LINGUISTICA XXXIX Ljubljana 1999 LINGUISTICA XXXIX Ljubljana, 1999 Revijo sta ustanovila f Stanko Škerlj in tMilan Grošelj Revue fondee par f Stanko Škerlj et fMilan Grošelj Uredniški odbor - Comite de redaction Janez Orešnik - Mitja Skubic - Pavao Tekavčić Martina Ožbot - Stoj an Bračič Natis letnika je omogočilo MINISTRSTVO ZA ZNANOST IN TEHNOLOGIJO REPUBLIKE SLOVENIJE Sous les auspices du MINISTERE DES SCIENCES ET TECHNOLOGIES DE LA REPUBLIQUE DE SLOVENIE Josip Jernej, Zagreb CDU 805.0-561.4 OGGETTI DIRETTI E INDIRETTI IN ITALIANO (Con note contrastive in croato) Nella classificazione degli elementi costitutivi della frase le grammatiche italiane, trattando degli oggetti, si limitano di regola agli oggetti diretti, dipendenti cioe da verbi transitivi. Gli oggetti indiretti, ossia preposizionali, vengono relegati nella numerosa serie dei "complementi indiretti" (puramente semantici). Ciö si riflette poi sulla trat-tazione delle proposizioni oggettive. Le cose cambiano di aspetto se al pošto della tradizionale divisione binaria dei verbi in transitivi e intransitivi applichiamo una classificazione ternaria in 1. verbi transitivi diretti ("accusativi") 2. verbi transitivi indiretti (cioe preposizionali) 3. verbi intransitivi (cioe senza oggetto). Trattasi di una classificazione accettata tra altro dai linguisti francesi1 e adottata anche nella Grammatica italiana descrittiva di M. Regula e J. Jernej2. I verbi TRANSITIVI DIRETTI sono quelli che reggono un oggetto diretto: due concetti che sono indissolubilmente legati. R es.: noi studiamo la sintassi - mi učimo sintaksu essi leggono un romanzo - oni čitaju roman TRANSITIVI INDIRETTI sono quelli che hanno un oggetto indiretto, ossia preposizio-nale. P. es.: egli ha approfittato dell'occasione - on je iskoristio priliku essi hanno rimediato ai danni sofferti - oni su popravili pretrpjelu štetu INTRANSITIVI sono invece i verbi che non hanno affatto oggetto: la ragazza e impallidita - djevojka je problijedila i prati verdeggiano - livade se zelene 1. L'oggetto diretto L'oggetto diretto e un elemento costitutivo della frase che indica la persona o la cosa su cui si esercita 1'azione del soggetto espressa dal predicate. P. es.: 1 V., p. es., Grevisse, o. c. 143-144 2 Berna, 1975 (d'ora in poi GID) Antonio biasima il figlio. Gino guida Pautomobile. Abbiamo visto un bei film. Ovviamente va rifiutata la definizione secondo cui l'oggetto subisce (sempre) l'azione del predicato. Basta infatti il terzo esempio citato sopra per vedere che non si tratta di un'azione "subita".3 L'oggetto diretto puö essere espresso da un sostantivo (eventualmente accompa-gnato da un attributo), da una qualsiasi parte del discorso sostantivata, da un pronome, un infinito o da un'intera proposizione oggettiva (di cui si parla al capitolo 3).4 P. es.: Ho comprato un tappeto persiano. Non capisco il perche del loro rifiuto. Le ho viste, le ho incontrate. Dovrei attendere. Preferisco andarmene. Essi sostengono di aver ragione. Le grammatiche di solito non danno elenchi di verbi transitivi che reggono un oggetto diretto. Un'eccezione ce la offre la GID che riporta una lista di tali verbi clas-sificati in due categorie: 1. verbi che significano un comportamento amichevole o ostile (iaiutare, soccorrere..., evitare, scansare...) e 2. verbi che indicano un movimento verso qcn. o qcs. (avvicinare, accostare... )? Sono elenchi, naturalmente, non esaustivi come non lo sono neppure le liste di verbi "ergativi" della Grande grammatica di L. Renzi, vol. I, 48.6 Ecco alcuni esempi da questa raccolta: affondare, aumentare, derivare... A questa serie di verbi "ergativi" vanno aggiunti, sempre dalla stessa fönte, verbi transitivi come accumulare, allargare... radunare... sviluppare... derivati dalle rispettive forme riflessive. I PRONOMI in funzione di oggetto diretto possono precedere il verbo (particelle proclitiche): Egli mi aspetta oggi a casa sua. Perche non vi fate mai vedere? Non lo capisco in nessun modo. Nella forma enclitica questi pronomi (personali) si possono unire all'infinito, al participio, al gerundio, all'imperativo affermativo e all'avverbio presentativo ecco: non voglio comprarlo ancora accordatisi partirono subito 3 V. a tal proposito la competente analisi in Serianni, o. c., 94 4 Gli esempi verranno tradotti quando si tratterä di mettere in particolare rilievo le differenze nella reggenza. 5 GID, 285. Ora anche in Talijanski jezik, o. c., 90. ® Per "ergativi" si intendono quei verbi intransitivi che hanno un corrispondente transitivo (che qui c'interessa). vedendolo cosi ridotto ne ebbero compassione prendili questi guanti! eccoci fmalmente arrivati! L'INFINITO in funzione di oggetto diretto si usa innanzi tutto con i verbi modali: potere, dovere, volere, sapere, solere, usare: non posso aspettare dovresti accettarlo (due oggetti!) vogliamo attendere? sa tradurre a prima vista i saggi sogliono parlare poco uso alzarmi di buon'ora In funzione di oggetto l'infinito si usa anche con fare e lasciare: farö riparare l'orologio - dati ću popraviti sat lascerö guidare la macchina a lui - pustit ću da on vozi kola lascia fare a me - ostavi da ja to učinim ho fatto scrivere una lettera - dao sam napisati pismo lasciamo andare! - ostavimo to!, dosta o tome Si usa anche con verbi che indicano una testimonianza dei sensi: sentire, udire, ascol-tare, vedere'. Non ho sentito suonare le campane. L'ho ascoltato parlare al congresso. Abbiamo udito cantare i tre tenori. Non abbiamo visto passare le macchine. Hanno invece funzione di soggetto gli infmiti dipendenti da verbi o frasi imper-sonali: Occorre aspettare. Basta chiamare. E meglio attendere. E facile criticare, ma e difficile creare. Bisogna lavorare. E pericoloso sporgersi. Conviene accettare. Certi verbi transitivi esprimenti una disposizione d'animo (intenzione, volontä, congettura) si costruiscono con l'infinito in reggenza assoluta. Luca Serianni nella sua ampia trattazione delle proposizioni oggettive,7 ricca di innovazioni, cita i seguenti verbi con reggenza assoluta, cioe col solo infinito: affermare (egli afferma aver ragione) (tvrdi da je u pravu) considerare (essi considerano dover rimanere) credere (credo poter attendere) desiderare (desidero acquistarlo) dichiarare (dichiarano non saperlo) 7 V. la Grammatica citata, pp. 549-558 dire (dice essere convinto) preferire (preferisco non parlare) ritenere (ritengo sapere di piü) sperare (spero arrivarci) stimare (stimo non poter farlo) trovare (trovo inutile do ver insistere)^ Tutti questi verbi, accanto alia reggenza assoluta (senza preposizione) ammettono anche il construtto col DI: egli afferma di aver ragione essi dichiarono di non saperlo Inoltre, questi verbi possono costruirsi in modo esplicito: egli afferma che ha ragione essi dichiarano che non lo sanno Un costrutto particolare e l'OGGETTO PARTITIVO introdotto da forme articolate della preposizione DI {del, della, degli...) che serve a indicare una parte, un numero indeterminate, una certa quantitä, o per dar rilievo al concetto. P. es.: Abbiamo com-prato della frutta e del vino. Ho incontrato dei conoscenti. La vita ha degli alti e dei bassi. La preposizione articolata ha la funzione di un aggettivo indefinito (alcuni, qualche). Va detto tuttavia che al posto del costrutto partitivo si preferisce spesso il costrutto semplice. P. es.: Lo riprovd con parole aspre. Ho fatto qualche sbaglio. Abbiamo incontrato alcuni amici. Semanticamente si distinguono varie specie di oggetti diretti9: 1. L'oggetto esterno nel senso che nella sua totalitä viene colpito (o considerato) dall'azione: abbattere un albero, affrontare una difficoltä, fuggire i vizi, rammentare un nome... Puö considerarsi una sottospecie di questo gruppo l'oggetto "locativo" ricordato in Renzi (v. nota 9): Giovanni ha saltato il muro. Gino ha risalito il fiume. 2. L'oggetto generato o creato: scavare un buco, comporre un mazzo, fabbricare un palazzo... 3. L'oggetto interno o di contenuto con verbi intransitivi usati transitivamente e che ripetono i tratti semantici e, spesso, anche la forma lessicale dell'oggetto: dormire sonni tranquilli vivere una vita felice e serena ® Abbiamo aggiunto tra parentesi esempi concreti di costrutti. Al lettore italiano questi esempi applicativi potranno risultare superflui. Non cosi per il fruitore straniero. 9 Poche grammatiche ne trattano; tra di esse la GID, pp. 284-285 e Renzi, I, 61 et passim. Noi seguiamo la GID. 6 correre una magnifica corsa cantare vittoria gridare aiuto 4. In concorrenza con il tassema awerbiale: a) oggetto di estensione, distanza (nello spazio e nel tempo): II lago si estende cinque chilometri e dista sei chilometri dalla cittä. II campanile si eleva (o sorge) sessanta metri. Mio nonno visse ottanta anni. Ho dormito tre ore. Ieri ho dormito tutta la notte. b) oggetto di misura, peso: La botte misura cinquanta litri. La cassa pesa duecento chili. c) oggetto di valore, prezzo: Quell'edificio e valutato trenta miliardi. L 'orologio I 'ho pagato cinquantamila lire. Nella trattazione dell'oggetto diretto vanno menzionati i verbi transitivi riflessivi diretti (o propri): io mi difendo = io difendo me stesso egli si guarda nello specchio = egli guarda se stesso... Qui il soggetto, eseguendo l'azione su se stesso, coincide con I'oggetto. Altra cosa sono i riflessivi apparenti (io mi lavo le mani, Carlo si taglia le unghie). Essi equivalgono a una forma transitiva accompagnata da un "complemento di termine".10 Quanto poi ai verbi riflessivi reciproci (Roberto e Maria si amano) essi esprimono un rapporto scambievole ossia una reciprocitä di azione. Anche il problema della diatesi passiva rientra nel campo della trattazione dell'oggetto diretto in quanto solo i verbi transitivi, con il complemento oggetto espresso, possono rendersi passivi. II problema viene trattato piü ampiamente dalle varie gram-matiche nel capitolo dedicate alia coniugazione passiva. Qui puö bastare un esempio di trasformazione da forma attiva in forma passiva: La grandine ha distrutto le seminagioni. Le seminagioni sono state distrutte dalla grandine. Nel passaggio dall'attivo al passivo l'oggetto della proposizione diventa soggetto. Va ricordato anche il SI PASSIVANTE, un costrutto in cui il verbo transitivo diretto viene reso passivo con l'aiuto del pronome riflessivo SI, mentre l'autore dell'azione non viene espresso: 10II riflessivo apparente (chiamato anche "medio") puö venir rinforzato con pronomi atoni (la, ne): godersela, andarsene, passarsela. La sera si accendono i lumi. Si sono fatti molti progressi. In Italia si parlano molti dialetti. In unione all'oggetto diretto le grammatiche italiane parlano anche del comple-mento predicativo dell'oggetto, un aggettivo o sostantivo che si riferisce grammati-calmente all'oggetto e viene introdotto da verbi copulativi (eleggere, chiamare, ritenere e sim.): lo hanno elettopresidente, lo ritengono un uomo intelligente, non ren-derti ridicolo. Tuttavia questo problema va trattato piü ampiamente nella sezione dedi-cata espressamente al predicativo, sia libero che legato. NOTA CONTRASTIVA Benche gran parte dei verbi transitivi diretti abbia un costrutto analogo anche in croato, esistono pur sempre notevoli eccezioni in questo campo. Ecco innanzi tutto alcuni časi di coincidenza: Mio padre gestisce un'impresa - Moj otac vodi poduzeće Hanno costruito una fabbrica - Sagradili su tvornicu. I contadini lavorano la terra - Seljaci obrađuju zemlju. Ed ecco alcuni esempi di costrutti discordanti: ringraziare qualcuno - zahvaliti KOMU ricordare qualcosa - sjetiti se ČEGA aiutare qualcuno - pomoči KOMU minacciare qualcuno - zaprijetiti KOMU invadere il paese - provaliti u zemlju soccorrere qualcuno - pružiti komu pomoč FRASEOLOGIA išli smo za njima zaprijetili su nam pomogni mu ako možeš zahvaljujem direktoru na ljubaznosti ne sječam se više te sjednice pritekli su mu u pomoč nemoj to nikome reči nema šta! pusti na miru tvoga susjeda nemoj doči prekasno ne znamo da li da to učinimo ili ne li abbiamo seguiti ci hanno minacciati aiutalo se puoi ringrazio il direttore della gentilezza non ricordo piü quella seduta lo hanno soccorso non dirlo a nessuno non c'e che dire! lasciare stare il tuo vicino non venire troppo tardi non sappiamo se farlo o no ne znam kamo ići a mogli smo pobijediti non so dove andare e dire che potevamo vincere 2. L'oggetto indiretto L'oggetto indiretto o preposizionale, chiamato anche oggettoide, e un elemento costitutivo della frase (ossia e un tassema) introdotto da verbi transitivi indiretti, cioe da verbi preposizionali. P. es.: discutere di informatica - raspravljati o informatici Simili esempi vengono classificati dalle grammatiche italiane nella vasta categoria dei "complementi indiretti" dove vengono contraddistinti con criteri semantici. Solo in via eccezionale alcuni autori di grammatiche italiane distinguono una categoria di "complementi dell'oggetto improprio" dipendenti da verbi che rispondono alia domanda "di chi?", "di che cosa?"11 Tali sarebbero, per esempio, i verbi "di memoria" come ricordarsi, rammentarsi, dimenticarsi e certi verbi "di affetto" come rallegrar-si, dolersi, rammaricarsi, stupirsi, meravigliarsi. Rientrerebbero in questa categoria anche verbi "di argomento" come accorgersi, avvedersi, rendersi conto. Quanto ai sintagmi o alle proposizioni rette da un nome o da un aggettivo, come ad es.: la gioia di rivederti la fretta di partire la possibility che tu non riesca a vincere lieto di conoscerla capace di intendere e di volere contento che siate arrivati in tempo questi casi non rientrano nella categoria degli oggetti, ma vanno da noi considerati forme di attributi di varia specie semantica, giä elaborata nella GID12, una concezione sostenuta anche da altri linguisti. Cosi, ad es., Giacomo Devoto nella sua ultima opera usufruire di ribassi - rispondere a una domanda - attenersi a una decisione - differire dall'originale - sperare negli aiuti di qcn. - insistere su un'affermazione - romperla con qcn. - e partito per la Spagna - koristiti se popustima odgovoriti na pitanje držati se odluke razlikovati od originala nadati se nečijoj pomoči uporno ostati kod tvrdnje prekinuti prijateljstvo s kim otputovao je u Španjolsku " V. p. es. Bini, o. c. 257. Lascio fuori discussione la Grande grammatica italiana di consultazione di L. Renzi e G. Salvi I/III. 12 GID, pp. 300-305. "Lezioni di sintassi prestrutturale" parla di attributi analitici e di locuzioni attributive come lavoro d'impegno, febbre dafieno, con un volto tra l'attonito el'ardito, e annota "preattributi" come alieno dal bere, duro nel discutere, aperto al dialogo nonche "postattributi" del tipo validoper ritornare, voglioso di vederne qualcheduno grosso.13 Se dunque eliminiamo le reggenze oggettive sostantivali e quelle aggettivali riman-gono le numerose reggenze verbali e precisamente quelle con verbi transitivi indiretti nonche quelle con verbi intransitivi pronominali. Questi verbi introducono oggetti indiretti mediante preposizioni di cui le piü numerose sono DI e A. Prima di procedere oltre diamo l'elenco di una piccola serie di verbi che possono avere un doppio costrutto, diretto e indiretto:14 applaudire qcn. o a qcn. - pljeskati komu compiacere qcn. o a qcn. - ugoditi komu insidiare qcn o a qcn. - vrebati na koga, ugrožavati koga perdonare qcn. o a qcn. - oprostiti komu ubbidire a qcn. (raro: qcn.) - biti poslušan komu, slušati koga Esempi d'uso: II pubblico ha applaudito la cantante (o alla cantante) Lo farö per compiacerti (o per compiacere a te) Insidiava alia sua reputazione (o la sua reputazione) Non gli posso perdonare questa infamia (o non lo perdono di qu.i.) Non ha ubbidito ai suoi genitori (raro: i suoi genitori). I verbi con oggetto indiretto introdotti dalle preposizioni A o DI si contano a die-cine. Qui ne diamo alcuni esempi in forma infinitiva con rispettiva versione in croato. Sono sempre le reggenze che interessano particolarmente. Verbi con la preposizione A aspirare a qcs. assistere a qcs. badare a qcs. consentire a qcs contribuire a qcs. credere a qcs. guardare a qcs. pensare a qcs. rinunciare a qcs. težiti za čim prisustvovati čemu paziti na što pristati na što pridonijeti čemu vjerovati čemu paziti na što misliti na što odreči se čega Devoto, Lezioni..., pp. 125-129. Prendo l'elenco da Reumuth, o. c. 178. rispondere a qcn. rispondere a qcs. sopravvivere a odgovoriti komu odgovoriti na što (na pismo) nadživjeti koga ili što Verbi pronominali (riflessivi) con A abituarsi a qcs. - accingersi a qcs. - attenersi a qcs. - iscriversi a qcs. - limitarsi a qcs. - opporsi a qcs. - ostinarsi in qcs. - rassegnarsi a qcs. - sottrarsi a qcs. - priviknuti se na što spremiti se na što držati se čega upisati se u što ograničiti se na što oprijeti se čemu uporno ostajati pri čemu pomiriti se (sudbinom) izbjegnuti što, izvuči se od čega Verbi con la preposizione DI abusare di qcs. approfittare di qcs. chieder di qcn. dubitare di qcs. parlare di qcs. ringraziare di qcs. trattare di qcs. usufruire di qcs. zloupotrijebiti što koristiti što tražiti koga sumnjati u što govoriti o čemu zahvaliti na čemu raspravljati o čemu koristiti što Verbi pronominali (riflessivi) con DI accontentarsi di qcs. - accorgersi di qcs. - armarsi di qcs. - dimenticarsi di qcs. - interessarsi di qcs. - lamentarsi di qcs. - nutrirsi di qcs. - occuparsi di qcs. - servirsi di qcs. - vergognarsi di qcs. - zadovoljiti se eime opaziti što naoružati se čim zaboraviti što zanimati se za što tožiti se na što hraniti se čime baviti se čime poslužiti se čime stidjeti se čega Verbi introdotti dalle preposizioni DA, IN, SU, CON, PER allontanarsi da differire da udaljiti se od razlikovati se od dimettersi da - dissentire da - guardarsi da qcs. - servire da (esempio) - tradurre (dal franc.) - dati ostavku na (mjesto) ne slagati se s kime (u mišljenju) čuvati se čega služiti kao (primjer) prevoditi s francuskog commerciare m consistere in credere in (Dio) persistere in sperare in trgovati čime (drvom) sastojati se od čega vjerovati u (Boga) ustrajati u čemu nadati se čemu accordarsi su qcs. contare su qcn. giurare sulPonore discutere su insistere su ritornare su qcs. sofFermarsi su qcs. složiti se, nagoditi se u čemu računati na zakleti se čašću raspravljati o čemu uporno ostati pri čemu vratiti se na što zadržati se na čemu arrabbiarsi con qcn. confidarsi con qcn. misurarsi con qcn. scusarsi con qcn. (di qcs.) capire per intuizione comunicare per telefono tremare per il freddo raccontare per filo e per segno - Verbi con due oggetti (diretti e indiretti) chiedere (o domandare) qcs. a qcn. - insegnare qcs. a qcn. - invitare qcn. a qcs. - minacciare qcn. di qcs. - accusare uno di qcs. - avvertire uno di qcs. - convincere uno di qcs. - informare uno di qcs. - pregare uno di qcs. - rasrditi se, naljutiti se na koga povjeriti se komu ogledati se s kime (u) ispričati se komu (zbog čega) shvatiti neposredno javiti telefonom tresti se od zime pričati potanko, na dugo i široko pitati koga za što naučiti koga što pozvati koga na što prijetiti komu čim optužiti koga zbog čega obavijestiti koga o čemu uvjeriti koga u što obavijestiti koga o čemu moliti koga za što riempire qcs. di qcs. ringraziare uno di qcs. sospettare uno di qcs. napuniti što čime zahvaliti koga na čemu sumnjati na koga o čemu FRASEOLOGIA Ci siamo congratulati con loro per il bel risultato - Da chi 1'avete saputo? - Li abbiamo distolti dal loro proposito - Li avevo avvertiti del pericolo - Manderemo delle cartoline ai nostri amici - Non mi hanno informato del suo arrivo - Dovreste ringraziarli della loro premura - L'ho riconosciuto dalla voce - Speriamo che non si vendichino su di loro - Li difenderemo da ogni pericolo - Ci siamo serviti del dizionario - Lo hanno incaricato di una missione difficile - Li hanno privati di quanto avevano - Non posso che considerarmi soddisfatto - del mio collaboratore Lo destituirono dal suo impiego - Mi ha ringraziato del dono - E molto difficile persuaderlo della veritä -delle tue parole Čestitali smo im na lijepom uspjehu Od koga ste to saznali? Odvratili smo ih od njihovog nauma Bio sam ih upozorio na opasnost Poslat ćemo razglednice našim prijateljima Nisu me obavijestili o njegovom dolasku Morali biste im zahvaliti na njihovoj brizi Prepoznao sam ga po glasu Nadajmo se da se neče osvetiti na njima Zaštitit ćemo ih od svake opasnosti Upotrebljavali smo rječnik Povjerili su mu težak zadatak Oduzeli su im sve što su imali Ne mogu a da se ne smatram zadovoljnim sa svojim suradnikom Skinuli su ga sa svog položaja Zahvalio mi je na daru Vrlo je teško uvjeriti ga u istinost tvojih riječi Tipologia dell'oggetto indiretto Secondo criteri semantici gli oggetti indiretti, ossia gli oggettoidi,. si dividono in parecchie categorie di cui indicheremo le principali.15 1. Oggettoidi esterni (diretti) colpiti totalmente o parzialmente dalPazione. (Cfr. gli oggetti diretti esterni): imbattersi in qcn. (= incontrarlo), abusare di qcs. (= usar-la male), aver paura di qcs. (= temerla), bere di qcs. (= assaggiarne un po')... 2. Oggettoidi di luogo: andare a, pervenire a; venire da, uscire da; abitare a, trovar-si a. (In concorrenza con 1'avverbiale di luogo). '-'Questa classifica semantica degli oggetti sia diretti (vedi prima) che indiretti richiama alia memoria la tradizionale numerosa partizione dei complementi indiretti delle grammatiche italiane. Nei nostro caso la situ-azione e del tutto diversa trattandosi di una classifica di elementi sintattici ben definiti mentre che le lunghe liste dei complementi indiretti comprendono in modo indistinto tassemi nominali (attributivi) e tassemi verbali (oggettoidi, avverbiali, circostanziali). 3. Oggettoidi di specificazione, misura, valore: sapere di rancido, sapere di ricercato; estendersi per, elevarsi per, sprofondarsi per. (In concorrenza con l'awerbiale). 4. Oggettoidi di termine (o dativali). Indicano la persona o la cosa presso cui si svolge l'azione. Inoltre completano spesso l'azione dei verbi transitivi (dare qcs. a qcn.); augurare qcs. a qcn., attribuire qcs. a qcn., acconsentire (a una proposta), pretendere (a un premio), aderire (a un partito), presiedere (a una riunione). Affine a questo costrutto e il cosiddetto DATIVO ETICO, una specie di forma intensiva espressa mediante pronomi atoni (mi, ti, si, ci, vi, si): stammi bene a sentire, cosa mai mi combini?, te lo trovi nella birreria, non aspettatevi un risultato migliore. 5. Oggettoidi di argomento, contenuto: parlare di qcs., dubitare di tutto, non ne abbia-mo parlato ancora, me ne infischio della sua opinione. 6. Oggettoidi di limitazione e restrizione: difettare di cibo, abbondare di frutta; il testo manca di citazioni. Alio stesso ordine di concetti appartengono anche oggettoidi di stima, colpa, pena: lo apprezzano per la sua rettitudine, e stato accusato di furto, lo hanno incolpato di tradimento. In campo semantico non sono possibili tagli netti fra i vari significati delle locuzio-ni. Cosi p. es. "incolpare di furto" puö essere interpretato come oggettoide di causa, invece che di limitazione. Esiste poi tutta una serie di oggettoidi introdotti da varie preposizioni e basati su significati diversi (mezzo, fine, causa, esclusione, ecc.). Vedere comunque la GID alle pp. 286-290. 3. Le proposizioni oggettive Le proposizioni oggettive fanno da oggetto alia proposizione reggente, sia principal che secondaria. Vengono introdotte da verbi transitivi diretti, transitivi indiretti e da locuzioni verbali equivalent! (essere d'opinione, avere l'impressione, essere convinto, dare la promessa, avere la certezza). Possono essere esplicite o implicite. Le proposizioni oggettive esplicite sono introdotte dalla congiunzione che (talora come) e hanno il verbo all'indicativo, al congiuntivo o al condizionale. Reggono generalmente l'indicativo i verbi che esprimono un fatto certo, reale (affermare, sostenere, dichiarare, informare, vedere, guardare, avere l'impressione, venire alla mente): Ti assicuro che e la veritä Ditegli che verremo domani Sento che il rumore e cessato Ci siamo accorti che avete sbagliato Nella forma negativa questi verbi preferiscono il congiuntivo: Non dico che ciö sia una vostra invenzione. Non ricordo piü che io 1'abbia detto. Reggono il congiuntivo i verbi che indicano una volontä, un desiderio, una spe-ranza, un'opinione, un timore, un'incertezza. II congiuntivo e il modo del voluto o del pensato. II contenuto della dipendente viene sottomesso alla volontä espressa dalla principale (ossia dalla reggente): Credo che ciö sia esatto. Spero che abbiano ragione. Non ricordo che Lei abbia detto una cosa simile. Suppongo che egli sia malato. Sospettava che tu intendessi ingannarlo. Dipende solo da noi che le cose vadano bene. Con le proposizioni oggettive al congiuntivo vanno trattate le interrogative indirette: Non so se possa (o se potrö) venire. GH chiesero quando fosse arrivato. Non e noto che cosa egli voglia intraprendere. Le grandi invertzioni dimostrano quanto sia potente l'ingegno umano. (Contemplativa in forma di interrogativa indiretta). AI posto dell'indicativo o del congiuntivo si usa il condizionale quando l'azione espressa dall'oggetto dipende da una condizione, da un'ipotesi. Questa puö essere anche taciuta: Sostengo che egli sarebbe riuscito, se avesse lavorato di piü. Non credo che ci saremmo divertiti. Le oggettive implicite sono introdotte dalla preposizione DI con il verbo all'infi-nito quando il soggetto della reggente e lo stesso di quello della dipendente: Dice di non essere completamente sano. Ti consiglio di approfittare di questa occasione. Sei preoccupato di non ricevere lettere da casa tua? Spero di arrivarci in tempo. Quando il soggetto e diverso, e necessaria la forma esplicita: Egli crede che io abbia ragione. Tuttavia, con verbi come comandare, vietare, proibire, permettere o verbi di signi-ficato analogo, si puö usare la forma implicita anche se il soggetto e diverso: il medico vieta al malato di fumare il capitano ordinö ai soldati di sospendere il fuoco Come abbiamo visto al cap. 1, con alcuni verbi si usa il costrutto assoluto (senza DI). P.es.: Sento suonare il campanello. Vedo venire gli ospiti. Ritengo necessario accettare la proposta. Gli esempi di costrutti oggettivi con le preposizioni A, DI, ecc. elencati al cap. 2 si prestano bene per formazioni di proposizioni oggettive. Bibliografia Battaglia S. - Pernicone V., La grammatica italiana, Torino 1957, pp. 626 Bini A., Nuova grammatica italiana, Firenze 1941, pp. 355 Coli P. L. e Rossi G., Dolcissimo idioma, Torino 1937, pp. 311 Dardano M. e Trifone P., Grammatica italiana, Bologna 1996, pp. 789 Devoto G. e Massaro D., Grammatica italiana, Lecce 1962, pp. 402 Devoto G., Lezioni di sintassi prestrutturale, Firenze 1974, pp. 324 Duro A., Grammatica italiana, Torino 1956, pp. 384 Fogarasi M., Grammatica italiana del Novecento, Roma 1984, pp. 427 Jernej J., Talijanski jezik, Zagreb 1999, pp. 216 Migliorini B., Grammatica italiana, Firenze 1958, pp. 306 Reumuth W. - Winkelmann O., Praktische Grammatik der italienischen Sprache, Gottfried Egert Verlag, 1991, pp. 325 Regula M. - Jernej J., Grammatica italiana descrittiva, Bern 1975, pp. 336 Renzi L. - Salvi G., Grande grammatica italiana di consultaziont, I/III, Bologna 1991/96 Serianni L., Grammatica italiana, Torino 1991, pp. 750. Povzetek NEPOSREDNI IN POSREDNI PREDMET Slovnice italijanskega jezika se pri obravnavi predmeta, stavčnega člena, ki izraža enoto, na katero se veže dejanje ali delovanje povedka, največkrat omejujejo na neposredni predmet, posredni predmet pa obravnavajo kot zgolj dopolnila glavnega dogajanja (subjekt - objekt). Prispevek skuša posebej osvetliti posredni, indirektni predmet, zlasti kar zadeva glagolsko vezavo. To je še posebej pomembno protistavno, ker se jeziki med seboj ne skladajo, kar lepo kažejo protistavni primeri italijanskega in hrvaškega jezika. Na končuje dodan kratek pregled predmetnih odvisnikov. Liliana Spinozzi Monai Udine CDU 804/806.558 L'ARTICOLO DEL ROMANZO 'FIGLIO' DELLA DIATESI PASSIVA? UN'IPOTESI ISPIRATA A MONTAGUE E SVI-LUPPATA IN CHIAVE CONTRASTIVA SLAVO-ROMANZA* PARTE I Romanzo vs slavo = passivo vs attivo = Art(icolo) vs Des(inenza) = AUX "avere" vs "essere" 0. E in corso un vivace dibattito sulla categoria semantica della definitezza (Def) e sul grado e le modalitä del suo esplicitarsi come determinante. Nei presente lavoro ci concentreremo sulla categoria dell'articolo (Art), in prima istanza su quello Det(erminativo), elaborando alcuni spunti ricavati da disamine sul-l'argomento compiute su versanti differenti, come quello dell'indoeuropeistica (p. es. Nocentini 1996), della germanistica (p. es. Ramat 1984b) e della slavistica (p. es. Benacchio 1996ae 1996b; Gebert 1996, Parenti 1996). Interessanti spunti di riflessio-ne sono offerti anche da opere di carattere monografico sulla deissi (cfr. Vanelli 1992), sulla sintassi dei determinanti (G. Giusti 1993), sull'articolo italiano (cfr. i due voll, di Korzen 1996), o da rassegne come quella relativa alle diverse interpretazioni del rap-porto Nome/Riferimento (Bersani-Berselli 1995) - intendendo per Nome il SN rappre-sentato dalla sola testa nominale - o quella sul passivo nelle lingue slave (Fici-Giusti 1994), che supporta non poco l'ipotesi da cui muovono queste pagine. Infatti, nei prendere atto che le lingue slave, ad eccezione di bulgaro e macedonico, ignorano l'Art, che caratterizza invece le lingue romanze, riteniamo che il diverso evol-versi dei due complessi linguistici, rispettivamente dal paleoslavo e dal latino, riguardo a questa categoria, possa correlarsi ad un diverso comportamento del verbo nei due domini. L'incidenza del verbo su una categoria come P Art, cosi strettamente legata al SN, dovrebbe del resto essere cosa relativamente attesa, nella misura in cui l'insorgenza dell'Art viene solitamente correlata alia perdita della flessione casuale, e nella misura in cui quest'ultima esprime le relazioni argomentali del verbo. * Parte di questa ricerca e stata presentata al 2. Convegno Internazionale di Dialettologia/2. mednarodni dialek-tološki simpozij, tenutosi a Maribor nei giomi 11 e 12 febbraio 1999, sotto il titolo Središčni pomen slovenskih narečij v sistemskem preučevanju kategorije člena "Central itä dei dialetti sloveni per uno studio sistematico della categoria articolo". Ringraziamo la Prof. Dr. Zinka Zorko per aver concesso di utilizzare detto contribute in questa sede. II verbo dunque costituirebbe quell'elemento dirimente che, come tale, andrebbe comunque postulato, dal momento che la correlazione tra la perdita della flessione nominale e la nascita delPArt non trova riscontro universale. Vediamo di chiarire l'assunto, iniziando dal mancato riscontro di tale correlazione. Se invero essa pare valevole per un'equazione secondo cui lo slavo, dotato di decli-nazione, starebbe al romanzo al pari del latino, viene poi invalidata da controesempi come il greco antico o il moderno tedesco, dotati bensi di Art ma anche di decli-nazione, sia pure di diversa 'densitä'. Tuttavia, se alia luce del contrasto latino-greco (lingue entrambe declinate, di cui una sola dotata di Art) e di quello romanzo-greco (l'uno sistema privo di declinazione e dotato di Art, l'altro dotato sia di declinazione che di Art) la correlazione tra perdita di flessione e nascita dell'Art si dimostra inefficace a spiegare la nascita stessa, e proprio l'inefficacia a metterci sull'avviso che la discrepanza dovrebbe dipendere da un fattore terzo, sovraordinato ai due tratti tipologici Art-flessione nominale e collocabile immediatamente a monte della flessione stessa. E cosi che si perviene al verbo, considerate che, lo ribadiamo, la flessione funziona da connettore tra SN/Arg e SV. Ma quale degli innumerevoli tratti che caratterizzano il sistema verbale dei due opposti domini - slavo e romanzo - potrebbe spiegare la discrepanza tipologica rap-presentata dalla presenza/assenza delPArt? Come cercheremo di dimostrare, la spiegazione sembra riposta nel diverso collo-carsi di slavo e romanzo nei confronti della diatesi passiva. Tale risposta e ovviamente condizionata dalPimpostazione teorico-metodologica prescelta, insieme alia quale viene a costituire l'ipotesi alternativa a quelle finora avan-zate circa la nascita e la funzione dell'Art. 1. L'INTERPRETAZIONE DEL NOME SECONDO MONTAGUE La base teorica prescelta e stata suggerita dalle pagine di Bersani-Berselli dedicate all'interpretazione del Nome secondo Richard Montague, con innesto dei principi della logica intensionale nel campo della linguistica (Bersani-Berselli 1995: 53 sgg., 121 sgg. e 183 sgg.). Semplificando piü di quanto non abbia fatto lo stesso Bersani-Berselli i termini del procedimento interpretativo ideato da Montague, ci limiteremo a rilevarne il punto cru-ciale ai fini della discussione, rappresentato dal trattamento unitario del SN, sia che la testa nominale consti di un nome proprio, sia che consti di un nome comune. In entrambi i casi, infatti, nel quadro teorico menzionato la valutazione appropriata e data da un oggetto strutturalmente complesso, concepito come un insieme di proprietä. Si vedano ad es. i due sintagmi nominali [Mario]e [un ragazzo]^, la cui 'traduzione' in termini di logica intensionale da rispettivamente "Mario" = XP[P(mario)] "un ragazzo" = ^jD3x[ragazzo(x)A/>(x)] ovvero l'insieme di proprietä possedute da Mario e, rispettivamente, da un (qualche) ragazzo. Poiche il nome proprio e Def per costituzione (cfr. Longobardi 1994) e pertanto un eventuale Art gli assegna il tratto ridondante Det che qui non interessa, terremo conto solamente del SN basato sul nome comune (o sintagma quantificazionale), l'unico pas-sibile di ricevere Art Det funzionale, opponibile al tratto Indef (anche in maniera 'latente', ovvero a livello di Forma Logica: cfr. Nocentini 1996). Diamo qui di seguito un esempio di interpretazione del SN un ragazzo e della sua ripresa mediata dal Pron(ome) personale lo, esempio che ci servirä da modello nei corso della discussione sull'Art Det, che qui non compare, ma sul quale arriveremo in un secondo momento (l'es. e tratto, con qualche adattamento, da Bersani-Berselli 1995: 184 sg.). Un periodo composto come 1 .a Un ragazzo e gentile e Giovanna lo apprezza viene interpretato I .b XP3x[r&gAzzo{x)AP{x)]{Xx\[e-gentiIe(xj)Aapprezza{giovanna, Xj)]) che esprime la proposizione secondo cui la proprietä (P) di essere gentile ed essere apprezzato da Giovanna e nell'insieme (XP) di proprietä che un qualche ragazzo (3x[ragazzo(x)) possiede: ovvero, che esiste un essere umano che ha le proprietä di essere 1) un ragazzo, 2) un ragazzo gentile 3) e apprezzato da Giovanna. II passaggio per noi rilevante riguarda l'assorbimento da parte di ragazzo dei tratti lessicali del verbo apprezzare della fräse coordinata, dove detto Nome figura sotto forma di ripresa anaforica di tipo sintattico, data dal Pron. Se esplicitiamo sia l'anafora, con ripresa piena del Nome, sia l'assorbimento dei tratti verbali da parte sua, vediamo come esso implichi un processo di passivizzazione del verbo disponibile per tale operazione, con passaggio del Nome ragazzo dalla fun-zione originaria di Ogg (es. 1 .a) a quella di Sogg e, parallelamente, con il suo passaggio dalla forma Indet a quella Det: 1 .c Un ragazzo e gentile e il/questo/quel ragazzo e apprezzato da Giovanna. Se poi, a parita di criterio applicativo, in un esempio qualsiasi di coordinazione o sequenza frasale, collochiamo il verbo transitivo di forma attiva nella fräse di apertu- ra, come in 2.a, la passivizzazione trasforma in Sogg l'Ogg della prima delle due frasi (cfr. 2.b), cosa che nell'esempio precedente non era possibile, avendo la prima frase un predicato nominale; inoltre, come nell'es. precedente, il passaggio dalla prima alla se-conda menzione contrassegna come Det i Nomi (comuni) che ne vengono interessati: 2.a Un cucciolo morse un servo [Ogg/PAZ], II servo [Sogg/AG] lo catturö. 2.b Un cucciolo morse un servo [Ogg/PAZ]. II servo [Sogg/AG] (che era stato da lui) morso, lo catturö. In 2.b il servo sta in realtä per il morso, con passaggio integrale dei tratti lessicali del verbo al Nome, come risulta chiaramente in esempi del tipo 3.a Un servo amava un'ancella e la guardava mentre quella la.vora.va in giardino 3.b Un servo amava un 'ancella e guardava I'amata mentre essa/quella lavorava in giardino II principio interpretativo di Montague riesce dunque a dar conto in maniera relati-vamente semplice del processo di determinazione dei nominali di lingue dotate di arti-colo. Infatti, negli esempi appena dati, come in quelli che seguiranno, qualunque Nome che nella prima frase (o menzione) appare come Indet, nella seconda diventa Det. Questo passaggio, generalmente considerato come uno dei possibili modi di deter-minare il SN (cfr. ad es. Renzi 1988: 369 e 383 sg.), risponde invero - nell'ottica di Montague - ad un principio rigoroso, data l'equiparazione, giä ricordata, di nome comune e nome proprio, entrambi intesi come oggetti quantificazionali complessi, owero insiemi di proprietä1. Limitandoci al Nome, vediamo invero che l'esplicitarsi dell'opposizione semantica Indef/Def nelle marche Art Indet/Det, e risolta da Montague in termini quantificazionali, che qui riporteremo per sottolineare come il passaggio un -> il, parafrasabile come "un qualche" -> "il solo", dipenda, in ultima analisi, dalla specificazione semantica del Nome ad opera del predicato.. La notazione quantificazionale per un SN Indet sarä: P[(3x)(a'(x)AP«)] * Nel presente contesto viene presa in considerazione soltanto la componente semantica della teoria di Montague, mentre si prescinde da quella sintattica, per quanto sia strettamente legata alla prima. secondo cui (premesso che P = un insieme di proprietä; 3 = quantificatore esistenziale; X = variabile nominale; a' = 'traduzione' di un SN in termini di logica intensionale; P{x} = concetto individuale), Pespressione un ragazzo denoterä Pinsieme di tutte le proprietä che un qualche ragazzo ha (1'unione di tutte le proprietä di tutti i ragazzi di un mondo possibile) (cfr. Montague [1973] 1974:267 sgg. e Partee 1976: 60). Tali proprietä emergono in una frase a referenza generica (p. es. Un ragazzo non pud non essere generoso), ma anche in una non generica, se il SN non viene ripreso in alcun modo (p. es. Ho visto un ragazzo, dove il Nome riflette la defmizione 'da dizionario'). AlPincontro, la notazione quantificazionale per il corrispondente SN Det sarä: secondo cui (in aggiunta alia decodificazione operata per il SN Indet, V = insieme uni-verso) Pespressione il ragazzo denoterä Pinsieme di tutte le proprietä tali, che esiste un'unica entitä {y} che e un ragazzo e che possiede quelle proprietä (Partee: ivi). Piü esplicitamente, benche y appartenga alla classe degli x, in quanto ne condivide i tratti descrittivi, se ne discosta grazie a delle proprietä esclusive derivantigli dalla predicazione. Nella formula precedente, invero, le proprietä di x - (P{x}) - erano quelle riferite alla classe ragazzi, se pure ristrette ad un unico membro sotto forma di concetto individuale. Le proprietä specificanti di un SN Det derivano dunque dal discorso, e precisa-mente dal predicato relativo alia sua prima menzione (N,), nella quale il SN ha la forma Indet. Rivedendo pertanto Pes. l.a, diremo che il Pron lo (N2), sostituito con il ragazzo nell'es. l.c, acquista il tratto Def grazie al predicato nominale e gentile, e cosi per tutti gli altri casi. La differenza tra Nj e N2 potrebbe essere pensata anche come estrapolazione di un insieme chiuso unimembre {y}, costituito da un individuo o da un insieme-collettivo di individui, da un insieme aperto, potenzialmente infinito, di individui o di loro insie-mi (se il Nome figura al plurale), cosa che appare chiaramente nella notazione , dove y e l'unica unitä sottratta all'insieme di tutti gli x attualizzabili (cfr. Montague [1968] 1974: 99; altri, in questo caso, parlano di contenuto olistico o tota-lizzante di un SN: cfr. Korzen 1996: 35, 151 e 210). Abbiamo insistito tanto su quest'ultimo concetto per dimostrare che, se x e diverso da y, per la seconda menzione del Nome non si potrebbe propriamente parlare ne di coincidenza referenziale tra antecedente e ripresa, ne di identificazione anaforica diret-ta o indiretta, ne di "effetto copia" vs "quasi copia", secondo che Pantecedente venga ripreso o meno nella sua integralitä (per queste ed altre distinzioni si veda Korzen 1996, II vol., Cap. 8.). Sappiamo invero che in una sequenza frasale composta come 2.a - Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturö -, la ripresa lo non sta per un cucciolo, bensi per il cucciolo che aveva morso il servo. Di conseguenza neppure la ripresa con questo!quel-lo, Agg o Pron, verrä ad 'indicare' semplicemente il Nj, il che pone quantomeno in dis-cussione il concetto di identitä anaforica tra antecedente e anafora (Korzen 1996: 525) o quello di deissi testuale o metatestuale e via dicendo (anche per questo rimandiamo a Korzen 1996: 113-133). A dimostrare che non si tratta di semplice deissi basterebbe una sola considerazione: ille/illu di lat. servus ille - lat. tardo illu(s/m) servu(sfm) - in riferimento ad un antecedente servu(s/m) ha sviluppato l'Art Det, privo di funzione indicale, e persino privo, di per se, di funzione anaforica, se e vero che, nel suo uso piü astratto, owero con un SN a riferimento generico, dove alterna con Art Indet, esso rin-via ai tratti predicativi 'interni' al Nome, di tipo paradigmatico (cfr. Un/L'uomo (e mortale) = Un essere tale che e umano/(Quel)l'essere che e umano). D'altronde, nel passaggio da Dim ad Art/Det si e soliti cogliere un progressivo inde-bolimento del tratto deittico, fino alia sua totale scomparsa: dovremmo tuttavia appurare quanto cio sia fondato e verificare che cosa propriamente si indebolisce e scompare. Riconsiderando il passaggio Nome Indet Nome Det, registrato nell'es. 2.a, riba-diamo che i tratti Det possono derivare solamente dai tratti Det del predicato, che änco-rano la designazione 'usuale' o generica del Nome (p. es. un ragazzo) agli indici co-testuali presenti nella forma verbale morse. Potremo ancora dire che la prima delle due frasi dell'es. 2.a segna il momento della costruzione del SN Det, il quale, nel farsi tale, si correda dell'intorno semantico rilevante della prima menzione. Ma su che cosa s'intenda per rilevanza lo vedremo tra poco. 2. RUOLO DELLA DIATESI PASSIVA NELL'INDEBOLIMENTO DELL'OPPOSIZIO-NE SOGG/NOM-OGG/ACC Abbiamo finora appurato che a determinare il Nome e la predicazione nominale (es. l.a) o verbale (ess. 2.a e 3.a) sulla sua prima menzione. Tuttavia, partendo dal-l'assunto che la presenza o meno dell'Art nei domini romanzo e rispettivamente slavo e legata alia presenza/assenza della diatesi passiva, si comprende perche terremo conto solamente dei casi in cui il predicato di Nj consti di un verbo transitivo attivo, che nella ripresa e riducibile ad un participio passato passivo (PPP). Passando al dominio slavo, se volessimo cercare in una lingua come lo sloveno l'e-quivalente degli ess. 2.a (Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturd = slov. 4.a, che diamo qui sotto) e 2.b (Un cucciolo morse un servo. II servo (che era stato da lui) morso, lo catturd: cfr. slov. 4.b), vedremmo che l'equivalenza non e raggiunta nel se-condo esempio, dal momento che il Nome della ripresa non riceve i tratti lessicali del verbo: in 4.b., infatti, it. II servo (che era stato da lui) morso viene reso come "II servo che il cucciolo lo aveva morso", con mantenimento della forma attiva del verbo "mordere": 4.a Psiček je ugriznil hlapca. Hlapec ga je ujel "Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturö" 4.b Psiček je ugriznil hlapca. Hlapec [Sogg/Nom], ki [connettore relat. indecl,] ga [Pron person.] Ogg/Acc] je bil psiček [Sogg/Nom] ugriznil, je psička [Ogg/Acc] ujel "Un cucciolo morse un servo. II servo che [connettore relat. indecl.] il cucciolo [Sogg] lo [Ogg] aveva morso, lo [Ogg] catturö" Come si vede, la ripresa di Nj viene bensi specificata da un modificatore ricavato dal verbo transitivo della prima frase, come aweniva in italiano e come avviene in generale applicando il criterio di Montague, ma qui il modificatore assume la forma di relativa con verbo di forma attiva, non riducibile a quella passiva: lo sloveno 'canoni-co', invero, blocca una frase come Hlapec je bil ugriznjen od psička "Un/Il servo e stato morso da un cucciolo", mostrando una netta predilezione per la diatesi attiva (cfr. Fici-Giusti 1994: 152 sgg.). Questa restrizione spiega la funzione prettamente attribu-tiva di un PPP come ugriznjen "morso", che sembra soggiacere al principio di "slitta-mento verso lo stato", registrato per i PPP slavi in -nI-t (cfr. Fici-Giusti 1994: 44 e 75). Diciamo subito che la scelta dello sloveno come termine di confronto per il roman-zo, nella fattispecie per Pitaliano, non e affatto casuale, ma dipende dalla combi-nazione di due circostanze: 1) la restrizione sulla diatesi passiva interessa lo sloveno pili di ogni altra lingua slava, come risulta dall'esame comparativo eseguito da Fici-Giusti 1994 (per lo sloveno si veda pag. 153 sg., dove e detto chiaramente che frasi del tipo Okno je bilo odprto od očeta "La finestra e stata aperta dal padre" sono accettate dagli informatori con una certa diffidenza e sostituite con Oče je odprl okno "II padre ha aperto la finestra"); 2) esiste una Serie di pubblicazioni aggiornate (Steenwijk 1992; Benacchio 1994, 1996a, 1996b) sulla presenza presso i dialetti sloveni di forme assai prossime alPArt (i cosiddetti 'articoloidi'), che ci permetteranno di verificare, in un secondo momento, la tenuta dell'ipotesi che stiamo sostenendo. A questo punto pare legittimo chiedersi quale relazione possa sussistere tra la restrizione a formare il passivo e la nascita della categoria Art. Ancora una volta, prima di rispondere, ci rifaremo a Fici-Giusti 1994, e precisa-mente alle riflessioni preliminari sullo status del passivo, quali emergono alia luce delle diverse prospettive teoriche ivi esaminate. Preso atto di un progressivo abbandono da parte degli studiosi dell'idea di una sim-metria necessaria tra costrutto attivo e passivo, si rileva la tendenza verso un approc-cio al passivo sempre pili spostato dalla sintassi alia semantica ed alia pragmatica. I concetti base per noi piü interessanti della nuova impostazione si possono cosi rias-sumere: a) il passivo si caratterizza come costrutto in cui il Sogg e PAG non coincidono ed e proprio delle lingue a preminenza del Sogg sul tema; b) i participi attivi sono orientati verso l'AG, quelli passivi verso il PAZ; c) le lingue indoeuropee privilegiano i costrutti attivi, cioe quelli orientati sull'AG, e il passivo viene usato quasi esclusivamente per esprimere fatti antecedenti; d) il prototipo di costrutto attivo e dato da un Sogg/AG e da un verbo di azione, espri-mente un'attivitä tesa ad un target esplicitato (p. es. Unpoliziotto ha ferito Paolo)-, e) le nozioni di Sogg e AG prototipici vanno distinte: e Sogg prototipico quello che e anche AG {Unpoliziotto dell'es. in d)), mentre per AG prototipico si intende 1'Arg piü direttamente coinvolto nella realizzazione del costrutto passivo prototipico, dove funge da Arg agentivo (p. es. Paolo e stato ferito da un poliziotto)', f) i ruoli semantici AG e PAZ corrispondono sul piano concettuale ai due macroruoli source e affected entity e la frase che descrive la loro relazione puö partire dall'uno o dall'altro: nelle lingue di tipo attivo, quindi anche nelle indoeuropee, risulta basi-ca, owero non marcata, la relazione entro la quale la posizione di controllo del verbo e occupata dal Nome con maggiori caratteristiche di source (AG o ESP(eri-ente); trascuriamo i tratti [+/- umano] ecc., in quanto qui non rilevanti); se il SN con le caratteristiche di source e rimosso dal ruolo di controllo e dalla posizione tema-tica, la frase riflette un orientamento non basico; il costrutto passivo prototipico, in quanto vede una affected entity, ovvero PAZ, in posizione tematica e in funzione di Sogg, risulta fortemente marcato. Muniti di questi presupposti di carattere generale, possiamo ora riprendere il que-sito lasciato in sospeso sulle possibili connessioni tra la categoria Art (in particolare l'Art Det) e la scarsa propensione dello sloveno per la diatesi passiva. Rivediamo allora gli ess. 2.a (Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturd = slov. 4.a) e 2.b (Un cucciolo morse un servo. II servo, che era da lui stato morso, lo catturd = -» slov. 4.b "II servo, che il cucciolo lo aveva morso"), dove un SN Indet dell'it., che nella prima frase funge da Ogg/PAZ (un servo), nella ripresa (in 2.b) ac-quista i tratti lessicali del PPP, a differenza di quanto avviene nello sloveno (per il quale non si puö certamente parlare di SN Indet, relativamente alia prima menzione, dato che manca ogni tipo di Art, e si parlerä semmai del tratto Indef privo di marche). Quale conseguenza comporta questa discrepanza? II funzionamento del verbo sloveno segue un modello costante: il predicato permane nella forma attiva, e la coincidenza tra Sogg sintattico e AG viene osservata puntual-mente. Quello che in italiano diventa un PPP, che, se esplicitato, viene reso con una re-lativa attributiva (quando il PPP non venga addirittura a sostituire l'antecedente, grazie ad un processo di sostantivazione, secondo l'es. 3.b Un servo amava un 'ancella e guar-dava I'amata mentre essa/quella lavorava in giardino), in sloveno manca del tutto, e l'esplicitazione dei tratti predicativi della prima menzione che ritagliano il referente tra i tanti possibili puö awenire solamente attraverso una relativa. Lo sloveno insomma non contempla l'equivalente di "I'amata", "la (ragazza) vista" e via dicendo; nel primo caso, "amata", anziehe con il PPP ljubljena, sarä resa con il sostantivo ljubica; quanto a "vista", che lo sloveno renderebbe non altrimenti che con la relativa "che la ho/hai... vista", e non col PPP videna, sarä il caso di ricordare che il russo documenta la com-pleta perdita del componente verbale del PPP vidano, passato all'Agg/Avv vidno, in forza verosimilmente del prineipio giä ricordato di "slittamento verso lo stato". Le lingue slave, dunque, evitano accuratamente di collocare in posizione di Sogg Nomi con ruolo diverso dal macroruolo di source: l'AG o l'ESP sarä sempre e solo Sogg e il PAZ sarä sempre e solo Ogg: e poiche il ruolo insieme semantico e sintattico (AG/ ESP-Sogg a fronte di PAZ-Ogg) si correla alle rispettive marche di caso, Nom e Acc, queste ultime non vengono intaccate, dato che la loro funzione viene puntualmente rispettata. La circostanza che lo sloveno per i tempi composti, e in particolare per il perfetto, di cui ci stiamo occupando, conosca esclusivamente l'AUX "essere" (biti)2 accompa-gnato dal partieipio preterito di forma attiva in -/, -la, -lo concordato col Sogg, ci fa ri-guardare questa lingua come spiccatamente orientata verso l'AG, con andamento della fräse non marcato, con esaltazione della prototipicitä 'attiva'. Se applichiamo all'italiano i parametri applicati alio sloveno, la situazione appare assai diversa per il fatto che questa lingua ammette lo scambio tra ruoli sintattici e semantici in forza del passivo, per cui un Sogg/AG della ripresa, con antecedente Ogg/PAZ come nell'es. 2.b, che riproduciamo come 5.: 5. Un cucciolo morse un servo [Ogg/PAZ]. II servo [Sogg/AG], il quale/che [Sogg/PAZ] era stato morso, lo catturö ha attraversato, perlomeno in Forma Logica, la fase passiva (PPP morso) nel ruolo 'antinomico' di Sogg/PAZ. La sfasatura di ruoli intacca il vincolo tra sintassi e seman-tica, col sancire la prevalenza della prima sulla seconda, confermando cosi che "il passivo si caratterizza come costrutto delle lingue a preminenza del Sogg sul tema" (cfr. Fici-Giusti 1994: 13)3. 2 Nella Tav. 4. di pag. 33 in Fici-Giusti 1994, lo sloveno appare contrassegnato con "+" per imeti "avere" come AUX in un costrutto col PPP, cosa che va interpretata nell'ottica del perfetto possessivo, secondo gli esempi prodotti alla pag. 154 dell'opera cit. A scanso di equivoci, va comunque sottolineato che per lo sloveno - come per tutte le lingue slave, escluso il macedonico, come si vedrä nella sez. 4. del presente lavoro - non si puo parlare di un verbo "avere" AUX, dal momento che, come viene continuamente ribadito dalla stessa Autrice, detto verbo nel costrutto possessivo mantiene il tratto semantico di possesso. 3 La sfasatura tra il ruolo sintattico di Sogg e quello semantico di PAZ, con prevalenza del primo sul secondo, farebbe prevedere, per il prineipio di simmetria, la possibilitä de] suo opposto, dato dall'Ogg/AG. In effetti questo avviene in casi come: 11 ladro e scattato in piedi, ma lo hanno bloccato, dove la ripresa lo, in funzione di Ogg, sta per il ladro [Ogg] che [AG] era scattato in piedi. Lo sviluppo nel romanzo di un partieipio passato - ovviamente attivo - per i verbi intransitivi del latino, imporrebbe una ricerca sull'evolversi della transitivitä a partire da quello stadio, e a partire dal prineipio che contempla la transitivitä come proprietä scalare (cfr. Fici-Giusti 1994: 28). II quesito e intimamente legato al tema che stiamo trattando, e forse un'applicazione del prineipio di Montague potrebbe esplicitare la trafila che ha portato agli esiti attuali. Questa affermazione sembra cogliere il fattore piü importante dell'evoluzione del latino verso il romanzo: nella misura in cui la marca casuale si correla a ruoli semantici (cfr. Nocentini 1996: 39 e 41), col prevalere della sintassi sulla semantica la valenza di detta marca non puö che neutralizzarsi, implicando la cancellazione della marca stessa. Se confrontiamo italiano e latino dal punto di vista dell'oscillazione tra Sogg/AG e Sogg/PAZ, vediamo che i due sistemi vi sono interessati in egual misura: 6.a [= 5.] Un cucciolo morse un servo [Ogg/PAZ]. II servo [Sogg/AG], il quale/che [Sogg/PAZ] era stato morso, lo catturd 6.b Catulus servum [Ogg/PAZ] momordit. Servus [Sogg/AG], qui [Sogg/PAZ] morsus erat, eum/illum captavit Ciö consente di rawisare in entrambi i sistemi l'alternarsi dell'andamento non mar-cato proprio della diatesi attiva con quello marcato del passivo, quindi l'alternarsi del-l'orientamento verso TAG ed il PAZ, secondo un criterio di 'imparzialitä' che si traduce nella assoluta paritä formale (a livello di Forma Fonetica) conseguita dal Nome nel suo divenire romanzo, indipendentemente dal ruolo sintattico di Sogg o di Ogg4. La preminenza della sintassi sulla semantica, correlata alla diatesi passiva, si traduce quindi nella perdita delle Des di Nom e Acc e nella nascita di Art, che segna un incremento progressivo del carattere analitico giä presente nel latino, e parallelamente un potenziamento delle regole sintattiche, che 'convertono' il livellamento formale dei casi Nom e Acc nel nuovo ordine basico SVO. Le cause fin qui individuate della omologazione dei due casi diretti del latino non sono certamente le uniche, come emergerä dall'esame della ripresa anaforica del Nome accompagnato dall'Agg Dim. 3. RUOLO DELL' AGGETTIVO DIMOSTRATIVO NELL' INDEBOLIMENTO SEMAN-TICO E SINTATTICO DEL NOME In assenza di dati puntuali per quella fase del latino che trascolora in romanzo, ricorreremo a modelli strutturali (ri)costruiti sulla scorta delle attestazioni che, se sono indubitabili per l'italiano, sappiamo quanto risultino problematiche per il latino tutto, per motivi troppo risaputi per doverli qui ricordare. 4 II livellamento formale dei casi retti va visto come tappa finale di un 'travaglio' che traspare dalla resa del Sogg all'Acc testimoniata a partire dal sec. IV: cfr. poenas aguntur (Commodiano, Instr. I 24 16), nervus, qui est... dominatorem (Mulomedicina Chironis 51 7) e, alFinverso, dalla resa al Nom dell'Ogg o di elementi che ne dipendono (per valle ilia, quam dixi ingens) (gli ess. sono attinti a Durante 1981: 41). Partiamo dall'es. 7. (giä presentato come 6.), dove viene evidenziato lo scarto tra italiano e latino, dato dall'Art a fronte della marca casuale: 7.a [= 6.a] Un cucciolo morse un servo [Ogg/PAZ]. II servo [Sogg/AG], il quale/che [Sogg/PAZ] era stato morso, lo catturö 7.b [= 6.b] Catulus servum [Ogg/PAZ] momord.it. Servus [Sogg/AG], qui [Sogg/PAZ] morsus erat, eum/illum captavit Tralasciando l'Art Indet, gli elementi Det dell'italiano (l'Art II ed il Pron lo) rin-viano alle forme latine volgari (o quasi romanze) Illu (servu) e illu. A parte la caduta della nasale, Illu servu mostra due innovazioni rispetto alla forma integra Servus: la presenza dell'Agg Dim e la posizione prenominale di questo. La sua presenza si puö ricondurre a motivi di natura prettamente pragmatica, rias-sumibili nell'attitudine del parlato a ripetere l'antecedente, enfatizzandolo, in una sorta di "ridondanza di sicurezza" (cfr. Korzen 1996: 540 sg.)5; la sua risalita, invece, richia-ma fattori di altra natura, che cercheremo di illustrare, muovendo, questa volta, da attestazioni tardo latine, come VItinerarium Egeriae (o Peregrinatio Aetheriae), dove, per la ripresa del Nome, si osserva anzitutto la preferenza accordata ad Agg/Pron Dim illelipse rispetto all'anaforico is6 e secondariamente l'alternarsi di quattro moduli in riprese con Dim, che ordiniamo qui di seguito secondo un grado di innovazione crescente: I. Nome (antec.) Nome+Dim (p. es. II, 4-5 ...ad montem Dei. Möns autem ipse...) II. Nome (antec.) —» Nome+Dim+Relativa (p. es. I, 1-2 ...vollem infinitam, ingens —> per valle illa, quam dixi ingens) III. Nome (antec.) —» Dim+Nome+Relativa (p. es. II, 6 ...montes... tam excelsi,... quam nunquam me puto vidisse —> toti illi montes, quo s excelsos videramus) IV. Nome (antec.) -» Dim+Nome (p. es. III, 3-4 ...eclesia [sie] non grandis... -> ad hostium ipsius ecclesiae) Alle tipologie elencate se ne aggiunge una del massimo interesse, che potremmo considerare la piü innovativa (quindi del tipo V), che si allinea al tipo III nella secon- ^ Per contesti piü complessi di quello ridotto ai minimi termini dell'es. 7. andrebbe invocata anche una seconda motivazione, "la necessitä di una ricerca piü difficile del referente", vale a dire del l'antecedente, quando questo sia alquanto distanziato nei testo (cfr. Renzi 1988: 384). Non e escluso che a monte dell'innovazione siano pensabili entrambe le motivazioni - quella dell'enfasi e quella della non-ambiguitä -, dal momento che la prima pare dettata dalia seconda. 6 Tenuto conto del fatto che le varietä romanze continuano o ille o ipse, la divisione di ruoli attestata per le due forme Dim in fase preromanza diventa irrilevante ai fini del nostro ragionamento, ed e per questo che abbiamo stabilito di operare fin da principio solamente con il progenitore di it. il (per gli usi distinti di ille e ipse cfr. Renzi 1976,: 23 sgg., 30; Nocentini 1996: 20 sgg.). da parte, quella della ripresa (Dim+Nome+Relativa), ma se ne discosta in quanto manca dell'antecedente, che la narratrice presuppone come noto, trattandosi di rife-rimenti a personaggi o luoghi della Bibbia (un'anafora di questo tipo viene di norma ascritta alle conoscenze comuni a parlante e ascoltatore, conoscenze che in questo caso derivano da una cultura religiosa condivisa). Ecco un esempio (che numeriamo con V), dove locus nei senso di "passo (di un testo)" e privo, per l'appunto, di antecedente: V XXXVI, 3 item legitur ille locus de evangelio, ubi comprehensus est Dominus. Volendo esplicitare la presupposizione di locus avremmo :"Sappiamo che c'e un passo del Vangelo in cui si racconta della cattura di Gesü". Ripresa: "Viene letto il/quel passo del Vangelo, dove Gesü venne/viene catturato"7. Dato che la disposizione dei singoli casi dati sopra tien conto del gradiente innovative, le domande cui dobbiamo rispondere in prima istanza sono due: da che cosa e data l'innovazione; come mai il Dim e risalito dalla posizione postverbale. L'innovazione sta proprio nella risalita del Dim, considerate che l'Art romanzo, evolutosi da esso, e prenominale (a parte il rumeno). Ma potremmo riguardare come innovativa anche la caduta della relativa attributivo-restrittiva in IV rispetto a II e III, dato che ciö comporta una condensazione di tratti semantici nei Dim stesso - nella misura in cui esso Ii richiama - con le conseguenze che vedremo. La 'condensazione' riguarda naturalmente anche il primo tipo, ma e proprio questa circostanza che accresce, per cosi dire, il peso del tratto arcaico dato dalla posizione postnominale del Dim. Quanto al tipo V, l'assenza di un antecedente testuale conferisce un maggiore grado di astrazione - quindi di grammaticalizzazione - del Dim. Sarä appena il caso di sottolineare come il processo di astrazione si correli a conoscenze comuni di tipo cul-turale, e dunque come l'anafora segni effettivamente un "progresso comunicativo e culturale dei parlanti" (pensiero di J. Wackernagel cit. in Nocentini 1996: 3 e 39 sg.). Ma veniamo alia risalita del Dim. Se confrontiamo tra loro i tipi II e III, notiamo che, a differenza dei tipi I e IV, entrambi riprendono in maniera esplicita, tramite una relativa, i tratti specifici che 7 Moduli con Dim del tipo V vengono solitamente ascritti alia notorietä testuale ottenuta mediante catafora o, con altra terminologia, per 'speeifieazione sintagmatica' (Renzi 1976: 10 sg. e 29), che, insieme alia 'seconda menzione' (o anafora), avrebbe dato l'avvio aM'articolo romanzo (Renzi cit.: 11). Come cercheremo di dimostrare in questa stessa sezione del nostro lavoro, la catafora sembra segnare il momento debole del-l'anafora, 'la ripresa' per eccellenza, cui andrebbero ricondotte tutte le sue possibili (e/o parziali) varianti. La 'debolezza', nei caso dato, deriverebbe dalla compresenza dell'Agg Dim ille e della relativa restrittiva cui esso rinvia, mentre il momento 'forte' riguarderebbe la ripresa del SN complesso subito dopo la sua prima enunci-azione in una data situazione comunicaticava: in concreto, quella dell'opera di catechesi in seno alia comunitä cristiana di cui Egeria fa parte (C'e un passo del Vangelo in cui...Quel passo...). L'Agg Dim, in tal caso, con-centra in se i tratti restrittivi di sintagma che, se esplicitati, ne evidenziano il Potenziale 'anche' cataforico nei riguardi della relativa specificante (Ouelpasso, in cui...). Una ripresa non marcata del testo evangelico da parte di un qualsiasi membro della comunitä cristiana catechizzata, in un incontro successivo con uno o piü membri 'omogenei', non potrebbe essere altro che cataforica, grazie alle presupposizioni condivise di esistenza e con-sistenza dell'oggetto di discorso. Con ciö vorremmo dire che la notorietä testuale veicolata da ille non proviene dalla catafora, ma dal testo inglobato nei bagaglio cognitivo della comunitä, che vi attinge per il suo tramite. corredano il Nome della seconda menzione; tuttavia lo fanno in maniera speculare, con Dim in II orientato a destra, verso la relativa (vale a dire con Dim cataforico), e con Dim in III orientato a sinistra (quindi anaforico), verso il Nome nella sua prima menzione, corredato dalla predicazione specificante. Poiche l'esplicitazione dei tratti specifici tramite una relativa puö benissimo mancare (come in I e IV), la sua cancel-lazione non intacca l'orientamento del Dim, che in I verterä su una relativa implicita ridondante, in IV sui tratti giä presenti nella prima menzione, non ridondanti, poiche non ripetuti. Dal punto di vista semantico, pertanto, il Dim anteposto e assai piü motivate di quello posposto. Questo tipo di motivazione, connesso con un fatto puramente sintattico, vale a dire con una diversa collocazione nella catena del discorso, suggerisce un'ultima osservazione: dal punto di vista dei processi percettivi e degli stati di memoria, il tipo arcaico si correla ad una esecuzione orientata verso l'interlocutore piü che verso il parlante, giacche quest'ultimo, codificando per ultimi i tratti specifici, ne facilita la decodifica. II tipo evoluto, all'incontro, sottende una maggiore tenuta di memoria da parte dell'ascoltatore, dato che il segmente rilevante gli viene proposto in anticipo. Ora, poiche la distinzione tra parlante ed ascoltatore e tutta teorica, per non dire fittizia, dato che lo scambio dei due ruoli e costitutivo della comunicazione e dunque della lingua stessa (s'intende dire che, attribuendo al parlante l'intenzione di favorire l'interlocutore, la attribuiamo parimenti a quest'ultimo, che e prima di tutto un parlante), il mutamento osservato e ovviamente di natura sistematica; e poiche impli-ca una maggiore capacitä di astrazione da parte dei parlanti, puntualmente registrata nella lingua, si sposa bene con il passo successivo compiuto in tal senso dal tipo V, di cui il tipo IV costituisce l'antefatto. Che la direzione del mutamento sia proprio questa parrebbe provato da un altro per-corso euristico, che per comoditä seguiremo sulla base degli esempi che avevamo ideato a dimostrazione che i tratti specifici del Nome, per quanto inespressi, corredano per costituzione la sua ripresa. Riconsideriamo allora l'es. 7.b, qui riproposto in una versione che ricalca la casistica rilevata nella Peregrinatio (l'antecedente e la ripresa, con o senza relativa, figurano in grassetto): 8.a [= 7.b] Catulus servum momordit. Servus ille ilium captavit 8.b Catulus servum momordit. Servus ille, qui morsus erat, ilium captavit 8.С Catulus servum momordit. Ille servus, qui morsus erat, ilium captavit 8.d Catulus servum momordit. Ille servus ilium captavit Come abbiamo accennato piü su, ille "quello" testuale non puö essere un Dim. Alio stesso modo di io, il Dim e un designatore assolutamente rigido e come tale richiede un complemento paralinguistico, di tipo ostensivo8, spesso accompagnato da un raf- ® Per una equiparazione del Pron pers. di 1. e 2. persona a quello di 3. persona anche dal punto di vista dell'in-tegrazione ostensiva si puö vedere Spinozzi Monai 1998: 49. forzativo (nel nostro caso un awerbio): "Dammi quel libro li". Cessa di essere Dim non appena 'perde il gesto', che ad es. nelle risposte "Quello che e li/Quello che e qui" alia domanda: "Quale?" passa ai rispettivi awerbi, nel senso che si accompagna a quelli e non piü al Pron Dim. In fondo, che deittico sarebbe un "quello" indicante tanto il "qui/qua" quanto il "li/la"?...(Per la neutralizzazione del tratto deittico di "quello" cfr. Manzotti 1977 cit. in Korzen 1996: 30; e Vanelli 1992: 117 sgg.). Ma esistono argomenti piü 'seri' a dimostrazione che un Dim testuale richiede una valutazione diversa da quella di deittico. Sviluppiamo questo concetto sulla base degli esempi in 8. Servus ille sta per Servus morsus. Rispetto a servum della prima menzione Servus morsus si configura come un SN la cui testa contiene i tratti generici di classe, mentre l'attributo e portatore dei tratti specifici, che rapportano i primi al referente del discor-so, unico membro della sottoclasse creata dal parlante. Come si e dimostrato negli ess. in 3., ai fini comunicativi solamente il PPP costituisce il segmento rilevante, tant'e che puö sostituire (cfr. I 'amata) i tratti lessicali del Nome (/ 'ancella), conservando quelli grammaticali di genere e numero. Coniugando il rapporto semantico dei costituenti del SN che funge da ripresa con l'evoluzione semantico-sintattica osservata nella trafila I-V (sulla base degli ess. tratti dalla Peregrinatio, per i quali assumiamo che ipse/ille = ille), possiamo ricavare i seguenti passaggi: servus —= morsus servus ille/ille servus = servus morsus/morsus servus ille = morsus servus ille = servus ille [cataforico] (qui) morsus —» (servus) ille morsus -» ille morsus ille servus = ((qui) morsus) ille [anaforico] servus ille servus Osservazioni: 1. Iniziamo ad analizzare il SN ille servus. Se Dim ille equivale a morsus, e nel SN morsus servus il PPP morsus contiene i tratti rilevanti ai fini della specificazione di servum della prima menzione, nel sintagma ille servus soltanto Dim e portatore dei tratti semantici rilevanti e come tale rafforza il proprio tratto semantico di caso, inde-bolendo quello del Nome, fermi restando i tratti grammaticali dell'accordo interno al SN (genere e numero). La riduzione di Dim ad Art segna il pieno assorbimento da parte del Dim della marca di caso presente nel Nome e la completa perdita di ogni altro tratto, vuoi di quello detto 'deittico', in quanto 'sostituito' da quelli del PPP, vuoi di questi ultimi, in quanto costituzionalmente implicati dall'esito il servo (che significa in realtä il servo morso). Quanto alia forma assunta da Dim nel farsi Art, poiche pare appurato che il si evolva da illu (-» lu lo -» I -» il; cfr. Vanelli 1996: 372), due sono le ipotesi sul perche del prevalere di illu: nella sua versione 'leggera' l'ipotesi vedrebbe illu influenzato dalla forma -u(s/m) comune a tutti i participi passati (anche di quello dei deponenti), sistematicamente sottesi a Dim portatore dei tratti di un PPP; nella versione 'pesante', che comprende la precedente, l'ipotesi riconduce la selezione dell'Acc illu(m) a quella piü generale compiuta dal latino (con pochissime eccezioni) nel suo divenire romanzo. Naturalmente con 'Acc' si allude al penultimo passo del-l'evoluzione che sfocia nella 'fusione' dei due casi diretti, dato il livellarsi dei ruoli AG/PAZ nella diatesi passiva e Paffidamento esclusivo dei ruoli sintattici di Sogg/Ogg alia sintassi per l'appunto, che registra il passaggio awenuto nel nuovo ordine basico SVO SOV. II prevalere dell'Acc sul Nom potrebbe essere ulteriormente chiarito da quest'altra considerazione: la perdita di sensibilitä per un Sogg prototipico (che sappiamo dover essere 'anche' AG (cfr. sopra, sez. 2., punto e)), connessa con la diatesi passiva, che riduce a PAZ 'anche' un Nome di animato umano, source per eccellenza (cfr. Fici-Giusti 1994: 21), finisce col trattare i Nomi di animati e per di piü umani come quelli degli inanimati per eccellenza, rappresentati dai neutri, per i quali l'opposizione AG-PAZ non ha senso e, se vogliamo, si neutralizza in PAZ. Nel momento in cui servus del SN servus morsus cessa di essere solo e soltanto Sogg/AG, giacche il PPP lo rende insieme PAZ, vede intaccato il suo tratto di animatezza e puö pertanto venire accosta-to ad es. a tempus, che non distingue morfologicamente le funzioni sintattiche di Sogg e di Ogg, dal momento che l'inanimatezza esclude l'alternanza AG/PAZ. II punto d'in-contro tra Nomi di animati e di inanimati si ha esclusivamente all'Acc, il caso del PAZ per eccellenza, dato che riduce ad ... 'oggetto' (trattandolo da inanimate) persino un animato di rango superiore (p. es. Lodiamo Dio). Al Nom, invero, l'opposizione ani-mato/inanimato continua a funzionare, anche in frase passiva, grazie alia potenzialitä di un animato, ma non del suo opposto, di alternare le funzioni Sogg/PAZ e Sogg/AG, a seconda della diatesi. II convergere delle due tipologie nominali verso il tratto di inanimatezza - diverso da quello lessicale, perche correlate alle nozioni di ruolo semantico (AG/PAZ) e funzione sintattica (Sogg/Ogg) - riesce pertanto a dar conto, a nostro avviso, del fatto che il livellamento dei due casi diretti sia awenuto all'Acc, una specie di 'arcicaso' correlate all"arciruolo' PAZ, derivante a sua volta dalla neutraliz-zazione del tratto di animatezza del tipo sema-sintattico. Queste ultime considerazioni, insieme a quelle compiute sulla stretta osservanza del legame tra agentivitä e ruolo sintattico di Sogg da parte dello sloveno, dovrebbero allora far riguardare come largamente attesa la proprietä di questa lingua, e dello slavo in generale, di marcare il tratto di animatezza, sia pure in misura residuale (lo sloveno distingue invero tra un Ogg masch. sing, animato ed uno inanimato, ponendo il primo al Gen e il secondo all'Acc, che - fondatamente - concide col Nom, proprio come avviene per i neutri). 2. Passiamo ora al SN ille morsus "quello morso", dove Dim funge da Pron avente PPP come modificatore. Rispetto al caso precedente, qui il processo avviene nella direzione inversa, con svuotamento dei tratti lessicali del Dim, dato che ora equivale a servus, semanticamente meno rilevante del PPP, perche portatore dei tratti generici del SN servus morsus. Per quanto riguarda invece i tratti strutturali di genere, numero e caso, verranno mantenuti nuovamente quelli in prima posizione, dal momento che il SN ille morsus e governato dal Pron Dim che, ridotto ad Art, promuove il PPP ad Agg sostantivato, sintatticamente equiparabile al Nome. La riduzione di Pron Dim ad Art Det potrebbe essere spiegata anche cosi: data l'e-quivalenza ille-morsus, la giustapposizione di questi due elementi nei medesimo SN ille morsus attiva la neutralizzazione del tratto 'deittico' di Dim in quanto Dim non puö 'richiamare' dall'estemo del sintagma i tratti del PPP, che giä vi figurano per la pre-senza del PPP, e per questo stesso motivo tanto meno puö 'sostituirli'. Che cosa rimane allora del Dim ille/illu di entrambe le tipologie sintagmatiche? I tratti di genere e numero, ed il caso. Nei sintagma del tipo 1 Dim Ii rafforza, in quanto sottende il PPP; nei tipo 2 Ii conserva per forza d'inerzia, in quanto giustapposto al PPP. Come si vede, nonostante il percorso inverso, l'esito dei rapporti di forza che si vengono a creare nella ripresa del Nome e sempre lo stesso: un Nome preceduto da Art Det. II fatto che i rapporti di forza siano diversi, vale a dire polari, non e tuttavia privo di conseguenze. Per comprenderlo occorre riconsiderare il prospetto che mostra come ille servus e ille morsus siano esito rispettivamente di una struttura sintattica anafori-ca e di una cataforica. Nei primo SN Dim e semanticamente pregnante, nei secondo praticamente nullo. Ci pare che l'analisi fin qui condotta riesca a spiegarne il motivo e riesca a spiegare parimenti la restrizione sull'impiego di Dim in luogo di Art in una lingua come l'it. (cfr. Korzen 1996: 576). II SN cataforico 'contiene', esprime giä i tratti specifici del SN Det, perciö seleziona i puri tratti grammaticali espressi da Art; l'anafora, invece, 'rinvia' ai tratti specificanti e puö farlo in due modi: uno debole, realizzato in lat. col solo Nome e in it. mediante Art+Nome; uno forte, realizzato con l'Agg Dim in entrambi i sistemi: antecedente: Catulus momordit servum - Un cuccio-lo morse un servo; ripresa: Servus/Ille servus... - II servo/Quel servo... A costo di apparire pedanti, sottolineeremo ancora una volta che la forza e quindi l'efficacia comunicativa e informazionale del Dim - e questo vale per qualsiasi lingua dotata di Dim - deriva dal suo 'contenuto' specificante - quello del PPP - che lo svuo-ta come Dim, sia che detto contenuto assuma la veste di Agg Dim, sia che appaia 'visi-bilmente' come PPP modificatore di Dim Pron. Qual e il valore di una ripresa anaforica forte come Quel servo? Risposta: II servo morso, dove II... morso equivale a Quel. E qual e il valore di una ripresa debole data da II servol Risposta: II servo, quello morso, con Pron Dim debole (come emerso dalle argomentazioni fatte poco sopra, al punto 2), che trasforma il SN in II servo morso, vale a dire in un'altra ripresa debole. Un tale avvicendamento ricorsivo riesce a spiegare il fenomeno della ciclicitä a spirale, registrata per le categorie qui trattate nei loro evolversi dal latino (cfr. Nocentini 1996: 20 sgg.). Una ciclicitä tuttavia non gratuita, ma che si alimenta delle forme au-tenticamente deittiche, quelle accompagnate dall'ostensione, le quali cercano di raf-forzarsi di fronte all'usura provocata loro dall'impiego meramente testuale, che le fissa nella grammatica (cfr. Giannini 1995: 224). La circostanza che la ciclicitä registrata in diacronia trovi riscontro nel funziona-mento ovviamente sincronico dell'it. ci permette di considerare l'evoluzione rigorosa-mente stutturata nel suo divenire. Riunendo poi i due piani (dia- e sincronico), potremmo inferire che l'anafora, per essere tale, s'indebolisce sistematicamente nel passaggio obbligato attraverso la catafora, e deve pertanto sistematicamente rafforzarsi per rimanere tale, vale a dire una ripresa forte a livello discorsivo. La distinzione tra anafora debole e forte qui operata permette di opporre la prima (II servo) come un tutt'uno alia seconda (Quel servo), dove l'anafora e data dal solo Dim, mentre il Nome funziona unicamente nei tratti grammaticali, come prova il fatto che Quel servo puö essere 'coperto' da Dim Pron: Questo/Quello (mentre II servo non puö esserlo da Art II). A questo punto corre l'obbligo di una precisazione. Classificare e definire 'autenticamente' deittici quelli integrati dall'ostensione, se da un lato risponde al bisogno di distinguerli dai deittici testuali, dall'altro pone il problema del loro status linguistico, in quanto un loro componente di estrema rilevanza - a giudicare dalle implicazioni che sappiamo, owero la 'rincorsa' tra deittici contestuali e co-testuali — rimane costituzionalmente fiiori dalla lingua ed e affidato alla libertä del parlante quanto ai modi della sua realizzazione: alla domanda "Quale?" riferita ad un qualunque oggetto in situazione si puö rispondere infatti con uno sguardo, con un movimento del capo e via dicendo ('sostanze' variabili del contenuto, per citare Hjelmslev: [1943] 1987: 111 sgg.). Questo fatto farebbe pensare che la categoria della determinatezza, entitä visibile della grammatica, muova da un elemento puramente semantico-pragmatico, significa-tivo (in quanto strutturato, se pure in maniera latente), benche inespresso (il cenno del capo di cui si e appena detto non puö non significare "quello" o "quella", secondo che si riferisca ad es. ad un uomo o ad una donna), ed entri poi e/o si manifesti nella lingua perdendo in pregnanza nel passaggio da Dim ad Art, fino a raggiungere il polo opposto a quello di partenza, owero la controparte piü astratta (la 'forma' di Hjelmslev: ivi). L'opposizione o polaritä si instaurerebbe insomma tra la materialitä del gesto, significativa ma irrecuperabile sul piano della Forma Fonetica, e un elemento linguistico il piü possibile formale, diverso da Art, dal momento che Art e alta-mente pregnante riguardo ai tratti [+/- noto] [+/- Def] ed alia quantificazione (Q). L'identitä di tale elemento emergera nella Parte II del presente lavoro, quando ana-lizzeremo il rapporto tra Art e Des casuale, che stabiliamo fin d'ora, avendo constata-to che l'esito di ille/illu delle due tipologie sintagmatiche Dim+Nome (ille servus) e Dim+PPP (ille morsus) implica per cosi dire il trasferimento in posizione prenominale del 'segnacaso', nonostante il processo inverso nella desemantizzazione del Dim. A questo proposito non sarä fuori luogo allineare il fenomeno osservato a quello analogo dei casi obliqui del latino, per i quali lo spostamento a sinistra delle marche di caso nel passaggio al romanzo si fa 'visibile', in quanto la perdita della flessione viene recuperate dall'impiego delle preposizioni, segnando cosi, insieme all'Art dei casi diretti9, un incremento progressivo di quel carattere analitico che la preposizione assegnava alio stes-so latino, nonostante la presenza delle declinazioni. Che si tratti di una matrice comune -senz'altro piü complessa di quanto non si dica in questa sede - viene del resto suggerito dalla circostanza che tanto il Dim quanto la preposizione comportano un certo grado di enfasi, se e vero che la preposizione altro non e che un antico awerbio teso a rafforzare la desinenza (cfr. Traina-Perini 1982: 179). Del valore enfatico del Dim si e giä detto. Pariare di un Art portatore di caso con marca zero derivantegli dalla equiparazione con le preposizioni, implica che ad es. it. il servo sia l'equivalente di un Nom/Acc neu-tro di latino e sloveno o di un Nom/Acc masch. inanimato dello sloveno, indipenden-temente dal fatto che la flessione nominale di latino e sloveno si articoli in piü declinazioni. Naturalmente Art Det+SN riguarderä la seconda menzione o comunque un SN noto per altra via, mentre per il [- noto] avremo l'Art Indet. Che l'italiano conosca la flessione nominale, sia pure ridotta ai minimi termini, e cosa universalmente ammessa, ma generalmente riferita all'alternarsi delle desinenze, che non oltrepassano la soglia del genere e del numero, categorie che del resto Art rap-presenta assai meglio, in quanto lo fa in maniera non ambigua. II quesito che ci ponia-mo e che affronteremo nella Parte II, riguarda, invece, il ruolo di Art a prescindere dal suo portato morfologico. Abbiamo percorso, finora, due vie che conducono alla perdita della flessione casuale ed alia nascita dell'Art: la prima, che riguarda l'incrocio dei ruoli sintattici Sogg-Ogg e di quelli semantici AG-ESP-PAZ, dä conto della omologazione formale dei due casi diretti; la seconda, che riguarda il rapporto Dim-Nome-PPP della ripresa anaforica, viene a con-fermare l'omologazione e a dar conto di Art. Entrambi i percorsi indicano il PPP, quindi una forma passiva, come elemento determinante del mutamento tipologico. II secondo percorso, in particolare, ci consente di rispondere in maniera piü esauriente alia domanda a suo tempo formulata per lo sloveno circa il rapporto tra la restrizione a formare il passivo e la nascita della categoria Art. Riprendendo una deduzione giä fatta, diremo che nello sloveno Art non nasce perche l'assenza di un PPP modificatore di N2, passibile di sostantivazione 9 La ricostruzione da noi prospettata sembra coerente con il supposto ritardo con cui i casi obliqui - ormai pret-tamente preposizionali perche privi della desinenza casuale - avrebbero attestato l'Art Det rispetto ai casi diretti. Una segnalazione precoce del mutamento tipologico su questi Ultimi indicherebbe invero che esso e inizia-to da Ii. Per argomenti pro e contro l'ipotesi di una precocitä di Art Det nei casi diretti rimandiamo a Renzi 1976: 19 sg. e aNocentini 1996: 41. (secondo le osservazioni fatte sopra, nella sez. 2., a proposito del PPP ljubljena "amata", che viene rimpiazzato dal nome ljubica a fronte di it. I'amata), non producendo l'incrocio di ruoli appena ricordato, favorisce la conservazione delle desinenze; ora possiamo aggiun-gere che lo stretto vincolo semantico-sintattico che le contraddistingue impedisce loro di indebolirsi fino al dileguo a favore di un Agg Dim prenominale. E ben vero che anche nello sloveno la ripresa del Nome implica i tratti predicazionali specificanti la sua prima men-zione, come awiene in italiano e latino, e che la ripresa puö essere accompagnata da Dim; ma nello sloveno quest'ultimo rimane tale, perche, ceteris paribus, la sua unica fiinzione e quella di antecedente della relativa restrittiva, non riducibile ad un PPP sostantivato. Se valutiamo la situazione slovena alia luce dell'equivalenza ille mor sus = ille servus instau-rata per il latino, potremmo dire che, mancando alio sloveno l'equivalente sintattico di mor-sus, all'Agg Dim viene a mancare un supporto di tipo nominale cui attingere i tratti lessi-cali fino ad azzerare i propri e ridursi a puro morfema grammaticale; e se la riduzione e preclusa sul versante del PPP, lo deve essere altrettanto su quello del Nome. 4. RUOLO DELLA DIATESI PASSIVA NELLA FORMAZIONE DEL PERFETTO PERI-FRASTICO ROMANZO Se riandiamo alle premesse elencate sopra ai punti a) - f) della sez. 2., vediamo che rimane da considerare il punto c), secondo il quale le lingue indoeuropee privilegereb-bero i costrutti attivi, orientati sull'AG, riservando al passivo il compito 'quasi' esclu-sivo di esprimere fatti antecedenti. Una tale prospettiva sposta l'indagine verso le eventuali implicazioni tra il tratto 'tempo' e da un lato il carattere 'attivo' della frase slovena, dall'altro il carattere insie-me 'attivo' e 'passivo' dell'italiano e, prima ancora, del latino. Che l'implicazione esista parrebbe dimostrato, in maniera fin troppo semplice, da sequenze del tipo Una ragazza legge il giornale. Si alza e lo lascia sulla sedia, dove la ripresa Pron lo e effettivamente interpretabile come "il giornale che e stato da lei letto", facendo si che la progressione temporale 'reale', data dalla linearitä del discor-so, venga esplicitata con il riferimento a due momenti diversi in cui il flusso temporale viene linguisticamente segmentato: il presente lascia sulla sedia il giornale ed il pas-sato prossimo che e stato letto. II duplice riferimento temporale e recuperabile unicamente - nei caso dato - grazie al passaggio della diatesi da attiva a passiva. Se rimane attiva, infatti, mantiene il tempo delle 'battute' precedenti, senza dar conto lessical-mente, cioe in Forma Fonetica, di quanto e registrato nella Forma Logica. Se applicata a frasi realizzate al tempo presente, l'implicazione si rivela pero assai piü complessa di quanto non emerga dall'esempio appena visto (in una frase come Osservo una ragazza. La ragazza legge il giornale il PPP osservata, che correda la ripresa, esprime contemporaneity - mentre viene osservata -, a meno di correlare una sua interpretazione di passato al iato tra l'inizio di una percezione - nel nostro caso visiva - ed il suo oggetto); senza contare che, sia nell'italiano che nello sloveno, anche la forma attiva sembra sottostare a pari titolo ad un processo di anteriorizzazione, quando una frase viene coordinata o giustapposta ad un'altra avente il medesimo tempo grammaticale: si veda per questo l'es. 4.b (= it. 2.b = 5.), che qui ripetiamo come 9: 9. Psiček je ugriznil [perfetto] hlapca. Hlapec je ujel [perfetto] psička, ki [connettore relat. indecl.] ga [Pron person. Acc] je bil ugriznil [piucche-perfetto]. "Un cucciolo morse/ha morso un servo. II servo catturo/ha catturato il cucciolo che [connettore relat. indecl.] [sottint. egli/il servo = Sogg] lo [il cucciolo = Ogg] aveva morso" Ma la relazione passivo-anterioritä implicata dal PPP di un verbo transitivo puö ricevere una diversa lettura, come cercheremo di dimostrare, muovendo ancora dagli ess. in 6. e 7., ora riproposti come 10., che presentano forme verbali al passato: il perfetto latino e il passato remoto e prossimo italiani. 10.a Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturd lO.b Catulus servum momordit. Servus eum/illum captavit Abbiamo giä osservato che predicati verbali di frasi coordinate o giustapposte di forma attiva con lo stesso tempo grammaticale non riescono a dar conto dello scarto temporale di due azioni successive, scarto che emerge in superficie solo attraverso il passivo assunto 'automaticamente' dal participio passato modificatore della seconda menzione del Nome. Poiche l'angolo di osservazione prescelto e quello che dal latino guarda al romanzo, cercheremo di ripercorrere tutte le possibili tappe correlate al PPP-modificatore muovendo dal latino, quindi dall'es. in lO.b, dove le due azioni devono essere neces-sariamente pensate in successione temporale, alio stesso modo, del resto, che in lO.a. Vediamo di sviluppare il primo dei due predicati: A -Catulus servum momordit "Un cucciolo morse un servo": perf. storico di valore aoristale/pass. rem. di un verbo di azione: l'azione e semplicemente collocata nel passato; il Sogg e AG, l'Ogg e PAZ; B -Catulus habet servum morsum "II cucciolo ha il servo morso": risultato dell'azione riportata al presente della coscienza del parlante; habet e verbo stativo; il Sogg non e AG, bensi POSS(essore); la frase assume un "valore aspettuale di risultativo-pos-sessivo di stato" e la struttura habere+PPP "e interpretabile come una relazione di possesso tra il Sogg e il risultato dell'azione espressa sull'Ogg" (pensiero di Benveniste ripreso da Ramat 1984a: 152); l'Ogg e semplicemente tema (di tipo sin-tattico, non pragmatico!) (per la nozione cfr. Graffi 1994: 141; Chierchia 1997: 236 sg. e 386 sgg.) e il PPP funge da complemento predicativo esprimente lo stato rag- giunto dall'Ogg/PAZ; ciö che va sottolineato per questo costrutto di tipo possessivo e che esso produce complementary tra il passaggio al Nome (un Ogg privo di un ruolo specifico) dei tratti lessicali del verbo mordere, grazie al PPP attributivo che rimarca il ruolo PAZ del Nome, e la non agentivitä del Sogg: siamo di fronte ad una situazione statica, che raggiunge il suo massimo grado nella terza ed ultima fase, ovvero in C; C-Servus morsus est "II servo e/risulta morso (= porta i segni di un morso)": predi-cazione di tipo nominale che attribuisce i tratti del nome del predicato al Sogg, assegnandolo ad una (sotto)classe, nel nostra caso quella dei servi morsi. Pur mante-nendo un legame semantico con il verbo azionale mordere, e quindi con la presup-posizione di un AG, il PPP perde il legame con TAG della fase A, e funge da Agg attributivo-restrittivo di un Sogg portatore di una proprietä supplementäre rispetto a quella intrinseca alia testa nominale (servus); questo stadio segna il massimo di astrazione dal co-testo dato in A. La domanda che si impone a questo punto e la seguente: quale dei valori assunti dal PPP in B e rispettivamente in C va attribuito al PPP morsus sotteso alia ripresa Servus dell'es. 10 (Catulus servum momordit. Servus eum/illum captavit)? Nessuno dei due. Una risposta del resto scontata, dato che sia in B che in C il PPP riguarda il Nome della prima, non della seconda menzione, e che il suo passaggio alia seconda comporta dei cambiamenti. II passaggio implica invero l'esistenza di un preciso AG, che va espresso (catulus), e non un AG presupposto unicamente dalla valenza del verbo transitivo, come awiene nella fase C. Quanto al punto B, una sua applicazione al Nome della ripresa darebbe: Catulus servum momordit et servus, quern (catulus sibi) morsum habet [anziehe habebat], eum/illum captavit "Un cucciolo morse un servo ed il servo, che il cucciolo ha/si ritrova morso [predicativo dell'Ogg], lo catturö." L'inapplicabilitä del modulo possessivo al Nome della seconda menzione deriva dall'incoerenza prodotta da habet al presente, accettabile solamente se inteso come presente storico, cosa improbabile, dato che verrebbe ad interrompere la continuity della forma grammatical dei predicati precedente e seguente. Tuttavia, considerato che neppure i due predicati momordit e captavit riflettono fedelmente la relazione logi-ca di successione temporale delle due sequenze frasali, ma che ciononostante lo scarto logico-grammaticale viene tollerato, in nome di questa compatibilitä potremmo sosti-tuire il costrutto possessivo che figura al presente (quem (catulus sibi) morsum habet) con uno al passato: quem catulus momordit. II latino, tuttavia, come l'italiano, in questo caso ricorrerebbe alia anteriorizzazione: quern catulus morserat "che il cucciolo aveva morso", dove l'anterioritä e riferita al tempo della ripresa, ed e estrinsecata in duplice maniera: con un tempo grammatical di anterioritä e con il richiamo semantico all'azione precedente. Date queste prerogative, la sostituzione ipotizzata non puö aver luogo, dal momento che il costrutto possessivo procede al modo esattamente opposto: esso invero registra il momento successivo al primo predicato, avvicinandolo cosi al tempo dell'esecuzione del discorso, senza tener conto del secondo predicato. Ciö av-viene grazie alio sviluppo in forma analitica della potenzialitä tipica del perfetto latino (a struttura sintetica) ereditata dalPindoeuropeo, quella cioe di esprimere il valore aspettuale di stato conseguito al termine di un'azione espressa da un verbo risultativo. L'unione del presente di habeo e del passato, costituito dal participio passivo (per cui si parla di perfetto presente), e tesa a cogliere il dopo dell'azione espressa dal perfetto storico: il costrutto passivo ne coglie l'aspettualitä, ossia le conseguenze; il passato prossimo romanzo ne coglie la temporal itä. Come e quando avviene il passaggio? Considerato il mutamento morfosintattico e semantico che il passaggio comporta, come spiegare - per riprendere le parole di Ramat (1984a: 154) - il fatto che litteram scriptam/-um habeo diventa habeo scriptum litt er ami Torniamo alla prima parte dell'esempio lO.b - Catulus servum momordit - e imma-giniamo che un ascoltatore voglia sapere come mai il cucciolo abbia morso il servo (come mai questo sia potuto accadere, dato che, p. es., il cucciolo era notoriamente inoffensivo). Come formulerä la domanda? Va premesso che la domanda e comunque una ripresa, ma di un tipo speciale, in quanto non aggiunge nuovi predicati e/o nuovi Nomi, ma implica ulteriori informazioni su una fräse giä formulata, i cui componenti pertanto risultano noti (e determinati). Inoltre, essendo il predicato di tipo aoristale, la domanda/ripresa sottende sia gli effetti (nel caso dato) dell'atto del cucciolo, sia il fatto che la domanda segue l'atto stesso. Vogliamo allora saggiare come funziona il costrutto possessivo in una ripresa di tipo iterativo-dialogico, se cioe sia piü orientato verso l'aspetto o verso la temporalitä? Prendiamo la domanda "Come mai il cucciolo lo ha morso?" in una versione lati-na alquanto improbabile, puramente strumentale come ad es. Per quid [= Cur\ catu-lu(s) illu(m) morsu(m) habetl L'interpretazione di costrutto possessivo non potrebbe che dare "Perche (= per quale motivo) il cucciolo (ora) ha/si ritrova il servo morso?", al che non si potrebbe rispondere altrimenti che Per quid (= quia) catulu(s) illu(m) morsu(m) habet", che nell'interpretazione di costrutto possessivo darebbe "Perche (= per il fatto che) il cucciolo ha/si ritrova il servo morso", una risposta tautologica di tutta evidenza, che, insieme alla domanda, rende il dialogo inefficace quanto assurdo. II che esclude che il costrutto habere+PPP in riprese di questo tipo possa avere valore aspettuale, mentre suggerisce che proprio in tal modo abbia acquistato quello temporale. E il valore temporale, per distinguersi dal possessivo, che pure persiste non sola-mente in latino ma anche nel romanzo, richiede quantomeno una diversa collocazione dei costituenti, pena un'odiosa ambiguitä: Per quid catulu(s) illu(m) habet morsu(m)! (oppure: ...habet illu(m) morsu(m)l) "Perche il cucciolo lo ha/hallo morso?" Un accorgimento, questo, di natura squisitamente pragmatica, e quindi sintatticamente marcata, che tuttavia cesserä di essere tale una volta generalizzata. La risposta ad una domanda formulata in questi termini implica il medesimo crite-rio (Per quid [= quia] ille/illu ei habet tollitu(m) ossu(m) de bucca), dal momento che in entrambi i casi l'oggetto del discorso non e il contenuto proposizionale, giä noto, ma il movente dell'azione. La differenza tra questo nuovo costrutto di tipo perifrastico e quello possessivo e profonda: il possessivo implica due Sogg, di cui uno espresso, e precisamente quello con ruolo POSS di un verbo "avere" autonomo, e l'altro inespresso, tuttavia presup-posto come AG dell'azione sottesa al PPP, i cui i tratti peraltro vengono assegnati alPOgg-tema grazie alia sua 'passivizzazione': nell'insieme il costrutto possessivo e altamente statico; quello perifrastico, all'opposto, e altamente dinamico, dato da un unico Sogg AG di un unico predicato esprimente azione (o attivitä, owero azione con target inespresso: cfr. Fici-Giusti 1994: 41), realizzato in maniera composita, owero da un PP attivo che assegna al Sogg i tratti lessicali del verbo tramite la marca gram-maticale costituita da un verbo "avere" AUX desemantizzato e atono10. Questo recupero del carattere azionale/attivo da parte tanto del predicato quanto del Sogg permette di allineare il perfetto perifrastico al perfetto storico da cui l'abbiamo fatto derivare nell'ambito del discorso-dialogo. A parte l'opposizione strutturale sin- A questo punto vorremmo fare due osservazioni: 1) se e vero che un mutamento come quello appena illustra-to e attecchito nella pratica del dialogo, e bene rammentare che il primo ad aver avviato la ricerca su questa forma di discorso, sviluppando l'idea humboldtiana che vi scorgeva l'ambito in cui una lingua si crea e si da una norma, e stato Baudouin de Courtenay, ai cui allievi Ščerba e Jakubinskij si debbono i primi tentativi di analisi della forma dialogica (cfr. Di Salvo 1977: 98 sgg.); 2) 1'analisi della ripresa 'dialogica' potrebbe forse offrire qualche risposta sul perche il futuro latino, nei divenire romanzo, abbia seguito una direzione opposta a quella del perfetto. Ad un primo approccio, il passaggio da videbo a videre habeo (-» vedro) non sembra infatti implicare le considerazioni fatte per il perfetto latino. Qualunque fosse il valore del costrutto "infinito + habere" (p. es. quello di 'predestinazione', secondo il pensiero di Benveniste [1968] 1977: 95 sgg.), non analisi della forma dialogica (cfr. Di Salvo 1977: 98 sgg.); 2) l'analisi della ripresa 'dialogica' potrebbe forse offrire qualche risposta sul perche il futuro latino, nei divenire romanzo, abbia seguito una direzione opposta a quella del perfetto. Ad un primo approccio, il passaggio da videbo a videre habeo (-> vedro) non sembra infatti implicare le considerazioni fatte per il perfetto latino. Qualunque fosse il valore del costrutto "infmito+/ia6ere" (p. es. quello di 'predestinazione', secondo il pensiero di Benveniste [1968] 1977:95 sgg.), non poteva essere modi-ficato nella ripresa formulata in forma di domanda, come emerge dal confronto delle due frasi Cras scri-bam/scribere habeo epistulam. - Per quid illam scribes/scribere habest 1 due costrutti latini che stanno a monte del perfetto perifrastico e del futuro romanzi sembrano pertanto avere assai poco in comune, il che giustifica ampiamente il diverso esito. Poiche la struttura dell'odierno futuro ricalca quello del suo progenitore, potrem-mo pensarlo assai precoce rispetto al perfetto perifrastico, e riportarlo all'epoca in cui la flessione nominale era vitale. II perfetto perifrastico, all'incontro, potrebbe essere maturato insieme alla perdita della flessione, quan-do ormai le marche casuali gravitano a sinistra sotto forma di prefisso, alio stesso modo della marca grammati-cale data dall'AUX "avere". Una tale lettura verrebbe a invertire i termini della cronologia relativa che colloca I'anteposizione di "avere" al PP in epoca anteriore alla fusione di Infin. e "avere", che altrimenti la sequenza PP(P)+"avere" sarebbe stata investita dal processo di univerbazione (cfr. Ramat 1984a: 158). Una riprova della nostra ipotesi sembrerebbe offerta, con un'operazione di ricostruzione 'interna', da sequenze come avrd detto, dove un futuro semplice sintetico avrd funge 'anche' da marca grammatical della forma perifrastica. Potremmo insomma pensare che all'epoca dell'univerbazione del futuro perifrastico il costrutto possessivo con "avere" in posizione finale fosse ancora vitale, salvo a rimodellarsi con "avere" in posizione iniziale, quando il costrutto acquista valore temporale, ritrovandosi cosi in linea col mutamento tipologico in corso. tetico-analitico, su cui torneremo, le uniche differenze sono date dal 'tipo' di tempo -assoluto nel perfetto storico, relativo nel passato prossimo -, dalla diversa posizione (finale vs iniziale) e dal diverso statuto fonologico delPelemento grammaticale (affis-so vs forma proclitica libera). I tratti grammaticali, invece, coincidono, in quanto espri-mono in entrambi i casi la persona e il numero, essendo andata persa la categoria genere nel passaggio del PP da passivo ad attivo. La forma 'neutra' assunta dal PP attivo e la conseguente non concordanza con il SN/Ogg dipendente dal verbo perifrastico11 puö essere imputata proprio alia sovrap-ponibilitä tra il perfetto storico e il nuovo passato. L'uscita in -o del PP verrebbe cosi spiegata da un lato con la coincidenza funzionale tra la desinenza delle forme verbali finite (momordi-t) e le forme finite di "avere" (habe-t), esprimenti bensi il numero e la persona ma non il genere, dall'altro con la diatesi attiva di entrambe le varianti di tempo passato (cfr. Tekavčić 1980: 391, dove l'uscita in -o e interpretata come un ten-tativo di creare un PP attivo). La neutralizzazione della categoria genere accusata dal PPP nel divenire attivo (PP) viene cosi a riflettere la nuova opposizione attivo-passivo creatasi nell'ambito del participio passato dei verbi transitivi. La nuova opposizione appare chiaramente se riproponiamo 1'esempio lO.a (ora 11 .a) e lo sottoponiamo alia interpretazione derivata dalla predicazione (11 .b): 11 .a Un cucciolo ha morso un servo. II servo lo ha catturato 11 .b Un cucciolo ha morso [attivo] un servo. II servo morso [passivo] lo ha catturato [attivo] Sappiamo che l'equivalente latino contempla unicamente il PPP morsus attributivo del Nome ripreso: 11 .e Catulus servum momordit. Servus morsus [passivo] eum/illum captavit Quanta rilevanza ha - se ne ha - la differenza tra latino e italiano? E noto che in molte vari et ä romanze Г opposizione tra passato prossimo e remoto si e neutralizzata per il prevalere dell'uno o dell'altro (per cui, ad es., al francese e all'italiano settentrionale si contrapppone 1'italiano delle regioni meridionali), il che ha fatto riguardare 1'esito romanzo come una 'trasformazione conservatrice' (cfr. Benveniste [1968] 1977: 92). Questa interpretazione del fenomeno sembrerebbe cogliere nel segno, dato che, delle differenze rilevate poco sopra tra il perfetto storico e il nuovo tempo emerso da '' La non concordanza non appare in esempi come Per quid catulu(s) illu(m) habet morsu(mP., data la coincidenza di genere tra illu(m) Ogg e il PP morsu(m), membro lessicale del tempo composto; mentre si osserva chiaramente in una frase come haec omnia probatum habemus (Oribasio, Syn. 7, 48, esempio tratto da Ramat 1984a: 146; per i modelli tardo-latini con il PP in -o, che riaffiorano nell'italiano rinascimentale, come p. es. veduto la bellezza, cfr. Tekavčić 1980 II: 390). una ripresa di tipo iterativo-dialogica, viene a cadere quella piü consistente, che oppone un tempo assoluto ad uno relativo. Ma se rivediamo l'analisi ai punti AeB, che abbiamo fatto seguire agli ess. in 10, ci accorgiamo che, in realtä, l'opposizione riguarda solamente la prima frase di una sequen-za, nel senso che essa si instaura tra due diverse modalitä (rispettivamente assertiva e inter-rogativa) di esprimere una medesima proposizione nel corso di un dialogo (Catulu(s) ser-vu(m) momordit - Per quid [= Cur] catulu(s) illu(m) morsu(m) habet?), e non riguarda dunque l'opposizione tra una sequenza frasale al perfetto - che ormai identificheremo col passato remoto italiano - (Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturd) ed una al passato prossimo (Un cucciolo ha morso un servo. II servo lo ha catturato). Questa circostan-za fa riguardare come non rilevante l'opposizione tra tempo assoluto e relativo, venendo a confermare il carattere conservative del mutamento. II mutamento tuttavia c'e stato, e va colto in due passi: quello in cui il valore aspettuale di 'stato che viene dopo un'azione' viene reinterpretato in termini di successione temporale, e quello in cui il nuovo tempo verbale viene esteso da una ripresa di tipo dialogico ad una di tipo monologico, rappresenta-ta dalla sequenza di frasi con predicati diversi ("Un cucciolo morse un servo. II servo lo ha catturato"). L'innovazione naturalmente si completa con la generalizzazione dell'e-stensione awenuta, e ciö si verifica quando la perifrasi compare anche nella frase iniziale (es. 11.a), riproducendo cosi pienamente le relazioni temporali all'interno della sequenza, giä proprie del latino, come si evince confrontando tra loro ll.be ll.c12. Infatti il PPP della ripresa nominale ("morso") esprime in entrambi i casi anterioritä ("il servo che era stato morso"), con richiamo dell'azione che precede ("mordere") portata ad un momento anteriore ("era stato morso") rispetto all'azione che segue ("catturö"). In ultima analisi, il mutamento coincide con la grammaticalizzazione (o assorbimen-to nella sintassi) di un costrutto (sintatticamente) marcato nato nella prassi dialogica. Verificata la convergenza delle due strutture, latina e italiana, rimane il dubbio legittimo che un travaglio come quello ripercorso a grandi linee non abbia sortito altro che un mutamento conservativo. Che non sia proprio cosi pare dimostrato dal fatto che, a parita di relazioni temporali nell'ambito di una sequenza frasale, l'italiano presenta simmetria nell'opporre un PP attivo al PPP sotteso alia ripresa nominale (Un cucciolo ha morso un servo. II servo morso lo ha catturato), diversamente dal latino, che gli oppone la forma sintetica di perfetto attivo {Catulus servum momordit. Servus catulum morsum captavit). Ma la simmetria non riguarda tanto la forma quanto la sostanza: perche, al di lä della forma sintetica del perfetto, la diatesi del participio ad esso sotteso (secondo quanto detto al La circostanza che il valore temporale della nuova formazione si sia evoluto da un costrutto di tipo aspettuale non fa che ribadire una tendenza tipica del latino spesso sottolineata; come pure e stato sottolineato il carattere ciclico del passaggio da una fase aspettuale ad una temporale, documentata fin dalle prime attestazioni del sistema indoeuropeo (cfr. Ramat 1984a). punto B), non e attiva, bensi quella passiva del costrutto possessivo 'statico', con un PPP che separa dal soggetto del costrutto stesso Г azione ad esso connessa (il mordere), riducendo il Sogg a semplice 'possessore' di un Ogg, cui sono passati i tratti lessicali di "mordere", fino ad eclissare del tutto il Sogg come AG, secondo quanto e detto sopra, al punto C. Nella sequenza di frasi non iterative, ovvero nel discorso mono-logico, il latino viene dunque ad opporre al PPP della ripresa (servus morsus) un PPP dell'antecedente (servum morsum) il cui AG rimane oscurato, e che pertanto non puö emergere nella ripresa: si sa che il servo e stato morso, ma non da chi. Questo esito, che implica la rimozione dell'AG, e tipico del costrutto possessivo, e si evidenzia ad es. nel dativo di possesso latino (Mihi est bene aedificata domuš), dove non e detto che la časa sia stata costruita dal suo POSS, che, se espresso, figurerebbe come agentivo a me "da me") ed emerge nel suo omologo russo (Stat'ja u menja perepisana "L'articolo ce l'ho (ri)copiato" letteralmente "L'articolo presso di me copiato", dove, quello che nella forma attiva Ja perepisal stat ju "Ho (ri)copiato l'articolo" funge da Sogg/AG, nella passiva esprime localizzazione; cfr. Fici-Giusti 1994: 64-67). II superamento della fase aspettuale del costrutto possessivo latino e la generaliz-zazione del nuovo tempo perifrastico, rendendo dinamici tutti i predicati a qualsivoglia livello, riequilibra, per cosi dire, la situazione all'interno della sequenza frasale, man-tenendo vivo nella forma passiva il ruolo di AG della forma attiva (nella passiva funge per l'appunto da complemento agentivo: "il servo che era stato morso dal cucciolo"), cosa resa possibile grazie alPopposizione attivo/passivo dei due participi passati. Riproponendo il quesito circa l'eventuale incidenza del parametro passivo/anterio-ritä sul rapporto Sogg/Ogg nel passaggio dal latino al romanzo, potremo allora soste-nere che, nel caso del PPP, il tratto dell'anterioritä e irrilevante (sappiamo infatti che esiste giä in latino: cfr. Catulus servum momordit. Servus ille, qui morsus erat, ilium captavit) rispetto alia prototipicitä di passivo che il PPP viene a creare nel suo oppor-si all'attivo: solamente in questo modo, infatti, si crea polaritä tra un Sogg/AG prototipico e un AG prototipico (il Sogg/AG divenuto un agentivo, secondo quanto detto sopra, sez. 2. punto e)). Potremmo dire che l'opposizione al PP attivo 'riattiva' il con-tenuto azionale di quel PPP che in Servus morsus est del punto C si era ridotto ad attributivo, spezzando il legame AG/PAZ tra catulus e servum della fase A. La polaritä attivo/passivo, nel chiarire i ruoli semantici AG/PAZ e quelli sintattici Sogg/Ogg, imprime maggiore forza neutralizzante al loro incrociarsi nel punto in cui un Ogg/PAZ della prima frase diviene Sogg/AG della seconda, con conseguente livel-lamento delle marche di Nom e Acc, di cui si e detto. Se il livellamento e iniziato da qui, si puö comprendere quale peso possa avere per un sistema la dotazione di un predicato composto da AUX "avere" + PP attivo di un verbo azionale, che, insieme al PPP specificante che ne deriva a livello di discorso, crea un'opposizione perfettamente calibrata tra PAG ed il PAZ. Abbiamo infatti visto come Pindebolimento delle desinenze casuali dei casi diretti, conseguente a detta dota- zione, abbia favorito lo sviluppo dell'Art che, se per un verso 'determina' (ossia rende Det) il SN anaforico, assumendone inoltre i tratti grammaticali di genere e numero, per altro verso sürroga la categoria del caso. 4.1. AUX "avere" —>diatesipassiva = mutamento tipologico del sistema slavo Che il ragionamento fin qui sviluppato abbia qualche fondamento sembrerebbe provato dalla circostanza che la lingua slava che ha massimamente sviluppato l'Art e ha perso la flessione casuale - vale a dire il macedonico -, e anche Tunica ad aver por-tato alle ultime conseguenze la trasformazione del perfetto possessivo (relativamente diffuso nel dominio slavo) in un tempo in tutto simile al nostro passato prossimo. II macedonico, inoltre, all'opposto dello sloveno, contempla la presenza di un PPP so-stitutivo della relativa specificante nella ripresa nominale, il che starebbe a dimostrare la stretta correlazione tra la diatesi passiva e quella attiva del passato perifrastico di verbi azionali con AUX "avere". I restanti fenomeni risultano conseguenti. Ma vediamo un paio di esempi illuminanti della situazione del macedonico (il primo e tratto da Fici-Giusti 1994: 144; il secondo si deve alia cortesia di un'informa-trice di Skopje, profuga in Friuli): 12.a Toj mi ja pokaža, no jaz vek'e ja [femm.] imav videno [neutro] "Egli me la indicö, ma io la [femm.] avevo giä visto ['neutro'] [it. = femm. vista]" 12.b Marjan sakaše edna devojka, no sakanata/ljubovnica go ostavi "Mario amava una ragazza, ma l'amata [PPP sostantivato/Nome] lo ha lasciato" Procediamo ad una rapida descrizione. In 12.a il piuccheperfetto attivo e costruito con AUX "avere" e PP attivo a desinen-za neutra, non concordato in genere e numero con V Ogg ja "la" (Pron personale al femm. sing.). Sulla discrepanza con l'italiano, che in questo caso osserva la concor-danza, essendo il Nome ripreso con un sostituente, torneremo tra poco. II macedonico si allinea invece all'italiano - ma, assai piü significativamente, al greco moderno che conosce forme del tipo sxco ypappsvo\ cfr. Banfi 1985: 158) nel trasformare in attivo un PPP in -n, che viene cosi a creare l'opposizione attivo/passivo senza modificare la veste del partieipio passato, salvo a mantenere il tratto di genere in quello passivo. La conservazione del genere e quindi l'accordo con il Nome e documentata in 12.b, dove la ripresa dell'antecedente di genere femm. edna devojka "una ragazza" e eseguita con il PPP Det al femm. sakanata "l'amata"13. 13 Fici-Giusti 1944: 143 sgg. sembra condividere la tesi secondo cui in macedonico il partieipio in -n!-t non andrebbe considerato come passivo. Sarebbe troppo complesso discutere qui una questione tanto delicata, con- Due sono i punti di carattere generale che andrebbero approfonditi: la discrepanza it./maced. in 12.a. riguardo all'accordo del PP attivo con il complemento Ogg e la sostantivazione di un PPP in 12.b. Iniziamo dal secondo, per il quale vorremmo sostenere, alia luce del quadro com-plessivo sinora emerso, che la possibilitä di sostantivare un PPP fino a cavarne un nuovo lessema e legata al perfetto equilibrio delle due diatesi - attiva e passiva -, il quale a sua volta t reso possibile dall'incrocio di ruolo semantico e sintattico del Nome ripreso. II passaggio da PPP sostantivato a sostantivo presuppone naturalmente un con-testo generico del tipo: "Anticamente i militari venivano assoldati", da cui: "Un (as)sol-dato spesso e volentieri tradiva l'esercito che lo arruolava". E cosi che devono essere nati lessemi come (il) dato, (il) viso e sim. Un nome siffatto, oltre a recare i tratti lessi-cali del verbo corrispondente, presuppone le rispettive valenze di tipo diretto, ovvero un Sogg ed un Ogg: "il viso" e una cosa vista da qualcuno che la vede. Ciö significa che un nome siffatto presuppone entrambi i macroruoli di source e affected entity. L'assunzione del principio secondo cui la transitivitä ha carattere scalare (cfr. Fici-Giusti 1994: 28) riesce a dar conto anche di nomi come corso, parto, che, pur rinvian-do a verbi intransitivi, presuppongono ad es. qualcuno che fa o segue un corso14. Nello sloveno questo non accade, perche il suo sistema non contempla un PPP ambivalente. Ma, con pochissime eccezioni, non prevede neppure sostantivi derivati dal participio preterito attivo in -I, -la, -lo, che pure e generalizzato per transitivi e intransitivi nella formazione dei tempi perifrastici, tutti con AUX "essere", (sem videl "ho visto", sem šel "sono andato")15. Conosce invece derivati dal PPP di genere neu-tro in -je (nomina actionis: cfr. Nahtigal 1952: 173 sg. e 105) come petje "canto", ma anche in questo caso l'azione e di tipo attivo: il fatto di cantare. Diversamente avviene per it. canto, un antico PPP, correlabile sia ad un AG/Sogg sia ad un tema/Ogg, che esprime "una cosa che qualcuno canta". Tutto questo non fa che confermare l'orienta-mento esclusivo dello sloveno verso l'AG/Sogg e la polaritä dell'italiano. sapevoli, peraltro, che quanto andiamo svolgendo in proposito andrebbe minuziosamente verificato. Un approccio fruttuoso potrebbe essere quello di confrontare certe analogie tra l'italiano dialettale e/o antico e alcuni dialetti macedonici, che segnalano reazioni affini al mutamento sperimentato o in corso di sperimen-tazione. Per il macedonico ricorderemo AUX "essere"+PP attivo in -nl-t in luogo del preterito il -/: Taa e jade-na (Fici-Giusti 1994: 144) secondo slov. Ona je jedla, letteralmente "Ella e mangiata" per "Ella ha mangiato"; per 1'it. dialettale te so wisto per "ti ho visto" o, all'inverso, ha statu "e stato", secondo il tipo delle aree romanze laterali (cfr. Tekavčić 1980 II: 335). 14 La conversione (o transcategorizzazione) registrabile per participi siffatti potrebbe dar conto del proliferare di formazioni participiali 'ibride' come chiusto, visto e sim. (cfr. Tuttle 1997: 35 sgg.), tese a distanziarsi foneti-camente dalle forme originarie lat. clausu(s/m)—> chiuso, visu(s/m) viso, ormai avviate verso la sostantivazione. Una trafila come PPP viso Nome viso PPP visto -> Nome visto -> vistare -> PPPP vistato potrebbe dunque trovare spiegazione nell'incrocio di ruoli semantico-sintattici tipico del dominio (neo)latino. Un'eccezione e data ad es. dal termine di genere neutro poreklo "cognomen", una formazione relativamente recente sorta come ipostasi dal SP *po rekle "preko imena" (Bezlaj 1995), dove reklo e un participio preterito sostantivato in -lo. Resterebbe ora da esaminare il diverso modo in cui macedonico e italiano rappor-tano il PP attivo al complemento Ogg, come emerge dall'es. 12.a, che oppone e ja [femm.] imav videno [neutro] a it. me la indicö, ma io la [femm.] avevo giä vista [femm.], anziehe visto ['neutro']. Una delle probabili cause dell'opposto trattamento del Pron anaforico nei due sistemi potrebbe dipendere, a nostro parere, dal fatto che il macedonico conosce etimi dis-tinti per Pron personale clitico e Art, contrariamente all'italiano, che Ii attinge entram-bi a lat. ille/illum, con il conseguente pericolo di fraintendimenti delle rispettive fun-zioni e la necessitä di ovviarvi in qualche modo. Abbiamo in mente anzitutto quella fase dell'italiano in cui da un lato le due categorie sintattiche erano omofone ed il Pron poteva essere enclitico rispetto a forme verbali finite, e dall'altro un PP poteva fungere da membro di una forma verbale perifrastica o da Nome, dando luogo a contesti ambigui. Uno dei rimedi contro una simile eventualitä potrebbe essere individuato non soltanto nella regolamentazione formale e sintattica di Pron e Art illustrata da Vanelli per i dialetti italiani settentrionali (Vanelli 1996), ma anche nell'accordo del PP con il Pron anaforico ad esso anteposto, pena la interpretazione di una sequenza siffatta come Art+Nome. Per maggiore chiarezza trasferiamo l'ipotesi su una frase-modello, assolutamente 'strumentale', in cui il segmento fonico [lo] della seconda frase potrebbe stare tanto per lo Art quanto per l 'ho <— Pron la + AUX ho. Immaginiamo dunque una sequenza di parlato come Ho scritto una lettera. [lomessoalpostoindicato], dove il segmento [messo] potrebbe fungere tanto da PP di genere 'neutro' del verbo mettere (<— lat. mit-tere) - che sta giä sviluppando il valore "mettere, posare" accanto all'originario "inviare" -, quanto da Nome messo, scaturito dal PPP lat. missu(s/m). Con tali premesse, ricostruite ad hoc, ma che non debbono essere lontane dal vero, la frase chiusa in parentesi quadra poteva trovare due interpretazioni, di cui solamente la seconda attribuibile alle intenzioni del locutore: "II messo ha il posto indicato (sottinteso: "sulla lettera")" oppure "L'ho messa al posto indicato". Come si puö notare, il senso deside-rato implica un 'accordo superficiale' del PP con il Pron (la ho messo la ho messa). La nostra ipotesi, a fronte di altre, che scorgerebbero ad es. in detto accordo una sfumatura aspettuale (cfr. Ramat 1984a), muove dall'equivalenza instaurabile tra una coordinazione al passato remoto, dal valore prettamente temporale (Scrissi una lettera e la misi al posto indicato), ed una al passato prossimo (Ho scritto una lettera e l'ho messa al posto indicato), che, rispetto alla precedente, rifletterebbe semplicemente un diverso uso, regionale o informale, dell'italiano. PARTE II Art vs Des - Dim vs Art - Art [+/- Def] alia luce dell' 'articoloide' dei dialetti sloveni Nell'analisi contrastiva eseguita nella Parte I del presente lavoro abbiamo contrap-posto dapprima il latino e l'italiano alio sloveno, sulla base della presenza/assenza della diatesi passiva e dell'Art; abbiamo quindi trasferito l'opposizione alPinterno del dominio slavo, distinguendo tra sloveno, lingua priva di passivo e di Art, e mace-donico, caratterizzato invece proprio da tali categorie, con in piü il perfetto perifrasti-co e l'AUX "avere", tipici del romanzo. In questa seconda parte volgeremo l'attenzione a tre dei tanti dialetti sloveni che, per essere dotati, come giä ricordato, di una sorta di Art Det, o 'articoloide', da questo punto di vista, perlomeno, sembrerebbero collocarsi a metä strada tra lo sloveno Standard e il macedonico. Nostra intenzione non e certo quella di allargare troppo gli orizzonti della ricerca, che ci condurrebbe troppo lontano. Intendiamo anzi restringerla alla sola problematica dell'Art, la quale richiede un lavoro di riordino delle componenti che ruotano intorno a detta categoria. Gli 'articoloidi' presenti presso i tre dialetti sloveni da noi esplorati - quelli delle Valli di Resia, del Torre e del Natisone, a ridosso del confine italo-sloveno - sono dati dai clitici te, ta, to', ti, te, ta. Lo status di queste particelle non e ancora stato analizza-to a fondo, per quanto abbia suscitato l'interesse di diversi studiosi, che di volta in volta vi hanno scorto un calco morfosintattico sul tedesco (cosi Kopitar: cfr. Benacchio 1996a e 1996b) o sul romanzo (cosi Pellegrini 1972: 87 sgg.) o lo hanno interpretato come effetto secondario della cosiddetta 'moderna' riduzione vocalica, per cui la per-dita dell'uscita -i (<— plsl. *ji) dell'Agg Det al Nom sing, masch. - l'unico caso ad aver mantenuta viva l'opposizione tra declinazione nominale e pronominale, risalente all'antico slavo - sarebbe stata compensata da un pronome dimostrativo indebolito, che avrebbe assunto la funzione dell'antico pronome anaforico-relativo *ji (Kolarič 1960: 196) "mantenendo perö traccia del suo precedente regime sintattico" ovvero la posizione in proclisi (Benacchio 1996a: 14). La prima precisazione da fare e che le due ipotesi - quella dell'influsso esterno e quella di un'evoluzione interna - vanno riferite a due categorie diverse: nei primo caso, infatti, il calco riguarderebbe l'Art Det 'anaforico' esterno al sintagma, quello cioe che riprende il sintagma antecedente; il secondo caso, invece, riguarderebbe il Pron anaforico interno ad un SN accompagnato da un Agg modificatore, restrittivo dei trat-ti della testa nominale (cfr. Ramat 1984b: 117; Nocentini 1996: 30 sgg.). II primo caso, nell'area considerata, contempla tipicamente un SN 'noto' privo di Agg attributivo (cfr. resiano (res.) ni bo bili pasli te konje nu te wöwce "avranno pascolato i cavalli e le pecore": da Steenwijk 1992: 195), mentre il secondo riguarda esclusivamente un SN modificato, che alterna due strutture: N-Pron-Agg e Pron [o Art?]-Agg-N (cfr. dial, del Natisone zejac te präf [masch.] "il coniglio quello/il vero (= domestico)" e rispettiva-mente res. te prävi zec "il coniglio vero (= domestico)". II confronto delle due ultime strutture sembrerebbe invero invalidare da subito l'ipotesi di Kolarič, dato che quella resiana presenta il clitico in aggiunta, e non in sostituzione del suffisso Pron -i. II Kolarič, tuttavia, attribuisce tale ridondanza alia insensibilitä dei parlanti per la distinzione tra forma lunga e breve dell'Agg, a seguito della neutralizzazione ricordata. La nostra analisi verrä a delineare un quadro alquanto piü complesso dell'intera questione. L'ipotesi di un elemento te frutto di imitazione risulta oggi largamente superata, poiche si e appurato che esso accompagna il diasistema sloveno fin dalle prime atte-stazioni, salvo ad essere stato espunto dalla norma agli inizi dello scorso secolo come tratto non 'slavo' (cfr. Benacchio 1996a: 2 sg.). L'interrogativo riguardo all'elemento te potrebbe porsi, a nostro avviso, nei seguen-ti termini: il clitico te che compare in res. te konje nu te wöwce "i cavalli e le pecore" e la forma indebolita dell'Agg Dim jte "quello" (cfr. Benacchio 1994: 231; 1996b: 45) o e la continuazione atona e svuotata del tratto Dim dell'antico Pron/Agg tü, indicante un oggetto a media distanza dal locutore? (cfr. Kolarič 1960:passim, specie 189 e 196; Benacchio 1996a: 43 nota 1). E inoltre: il te del modulo resiano te prävi zec e la pro-manazione del Pron che presso il dialetto del Natisone si trova all'interno del modulo zejac te präf, sicuramente non Dim in quanto stante effettivamente per Paffisso agget-tivale -i, oppure, di nuovo, un Dim indebolito? Infatti, altra cosa e un'alternanza tra il clitico te ed una forma, tonica o atona, classificabile come Dim, che darebbe al primo statuto di Dim a tutti gli effetti (cfr. it questo/sto <— esto); altra cosa l'impossibilitä di un'alternanza siffatta, che vedrebbe 1'antico tü investito di una funzione tutta propria, quella connessa con la nozione di 'articoloide', che cercheremo di chiarire. 5. ART VS DES - DIM VS ART - ART [+/- DEF] II punto da cui muovere e dato crucialmente dalle relazioni esistenti tra le categorie Dim e Art del romanzo da un lato, e l'entitä 'para-Art' dei dialetti sloveni dall'altro. E una volta stabilito che il sistema sloveno ignora la categoria Art tipica del romanzo -come afferma lo stesso Skubic nei suo recente 'pronunciamento' in tal senso, rilevando che Г'articoloide' non correda mai il SN a riferimento generico costituito dal solo Nome cercar di chiarire la o le differenze tra Art romanzo e clitico sloveno, tenen-do presente il loro diverso rapportarsi nei confronti della categoria caso. II richiamo al criterio assunto da Skubic per Stabilire se lo sloveno possegga o meno la categoria Art ci obbliga a ricordare anche quello di Tolstoj, che aveva invece ravvisato nell"articoloide' un vero Art, in quanto passibile di accompagnare un Agg sostantivato a referenza generica (o 'generalizzante', secondo la sua terminologia: cfr. Benacchio 1996a: 11). Entrambi i criteri, quello di Skubic e quello di Tolstoj, faranno implicitamente da sfondo alle riflessioni ispirate via via alla situazione dialettale presa in considerazione. Rivediamo anzitutto Art in relazione alia triplice opposizione rilevata per il Nome nel suo passaggio dalla prima alla seconda menzione (Nj e rispettivamente N2), che si evidenzia nel passaggio Art Indet -> Art Det.. La prima opposizione, di tipo semantico-predicazionale, oppone 'un tale che e/era servo' degli ess. 2.a e 2.b (sez. 1) ad un servo preciso, quello 'morso dal cucciolo'. La seconda, di tipo semantico-quantificazionale, oppone i medesimi sintagmi come 'uno' vs 'il solo', o, con notazione diversa, "un x" vs "il solo xy". La terza opposizione, prag-matico-testuale, viene connessa con la nozione di 'noto', solitamente distinta ma nel contempo sommata a quella di 'dato', una distinzione che mettiamo in discussione da subito, per come e stata impostata, e che ad un confronto diasistemico friulano-italiano ed intersistemico slavo-romanzo risulterä bisognosa di una revisione. In base a detta distinzione, l'elemento [- dato], correlate alla forma Indet di Art, riguarderebbe l'asserzione da parte del parlante circa l'esistenza dell'entitä di riferi-mento di N,, peraltro sconosciuta (- nota) all'ascoltatore; mentre il [+ dato], espresso con Art Det, 'darebbe' come presupposta - e naturalmente nota - l'esistenza 'testuale' del referente di N2 Det (cfr. Korzen 1996: 84 sg., 334 sg. 684 sgg.). Una definizione piü generica, e quindi interpretabile in maniera piü elastica, intende per 'dato' "ciö che si suppone presente nella coscienza dell'ascoltatore al momento in cui viene pronun-ciato I'enunciate", tipicamente "un elemento che sia stato presentato nel contesto linguistico precedente" (il concetto e di Chafe 1973, cit. in Vanelli 1986: 252). Ora, senza scendere nei dettagli di una questione tanto complessa, osserveremo che, mentre la nozione [+/- noto], in quanto connessa con un processo di individua-zione e di specificazione del referente testuale, come quello finora considerato a pro-posito del SN un servo/il servo, puö venire correlata all'opposizione [+/-Det] dell'Art, quella di [+/- dato] sembra inapplicabile in considerazione quantomeno di due circo-stanze: 1) come puö il locutore 'parlare' - a qualsivoglia titolo, anche in termini di negazione - di qualcosa che non sia 'dato' a lui stesso, prima ancora che all'ascoltatore? L'assurdo viene del resto chiarito dalla definizione di Chafe appena cit., che ri-tiene un elemento linguistico 'dato' dal parlante alla coscienza dell'ascoltatore nell'i-stante stesso in cui viene proferito: se ciö e vero, tale elemento a maggior ragione deve essere presente alla coscienza del locutore, e diventa irrilevante pensare come tipicamente 'dato' "un elemento che sia stato presentato nel contesto linguistico precedente", perche, in tal caso l'elemento sarä, semmai, 'noto'; 2) se trasferiamo le due nozioni di 'dato' e 'noto' ad una frase generica, come ad es. Until cane e sempre fe-dele, la neutralizzazione evidenziata dalla intercambiabilitä delle forme Det/Indet di Art riguarda il tratto di notorietä derivante dal tipo di predicazione, parafrasabile come "E universalmente noto nell'ambito di una certa cultura che until cane, come tale, e fedele" e opponibile ad una predicazione non generica del tipo Ho visto un cane-, men-tre invece il carattere 'dato' dell'oggetto di predicazione permane costante e non entra a far parte di alcuna opposizione, se non quella di conoscere e saper usare o meno la parola cane. La questione, insomma, rientra nei campo della competenza linguistica, per cui diciamo fin d'ora quanto emergerä dall'analisi dia- e intersistemica cui si accennava, ovvero che la categoria 'dato' e costituzionalmente priva di opposizione e presiede all'uso della lingua come parte fondante della sua grammatica (quella del Nome, nei nostro caso); quanto alia nozione di 'noto', la riserveremo unicamente al SN a referenza specifica. Affrontiamo ora l'analisi contrastiva sloveno-romanza, rilevando le differenze si-stemiche supplementari rispetto a quelle giä colte nella Parte I, muovendo dal solito esempio, che riproponiamo come 14., in versione italiana e rispettivamente slovena: 14.a Un cucciolo morse un servo. II servo lo catturö 14.b Psiček je ugriznil hlapca. Hlapec ga je ujel La differenza macroscopica tra i due sistemi e data dalla mancanza di Art e dalla presenza della flessione casuale nello sloveno, quella stessa che il latino ha perduto nei suo divenire romanzo. L'assenza di Art, peraltro, significa assenza di marche, quindi di visibilitä, dei tratti [+/- Def] [+/- noto] 'uno'/'il solo', di cui Art e portatore. Quest'ultimo contrasto slavo-romanzo va sottolineato ai fini di un ragionamento elementare - che facciamo sulla base del latino - secondo cui, se e vero che nelle lingue romanze la categoria Art rimpiazza visibilmente la desinenza del latino, ciö awiene a prescindere dal triplice ordine di tratti semantici elencati, nella misura in cui Art se ne fa carico. In altri termini, Art e Des si equivalgono funzionalmente per la parte che non puö andare oltre il minimo comun denominatore rappresentato da Des: la piattaforma comune e data dal caso; quella non condivisa Consta per l'appunto della triplice opposizione che abbiamo rilevato per Art. II quesito se e come Art si correli al caso, oltre a prescindere dai tratti piü volte ricor-dati, prescinde anche dal suo portato morfologico di genere (masch. o femm.) e numero (sing, o pi.), categorie distinte da quella di caso. Nei cercare una risposta muoveremo, al solito, da una serie di esempi tesi a rilevare il diverso comportamento di lingue 'sin-tetiche' come lat. e slov. e di quelle 'analitiche' come l'it., cui affiancheremo il friulano (frl.), varietä gallo-romanza dotata del cosiddetto clitico Sogg, o Sogg raddoppiato, una caratteristica assai utile ai fini della dimostrazione che intendiamo fare. Gli esempi che seguono sono incentrati sul Nome in funzione di Sogg tanto come Nj quanto come N2 (tipo a), e sul nome in funzione di predicate nominale (nome/Pred) (tipo b). Gli esempi dati in it. rappresentano gli equivalenti degli altri. Gli elementi rilevanti, fin dove e possibile, vengono evidenziati graficamente; il carattere clitico del Pron frl. e reso in it. con forme aferetiche e apocopate ("'P' e rispettivamente "i"'). Ecco le coppie di esempi: 15.a it. E arrivato un bambino. II bambino era bello 15.b it. Quand'ero bambino 16.a frl. Al (elit. Sogg = '"1") e rivät unfrut. Ilfrut al (= '"1") jere bjel 16.b frl. Quant che o (elit. Sogg = "i"') jerifrut... 17.a lat. Puer venit. Puer puleher erat 17.b lat. Cum puer eram... 18.a slov. Prišel je otrok. Otrok je bil lep 18.b slov. Ko sem bil otrok... Iniziamo l'analisi con una semplice osservazione, che riprende in parte cose giä dette: se e vero che l'Art romanzo e estraneo a latino e sloveno in quanto portatore dei tratti di defmitezza, di notorietä e di quantitä sottesi alle forme Indet e Det con cui esso accompagna il Nome in funzione argomentale - e cid per il semplice fatto che dette lingue mancano per cosi dire del portatore e pero vero che Art come categoria pura-mente sintattica, preposta al nome, corrisponde a Des, come prova il fatto che, se togliamo Un/Il degli ess. 15.a e 16.a, ricadiamo nella tipologia b., dove il nome cessa di essere Arg per diventare Pred (cfr. 15.a E arrivato bambino = da bambino). Sappiamo che il nome/Pred funziona come Agg (di tipo predicativo: cfr. Chierchia 1997: 229), in quanto attiva i soli tratti descrittivi e non quelli sostantivanti, a dif-ferenza del Nome in funzione argomentale. Nell'italiano la differenza funzionale e segnalata dalla presenza vs assenza dell'Art. II fatto che l'opposizione riguardi la pre-senza/assenza di Art come categoria, la affranca automaticamente dai tratti semantici finora attribuiti all'articolo, dato che essi non rientrano in un'opposizione tale da annullare uno degli opposti [+ vs 0] (a fronte di [+/-Def], L'Art in funzione sostanti-vante rappresenta per cosi dire la quintessenza di Art, posta a monte dei tratti stessi, ma da essi altra cosa. L'estraneitä di questo tipo di Art ai tratti che sappiamo, viene ad allinearlo ancora una volta, e per altra via, alia categoria Des, per questo lo terremo di-stinto dall'altro e lo segneremo come ART. Se ci spostiamo sul versante del latino e dello sloveno, notiamo che la differenza funzionale tra Nome/Arg e nome/Pred non e segnalata: infatti gli esempi di entrambe le tipologie, a e b, presentano Des, sia pure marcata zero (puer- 0, otrok- 0), mentre Pit. oppone il Nome/Arg al nome/Pred mediante presenza/assenza dell'Art. La discre-panza a livello di Forma Fonetica, a parita di funzione, non puö spiegarsi altrimenti che con il carattere analitico del romanzo, che 'traduce' e materializza la marca zero di Des funzionale (vale a dire argomentale) in un prefisso clitico (ART/Art), omettendolo quando non sarebbe funzionale. II contrasto romanzo-slavo andrä pertanto spiegato con l'inferire che la marca zero del Nom di lat. e slov. in tale posizione non 'funziona' e il caso viene assegnato unicamente per accordo con il Sogg (cfr. Giusti 1993: 36). 5.1. Art [+/- noto] vs ART/DES/PRON (Dato) Finora abbiamo allineato tra loro Des e ART come categorie sintattiche legate alia nozione di caso, e lo abbiamo fatto in maniera indiretta, rilevando unicamente la loro funzione sostantivante, senza entrare nel merito della loro 'consistenza'. Si tratta ora di scoprire l'elemento che le accomuna e definirne lo status grammaticale. Tale elemento ci viene indicato dal friulano. L'es. 16.a, infatti, ci permette di indivi-duarlo nel Pron Sogg clitico di 3. persona '"1", che compare nonostante la presenza di un SN Sogg e indipendentemente dall'opposizione Indet/Det dell'Art. L'opposi-zione poggia, per cosi dire, sulla piattaforma comune rappresentata dal pronomeAl che, per essere personale, owero designatore rigido, costituisce il maximum della determi-natezza. Che il Sogg clitico del friulano risponda ai requisiti propri della categoria caso e che il caso della flessione nominale altro non sia, per il sistema indoeuropeo, se non la flessione del Pron personale di 3. persona, costitutivo del Nome, emergerebbe dalla seguente riflessione ispirata al comportamento del friulano per l'appunto: la redupli-cazione del solo Sogg e non 'anche' dell'Ogg mediante il pronominale crea un'oppo-sizione non piü solamente sintattica SVO, ma anche morfologica, che marca il Sogg e l'Ogg in maniera inversa rispetto al latino: la marca zero contrassegna infatti il caso dell'Ogg e non piü quello del Sogg (laddove il Nom lat. e privo di marche). II carattere di segnacaso del clitico Sogg e dato non solamente dalla sua presenza, ma anche dalla sua veste fonetica, che lo oppone al caso degli altri pronominali (cfr. Al "T'-Nom e rivät il frut di Marie e jo lo "lo"-Acc äi salutät): il friulano insomma sfrutta la decli-nazione pronominale per quella nominale. Dalla proprietä del Pron Sogg (costante-mente Det) di essere indifferente all'opposizione Det/Indet segnata su Art possiamo inferire che il Pron e sotteso anche ai restanti casi del friulano, realizzati analitica-mente, e in tutti i 'casi' anche in lingue romanze prive di raddoppiamento pronominale, e ciö indipendentemente dalla funzione comunicativo-informazionale, ivi incluso il tipo di referenza, specifica o generica. Infatti, se traduciamo in veste friulana la frase generica Il/Un cane e sempre fedele (cfr. sopra, sez. 5.), abbiamo II/Un ciän al e sim- prifedel, con al altrettanto 'insensibile' alia forma Det/Indet di Art quanto lo era per la referenza specifica, riportata nell'es. 16.a. L'identico rapporto tra clitico Sogg e forma Det/Indet di Art nei due tipi di referenza viene a confermare il carattere intrin-secamente 'dato' dei nominali, a prescindere dalPintorno discorsivo. L'elemento Pron in parola - che d'ora in poi opporremo graficamente a PRON, in riferimento alia non visibility del secondo - diventa visibile, oltre che nel Sogg rad-doppiato del friulano, nei costrutti dislocati (p. es. Me lo dai, il giornale?Hl giornale, me lo dai?) e nelle riprese di tipo sintattico (p. es. Ho incontrato un amico e gli ho chiesto di te). Va osservato, tuttavia, che, tanto nella dislocazione quanto nella ripresa, il Pron, di per se Det, solo apparentemente si carica del tratto [+ noto] di cui e portatore il corrispondente SN Det. Che l'estensione non sia pertinente puö essere provato da esempi nei quali, a differenza di quelli appena visti, la ripresa Pron riguarda un SN Indet: Me lo dai, un gelato? Quanto alle lingue dotate di flessione casuale, come sloveno e latino, la categoria PRON andrä individuata nei morfemi di caso, il cui carattere pronominale emerge dal-l'accostamento di frl. N, Un ...(Art Indet+ART) [Nom 0] —> N,...7/ [Art Det+ART] [Nom 0]frut al [Pron] con lat. Puer [Nom 0] e con slov. Otrok [Nom 0]. Tolto Art Indet/Det del friulano, ciö che resta e ART/PRON reduplicato, con Nom marcato zero, funzionalmente equivalente di Des di lat. Puer e slov. Otrok16. L'individuazione del PRON come elemento fondante del Nome e l'instaurazione del parallelismo tra ART romanzo e Des casuale di lingue come latino e sloveno, prive di Art, ci permette di chiarire ulteriormente il rapporto parametrico relativo al SN, intercorrente tra il due tipi linguistici - analitico e rispettivamente sintetico - presi in considerazione. Un progresso sulla via del chiarimento sembra invero possibile se applichiamo i due punti fermi appena ricordati al SN accompagnato da un modificatore aggettivale, quale si presenta nei sistemi italiano e rispettivamente sloveno, tenendo conto del tipo di referenza - generica o specifica - e dell'impiego - attributivo o 'sostantivo' - dell'Agg. Per favorire la lettura degli esempi-modello della situazione interlinguistica, che daremo via via, vorremmo sottolineare fin d'ora come, al di lä del parallelismo instau-rato tra ART romanzo e Des sloveno, vi sia una differenza di fondo tra un ART in fun-zione di 'jolly' atto a 'creare' sostantivi, ricavandoli a livello di parole da qualsivoglia La funzione di 'caso' delle riprese pronominali e stata piü volte sottolineata, specie nei piü recenti lavori di ambito generativo, e l'argomento continua a suscitare interesse presso gli studiosi. La novitä che sembra emer-gere dalle nostre riflessioni riguarda l'indipendenza di tali riprese, 'date' per costituzione, dal tratto [+/- noto] dei nominali corrispondenti, il che - se trovasse ulteriori conferme - comporterebbe una diversa lettura dei fenomeni di scrambling - ovvero di risalita - dei clitici, in forza del tratto [+ specifico] della controparte nominale (cfr. Cecchetto 1996). Quanto alia categoria astratta ART/PRON, che abbiamo identificato con il pronome di 3. persona sotteso cosi ad Art come a Des, vorremmo qui perlomeno accennare alia tesi del generativista RM. Postal (1967) che, in un'ottica esattamente opposta alia nostra, pone Art a livello profondo, facendone derivare il Pron di 3. persona (oltre a Pron Dim, naturalmente). classe formale (cfr. until cresimando, ilfumarelun gran fumare), e una Des che 'infor-ma' la classe dei nomi prima di calarli nella parole. Se invero lo sloveno contempla una frase come Kaditi prepovedano = Proibito fumare, con un infinite sostantivato privo di Des, sintatticamente oscillante tra Sogg e Ogg, conosce poi la restrizione sul-l'impiego della forma infinitivale nei casi obliqui e forgia un Nome deverbale lä dove l'italiano mantiene la forma di infinite: Molti sono i danni che derivano dal fumare = Veliko škode nam prihaja od kajenja [od+Gen del neutro kajenje]. Una cosi rigorosa distinzione formale tra classi impedirä ad un Agg sostantivato di assumere veste nominale, a differenza di quanto awiene in italiano. La domanda e se la diversa veste formale celi una diversa funzione. In via teorica dovremmo invero prevedere che, mentre ART assegna ad Agg statute di Nome, 1'affisso -i non riesca a farlo, e come elemento relativo-anaforico richia-mi necessariamente (e implicitamente) Des del Nome nei cui confronti funge da restrittivo, in riferimento ad una sottoclasse. L'ipotesi e che una frase a riferimento generico come la 19.a vada letta, in realtä, come la 19.b: 19.a slov. Ubogi vedno strada "Il/Un povero vive sempre di stenti" 19.b slov. Ubogi človek 0 [Nom] vedno strada "Un uomo tale/L'uomo quello che povero vive sempre di stenti" Fin qui l'ipotesi sembra corretta, salvo a richiedere ulteriori precisazioni alia luce del diverso configurarsi del SA nei due sistemi, qualora la referenza sia di tipo speci-fico. In tal caso, infatti, lo sloveno, a fronte dell'italiano, non ammette l'Agg sostantivato in funzione di Nj e 'aggira' la restrizione coniando il rispettivo Nome: 20.a it. E arrivato un povero. II povero mi ha mosso a compassione 20.b slov. * Prišel je ubogi. Ubogi se mi je zasmilil 20.c slov. Prišel je ubožec. Ubožec se mi je zasmilil Cerchiamo ora di rispondere alle seguenti domande: "Perche 1'affisso Pron di ubogi in 20.b non riprende Des del Nome človek, supposto che vi rinvii implicitamente, se-condo l'es. 19.b? E perche, esplicitando la testa nominale človek, l'Agg assume la forma Indet, ripresa come Det in N2, come esemplificato in 21 .a?" 21.a slov. Prišel je ubog človek. Ubogi človek se mi je zasmilil 21 .b E arrivato un pover 'uomo. II pover 'uomo mi ha mosso a compassione II punto cruciale va colto nel rapporto tra le nozioni 'noto' e 'dato', che rivediamo in estrema sintesi: - il 'dato' si correla al PRON costitutivo del Nome ed e indipendente dal tipo di referenza - tale PRON e sotteso a Des nominale di latino e sloveno e alia categoria ART del romanzo - il 'noto' dipende dalla predicazione di tipo non generico, ovverossia da quella su N,, per cui Nj-> N2; nell'italiano tale tratto si correla alia forma Indet/Det di Art, men-tre in latino e sloveno non viene segnalato (cfr. gli ess. 17.a e 18.a a fronte di 15.a). - la referenza generica neutralizza il tratto 'noto', facendolo coincidere col 'dato'. Una volta pošto che lo sloveno ignora la categoria 'noto', la diversa grammaticali-tä registrata in 19.b e 20.b e imputabile, a nostro avviso, unicamente alia categoria 'dato'. Nella misura in cui la predicazione generica (es. 19.b) riguarda i tratti specifi-ci del Nome (intendendo con ciö i suoi tratti predicativi o descrittivi, compresi quelli di un suo eventuale modificatore restrittivo), essi debbono essere 'dati' ovvero deter-minati linguisticamente, cosa che si fa visibile nella forma Det deli'Agg sloveno. II SN modificato, a motivo della sua struttura complessa, presenters quindi simultaneamente Des del Nome e l'affisso aggettivale -i (Pron relativo-anaforico di sintagma). In quan-to la referenza generica fa coincidere il 'dato' e il 'noto', neutralizzandoli, il SN Ubogi človek in 19.a e senz'altro 'noto' - ma non [+ noto] -, al pari di it. Un/L'uomopovero. Passando ai sintagmi a referenza specifica (ess. sotto 20 e 21), poiche, ai fini del dis-corso, non sono rilevanti i tratti specifici intrinseci (o 'lessematici') di N o di N+Agg, che nell'uso generico sono dati una volta per tutte in prima battuta, per cui manca il passaggio Nj -» N2 (infatti, affermato, p. es., che un cane e fedele, posso continuare ad elencare altre proprietä comunemente attribuite al cane, fermi restando i tratti 'proto-tipici' di "cane"), ma sono rilevanti i tratti che al Nome - modificato o meno - derivano dalla predicazione fatta sulla sua prima menzione, e partono, per cosi dire, da N2, potremmo äffermare da un lato che l'irrilevanza dei tratti specifici intrinseci di Nj gius-tifica il fatto che nella prima menzione non siano ancora 'dati' (da qui la forma breve dell'Agg in 21 .a), e dall'altro che, pur nel protrarsi della loro irrilevanza in N2, quest'ul-timo diventa 'dato' nel suo complesso nel divenire Arg'di una nuova predicazione. Ciö viene segnalato dalla forma lunga di Agg sloveno (es. 21 .a), se la ripresa awiene con ripetizione del SN, mentre, se la ripresa e di tipo sintattico, viene 'riassunto' nel Pron, esprimente unicamente il 'dato', secondo quanto rilevato sopra per le riprese dislocative e non. Se N2 figura al Nom, come nell'es. 21.b (E arrivato un pover'uomo. II pover' uomo mi ha mosso a compassione), in lingue a soggetto nullo, come quelle da noi considerate, la ripresa Pron sarä 'nulla', owero interpretata coll'elementopro di matrice ge-nerativa: E arrivato un pover 'uomo. pro Mi ha mosso a compassione. Cerchiamo di schematizzare i passaggi descritti per il SN in relazione alia referenza specifica (es. 22) e generica (es. 23), segnando come LUI e rispettivamente ON i tratti generici, ivi compresi quelli grammaticali, legati al PRON (umano, masch. e sing.), con PRED GEN quelli specifici 'intrinseci' (o descrittivi) del Nome, in quanto generici rispetto a quelli dell'Agg, e con PRED SPEC quelli dell'Agg restrittivo, in quanto specificano ulteriormente quelli del Nome; non vengono presi in considera-zione i tratti derivanti dalla predicazione su Np 22. [N[] Prišel je ubog človek. [N2] Ubogi človek se mi je zasmilil "E arrivato un pover'uomo. II pover'uomo mi ha mosso a compassione" [N,] Un LUI tale che uomo [PRED GEN] Un uomo Tak ON, da človek [PRED GEN] Človek-0 Un LUI-uomo [PRED GEN] tale che povero [PRED SPEC] = Un pover'uomo Tak ON-človek [PRED GEN], da ubog [PRED SPEC] = Ubog človek-0 [n2] II LUI che uomo [PRED GEN] L'uomo Tisti ON, ki človek [PRED GEN] Človek-0 II LUI-uomo [PRED GEN] [quello che 0] povero [PRED SPEC] = II pover'uomo Tisti ON-človek [PRED GEN], ki ubog [PRED SPEC] = Ubogi človek-0 23. Ubogi (človek) vedno strada "Il/Un povero vive sempre di stenti" Un/Il LUI-uomo [PRED GEN] [tale/quello che -> 0] povero [PRED SPEC] = Un/L'uomo povero Tisti ON-človek [PRED GEN], ki ubog [PRED SPEC] = Ubogi človek-0 Come si vede, la schematizzazione della referenza generica per lo sloveno coincide con quella dell'ultima fase della referenza specifica, ponendo in evidenza, in tal modo, la determinazione simultanea dei costituenti del SN generico a fronte di quella com-piuta in due passi per il SN specifico. Un SN con modificatore aggettivale presuppone dunque una duplice determinazione: quella del Nome, grazie ad ART e rispettivamente Des, e quella dell'Agg, grazie ad un Pron forico interno al sintagma, in funzione restrittiva della testa nominale17. Non indugeremo sulle cause (presumibilmente legate alia scomparsa della flessione nominale) della cancellazione dell'anaforico restrittivo interno al SN, registrata nell'i-taliano, mentre rimarcheremo il fatto che detto elemento, anche se non realizzato foneti-camente, riveste il carattere di formante di un sostantivo complesso, come avviene per PRON sotteso al semplice Nome, con la differenza, non trascurabile, di fungere da specificatore per cosi dire di secondo grado dei tratti generici del PRON costitutivo del Nome, e di agire in tal senso in seconda istanza rispetto a quanto avviene per il Nome, vale a dire a livello di parole. I nomi, infatti, figurano nel fondo lessicale di un sistema, mentre i SN modificati, di cui l'Agg sostantivato rappresenta una variante ellittica della testa nominale, vengono costruiti nel discorso18, ma non per questo si sottraggono alle regole valevoli per i Nomi. Ciö significa che i SN dell'es. 22 vanno interpretati alio stesso modo dei SN privi di Agg riportati in 15.a e 18.a, e che, per l'opposto con-figurarsi di sloveno e italiano rispetto al tratto [+/- noto], N2 Ubogi človek deli' es. 22 e 'dato', mentre N2IIpover 'uomo e 'dato'+ [+ noto]. Vediamo ora di fare alcune precisazioni sul comportamento dello sloveno rispetto al tratto [+/- noto], che sappiamo non essere marcato sul Nome e derivare solamente dalla Forma Logica, grazie alia relativa restrittiva, peraltro non riducibile ad un PPP/Nome (cfr. Parte I, sez. 2). Se lo sloveno manca di Art Det per il tratto [+ noto], ciö non toglie che la notorietä sia ampiamente recuperabile in Forma Fonetica attra-verso il Dim anaforico, alio stesso modo che in latino, se, ad es., N, servum "un servo" dell'es. 8.С (Parte I, sez. 3), anziehe venir ripreso in forma debole con servus "il servo", viene ripreso in forma forte o 'enfatica' con l'Agg Dim: Ille servus "Quel servo". Sappiamo che l'effetto di una ripresa con Dim e quello di un progressivo indeboli-mento dei tratti deittici del Dim, in quanto investito di quelli specifici prodotti dalla predicazione su N}. E se nella sez. 3 avevamo opposto il latino alio sloveno, era soltanto per rilevare la possibility per il latino, ma non per lo sloveno, di ridurre la relativa specificante, sottesa a N2, ad un PPP/Nome capace di neutralizzare i ruoli semantico-sintattici AG/Sogg e PAZ/Ogg e le rispettive marche casuali (Nom e Acc), che lo sloveno invece conserva, dato il suo costante orientamento verso l'AG/Sogg. Tuttavia, se la declinazione slovena e immune dall'appiattimento formale dei casi Nom e Acc in quanto rifugge dalla diatesi passiva, e invece esposta all'indebolimento di tutte le marche casuali ogni volta che impiega Dim nella ripresa del Nome. Questa e l'osservazione che ci immette nel quadro offerto dai dialetti sloveni da noi esplorati. ^ Esiste un'ampia letteratura sull'origine e l'evolversi del modulo complesso Agg+Pron+Nome, testimoniato -con ordine dei costituenti anche diverso - non soltanto dal moderno sloveno. Per una panoramica dall'impianto critico rinviamo ancora una volta a Nocentini 1996. Riguardo alio sloveno, vorremmo ricordare Paffermazione di Gebert (1996: 21 sg.), secondo cui l'affisso della forma lunga dell'Agg slavo, dovuto alia grammatical iz-zazione del pronome plsl. *ji, sarebbe da intendersi come marca del modificatore restrittivo del Nome e non come marca di referenzialita dello stesso; e confrontare tale affermazione con la distinzione operata da Parenti (1996: 339) tra forma breve e lunga secondo che il SN sia Pred/non referenziale o referenziale. Premesso che la referenzialita cui alludono i due Autori va identificata con quella di tipo specifico, connessa con N2, ci sem-bra che l'ottica di Gebert coincida con la nostra, ma non contrasti, per questo, con le conclusioni di Parenti, purche si tenga conto che il SN/N2, doppiamente determinate, e referenziale grazie al tratto specificante [+ noto] derivantegli in Forma Logica dalla relativa restrittiva di cui si e detto ampiamente nella Parte I del presente lavoro e su cui torneremo tra poco. ^ L'affisso anaforico-relativo sembra esprimere bene il ruolo di "operatore di astrazione" del pronome relativo, preposto alia formazione di frasi in funzione di modificatori restrittivi del nome/Nome, che ci permettono di ritagliare in (sotto)classi il nostro universo di discorso in misura virtualmente illimitata (cfr. Chierchia 1997: 244 sgg.). 5.2. Nascita di Art Indet - Esplicitazione del tratto [+/- noto] - Indebolimento di Dim —> Dim clitico Prima di entrare in medias res, vorremmo chiarire che non e nostro intento riper-correre nei dettaglio le varie tappe dell'analisi dei singoli fenomeni. E tanto meno muovere sistematicamente dalle diverse forme in cui si articola e si manifesta la categoria Dim nelle singole varietä considerate, come ad es .j te, te e tist it. "quello", forme proprie rispettivamente del dialetto di Resia, del Torre e del Natisone (cfr. Logar 1967). L'analisi preliminare e la descrizione delle peculiaritä, di cui si e tenuto debito conto, vengono invero lasciate a monte dei parametri che abbiamo ricavato e che proviamo ad applicare ai časi a nostro parere piü significativi della situazione attuale. Ma riprendiamo il discorso sull'indebolimento dell'Agg Dim, in quanto correlato al tratto [+ noto], alia luce del resiano (1'es. e tratto da Steenwijk 1992: 191): 19. Nj quaranta bömbuw [Acc+Gen partit.] ...N2 te bombe...se bombe [Norn] "...Nj quaranta bombe..,N2 quelle bombe ... queste bombe". Alcune rapide osservazioni: il carattere Dim di te e confermato dal suo alternare con se (<—j se "questo"), sicuramente Dim, in quanto mai utilizzato come 'articoloide', che sul piano funzionale potremmo allineare a it. ste, forma aferetica di este, tipica del parlato informale (oltre che di quello regionale). L'Agg numerale rappresentato dal prestito italiano quaranta sul piano funzionale corrisponde ad un Art Indet esprimente il tratto [- noto], venendo cosi a bilanciare quello [+ noto] dell'Agg Dim di N2. E cosa risaputa che il diasistema dialettale sloveno ha sviluppato 1'Art Indet din/ni, an, en ecc., un numerale indebolito (cfr. Skubic 1997: 62) - come del resto Art it. un/uno -, che non abbiamo difficoltä a definire vero Art, in quanto correlato ai tratti [+/- noto] [+/- Def] e Q. Tale interpretazione, resa possibile dalle deduzioni ricavate piü su, ne comporta altre due: 1) Art Indet dello sloveno va distinto dalle categorie PRON+ 'caso', in quanto lo sloveno conserva la declinazione, e di conseguenza la marca di caso su Art Indet e motivata da ragioni di accordo; 2) 1'indebolimento semantico e sintattico del numerale "uno", sfociato in Art Indet (divenuto clitico), contribuisce all'indeboli-mento analogo di Dim, dato che questo entra a far parte della medesima opposizione [+/- noto]: in tale prospettiva e prevedibile la completa assimilazione funzionale del Dim all'Art Indet, con perdita del tratto deittico. Alio stato attuale detta assimilazione e in divenire, come provano i due tipi di alternanza registrabili in tutta l'area: quello osservato nell'es. 19 (te/se), che - secondo quanto detto sopra - induce a leggere te come Dim per allineamento a se; e quello comunissimo, che per N2 alterna una forma atona ad una tonica dei Dim, come si puö vedere dagli esempi tratti da un medesimo testo: N, ne repe... N2 repe/te repe\ Nj škuše... N2 Jtesküse (cfr. Steenwijk cit.: 192). II primo dei due esempi prova inoltre che la ripresa del Nome avviene anche senza Dim (repe), confermando che la forma te non corrisponde all'Art italiano, dato che questo, in casi simili, diventa obbligatorio. D'altronde, in quest'area, neppure l'Art Indet compare con regolaritä nella prima menzione, coerentemente con il carattere variabile del fenomeno nel suo complesso. Sara utile rilevare, a questo proposito, che, a fronte della comparsa di Dim - nella versione forte o debole - in N2, quella dell'Art Indet e di gran lunga piü frequente e prevedibile, in un rapporto evolutivo inverso a quello latino-romanzo, che attesta per ultimo l'Art Indet (cfr. Nocentini 1996: 30). L'inversione temporale dei due eventi nei rispettivi domini trova spiegazione, a nostro avviso, nel carattere speculare della matrice dell'Art Indet slavo e rispettivamente romanzo, che andrebbe ricercata nel-l'opposto configurarsi del nome/Pred in lingue declinate come latino e sloveno e in quelle analitichecome friulano e italiano. Rammentiamo che gli ess. 15.b - 18.b vede-vano opposto il nome/Pred del romanzo privo di Art (it. bambino, frl.frut) a quello di latino e sloveno (puer e otrok), provvisto di una Des svuotata della funzione argomentale e dovuta unicamente a ragioni di accordo. Se risaliamo alla fase latino-romanza in cui Dim passa ad Art Det e Nj rimane privo di marche per la scomparsa della flessione casuale, e facile immaginare sequenze ambigue per la sovrapponibilitä di N, [- noto] e del nome/Pred. Ecco un esempio che abbiamo ideato ad hoc: Mario co servo era e (il)lo patrono visitö. Mancando un segnale per il tratto [- noto] del Nome servo, l'e-nunciato puö trovare una duplice interpretazione: "Mario era con uno schiavo e visitö il patrono" oppure "Quando era schiavo, Mario visitö anche il padrone". Possiamo ipo-tizzare che, per ovviare a inconvenienti di questo genere, il Nome/Arg [- noto] venisse marcato con quell'elemento che si sarebbe sviluppato in Art Indet. Per lo sloveno basterä ipotizzare che l'Art Indet sia sorto per eliminare l'ambiguitä derivante dalla sovrapponibilitä, a livello di superficie, del Nome/Arg e nome/Pred, per cui una sequenza come Bil je junak, in situazioni comunicative non ottimali, potrebbe essere letta "EraJe stato un eroe" - "C'era un eroe". Una simile ipotesi vedrebbe la categoria Art Indet 'fisiologica' dello sloveno, e virtualmente svincolata dal tratto infor-mazionale del Dim [+ noto]. Tanto basterebbe a spiegarne la precocitä non meno che l'autonomia rispetto ai domini germanico e slavo, cui viene generalmente ricondotta. 5.3. Plsl. Dim/Rel *ji=plsl. tu Pron clitico, formante di SN modificato (N+Agg/Agg+N) Passiamo ora ad un una diversa casistica di nominali assai comune presso i tre dialetti da noi visitati, che piü di ogni altra ha attirato l'attenzione degli studiosi. La tipologia e data dal SN con Agg di forma Det o lunga, che in quest'area prende il clitico te/ta tanto in assenza quanto in presenza dell'affisso -i, per cui troviamo, ad es., zejac te präf (Val Natisone) "lepre la/quella vera = coniglio" accanto alia formula inversa, giä ricordata, te prävi zec (Resia), che meglio rispecchia l'ordine canonico Agg-Nome dello standard; e ancora te žane te stäre "le donne (quel)le vecchie" vs te stäre žane "le donne vecchie" (Steenwijk 1992: 207 e 209), kafe [indecl.] toga bilaga "caffe di quello bianco" = "caffelatte" (ivi: 126) e sim. Premesso che la formula Nome-Pron-Agg e notoriamente arcaica rispetto a quella inversa (Pron-Agg-Nome) (cfr. Nocentini 1996: 35 sgg.), come risulta anche dalle no-stre inchieste sul terreno, che registrano le prime per i parlanti piü anziani, riteniamo che il motivo dell'interesse suscitato presso i linguisti sia riposto non tanto nel Pron interno al sintagma, quanto in quello esterno, facilmente interpretabile come Art Det 'anaforico' sulla base di una equivalenza facilmente instaurabile tra slavo e romanzo. II dubbio sulla legittimitä di un tale allineamento nasce dal fatto che, diversamente che in italiano, questa particella compare quasi esclusivamente in un SN modificato e non in un SN dato dal solo Nome (cfr. Benacchio 1996a e 1996b; Gebert 1996; Parenti 1996), il che le assegnerebbe il valore di Pron restrittivo dei tratti della testa nominale, illustrate per l'affisso -i nella sez. 5.1. Per comprendere il successo di questa formula presso i parlanti, che ne ha garanti-to il perdurare nel tempo, occorre considerare non tanto la funzione che, in una refe-renza specifica, essa assume come N2 con unico antecedente, dove anzi e superflua, tanto da alternare con una ripresa zero (cfr. anche it. C'era un pover 'uomo. 0 Camminava lentamente), quanto piuttosto la funzione intrinsecamente distintiva, che puö derivarle sia dalla langue che dalla parole. Nel primo caso avremo te prävi zee (Resia) "il coniglio vero (domestico)" = "coniglio" vs te duji zee "il coniglio selvatico" = "lepre", due lessie complesse entrate stabilmente nel lessico, ciascuna con la propria denotazione; nel secondo caso avremo o l'uso generico del SN modificato di qualunque tipo, che sappiamo richiedere la determinazione in simultanea di entrambi i costituenti di sintagma (p. es. te žane te store "le donne (quel)le vecchie'7/e store žane "le donne vecchie"; te prävi zee "il coniglio vero" = "coniglio") o un SN a referenza specifica che si oppone ad uno o piü SN per i tratti restrittivi derivanti dall'Agg, condividendo invece quelli generici della testa nominale, proprio come si e visto per le lessie complesse entrate nel lessico, con la differenza che, in questi altri casi, la selezione dei componenti di sintagma awiene a livello di parole, ed e pertanto imprevedibile. Ecco alcuni esempi: C'erano donne vecchie [Nja Indet] e giovani [Njb Indet]: quelle/le vecchie [N2a Det] non hanno ballato, le giovani [N2b Det] si. Nello sloveno dialettale le due riprese di-stintive di sintagma danno rispettivamente N2a te stäre e N2b te mläde. II motivo per cui abbiamo allineato il SN a referenza generica alle due tipologie 'distintive' - appartenenti alla langue e rispettivamente alla parole - sta nel fatto (giä rilevato in 5.1) che, ai fini della predicazione generica, sono rilevanti i tratti specifici del SN, proprio come awiene per la referenza 'anche' specifica delle due tipologie: cfr. Ubogi človek vedno strada "Un/L'uomo povero vive sempre di stenti" e, rispettivamente, te prävi zee vs te dujizec "il coniglio domestico" vs "il selvatico" e, nell'es. qui sopra, quelle/le vecchie vs le giovani. Per riassumere la situazione complessiva, elencheremo qui di seguito i diversi casi registrati a Resia e verificati di recente presso due delle informatrici di Steenwijk (ML e LB: cfr. Steenwijk 1992: 16), includendo sintagmi a referenza specifica non modifi-cati (1) e modificati (2) (ivi compreso l'Agg sostantivato (3), che per la referenza specifica e rigorosamente escluso dallo sloveno standard ed e qui evidentemente rical-cato sul romanzo) nelle funzioni Nj-N2; quindi i SN specifici modificati, aventi in comune la testa nominale (4) e infine i SN modificati a referenza generica (5). Per (1) va precisato che a Resia "coniglio" viene realizzato ora come te prävi zee ora come zee, secondo che lo si opponga o meno a te duji zee "lepre". Quanto alia trascrizione, -i- di din sta per la vocale centralizzata (= slov. polglasnik). Nl N2 1 din zee "un coniglio" (te) zee "(quel)/il coniglio" (LB) 2 din duji zee "un coniglio selvatico/una lepre" 3 din bogi "un povero" 4 So bile ne žane. Dne so bile mläde nu dne so bile stäre "C'erano delle donne. Certe erano giovani, altre vecchie te duji zee "quel coniglio selvatico/ quella lepre" (LB) (jse)/(se)zec* "(questa)/(sta)/la lepre (ML) te bögi "quel povero" (LB) jse/se bögi "questo/sto povero" (ML) (Quel)le giovani ballavano, (quel)le vecchie no" Te mläde so plesale, te stäre ne 5 te žane te stäre "le donne (quel)le vecchie'Vre stäre žane "le vecchie donne = le donne vecchie" * L'informatrice ha spiegato la ripresa zee col dire - giustamente! - che "non occorre ripetere l'intera espressione, perche si sa giä di cosa si tratta". Sara interessante notare che, nei farlo, non si e lasciata influenzare dal significato "coniglio" che zee ha assunto in quest'area (nello sloveno standard indica infatti la lepre). Breve confronto dei casi elencati: - I NN. 1-3 (a referenza specifica) oppongono Nj accompagnato da Art Indet per [- noto] a N2 con Dim per [+ noto]; il Dim e facoltativo per i soli Nomi, mentre di- venta obbligatorio per il SN modificato, anche se si tratta di un Agg sostantivato. II fatto che nel SN te dujizec 1'elemento te sia obbligatorio e venga letto come Dim, 10 farebbe riguardare da un lato come 'anticipazione' del Pron marcato sulPAgg (il coniglio, quelle selvatico), dall'altro come Dim esprimente il tratto [+ noto] (quel coniglio selvatico) dovuto alia predicazione su Nj. La tenuta della declina-zione su tutti i fronti (tranne che nell'Agg duji, divenuto indeclinabile) e l'interpre-tazione Dim dell'elemento te segnano la distanza funzionale di quest'ultimo dall'Art romanzo. D'altronde, la lettura [+ noto] del Dim, derivante dal rinvio ai tratti predi-cativi 'esterni' al SN (ess. 1-3), che sappiamo essere semanticamente rilevanti, co-stituisce - perlomeno sul piano teorico - il presupposto per una sua progressiva desemantizzazione e per un suo awicinamento tipologico all'Art Det romanzo ([+ noto]+ART). - Prima di passare al caso 4, vediamo quello successivo, dato che una sua analisi e giä stata in qualche modo anticipata. Avevamo infatti osservato che la referenza generica produce la neutralizzazione del tratto [+ noto], come mostra l'intercam-biabilitä di Art it. Il/Un (cfr. Un/Il povero vive sempre di stenti), ferme restando le categorie PRON e 'caso' (= ART) legate ad Art. Considerato il persistere della fles-sione casuale slovena, escluso che le particelle te in 5 possano indicare il [+ noto], altro non possono essere che manifestazioni del PRON sostantivante. II primo dei due moduli (te žane te stäre) e chiaramente ridondante: esso invero esplicita entram-bi i PRON costitutivi del sintagma e riprende in tal modo (in una sorta di catafora grammaticale) la Des del Nome e il Pron -i dell'Agg Det. Anche in questo caso, come nel precedente, andrä sottolineato l'intacco Potenziale della categoria caso annidato negli 'articoloidi', dato che il carattere di Pron (= PRON) li fa riguardare come sede naturale di detta categoria. Rispetto all'Art Det di it. "le donne vecchie", 11 te posto a inizio dei due sintagmi sloveni e certamente altra cosa, poiche riflette, ma non contiene esclusivamente, il caso del nominale: ciö non toglie, tuttavia, che la parziale sovrapponibilitä dei due elementi dia l'impressione di una loro perfetta coincidenza, indicando con ciö stesso la direzione di un eventuale mutamento. - I due sintagmi nominali sotto 4, Te mläde...te stare, riflettono il modulo testimonia-to per il latino da homo ille bonus, poi andato perduto per cancellazione di ille, ma che riaffiora se ricomponiamo il SN complesso le donne le/quelle vecchie, normalmente ripreso in forma ellittica della testa nominale. Questo modulo registra il massimo grado di awicinamento strutturale tra italiano e sloveno, in quanto anche l'ita-liano manifesta il PRON sostantivante interno al sintagma sotto forma di anafora sintattica della testa nominale19. II contrasto interlinguistico e naturalmente dato dal Detto elemento e stato interpretato come 'indicatore di definitezza' quindi 'determinante' non solamente per l'italiano (cfr. Vanelli 1992: 118), ma anche per i dialetti sloveni da noi considerati (cfr. Benacchio 1994: 236). Tale interpretazione sembra corretta in quanto coglie la proprietä costitutiva del PRON sostantivante, Det per eccellenza, sulla cui base gli oggetti di predicazione vengono 'dati'. Questo e il motivo per cui la determina- fatto che il Pron it. e l'unico portatore della categoria caso, mentre nello sloveno questa compare anche sull'Agg. Andrä osservato, per lo sloveno, che, in quanto il Pron richiama i tratti generici del SN, non rilevanti rispetto a quelli specifici dell'Agg ai fini della predicazione sul sintagma, e prevedibile che Pron indeboli-sca la marca di caso a favore di quella dell'Agg. Una tale eventualita e invero do-cumentata da dialetti come il carsolino e da quelli centrali, che hanno ridotto il Pron alia particella indeclinabile ta (p. es. S katerim auto [per slov. avtom] greš? - S ta novim "Con quale macchina vai? - Con (quel)la nuova": es. tratto da Benacchio 1994: 239; cfr. anche Benacchio 1996a: 4 sg.; 1996b: 54 sg.), evidenziando cosi la distanza tipologica tra italiano e sloveno. Infatti, a prescindere dai tratti pragmati-ci, Pelemento quello/il dell'italiano concentra in se le due categorie del PRON e del caso riprese dall'Art prenominale, ma non puö distribuirle su due distinte entitä, in quanto Pitaliano e privo della declinazione desinenziale, diversamente dallo sloveno, che riserva il caso all'Agg, segmento semanticamente rilevante, e lo neutra-lizza per il Pron, ridotto a puro anaforico, formante di sintagma. A corollario della disamina che stiamo per concludere, vogliamo presentare ancora una tipologia meritevole di attenzione, e infine un paio di sequenze che mostrano bene quanto sia problematico analizzare la variabilitä che caratterizza 1'area esaminata. La tipologia che vogliamo proporre riguarda il SN preceduto da te facilmente inter-pretabile con it. il, trattandosi di referenza - specifica o generica - senza antecedente, la cui notorietä e data dalle cosiddette conoscenze comuni. I testi resiani, antichi e moderni, ne offrono qualche esempio (per i testi antichi cfr. Benacchio 1996a e 1991b; per i moderni cfr. Steenwijk 1992: 195 sg., donde abbiamo tratto i due esempi che se-' guono, il primo dei quali giä citato, a diverso titolo, ad inizio della Parte II). Troviamo cosi a Resia ni bo bili pasli te konje nu te wöwce "avranno pascolato i/quei cavalli e le/quelle pecore", gore z te göre "su dalla/da quella montagna". Le due informatrici ML e LB, richieste di un chiarimento circa 1'uso di te, hanno risposto nei primo caso "quelle montagne dove ci troviamo" e nei secondo hanno precisato che non userebbero te se non pensando a quei cavalli e a quelle pecore che gli antichi abitanti, oggetto del discorso, avevano con se. zione interna al SN non puö sviluppare Art Indet e, ad esempio, nelPalbanese sono possibili sequenze come nje burre i madh "un uomo il grande", con l'Indet 'anaforico' preposto al SN e il Det appositivo in posizione interna (cfr. Nocentini 1996: 31 sg.). II modulo albanese collima con quello da noi esemplificato nella sez. 5.2 sotto 2, poiche din dujizec dovrebbe propriamente essere letto "un coniglio il selvatico"; e collima con una sequenza come an milostivi, dobrutlivi Bug "[tu che sei] un Dio (il) misericordioso, (il) benevolo = di quelli misericordiosi e benevoli" (dal Catechismus di Trubar [1550]: 75), che Kolarič considera agrammaticale (Kolarič 1960: 191), vedendo nella presenza simultanea di Art Indet e suffisso Det un'indebita 'confusione', seguita alia riduzione vocalica (secondo l'ipotesi ricordata sopra, ad inizio della Parte II). In base ai nostri parametri, invece, l'Art Indet e la marca di definitezza non risulterebbero incompatibili, dal momento che espri-mono funzioni distinte realizzate in maniera palese. Come si vede, siamo in presenza di una catafora rispetto alia relativa specificante ricavabile dalle presupposizioni "Ci troviamo presso /su una montagna [Nj]" e rispet-tivamente "E noto che gli antichi abitanti avevano con se cavalli e pecore [NJ": —» "La montagna [N2] [anafora rispetto alia presupposizione e catafora rispetto alia relativa specificante] dove ci troviamo [relativa specificante]" ecc. Questo ci permette di interpretare te come Dim e di considerare questa tipologia una variante di quella sotto 1 (din zee —» ((te) zee). 5.4. Alcuni esempi di variabilitä nell'area slovena dialettale considerata Per quanto riguarda la variabilitä nell'uso degli elementi qui considerati, sceglie-remo alcune sequenze registrate nella Val Torre (Merkü 1972: 189). Nel testo si rac-conta di due case, una abitata da gente povera, l'altra da gente ricca. Ecco i quattro sin-tagmi per noi interessanti: (1) Uta prvi hiš [cfr. Loc femm. sing. slov. v prvi hiši] smo stopil tu hišo, (2) tu tisti hiš [cfr. slov. v tisti hiši] 3) tel buosci [tel sta per teli', cfr. Nom maseh. pl. slov. ti(le) ubožci] niso vidil... Tam (4) u tist druji hiš [cfr. slov. v tisti drugi hiši], ke smo bil, ... "(1) Nella prima časa siamo entrati in časa, (2) in quella časa (3) questi poveretti non hanno visto... La (4) in quell'altra casa, che siamo stati..." Le espressioni (1) e (4) corrispondono al tipo 4 dello schema presentato nella sez. 5.3; le espressioni (2) e (3) corrispondono al tipo 1. Rispetto a N2 di 4, i sintagmi (1) e (4) ripetono la testa nominale "casa", portatrice dei tratti generici, irrilevanti ai fini della comunicazione, poiche 'noti' rispetto a quelli specifici su cui s'innesta la predi-cazione smo stopil "siamo entrati". Le conseguenze di questa diversa portata semantico-informazionale, giä illustrate, sono visibili per il fatto che l'unica entitä prowista di Des e 1'Agg distintivo di sintagma (prvi e rispettivamente drüyi); quanto all'alternan-za tra ta e tist, qui non declinati (il Loc dovrebbe infatti dare rispettivamente ti e tisti), potremmo equipararla a quella di it. Art/Pron Dim (il/quello), che contempla la neutra-lizzazione dei tratti deittici del Dim, in quanto esprime il PRON sostantivante 'interno' al SN (= "nella seconda casa/in quella seconda"). La selezione di tist "quello", forma 'evoluta' di te <— plsl. Dim tü, appare come una forzatura 'anche' rispetto all'italiano (si cfr. l'equivalente "in quella seconda" anziehe "nella seconda"); e in quanto aserivi-bile ad un calco per ipercorrettismo ad opera di bilingui sloveno-romanzi su modelli del tipo in quello rosso, verde, ecc., permette di allineare il duplice tragitto compiuto da plsl. tu presso la varietä considerata a quello compiuto da lat. illu(m)\ Dim tu PRON te = PRON tist Dim tist <— Dim ta/te+isti "quello stesso" • ART/PRON il = ART/PRON quello <- Dim quello <- Dim eccu(m) illu(m) "ecco quello" Dim illu(m). Si tratta, in defmitiva, di percorsi paralleli che denotano il ciclico rafforzamento delle forme Dim, compensativo dell'usura derivante loro dall'impiego testuale. Nelle sequenze (2) e (3) il Dim e anaforico 'esterno' al SN2, riferito - quindi investi-to - dei tratti specificanti esprimenti il [+ noto]. Abbiamo piü volte sottolineato come la pregnanza semantico-informazionale di questi tratti, rilevanti rispetto a quelli generici della testa nominale, intacchi il tratto deittico del Dim, potenzialmente fino ad eliminarlo a favore di quelli prettamente grammaticali, come e awenuto per lat. ille —> (Art Det)+ ART. Da questo punto di vista le due sequenze in parola mostrano un comportamento opposto: la prima (tu tisti hiš slov. v tisti hiši) pare congruente con 1'evoluzione latino-romanza, in quanto Dim rafforza la propria marca di caso a scapito di quella del Nome; nella seconda (tel buosci slov. ti(le) ubožcђ awiene esattamente 1'opposto. Non e esclu-so che la causa sia di natura prettamente fonosintattica. Certo e che casi del genere, men-tre lasciano aperto il problema, mostrano quanto lo studio di questi dialetti possa giovare ad un approfondimento della categoria articolo e di quant'altre ne vengano implicate. 5.5. Prospetto parziale del contrasto italiano - sloveno standard - sloveno dialettale Nello schema che segue riassumiamo gli esiti parziali, ma rilevanti, della ricerca com-piuta presso i dialetti di Resia, del Torre e del Natisone, relativamente all'Agg sostantiva-to a referenza generica e al Nome a referenza specifica e rispettivamente generica. Detti ri-sultati, in aggiunta a quanto e emerso finora, da un lato vengono a sottolineare le differen-ze tra dialetti e sloveno standard, nonche il contrasto sloveno-italiano, e dall'altro permetto-no di verificare su di essi le posizioni di Skubic e di Tolstoj, ricordate ad inizio della sez. 5. Per le sigle: ART/DES = PRON+'caso'; Pron = PRON realizzato foneticamente; Art = [+/- Def], it. un/il povero ART un bimbo ART+Art il bimbo ART+Art slov. Resia Torre AS (= Agg sost.) a referenza generica = ASRG ubogi Pron din/te bogi ART Pron dan božac ART DES SN (= Nome) a referenza specifica = NRS otrok0 DES otrok0 DES (din) wotrok0 (Art) DES (te) wotrok0 (Dim) DES (dan) otrok0 (Art) DES (te) otrok0 (Dim) DES Natisone an biiožac ART DES (an) otrök0 (Art) DES (te) otrök0 (Dim) DES SN (= Nome) a referenza generica = NRG il/un bimbo otrok0 (din) wotrok0 (dan) otrök0 (an) otrök0 ART DES (ART) DES (ART) DES (ART) DES Tolstoj considera lo sloveno dotato di Art, alia stregua di alcune lingue slave balca-niche, sulla base di un ASRG come res. te bögi. Skubic, invece, lo considera sprov-visto di questa categoria sulla base delle forme in NRG, passibili bensi di prendere din/art, ma non di prendere te. Le analisi da noi compiute sembrano avvalorare la seconda tesi, in quanto ne in ASRG ne in NRS l'elemento te si comporta come l'Art romanzo. In ASRG esso funge, invero, da formante 'interno' al SN e non potrebbe fungere da formante di NRG, dal momenta che detta funzione e assolta da DES. E se figura in NRS, acquista automaticamente valore di Dim. I casi piü interessanti sono certamente quelli in ASRG, su cui ci soffermeremo alquanto. Se confrontiamo tra loro i tre esiti dialettali, notiamo come, a fronte dell'Agg sostantivato del resiano din/te bogi, le altre due varietä presentino il corrispondente sostantivo (dan bözac, an biiožac), mostrando cosi di estendere alia referenza generica la restrizione rilevata nello standard sull'impiego dell'Agg sostantivato per la referenza specifica (cfr. sopra, sez. 5.1, gli ess. in 20). La restrizione, peraltro, non e co-gente e tanto meno generalizzata sul territorio, come prova il fatto che nella Val Torre, ma non cosi in quella del Natisone, accanto a dan bözac siamo riusciti a 'strappare' agli informatori la forma (evidentemente innaturale) te bözi, mentre entrambe queste varietä contemplano la sostantivazione dell'Agg "ricco" (dan boat, an/te bogät). Ram-mentiamo, inoltre, che il resiano ammette l'Agg sostantivato anche per la referenza specifica, come visto sopra, sez. 5.3, es. 3, il che consiglierebbe quantomeno di appro-fondire lo studio di questo preciso settore della grammatica slovena. Un ulteriore motivo di interesse e dato dall'alternanza dan (o an)/te nell'ASRG (cfr. din/te bögi, an/te bogät), facilmente interpretabile secondo it. un/il povero, un/il ricco. Ma sappiamo ormai che tale interpretazione, sul piano funzionale, e fuorviante, anche se mancano rese alternative a quella qui trascritta, capaci di dar conto della di-screpanza intersistemica quale emerge se poniamo a confronto l'Agg sostantivato res. din/te bögi con il Nome dan bözac del dialetto del Torre (entrambi sotto ASRG) e con res. (din) wotrök (sotto NRG): din bögi dan bözac (din) wotrök te bögi (*te) bözac (*te) wotrök "il/un povero" "il/un povero" "il/un bimbo" "il/un povero " "il/un povero" "il/un bimbo" A prescindere da Des dello sloveno, l'accostamento di dette forme ci permette di allineare a pieno titolo it. il/un solamente con dan/din, di farlo con riserva nel caso di te+ Agg sostantivato e di escluderlo per i Nomi. La riserva riguarda te bögi, che nel-l'elenco segna il passaggio dalle forme con dan/din date da Nomi o da Agg funzio-nante come Nome (din bögi), a quelle di Nomi impossibilitati a ricevere te. Se ne deduce che te bögi non funge da Nome, a differenza di it. il/un povero. In ASRG res. din/te bögi occorrerä pertanto distinguere tra din, riferito indirettamente (o implicita-mente) al Nome sottostante {človek), secondo l'ipotesi discussa nella sez. 5.1 (ess. 19.a e 19.b), e te, Pron gravitante entro la sfera dell'Agg in funzione di un SN complesso (človek te bögi) e come tale assente in ASRG dell'italiano. Tenuto conto del fatto che lo sloveno e caratterizzato dalla categoria Des, Tunica deputata a formare Nomi, richiamandoci ad argomentazioni giä compiute, basterä qui ribadire che mentre it. il/un funge da ART sostantivante 'diretto' e generalizzato (ovvero tanto per il Nome quanto per l'Agg), l'elemento din/dan e privo di tale funzione, e la sua presenza - anche solo facoltativa - in sintagmi a referenza generica andrä spiegata nei termini assunti per Nj a referenza specifica (cfr. sopra, la sez. 5.2), dato il supposto 'pericolo' per il Nome di venire altrimenti inteso come nome/Pred (cfr. Otrok vedno teka za mamo: 1) "Da (vero) bambino, corre sempre dietro alia mamma"; 2) "Un/Il bambino corre sempre dietro alia mamma"). II clitico din/an si limita pertanto a segnalare il carattere argomantale del Nome, e lo fa in maniera indi-retta, qualora il Nome che assegna dignitä di sostantivo ad Agg rimanga ad esso sotteso. L'unico motivo per cui abbiamo contrassegnato dan/an, din/te di ASRG e din/an di NRG con la sigla ART, alio stesso modo che it. il/un, e dato dalla natura proclitica di detti elementi. Per la precisione, te di ASRG res. te bögi, in quanto 'anticipa' il suf-fisso -/, andrebbe contrassegnato con Pron. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI BANFI, E. (1985), Linguistica balcanica, Bologna: Zanichelli. BENACCHIO, R. (1994), Particolaritä morfosintatiche del dialetto resiano, in Problemi di morfosintassi delle lingue slave, 4, Padova: UNIPRESS. (1996a), A proposito dell'articolo determinativo in sloveno: la testimonianza del Catechismo Resiano del Settecento, in BENACCHIO, R./MAGAROTTO, L. (a c. di), Studi slavistici in onore di Natalino Radovich, Padova, CLEUP: 1-16. (1996b), L'articolo nel dialetto resiano: sulla questione della determinatezza nelle lingue slave, in BENACCHIO, R. & FICI, F. & GEBERT, L. (a c. di), Determinatezza ed indeterminatezza nelle lingue slave, Padova: UNIPRESS. 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Vprašanje je zanimivo ne toliko za opis diasistema v slovenščini, kot za to, da bi lahko definirali kategorijo romanskega člena, kot se je razvila iz kazalnega zaimka v latinščini, torej v jeziku, ki ni imel za samostalnik nič manj trdno sklonsko pregibanje kot slovenščina. Ugotovitev, da se ta domnevni člen v slovenskih narečjih funkcijsko ne sklada z romanskim členom in da se v slovenščini o nedoločnem členu pravzaprav ne more govoriti, pa premakne naše zanimanje na vprašanje o razlo- gih, ki so privedli do različnih sistemov v dveh jezikih, ki sta si tipološko vendarle blizu. Če upoštevamo, da seje romanski določni člen razvil iz anaforične rabe latinskega kazalnega zaimka illu(m), je umljivo, da se analiza še posebej posveča preverjanju funkcije kazalnega zaimka v slovenščini; opazujemo nasprotje med romanskimi in slovanskimi jeziki, kot ga kaže kazalni zaimek ob samostalniku ob svojem prehodu od osnovne funkcije k drugotni. V svojem razglabljanju sledimo logiku Montagueu; njegovi kriteriji nas navajajo k razlagi procesa v določanju determiniranosti samostalnika preko predikativnih črt glagola, kot jih ugotavljamo v ustreznih enakovrednih oziralnih odvisnikih. Samo romanski jeziki v primerjavi s slovanskimi - in še posebej s slovenščino - poznajo možnost, da se namesto oziralnega odvisnika zatečejo k preteklemu deležniku v funkciji samostalnika. Ena od značilnosti slovenščine, omejevanje rabe trpnika in tako tudi rabe pasivnega deležnika za preteklost kot samostalnika, postavlja tipološko pregrado, ki ostro loči slovansko družino jezikov od romanske, tako kot drugačna fleksija samostalnika, analitična ali sintetična, razvoj perifrastičnih glagolskih oblik in raba pomožnika "avere". Obravnava ključnega elementa, kjer je merilo za presojo opozicija 'kategorija člena'/trpnik' upošteva tudi sisteme v slovanskih jezikih na Balkanu in tiste v slovenskih narečjih; metodološko temelji na teoriji vzorcev in ima zmeraj pred očmi semantično-pragmatično perspektivo, iz katere naj bi izhajali, tako se vsaj zdi, tudi oblikoslovno-skladenjski jezikovni pojavi. Dr. Sorin Paliga Bucharest CDU 805.90-21 ROMANIAN DEFINITE ARTICLE REVISITED Introduction I shall attempt to resume a long, almost endless discussion: the origin of the Romanian definite article. Any grammar of Romanian or any comparative grammar the Romance languages (e. g. Tagliavini 1977) always observes that Romanian, an isolated case in the Romance family, has an agglutinated definite article. The typology is not indeed rare: Bulgarian, Albanian, Armenian, Basque and Swedish witness the same mechanism. We cannot approach the topic by analysing all these languages, yet a comparative analysis would be finally useful. In our case, it is obvious that Romanian cannot be isolated from Albanian and Bulgarian. A potential solution must explain the situation in ALL these three "Balkanic" languages, even if Romanian is not Balkanic stricto sensu1. The paper shall focus on the deep roots of the Romanian and Albanian definite article, its typological relations with other linguistic areas, and shall attempt to explain this isolated situation in the field of Romance linguistics. For sure, the Romanian definite article mainly reflects the Latin heritage. Nevertheless, by saying only this, the tableau is not complete: some forms are not Latin but Pre-Latin, Thracian. This paper will try to substantiate this assertion. The definite article of nouns and adjectives Though the facts are well known, I shall resume the basic facts and point out less known details. At a first glance things are so simple: the definite article reflects the agglutinated Latin demonstrative. And yet... ' The term Balkanhalbinsel 'Balkanic Peninsula' was coined in the year 1808 by the Berlin geographer Johann August Zeune starting from the Turkish word balkan 'mountainous rocky land' and presumably reflects a caique after Bulg. Stara planina. The word Balkan(s) had a tremendous success, especially in its extended meaning (including its political connotations). The original meaning was purely geographic and referred to the modern states of Bulgaria, Macedonia, Albania and Greece. Sing. PI. N. A. G. D. V. Mase. -m, -ul, -le* -lu(i)\ -ul-e t Fem. -a -(e)i, -(i)i Mase. -i -lor t Fem. -le -lor * The form -u is always colloquial and is attested in the oldest Romanian texts, whereas -ul is bookish. Both are used with the former Latin nouns of second declension or assimilated with them (e. g. lupus > Rom. lup). The form -le is both colloquial and bookish and is used with former nouns of third declension (e. g. canis, Acc. canem > Rom. ciine). Therefore the definite forms are, e. g., lup-lupul, but ciine-cünele. H Lu is always colloquial, lui (with i pronounced as semivowel y) belongs almost exclusively to the written language. Identical to the personal pronoun, genitive-dative, t Identical to the personal pronoun plural, genitive-dative. t Common nouns like om - omule,fecior 'son' - feciorule, but copil 'child' - copile. The pattern is therefore: sometimes noun + definite article -ul + ending e (< Latin vocative -e), sometimes the definite article is not required (no rule). See below the case of personal names. Masc. sing. N. A. -u is as old as the form -ul, despite the largely spread hypothesis that the colloquial form -u would be simplified from -ul. Oldest Romanian texts witness -u rather than -ul. It is true that the form -ul is the only accepted in written texts, whereas -u belongs to the spoken language and is in fact the unique spoken form. Masc. sg. N. A. form -u has an identical parallel in Albanian, e. g. shok-shok-u 'a colleague, comrade', zog - zogu 'a bird', etc. Useless to say that the form -u cannot be explained from Latin like all the other forms in Albanian, where the paradigms are more complicated. Let us compare the Albanian forms: The Albanian Definite Article Forms in the Nominative singular Masc. -i or -u Fem. -a N. -t, -te PI. -t, -te Type I Ц Type II t Type III * Type IV % Type V** Ind. Def. Ind. Def. Ind. Def. Ind. Def. Ind. Def. N - i — u - a - t, te t, te G i it u ut e s, se i it ve ve, vet D i it u ut e s, se i it ve ve, vet Ac. - in, ne - un, ne - n, ne - t, te t, te Abi. i it u ut e s, se i it sh,ve ve, vet Чј Includes most masculine names. t Includes some masculine forms which end in -g, -k, -h or in a stressed vowel. • Feminine; includes also a few personal masculine names which end in -e or -o, like tate, tata. $ Includes all neuter forms. ** Plural forms. First conclusions: (1) form -u is as old as the form -ul, perhaps even older (see below); it is identical to Albanian paradigm in -u; (2) form -ul reflects indeed Latin ille with the link vowel -u-. • Masc. sing. N. A. form -le is used in case of words ending in -e e. g. ciine < Lat. cane(m), i. e. former Latin names of third declension or assimilated to it. It obviously reflects Lat. ille. • Fem. sing. N. A. -a reflects Latin ilia. Things are more complicated with the G. D. form -ei and sometimes -ii. It is well known that Fem. sing. G. D. forms are identical to Fem. pi. N. A. forms (non-articled), e. g .fatä 'girl' - fete which is both G. D. sing, and N. A. pi. The definite article is called to clarify the casz-.fetei 'to the girl' - fetelov 'to the girls'. So we may question whether the article of the fem. sing. G. D. is -/, identical to Albanian -i, or -ei as hypothesised by many linguists, it is true not taking into account the Albanian forms. Difficult to decide: if the old paradigm in Romanian for fem. sing, is (indefinite v. definite respectively) -ä v. -e (e. g .fatä - fete), then the definite article for fem. gen. is INDEED -i (pronounced as a semivowel y, not -ei, pronounced ey). It is true that the corresponding personal pronoun G. D. is ei (v. masc. lui), but for both genders the short (unstressed) form is i. I would not dare to derive it from Latin as many other linguists do. • Fem. pi. N. A. -le reflects indeed the Latin demonstrative. The same is valid for the forms -lui and -lor identical to the oblique cases of the personal pronoun el (masc. sing.) - G. D. lui and ei (masc. pi.) - lor. • Romanian neuter forms follow the general rule: masculine forms are used for the singular and feminine forms for the plural. Romanian neuter is therefore strictly different from Slavic or German neuter. A brief survey with the corresponding example is perhaps useful: Masculine (indefinite / definite) Sing. N. A. om / om-u, om-ul dine / ciine-le G. D. om / om-u-lui dine / ciine-lui PI. N. A. oameni / oameni-i ciini / cttni-i G. D. oameni / oameni-lor ciini / ciini-lor Note: The graphic sequence ii includes (1) the mark for plural -i + (2) the definite article -i; it is pronounced as vowel i, against the indefinite plural form in -i which is pronounced as a very short i, in fact a palatalisation of the previous consonant. Therefore, the pi. indefinite form lupi is pronounced /lup'/, whereas the pi. definite form lupii is prounced llupil proper. The various pronounciations of graphic i represent a hard try for the foreigners who study Romanian. Note: In feminine singular, the opposition definite - indefinite of the first class (ending in -a) is the opposition ä/a. ä is the neuter vowel d, usually the quality of a in unstressed position; a similar sound is Alb. e and Bulg. ђ. Again, the spelling ii reflects a normal /i/, against the spelling i which in Romanian usually reflects the semivowel lyl. Romanian neuter has no special forms. It uses the masculine forms in the singular, and the feminine forms in the plural, with (sometimes) the mark of plural -uri which is only for neuter plural. Otherwise the paradigm follows the same rule: the neuter is masculine in the singular and feminine in the plural. The latin ille, ilia, illud has been considered and accepted as the origin of the Romanian definite article. It is indeed so, yet NOT ALL THE FORMS reflect this origin. And, if we refer to Albanian, with which Romanian has indeed much in common, we can realise that the situation is not so simple. It is not simple indeed even if we ignore the Albanian forms, as usual with most linguists who have analysed the topic. The popular Latin forms which explain the definite article not only in Romanian, but also in Western Romance languages, are: Feminine (definite / indefinite) Sing. N. A. fat-a / fat-a femei-e / femei-a G. D. fet-e / fete-i femei / femei-i (i-i is pronounced /if) PL N. A. fete / fete-le G. D. fete / fete-lor femei / femei-le femei / femei-lor Singular N. A. G. D. D. Masculine *ellu (str.), *lu (unstr.) *lui *li (cf. Arom. I'i, Rom. i) *ella (str.), *la (unstr.) *laei (= * legi) Feminine Plural N. A. G. D. D. A. *elli (str.), *li (unstr.) *loru *elle (str.), *le (unstr.) *loru *le *lo(s) (cf. Old Rom. la) *le (Rom. le, It. le) *lo(s) (cf. Old Rom. la) * This reconstruction (Ivänescu 1980: 133-134), one of the best I have knowledge of, does not explain all the Romanian forms, among these the feminine singular form -a and accusative sing, of the feminine pronoun -o. Ivänescu justly notes, on the next page, that the agglutinated position of the Romanian definite article should be explained as a Thracian influence. He refers, of course, to the known fact that both the definite article and the adjective follow the rule "first the noun, then the article and/or adjective". This is the usual form in Romanian, though dialectally some forms of the definite article are placed before the nouns and, from various stylistical reasons, the adjective may be placed before the noun. But the standard, also archaic, order is noun + definite article or noun + adjective. He does not dare mention that those forms difficult to explain via Latin may very well be inheritied from the Thracian substratum, like - on the other hand - the colloquial and dialectal forms of the verb a fi 'to be': is 'I am, they are', ti 'he, she is', which can NEVER be explained from Latin, but rather reflect a Thracian heritage. The limited purpose of this paper does not allow me to extend the discussion. It is high time to pass to the next step: The definite article of demonstratives and adverbs! Romanian is different from any other Romance or Germanic language by using a specific form of the definite article. The situation has not been properly observed by most linguists and grammarians, so I shall concentrate on it. Romanian uses an invariable definite article -a for both demonstrativa and adver-bia. The invariable form -a should NOT be confused with the feminine definite article of singular forms. Many linguists, by not confusing the situation, simply claim that this specific -a is a particle. It is not a particle, it is a genuine and very clear definite article. Some examples may prove relevant. Demonstrativa The invariable definite article for demonstratives is used for masc. and fern, sing and masc. and femine plural forms. It is always -a. Examples: • acest 'this' (masc. sing.) - acesta 'this (plus the definite article)'; no equivalent translation, approx. 'this [person] I am talking about'. Acest om este särac 'this man is poor' Acesta este särac 'this (definite: man I am talking about) is poor' • same construction is applied to similar forms like acel 'that' - acela • aceastä 'this (fem. sing.) - aceasta 'this (plus the definite article)'; no equivalent translation, approx. 'this [woman] I am talking about'. Aceastä femeie este säracä 'this woman is poor' Aceasta este säracä 'this (definite: woman I am talking about) is poor' • ace§ti 'these' (masc. pi.) - acedia (same meaning plus definite article); no equivalent translation, approx. 'these [persons] I am talking about'. • acei 'those' (masc. pi.) - aceia; identical construction as above. • aceste (fem. pi.) - acestea 'these [women]' without and respectively with the definite article. • acestor (G. D. plural forms for both masc. and fem.) 'to these [men or women] -acestora. • acelor (G. D. plural forms for both masc. and fem.) 'to those [men or women] -aceslora. Adverbia Few adverbs very frequently used witness the same definite article -a. Examples: • ades (from adj. des < Lat. densus) 'frequently' - adesea (with link-vowel -e which, given its position, is pronounced like a semivowel: e^a). • pururi 'for ever, eternally' -pururea (with the same link-vowel -e); also in the construction de-a pururi - de-a pururea (same meaning, same parallel without and with definite article respectively)2. Two exceptional forms: tatältata 'father' and popä/popa 'a priest' Tatä 'father' is articled tata (identical to Alb. tate, tata), andpopä 'a priest' is articled popa. It is outstanding that these two exceptional forms have never been properly analysed, according to my available information. The origin of tatä is, of course, 2 Pururi was initially a noun, of neuter gender, *pur, pi. pur-uri, presumably of Thracian origin and having the meaning 'fire' i. e. 'eternal fire'. For the peculiar evolution of this meaning see Paliga 1992, reprinted in Paliga 1999. Latin tata, -ae m., used in colloquial Latin (the modern English equivalent would be 'dad, daddy'). The masculine gender of the Latin original is preserved in Romanian. Things seem much more complicated with the form popä 'a priest'. All the dictionaries and studies I have knowledge of (no exception) indicate that the origin is Slavic рорЂ, not Latin popa, -ae (also a colloquial word) 'a priest in charge with sacrifices'. Rom .popä is also exclusively colloquial (against the formal, official term preot < Lat. presbiterum). Indeed the Slavic form рорЂ cannot be avoided, nevertheless things are not so simple, because Slavic popü cannot result in Rom. popä. This origin is to be identified in NP Pop, against Popa. The only argument I have heard3 (never read) is that Lat. popa should have resulted in Rom. *poapä. I doubt that such an evolution is possible, because (1) the diphtongation in the pre-fmal syllable (o > oa, in literary Romanian, or o > ö, i. e. open short o, in regional Transylvanian Romanian) is the EXCLUSIVE attribute of the femine gender, and (2) a Slavic masculine could NEVER result in a Romanian masculine noun with feminine aspect. In fact, beside popä4, there is only tatä.5 It is impossible to accept the idea that Lat. tata and popa6 , two colloquial Latin forms of masculine gender of the first declension, preserved in Romanian as tatä and popä respectively use the definite feminine article. In these two forms, THE ONLY ACCEPTABLE HYPOTHESIS is that they preserve the archaic bi-gender (or bi-func-tional masculine-femine) article -a of Thracian origin. We cannot know the various paradigms of the Thracian noun, but it is safe and logical to assume that such an article did exist, as it has been preserved in some archaic Romanian forms belonging to the basic vocabulary. A would-be form *poapä is really impossible, as the diphtongation of the pre-final o in case of feminine words ending in -ä and (sometimes) -e is such a strong mark of the femine gender, that the rule is followed by the recent borrowings, e. g. director m. -directoare. Popä 'priest', with a deep mark of the masculine character, can never become *poapa which sounds pejorative. The word is really sometimes heard with the meaning 'a priest's wife'. 3 Dr. Gheorghe Mihäilä, specialist in Old Church Slavonic and author of numerous books regarding the relations between the Romanians and the Slavs. 4 It is not the purpose of this paper to discuss the origin of Slavic рорг, but I wonder whether the largely accepted theory which considers this word as reflecting Gr.-Lat. papas should not be rather replaced by a less comfortable theory, implied in this text, that it reflects Rom. popä. For further discussions regarding the oldest Romanian and Thracian borrowings in Slavic see Paliga 1996, passim. ® Rom. vodä, abridged from vojevoda, also with feminine aspect, is an obsolete undeclinable form of Slavic origin. It is not used any more: the word disappeared from the common vocabulary when the historical and social context disappeared too. Tatä and popä have remained words of the basic vocabulary. 6 Lat. tata belongs to the childish vocabulary, while the colloquial form popa is presumably of Etruscan origin (Ernout-Meillet 1959 s. v.). The definite article of personal names Personal names follow some other rules, i. e.: • The G. D. form for masculine is placed before the noun, e. g. N. A. Petre - G. D. lui Petre. As always, the definite article is identical to the G. D. personal pronoun. • The feminine personal nouns are ALWAYS articled in the N. A. case: Ileana, Maria, also NL Sofia, Londra, unlike their masculine counterparts which are not. Masculine place-names follow the same rules as masculine common names (i. e. non-articled in N.A. basic forms). • The feminine G. D. forms are identical to the common nouns. Nevertheless in contemporary Romanian the G. D. masculine form is used, though it sounds strangely: lu (instead of bookish lui) Ileana. The form is almost acceptable for foreign feminine personal nouns which cannot be included in a Romanian paradigm ending in -a or -e, e.g. N.A. Carmen - G.D. lui Carmen. The normal form would be *Carmenei, but it is merely theoretical: nobody uses it. Problems appear in written Romanian, not in colloquial Romanian. But maybe the most interesting fact is represented by the personal family names ending in -a. They are represented by an important number of names of various roots: indigenous Thracian, Latin and Slavic. By tradition, a family name reflect the male ascendency, and some of them are indeed articled with the masculine article -u (never ul, which is exclusively bookish), e. g. brad 'a fir' -NP Bradu, Brädeanu (indigenous Thracian root); lup (Latin lupus) - NP Lupu, Lupescu (Latin root), Mircea (from SI. mir) etc. Another category is represented by the forms ending in -a or -ea (a diphtong, with the specific semivowel dialectally pronounced Bradea, Lupea, Toma, Nicula, Mircea etc. As easily observable, a is the (masculine) definite article, not an -a ending as suggested by most scholars. If there are still doubts, I must add that in all such forms, the -a definite article may be replaced by the usual masculine definite article -u, without any change of sense, even though sometimes the -и-articled forms are not usual or never used as such. Discussion Romanian shares with Albanian and Bulgarian the specific agglutination of the definite article. Typologically this construction is also met in Swedish, Armenian, Basque and - according to recent theories - in Etruscan. By analysing all the available relevant data we can observe that: • Romanian is closely related to Albanian in many aspects, specifically the masc. sing, form N.A. -u (colloquial in Romanian) and fem. sing. G. D. -i. • Romanian is unique in preserving an invariable definite article -a for both adverbs and demonstratives. This form should not be confused with the fern, sing, form -a of presumably Latin origin. This article is also used in the case of two words belonging to the basic vocabulary: tatä and popä, both of masculine gender. • The other forms reflect Latin ille, ilia and, for plural, the oblique cases of the personal pronouns are agglutinated and used as the definite article. • The Bulgarian definite article is a caique after Thracian and/or Romanian. An accurate analysis could be made only after deciding whether Thracian was still spoken at the arrival of the first Slavic groups in the South Danubian region, which is very probable (a hypothesis well argumented by the Bulgarian School of Thracian Studies). It is feasible to admit that the agglutinated definite article in Bulgarian and Macedonian is a caique after the indigenous Thracian substratum, later consolidated under the (Proto-) Romanian influence. References Barić, Henrik 1919. Albano-rumänische Studien. Sarajevo. Bonfante, Giuliano 1966. Influences du protoroumain sur le protoslavel Acta Philo-logica 5: 53-69. Bräncu$, Grigore 1983. Vocabularul autohton al limbii romane. Bucure§ti: Editura §tiintificä §i Enciclopedicä. Bräncu§, Gr. 1991. Istoria cuvintelor. Bucure§ti: Coresi. Candrea, I. - A., Ovid Densusianu 1914. Dictionarul etimologic al limbii romäne. Elementele latine (a-putea). Bucure§ti: Socec. Cihac, Alexandru de 1870-1879. 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Doprinos avtohtonega trako-dakijskega jezikovnega fonda je treba tehtati v širšem kontekstu, v celovitosti vpliva substrata; ta je mnogo pomembnejši, kot je to pripravljena sprejeti večina raziskovalcev tega jezikovnega območja. Zorica Vučetić Filozofski fakultet, Zagreb CDU 805.0-54:808.62-54 CONTRIBUTO ALLO STUDIO DELLA COMPOSIZIONE DELLE PAROLE Raffronto contrastivo italiano - croato, croato - italiano. Primi risultati 1. Introduzione Nel presente lavoro si considerano le parole composte italiane e croate, e piü pre-cisamente nella fase moderna dell'italiano e del croato. L'approccio alio studio della composizione delle parole nelle due lingue e sincronico. Si prendono in considerazione solo parole motivate nella coscienza linguistica dei parlanti di oggi. La composizione delle parole, che unisce due o piü elementi costitutivi, creando in tal modo nuove unitä lessicali, e molto importante nella lingua italiana. Si distinguono due casi: in un gran numero di composti il parlante continua ad identificare i due elementi costitutivi dopo che la fusione e awenuta (A+B=AB): in questo caso il signifi-cato del composto e la somma dei significati dei membri costitutivi e il composto e motivato nella consapevolezza linguistica dei parlanti di oggi; mentre in altri composti la fusione dei due elementi costitutivi dä origine a un nuovo significato (A+B=C), per cui i composti non sono motivati nella consapevolezza linguistica dei parlanti di oggi, quindi non sono trasparenti e dal punto di vista sincronico non sono parole composte, ma vanno studiati dal punto di vista diacronico. 2. NOMI COMPOSTI I nomi possono essere composti di due nomi, di un nome e un aggettivo e vicever-sa di un aggettivo e un nome, di un verbo e un nome, di un verbo e un avverbio, nonche di un nome e una preposizione. 2.1. Nome + Nome (N+N) Questo modello formativo puö indicare a) il fine o lo scopo: cittä dormitorio 'grad spavaonica', cittä cavia 'pokusni grad', centro congressi 'kongresni centar', conferen-za stampa 'konferencija za novinstvo', legge quadro/cornice 'osnovni zakon', pas-saggio auto 'prolaz za aute', pausa cqffe 'pauza za kavu', sala congressi 'kongresna dvorana', stalo cuscinetto 'tampon država', zona cuscinetto 'tampon zona'; b) deno-minazioni professionali: caporeparto 'šef odjela', capostazione 'šef željezničke Staniče', capoufficio 'šef ureda'; c) l'unione: carro rifiuti ('carro con attrezzatura per la raccolta dei rifiuti') 'kola za smeće', cittä giardino ('cittä con giardini') 'grad sav u vrtovima', salone TV ('salone con TV') 'TV salon', sigaretta filtro ('sigaretta con fil-tro') 'filter cigareta'; d) l'opposizione: assicurazione contro i danni 'osiguranje protiv šteta', assicurazione incendi 'osiguranje protiv požara'; e) l'argomento: vertenza linguaggio 'spor o jeziku', vertenza pensioni 'spor o penzijama'. 2.1.1. Questo modello formativo puö accumulare in se piü fini o piü funzioni. I composti sono caratterizzati dall'assenza della preposizine davanti al determinante: bar caffe ('che e alio stesso tempo bar e caffe') 'bar kavana', caffe ristorante 'kavana restoran', cucina tinello 'kuhinja blagavaonica', mostra mercato 'izložbeni sajam', poltrona letto 'naslonjač za spavanje', salone soggiorno 'salon dnevni boravak', studio salotto 'studio salon', studio soggiorno 'studio dnevni boravak'. 2.2. Nome + Aggettivo (N+A) L'aggettivo determina e specifica il nome. А1Гinterno di questo modello formativo si possono distinguere due generi di composti a seconda dell'ordine lineare degli elementi costitutivi, e ancora un tipo formativo con tratto [+animato] e con ambedue gli ordini degli elementi costitutivi. 2.2.1. L'aggettivo puö seguire il nome che determina come negli esempi: asse posante 'nosiva os', carro armato 'bojna kola', cassaforte 'blagajna, kasa', centro storico 'povijesni centar', comitato centrale 'centralni komitet', crisi politico 'poli-tička kriza', fatto compiuto 'svršeni čin', servizio pubblico 'javna služba', tempo libero 'slobodno vrijeme'. 2.2.2. L'aggettivo puö precedere il nome che determina: alta marea 'plima, visoka voda', bassa marea 'oseka, niska voda', altopiano 'zaravanak, visoravan', alto-rilievo 'visoki reljef', bassorilievo 'plitak reljef, bareljef, buona condotta 'dobro ponašanje/ vladanje', buongusto 'dobar ukus', buona educazione 'dobar odgoj', maledu-cazione 'loš odgoj', libero arbitrio 'slobodna volja'. 2.2.3. I composti con tratto [+animato] servono a indicare soprattutto esseri umani o animali. La base e costituita: a) da una parte del corpo o da una caratteristica che si riferisce all'uomo: cuore infranto 'slomljeno srce', pellerossa 'crvenokožac', spirito libero 'Slobodan duh', testa matta 'luda glava', malalingua 'pogan jezik, klevetnik'; b) da uno strumento preso come una caratteristica o una qualitä dell'utente: buona for-chetta 'izjelica', buon fucile 'dobar strijelac', buonapenna 'dobar pisac'; c) da un par-ticolare dell'abbigliamento umano che si riferisce a un'attivitä, a una caratteristica o a una qualitä: berretto verde (appartenente a reparti speciali dell'esercito degli USA) 'zelena kapa', casco blu (dell'esercito dell'ONU) 'plava kaciga', colletto bianco (im-piegato) 'bijeli ovratnik', colletto blu (operaio) 'plavi ovratnik', colletto rosa (impie-gata) 'roza ovratnik'; d) da una parte del corpo o da una caratteristica, collegata con l'idea di colore, che si riferisce agli animali: capinera 'grmuša cmoglavka',1 capirosso 'češljugar', codirosso 'crvenperka', pettirosso 'crvendać'-2 Anche il sottotipo con tratto [-animato] e rappresentato da formazioni come Croce rossa 'Crveni Križ', Mezzaluna 'polumjesec, mlad mjesec'. Come si puö vedere dall'esemplificazione qui riportata, il modello formativo di cui stiamo parlando e caratterizzato dall'impiego di alcuni aggettivi in funzione di determinanti: alto, basso, buon(o), libero, mal(o), politico, pubblico, e in particolare di aggettivi di colore: blu, nero, rosso, verde. 2.3. Verbo + Nome (V+N) Questo modello formativo e molto produttivo in italiano. Si tratta di un tipo formativo molto diffuso nella lingua comune contemporanea: sono prevalentemente nomi di arnesi, cose, oggetti, macchine e utensili, nomi di piante e di animali, ma anche nomi d'agente. Nella lingua contemporanea sono particolarmente produttivi i composti con tratto [-umano], I composti appartenenti a questo modello formativo hanno la seguente forma: il verbo occupa sempre il primo posto e regge il sostantivo che e prevalentemente in funzione di oggetto diretto, o raramente in altre funzioni. Ogni verbo transitivo, puö prendere il suo oggetto diretto e formare, virtualmente, un composto di questo genere.3 Naturalmete, solo un certo numero di verbi prende parte a questo modello formativo e forma nomi composti; e tra questi verbi alcuni sono molto produttivi, formano un'intera serie di composti. Si distinguono di solito due tipi di composti, in base alia presenza o all'assenza del tratto semantico [+umano] o [-umano]; nella categoria con tratto [+umano] troviamo nomi che indicano persone aventi caratteristiche particolari; questi composti hanno i tratti semantici [+negativo], [+peggiorativo] o [+ironico]; e nella categoria con tratto [-umano] troviamo denominazioni di apparec-chi, oggetti, utensili e macchine (aspirapolvere 'usisavač prašine, aparat za prašinu', accendisigaro 'upaljač', schiaccianoci 'orašar, razbiorah, krcaljka, krcalica za orahe', lavastoviglie 'stroj za pranje posuđa'), di animali (pigliamosche 'muharica'), di piante (bucaneve 'visibaba'). I composti di questo modello formativo si possono dividere in quattro gruppi fondamentali secondo il criterio basato sul significato. 2.3.1. Nel primo gruppo rientrano prevalentemente i nomi d'agente indicanti persone che esercitano determinati mestieri o attivitä: affittacamere 'iznajmljivač soba', apri- ' In alcuni composti di questo genere la vocale finale della base (e cioe la vocale o) e modificata in i: capinera, capirosso, codirosso, pettirosso. Cfr. M. Dardano 1978, p. 189 2 Per i composti di questo tipo formativo cfr. Tekavčić 1980, pp. 145-146. Dal punto di vista diacronico questi composti vanno analizzati come si legge in Tekavčić: pettirosso 'rosso quanto al petto, rosso di petto'. Dal punto di vista sincronico si possono analizzare come composti del tipo pellerossa. che ha la pelle rossa = il pellerossa, che ha il petto rosso = il pettirosso, che ha il capo nero = la capinera. Cfr. Dardano 1978, p. 189. 3 Per questo problema che riguarda principalmente la funzione originaria dell'elemento verbale dei composti cfr. Tekavčić 1980, pp. 142-144. pistalbattipista 'športaš koji ugazuje stažu', guardaboschi 'čuvar šuma, šumar, lugar', guardacoste 'obalna straža, obalni čuvar', guardamacchine 'čuvar automobila', lava-piatti 'perač suđa', lavamacchine 'perač automobila', lavavetri 'perač prozora', lustra-scarpe 'čistač cipela',joortabagagli'nosač', portabandiera 'zastavnik, barjaktar',por-talettere 'listonoša, pismonoša', spaccalegna 'drvocjepa, cjepač drva', tagliaboschi 'drvosječa'. 2.3.2. Nel secondo gruppo si trovano prevalentemente i nomi indicanti arnesi, cose, oggetti, macchine e utensili: accendigas 'upaljač za plin', apribottiglie 'otvarač stak-lenih boca', apripista/battipista 'buldožer', apriscatole 'otvarač limenih kutija', asciu-gacapelli 'sušilica za kosu', batticame 'malj za meso', cavatappi 'vadičep, izvojac', coprivivande 'mrežast pokrivač hrane', girarrosto 'okretalo za ražanj', guardacoste 'patrolni brod', lanciamissili 'bacač raketa', lavabiancheria 'stroj za pranje rublja, per-ilica', lavapiatti 'stroj za pranje posuđa', lavavetri 'predmet (od gume) za pranje prozora', pelapatatelsbucciapatate 'nož za guljenje kmvcvp\ra.\porta-bagagli 'prtljažnik', portacenerelposacenere 'pepeljara, pepeonica', portaerei 'nosač aviona', portaom-brelli 'stalak za kišobrane', portaposate 'stalak za posuđe', spazzaneve 'ralica za sni-jeg', tergicristallo 'brisač stakla, otirač vjetrobrana', tostapane 'pržionik za kruh', tri-tacarne 'sjeckalica, stroj za sjeckanje mesa'.4 2.3.3. Nel terzo gruppo si trovano i nomi che indicano persone aventi caratteris-tiche particolari, per cui questi nomi sono semanticamente diversi dai nomi d'agente del primo gruppo, soprattutto in quanto hanno in piü i tratti semantici [+negativo], [+peggiorativo] e [+ironico]: attaccabrighe 'svadljivac, kavkađija', giramondo 'skit-nica, protuha, probisvijet', mangiamarroni 'budala', mangiapagnotte 'neradnik', man-giapane 'danguba, besposličar', mangiapatatelmangiapolenta 'osoba ni za što', metti-scandali 'mutikaša, tko pravi škandale', scaldapanche 'lijenčina, danguba', scansa-fatiche 'lj eni vac'. 2.3.4. Nel quarto gruppo si trovano prevalentemente i nomi composti che signifi-cano 'arnese che ripara da qualcosa': parabordo 'bokobran', parabrezza 'vjetrobran, prednje staklo', paracarro 'kolobran, cestovni odbojnik, kamen branik', paracenere 'zaklon od vatre/pepela', paraco/pz 'odbojnik, odbojna motka',parafango 'blatobran', parafulmine 'munjovod, gromobran', parafuoco 'zaklon od vjetra/pepela', para-mosche 'muharica',parapioggia 'kišobran',/?ara?o/e 'suncobran\paraurti 'odbojnik, motka', guardacenere 'zaklon od vatre/pepela. In croato si ha spesso un composto come equivalente formale e semantico dei nomi composti italiani costituiti del verbo parare e di un nome, ma 1'ordine degli elementi costitutivi e inverso, Nome + -o- + Verbo: blatobran, bokobran, gromobran, kišobran, kolobran, suncobran. 4 Per questo modello formativo cfr. Tollemache 1945, pp. 191-205, con un ampio elenco di composti. 86 2.3.5. Verbo + Verbo (+ Nome) Questo modello formativo conta solo pochi esempi: lavasciuga, composto di lava{re) + asciuga(re) 'stroj za pranje i sušenje rublja'; esiste anche il suffissato lava-sciugatrice con duplice base verbale, e il composto formato da due verbi e un nome lavasciugabiancheria. Altri composti di questo genere sono tergilavacristallo 'brisač stakla', nome formato per sovrapposizione di lavacristallo e tergicristallo; lavapara-brezza 'predmet za pranje/čiščenje vjetrobrana ili prednjega stakla'; lavatergilunottol tergilavalunotto 'predmet za pranje/čiščenje stražnjega stakla'; lavatergifaro/lavater-gifari 'predmet za pranje/čišćenje svjetla'. La terminologia si riferisce alia tecnica e alPindustria, e in particolare all'automobile. 2.4. Verbo + Avverbio (V+Avv) In questo modello formativo troviamo pochi composti: buttafuori (impiegato teatrale) 'inspicijent', vogavanti 'veslač koji vesla naprijed', saltimbanco 'akrobat, pelivan\ posapiano 'spor čovjek, tipavac'. 2.5. Preposizione + Nome (Prep+N) In composti di questo genere la preposizione precede il nome: il dopodomani 'prekosutra', il dopoguerra 'poratno doba', il/la senzapatria 'osoba bez domovine', il/la senzatetto 'beskućnik'. 2.6. Qualche volta esistono contemporaneamente il composto e il suffissato e sono sinonimi: asciugabiancheria e asciugatrice 'stroj za sušenje rublja', lavabiancheria e lavatrice 'stroj za pranje rublja, perilica', lavasciuga e lavasciugatrice 'stroj za pranje i sušenje rublja', portaburro e burriera 'posuda za maslac', portafrutta e fruttiera 'posuda za voće'. 3. AGGETTIVI COMPOSTI Gli aggettivi composti possono essere costituiti di un aggettivo e un nome, di due aggettivi, di un aggettivo e un avverbio. Gli aggettivi composti possono essere disuni-ti nella grafia, e in particolare gli aggettivi di colore, o uniti nella grafia. 3.1. Aggettivo + Nome (A+N) Gli aggettivi composti italiani formati da un aggettivo e un nome si possono dividere in due tipi, in base all'ordine degli elementi costitutivi. E per quanto riguarda il significato vi troviamo molti aggettivi di colore. 3.1.1. II nome puö seguire l'aggettivo: grigio perla 'sivobiseran, bisernosiv', rosacenere 'pepeljastoroza'5, rosso fuoco 'žarkocrven', nudo bruco 'sasvim gol'. II nome intensifica e precisa il significato dell'aggettivo. Alcuni di questi aggettivi composti, come rosso fuoco, nudo bruco, hanno valore elativo, esprimono cioe la qualitä al massimo grado ed equivalgono a un superlativo assoluto. 3.1.2. II nome puö precedere Paggettivo: fededegno 'vjerodostojan', nullatenente (e aggettivo, ma puö essere anche sostantivo maschile e femminile 'che/chi non possiede nulla') 'bez posjeda'. II nome ha funzione di complemento (di limitazione in fededegno e di oggetto diretto in nullatenente). 3.2. Aggettivo + Aggettivo (A+A) Sono prevalentemente aggettivi coordinati che uniscono in se due qualitä come in dol-ceamaro 'che e dolce e amaro insieme', agrodolce 'kiseo-sladak, fig. sladokiseo'. Qual-che volta il composto di due aggettivi puö indicare la qualitä al massimo grado, quindi ha valore elativo ed equivale a un superlativo assoluto come in stanco morto ('stan-chissimo') 'mrtav umoran', ubriaco fradicio ('completamente ubriaco') 'mrtav pijan'. 3.2.1. In questo gruppo si trovano molti aggettivi di colore che sono coordinati, e cioe esprimono la gradazione dei colori come in: grigioverde 'sivozelenkast', rosso cupo 'zagasi-to erven', rosso scuro 'tamnocrven', verdebruno 'zagasito zelen', verdechiaro 'svjetlozelen/ otvorenozelen', verde cupo 'tamnozelen', verde giallo 'zelenožut', verdescuro 'tamnozelen'. 3.2.2. Alcuni aggettivi esprimono una vera e propria coordinazione di significati come in pianoconcavo: lente pianoconcava e iente che ha una faccia piana e una faccia concava', sordomuto 'gluhonijem'. 3.3. Aggettivo + Avverbio (A+Avv) Esistono anche composti costituiti da un aggettivo e un awerbio; l'avverbio segue l'aggettivo: chiaroveggente 'pronicav, bistar, vidovit', sempreverde (e nome maschile e femminile, ma e anche aggettivo) 'uvijek zelen, zimzelen': pianta sempreverde 'zimzelena biljka', soprccitato/sopraddetto 'spomenuti, prije navedeni'. 4. VERJBI COMPOSTI I verbi composti hanno, oltre all'elemento verbale, altri elementi ancora, e piü pre-cisamente il nome, l'avverbio o la preposizione. Possiamo parlare di due generi di composti: Verbo+Nome (V+N) e Verbo+Awerbio/Preposizione (V+Avv/Prep). Molti verbi, considerati composti dal punto di vista diacronico, e sentiti come composti nella fase antica della lingua italiana, oggi sono parole semplici, non formate, come mano-mettere 'otvoriti kriomice, premetati' o capovolgere 'preokrenuti, prevrnuti'. II loro significato non e la somma dei significati degli elementi costitutivi, ma essi hanno dato origine a un nuovo significato. I verbi composti italiani, diffusi nella lingua di oggi, sono formazioni analitiche, costituite da un verbo di significato largo e da un nome o un avverbio. Sono le cosiddette locuzioni verbali: far acquisto, fare comparsa, fare una passeggiata, fare una telefonata, far uso,far tardi. ^ In rosacenere ('tonalita di color rosa molto pallido'), cenere e usato in funzione di aggettivo come in biondo cenere 'tonalita di biondo molto pallido'. 4.1. Verbo + Nome (V+N) Le locuzioni sono unitä lessicali costituite di due o piü parole; le locuzioni verbali sono costituite di elementi formativi che sono unitä lessicali autonome. II primo elemento costitutivo e sempre un verbo di senso largo e il secondo elemento e un nome. Molti verbi italiani servono a formare locuzioni verbali tra cui: avere, dare, fare, met-tere, ecc. I loro equivalenti formali e semantici sono prevalentemente le forme anali-tiche croate costituite pure da un verbo di senso largo e da un nome, oppure sono i verbi croati ottenuti con prefissi o con suffissi: avere: bisogno 'trebati', (il) diritto 'imati pravo', (la) fama 'biti na glasu', fame 'biti gladan', fiducia 'imati povjerenja', luogo 'održavati se', (la) pazienza 'biti strpljiv, imati strpljenja\paura 'bojati se', sete 'biti žedan', (il) tempo 'imati vremena'; dare: (l') avvio 'dati poticaj, pokrenuti', im-portanza 'davati važnosti čemu', luogo/occasione 'dati povoda', peso 'dati težinu', ragione 'dati pravo', spettacolo 'prirediti predstavu', torto 'dati krivo komu', udienza 'saslušati koga'; 1'allarme 'dati znak opasnosti', 1'autorizzazione 'dati odobrenje'; fare: allusione 'ciljati, smjerati na koga', bagaglio 'pakovati, pripremati prtljagu',/?rcta 'pretvarati se', fronte 'oprijeti se, protiviti se, odoljeti', una telefonata 'telefonirati, javiti telefonom', uso 'upotrijebiti, upotrebljavati', la caritä 'udijeliti milostinju'; mettere'. bocca in 'zabadati nos u', in atto 'ostvariti', in azione 'pokrenuti', in contatto 'staviti u kontakt/vezu, povezati', in dubbio 'posumnjati, in evidenza 'istaknuti, izni-jeti na vidjelo', in opera 'pretvoriti u djelo', in questione 'staviti u pitanje', in rappor-to 'dovesti u vezu'; a confronto 'usporediti', al bando 'proglasiti'. Molte locuzioni italiane equivalgono al verbo e piü precisamente il nome della lo-cuzione e in rapporto di derivazione con il verbo equivalente; quindi l'equivalenza e lessicale e semantica: aver bisogno 'abbisognare', dare avvio 'avviare', dare allusione 'alluder€,fare acquisto 'acquistare?,fare comparsa 'comparire\fare unapasseggia-ta 'passeggiare', fare una telefonata 'telefonarc\fare uso 'usarQ\fare tardi 'tardare', mettere a confronto 'confrontare', mettere in azione 'azionare\prender cura 'curare', trarre guadagno 'guadagnare'. 4.2. Verbo + Avverbio/Preposizione (V+Aw/Prep) I verbi composti di questo genere non sono frequenti nella lingua italiana di oggi. Gli elementi costitutivi non si possono fondere a causa dei morfemi flessionali del verbo, il quale costituisce il primo elemento del composto; ma sono tuttavia composti veri e pro-pri: buttarefuori 'potjerati, istjerati'; buttar via 'odbaciti', mettere le mani addosso a qcn. 'pograbiti koga, uhvatiti koga', mettere su casa 'urediti kuću, stan';pensarci su 'razmisliti', venire incontro 'izaći/ići u susret komu', venir meno 'malaksati, onesvijestiti se'. 5. COMPOSTI MODERNI Nell'italiano contemporaneo si trova sempre piü un genere di composti molto caratteristico. E un composto nominale, e cioe costituito da soli nomi; il secondo nome determina il primo da cui e retto: centro congressi 'kongresni centar', gusto ciliegia 'okus trešnje', recapito corrispondenza 'dostava pošte', sala congressi 'kongresna dvorana', sapore cioccolato 'ukus čokolade', spazio časa 'kućni prostor', spazio sog-giorno '(prostor za) dnevni boravak', treno merci 'teretni vlak', ufficio informazioni 'obavještajni ured', ufficio pagamento 'platni ured', ufficio viaggi 'putnički ured', vacanzapremio 'nagradno putovanje'. Questo modello formativo e caratterizzato dal-l'assenza dell'elemento funzionale davanti al determinante. II secondo elemento costi-tutivo, determinante del primo elemento, e in funzione di complemento di termine o di complemento di specificazione, oppure e in funzione di attributo. Gli equivalent croati sono due nomi giustapposti o il nome preceduto dall'aggettivo in funzione di attributo. 6. COMPOSTI CROATI Riportiamo alcuni dati importanti per quanto riguarda la formazione dei composti nella lingua croata contemporanea. Tale materiale va messo in risalto al fine di rendere piü facile il confronto tra le due lingue. In croato la formazione dei composti e il pro-cedimento formativo con cui si ottengono parole composte da due o piü basi. Le basi si uniscono mediante gli infissi formativi (-o-, -e-, -i-, raramente -u-) o senza infisso. L'infisso si aggiunge alia prima base nell'ordine lineare. I composti veri e propri sono considerati quelli il cui secondo elemento e una parola autonoma: kuć-e-vlasnik. Ma questi composti sono abbastanza rari. Molto piü numerosi sono i composti ottenuti con l'aggiunta di un suffisso ancora: bjel-o-put-an. Quindi si uniscono contemporanea-mente o sullo stesso livello formativo le basi, l'infisso e il suffisso: e la composizione e la suffissazione al tempo stesso. Tali formazioni croate sono molto piü numerose dei composti veri e propri6. 6.1. Nomi composti II numero dei nomi composti croati veri e propri e molto inferiore al numero dei nomi derivati. E quando da una stessa base si formano, e coesistono, il derivato e il composto, il derivato si usa piü spesso: ribar - ribolovac. II primo elemento formativo del composto puö essere un nome, un aggettivo, un verbo, un numero 0 un awerbio, mentre il secondo elemento formativo e un nome. 6.1.1. Nome + Nome (N+N) Sono composti abbastanza frequenti nei croato contemporaneo che indicano: a) persona: brodograditelj 'costruttore navale/di navi', člankopisac 'articolista, autore dell'ar- 6 Nello studio della formazione delle parole in italiano la derivazione mediante suffisso 0 la suffissazione con-siste nell'aggiunta di un suffisso alia base; e la base puö essere costituita da una parola semplice o non formata, da un suffissato e da un composto. Ci interessa l'ultimo caso, in cui la base e costituita da un composto; il composto italiano Croce Rossa e la base della parola derivata 0 del suffissato crocerossina: Croce Rossa + -ina = crocerossina 'Pinfermiera della Croce Rossa'. ticolo', kitolovac 'baleniere, pescatore di balene', kruhoborac 'егое della pagnotta', kućedomaćin 'padrone di casa', robovlasnik 'padrone di schiavi'; b) azione/ atto: brodogradnja 'costruzione navale/di navi', cestogradnja 'costruzione stradale/di strade', kitolov 'pesca di balene', mostogradnja 'costruzione di ponti'; c) cose, oggetti, mac-chine: drvored 'filare di alberi, viale', paromlin 'mulino a vapore', parostroj 'macchina a vapore',plodored 'rotazione delle colture', slavoluk 'arco trionfale, arco di trionfo'. 6.1.2 Aggettivo + Nome (A+N) I nomi composti di un aggettivo e un nome hanno valore attributivo, e piü precisa-mente l'aggettivo determina il sostantivo: maloposjednik 'piccolo proprietario', maloprodaja 'vendita al minuto', zlodjelo 'cattiva azione', zloduh 'spirito maligno, cattivo genio', zlovolja 'malumore, cattivo umore'. Tra i nomi composti con valore attributivo troviamo pure i composti il cui primo membra e costituito da un aggettivo numerale: dvobroj 'numero doppio', dvored 'doppia fila', dvo-točka (dvotočje) 'due punti', tromeda 'confine di tre campi o tre paesi contigui', troskok 'salto triplice', trozvuk 'accordo di tre toni', stonoga 'millepiedi', četverored 'fila a quattro'. 6.1.3. Verbo + Nome (V+N) Di solito il verbo regge il nome in funzione di oggetto diretto. Sono nomi composti indicanti a) persone con tratto [+negativo]: ispićutura 'beone', palikuća 'incendiario', raspikuča 'dissipatore'; b) cose, oggetti: kažiprst 'indice', vadičep 'cavatappi, cavatu-raccioli'; c) piante: visibaba 'bucaneve'. 6.1.4. Avverbio + Nome (Aw+N) Sono nomi composti con il primo elemento costitutivo pol o vele. I composti con pol indicano che quello che dice il secondo elemento costitutivo e solo una parte, la metä per quanto riguarda la grandezza, il valore, la durata o che e solo parzialmente quello che dice il secondo elemento:polubrat 'fratellastro',po/M»y'era 'mezza misura', polumjesec 'mezzaluna', polusan 'dormiveglia', polusestra 'sorellastra'. I composti con vele indicano che quello che dice il secondo elemento costitutivo e grande per quanto riguarda il volume, la condizione o il grado: velegrad 'grande cittä, metropoli', veleizdaja 'alto tradimento', velesila 'grande potenza', veleum 'grande ingegno'. 6.2. Composto + Suffisso I nomi composti formati da due basi a cui si aggiunge contemporaneamente anche il suffisso sono molto piü numerosi dei composti veri e propri. I suffissi che prendono parte alia formazione di tali nomi sono: -a, -(a)c,-aš, -ica, -je e -0. 6.2.1. II suffisso -a si aggiunge alle basi costituite prevalentemente da un nome e un verbo. I nomi composti formati in questo modo indicano: a) persone: kavopija 'bevitore di caffe', pivopija 'bevitore di birra', vinopija 'bevitore di vino', vodopija 'bevitore d'acqua', krvopija 'succhiasangue, sanguisuga', sudopera 'lavapiatti'; b) persona e animate: štetočina 'insetto nocivo, danneggiatore'; c) azione verbale: ljubomora 'gelosia'. 6.2.2. II suffisso -(a)c si aggiunge alle basi costituite prevalentemente da un nome e un verbo. I nomi composti indicano di solito persone: drvodjelac 'falegname, legnai-uolo', drvorezac 'incisore di legno', kamenorezac 'tagliapietre, scalpellino', najmodavac 'locatore, noleggiatore', najmoprimac iocatario, affittuario',poslodavac 'datore di lavo-ro', posloprimac 'prestatore di lavoro', vatrogasac 'pompiere, vigile del fuoco'. 6.2.2.1. II suffisso -(a)c si aggiunge anche alle basi costituite da un aggettivo numerate e da un nome. I composti indicano persone: dobrovoljac 'volontario, franco tira-tore', inozemac 'straniero, forestiero\ praznovjerac 'superstizioso', pučkoškolac 'sco-laro delle elementari', srednjoškolac 'študente di scuola media, študente medio', viso-koškolac 'študente di un istituto superiore, študente universitario'. 6.2.2.2. II suffisso -(a)c, aggiunto alte basi costituite da un aggettivo numerate e da un nome, forma nomi composti indicanti: a) persone: prvoškolac 'scolaro della prima (classe) elementare', drugoškolac 'scolaro della seconda elementare', trećeškolac 'scolaro della terza (classe) elementare', jednovjerac 'correligionario'; b) animali: jedno-godac 'animate di un anno', dvogodac 'animate domestico di due anni', trogodac 'animate di tre anni'; c) piante: dvoredac 'orzo distico, orzuola'. 6.2.3. II suffisso -as si aggiunge alte basi costituite da un aggettivo (o un aggettivo numerate) e un nome. I nomi composti indicano prevalentemente persone di genere maschile: crnobluzaš, crnokošuljaš 'membro dell'associazione Camicie nere', dru-goligaš 'di seconda lega', dugoprugaš 'fondista', petokolonaš 'membro della quinta colonna', prvorazredaš 'alunno della prima (classe) elementare', srednjoprugaš 'mezzo-fondista', stometraš 'centometrista'. 6.2.4. II suffisso -ica si aggiunge alte basi il cui primo elemento e costituito da un nome o un aggettivo (o un aggettivo numerate) e il secondo elemento e costituito da un nome o un verbo. I composti di questo genere formativo non sono numerosi e espri-mono vari concetti che si riferiscono alia caccia, al bosco e alia natura: bjelogorica 'albero frondifero, boschi di alberi frondiferi', crnogorica 'bosco di conifere', krupno-gorica 'bosco d'alberi d'alto fusto', sitnogorica 'macchia di basso fusto', drvokradica 'ladro di legna', lovokradica/zvjerokradica 'cacciatore di frodo, bracconiere', džepo-kradica 'borsaiuolo', suhomrazica 'freddo secco'. 6.2.5. II suffiso -je si aggiunge alle basi costituite da un nome e un verbo. I composti di questo genere formativo sono nomi astratti connessi spesso con il verbo ljubiti 'amare': bratoljublje 'amore fraterno', domoljublje/rodoljublje 'patriottismo, amor di patria', istinoljublje 'amore della veritä', koristoljubije 'interesse personale', pravdo-Ijublje 'amore della giustizia', srebroljublje 'aviditä di denaro, di ricchezze', vlasto-Ijublje 'aviditä di potere, sete di potere'; o sono nomi concreti connessi con il verbo točiti 'mescere' e indicano luogo, locate, edificio dove si compie tale azione: kavotoč-je 'mescita di caffe',pivotočje 'mescita di birra', vinotočje 'mescita di vino'. 6.2.5.1. II suffisso -je si aggiunge alle basi costituite da due nomi e forma alcuni nomi composti come: praskozorje 'prima luce del mattino, spuntare l'alba', vinogorje 'terreno piantato a viti'. Si aggiunge anche alle basi costituite da un aggettivo e un nome. I nomi composti sono degli astratti indicanti una qualitä o una caratteristica: bistro-umlje, dubokoumlje, oštroumlje 'acutezza d'ingegno/di mente, profonditä di mente', slo-bodoumlje iibertä di pensiero'. 6.2.6. II suffisso zero (-0) si aggiunge alle basi il cui primo elemento costitutivo e un nome, un pronome, un aggettivo numerale o un avverbio, mentre il secondo elemento costitutivo e un verbo. I nomi composti indicano vari oggetti e vari concetti: gromobran 'parafulmine', mostobran 'testa di ponte', kostolom 'frattura d'osso', bla-tobran 'parafango\prsobran 'parapetto'; ugljenokop 'miniera di carbon fossile', kame-nolom 'cava di pietre, petriera'; neboder 'grattacielo', suncokret 'girasole', rukomet 'pallamano', vatromet 'fuochi artificial!, fuochi d'artificio'. Dopo aver confrontato i nomi composti croati con i loro equivalenti formali e seman-tici in italiano possiamo vedere che in italiano prevalgono i costrutti analitici o «composti analitici», e cioe il nome accompagnato dall'aggettivo o due nomi (il secondo nome e preceduto da una preposizione); troviamo poi i suffissati e i composti veri e propri. 6.3. Aggettivi composti Gli aggettivi composti veri e propri non sono numerosi in croato. Sono costituiti di due basi unite mediante l'infisso -o-. II secondo elemento costitutivo e l'aggettivo e il primo elemento costitutivo degli aggettivi composti puö essere a) un nome: vatroot-poran 'resistente al fuoco', vjerodostojan 'degno di fede, fededegno'; b) un aggettivo: gluhonijem 'sordomuto', sladogorak 'dolceamaro, agrodolce'; o c) un awerbio: in questo caso non c'e l'infisso, ma i due elementi costitutivi sono uniti direttamente: dubokouman 'dalla mente profonda, profondo di mente', malovrijedan 'da poco', smaragdnozelen 'verde smeraldino', svijetloplav 'blu chiaro', šljivastoplav 'color prugna', tamnomodar 'azzurro scuro', tamnoplav 'blu scuro', tamnosiv 'grigio scuro', tamnosmeđ 'marrone scuro', tamnozelen 'verde scuro', tamnožut 'giallo scuro'. 6.4. Composto + Suffisso Gli aggettivi composti costituiti di due basi e un suffisso contemporaneamente sono piü numerosi degli aggettivi composti veri e propri. 6.4.1. Sono particolarmente numerosi gli aggettivi composti formati da due basi, dal-l'infisso -o-, pošto tra le basi, e dal suffisso -(a)n. II suffisso si puö aggiungere alle basi costituite da: a) un aggettivo e un nome: bjeloputan 'dalla carnagione bianca', čistokrvan 'puro sangue', bistrouman 'dall'ingegno acuto (0 perspicace)', dobroćudan 'd'indole buona, di buona pasta', dobrodušan 'di buon cuore', dobronamjeran 'ben pensante, ben intenzionato', dubokouman 'dalla mente profonda, profondo di mente', dugoročan 'a lungo termine, a lunga scadenza', hladnokrvan, ravnodušan 'di sangue freddo', kratko- ročan 'a breve termine, a breve scadenza', malobrojan 'piccolo di numero, di poco numero',punopravan 'con pieni diritti', slabouman 'debole di mente', staromodan 'fuori di moda', toplokrvan 'di sangue caldo'; b) un aggettivo numerale e un nome: jednocije-vcm 'a una canna',jednodijelan '(composto) di una sola parte', jednoredan 'a una fila', jednosmjeran 'in una sola direzior\e\jednosoban '(composto) di una camera', dvokatan 'a due piani', dvokrilan 'a due ali, a due battenti', troglasan 'a tre voci', trokrilan 'a tre battenti', četverokatan 'a quattro piani', četveronožan 'a quattro gambe', petodnevni 'di cinque giorni', c) un nome e un verbo: državotvoran 'costitutivo dello stato', glavobo-Ijan 'che causa dolor di capo', glavoguban 'che perde facilmente la testa', miroloman 'che viola o rompe la pace', nadobudcm 'promettente, di belle speranze'; d) un awerbio e un nome: mnogokatan - 'a/di molti piani', mnogoljetan 'di molti anni', višekatan 'a/di piü piani', višeslojan 'stratificato, disposto a strati', višestazan 'a/di piü sentieri'. 6.4.2. II suffisso -ni si aggiunge alle basi costituite dali'aggettivo in funzione di attributo e dal nome che determina; il nome e l'aggettivo sono uniti mediante l'infisso -o-: kratkovalni 'a onde corte', privatnopravni 'conforme al diritto privato, concernente il diritto privato', slatkovodni 'd'acqua dolce', srednjovalni 'a onde medie', starozavjet-ni 'dell'Antico Testamento', svakodnevni 'di ogni giorno, di tutti i giorni', svakonoćni 'di ogni notte, di tutte le notti'. II primo elemento costitutivo e spesso l'aggettivo numerale: jednodnevni 'di un (solo) giorno', jednomjesečni 'di un mese', dvodnevni 'di due giorni', dvotjedni 'di due settimane', trodnevni 'di tre giorni', četverodnevni 'di quattro giorni', petodnevni 'di cinque giorni', šestodnevni 'di sei giorni'. 6.4.3. II sufisso -ski si aggiunge alle basi costituite dall'aggettivo in funzione di attributo e dal nome che determina o dall'aggettivo numerale e dal nome; il nome e il suo aggettivo sono uniti mediante l'infisso -o-: donjogradski 'della cittä bassa', gornjo-gradski 'della cittä alta', srednjoškolski 'di/della scuola media', stolnoteniski 'di/da tennis da tavolo', vanjskopolitički 'di/della politica estera'; dvočetvrtinski 'di due tempi', dvometarski 'di due metri', dvotrećinski 'di due terzi', stokilometarski 'di cento kilometri', tročetvrtinski '(misura) di tre battute'. 6.4.4. II suffisso -0 si aggiunge spesso alle basi costituite da due elementi formativi uniti mediante l'infisso -o-, e piü precisamente costituite da: a) un nome e un aggettivo: bjelobrad 'dalla barba bianca', bjeloglav 'dalla testa bianca', bjelokos 'dai capelli bian-chi', bjeloput 'dalla carnagione bianca', crnobrad 'dalla barba nera', crnokos 'dai capelli neri', crnook 'dagli occhi neri', crvenokos 'dai capelli rossi', dugokos 'dai capelli lunghi', dugonog 'dalle gambe lunghe', dugoruk 'dalle braccia lunghe', gologlav 'a capo scoper-to, senza cappello', kratkorep 'dalla coda corta', praznoruk 'a mani vuote', riđobrad 'dalla barba rossa', ridokos 'dai capelli rossi'; b) un aggettivo numerale e un nome: jedno-grb 'a una gobba\jednokrak 'a un braccio\jednonog 'con una gamba sola\jednook 'che ha un occhio solo', dvocjev 'a due canne/colpi', dvogrb 'con due gobbe', tronog 'a/di tre piedi', peterokrak/petokrak 'a cinque punte', sedmoglav 'di sette teste', sedmokrak 'di sette branche', stoglav 'dalle cento teste'; c) due nomi: srebrokos 'dalle trecce d'argento', zlatoglav 'dalla testa d'oro, dai capelli d'oro', zlatokos 'dai capelli d'oro, dalle chiome d'oro', zlatokril 'dalle ali dorate', zlatorog 'dalle coma d'oro', zlatoruk 'dalle mani d'oro', Zlatoust 'dalla bocca d'oro'. In questo gruppo di aggettivi composti croati formati da due nomi rientrano anche gli aggettivi croati costituiti di due nomi di cui il secondo elemento costitutivo e il nome croato lik che significa 'forma'; gli aggettivi composti di questo genere indicano che qualcosa e simile a quello che dice la prima base nominale, o che ha forma di quello che dice il primo nome: cvjetolik 'simile a fiore, a forma di fiore', grmo-lik 'simile a cespuglio, a forma di cespuglio', grozdolik 'a grappolo, a forma di grappoli', zvonolik 'a forma di campana', zvjezdolik 'a guisa di Stella'; d) un awerbio e un nome: mnogočlan 'di molti membri', mnogoglav 'di molte teste', mnogolik 'che ha varie forme, multiforme', mnogostran 'che ha molti lati, multilaterale, višestran 'che ha molti lati'. Confrontando gli aggettivi composti croati con i loro equivalenti formali e semantici in italiano possiamo vedere che in italiano prevalgono di gran lunga i costrutti analitici o «composti analitici», e cioe i costrutti formati prevalentemente da nomi, aggettivi e preposizioni (da, a e di); questi costrutti rendono bene il significato dei composti croati. 6.5. Verbi composti La composizione dei verbi non e produttiva in croato. Tra i verbi composti croati sol-tanto pochi sono stati creati negli Ultimi tempi, e gli altri sono parole non formate, e non analizzabili dal punto di vista sincronico. Alcuni verbi sono formati dalPawerbio e dal verbo: praznosloviti 'ciarlare, cianciare, parlare a vuoto', brzojaviti 'telegrafare', zlopatiti se 'vivere una vita misera, vivere miseramente', zlostaviti 'maltrattare, malmenare', strmoglaviti (se) 'cadere a capofitto'. Kostolomiti 'fratturare le ossa' e formato dal nome e dal verbo. 7. Conclusione La composizione delle parole e molto piü sviluppata in italiano che non in croato. La derivazione delle parole, quale uno dei procedimenti formativi del croato contemporaneo, e molto piü importante e molto piü sviluppata della composizione; la derivazione, che com-prende la sufFissazione e la prefissazione, e la principale fonte deH'arricchimento del lessi-co nel croato contemporaneo. Nell'insieme del sistema formativo croato i composti occu-pano un pošto di poco rilievo. Questo stato di cose proviene dal fatto che in croato i composti si formano molto meno frequentemente dei derivati, e quando si formano, e piü usata e molto piü normale nella lingua la formazione dei composti con suffisso, e cioe la composizione e la sufFissazione al tempo stesso. In croato i composti con suffisso sono molto piü numerosi dei composti veri e propri. I composti croati hanno l'infisso che congiunge le due basi, mentre in italiano le basi si uniscono direttamente, senza alcuna aggiunta. II tipo di composto italiano, costituito di due nomi, e senza preposizione, e molto diffuso nell'italiano contemporaneo: centro congressi 'kongresni centar', zona cusci-netto 'tampon zona'; in questo modello formativo si riflette la tendenza all'economia linguistica, e in questo modo si ottengono composti brevi, pur tuttavia trasparenti, per- che il loro significato e facilmente recuperabile dagli elementi costitutivi e dal con-testo. L'italiano forma con facilitä questi costrutti, costituiti di due nomi; e la prepo-sizione, che di solito unisce questi costrutti analitici, tende a perdersi, senza che il com-posto diventi anomalo. Gli equivalent formali e semantici di questi costrutti italiani sono, prevalentemente, dei costrutti analitici croati o «composti analitici», formati da due nomi o dal nome accompagnato dall'aggettivo in funzione di attributo. E molto produttivo il modello formativo di nomi composti italiani costituiti di un verbo e un nome. L'italiano forma con facilitä questi nomi composti che si diffondono soprattutto grazie al continuo sviluppo della tecnica e dell'industria e grazie alla rapi-da penetrazione di nuove terminologie tecniche nella vita di oggi. Questo modello formativo e molto diffuso nella lingua italiana contemporanea, molto piü diffuso che in croato. Si tratta prevalentemente di nomi di arnesi, oggetti, mac-chine ed utensili, ma anche di nomi d'agente che indicano l'esercitare vari mestieri. I verbi composti italiani sono costituiti da un verbo di senso largo e un nome. Gli equivalenti formali e semantici di questi costrutti analitici italiani sono, prevalentemente, dei costrutti analitici croati, costituiti da un verbo di senso largo e un nome o un aggettivo, con o senza preposizione. Dal confronto dei composti croati con gli equivalenti italiani risulta che in italiano pre-valgono di gran lunga le forme analitiche; si tratta di un procedimento formativo produttivo e proprio dell'italiano contemporaneo, che riflette la tendenza della lingua verso i costrutti analitici. Troviamo poi i suffissati, i composti veri e propri, i prefissati e i parasintetici. La lingua italiana forma le parole composte con maggior facilitä del croato, soprattutto i nomi che indicano persone e si riferiscono alle loro qualitä o alle loro caratteristiche, poi i nomi che si riferiscono a un'attivitä, i nomi indicanti cose, oggetti, mac-chine e utensili, e cioe i termini che appartengono alle tecnologie moderne penetrate nella lingua di oggi dalla tecnica e dall'industria, i nomi d'agente indicanti nuovi mestieri, nonche gli aggettivi di colore. Nella totalitä delle parole formate della lingua croata i composti occupano una piccola parte e in questa parte del lessico prevalgono i nomi indicanti persone, riguardo alla loro attivitä, alle loro caratteristiche e alle loro qualitä, i nomi indicanti cose e oggetti, i termini che si riferiscono alla caccia, al bosco e alla natura, i nomi astratti indicanti una qualitä o una caratteristica, gli aggettivi di colore, nonche gli aggettivi che esprimono una qualitä o una caratteristica. Bibliografia Alinei, M. (1962), Dizionario inverso italiano, The Hague. Anić, V. (1998), Rječnik hrvatskoga jezika, Zagreb, Novi Liber. Babić, S. (1991), Tvorba riječi u hrvatskom književnom jeziku, Načrt za gramatiku, Hrvatska Akademija Znanosti i Umjetnosti, Zagreb, Globus. Baric, E. e altri, (1979), Priručna gramatika hrvatskoga književnog jezika, Zagreb, Školska knjiga. Barić, E. (1980), Imeničke složenice. Neprefiksalne i nesufiksalne tvorbe, Zagreb, Liber. Battaglia, S. 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Ugotavlja, daje tvorba v italijanščini bogatejša, v hrvaščini pa je bolj pogostna izpeljava, saj predstavljajo zloženke v celotnem besedotvornem sistemu le neznaten del. Največkrat je mogoče najti izpeljavo s priponami. Razlika med primerjanima jezikoma je še ta, da pozna hrvaščina pri tvorbi medbesedno obrazilo, italijanščina pa spaja obe leksikalni prvini neposredno. Za besedno tvorbo v italijanščini je najbolj razširjeni model samostalnik, sestavljen iz dveh samostalnikov, brez predloga (centro congressi 'kongresni centar', zona cuscinetto 'tampon cona'), kar seveda izraža težnjo h gospodarnosti v jeziku, medtem ko ima hrvaščina ustreznike z dvema samostalnikoma ali pa s samostalnikom in pridevniškim prilastkom. V sodobni italijanščini je močno ploden, mnogo bolj kot v hrvaščini, tvorbeni obrazec z glagolom in samostalnikom. Sestavljenke so zlasti pogostne za izraze predmetov, ki so vezani na razvoj tehnike in industrije. Glagoli so v italijanščini tvorjeni iz glagola in samostalnika, hrvaški ustrezniki tudi s pomočjo pridevnika, s predlogom ali brez njega, velikokrat s predponami in priponami. V primerjavi z zloženkami v hrvaščini prevladujejo pri italijanskih skladenjske tvorbe, šele potem izpeljanke s priponami, prave skladenjske tvorjenke, izpeljanke s prefiksi in parasintaktične tvorjenke. Za pomensko plat ugotavlja prispevek, da se zloženi samostalniki v italijanščini nanašajo na označevanje lastnosti in oznak oseb in živali, na aktivnosti, predmete in izraze iz moderne tehnike, pa tudi na poklice oseb; pridevniške izpeljanke pa so posebej pogostne za izraze barv. V hrvaščini so v rabi tvorjenke za izraz predmetov in stvari, tudi za osebe, ki opravljajo neko aktivnost, za abstraktne samostalnike kot izraz lastnosti ali značilnosti, za samostalnike v pomenskem polju za lov, gozd in nasploh za naravo, pri pridevnikih pa predvsem za izraz barve, pa tudi lastnosti in karakteristike. Primož Vitez Ljubljana CDU 804.0-4:043.3(497.4) LE BYNAMISME ACCENTUEL DANS LE DISCOURS MEDIATIQUE FRAN^AIS1 0 Introduction Le present article a pour but d'exposer une analyse critique sur la nature et le fonc-tionnement des faits accentuels en fran?ais, notamment tels qu'ils sont manifestes dans un corpus selectionne de textes mediatiques, et surtout ceux qui se presentent dans les emissions d'information televisees. Ce type de discours presente quelques particularity accentuelles qui sont d'autant plus interessantes si Ton considere l'influence qu'ont les medias electroniques sur la potentiality de la formation normative d'un code, partage par les membres (telespectateurs) d'une communaute linguistique. 1 L'accent: generalites L'accent linguistique est un fait prosodique et Tun des elements fondamentaux de la competence linguistique, propre aux locuteurs d'une langue donnee. L'acquisition de la competence accentuelle a pour resultat l'usage actualisateur dans le processus de la communication: les actualisations de l'accent linguistique - inherent au systeme -sont automatisees, et leur usage, conditionne par l'apprentissage et par Г experience communicative, se fait sans interference de 1'effort enonciatif conscient, relatif nor-malement ä l'intentionnalite du message. Evidemment, cela ne signifie pas que le role de l'accentuation echappe aux processus conscients qui permettent ä l'interlocuteur de reconnaitre et de decoder (comprendre) un message linguistique. Une definition synthetique des faits accentuels pourrait postuler que l'accent est une manifestation prosodique par laquelle, ä l'Interieur d'une partie determinee de la chalne parlee (unite accentuelle), une unite accentuable (syllabe) est mise en contraste avec toutes les autres syllabes d'une meme unite accentuelle. On dit done que la syllabe marquee par les faits accentuels est accentuee et que les autres sont considerees comme inaccentuees. II va de soi que toutes les syllabes appelees inaccentuees ne sont pas prosodiquement monotones, mais peuvent au contraire participer ä l'image accentuelle generale d'une unite prosodique (ou rythmique). Ces syllabes peuvent se trou- ' Le texte resume en ses traits principaux la these de doctorat que l'auteur a soutenue ä la Faculte des lettres de Ljubljana en octobre 1998, devant le jury: prof. dr. Vladimir Pogačnik (directeur de these), prof. dr. Janez Oreänik et dr. Rasto Šuštaršič (membres). ver affectees par ce qu'on appelle le plus souvent accent secondaire2 ou par les diffe-rentes manifestations fonctionnelles et substantielles d'un autre type d'accent, denom-me communement accent d'insistance. Dans toutes ses manifestations dans les differentes langues, 1'accent exerce la fonc-tion de marqueur prosodique et de porteur de sens (mais pas toujours de signification3) ä l'unite accentuelle enoncee. Ce fonctionnement de base genere dans la variation des codes linguistiques au moins deux types evidents de langues: relativement ä la previsi-bilite de la position de l'accent, on distingue entre les langues ä accent fixe et Celles ä accent mobile. II faut toutefois ajouter que la fonction contrastive linguistique de l'accent dans les deux cas ne varie pas fondamentalement. Dans certains codes linguistiques (notamment dans les langues ä accent fixe), les fonctions de delimitation et de contraste entre les unites accentuelles (et de sens) peuvent etre assurees par la variation des formes intonatives. On verra plus tard que l'accent et l'intonation de la phrase, dans certains cas, peuvent affecter et determiner simultanement la merae partie de la chaine parlee; cela ne veut pourtant pas dire que - du point de vue de la coherence communicative du message linguistique - la fonction de l'un ou de l'autre fait prosodique en question soit redondante. 1.1 Substance de l'accent La syllabe, qui se definit comme le domaine d'operation des faits accentuels, est une unite dite accentuable de la structure representative de la chaine parlee et comme telle immediatement superieure ä celle du phoneme. Dans la classification systemique des formes linguistiques, et selon son inoperativite au niveau segmental, l'accent sera done considere comme un fait suprasegmental ou, en termes fonctionnels, prosodeme.4 2 P. Garde (1968), p. 53: «L'existence d'un contraste entre la syllabe accentuee et les syllabes non accentuees ne signifle pas que ces dernieres soient homogenes. Dans la plupart des langues ä accent les syllabes inac-centuees sont inegales entre elles, et la repartition de l'intensite (ou des autresprocedes accentuels) entre elles est reglee par leur position par rapport ä l'accent. Ainsi la configuration accentuelle de l'ensemble du mot, avec le plus ou moins de relief de chacune des syllabes, apparait-elle comme un corollaire des autres procedes accentuels, une forme de realisation de I 'accent. On dit generalement de Celles des syllabes inaccentuees qui regoivent la plus grande part des facteurs accentuels qu 'elles portent un accent secondaire. Ce terme etant ambigu, nous dirons ici qu 'elles refoivent un echo de l'accent.». 3 Le cadre theorique de cette analyse distingue nettement entre la signification d'une partie donnee de la chaine parlee et son sens. La signification en tant que qualite semantique du lexeme est une valeur linguistique representative qui se trouve transposee au sens lors de l'actualisation (ä travers l'acte de parole) en un enonce. Le sens est done donnee par la contextualisation de la (des) signification(s) et par l'interaction dans la situation communicative du locuteure/ de l'interlocuteur. 4 Le prosodeme est une unite prosodique fonctionnelle. II affecte done certaines parties de la chaine parlee, dont Г extension est superieure ä celle du phoneme (p. ex. syllabe, mot, syntagme, phrase). Son fonctionnement est assure substantiellement par l'intensite, la variation tonale ou par la duree (ou par les diverses combinaisons de ces composantes acoustiques) qui determinent l'image prosodique d'une phrase ou de ses parties. La fonction du prosodeme ne peut pas se determiner uniquement par ses proprietes physiques inherentes. II est toujours actif dans les relations de coherence avec les autres niveaux d'ćnonciation. Son fonctionnement se definit done par l'interaction dans laquelle entre le prosodeme par rapport aux autres elements de son contexte phonique. La realisation de differents types d'accent peut engager tous les trois parametres prosodiques principaux de la formation des chaines parlees: l'intensite, la hauteur et la duree. Pour la plupart des langues - dont le frangais - on a l'habitude de dire que la syllabe accentuee est realisee par une valeur relativement accrue de l'intensite vocali-que ä laquelle s'ajoute le plus souvent une duree plus longue. C'est pourquoi la tradition linguistique a tendance d'appeler cet accent par le critere substantiel, done accent d'intensite. II est plus precis de dire que la realisation de chaque type d'accent est le resultat d'un effort expiratoire5 particulier et que l'impression auditive de l'accent est une projection acoustique complexe de cet effort sur la syllabe affectee. On dira done que la substance de l'accent est une combinaison de facteurs prosodiques dont l'un ou l'autre peut žtre proeminent dans certains types d'accent. 1.2 Fonctions de l'accent En termes fonctionnels, l'accent exerce d'abord le role de mise en relief de la syllabe accentuee, role relatif ä sa valeur culminative. Cette fonction a pour but de dis-tinguer la realisation d'un sommet physique de l'unite accentuelle par rapport ä son reste «inaccentue». La seconde fonction que devrait remplir l'accent linguistique s'effectuerait par l'acti-vation de sa valeur demarcative ou delimitative: en frangais, l'accent est cense indiquer la fin du mot phonetique, puisqu'il parait frapper regulierement sa derniere syllabe. Ici, on essaiera cependant de montrer quelles sont, dans la realisation de la chaine parlee, les consequences de cette fixite pretendue de l'accent frangais.6 II parait justifie d'avan-cer que la fixite absolue de n'importe quel fait linguistique (et plus encore, prosodique) determine la realisation de ce meme fait jusqu'ä ce qu'elle devient generalement pre-dictible et, etant donne son automatisme, releve du choix inconscient du locuteur. L'examen fonctionnel general des diverses manifestations de l'accentuation7 attribue ä l'accent une troisieme fonction, notamment celle qui decoule de sa puissance distinctive. Or il est important de preciser tout de suite que la distinctivite de l'accent ne saurait etre reellement associee ä la valeur distinctive qui, selon les principes de pertinence phonologique, est inherente aux proprietes essentielles du phoneme. Fonc-tionnant dans la chaine parlee au niveau contrastif, l'accent peut etre distinctif dans les langues ou il est egalement considere comme mobile ou «non-fixe», comme en Slovene, en allemand, en serbe, ou, d'ailleurs, dans la plupart des langues romanes. Dans ces 1. Fonagy (1983) avance dans son etude «psychophonetique» que l'accentuation resulte d'une activite physi-ologique momentanement intensifiee de la musculature toracale et abdominale. 6 II semble utile de signaler en passant que ce genre d'idćalisations, souvent provenant d'une attitude non-critique propre ä l'enseignement grammatical «latin», est adapte aux besoins didactiques qui sont ä la base du transfert des connaissances linguistiques generales ä une grande plupart des niveaux scolaires. 7 Naturellement, ce texte ne se propose pas de traiter de diverses manifestations d'accent, realise au moyen de la variation tonale operant, selon le principe de substitution, sur le developpement d'une seule voyelle, e'est-ä-dire de l'accent tonematique qui figure sous forme phonologique de tönerne. cas-lä il peut, ä la rigueur, former la base de construction de paires minimales con-trastives. Toujours est-il qu'il opere ses contrastes non pas sur le principe de substitution formelle, mais - pour ainsi dire - selon la regle d'«etre ou ne pas etre». La dis-tinctivite de l'accent n'entrera done pas en jeu quand on tentera de decrire le fonc-tionnement de l'accent final en frangais, puisqu'il n'est guere en position, grace aussi ä sa fixite presumee, d'apporter une possibility de distinction entre deux sens diffe-rents, et encore moins de distinguer des significations. Comme il a dejä ete indique, l'accent n'a pas de statut phonologique proprement dit; il n'est done pas doue de valeur de pertinence que pourrait lui attribuer la phonolo-gie structurale lineaire. Celle-ci ne prend en consideration que les manifestations pho-netiques que l'on peut, conformement aux resultats qu'elles donnent dans une chaine parlee, systemiser selon leur fonctionnement sur l'axe paradigmatique. Cela signifie qu'un phoneme ou un de ses traits articulatoires ou acoustiques (audio-perceptifs) peut etre substitue ou commute par un autre element du meme ordre phonologique, rece-vant ainsi une valeur distinctive phonologique, et formant la base de construction de paires minimales (p. ex.: rat - chat). La nature meme de la manifestation accentuelle (hormis les tönernes) est telle qu'une syllabe determinee (accentuable) porte ou ne porte pas l'accent. Cela fait de l'accent linguistique - qu'il soit fixe ou non-fixe - un phenomene prosodique qui exerce ses fonctions sur l'axe horizontal de la chaine parlee et qui, par consequent, ne peut avoir qu'une valeur contrastive. Le fonctionnement de l'accent paralt particulierement limite en frangais oü la possibility de mettre en con-traste les syllabes est diminuee par la position immuable de l'accent. II semble en plus que cette propriete entraine une certaine supposition de diminution du rendement demarcatif. Repetons que cette position fixe et absolument previsible, position done propre ä la construction de l'unite accentuelle frangaise, peut meme avoir une consequence concernant le fonctionnement de diverses structures enonciatives: ä savoir, ce type de positionnement de l'accent linguistique sur la derniere syllabe de l'unite correspond precisement ä l'emplacement de la conclusion intonative. Autrement dit, l'accent affecte regulierement et previsiblement la syllabe sur laquelle se situe l'evenement in-tonatif, determinant la forme intonative qui se realise sur une unite accentuelle donnee. 1.3 L'unite accentuelle L'unite accentuelle se definit comme une partie de la chaine parlee, realisee lors de I 'enonciation en une seule emission de souffle (unite de souffle), et qui comporte une seule syllabe affectee par I 'accent linguistique ä valeur delimitative ou distinctive (au niveau contrastif). Selon l'aspect prosodique et en co-operation de l'accentuation avec l'intonation phrastique - ce qui est surtout valable pour les langues ä accent fixe - l'unite accentuelle constitue egalement une unite de rythme. Etant donne que, dans le processus de l'actualisation, une unite rythmique est douee de valeur semantique complexe, l'unite accentuelle est au meme titre consideree comme une entite de sens. D'entre les unites linguistiques formelles il y en a deux qui, en tant que porteuses de signification et creatrices du sens, sont les plus autonomes. Le morpheme est l'unite significative minimale qui, du point de vue de sa valeur semantique, est inanalysable en unites de structure superficielle inferieures. Dans cette meme optique, la phrase est l'unite de sens extensive qui n'a pas besoin d'etre completee semantiquement dans le processus de l'actualisation et qui est congue par les participants ä la communication comme un orga-nisme significatif. Le statut du mot doit etre recherche, selon Garde8, entre ces deux concepts. Aussi est-il vrai que les manifestations linguistiques mono-morphemiques peuvent se representer sous forme d'un seul mot, et qu'une phrase peut etre construite d'un mot seulement (p. ex. «alors» ou «Applaudissez!»), mais en general, ce que l'on considere comme mot contient normalement plus d'un morpheme et ce qu'on appelle phrase englobe le plus souvent plusieurs mots. L'incompatibilite formelle du «mot» avec le concept de «morpheme» et celui de «phrase» nous amene ä constater que la definition du mot par les moyens grammaticaux devrait etre substitute par celle qui a recours ä la formalisation semantique («lexeme») ou par celle qui se sert de criteres phonetiques ou pro-sodiques. Autrement dit, il est justifie de determiner le «mot» phonologique ou proso-dique comme l'une des formes possibles de ce que l'on appelle unite accentuelle. 2 La notion de l'accentuation en frangais contemporain Selon l'acception habituelle de l'accentuation en frangais, les manifestations accentuelles sont divisees en deux sous-types, les deux fonctionnels, mais dont l'un represente une partie elementaire de la structure inherente du code linguistique (accent final), tandis que l'autre est realise dans le cadre des strategies enonciatives individuelles, resultant du choix intentionnel du locuteur (accent d'insistance). 2.1 L'accent final L'histoire de la description de l'accent final en frangais est longue et heterogene. Les innombrables variantes des denominations9 de cet accent inherent au code lingui- o P. Garde (1968), p. 18: «Si la notion de mot se confondait soit avec celle de morpheme, soil avec celle de phrase, eile serait supetfiue. Et de fait la notion de mot est inutile dans les langues oil on I 'emploie pour designer les morphemes: c 'est le cas des langues «monosyllabiques», comme le thai, qui sont Justement des langues sans accent. Mais dans la plupart des langues la notion de mot se justifie, parce qu 'elle designe pre-cisement une unite intermediate entre le morpheme et la phrase.». 9 Les plus anciennes descriptions de l'accent final frangais sont souvent issues de la conception de la grammaire latine. Ainsi, cet accent s'est vu attribuer des adjectifs techniques comme «historique», «etymologique» et meme des termes comme «ictus roi» ou «ictus rex». La fixite de l'accent final est ä l'origine du terme tradi-tionnel (mais peu precis) «accent normal». D'un autre cote, dans leurs efforts terminologiques les linguistes ont eu egalement recours ä la substance de l'accent final: on l'appelait done «accent d'intensite» quand on voulait souligner le röle acoustique de l'intensitć vocalique ou «accent tonique» quand, ä l'instar des neo-gram-mairiens, on desirait le definir comme 1'element proeminent par rapport aux syllabes inaccentues (dans cette stique frangais tiennent leur origine dans l'incertitude des linguistes par rapport aux criteres de definition. L'accent final, comme d'ailleurs tous les autres types d'accent, est un fait prosodique complexe dont 1'image acoustique est le resultat d'une activite physiologique par laquelle le locuteur met la syllabe accentuee en contraste avec les autres syllabes de la meme unite accentuelle. Cette caracteristique essentielle de l'accent a genere une denomination generaliste mais precise qui tient compte de tous les facteurs qui sont linguistiquement pertinents ä la description de ce fait: on appelle done l'accent final frangais, en un premier lieu, accent dynamique,10 Du point de vue de son origine substantielle, l'accent final est considere comme accent d'energie ou accent expiratoire. Dans le bref apergu des generalites accen-tuelles, on a dejä montre l'insuffisance d'une decision arbitraire pour l'un ou les autres parmi les differents parametres acoustiques qui, en fait, se combinent tous dans la materialisation sonore de l'effort expiratoire. La fonction des faits linguistiques constitue souvent le critere descriptif qui facilite considerablement le probleme de leur etiquetage notionnel. La position finale de l'accent frangais (et avec cela le classement du frangais dans le type des langues ä accent fixe) a pour resultat incontestable la transparence presumee de sa fonction. C'est par le recours automatise ä Pemploi de l'accent final que lc locuteur frangais delimite entre elles les unites accentuelles; d'un autre cote, c'est de ce meme moyen accentuel que se sert l'interlocuteur afin de s'orienter dans la complexity du sens de l'enonce. II est done justifie de dire que sa fonction qualifie l'accent final frangais en tant qu'accent deli-mitatifou orientatif. Reste, bien sür, ä voir quelles sont les consequences de Г evidente interaction dans laquelle entrent l'accent final et l'evenement intonatif dans Facte de parole, produit par un locuteur se servant du code frangais. 2.2 L'accent d'insistance Le second type d'accent frangais, normalement, ne fait pas l'objet des analyses liguistiques oppositionnelles, puisqu'il s'agit d'un fait prosodique qui n'entre pas dans la structure inherente du code frangais. L'usage de l'accent d'insistance11 est done le resultat d'un choix individuel que le locuteur fait en fonction de ses strategies enon-ciatives et communicatives. meme optique terminologique on distingue entre les pronoms «atones» et «toniques»), II va sans dire que la terminologie linguistique contemporaine designe du qualificatif «tonique» la propriete d'un certain type d'accent dont la substance est une variation microprosodique de la hauteur tonale sur une seule voyelle et dont la forme est couramment appelee «tönerne». '"C'est peut-etre la seule definition terminologique de l'accent final frangais qui releve en meme temps de la nature de sa substance et de sa fonction. En plus, ce terme explique le dynamisme evolutif de son comporte-ment dans la chatne parlee frarigaise. 11 L'accent d'insistance servant ä exprimer certaines prises de position, provenant de l'individualite du locuteur par rapport au contenu de l'enonce, la denomination de ce type prosodique ne serait pas moins claire si Ton l'appelait «accent d'attitude». II est eventuellement possible de resumer les proprietes fonctionnelles et substantielles en trois facteurs formels: 1. L'accent d'insistance est fondamentalement un element individuel du schema pro-sodique d'une unite accentuelle; son actualisation depend done de telle ou autre attitude (emotive ou logique, explicative) que le locuteur exprime selon l'intention communicative de son message linguistique. 2. Le champ d'operation de l'accent d'insistance, par definition, est le lexeme. Par l'emploi de cet accent, le locuteur valorise intentionnellement l'unite significative choisie selon sa Strategie enonciative. 3. L'accent d'insistance se place normalement sur la premiere syllabe du lexeme; cette position forme evidemment le contraste spatio-temporel avec l'accent inherent qui affecte la derniere syllabe de l'unite accentuelle. Nous verrons plus tard que les consequences de l'emploi regularise de l'accent d'insistance dans le discours mediatique fran9ais modifient sensiblement la deuxieme constatation, relative ä l'unite de la chame parlee, marquee par ce trait prosodique. 2.3 Virtualite de l'unite accentuelle en fran^ais La delimitation accentuelle des unites de sens dans le processus de Penonciation depend fortement du debit et de la stylisation de la parole. La phrase Pierre va venir ä la maison vers dix heures du soir, actualisee en debit rapide, peut n'etre divisee rythmi-quement qu'en deux unites: Pierre va venir ä la maison / vers dix heures du soir. II est egalement possible d'imaginer que la meme phrase pourra se realiser en trois (Pierre / va venir ä la maison / vers dix heures du soir), en quatre (Pierre / va venir ä la maison / vers dix heures / du soir), voire en cinq (Pierre / va venir I ä la maison / vers dix heures / du soir) unites accentuelles. Toutefois, la phrase qui nous a servi d'exemple, ne peut aucunement comporter plus de cinq accents delimitatifs, nombre done qui correspond ä Porganisation syntaxique de la phrase en constituants immediats du discours. II est de loin plus probable qu'elle en comportera moins de cinq, et cela dans la grande plupart des actualisations possibles. Le nombre de pauses et d'accents decroit avec la rapidite du debit. Ayant pris conscience de cette caracteristique essentielle de I'accentuation finale en frangais, nous sommes amenes clairement ä ne pas egaliser absolument l'unite accentuelle ä l'unite syntaxique (ou au constituant immediat); il est beaucoup plus precis de parier des unites accentuelles frangaises en termes d'unites possibles ou potentielles. La terminologie de Paul Garde attribue ä l'unite accentuelle en fran$ais la qualite de virtualite: «[...] enfrangais, l'unite accentuelle effectivement realisee dam la parole a des limites tres variables, qui depend de la succession des syllabes susceptibles d'etre accentuees, du rythme de la parole et des pauses, et il n 'ex-is t e pas, dans la langue, un seul mot qui ne soit susceptible, dans certaines positions de perdre son accent. L 'accent affecte en fait non pas des unites dont on puisse don- ner une definition grammatical permanente, mais des unites dont les limites varient d'un enonce ä I'autre.»12 C'est par lä, entre autres moyens de contraste acoustique, que la prosodie frangaise evite le contact direct de deux accents, contact qui serait nuisible ä l'intelligibilite du sens du message linguistique. II est done probable dans l'acte enonciatif qu'un lexeme directement antepose ä une unite accentuelle monosyllabique perdra son accent. Dans les phrases ou syntagmes, tels que une feuille morte, il parle mal ou qa ne va pas, un seul accent est perceptible, notamment celui du mot monosyllabique final. Cette tendance d'eloignement des accents dans la chaine parlee frangaise peut aussi avoir pour resultat la modification de la position accentuelle dans le lexeme antepose au monosyllabique accentue. Le syntagme Sacre-Coeur, dans l'actualisation orale, sera done accentue ['sakRe'koeR] ou [sakRe'koeR], mais jamais en variante [sa'kRe'kceR] qui pa-raitrait correspondre aux regies de l'accentuation finale. La structuration morphemique et syntaxique de 1'enonce frangais permettent done uniquement de determiner d'eventuelles unites accentuelles minimales (virtuelles); ce sont les unites qui comportent une syllabe accentuable. II n'est done pas plus possible de definir l'unite accentuelle en criteres de syntaxe que de decrire l'unite accentuable en termes morphosyntaxiques stricto sensu. Les regies normatives de l'accentuation en frangais posent en meme temps un sche-matisme dans lequel toutes les proclytiques (notamment les articles, indices pronomi-naux, indices deictiques, etc.; autrement dit: les mots grammaticaux) sont proclamees inaccentuables de fagon ä ce qu'elles ne peuvent pas constituer le noyau accentuel de l'unite rythmique. On estime traditionnellement que les proclytiques sont incluses dans des unites accentuelles minimales ou plus etendues. Celles-ci, ä leur tour, ne sont pas toutes realisees, et doivent done etre considerees en termes de virtualite. 2.4 La substance de I'accent delimitatif frangais Fonagy13 constate que les proprietes dynamiques de la substance accentuelle (acoustique) deviennent plus transparentes si l'on considere le developpement historique de l'accentuation du frangais et de son evolution phonetique en general: «Nous sommes amends dans 1'analyse de l'histoire du consonantisme et du vocalisme ä distinguer entre les sons qui se trouvent en syllabes accentuees et ceux qui sont en syllabes atones. La centralisation des voyelles en syllabes atones, leur chute en finale absolue, I 'allongement de la voyelle ou la diphtongaison (montante) en syllabe accentuee s 'ex-pliquent et ne s 'expliquent que par I 'effort accentuel.» II faut souligner ici que les resultats du processus articulatoire (expiratoire) de la production accentuelle sont pour le locuteur essentiellement differents des effets pro- 12 Garde (1968), p. 94. 13 Fonagy (1979), p. 128. 106 sodiques provenant des precedes qui permettent au participant ä la communication de percevoir, de reconnaTtre et d'evaluer les accents ou les schemas accentuels. Les diverses analyses perceptives14 de Г accent frangais affirment que la reconnaissance des syl-labes accentuees n'est pas exclusivement conditionnee par la perception des valeurs acoustiques proeminentes. L'examen des processus perceptifs demontre que les diverses structures linguistiques codifiees (entre elles l'accent et l'intonation phrastique) ne sont pas reconnues normalement en tant que structures enonciatives independantes (et encore moins auto-suffisantes). On les permit au contraire comme des precedes enon-ciatifs paralleles aux autres structures linguistiques (syntaxe), formant ensemble la coherence communicative du message. Le fait qu'une unite accentuelle actualisee en frangais correspond - le plus sou-vent - exactement ä l'extension d'une unite intonative sous-tend l'hypothese de l'in-teraction acoustique de differents facteurs prosodiques sur une meme syllabe. Si l'accent final frappe regulierement la derniere syllabe de l'unite, c'est en meme temps la syllabe sur laquelle s'opere l'evenement intonatif. II faut done constater que le dyna-misme intonatif affecte la syllabe accentuee par le changement de la hauteur tonale et que l'evenement intonatif doit etre considere comme une action simultanee par rapport ä celle de l'accent. Du point de vue de la substance cela represente done une nouvelle confirmation de l'opinion de Fönagy (complexite de la projection acoustique sur la syllabe accentuee); cependant, l'explication de l'aspect fonctionnel de la syllabe finale frangaise demande une precision importante. Etant donne I'interaction des deux faits prosodiques sur la meme position, la fonetion delimitative de l'accent se trouve ä chaque fois nettement completee par le fonetionnement simultane de Paction intonative. II y a done deux prosodemes ä la fin de l'unite accentuelle (et intonative) frangaise qui assurent la delimitation des parties de la chaine parlee et l'orientation dans le sens de l'enonce. 3 Corpus Le corpus de textes parlees, enregistres sur plusieurs chaines de television frangais-es, beiges, suisses et canadiennes, comporte environ 10500 mots analyses. On a porte le plus d'attention sur la parole mediatique, telle qu'elle est produite par les animateurs (VOD), journalistes (NOV) et invites (INT) se presentant dans les journaux televises. L'analyse a inclus une emission de debat culturel avec, egalement, la participation d'un animateur et de quelques invites. La recherche se fonde sur la supposition que les animateurs et les journalistes de diverses provenances francophones utilisent professionallement la langue frangaise en tant qu'instrument d'un discours normatif, approprie aux intentions communica- 14 Entre autres Rossi (1979,1981) et Carton (1974). tives des messages mediatiques.15 Une deuxieme premisse analytique est celle de l'in-fluence de ce type de discours sur les realisations des invites, des interviewes, bref, des participants mediatiquement non-professionnels aux emissions etudiees. Uexposition de ce groupe de locuteurs aux particularites enonciatives (prosodiques) des animateurs et des journalistes se trouve rejointe par la specificite de la «situation communicative mediatique», done par l'emplacement de la communication (studio) et par la presence des cameras et des micros. Dans la notation «orthographique» du corpus, les limites des unites accentuelles (intonatives) sont posees par les italiques qui represented les accents delimitatifs. Tous les autres faits accentuels se plagant ailleurs qu'en fin de l'unite (y compris les accents d'insistance) sont marques en caracteres gras. La barre oblique (/) marque les pauses qui separent les unites accentuelles se terminant normalement par l'italique ou encore par une virgule. Deux barres obliques designent une pause plus longue. 3.1 Un extrait du corpus Journal France 3 [ 27/4 1998, 12.30 ] (VOD-1) En Allemagne, le parti du chancelier Helmut Kohl, vient de subir une nou-velle d efaite, tandis que celui de son advers aire, Gerhard Schroetter, pourswz'/ sa progression. A cinq m o is des elections federates, ce scrutin regio nal / de Sachse Anhalt, est un avertiss ement pour le chanc elier, mais ce scvutin / marque aussi surtout la mon-tee / des соттшшге.у / et des neo-nazz's dans cette region sinistree de l'ex-RD/L JeanPaul Gerouard. (NOV-1) Dimanche noir, catastrophe, signal d'alarme, ce matin, les journaux alle-mands rivalisent de titres choc. Le resuItat des elecriora' dans le langer de Sachse Anhalt est efFectivement un veritable coup de tonnerre politique. Le parti ehretien demo crate d'Helmut Kohl perd douze points, la gauche progresse moins que prevw, mais surtout l'extreme droite fait une pereee totalement inattendwe. Avec / douze virgule neuf pourcent des voix, le parti neo-naz/, le D VU, fait son en tree dans le par-lement de lan der de Ymcienne Allemagne de I 'Est pour la premiere fois. Dirige depuis Munich par un milliavdaire, il a теие une campagne / ultra xenophobe / avec de gros moyens financiers, on ne l'attendait tout de meme pas ä un tel niveau, puisque le lander de Sachse Anhalt / compte moins de deux роигсеиГ d'immigres. Aujourd'hui, les L'intention la plus generale du discours mediatique est Гinformation du public. Cette intention est censee orienter l'opinion publique et le comportement du spectateur. Dans le sens linguistique il s'agit de comprendre Pinformation en tant que confrontation du spectateur avec la codification mediatique du discours, Porientation en tant qu'influence sur la formation de la competence linguistique du spectateur, et le comportement en tant qu'influence d'un discours particulier sur les performances linguistiques eventuellement modifiees par le code mediatique. analystes s'accordent pour expliquer cette percee par le malaise et la precarisation sociale dans l'ex-RD^, le taux de chömage / en Sachse Anhalt / atteint desormais / vingt-deux virgule six pour cent. Cette е!ес?гои constitue de toutes fa gons un nouveau fiasco pour Helmut Kohl, ce ma tin, la presse s'interroge sur sa capacire ä mener son parti pour les prochaines elections legislarives, dans cinq mois. (VOD-2) L'assassiwa? d'un / defenses des droits de l'homme au Guatemala, il s'agit de Yeveque / Juan Gerarcft' qui a ete / tue / la nuit demiere. (VOD-3) Oui je viens / de / Yapprendre, l'ancien senateur varois et ancien maire de TouIon, Maurice Arex, a ete interpele / ce matin / ä TouIon, pour purger un seul de huit mois de pri son / qu'il / doit effec tuer ä la maison d'arrer des Bau metz. (VOD-4) Un mois / apres Parrestar/ои du tueur en serie de l'Est parisien Guy Georges, l'instruction se trouve / total ement paralysee. Au to tal, trois juges / in struisent / les dossiers, aucun d'entre eux / ne veut se desaiszr, les families des vie times sont verita-blement ecoeurees par cette bataille qui dessert la recherche de la veri te, car le meur-trier presume / refuse d'etre entendu / par / les trois magistrate. (VOD-5) A present, on decouvre / pour la premiere fois / le bi//e? / qui nous ouvrira / les portes / de la Coupe du monde de foot ball, Michel Plati«/ l'a present a la presse ce matin, comme Yaffiche, ce bi//e/ est plutöt colore, Didier Balaise. (METEO) Eh bien pas d'amelioration en vue, on peut dire que la perturba/zo«, qui traverse la France depuis trois jours, va encore persisfer sur I'est du pays, eile donne des pluies considerables, MeteoFrance dit meme qu'on risque des crues dans le Massif central, toutes les regions du Can tal, du centre, avec des precipitations tres impor-tantes II depuis plusieurs jours done prudence II nous avons en core un petit peu de neige sur les Alpes, les Pyrenees et surtout un caractere tres orageux / sur la moitie sud du pays oü lä, on attend encore des pluies, done un caractere orageux, heu, tres / consequent aujourJ'/гш', puisque les // effectivewe«/, les precipitators sont tres nom-breuses depuis plusieurs jours. Journal France Television 2/3 [ 27/4 1998, 22.00 ] (VOD-11) La vente des billets pour la Coupe du monde de football, suite ä quarante-quatre jours du coup d'en voi, le stock dimmwe lent ement sur les cent dix mille billets, offerts au public europeew, mercredi dernier, il en reste ä peu pres vingt-cinq mille en vente par telephone, mais tous maintenant pratique/жги/ pour des matchs du tour prelimwaz're. Au fait, savez-vous ä quoi ressemble le billet, savez-vous qu'il est infalsi/zaWe? Didier Balaise. (NOV-18) Voici Fobjet de toutes les convotfz'ses, le precieux Sesame qui ouvrira la porte pour assister ä Tun des soixante-quatre matchs de la Coupe du monde. Deux millions et demi de billets seront emis avec pour priorite, la lisibiltfe, l'esthetique et bien sür, la securite, vtsuitat, ce billet est presque / infalsi/zaWe. (INT-11) Oui je crois qu'il est vraiment infalsi/zaWe // vraiment infalsiflable pour-quoi, parce que ses securires sont dans le papier \m-meme. C'est-a-dire que non seule-ment il est impossz'We d'en faire simplement une photocopy, mais surtout il est meme impossz'We ä un imprimeur de le reproduire. (NOV-19) Pour eviter la fraude ou les falsifications, hologramme, filigrane, numero du client et nom de Facheteur seront facilement identifiables. Reste que le commite d'or-ganisation s'est fait beaucoup d'ennewzz's: sur trente millions de demandes seulement deux millions et demi ont ete satisfaites, grace ä une politique de prix tres raisormables. (INT-12) Je crois qu'on a fait ce qu'il fallait faire II dans la clarte de la transparence depuis quatre ans //mais le gens ne sont pas contents II parce qu'il manque des billets II et bah tant pis. La prochaine fois on demandera ä l'etat frangais de faire des stades de cent mille, on va les remplir pour quatre matchs, et puis apres, ils seront vides pour cinquante ans. (NOV-20) Mais avant cela, quarante mille billets supplementaz'res, retournes par cer-taines petites federations, seront remis ä la vente / des cette semaine. Les plus chan-ceux devraient recevoir le prestigieux ticket / par la poste des la mi-mai. Journal RTBF [28/4 1998,01.00] (VOD-1) Dix morts et trente-sept blesses, voi lä le / bi Ian d'un accident de car, qui s'est produit hier / dans le sud-esf / de YYLspagne, а Villa Franquesa dans la province d'Alicante, un accident meurtrier done, et aussi tres spectacu/шгг, le vehicule est passe au-dessz« d'un pont et s'est ecrase vingt-cinq metres plus bas, le car transport^ des retraites espagnols. (VOD-2) « Les nazis / dehors », c'est avec ce slogan qu'une trentaine de personnes ont violemment / proteste hier soir en Allemagne, contre le score obtenu par un parti d'extreme droite. Lors de Yeiection regionale dans un land de I'ancienne Allemagne de l'est, l'Union du peuple aWemand, y a en effet obt enu treize pourcent des voix. Philippe Lemaire. (NOV-1) Aux elections regionales de Sachse Anhalt, c'est une enorme surprise qui est sortie des urnes. Outre la d efaite pui sante du par ti d'Helmut Kohl, la CDU, qui perd un tiers des voix par rapport au scru/ш de mille-neuf-cew/ nonante-quatre, c'est surtout Гentree de l'extreme droite dans l'assemblee regionale de ce land qui a sonne comme un coup de tormerre dans le ciel politique aWemand. La DVU, l'Union du peuple älle-mand, sposorisee par un milliardaire munxchois, remporte en effet d'emblee pres de treize pourcent des suffrages. Dans une region mi nee / par le chö mage et la crise eco-nomique, le discours demagogije et raeiste de l'extreme droite a paye. C'est la premiere fois qu'un parti d'extreme droite / entre dans un pariement regional de l'ex-/ RD/4, depuis la reunificarzow / allemande. Outre les socio-democrates, ce sont surtout les verts et les liberal«: qui font Yeffrai de ce scrur/и: ils disparaissent de la scene politique du land / de Sachse Anhalt. Quant aux ex-communistes du PDS avec pres de vingt pour cent, ils occupent la troisieme place sur l'echi quier politique et se presented / en arbitre pour entrer dans un gouverne/Me«/. Un gouvernement que les vain-queurs, les socia listes du SPZ), ne peuvent constituer seuls - le SP D vient d'a illeurs d'annoncer qu'il est pret d'entamer des discuss/cms avec les Chretiens democrats. A quelques mois des elections legislatives, une coalition SPD - CD U / parait difficile ä mettre sur pied. Quant ä une alliance entre les anciens communistes et les socia listes, eile parait improbable, bref, pour l'SPD, cette vietoire ne sera pas facile ä gerer. C ere le des arts [ 8/1 1998 ] Animateur: Frederic MITTERRAND (FM) Invites: Claude PETRI (CP), Viviane FORESTER (VF), Alain de BOTTON (AB), Pierre ASSOULINE (PA), Jean-Yves TADIE (JYT), Stephane BERNE (SB), Pierre LE TANNE (PL) (FM-1) Eh bien, Alain Bot ton, ce qui me fa seine, c'est que, venant II bien plus tard, ä un autre moment, ä dix-huit ans vous decouvrez Proust, avec la meme allegresse et la merae gravide. Comment да s'est passe? A Londresl (AB-1) £a m'a peut-etre side que j'ai decouvert Proust ä Londres, parce que... je ne saispas, les Francs sont toujours en train de I relire Proust, on ne trouve jamais un Frangais qui est en train de lire Proust pour la premiere fois. Done il y a un genre de snobisme proustien en France et je crois que ?a c'est sans doute un probleme pour les Fran gais, ils ont un probleme d'apprecia tion, parce que, d'avoir trop de respect pour un livre, 9a n'aide jamais. Et done j'ai eu cette liberie' que j'ai decouvert Proust, enfin, les Anglais ont beaucoup de defauts, ils ne savent pas faire la сишие, mais grand avantage, ils ne s'interessent pas trop ä la culture. Et done 9a laisse une certaine... 5a permer une ä&tgresse, une legerefe. Et done / quanddecouvert Proust, ä dix-huit ans, j'ai decouvert qa... pas dans un cadre universitaire, simplere«?, pour moi-meme. 4 Analyse prosodique du corpus En tout, l'analyse observe 3131 unites accentuelles comportant un accent final delimitatif. Tous les autres types accentuels (resultant evidemment de l'accent d'insi-stance lexemique) sont representee ä 1159 reprises. Cela signifie en gros que 31,7% d'unites accentuelles contiennent une syllabe accentuee non-finale. Dans la plupart des cas, cet accent marque la premiere syllabe de l'unite. L'analyse qui suit se donne pour objectif principal de demontrer quelle est la nature et quelles sont les fonctions des accents qui frappent les syllabes autres que la derniere. 4.1 L'accent d'insistance La distinction spatiale et distributive entre l'accent final et l'accent d'insistance ä l'interieur de l'unite accentuelle (intonative) actualisee evite generalement toute ambi-gui'te communicative. L'accent final en rapport synchronise avec l'intoneme se manifeste comme une orientation enonciative qui termine l'unite accentuelle; selon les prin-cipes de contraste prosodique, l'accent d'insistance est toujours place sur une syllabe non-finale, le plus souvent la premiere ou la deuxieme.16 La situation est moins claire dans le cas des unites accentuelles monosyllabiques, (non)marquees17 d'ailleurs le plus souvent par un accent final delimitatif. Dans ces cas-la, il est eventuellement possible de reconnaitre l'accent d'insistance au moyen de certaines de ses caracteristiques substantielles. L'accent d'insistance est d'ailleurs un precede prosodique dont la substance rappelle essentiellement la production d'un accent de n'importe quel type. II est done egale-ment le resultat d'un investissement relativement augmente de l'energie expiratoire par le locuteur. Mais il se distingue assez nettement des realisations accentuelles finales en quelques points articulators et distributifs: '6 L'accent d'insistance affecte regulierement la deuxieme syllabe du lexeme expose quand celui-ci commence par une syllabe ouverte ne comportant que le noyau vocalique. Par exemple: dans la phrase C'est epoustouflant, e'est la deuxieme syllabe qui re?oit l'accent d'insistance si le locuteur choisit de marquer prosodiquement l'ad-jectif selon l'expression de son attitude (emotive) envers ce qui est qualifie par le lexeme en question. " Etant donne la previsibilite positionnelle de l'accent final et son appartenance ä la structure inherente du code linguistique franijais, il est difficile de dire sans reserve que la derniere syllabe de l'unite accentuelle, en frangais, soit marquee par ce fait prosodique. De par leur valeur contrastive (done negative ou non-opposi-tionnelle du point de vue phonologique), les manifestations de l'accent delimitatif ne s'accordent pas ä la definition «verticale» du marquage; cette definition pose qu'une unite linguistique est marquee lorsqu'elle possede une particularite structurale qui l'oppose aux autres unitćs de meme nature de la meme langue. L'accent final frangais, comme nous le savons, n'entre pas dans les rapports paradigmatiques de binaritć, puisque le contraste accentuel opere sur l'axe horizontal (syntagmatique) de la chaine parlee. - sa realisation vocalique s'accompagne le plus souvent d'une intensification de la consonne dans les syllabes ä structure CV; dans ce cas, la consonne (surtout les occlusives et les nasales) peut egalement se trouver relativement allongee; - si la syllabe affectee par l'accent d'insistance commence par une voyelle, l'articu-lation vocalique intensifiee est souvent precedee par une occlusion glottale ou par une aspiration pharyngale; - parmi les moyens prosodiques servant ä realiser une insistance, l'emploi de la pause intervient frequemment devant la syllabe affectee; le role de la pause est ici de distinguer perceptiblement et fonctionnellement la syllabe affectee par l'accent d'insistance et la syllabe (in)accentuee precedente. Ces instruments organisateurs de la chaine parlee ne sont jamais employes par le locuteur lorsqu'on realise un accent final. Dans le continuum transitoire de la parole, celui-ci se trouve toujours (sauf le cas des unites accentuelles monosyllabiques) physi-quement lie ä la syllabe inaccentuee precedente. Nous avons constate dans l'analyse de l'accentuation, propre au discours media-tique des animateurs et journalistes (cf. pourcentage des insistances par unite accentu-elle), que l'accent d'insistance represente Fun des precedes prosodiques les plus frequents dans la production du discours mediatique. II parait evident que l'usage de l'accent d'insistance s'inscrit dans l'ensemble des strategies enonciatives des locuteurs dont l'intention communicative est d'attirer un maximum d'attention de la part du spectateur18 et d'integrer l'intelligibilite du message. Etant donne sa fonction dans l'orga-nisation de la chaine parlee, l'accent d'insistance se prete avec efficacite ä la volonte du locuteur soit d'exprimer une attitude envers le contenu du message (etonnement, horreur, ironie...) soit de distinguer logiquement la signification (et le sens) de deux lexemes dans un enonce. Dans l'exemple (enonce par un interviewe, done non par un locuteur professionnel) «...les nouveaux francs, il faut que je les converge en anciens francs, alors je ne vous dis pas quand 9a sera l'euro», e'est l'accent d'insistance sur les deux adjectifs qui soutient la differentiation des significations. II s'agit lä d'un exemple qui confirme la description habituelle du fonctionnement de l'insistance en frangais. La fonction logique de cet accent n'opere done pas moins 18 Nous comprenons le role du spectateur dans ce type specifique de communication comme une participation «passivisee» ä la relation entre un locuteur (professionnel) et un «interlocuteur» qui en fait n'en pas un puisqu'il n'a normalement aucune ingerence directe au processus communicatif. La «communication» mediatique doit effectivement etre comprise comme une communication unilaterale (et done tronquee) oü il n'y a au moment de la parole qu'un seul locuteur et un nombre considerable d'«interlocuteurs» (nombre correspondant au nombre respectif des spectateurs). C'est justement ce type de communication que rend possible la technologie mediatique, multipliant momentanement un message linguistique par le nombre de recepteurs. L'impossibilite du spectateur d'intervenir directement ä l'echange des messages enonces (done sa passivite) ouvre d'autant plus les possibilites d'influence que peut exercer un locuteur actif sur la formation des competences linguistiques en se servant du code, utilise par le media. dans le discours mediatique que dans les discours «spontanes» des locuteurs non-pro-fessionnels. On verra plus loin que la routine de l'accentuation insistante dans le discours mediatique elargit son champ d'operation et que Ton doit ajouter quelques precisions importantes - quant au comportement des syllabes accentuees non-finales - ä ce qui est normalement dit des schemas accentuels frangais. 5 Effets de l'insistance dans l'accentuation du discours mediatique L'analyse perceptive du corpus des textes mediatiques a montre que, en general, 1'organisation syntaxique des enonces ne conditionne pas necessairement les precedes qui determinent prosodiquement les differentes parties de la chaine parlee frangaise. II parait au contraire que la Strategie accentuelle depend plus de la situation communicative et des criteres phonetiques dans la formation du discours mediatique. L'exa-men accentuel des exemples essaiera en principe de montrer l'independance des structures prosodiques par rapport ä Г organisation syntaxique de la phrase. On montrera que le fonctionnement de l'insistance dans le discours mediatique est un point de depart pertinent pour une reflexion sur la nature de l'unite accentuelle frangaise et sur le dynamisme des fonctions accentuelles en frangais. 5.1 Criteres syntaxiques La nature virtuelle de l'accent final peut generalement etre demontree par l'actuali-sation des unites accentuelles relativement longues. Ce type de formation des unites accentuelles (et de rythmisation du discours) est surtout caracteristique pour des enon-ciations «spontanees» ä debit rapide. «La fmale a ete symptomatique II trois cent cinquante francs un billet de fmale II alors qu'aux Etats-Urc/s, plus de mille francs.» On observe facilement que la plus longue unite accentuelle (celle d'entre les deux paires de barres obliques, realisee done entre deux pauses relativement longues) con-tient deux unites minimales virtuelles, determinables par des moyens syntaxiques, mais qui se trouvent reunies en une seule, et cela en consequence d'un tempo accelere de Г enonciation. L'exemple suivant introduit dans l'unite accentuelle etendue l'usage de l'accent d'insistance. « ... le premier ministre Chržtien a aborde la question des droits de la personne avec le president Fi del Castro II des qu'il s'est retrouve seul avec lui II en deman dant la liberation de quatre prisorvzzers / d'opinion.» L'unite accentuelle actualisee «des qu'il s'est retrouve seul avec lui» contient egale-ment au moins deux unites virtuelles minimales, reunies par un seul accent final. Mais la participation des deux accents d'insistance revele quelques particularites essentielles du schema accentuel dans le discours mediatique. La forme verbale19 qui termine la premiere unite minimale (determinee syntaxiquement) se trouve desaccentuee, parce que l'energie expiratoire, necessaire ä la production de l'accent, est depensee poste-rieurement pour 1'insistance sur le lexeme central de l'unite entiere. Le contraste acoustique entre la syllabe affectee par l'accent d'insistance et son entourage est neces-sairement plus exprime que celui entre la finale et la precedente inaccentuee. De plus, 1'insistance sur la conjonction «des que» demontre l'expansion fonction-nelle de 1'insistance: du lexeme, son operation se repand sur toute une unite accentuelle minimale, bien que celle-ci risque de ne pas s'actualiser reellement. Sa position lui attribue le statut de delimitateur d'une partie prosodiquement marquee ä la frontiere anterieure. Davantage: l'accent d'insistance affecte ici la premiere syllabe non pas d'un lexeme, mais d'une unite syntaxique. Cette premiere syllabe fait partie d'une conjonction qui, selon l'acception traditionnelle de l'accentuation en frangais, n'est generale-ment pas accentogene. 5.2 Accentuation des proclytiques deictiques L'usage frequent de l'accent d'insistance dans le discours mediatique (et plus par-ticulierement dans celui des presentateurs et des journalistes), ä l'origine, est le resultat d'une tendance prononcee de marquer strategiquement les lexemes qui forment le centre informatif de l'enonce ou de ses parties. Mais ce procede accentuel a progres-sivement pris de l'envergure meme dans les cas oü la premiere syllabe du lexeme (ou du constituant syntaxique) n'est pas accentogene. C'est le röle delimitatif de 1'insistance mediatique, positionnee en effet au debut de l'unite, qui est devenu plus important que sa capacite de focalisation informatrice. On proposera maintenant l'exemple qui rend compte ä la fois de l'actualisation des unites accentuelles minimales (dans une enonciation «saccadee» dans l'intention d'attirer l'interet du destinataire par la focali- 19 La divergence des criteres accentuels par rapport ä la structuration sytaxique de la phrase est encore affirmee si l'on observe le comportement accentuel sur les verbes. La grande plupart des theories syntaxiques posent le verbe en position centrale de l'organisation de la phrase, lui attribuant le röle regisseur par rapport ä tous les autres constituants immediats (principe de dependance, cf. le stemmas de Tesniere). Si le centre syntaxique d'un message linguistique est done occupe par l'actualisation de la forme verbale, celle-ci n'est pas centralisee dans les schemas accentuels. D'abord, la forme verbale se trouve regulierement au terme de l'une des unites accentuelles virtuelles dont l'actualisation dćpend des facteurs communicatifs, strategiques et phonetiques. Un verbe se trouve done facilement desaccentue si le dćbit de la parole est rapide ou s'il se trouve en proximite directe d'un accent d'insistance qui lui «reprend» le trait accentuel. Contrairement ä cela, l'adverbe et le numeral, en tant qu'elements de grande valeur semantique specifique, sont beaucoup plus susceptibles non seulement de recevoir un accent final, mais d'etre marques par l'accent d'insistance qui a pour but de focalis-er leur signification et leur valeur informative. sation des fragments informatifs du message) et l'emploi de l'insistance sur les sylla-bes (ou mot grammaticaux), normalement non-accentogenes. «Dimanche noir, catastrophe, signal d'alarme, ce matin, les journaux allemands rivalisent de titres choc.» La formation du schema accentuel dans cette actualisation (c'est Jean-Paul Ge-rouard, un journaliste, qui parle) est un exemple typique des tendances prosodiques generates dans le discours mediatique frangais. Les trois premieres unites commencent par des lexemes qui ont une pleine valeur semantique; dans ces cas-la, on peut done parier de la focalisation du sens telle qu'elle est decrite par les principes generaux de l'insistance. Mais la continuation ne va plus par ce meme chemin structurel. La premiere syllabe dans les unites «ce matin» et «les journaux allemands» est, syntaxique-ment parlant, porteuse de determinants deictiques (indice demonstratif et article defi-ni). Selon les regies de l'accentuation et de Paccentuabilite, ces deux syllabes ne pour-raient done aucunement recevoir de marques accentuelles. Le locuteur n'est toutefois pas empeche de realiser l'insistance sur les deux premieres syllabes en question. L'influence de l'usage systematique des accents d'insistance (qui ont, ä l'origine, une valeur uniquement logique ou emotive), depasse done les cadres traditionnels de la description accentuelle, parce que la Strategie enonciative des locuteurs mediatiques utilise, sans egard ä la normativite accentuelle explicite, l'instrument de l'insistance sur les proclytiques. 5.3 Un critere phonetique: le contraste Dans I'introduction, traitant des generalites accentuelles, nous avons indique le contraste materiel et fonctionnel que forme la presence d'un accent avec son contexte phonique, autrement dit, avec les syllabes dites inaccentuees. L'accent final frangais, nous l'avons egalement dit, se realise dans une projection acoustique complexe de l'ef-fort expiratoire, combinee ä l'evenement intonatif. De nombreuses analyses anteri-eures20 ä celle-ci ont montre que la derniere syllabe d'une unite rythmique, e'est-a-dire la syllabe sur laquelle s'opere la conclusion intonative, est precedee d'une autre syllabe, prosodiquement moins expressive, mais pas pour autant moins fonctionnelle dans le contraste, dont les valeurs acoustiques sont directement opposees ä la prosodie du terme de l'unite. Cela signifie, en d'autres termes, que la conclusion intonative de continuation ou d'interrogation (done montante) sera necessairement precedee d'un bais-sement da la hauteur tonale sur l'avant derniere; contrairement ä cela, un evenement intonatif designant la finalite (done descendant) est introduit par une syllabe relative-ment plus haute. Le contraste de l'accent final s'effectue done surtout en substance de 20 cf. Vitez (1995a). 116 la variation intonative. II s'agit maintenant de voir, quelles sont les qualites et les quan-tites contrastives qui font fonctionner l'accent d'insistance et les accents qui en deri-vent dans le discours mediatique frantjais. L'orientation generale dans la structuration des schemas accentuels, propres aux langues ä accent fixe, prevoit un nombre süffisant de syllabes inaccentuees qui s'inter-posent entre deux syllabes accentuees. Une telle definition distributive des syllabes prosodiquement marquees demande une precision dans le cas de l'unite accentuelle fran?aise. Le fait que les procedes prosodiques se servent en meme temps de l'accent final et de l'accent d'insistance (lexemique ou syntagmatique) dans une meme unite, a pour consequence inevitable le contact direct entre la fin d'une unite (accent final, intonation) et le debut de la suivante (insistance). «Disom qu'ils avaient une situa tion / conflic?we//e, ten due...» L'exemple est pris d'une replique, enoncee par une invitee au debat televise oü le registre discursif general etait caracterise d'un niveau hautement intellectuel. Ce niveau enonciatif se distingue par un emploi relativement frequent des accents d'insistance logique, semblable ä celui des presentateurs des journaux de television. La distinction fonctionnelle entre les accents de type final et celui d'insistance serait impossible dans les unites «conflictuelle» et «tendue» si les deux accents etaient realises par le recours ä la meme combinaison de parametres acoustiques. Nous savons dejä que l'accent final est realise en interaction avec l'intonation; sa substance contrastive sera done la variation de la hauteur tonale. Quand l'accent d'insistance se trouve dans une telle proximite de l'accent final (ou le suit ou precede directement), il faut bien que sa substance (ou ses proprietes) soient differentes. II y a ici trois explications possibles. Premierement, comme on l'a indique plus haut pour les syllabes directement anteposes ä l'evenement intonatif, la courbe intonative pourrait prendre sur cette syllabe la direction opposee par rapport ä l'accent final. Deuxiemement, ce qui ä premiere vue parait plus plausible, l'accent d'insistance se realiserait au moyen d'une intensite relativement augmentee, done d'une autre substance acoustique dont l'emploi exprime bien plus fortement la difference impressive entre les deux syllabes. La troisieme variante reconcilierait les deux premieres en avangant que l'insistance se realise en combinant toutes les deux substances acoustiques ou, autrement dit, tous les deux procedes pho-netiques. Cette troisieme possibilite serait peut-etre la plus proche de la realite, surtout parce que la constante realisation intonative et accentuelle de la derniere syllabe de l'unite indique un certain automatisme dans le processus de l'enonciation. En plus, ce fait nous amene a croire que l'accent d'insistance (au moins dans sa valeur focalisatrice semantique) est une consequence du choix strategique conscient, effectue par le locu-teur dans l'intention de passer un message linguistique coherent. 5.4 La pause L'utilisation de la pause s'inscrit valablement dans les precedes strategiques qui s'engagent ä distinguer les accents entre eux. En meme temps, on peut constater que la pause accompagne surtout les actualisations de l'accent d'insistance. Claire Blanche-Benveniste21 postule en outre que l'accent final peut etre suivi par une pause, mais ne peut pas en etre precede; contrairement ä cela, il est caracteristique de l'accent d'insistance que les locuteurs le realisent par suite d'une pause. II faut toutefois ajouter ä cela une precision: l'accent final peut etre precede d'une pause, mais ä condition qu'il frappe l'unique syllabe de l'unite rythmique, que son unite soit done monosyl-labique et autonome. Ces situations extraordinaires et cette distribution de pauses peu-vent etre observees dans un certain type de discours oü le locuteur parle par fragments et lentement. Ce type de l'enonciation est le plus souvent utilise par les locuteurs (presentateurs, politiciens, professeurs...) dont l'intention est de clairement poser leur message pour qu'il soit comprehensible ä toutes les sensibilites intellectuelles pre-sentes dans la communication. 6 Conclusions Les deux questions essentielles, posees par les resultats de cette analyse, concerned les fonctions des deux precedes fondamentaux, issus des caracteristiques de l'ac-centuation fran9aises. Toutes les deux sont relatives ä la nature et ä l'extension de l'unite accentuelle; plus particulierement, le premiere problematise le fonctionnement et la realisation de l'accent final, l'autre affecte l'usage «automatise» de l'insistance et ses consequences systematiques dans le discours mediatique. 6.1 La double delimitation de l'unite accentuelle L'affaiblissement de la fonction fondamentale de l'accent d'insistance, notamment celle de focaliser la valeur semantique d'un lexeme selon l'attitude emotive ou logique du locuteur, et son transfert aux unites non-lexemiques, demontrent clairement une tendance systematique: les insistances syntagmatiques occupent leur position sur la premiere syllabe de l'unite accentuelle, et cela sans egard ä la valeur semantique de l'unite affectee. Utilises automatiquement dans le discours mediatique, les accents d'insistance sont semantiquement demotives, leur position est previsible. Les accents d'insistance syntagmatiques sont done en parfaite analogie avec les proprietes mecan-isees de l'accent final dont la fonction est reduite ä la delimitation de la fm des unites 71 Blanche-Benveniste (1991), p. 165: «[...] Ia distinction est donefondee sur des criteres distributionnels; l'accent final accepte les tons dynamiques (le ton montant et le ton descendant), la syllabe peut etre allongee et suivie d'une pause. Cela n'est pas le cas de l'accent d'insistance. L'allongement de la syllabe [...] et I'insertion d'une pause apres celle-ci sont exclus; en revanche, I'insertion d'une pause devant l'accent d'insistance ne pose aucunprobleme alors qu 'elle serait ressentie comme un rate si eile se trouvait devant un accent final.». accentuelles. II parait done que l'insistance syntagmatique, depourvue de valeur focal-isatrice, est en fonction de marquer la limite de la meme unite accentuelle, mais sur la premiere syllabe. Comme l'accent final, eile sert de point de repere prosodique au des-tinataire du message. 6.2 La fonction phatique de l'insistance Les consequences de la tendance routiniere, fortement exprimee dans le discours mediatique, ä utiliser l'insistance syntagmatique, revelent done une modification determinante de la fonction de ce type d'accent. Ses proprietes contrastives, comme nous l'avons vu, operent en tant qu'instrument de l'orientation sur la premiere syllabe de I'unite. La frequence de l'insistance non-lexemique affirme en meme temps la valeur phrastique de l'accent final. Mais la fonctionnalite de l'accent final (delimitation) remet en cause la fonction orientative de l'insistance sur la premiere syllabe. Si l'on considere la redondance fonctionnelle dans la langue en tant qu'operation co-herente de structures enonciatives autonomes, on verra dans le marquage accentuel du debut de l'unite rythmique un moyen prosodique qui, ä Pinterieur du message linguis-tique, est concentre sur son fonctionnement phatique. Cela signifie que l'accent d'in-sistance syntagmatique, depourvu de motivation semantique, fonctionne comme une information automatisee, produite par le locuteur qui assure par lä sa propre presence, la presence de son acte de parole et la presence de son intention communicative fondamentale. Bibliographie Auberge, Veronique (1991): La synthese de la parole. Des regies aux lexiques, these de doctorat, ICP-INPG/Universite Stendhal - Grenoble III et CRISS/ Universite Pierre Mendes France - Grenoble II. Blanche-Benveniste, Claire (1991): Le franqais parle. Etudes grammaticales, coll. «Sciences du langage», Editions du CNRS, Paris. 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Frekventna pojavnost teh odstopanj v specifičnem komunikacijskem položaju je obenem v tematski srži pričujočega prispevka in disertacije z naslovom Premiki v naglasnem sistemu francoskega medijskega govora, ki jo članek povzema. V ospredje razmisleka je ves čas postavljeno vprašanje funkcionalnosti dveh temeljnih postopkov, ki izhajata iz značilnosti francoskega naglasnega sistema. Oba sta hkrati povezana s problemom obsega in definicije naglasne enote, vendar prvi posebej zadeva delovanje in realizacijo končnega zamejitvenega naglasa, drugi pa uporabo poudarjanja in sistemske posledice te uporabe v procesu upovedovanja. Položajna prekrivnost končnega zamejitvenega naglasa z realizacijo intonema spodbuja k sklepu, da v francoščini tako naglasni kot intonacijski postopki sodijo med stavčnofonetična sredstva, ki povečini zadevajo razmeroma obsežne dele aktualizirane govorne verige. S tem spoznanjem se vprašanje funkcionalnosti odpira le v manjši meri; bolj aktualen je ponoven razmislek o realizacijski substanci zamejitvenega naglasa in s tem v zvezi problem veljavnosti splošno sprejete terminologije, ki se naslanja na značilnosti snovne izvedbe določenih prozodičnih sredstev. Za leksemsko poudarjanje je značilno, daje njegova zavestna uporaba kot govornega strateškega sredstva - s stališča koherentnosti sporočanja - posledica govorčeve namerjenosti k notranji enotnosti in nedvoumnosti upovedovanja. Analiza vpliva frekventne rabe leksemskega poudarjanja v medijskem govoru in nekaterih drugih tipih govornih izvedb je v obravnavanem korpusu pokazala, da v takšnem (rutinskem) nizanju naglasnih shem obstaja močna tendenca prehajanja poudarkov na prve zloge naglasnih enot, kjer ne le ne zadevajo leksemov, temveč tudi ne osmišljujejo specifične pomenske vrednosti, ki jo leksemsko poudarjanje po definiciji izpostavlja. V korpusu obdelano poudarjanje naslonk v položaju začetnega zloga sintagmatsko oblikovanih naglasnih enot gre interpretirati prav kot posledico poudarnega mehanizma, ki s samodejnim delovanjem znotraj določenih upovedovalnih okoliščin preneha središčiti pomen enote, ki jo zadeva. Takšni poudarki zlasti pri medijskih govorcih postajajo sistematični del naglasnih shem in jih ne moremo več opredeliti kot le-ksemske. Polje njihovega delovanja niso naslonke, ki jih zaznamujejo, temveč celotne naglasne enote. Prozodični postopek, ki takšne poudarke udejanja, zato imenujemo sintagmatsko poudarjanje. To pojavnost je možno interpretirati kot naglasno sredstvo, ki deluje kot zamejevalec prozodično določenih enot na prvem zlogu. Prepoznavna pogostnost in kontrastnost sintagmatskega poudarka v takšnem položaju znotraj neleksemskih naglasnih enot govorita v prid tezi o stavčni vrednosti končnega naglaševanja. Vendar se glede na dejstvo, da zamejitveno funkcijo že opravlja končni dinamični naglas, ob delovanju sintagmatskega poudarka zastavlja še vprašanje redundantnosti začetnega zamejevanja enote. Če redundanco v jeziku pojmujemo kot koherenčno delovanje avtonomnih struktur, potem gre v poudarnem zaznamovanju videti prozodično sredstvo, ki znotraj govornega sporočila poleg zamejitvene opravlja tudi fatično jezikovno funkcijo. To pomeni, da semantično nemotivi-rani sintagmatski naglas deluje kot govorčeva avtomatično tvorjena informacija naslovniku o fizični prisotnosti njegovega lastnega govornega dejanja in s tem tudi o prisotnosti njegovega osnovnega sporočanjskega namena. Mojca Schlamberger Brezar Ljubljana CDU 800:316 LE ROLE DES TOPOI DANS LA NEGOCIATION CON VERS ATIONNELLE1 1. Les topoi: definition Les topo'i apparaissent pour la premiere fois chez Aristote dans ses Topiques. La, il etudie des especes des topo'i, pouvant servir de premisses ä des syllogismes dialecti-ques ou rhetoriques. Dans sa Rhetorique, il distingue les lieux communs, qui peuvent servir indifferemment en n'importe quelle science et ne relevent d'aucune, et les lieux specifiques, qui sont propres soit ä une science particuliere, soit ä un genre oratoire bien defini (d'apres Perelman et Olbrechts-Tyteca: 1958: 12). Le "champ topique" est done constitue d'une liste de themes, d'arguments generaux, dont l'apprentissage est un des objets essentiels de l'education rhetorique ancienne (Plantin 1990). Les topoi" ou les lieux communs sont les reservoirs d'arguments, oü l'on puise selon les besoins. Partant de la matiere qui lui est fournie par la cause qu'il doit defendre, l'orateur doit mettre en oeuvre tous les arguments capables d'influencer au mieux le juge dans le sens des interets de la partie qu'il represente (Plantin, 1990: 237). Les topoi' chez Anscombre et Ducrot sont etymologiquement lies ä Aristote, mais appartiennent conceptuellement ä la theorie de 1'argumentation dans la langue (Anscombre et Ducrot, 1983), d'apres laquelle "les relations argumentatives ne sont pas surajoutees ä la valeur semantique de l'enonce", mais sont "fondamentales, (...), presentes des le niveau le plus profond de l'analyse" (Anscombre et al., 1995: 15). D'apres Anscombre (1995: 38-39), lors d'une enonciation, le locuteur donne des indications sur le chemin qu'il a choisi, et celui qui interprete tente de reconstruire un itineraire ä partir des indications fournies. Ces indications qui permettent d'operer un choix parmi les chemins sont les topoi'. Ce sont les principes generaux qui servent d'appui au raisonnement, mais ne sont pas le raisonnement. lis ne sont jamais assertes, en ce sens que leur locuteur ne se presente jamais comme en etant l'auteur (meme s'il l'est effectivement), mais ils sont utilises. lis sont toujours presentes comme faisant objet d'un consensus au sein d'une communaute plus ou moins vaste (y compris reduite ä un individu, par exemple le locuteur). ' Cette communication a ete presentee en tant qu'affiche au cours du 6,eme Colloque international de la pragma-tique ä Reims du 19 au 24 juillet 1998. Le topos specifie les premisses qu'il est pertinent d'employer dans une situation et garantit le passage des premisses vers la conclusion: il a done la valeur du "garant" qui releve de sa nature procedurale. C'est pourquoi ils peuvent tres bien etre crees de toutes pieces, tout en etant presentes comme ayant force de loi, comme allant de soi (Ducrot, 1983). Le topos est graduel: il met en relation deux predicats graduels, deux "echelles", et la relation entre les deux echelles, eile aussi, est graduelle" (Ducrot 1995), comme le montre le schema (1). (1) J plus (moins) O est P, J plus (moins) O' est P' Ce schema peut etre illustre par 1'exemple (2): (2) JS: Et... de quoi parlons-nous? On parle de plus de 50 000 d'entreprises de production, on parle de 20 milliards de chiffres d'affaires au niveau de la production et on parle de 35 legumes. Alors, aujourd'hui, aujourd'hui depuis que nous posons les questions au ministre le 25 juillet, le 25 novembre, le 6 avril et puis des series de rencontres, on nous repond au niveau du Ministere, tout ä coup on nous repond "choux-fleurs: Bretagne". Je rappelle: il y a 35 legumes, il y a une trentaine de departements concernes. (Polemiques2) Le locuteur expose le topos Tl: plus il y a de problemes, plus il faut en parier. Ce topos est graduel: on parle beaucoup de choux-fleurs et de Bretagne. Mais il s'agit de 35 legumes et d'une trentaine de departements: il faut done en parier davantage et trou-ver une solution plus complexe. Tl met en relation deux echelles: (3) . _ 35 legumes, 30 departements .. choux-fleurs, Bretagne parier (plus) X parier 2 Cet extrait, aussi bien que les autres, cites au cours de la communication, appartient au corpus oral, enregistre et transcrit par M. Schlamberger Brezar. Les conventions de transcription sont les suivantes: Majuscule: debut de l'enonce XXX mot incomprehensible /./ intonation descendante /,/ intonation montante /.../ ćnonce non achevć (...) omission d'une partie du texte 2. Inventaire des topo'i dans les textes analyses Nous allons essayer d'eclairer le role que jouent les topoi' dans la negotiation con-versationnelle.3 II semble que, d'une part, l'orientation des topo'i, Ieur pertinence et leur gradualite influencent le choix des moyens d'argumentation (les Operateurs et les connecteurs) et par consequent de differentes relations syntaxiques sous-jacentes, et d'autre part elles programment Tissue de la negotiation. En vue de demontrer cette hypothese, nous avons analyse plusieurs simulations de negotiations commerciales en langue Slovene et un debat en frangais.4 D'apres Plantin (1997: 12), le genre argumentatif se differencie en plusieurs espe-ces: certaines sont orientees vers l'expression et amplification, ä savoir les debats d'idees, les debats politiques, d'autres vers la resolution du differend (negotiations, conciliations). Nous avons done affaire ä deux types de textes differents oil, nous sup-posons, les locuteurs vont faire preuve d'une attitude differente envers les topo'i. 2.1. Ou placer les topo'i dans la grammaire Les topo'i ne sont pas assertes, ils sont sous-jacents et sous-entendus, poses comme garant. Dans la grammaire fonctionnelle (Dik, 1989) ils sont codes au niveau sous-ja-cent de la predication, de l'etat de choses. Ils represented une connexion inferentielle entre les evenements ou les proprietes par lesquelles les arguments sont lies ä la conclusion (Ellerup-Nielsen, 1996: 330). La base de l'analyse des textes argumentatifs est l'enonce, le niveau de "clause" (Dik, 1989). Le topos se trouve dans la structure sous--jacente de chaque enonce argumentatif, servant de premisse pour une conclusion. C'est une entite semantique. Nolke (1994: 164) dit que «l'argumentation effectivement accomplie n'est jamais precisee dans la signification, mais la langue pose sur facte de l'argumentation des contraintes semantiques qui, elles, doivent etre decrites dans la signification. Toute phrase isolee est susceptible d'entrer dans une vatiete apparemment illimitee de chaines argumentatives, 3 La notion de la conversation comme nćgociation (Roulet et al., 1985: 9-ll,Roulet, 1985: 13) suppose que dans une converstation, tout se negocie constamment: les modalites d'ouverture et de cloture de Гinteraction. II y a aussi 1'idee que I'echange ne peut pas se conclure sans accord commun. 4 Nous avons analyse un debat televise, Les polemiques, diffuse sur la chaine France 2, et 4 negociations commerciales en langue Slovene. Les textes analyses appartiennent ä deux genres differents de textes argumentatifs, les negociations etant orientees vers la resolution du differend et les debats vers l'expression et l'amplifi-cation publiques du differend (Plantin, 1997: 12). Or, les contraintes de conclusion s'imposent pour les deux genres. donnant lieu ainsi ä une gamme non restreinte des topoi'. Mais, d'une part, les expressions referentielles apportent avec elles tout un reseau de topol relevant d'un champ topique, et, d'autre part, certains lexemes - ä savoir les Operateurs argumentatifs -orientent ou dirigent le choix ä l'interieur de l'eventail de topoi' ainsi presente.» La fonction du topos est d'une part de permettrte l'acces aux conclusions visees par l'acte d'argumentation, et, d'autre part, de choisir parmi les conclusions lorsque plus d'un acte d'argumentation est realise (Moeschler, 1985: 72). Le topos est de ce fait en etroit rapport avec les marques argumentatives que sont les Operateurs et les con-necteurs, mais egalement avec la notion primitive d'acte d'orientation argumentative, puisque c'est ä partir de telles indications que s'applique le topos. II faut distinguer les connecteurs - predicats ä deux places et les connecteurs - predicate ä trois places (Moeschler, 1985). Les premiers relient deux echelles, les seconds deux topo'i. 2.2. Les topo'i dans le debat "L'argumentation repose sur l'utilisation systematique de principes d'enchaine-ments d'enonces ou "topoi'" dont la validite est admise par des interlocuteurs" (Plantin, 1990: 246). Les topo'i exposes au cours du debat5 televise peuvent etre rassembles dans les groupes suivants: 1. Topos"economique" Plus on produit, plus on doit vendre. Plus on a de produits, plus le prix est bas. Plus le prix est bas, moins il faut produire. 2. Topos "social" Plus on manque de ressources, plus on est oblige de descendre dans la rue. Plus on est en crise, plus il faut faire appel ä la collectivite. Plus on est en crise, plus vite il faut agir. Plus haut on est place (ä l'echelle sociale), plus on doit etre au courant. 3. Topos "violence" Meilleures raisons qu'on a, plus on est autorise ä descendre dans la rue. Plus on est violent, moins c'est permis. 5 Dans le debat qui porte sur la violence des protestations des agriculteurs bretons et des agriculteurs en France en general, il y a les participants: MC; moderatrice; GD, producteur, JS, FNPL (Federation nationale des pro-ducteurs de legumes), FC, directeur du cabinet du Ministre de l'agriculture, MHA, deputee des verts, CJ, depute, GG et EP, deputes europeens, JL, maire de Morlaix. Plus on est en crise, moins il faut etre violent. Plus il y a de degats, plus il faut appliquer la loi. 4. Topos "qualite" Plus on produit, plus la qualite baisse. Plus il y a de qualite, plus 9a coüte. 5. Topos "debat" Plus il y a de problemes, plus il faut en parier. 6. Topos "politique agricole commune" Plus pres on est de l'Euro, plus se reglent les aspects monetaires. Plus le systeme est fige, plus il faut qu'il evolue. Meilleur soit l'etat de l'agriculture, plus il y a d'emplois. Les topoi" exposes de 1 ä 6 sont pertinents pour le debat: l'argumentation se fait par la reprise ou par la refutation du topos: c'est le "fil rouge" qui assure la suite du debat. Cest ä l'aide du topos que s'enchainent les arguments. Illustration ä l'aide d'un exemple du debat: (4) MHA: Je crois qu'effectivement aujourd'hui on est dans un systeme de politique agricole commune dont les aides favorisent cette surproduction. Or nos concitoyens, je crois que nous tous, nous attendons plutot des produits de qualite. Done... done nous pensons qu'il faut la reformer profondement (la: politique agricole commune). T1: Plus on favorise la surproduction, plus on va produire. T2: Plus on produit, moins les produits sont de qualite. T3: Plus le consommateur est conscient, plus il exige des produits de qualite. T4: Plus une politique est mauvaise, plus il faut la reformer. Les topoi' exposes sont relatifs ä des ideologies banales de la vie quotidienne quant ä l'usage qu'il convient de faire de son temps. Le premier enonce comporte deux topo'i sous-jacents, TI et T2, dont le premier est mentionne et l'autre sousentendu. Aux deux s'oppose T3, introduit par le connecteur or, qui met la qualite en premier lieu. C'est sur ce point qu'est fondee la conclusion, introduite par le connecteur done, qui appelle ä la reforme. La reponse de JS (2) s'enchaine sur le T1: JS: Je ne peux pas rentrer dans votre sens. Aujourd'hui la production fran9aise satisfait ä peine ä autour de 70% de la consommation frangaise. En Europe, la production des fruits ou des legumes et des fruits sont lies ä la meme problematique pour voir: Europe a ä peine 40%. L'Europe est le premier importateur mondial des fruits et des legumes. Done je veux dire dans ces chiffres lä qu'il faut integrer, qu'il n'y a pas de surproduc-tion. Par contre, il y a des telescopages effectivement, et le cas des choux-fleurs est un telescopage. Dans sa reponse, JS declare que la premiere echelle n'est pas pertinente, parce que on ne produit pas trop. Le rejet est fait d'une maniere explicite (uJe ne peux pas rentrer dans votre sens") et demontre par le syllogisme: Si l'on produit moins de 100% de sa consommation, il n'y a pas de surproduction. La France satisfait ä 70% sa consommation de legumes. (L'Europe satisfait ä 40% sa consommation de legumes.) Done: il n'y a pas de surproduction. Une autre replique s'enchame sur le T3 d'abord et puis sur le 12. (6) EP: Je vais aussi signaler a Madame A.: des produits de qualite. Mais tous les agricul-teurs ne souhaitent que 9a de faire des produits de qualite. Mais les produits de qualite ont un coüt. Et est-ce qu'on peut bien se poser la question si les consommateurs veu-lent bien payer ce coüt. Or aujourd'hui nous nous apercevons que le pouvoir d'achat n'augmente que leur pouvoir d'achat ne leur permet pas... leur pouvoir d'achat ne leur permet pas de consommer eher. EP: Tel que XXX il faut s'entendre qu'il y a ä partir du collectivisme surproduction et que les produits ne sont pas de qualite. Je pense que e'est une idee re?ue qui ne correspond pas ä la realite. Je ne peux pas XXX ressentir cela. La qualite aujourd'hui e'est une qualite qui est en France reconnue y compris ä l'etranger et qui est tout ä fait con-venable. II y a encore des progres ä faire et ils se font tous les jours. Mais on ne peut pas laisser dire cela. Done... Cette replique s'enchaine d'abord sur T3 et ajoute le nouveau topos T5: plus les produits sont de qualite, plus cela coüte. Mais d'autre part, il reconnait le topos de "qualite", qui est reconnue en France et rejette le T2, qui lie la surproduction au manque de la qualite. En regardant de pres les topoi exposes, on peut constater que les seuls topoT qui s'opposent directement dans le debat sont les topoi concernant la justification et la con-damnation de la violence. Au cours d'autres topo'i, il s'agit surtout de la refutation de la gradualite comme c'etait montre en (6). Les topoi' opposes: Topos violence: 1. plus on a de raisons pour la violence, plus il est justifie d'etre violent 2. plus on est violent, moins on peut le cautionner (7) Edouard des Places (EP): Avant de parier d'Europe, moi je voudrais qu'on deculpa-bilise les agriculteurs et tout particulierement chaque fois qu'ils sont obliges de descen-dre dans la rue pour defendre leur propre niveau de vie. Or, il nous arrive ä tout le monde... MC: D'accord enfin, on ne va pas saccager les trains... Ici, il s'agit de la conclusion, introduite par enfin, qui est justement opposee ä ce qui a ete dit auparavant. Elle pourrait etre introduite par mais, pourtant ou un autre connecteur exprimant l'opposition et introduisant la contre-argumentation. Les topo'i suggerent la relation logique et influencent par consequent le choix du connecteur. Pour le debat oral, il est typique (A. Ellerup Nielsen, 1996) qu'il y a moins de connecteurs que dans un texte ecrit. Le topos sous-jacent peut done indiquer la nature de la relation implicitement. Dans l'exemple Oui, enfin...: il s'agit d'une opposition, mais enfin prend normalement la valeur de conclusion. Le topos est assez fort pour qu'on puisse se passer du connecteur ou employer un connecteur dont la valeur est differente de celle exigee logiquement: c'est dans ce role que les particules de la langue Slovene apparaissent comme connecteurs (exemple (13)). Dans (8), il y a la suite de l'etayage des arguments, bases sur des topo'i opposes. (8) EP: II nous arrive ä tout le monde de prendre un train, de rester en gare, de rentrer dans un avion... CJ: Non, non, sur ce point, ecoutez: la greve de 95, trois semaines de la greve de la SNCF, coüt de la greve par jour 100 milions de francs, destructions qui sont tout ä fait regrettables suite au mouvement des producteurs bretons: 5 milions de degats, e'est-a- dire Г equivalent d'une heure de greve menee par la CGT en 95. Done il faut aussi rela-tiviser les choses... MC: Je ne sais si on puisse comparer, Monsieur XXXXX MHA: lis ne sont pas permis... GG: C'est indeniable qu'il y a une situation de crise ponctuelle et des problemes struc-turels sur les choux-fleurs et sur les legumes d'une maniere generale. Ceci etant, quelle que soit l'ampleur posee du probleme aujourd'hui, je trouve efFectivement que les exactions qui ont ete commises sont veritablement inadmissibles. Je sais que la justice a ete saisie et pour moi eile va faire son travail parce que la loi doit s'appliquer pour tout le monde quelle que soit la profession, quelle que soit la race, quelle que soit la classe sociale en France. /X: lis sont contents, les Bretons./ ML: Oui, encore que (...) moi, ce que j'aimerais dire sürtout c'est que nous qui vivons ces manifestations violentes et brutales, parce que il faut quand meme le rappeler qu'en 95 pour reprendre l'exemple du depute qui est sur votre plateau, il y a eu des greves effectivement de la SNCF qui ont eu un certain nombre de consequences, je rappellerai quand meme qu'en 95 sur Morlaix en 3 heures de temps quelques agriculteurs avec leurs tracteurs ont fait 8 millions de francs de degats sur le milieu urbain et sur la ville. Done c'est vrai que c'est quand meme quelque chose qui frappe l'opinion et qui laisse des traces dans la memoire. Le deuxieme topos dans le debat fait prevaloir contre le premier: le maire joue le role decisif, puisqu'il est le dernier qui va parier ä propos de ce theme et qu'il a vecu ces manifestations. II introduit un contre-argument par rapport ä celui de X avec Oui, encore que. EP et CJ plaident pour la justification de la violence, MHA, MC (moderatrice!), GG et ML sont contre. Vers la fin du debat, tout se concentre sur le meme topos, ä savoir, "plus il y a de problemes, plus il faut en parier". Tous sont d'accord sur le fait qu'il faut trouver une solution, meme si leurš points de vue sur ce sujet different. D'apres la theorie de la conversation en tant que negotiation (Roulet, 1985), cela permet de conclure le debat. II y a aussi 1'argument de MC, moderatrice, qui pousse vers la conclusion (9) "C'est l'emission qui va se terminer alors", fondee sur les circonstances et les regies de l'interaction: ces arguments ont evidem-ment un statut ä part, puisqu'ils font reference aux circonstances du debat: regies, duree, decision prise (Plantin, 1997: 19). Apres, les locuteurs se retrouvent sur le topos du depart, "plus il y a de problemes, plus il faut en parier", introduit par GG et affirme par JS dans l'exemple qui suit: (10) GG: Je pense que dans le debat que nous avons il y a une chose qui est tres clairement exprimee, c'est le besoin qu'il y a dans ce pays ä un debat public sur les fonctions de l'agriculture de la fin de ce siecle, du debut du 3e millenaire. JS: 9a c'est tres bien dit... 2.3. Les topo'i dans les negotiations commercials Un argument fonde sur une regle de base de toute negotiation est "Faites des concessions!" (Plantin, 1997: 19), ce qui oppose la negotiation au debat, 011 il s'agit de l'amplification du differend. Nous allons voir quelles sont les differences d'application des topo'i. L'inventaire des topo'i dans les negotiations est plus restreint: 1. Negotiation des prix de l'equipement du sport Tl: Plus les Slovenes aiment le ski, plus de skis ils achetent. T2: Meilleurs sont nos skieurs, plus le ski est ä la mode (plus de skis les gens achetent). (oriente vers les prix bas) T3: Pire est la situation sociale, moins de skis les gens achetent. T4: Meilleur marche sont les skis, plus les gens vont en acheter (oriente vers les prix bas). Tl et T2 sont exposes par le locuteur A, T3 et T4 par le locuteur B. 2. Negotiation du prix de la reparation de l'ordinateur Tl: Plus on accepte les propositions du partenaire, meilleure est la cooperation. T2: Meilleure est la cooperation, plus on doit accepter les proposition du partenaire. Ces deux topo'i en effet ne sont qu'un topos circulaire: les partenaires sont d'accord sur Tl et T2: ils ne discutent que la gradualite de la "bonne cooperation". 3. Negotiation de l'organisation du cours de langue TI: Plus on a de possibility de duree des cours de langue, plus de gens il va y avoir. 12: Plus on donne de possibilites, moins c'est facile ä organiser. T3: Plus c'est facile ä organiser, plus cela nous convient. T1 et T3 sont en opposition. T1 va prevaloir. 4. Negotiation de l'equipement video Tl: Plus l'equipement est de qualite, plus le consommateur est dispose ä payer. C'est surtout la gradualite qui est negociee ici. Dans les negotiations, 1'accord est atteint plus en detail que dans le debat, parce que le nombre des topoi employes est beaucoup plus restreint. Quand les deux locu-teurs se retrouvent sur le meme topos, il leur reste ä negocier en detail ou ä conclure le debat selon le cas. Les topoi de base sont acceptes par les deux partenaires sauf dans la Negotiation desprix de l'equipement du sport. La, il y a deux groupes de topo'f lies qui ne s'oppo-sent pas directement, mais entrent en opposition apres la consideration de leur visee argumentative6, etant Orientes l'un vers la cherte et l'autre vers le faible coüt des skis. Les topoi' dans ce cas ne sont pas pertinents pour la conclusion: les partenaires se met-tent d'accord sur le prix, les deux respectent la contrainte "consensus" (exemple (11)). (П) A4 8: Za alpske smučke pa mislim, da premalo vrednotite. Zdaj je pač tak čas, mislim, navdušenje Slovencev ob zmagi, ob teh velikih uspehih naših smučarjev, v bistvu, je tudi mogoče treba najti kompromis. 'A48: Pour les skis je pense, que vous sous-estimez (le produit). Maintenant (particule), c'est le moment, je pense, l'enthousiasme des Slovenes devant la victoire, devant ces grands succes de nos skieurs, en fait, il faudrait trouver un compromis.' B48: Mi skušamo proizvode kvalitetneje, po sprejemljivih cenah prodajat, saj veste, standard pri nas ni tako visok, tako da bi vseeno vztrajali pri ceni B do C, ker, kot se je zdaj pokazalo, pač kupec preprosto ni zmožen, povprečen kupec smuči dražje kupovat, pri nas pa gre za zelo široko prodajo, saj sem vam povedala... 'B48: Nous essayons de vendre nos produits de qualite ä bon marche, puisque vous le savez, le standing chez nous n'est pas si haut, de sorte que nous voudrions rester au prix B ou C, parce que, comme cela a ete montre, (particule) le client n'est simplement 6 La visee argumentative (Ducrot, 1983: 11-12): l'enonciation est censee prendre une certaine position par rapport ä l'univers auquel le discours se refere. II selectionne un principe argumentativ "topos", permettant d'at-teindre la conclusion ä partir de la position initiale. pas capable, le client moyen, d'acheter des skis plus chers, chez nous, la vente ... en jeu, comme je vous l'ai dit. B 49: Ja, super, potem bi se zmenili, da pač eno leto kupujete po ceni C, potem pa bi dali na D kasneje... A49: Superbe, done nous allons decider que vous achetez au prix C pendant un an et plus tard, e'est le prix D. Dans la negotiation de l'organisation du cours de langue, les participants se ren-contrent sur le meme topos, "plus de possibilites, plus de participants", A devant abandonner son topos "plus e'est facile, plus cela nous convient" au profit de B. Dans la negotiation de l'equipement video, les deux participants sont d'accord sur le topos, mais se mettent difficilement d'accord sur le prix. Leur negotiation est surtout l'etayage des arguments "ideologiques" de la societe de la consommation (12). (12) A: Znamka, vsaj vaša znamka, predstavlja... 'A: Marque, au moins votre marque, represente...' B: Da, zaradi tega tudi potem ne gledajo na ceno... 'B: Oui, ä cause de cela, ils ne prennent pas en consideration le prix...' A: Na ceno sicer gledajo, ampak so pripravljeni več plačati v zameno za kvaliteto... 'A: Iis prennent d'ailleurs en consideration les prix, mais ils sont prets ä payer plus pour avoir un produit de qualite.' B: Tako, ja, čeprav tukajle cena, ki jo imamo mi sicer, je nekoliko višja kot pri vas... 'B: Oui, oui, bien que le prix ici qu'on ait normalement chez nous, est un peu plus haut que le vötre...' Dans la Negociation du prix de la reparation de l'ordinateur, la conclusion qui met en valeur le topos du depart: (13) A: Fino. Me veseli, da smo se tako zadovoljivo dogovorili, no, in upam, da bomo vnaprej tudi sodelovali. 'A: Bon, je suis contente de la conclusion et j'espere qu'ä l'avenir aussi on va conti-nuer ä cooperer.' B: Ja, jaz tudi, no, tudi mi smo z vašimi storitvami zelo zadovoljni in tudi upam, da se v naprej kaj takega ne bo več zgodilo. 'B: Oui, moi aussi, nous aussi, nous sommes contents de vos services et nous esperons qu'il n'y aura plus de malentendus au fiitur.' II est difficile de generaliser ä partir de l'analyse de 5 discours, mais ce qui est sür est que l'accord est plus vite atteint si l'argumentation se fait sur le meme topos et qu'on discute sa gradualite qu'ä partir des topoi' opposes. Aussi dans la langue Slovene, les connecteurs sont rares dans le discours oral. Les relations d'oppositions, fondees sur les topoi', sont souvent exprimees par les particules: (14) A: To (= obvezne ekskurzije) se mi zdi prisila za sodelujoče. 'Cela (=les excursions obligatoires) me parait une contrainte pour les participants.' B: A veš, vseeno je mnogo več ljudi, ki grejo na ekskurzije, kot pa tistih, ki ne grejo. 'Tu sais, (particule) les gens qui participent ä des excursions sont plus nombreux que ceux qui n'y vont pas.' La traduction fran^aise pourrait comporter aussi le connecteur pourtant ou quand meme (d'apres le sens de l'enonce), mais l'original Slovene comporte une particule (vseeno) qui ne sert pas normalement de connecteur, mais plutot d'operateur dans le sens d'argumentation dans la langue. 3. Conclusion Les topoi', en tant que principes rendant possible l'argumentation, influencent la structuration du debat ou de la negotiation. D'une part, ils servent de "fil rouge" au debat ou ä la negotiation, ils sont le lieu sur lequel s'enchainent les arguments qui vont dans un meme sens ou dans un sens oppose. D'autre part, les partenaires se retrouvent sur le topos pour accepter une conclusion. La concentration des opinions sur le meme topos represente la possibilite de cloture d'echange. Les recherches montrent que l'accord est le plus vite atteint dans les cas ou il s'agit des memes topoi' et oil il ne faut negocier que leur gradualite, tandis que la negotiation des topoi' opposes est beaucoup plus longue et ne finit pas toujours avec un accord. Si les topoi' sont opposes, l'accord peut se faire soit independemment des topoi', surtout si les topoi exposes ne sont pas pertinents pour le consensus, mais represented les points de vue ideologiques des partenaires (exemple (12)). Meme au cours du debat, limite plutot par les contraintes circonstancielles (temps limite), ä la fin, tout se concentre sur le topos "plus il y a de problemes, plus il faut en parier", qui a ete aussi le topos d'ouverture du debat et sur lequel tous sont d'accord. Quant aux cas de la refutation des topoi', les locuteurs ont dü trouver de nouveaux topoi' pour pouvoir conti-nuer la negotiation. Le topos est, d'apres Ducrot (1983), en etroit rapport avec les marques argumentatives comme les Operateurs et les connecteurs. L'analyse des topoi' du discours oral montre que les enonces ne comportent pas autant de connecteurs qu'un texte ecrit et que parfois le topos sous-jacent est assez fort, sürtout en presence d'enonces contre-argumentatifs. La relation syntaxique predominante dans les negotiations conversa-tionnelles analyses est celle exprimant l'opposition et la concession. Elle est rarement explicite, c'est-ä-dire exprimee par des connecteurs. L'absence de connecteurs est possible gräce ä 1'evidence de la relation des topoi' pour les locuteurs. REFERENCES Adam, J. M. (1992) Les textes: types et prototypes. Paris, Nathan, coll. FAC. Adam, J. M. (1996) L'argumentation dans le dialogue. Dans: Langue frangaise 112, 31-49. Anscombre, J. C., Ducrot, O. (1983) L 'Argumentation dans la langue. Bruxelles: Pierre Mardaga. Anscombre, J. C. et al. (1995) Theorie des topoi. Paris: Kime. 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Prispevek temelji na analizi toposov v avtentičnih besedilih, in sicer v televizijski polemiki v francoskem jeziku in simulacijah pogajanj v slovenskem jeziku. Iz analize je razvidno, da toposi kot principi, ki omogočajo argumentacijo, vplivajo na zgradbo polemike oziroma pogajanj. Na eni strani predstavljajo rdečo nit za nadaljevanje konverzacije, saj so mesto, kjer se navezujejo argumenti, bodisi enako, bodisi nasprotno usmerjeni. Na drugi strani pa so prav toposi tisto mesto, kjer sogo-vorci prihajajo do soglasja. Koncentracija mnenj na istem toposu predstavlja možnosti za zaključek izmenjave. Toposi so povezani tudi z argumentacijskimi zaznamovalci kot so operatorji in konektorji -povezovalci. Analiza govorjenega diskurza je pokazala, da le-ta vsebuje manj povezovalcev kot zapisano besedilo. Skladenjski odnos, ki prevladuje, je protivno-dopustni odnos in ta je le redko izražen s povezovalci. Njihovo odsotnost se da razložiti s toposi: le-ti so za naslovnika dovolj jasni, zato je v danih primerih raba povezovalcev nepotrebna. Hussein REHAIL - Mohammad AL-ZOU'BI Yarmouk University, Irbid, Jordan CDU 801.3 ETUDE DE QUELQUES ASPECTS NOVATEURS DANS LES DICTIONNAIRES MODERNES. Nous traitons dans cet article de l'eveil du dictionnaire ä la variation des activites dans l'apprentissage des langues etrangeres. Les dictionnaires deviennent, comme le mentionne J. Dubois «des instruments de l'education permanente, car ils sont ä la fois le livre de l'äge scolaire et celui de l'äge adulte».1 L' auteur ajoute que le dictionnaire «facilite la communication linguistique, en comblant les lacunes de Pinformation des lecteurs».2 Bien entendu, les lacunes, se manifestent clairement chez les apprenants d'une langue etrangere lors de la production ecrite, etant donne que celle-ci est sou-vent tributaire d'une bonne connaissance des relations entre lexique, syntaxe et semantique. Or, cette question a retenu Pattention de nombreux auteurs de dictionnaires. Ainsi l'observation des ouvrages de J. Dubois3, et d'I. Mel'Čuk4, montre comment s'intriquent le lexique, la syntaxe et la semantique. Cette intrication a ete l'objet de notre reflexion sur quelques dictionnaires novateurs (voir ci-dessous). Les dictionnaires de notre corpus Les ouvrages novateurs retenus dans notre corpus sont les dictionnaires mono-lingues suivants: Dictionnaire du frangais langue etrangere (D.F.L.E.), Niveau 2, 1979, (Sous la direction de J. Dubois)5. Dictionnaire du frangais contemporain (D.F. C.) 1980. (Sous la direction de J. Dubois)6. Dictionnaire explicatif et combinatoire du frangais contemporain, (D.E.C.), 1984, (sous la direction d' I. Mel'čuk)7. 1 Dubois J. et al. 1971, p. 7. 2 Ibid. p. 7. 3 Voir: Dubois J. 1979 et 1980. 4 Voir Mel'čuk I. 1984. 5 Dubois J., 1979. 6 Dubois J., 1980. 7 Mel'čuk I., 1984. Le choix de ces dictionnaires se justifie par le fait qu'ils illustrent la variation et revolution du paysage dictionnairique, vu que notre perspective d'avenir est le depassement du modele traditionnel du dictionnaire. Les principes methodologiques De la conception des principes de base qui ont preside ä l'elaboration de chacun de ces trois dictionnaires decoulent evidemment des exigences methodologiques parti-culieres que nous tenterons d'illustrer dans notre article. Les principes methodologiques du D. F. L. E. Le but avoue du D.F.L.E. est «d'assurer la comprehension et la production de textes tres divers, et la maitrise du frangais courant, ecrit et parle.»8- Les auteurs de ce dictionnaire accordent une place importante aux «commentaires». Les articles contiennent souvent trois types de commentaire: Le commentaire grammatical, le commentaire semantique et le commentaire lexical, (voir D.F.L.E., p. IX) Le commentaire grammatical «donne des indications sur les constructions des mots»9. Dans l'article «assister» que nous prenons ä titre d'exemple, les auteurs donnent des informations explicites sur la nature du sujet et du complement. Les auteurs indiquent, en utilisant des abreviations, que le verbe assister s'emploie comme (v. t.) (sujet qqn), assister qqn10: «vous pouvez vous faire assister par votre avocat, si vous le voulez». (voir D. F. L. E. p. 71). lis indiquent egalement qu' «assister» s'emploie comme (v. t. ind.) (sujet qqn) assister ä qqch: «j'ai assiste ä toute la scene,» etc. (voir D. F. L. E. p. 71). Le commentaire semantique donne des informations sur les synonymes. Les auteurs precisent: Assister ä qqch a pour synonyme: ETRE PRESENT A. Assister qqn a pour synonyme AIDER. (D. F. L. E. p. 71). Dans la derniere partie consacree au commentaire lexical, les auteurs ne se conten-tent pas d'indiquer simplement les derives. Le sens des derives est souvent mentionne ä l'aide d'exemples dans cette partie. Si un derive «est l'objet d'un article distinct» les auteurs renvoient ä l'article concerne. Les derives prefixes sont indiques «ä leur ordre alphabetique avec un renvoi au terme oil ils sont traites». (voir D. F. L. E. p. IX). Cette methode permet, precisent les auteurs, «de retrouver pour chaque mot la structure le-xicale». (D. F. L. E. p. IX). 8 Dubois J. 1979, p. IX. 9 Ibid. p. IX. V. t. = verbe transitif, qqn = quelqu'un, qqch = quelque chose, v. t. ind. = verbe transitif indirect. Nous constatons que les articles dans ce dictionnaire se distinguent par les commentaries explicatifs, (voir ci-dessus) et la richesse de 1'exemplification. Les explications sont parfois accompagnees des dessins humoristiques qui jouent, comme le men-tionnent les auteurs, «un role actif dans l'apprentissage du fran?ais en aidant ä poser des questions sur le sens des mots.». (D. F. L. E. p. X). Les principes methodologiques du D. F. C. Dans I' avant-propos du dictionnaire les auteurs indiquent aux lecteurs les objec-tifs du dictionnaire: «par la conception comme par la realisation du nouveau dictionnaire du frangais contemporain, on a voulu repondre aux necessites actuelles de l'en-seignement moderne du fran$ais. Ceux qui, ayant acquis les bases elementaires de la langue, visent ä affermir, ä contröler et ä perfectionner l'usage qu'ils ont du fran?ais, auront ä leur disposition un instrument commode de consultation et une aide pour un apprentissage systematique du lexique, de son fonctionnement morphologique, syn-taxique et semantique.». (D. F. C., p. VII). Les auteurs adoptent dans ce dictionnaire un plan de l'article different de celui adopte dans le D. F. L. E. Les donnees ne sont pas presentees sous forme de commen-taires explicatifs (voir: les parties lexicale, syntaxique et semantique, du D. F. L. E.). L'organisation des articles dans le D. F. C. s'appuie largement sur la theorie struc-turale: «la description du mot dans chaque article se fait ä partir de ses emplois dans les phrases de la langue» (D. F. C., p. V). Enfin nous pensons que les nombreuses precisions sur les constructions syntaxi-ques, la notation des synonymes et des antonymes, la richesse de Гexemplification per-mettent de montrer au consultant le fonctionnement des mots en langue et dans le discours. Les principes methodologiques du D. E. C. La redaction des articles dans ce dictionnaire est une remarquable demonstration du passage de la theorisation ä la realisation. Les auteurs ont choisi comme base de description «le modele linguistique du type "sens-texte"»11. D'apres l'hypothese fondamentale de ce modele, les auteurs constatent: «une langue naturelle constitue une espece de TRANSFORMATEUR qui assure la correspon-dance entre l'ensemble infini des SENS et l'ensemble infini des TEXTES (de la langue consideree). Par consequent, une description d'une langue L est un systeme de regies qui etablit la correspondance entre les sens et les textes de L. Le D.E.C. de L doit " Le travail sur le D. E. C. du fran?ais constitue un dćveloppement d'un projet entrepris par Alexandre Zolkovskij et Igor Mel'čuk (D. E. C. du russe) en 1965 ä Moscou. (Voir D. E. C., p. 3). fournir au systeme toutes les donnees sur les mots individuels, donnees indispensables ä son fonctionnement.» (D. E. C., p. 3). Cet objectif optimal que cherchent ä atteindre les auteurs va requerir des investigations tres poussees. Ainsi l'article du D. E. C. contient cinq zones, et chaque zone comporte ä son tour plusieurs divisions (voir D. E. C., p. 17). Ces cinq zones sont les suivantes: 1. Zone d 'introduction. 2. Zone semantique. 3. Zone de combinatoire syntaxique. Ces trois zones fournissent au consultant des informations detaillees sur les diffe-rents sens, le schema de regime, les constructions syntaxiques, etc. (voir D. E. C., p. 17). 4. Zone de combinatoire lexicale (L'introduction des fonctions lexicales (F. L.). C'est l'un des traits les plus marquants de ce dictionnaire. Voir ci-dessous). 5. Zone de phraseologie. Dans cette zone, les auteurs citent les locutions figees. (voir D. E. C., p. 24). Regards sur la zone de combinatoire lexicale Dans la zone de combinatoire lexicale, les auteurs decrivent de fa, par consequent: VALLU > Bol, VEGIA > Karlo(bag), VIRGATU > Brgat, VINCA > bek(v)a. Dans Particle du meme auteur, Tvorba riječi u jednom zanimljivom korpusu, Linguistica XXXVIII/2, pp. 157-166, sont ä corriger les erreurs typographiques suivantes: p. 161, ligne 5: Vijnac, recte Vijenac; p. 162, ligne 11: pokret, recte pokref, note 5: staroga prema novom. Doživljaj počinje iz novoga prema starom, recte: staroga prema novom. Doživljaj počinje iz novoga prema starom", p. 165, note 7: il faut corriger la fleche, done, recte: (<— dvije komponente)-, p. 166, ligne 10: Deanović, recte Deanović); Dans la section "Comptes rendus..." il faut ajouter dans le texte du meme auteur, p. 211, ligne 4, une parenthese, done, recte: Riccardiana di Firenze). VSEBINA - SOMMAIRE Josip Jernej Oggetti diretti e indiretti in italiano Neposredni in posredni predmet v italijanščini Liliana Spinozzi Monai L'articolo del romanzo 'figlio' della diatesi passiva? Pasiv kot izvor rabe določnega člena v romanskih jezikih? 17 Sorin Paliga Romanian definite article revisited Nov pogled na določni člen v romunščini 71 Zorica Vučetič Contributo alio studio della composizione delle parole. Raffronto contrastivo italiano-croato Prispevek k raziskavi besedotvorja. Primerjava med italijanščino in hrvaščino .... 83 Primož Vitez Dynamisme de l'accentuation dans le discours mediatique frangais Premiki v naglasnem sistemu francoskega medijskega glagola...............99 Mojca Schlamberger Brezar Le röle des topoi' dans la negotiation conversationnelle Vloga toposov v pogajalskem sporazumevanju..........................123 Hussein Rehail - Mohammed Al Zou'bi Etude de quelques aspects novateurs dans les dictionnaires modernes Novi vidiki v sodobnih slovarjih.....................................137 Vladimir Pogačnik Les ressources et les blocages de la feminisation des noms en frangais Možnosti in ovire za feminizacijo samostalnikov v francoščini ..............145 Poročila, ocene, zapisi - Comptes rendus, recensions, notes W. Bal, J. Germain, J. Klein, P. Swiggers, Bibliographie selective de linguistique fran?aise et romane (Mitja Skubic) .........................153 Istvän Vig, A magyarorszägi italianistika bibliogräfiäja - Bibliografia dell'italianistica in Ungheria, 1945-1995 (Pavao Tekavčić) .......156 P. Swiggers, A. Wouters, De Tekhne Grammatike van Dionysius Thrax: de oudste Spraakkunst in het westen (Matjaž Babič)......................157 P. Swiggers, A. Wouters (edd.), Ancient Grammar: Content and Context (Matjaž Babič) ..................................................159 B. Quemada, J. Pruvost (eds.), Le Dictionnaire de PAcademie frangaise et la lexicographie institutionnelle europeenne (Gregor Perko) ..............163 M. Bilger, K. van den Eynde, F. Gadet (eds.), Analyse linguistique et approches de l'oral, II, (Vladimir Pogačnik) ............................168 "Quaderni di filologia e lingue romanze", Macerata (Pavao Tekavčić) ........170 L. Šega, Veliki moderni poslovni slovar. Angleško-slovenski (Gregor Perko) . . . 172 Corrigenda.....................................................175 LINGUISTICA XXXIX Izdala in založila Filozofska fakulteta Univerze v Ljubljani Revue publiee et editee par la Faculte des Lettres et Philosophie de l'Universite de Ljubljana Glavni in odgovorni urednik - Redacteur en chef Mitja Skubic Tajnica redakcije - Secretaire de la redaction Jožica Pire Nasloviti vse dopise na naslov Priere d'adresser toute correspondance ä Mitja Skubic Filozofska fakulteta Aškerčeva 2 SI-1000 Ljubljana linguistica@uni-lj .si Tel.: 386 61 241 14 06 Fax: 386 61 125 93 37 Računalniški prelom - Mise en page Grafični biro Zavoda za odprto družbo - Slovenija Tisk - Imprimerie Tiskarna Littera pieta, d.o.o., Rožna dolina c. IV/32, SI-1000 Ljubljana