G i o v а п п i M а о е г K A N A T A Questa parola, il cui significato è quanto mai interessante e che, nel litorale dalmato-istriano, ha una diffusione tutt'altro che limitata, non è registrata in nessuno dei molti, e in parte ottirni, dizionari croati. Essa è ignota anche al Rječnik dell1 Acci- dentia di Zagabria, il cui 17. fasc. (»kamenosiv-kipac«) fu pubblicato nel 1897. Ma già tre anni prima, nel 1894, M. Kušar ne dava la prima notizia, inserendo kanata fra le »ri ječi ne poznat a post an ja« del dialetto di Arbe (Rab): kanâta — svrha, na pr. *danas je kanâta grozju — potrgalo se je svet (Rad, CXVIII, 27). Una seconda testimonianza ci ha dato A. Bortulin nell'articolo: Lov и Bclom na Cresu ( Z N 2 0 , XIX, 324, a. 1914). Dopo di aver trattato del modo con cui, per opera dei giovani del paese, vengono sterminati i nidi degli sparvieri e delle cornacchie, Bortulin pro- segue: »Prve nedjelje ili blagdana pošto su gnijezdo dignuli, sakupe se momci opet. Gnijezdo polože u košaricu te pokazujuči jaja ili mlade prikupljaju darove... Kada su obredali sve kuče po mjestu... te nakupili dosta jaja, sira, slanine i novaca, odaberu jednu kuču, u kojoj če to sve použiti i popiti. Ovo se zove kanata.« Basandomi su queste notizie, come pure su un'informazione privata, secondo la quale a Geisa (Jelša) sull'isola di Lésina (Hvar) kanâta vale »fine del raccolto, ultimo giorno«, io deducevo in un mio articolo di 25 anni fà: »Non vi ha dubbio che il significato primitivo di questa voce non è quello di »fine«, ma di festino che si fa alla fine di un qualsiasi lavoro importante e durante il quale si mangia e si beve allegramen te«.1 Nelle inchieste lessicali fatte da me negli anni 1937, 1938, 1939 in alcune località del litorale dalmato-istriano ho avuto la conferma di questa mia ipotesi. Ho saputo, infatti: che a Sansego, presso Lussino (Lošinj) kanata indica la festa che si fa alla fine di un lavoro; a Kaprije, presso Sebenico (Šibenik), il ban- chetto che si fa al termine délia vendemmia oppure a costruzione ultimata di una casa; che a Bol sull'isola di Brazza (Brač) kanata è usata soltanto in quest'ultimo caso, e che a Lésina la kanata si fa alla fine del raccolto dell'uva e delle ulive. Ignorata dai miei informatori delle isole di Curzola (Korčula), Lissa (Vis) e Giuppana (Sipan), kanata tocca quasi certamente il suo limite méridionale di diffu- 1 Intorno alla penetrazione del lessico italiano nel serbocroato delta Damlazia e dei territori vicim: criteri metodologici; Atti dell'Istituto Veneto, LXXXIV, 1925, 767. Considero errato l'etimo che vi proponevo: kanata < *Cannata. sione a Lésina. Per quanto riguarda la terraferma bisogna attendere ulteriori infor- mazioni; sintomatico è perô il fatto che la parola non appare nella ricchissima rac- colta di termini popolari che F. Ivanisevic ci offre in : Poljica ; narodni život i običaji (ZN20 , VIII—X). Dal punto di vista formale kanata porta chiaramente il marchio délia sua ori- gine dalmatica. Se poi si tiene conto del significato di banchetto, spuntino, che, pur attraverso lievi fluttuazioni, appare fondamentale per kanata, non si ha difficoltà a scorgervi il riflesso di cenata, dove IV protonica, analogamente a quanto è avve- nuta in gelatina > galatina (v. Bartoli, Das Dalmatische, II, 291 ; e Rječnik, III, 93, ove bisogna aggiungere Zore, Dubrovačke tudinke, 6), è stata assimilata all'e accentata. Cenata non ha bisogno di alcuna speciale illustrazione: pur sconosciuta al latino, essa rappresenta, nei dialetti neolatini, una formazione possibile, ovunque esistono le premesse necessarie: la vitalità del suffisso -ata (e dei suoi riflessi), la presenza del verbo cenare (cfr. mangiata) e forse anche del solo sostantivo cena (cfr. boccata, annata ecc. v. Meyer-Lübke, Rom. Gram. II, 527). Nell'italiano, ove non sembra essere di uso corrente, cenata vale »mangiata copiosa fatta di sera; cena lauta, banchetto serale fra amici« (Vocabolario délia Crusca); per il provenzale cenado Mistral da il significato di »souper, repas du soir«; nel sardo (logudurese) clienada si usa nell'accezione di »tempo délia cena« (Spano, Vocabolario sardo-itali- ano).- Ma ciö che importa di più è che il veglioto conosceva tanto kaina < cena, quanto kenûr < cenare (Bartoli, о. е., II, lessico). Sene puô dedurre: 1° le due parole erano conosciute anche dal dalmatico in generale, e che da esse puô aver avuto ori- gine, sul suolo dalmata, il derivato *kenata; 2° che l'assimilazione e—a > a—a non lia avuto luogo nel dalmatico, ove essa sarebbe stata ostacolata dalla presenza di *kena, *kenare, ma nei parlari croati, dove, per l'assenza dei riflessi di *kena, *kenare, tale nesso e tale ostacolo erano venuti a mancare. L'imprestito kanata < cenata interesserebbe sopra tutto, e quasi esclusivamente, la linguistica romanza (kanata riunisce in sé le due piu spiccate caratteristiche del dalmatico: la conservazione délia gutturale davanti a e с della occlusiva sorda inter- sonantica), se esso non ponesse un piccolo problema che investe invece il folclore e più in là il diritto consuetudinario dei Croati di Dalniazia. Si tratta cioè di sapere, se insieme alla parola anche l'usanza di festeggiare con un banchetto la fine di un lavoro sia passato dai »latinic ai Croati. In linea di principio la risposta dovrebbe essere positiva. Senonché, a parte quello che verremo ancora dicendo, ci colpisce il fato che tale uso e, in ogni caso, un termine che specificamente lo designi era ignoto - Per i riflessi neolatini di cena, cenare, cenata e per la loro diffusione, si veda: P. Herzog, Die Bezeichnungen der täglichen Mahlzeiten in den romanischen Spra- chen und Mundarten, Diss. Zürich, 1916, pp. 98—113. ai romani e sembra sconosciuto anche al folclore italiano... all'infuori dei territori confinanti con gli Slavi. Procedendo verso il nord a kanata si appaia la parola di origine tedesca likof. I due termini s'incontrano sull'isola di Cherso (Čres). Al già citato kanata di Beli (Caisole), la città di Cherso contrappone likoj per il quale M. Tentor (Arch. f. slav. Phil. XXX, 1908, 194), riferendosi a K. Štrekelj (ibid. XII, 480) e al licdf, licov friulano, da il significato: »banchetto o pasto che dai padroni si da agli agricoltori od agli opérai al fine di un lavoro«. Forse alle isole del Quarnero, ina piii probabil- mente all'Istria orientale si riferisce la testimonianza di D. Nemanič (Čakavisch- kroatische Studien, I, 29): likof, epulae post operam perfectam. Non è possibile invece localizzare, nemmeno approssimativamente, likov о п., mancia (per bere), registrato nel suo dizionario da C. Parčič, Con questi esempi restiamo esattamente nell'orbita semantica di kanata. E vi restiamo anche, passando dai dialetti croati aH'italiano dell'Istria e del Friuli. Per l'Istria la parola è attestata da A. Ive ( / dia- letti ladino-veneti dell'Istria, 64), nelle forme: inkdfo, linkôfo, linkufu, inkôfo lungo quasi tutta la fascia costiera dell'Istria occidentale; la registra anche (arrivas al kolin, se ge da el likôf ai muradour e ai manovai) J. Cavalli fra le Reliquie ladine raccolte in Muggia d'Istria (Arch.Qlott.lt., XII, 1890—3, 321). Per il Friuli abbiamo ora in proposito notizie abbondanti e precise nella nuova edizione (1935), completamente rinnovata, del dizionario del Pirona: licàf — nell'uso attuale me- renda o pasto che il proprietario da di regola agli opérai occupati nella costruzione di un edificio, quando giunge al coperto. Dicesi: fà il licàf; ed il ritrovo ha carattere festevole, con imbandieramento o infrascamento del colmo délia nuova costruzione. Si ha la stessa consuetudine e si usa lo stesso l. anche nel compimento di lavori agricoli di qualche importanza, come bonifiche di fondi, nuove piantagioni ecc. In varie zone licdf è anche la bevuta о la piccola merenda che il padrone offre ai lavo- ratori dopo i raccolti principali... Gli autori del »nuovo« Pirona rilevano perö subito dopo che il significato di licdf si estendeva anticamente a »qualsiasi bevuta о piccola merenda per il compimento di qualsiasi opera ed a conclusione, quasi a ratifica, di qualunque affare« (il piû antico eseinpio da essi citato: »ad bibendum licoffum quando dicta campana conducta fuit«, ci riporta al 1371), e aggiungono inoltre che »oggi persiste ancora, specie nelle campagne, il rito délia bevuta a sug- gello di molti affari; ma il termine in questi casi sembra abbandonato«. Per quanto riguarda quest'ultimo significato il friulano concorda con lo sloveno, dove likof secondo il Plcteršnik, vale »die Zeche oder das Mahl, das am Abschlüsse einer Arbeit eines Kaufes u.dgl. gegeben wird; der Gelöbnistrunk«. Ad est della Slovenia abbi- amo, con un significato piû o meno identico, alcuni esempi che, riportandoli da B. Bogišič, ci offre il Rječnik dell'Accademia di Zagabria per Žumberak, la Lika e la Slavonia, sub likov e likov о. Ne risulta che si tratta non già di una semplice usanza, ma di norme regolate da un diritto consuetudinario (»likovo je po vrijednosti kup- ljene stvari različno«, Lika). Queste norme devono essere molto antiche, poiché ne abbiamo una testi- monianza, non completamente chiara in quanto al significato, ma indubbia per ciö che riguarda l'efficacia giuridca, nell'articolo 45 del Vinodolski Zakon: » . . . i ine druge riči za kih e zakon dati likuf« (per 1'interpretazione v. M. Kostrenčič Vinodolski Zakon, Rad, 227, 187). In questa accezione di bevuta che suggella, per renderlo valido, un affare, il likof(v) friulano, sloveno e croato trova un riscon- tro preciso nel leitkauf, leihkauf tedesco (med. alto ted. litkouf) di cui esso è un im- prestito,3 e che è penetrato anche in altre lingue slave: nel cèco e nel polacco. Si tratta quindi indubbiamente di un forte influsso esercitato dai Tedeschi sugli Slavi confinanti, e per giunta di un influsso che, come dimostra lo Statuto di Vinodol, risale per lo meno al sec. XIV. Eppure, un'acuta indagine di A. Soloviev (Osobennost dogovora prodaži nedvižimostej v slavjanskom prave, Przewodnik historyczno- prawny, II, 1931, pp.1—22) dimostra che in questo caso la prassi tedesca (consi- stente soprattutto nella bevuta a convalidazione di un affare) si è sovrapposta ad un più antico e diffusissimo diritto consuetudinario slavo che a conclusione di un affare di compravendita prevedeva l'aggiunta, al prezzo pattuito, di una specie di premio in oggetti о in moneta (per l'esemplificazione, non sempre chiara, si veda, oltre a Soloviev, anche VI. Mažuranič, Prinosi, sub bezvêtje e domit). Di questa antichis- sima usanza, il cui carattere slavo sembra sicuro, egli trova qualche residuo ancora nel secolo XIX, e precisamente in Dalmazia (a Grbalj, 1805). Tutto ciö ci ha portato apparentemente molto lontano dal nostro punto di par- tenza, da kanata. In realtà kanata — e likof nel significatio di banchetto alla fine di un lavoro — ci appare ora, ma la questione richiederebbe un'indagine più vasta e più approfondita, come l'ultimo anello di un'evoluzione complessa che da un uso slavo — il venditore, a contratto pattuito, offre al compratore un premio aggiun- tivo —, attraverso una consuetudine tedesca — la bevuta, con valore quasi rituale, a convalida di un affare — ci conduce ad un lieto festino, proprio di una zona che 3 Del licdf friulano in rapporto al likof sloveno si è occupato a tre priprese K. Strekelj : Arch. f. slav. Phil. XII, 480; XXV11I, 522 e XXXI, 205. Incerto dapprin- cipio, egli ha finito per considerare il licdf friulano, come un imprestito dallo sloveno. Non mi pare che l'ipotesi dello Strekelj possa essere senz'altro accettata, tanto più che egli non sembra tenere alcun conto dello spostamento dell'accento nel friulano che ritengo più facilmente spiegabile accettando una derivazione dai tedesco. L'ainico prof. G. Vidossi (alia cui cortesia e competenza debbo anche alcune altre informazioni riguardanti la nostra voce nell'istriano e nel friulano) m'informa che U. Pellis in un articolo, a me inaccessibile (Forum Julii, II, 97) ritiene in vece che lo sloveno likof• derivi dal friulano, il che, tenendo conto della testimonianza dello Statuto di Vinodol, mi sembra inammissibile. — Per leitkauf v., oltre al dizionario del Grimm, anche il Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens, IV, 1138 sgg. accomuna italiani, sloveni e croati. Di italiano, dalmatico, c'è in kanata oltre alia parola stessa, sopra tutto la gioia del'lavoro ultimato, senza piû l'interferenza di riti e di diritti. Roma. P o v z e t e k Avtor razlaga v dalmatinsko-istrskem primorju močno razširjeno besedo kanâta, ki je doslej še noben hrvatski slovar ni zapisal, tudi Akademski rječnik ne, čeprav je o njej pisal Kušar že 1894 v Radu (118, 27), 20 let kasneje pa A. Bortulin (ZNŽO 19, 324). Ko je avtor prvič pisal o njej 1925, jo je poznal le po teh člankih in poročilu drugih; že tedaj je pravilno slutil, da pomenski poudarek ni na koncu dela, marveč na praznovanju s pojedino in pijačo po opravljenem delu. Osebne poizvedbe v letih 1937, 1938 in 1939 v okolici Lošinja, Šibenika in Hvara so mu to domnevo tudi potrdile. Južno od Hvara besede ni več srečal, zdi se, da se govori le do ondod. Kakor hitro je utrjen ta osnovni pomen besede kanâta, ni težko najti zveze z romansko osnovo cenata; značilna ohranitev glasovne vrednosti k za lat. с tudi pred e in a je izvedena tudi v ti besedi; prednaglasni e pa se je asimiliral poudar- jenemu a, kar ni osamljen primer za ta narečja. Sufiks -ata je dovolj živ, da je mogel služiti pri tvorbi besede, bodi iz glagola cenare ali samostalnika cena (man- giata — boccata). Beseda je v podobnem pomenu »pojedine, večerje« znana tudi v italijanščini in provansalščini. Beseda pa ni zanimiva le z jezikoslovne, marveč tudi s kulturne strani. Kakor je gotovo, da se je v kulturnih stikih med hrvaščino in italijanščino izmenjal marsi- kak terminus z običajem vred, tako je ta beseda sicer v osnovi romanska, a manj stvar, ker v Italiji slovesen zaključek dela z jedačo in pijačo ni bil v navadi; zato je tudi razumljivo, da so italijanski sosedje dobili navado in izraz od Nemcev, slov. likof, furl, lied v iz srvn. litkouf; ponekod ta beseda živi poleg kanata (Čres). Med Furlani je beseda izpričana že v 14. stoletju; navado in besedo omenja tudi Vinodolski zakon. Kar zadeva razmerje slov. likof in furl, lied v, meni avtor, da bo težko držala Štrekljeva trditev, da imajo Furlani besedo od Slovencev, pa tudi Vidossijeva misel, da bi jo bili Slovenci vzeli od Furlanov, ni verjetna, ko nam je izpričana tudi v Vinodolskem zakonu; verjetno pa je, da so jo Slovenci in Furlani sprejeli iz nemščine brez medsebojnega posredovanja. Nemški termin je juridično mnogo določnejši od romanskega cenata, saj pomeni predvsem pravno dejanje, s katerim je tudi na zunaj pogodba, kupčija sklenjena. Po mnenju A. Solovjeva je ta nemška navada naslednik prvotnejše slovanske, da je kupec ob kencu sklenjene kup- čije nagradil (v denarju ali blagu) tiste, ki so bili kakor koli v zvezi s prodano stvarjo. Kanata je prevzela nekaj pomena, ki ga ima likof.