Flachenfeld. 1748. Francesco Barone de Weissenhutten. 1750. Nicolò Conte Hamilton. 1764. Giovanni Carlo Conte de Lichnowsky. 1765. Enrico Conte de Auersberg. 1773. Adolfo Conte de Wagensberg. 1774. Francesco Adamo Conte Lamberg. GOVERNATORI 1776. Carlo Conte de Zinzendorf e Pottendorf. 1782. Pompeo Conte de Brigido. 1803. Sigismondo Conte de Lovasz. 1808. Pietro Conte de Goess. 1809. Bernardo Barone de Bossetti (I). 1810. Duca di Ragusa (Marmont), j 1811. Generale Conte Bertrand. I 1812. Duca di Abrantes (Junot). f Per la Francia. 1813. Duca di Otranto (Fouchés). J 1813. Barone Lattermann. 1815. Bernardo Barone de Rossetti (II). 1815. Antonio Barone de Spiegelfeld. 1817. Carlo Conte di Choteck. 1819. Antonio Barone de Spiegelfeld (II). 1823. Alfonso Principe di Porcia. 1835. Giuseppe de Weingarten. 1841. Francesco Conte de Stadion.