Esce una volta per setlimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione._ L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. PKECIPUE VICE1DE de//' episcopato d' At/uileja dali' origine fino alla soppressione. (Continuaz. e fine. V. N. antecedente). Nel 1688 inviarono a Vienna Lodovico Coronino, affinche movesse la corte iraperiale ad impetrare da Roma 1'erezione d'una cattedra episcopale in Gorizia. Francesco de Stubenberg, capitano della provincia, fu dal-1' imperatore chiesto del suo parere, che riesci favorevole ai Goriziani. Avuto Leopoldo I, ch' era succedulo nel-impero a suo padre Ferdinando HI, il parere del capitano, domando e al nurizio apostolico e al papa 1' erezione d'una sede vescovile in Gorizia; ma e il nunzio e il sommo pontefice parteggiavano pel patriarca, dicendo che gli si dovea conservar integra la diocesi. CMorelli MS.) Giovanni patriarca cessd di vivere tra' mortali il 19 luglio 1699, e la sua salma fu sepolta a Venezia nella chiesa di S. Michele di Murano. Dopo la di lui morte s'ebbe il freno del governo della diocesi aqui!ejese il sunnoipinato coadiutore Dionigi Delfino, il quale, secondo il solito, preso possesso della sua chiesa in Udine. Dionigi fu pastore vigilantissimo e benefico; che visitd gran parte della sua greggia, celebro in Udine un sinodo dio-cesano, ristoro la disciplina dei chierici, slabili le Sale-siane a S. VUo del Tagliamento, linnovd la chiesa col-legiata di Udine, amplio i! palazzo patriarcale, e dond al publico una biblioteca. Appena occupata la sede, tosto chiese alla Sede apostolica un coadiutore perpetuo, ed Innocenzo XII gli concedette Marco Gradenigo i' anno 1699. Marco Gradenigo nel 1714 fu creato vescovo di j Verona, poi patriarca di Venezia. Allora il patriarca j Dionigi domando in vece di Marco Gradenigo, Daniele Delfino, figliuolo del suo fratello, e papa Clemente XII il confermo nel medesimo anno 1714. (De Rubeis c. 20). : Passato ad altra vita nel 1705 Leopoldo I, s'ebbe la corona imperiale Giuseppe I figliuolo di lui, il quale regno sollanto sei anni. A Giuseppe I nel 1711 fu so-stituito il fratello Carlo VI. Tutti e tre questi imperatori ardentemente bramavano realizzare il progetto di di-videre la pžrte austriaca della diocesi aquilejese dalla veneta, e di erigere un vescovato in Gorizia, per terminare i litigi che da tanto tempo con iscandalo del popolo e detrimento spirituale delle anime duravano tra Časa ti' Austria, la veneta repubblica, e il prelato aquilejese. Per costringere la Sede apostolica a consenlire, manda-rono fuori dei nuovi decreti, co' quali vietarono al clero dei loro stati di riconoscere come legittimo il patriarca aqui!ejese, e di obbedire ai suoi ordini. Ad onta di queste imperiali proibizioni, il patriarca Dionigi Delfino, accompagnato dal suo coadiutore, visitd le chiese di A-jello e di Topogliano. I chierici, tranne poehi, aveano nella memoria la definizione del concilio di Trento, sess. 23 can. 8: "Se qualcuno dirš, che i vescovi, assunti dali' autorita del romano pontefice, non sono legittimi e veri vescovi, ma una umana finzione, sia scomunicato. „ Essi erano intimamente persuasi, che un prelato dalla Santa Sede approvato era un vescovo canonicamente isti— tuito, e che il potere secolare non poteva dispensarli dali' obbedienza dovuta ali' ordinario loro antistite. Lo stesso vescovo di Trieste, Luca Sartorio Delmestri, si credette in coscienza obbligato di chiedereal patriarca il per-messo di cantar pontificalmente una messa in Gorizia, e i'abate di Arnoldstein ricorse a Udine per la benedizione e 1' uso della initra. Tanto le lettere del vescovo quanto quelle deli' abate sono indirette al canonico d' Aquileja An-dr.ussi. Al principiare del secolo XVIII Francesco de Ru-mel, vescovo di Vienna, per salire al grado di arcive-seovo, sollecitava 1' imperatore ad instare presso la Santa Sede per la divisione del patriarcato. Carlo VI deside-rava vedere il prelato di Vienna elevato alla dignita di metropolita; e non potendo dilatare i limiti della diocesi viennese senza restringere le diocesi degli altri vicini episeopati, propose al sommo pontefice di smembrare dalla diocesi'd'Aquileja quella vasta parte che si esten-dea nelle provincie austriache, non solo per ricompen-sare quelle chiese che eolle loro perdite doveano con-correre ali' ingrandimento della diocesi vit nnese, ma e-ziandio per formare il nuovo vescovato di Gorizia. La capitale dell'impero vide. stabilito il suo arcivescovato, senza che le cose del patriarcato aquilejese soffrissero verun cangiamento. Gli stati goriziani proposero alla corte di Vienna di "levare almeno al capitolo di Cividale le rendite che traeva dal territorio austriaco in aumento di quelle ch' erano gia destinate per la fondazione del vescovato di Gorizia; ma rifiutandosi il papa di con-sentire, la sede episcopale rimase nelle brame di Cesare e dei Goriziani. (Morelli MS.) II patriarca Dionigi Delfino fini di vivere in questa bassa dimora il 13 agosto 1734 rimpianto da tutta la sua greggia, e lascio dopo di se successore nel patriarcato suo nipote Daniele Delfino, il quale nomind suo coadiutore Bartolomeo Gradenigo confermato da Clemente XII. Mentre Daniele Delfino governava la diocesi aqui-lejese, la reggenza di Gralz, seguendo gl'impulsi del ministero imperiale, non cessava di rivolgere la sua at-tenzione al capitolo di Aquileja. Era nell' i iteresse del governo austriaco di complicare sempre piu gli afT>ri, di muovere nuove querele, e suscitare nuove liti, onde far vedere alla Sede apostolica la necessita di dividere il patriarcato, e quindi ottenere il da lungo tempo bramato scopo; percio ordini severi si succedevano continuamente. Sotto pena del sequestro dei beni or veniva intimato al capitolo squilejese di assegnare lo stallo nel coro ai due vicari, 1' uno dei quali era imperiale, T altro arciducale, e di accordar loro e luogo e voto nelle sessioni capito-lari; or di presentare i proventi che traeva dal territorio austriaco. Inoltre gli fu inibito di conferire un cano-nicato vacante a verun estero, e spesse volte si seque-stravano anche le di lui rendite. II nuovo vicario imperiale Lodovico Romani, eletto 1' anno 1736, ed Antonio Barone de Fin, capitano di Gradišča, aveano tutta la cura di promuovere tra' canonici d' Aquileja le discordie, le agitazioni e le scontenttzze. Tutto cio mirava ad ottenere dalla Sede apostolica la separazione della parte austriaca della diocesi aquilejese dalla parte veneta, e 1' erezione di un episcopato in Gorizia. (Morelli MS.) Sotto il regno di Maria Teresa 1'affare del patri-arcato prese un aspetto ancor piu serio. Le contenzioni pel diritto di nominare il patriarca aquilejese fra la veneta repubblica e Časa d' Austria durarono fino alla soppressione del patriarcato; e come d'ordinario avvenir suole ogni parte contendente pretendea di aver ragione. I partigiani della veneta repubblica, per rivendicarle il diritto alla sede aquilejese, il deduceano dalla donazione del Friuli fatta al patriarca Orso II da Ugo re d'Italia, dalla ragione delle armi, dalla convenzione conchiusa col patriarca Lodovico Mezzarota, dalla prescrizione, e, cio che piu valeva, dalla Sede apostolica che approvava le nominazioni: i partigiani di Časa d'Austria il derivavano dagl' imperatori che aveano investito il patriarca del dominio temporale, dai trattati di Venezia, di Vormazia, di Bologna, di Trento, e dalla condizione d'Aqui!eja, sede del patriarca, che si trovava negli stati austriaci. Abbiamo scorso coll' occhio due manoscritti, che si con-servano nell' archivio arcivescovile di Gorizia, 1' uno dei quali porta in fronte il titolo: " Notizie del patriarcato d' Aquileja dopo 1' anno 1400, del sig. Giuseppe Bini, ar-ciprete di Gemona „; 1'altro e intitolato: " Confutazione storica, cronologica, giuridica delle notizie del patriarcato, del sig. Pietro Paolo Capello, canonico d' Aquileja „. II Bini con isfoggio di erudizione si sforza di mostrare, che alla veneta repubblica spettava il diritto sulla sede d'Aquileja: il Capello, canonico imperiale, con grande ap-parato di documenti si studia di persuadere, che aveano questo diritto gl'impeiatori. Ambidue questi scrilti furono compilati prima della meta del secolo XVIII. I di-ritti son elastici, e si lasciano tirare secondo gl'inte-ressi... L' egoismo o personale, o provinciale, o nazio-nale conduce, come si suoi dire, 1' acqua al suo mulino. Gli uomini in ogni tempo seguirono piu gl' impul-si della passione, che i lumi della ragione; cio che nocque non men alla storica verita, che ali' umana famiglia. Per risrhiarare viemaggiormente la quistione, non crediamo rompere le fila della tela che tessiamo, inse-rt ndo alcune notizie risguardanti 1' elezione dei veseovi e le coadiutorie. Tranne Mattia, che fu eletto per sorte, gli apostoli designarono e consecrarono i loro successori. Dopo la morte degli apostoli il vescovo d'ordinario veniva eletto dal elero urbano, ed il popolo dava il suo voto, cioe consentiva nell' elezione gi& fatta. Formato il sistema metropolitico, il metropolita confermava 1' elezione, e consecrava 1' eletto. Per evitare i tumulti popolari, Giustiniano imperatore eseluse la plebe e restrinse il suffragio ai soli ottimati. Nei secoli VI, VII e VIII in Franda, nella Spagna ed in Germania alle elezioni dei veseovi furono aminessi anche i regi, i quali gradata-mente seppero attirare a se il diritto di nominare i pre-lati ecclesiastici. Dell'investitura non parleremo, perche a tutti e noto che, essendo stata cagione di sunonia, di concubinato, e di deplorande collisioni, in diverse ri-prese fu dalla Chiesa condannata. Allorche nel medio evo i capitoli dei canonici delle chiese caltedrali forma-rono corpi separati dai veseovi, ogni capitolo avea il diritto di eleggere il suo vescovo. Nel concordato Aschaf-fenburgese o Viennese conchiuso nel 1448, tra Federico III imperatore e papa Nicolo V, di cui promotore fu Enea Silvio Piccolomini, il diritto di eleggere il vescovo fu conservalo ai capitoli delle chiese cattedrali, salvo il caso di deposizione, di traslazione, di rinunzia, d'elezione o postulazione rigettata, di morte avvenuta nella curia romana, ne' quali časi eleggeva il sommo pontefice. In tempi a noi pili vicini, per nuovi concordati conchiusi tra' principi e la Sede apostolica il diritto di eleggere i veseovi fu tolto ai capitoli e dato ai sovrani.— Le coadiutorie sono d'antichissima istiluzione; e per addurre un solo esempio, S. Agoslino, padre del secolo IV, fu coadiutore di Valerio vescovo d' Ippona, cui succedette nel-1' episcopato. II diritto di eleggere il coadiutore spettava al vescovo, che ne avea bisogno della di lui opera. Solo nella conferma c'e una differenza fra I'antica ela nuova disciplina; che secondo I'antica 1'elezione del coadiutore veniva confermata dal metropolita, secondo la nuova dal sommo gerarca. Oggidi il vescovo nella scelta del coadiutore temporale, ha uopo del consenso del suo capitolo cattedrale. (Art. 1, I Tit. 5, Euseb. H. E. L. 2, c. 1, Pet. de Marca I. 8, c. 9, Mensi Cone. t. 20, p. 402, Devoti Inst. Can. t. 1, p. 226). Cio premesso noi diciamo, che nel medio evo anche il capitolo d'Aqui!eja avea il diritto di eleggere il patriarca; e vediamo che ancor nel 1412 elesse Lodovico di Tech. Dopo la convenzione fatta 1' anno 1445 con Lodovico Mezzarota, il senato della veneta repubblica si arrogo un'influenza neli'elezione dei patriarchi, e per evitare ogni opposizione suggeri al patriarca di eleggere un coadiutore con dirilto di regresso; ma dappoiche il concilio di Trento vieto le cessioni degli episeopati con diritto di regresso, il patriarca Giovanni Grimani, ispirato dal veneto senato, ottenne dalla Sede apostolica di sce-gliere un coadiutore perpetuo, cioe con diritto di succes-sione, qual modo di elezione durd fino alla soppressione del patriarcato. Se dunque il patriarca col consenso dej ' capitolo eleggeva il suo coadiutore e la Sede apostolica il confermava, quanto alla forma delPelezione noi non vi troviamd difetto, e percio la riteniamo per legittima. Se la politica della veneta repubblica si frammischiava nelle elezioni, era abuso da riprovarsi. Se eleggevasi sempre un veneto, non approviamo, perche essendo la diocesi composta di sudditi italiani ed austriaci, si avrebbe do-vuto aver rispetto alle due diverse nazionalita, e scegliere alternativamente un patriarca italiano ed un alemanno, e cosi non avrebbero avuto luogo tante gare, tanti dis-sidi, tante contenzioni. Ouesto modo di procedere nutriva lo sdegno dei principi austriaci contro il patriarca e la veneta repubblica, e cresceva sempre piu il desiderio di veder divisa ia diocesi aquilejese ed eretto un vescovato in Gorizia. Questa opera per lunga serie di lustri inutilmente tentata, e che fu causa di tante mene, e di tanti dispiaceri, sra riser-bata al pontificato di Benedetto XIV ed al regno di Maria Teresa. Questa imperatrice incaric6 il padre Agostino da Lugano, celebre predicatore deli' ordine dei cappuccini, di rappresentare al neo-eletto Pontefice Benedetto XIV la triste situazione della diocesi aquilejese, e specialmente di quella parte ch' era nei suoi stati, i contrasti che re-gnavano tra' canonici, il malcontento del clero austriaco, la rilassatezza deli' ecclesiastica disciplina, il danno delle anime, e' di sollecitare Sua Santita a provedere pronta-mente a tutti questi disordini. II conte Giuseppe di Thun, auditore di Rota, con nuove e replicate istanze avvaloro le rappresentanze del p. cappuccino. Chi ha fior di senno non tardera a conoscere quanto difficile esser dovea la posizione del prelato aquilejese, il quale aveva parte della sua diocesi nel territorio veneto e parte nel territorio austriaco, e che Ia gelosia di due differenti governi, la diversita della lingua e dei costumi, e le stupide antipa-tie nazionali non poteano cagionargli che imbarazzi, an-gustie, e noie. Oltre alle iterate brame di Časa d'Austria, la posizione del patriarca, del clero austriaco e della greggia, non potea sfuggire alla perspicacia del sapien-tissimo pontefice. Ei dunque senza temere ne le diffi-colta che aveano incontrate i suoi antecessori in questo negozio, nd le opposizioni che prevtdea dalla parte del veneto senato, non solo delibero incontanente di dele-gare un vicario apostolico accio prendesse le redini del governo ecclesiastico nella parte auslriaca, ma benanche alle ricerche di Maria Teresa invio a Vienna una bolla favorevole alle brame espresse dal p. cappuccino. La veneta repubblica n' ebbe sentore, e diede ordine al suo ambasciaiore Venier di far sentire al papa i suoi lagni, e di protestare in caso che volesse mandar. ad esecu-zione il progetto. I torbidi d'Italia, e qua!che dispiacere quindi venuto dalla corte di Vienna a quella di Roma ne ritardarono P esecuzione del progetto. Sedata la procella, tornd in campo il progetto, ed il veneto senato, non potendo stornare il sommo pontefice dal divisamento di erigere un vicariato apostolico nel territorio austriaco, invid a Roma Francesco Foscari per rilevarne le condizioni, che dal papa realmente gli furono comunicate. Spiacque alla repubblica principalmente, che nella*giurisdizione del vicario non erano eccettuate, la citta, il capitolo e la chiesa d' Aquileja, che per ogni ri-guardo volea unite al patriarca loro capo; spiacque che si concedesse al vicario la facollš di convocar sinod1 diocesani, che portava con seco la subordinazione del capitolo d'Aquileja; spiacque in fine che Ia Sede aposto-lica si riservasse la collazione dei canonicati anche ne' mesi episcopali. Benedetto XIV modifico bensi le espres-sioni, ma paleso altresi il vivo desiderio che nutriva di provedere ai bisogni spirituali dalla parte austriaca della diocesi aquilejese, riserbandosi di trattare delle facolta da delegarsi al vicario dopo la di lui istituzione. Questo fu il motivo delle dissensioni note fra Ia Sede apostolica e la veneta repubblica. II Foscari fece una solenne protesta; ma il soinrno pontefice, immobile nel suo proposito, pubblico il Breve d' istituzione del vicario apostolico per la parte austriaca della diocesi di Aquileja, in cui spiegava le condizioni del vicariato, riserbandosi di esporre in un altro Breve i diritti partico-lari al momento deli'elezione del vicario. II senato veneto commise al Foscari d' insistere presso la corte di Roma, che P affare non s' innoltrasse prima che fossero udite le sue rimostranze; ed il patriarca Daniele Delfino, d'accordo colla repubblica, spedl a Roma ia sua protesta in lorma solenne contro qualunque novita contraria ai diritti della sua chiesa. Ad onta di tutte le proteste, Benedetto XIV emise in luce un Breve, con cui nomind vicario apostolico Car-lo-Miche!e conte di Attems, goriziano, canonico di Basilea, cui conferi la dignita di vescovo titolare di Pergamo. La veneta repubblica protesto contro quest' istituzione per mezzo del suo ordinario ambasciatore in Roma Pietro Capello, e dichiaro di non voler riconoscere i Brevi pub-blicati. II cardinale Valentini, segretario di stato, ri-mando la protesta ali' ambasciatore, assicurandolo che il papa non avrebbe percio rnutato il suo disegno. II veneto senato, acceso di sdegno, per intimorire Ia corte di Roma, richiamo il suo legalo Capello coll' ordine di ri-produrre la protesta, e licenzio da Venezia il nunzio a-postolico. Allora il cardinale Quirini, fautore dei Veneziani, suggeri alla repubblica di spargere nello stato austriaco dei cedoloni, ne' quali a nome del patriarca si dichiaravano nulli tutti gli atti del vicario apostolico, e di obbligaro tutti i vescovi del dominio veneto a sotto-scrivere una supplica in favore e difesa dei diritti d' una delle piii rispettabili chiese della cristianita. Oltre a tutto cid la repubblica imploro di nuovo Ia mediazione delle corti di Francia. d' Inglnlterra, di Torino e di Prussia, onde annullare Pintrodotta novita; ma le potenze si ri-fiutarono di frammischiarsi in un affare, che al solo romano pontefice competeva. Frattanto Ernesto-Amadeo conte d'Attems, principe vescovo di Lubiana, esaminati e verificati in forza di un Breve pontificio i capitoli destinati al decoroso manteni-mento del vicario, in qualila di esecutore apostolico con lettere circolari dirette a tutti gli arcidiaconi ed arcipreti della diocesi aquilejese nei paesi austriaci presento il nuovo vicario apostolico; e Maria Teresa, contenta d' aver gia riportata una vittoria, non solo incarico il suo rap-presentante in Gorizia Antonio barone de Fin a confe-rirgli il possesso delle rendite temporali; ma eziandio per mezzo del suo ambasciatore marchese de Prie fece in-tendere al veneto senato, che se entro tre mesi non ri-mandava a Roma il suo legato e non richiamava a Ve- nezia il nunzio apostolico, essa sarebbe costretta di li-cenziare dalla sua corte 1' ambasciatore veneto, e di ri-chiamare il suo da Venezia. (Morelli MS.) Tutto cio indicava chiaramente, che questo prove-dimento avrebbe lasciato dietro di se un fomite di screzi e di amare querele non meno fra il vicario e il patriarca, che fra la Santa Sede, la corte di Vienna e la veneta repubblica. Benedetto XIV e Maria Teresa erano gia di-sposti di separare la parte austriaca dalla diocesi aqui-lejese, e di erigere in Gorizia un arcivescovalo. A si favorevoli disposizioni si aggiunse la generosita di Ago-stino Codelli goriziano, il quale, caldo di patria carita, in-vio a Vienna il p. Gasparo Pasconi, francescano del convento del Monte santo sopra Salcano, coll' incarico di offrire a Maria Teresa una somma consiJerevole in au-mento del capitale lasciato dal paroco Gullini per la fondazione di un vescovato in Gorizia, ed una delle piu si-gnorili čase per 1' abitazione del prelato con ispazioso orto contiguo. Maria Teresa accolse con aggradimento 1'olFerta del Codelli, e gli accordd il privilegio di nomi-nare il primo arcivescovo di Gorizia. Inteso 1' accordo fra Roma e Vienna, il veneto senato invio di bel nuovo alla Santa Sede Francesco Foscari colla commissione di opporsi con vigore e prontezza al formato progetto. II Foscari spese tutta la sua eloquen-za per rovesciare il piano, e veggendo tornar inulili tutti i suoi tentativi, solennemente protesto. Ma che valgono tal volta Je proteste? I bisogni dei popoli son piupotenli delle proteste.... II patriarca aquilejese agonizzava; 1'e-rezione del vicariato era un indizio di morte; 1'ultima ora della sua esislenza era gia scoccata. Lodovico XV, re di Francia, consiglio alla veneta repubblica di far fine a tutti i litigi coll' abolizione del patriarcato. (Raccolta di lettere e di riflessioni intorno gli affari d' Aquileja del-1' abate don Francesco de Grazia). Benedetto XIV, favorito dal re di Francia, scrisse al senato della repubblica veneta, che Ia tranquillita della Chiesa e la salute di molte inigliaia d' anime esigevano Ia soppressione del patriarcato aquilejese, e che per con-tentare la serenissima repubblica e 1' augusta Časa d' Austria avea divisato di erigere invece due arcivescovati, 1' uno in Udine nel territorio veneto, e 1' altro in Gorizia negli stati auslriaci, dando alla repubblica il diritto di nominare 1' arcivescovo di Udine, ed alla Časa d' Austria 1' arcivescovo di Gorizia. La repubblica, dopo aver indarno riluttato, finalmente vi acconsenti. Morto l'anno 1751 Daniele Delfino, nel medesimo anno Benedetto XIV pubblic6 la Bolla, in cui dichiaro soppresso il patriarcato Bquilejese, e manifesto il divisamento di erigere invece un arcivescovato in Udine, 1'altro in Gorizia. (Le Pret hist. reip. ven.; Morelli MS.) Cosi cid che tentarono inutilmente vari principi auslriaci, dopo tante contese, rimoslranze e proteste ottenne da Benedetto XIV Maria Teresa. Sono gia quasi venti lustri, che il celebre patriarcato d' Aquil^ja non esisle piu. Aquileja perdelte anche il titolo di metropoli ec-clesiastica, ed ora non 6 che parocchia col magnifico tempio e maestoso campanile, preziosi resti delle sue sva-nite grandezze. L'opera deli'uorno sparisce; P opera di Dio resiste ali' urto de' secoli, alle stragi dei tempo, sile furibonde passioni dclPumano cuore. Se ai bene- voli lettori venisse fatto di scorgere qualche fallo, ram-mentino che chi cerca notizie nelle storie del medio evo pešca d' ordinario nel torbido, e che quindi e facile che pigli qualche granchio. P. C. Aggiunta della Redazione del Giomale. La soppressione del Patriarcato di Aquileja fu av-venimento che agito assai le menti nella meta del secolo decorso, e fu tenuto siccome importantissimo perche veni va a levare dalPorbe cattolico latino la chiesa piu pros-sima in dignila alla cattedra romana , la chiesa fondata da uno dei Santi Evangelisti, da San Marco , la chiesa che unica fra i latini portava il titolo patriarcale piti antico, dacche Grado nacque da Aquileja, Lisbona ha il titolo patriarcale per le Indie erecente; la chiesa che aveva siccome diocesi vescovile tutto Podierno Friuli, il Cadore, la Carnia, quanta e Carinzia e Stiria al mezzogiorno della Drava; che numerava diciasette vescovati siccome sulfraganei; la chiesa che fu insigne per martiri, per santi Padri, per santi prelati; la chiesa le di cui sventure erano imme-desimate coi grandi avvenimenti d' Italia^ colla devasta-zione di Attila, colla fondazione del regno dei Longo-bardi, colla denominazione degli imperatori di Germania, i di cui prelati furono nel medio tempo principi potenti, sovrani del Friuli, deli'Istria, della Carniolia. La soppressione del patriarcato di Aquileja fu invero di con-seguenze memorabili.. L'antica basilica, i di cui sacri limini dovevano in ogni anno visitarsi da tutti i vescovi sulfraganei, nella quale risiedevano quaranta canonici, scese al rango di chiesa parocchiale; le altre chiese di quella citta, tutte profanate ed atterrate, tolta ogni instituzione di chiesa, anche quell'insigne monastero di dame che risaliva per origine a remota antichita; ogni traccia dell'antica potenza dei patriarchi tolta; le stesse loro tombe violate, spogliate. La stessa arcidiocesi di Gorizia, surrogata al patriarcato per le terre imperiali, dopo pochi anni di durata venne tolta, e cedette a Gradišča, nome noto per la fortezza eostruttavi sul cedere del secolo XV dai Veneziani, e quando Gorizia tomava diocesi propria, riebbe rango vescovile, perdette la massima parte del territorio suo che ando ad ampliare i vescovati della Carinzia e quello di Lubiana, divenuto arcivescovato. Ed anche quando Gorizia ricuperava il rango arcivescovile doveva cedere un decanato che insieme ad altri tolti a Trieste andarono ad ampliare 1'am-plissima diocesi di Lubiana. Cosi il territorio delPantico patriarcato venne spartito fra Udine o Gorizia; per la parte toccata a Gorizia fu novellamente spartito, e quel motivo di troppa estensione di diocesi fatto valere contro il patriarcato di Aquileja, fu poi fatto valere contro Parcivescovato di Gorizia, ne fu poi di ostacolo alPin-grandimento di altri vescovati. Fra carte, di cui non sapremmo indicare la pro-venienza, trovammo copia di lettera che si dice scritta da papa Benedetto XIV alla Repubblica Veneta in pro-posito della soppressione del patriarcato di Aquileja. La diamo stampata in appendice alParticolo sulle vicende del Patriarcato, facendovi precedere qualche indicazione. Lo stato del clero nella parte di diocesi aquilejese sulle terre austriache, come e toccato da papa Bene-detto XIV, non e esagerato, sebbene se ne serva pre-cipuamente di quell'argomento onde persuadere alla Repubblica Veneta la soppressione di quelP arcidiocesi. I Pero devesi avvertire che questa condizione non era solo del Goriziano , ne forse si grave in questo, ma di buona parte della Carinzia e del Carnio, sebbene anehe nel Goriziano , come nelle altre due provincie fossero penetrate le massime dei novatori, che volevano ammogliati i preti, data P eucaristia sotto le due specie. Gia Parciduca Carlo aveva chiesto a papa S. Pio V che la parte austriaca della diocesi venisse visitata (nel 1570) e vi era stato mandato Pabbate Porcia Bartolomeo, che ne lascio relazione oonforme a quanto ne dice papaBe-nedetto XIV nella lettera alla Rep. Veneta. Nel 1593 il patriarca Barbaro aveva tenuta in Gorizia congrega-zione del clero, per riparare a quelle irregolarita e dis-ordini, e nel 1596 concilio provinciale in Udine, il quale, come fu applaudito e seguito nelle altre parti deli'arcidiocesi, torno malgradito al clero della diocesi propria d'Aquileja che era imperiale. Nel 1600 questo clero ra-dunavasi in Gorizia in congregazione che papa Bene« detto XIV dichiara per illegittima. Le sollecitudini del pio arc>vescovo che primo sali la cattedra goriziana, mo-strano che le lagnanze non erano alParia. tETTERA st isn i l DA S. S. PP. BEIEDETTO XIV di proprio pugno da Castel (fandolfo, alla Ser.ma Rep.ca di Venezia, in cui adduce li motivi del suo operare in-torno gli affari del Patriarcato d Aipiileja, e del Vicario, come segue: Benediclus Papa XIV. Dilectis Filijs, Nobilibus Viris Salutem et Apostolicam benedielionem. a In questo luogo in cui ci troviamo per prendere un poco d' arii, volendo pero essere, a Dio piacendo, la vigilia di S. Pietro in Roma, riceviamo lettere spedite da monsig. nostro Nunzio; e non avendo qui pronto quanto sarebbe necessario per rispondere con le dovute for-malita, prendiamo il partito di serivere a dirittura, perchč sia piu sollecita Ia risposta, prevalendo deli' uso, con cui ci siam regolati, e ci regoliamo serivendo ai Re, e Maggiori Potentati, che sinno mostrato maggior godimento di leggere le nostre lettere confidenziali seritte loro a dirittura, che di leggur quelle che per nostra commis-sione siserivono dalli Ministri, che n'anno Pincombenza. " Fatta questa premessa , e pensando a rispondere alla lettera, della quale ci anno favorito, non possiamo, ne dobbiamo astenerci di rendere loro distinte grazie delle benigne espressioni, ch'abbiamo lette in essa, non men verso la nostra Persona, che verso la S. Sede Apo-stoliCa, alla quale senza verun merito presiediamo; ed altresi per aver ratificata Ia benigna accettazione, altre volte indicataci del vicarialo Ap.lico in genere nella parte della diocesi d' Aquileja ch' e sotto il dominio austriaco. Codesta inclita Rep. puo con tutta ragione vantarsi del suo fedele attacco alla caltolica Religione, ed ai succes-sori di S. Pietro; che crediamo altresi che possano i Sommi Pontefici gloriarsi d'aver mai sempre fatto quan-t' anno potuto per li vantaggi d'una Rep. ch'e Ponore d'Italia, e 1'antemurale contro la Potenza Ottomana, d'a-verla anehe teneramente amata; e sebbene con tutta la buona fede, ci riconosciamo di ,'gran lunga inferiori al merito de' medesimi, possiamo pero, con ogni verita , as-serire d' averla anehe noi sempre teneramente amata, ed averne avuta sempre ogni maggior stima, ed esser di-sposti a continuare sino che piacerž al Sig. di mante-nerci in vita, avendo sempre avanti agPocchi 1'accomo-damento seguito nel tempo , e nelle massime de' confini fra lo Stato Pontificio, e lo Šlato Veneto. " Entrando pero nel gravissimo afifare d'Aquileja, di-remo: Che 1'affare non e cominciato nel nostro Pontifi-cato, essendosene a lungo diseorso ne'Pontificati di Urbano VIII e di tre Clementi X. XI. XII. Diremo: Che re-sto senza conchiusione e che di qua e derivato che tutto il peso, e tutta P unione delle controversie e caduta sopra le nostre spalle; del qual penoso e quasi intollera-bil peso ci saressimo ben volontieri liberati, se alzando gl'occhi al cielo, non avessimo veduta nell'altro mondo 1'ira di Dio piombare sopra di noi, come rei d'aver tras-curata 1'occasione di giovar all'anime, per le quali sia-mo obbligati a sparger il sangue, e che sappiamo essere in un attual bisogno, anzi in positiva necessita di soc-corso. Ove per carita si čreda, che queste sieno esage-razioni; non essendo noi entrati in ballo, che dopo esser ben informati del pericolo deli' anime degli abitanti nella parte della diocesi d'Aquileja sotto il Dominio Austriaco; atteso che, se avesse dovuto bastare per 1'ef-fetto di cui si tratta, il sapere che senza veruna colpa de' Paslori, essendosi frapposti Jmpedimenti insuperabili, le Pecore non anno mai, per tanti e tanti anni, veduta la faccia, ne mai intesa la voce del Pastor loro, ne pro-vato il peso della sua verga Pastorale; Pecore che cer-tamente n' anno piu bisogno che 1' altre. Ne' tempi del nostro Predecessorc Clcmente VIII, essendo giunte alle di lui orecchie le notizie degli scandali ch' erano in quei Paesi, che non erano allora stati visitati per molto piu d'un secolo dal Patriarca, e non essendo per anco giunti li dissapori sino a quel segno in cui ora s' attro-vano, gli riusci d' ottener, col consenso del Principe ter-ritoriale, ch' il 'Patriarca Fran.co Barbaro facesse la visita, con autorita pero non ordinaria, ma delegata. Fu fatta la visita, e furono trovati i Parochi ammogliati con le loro Concubine, tinti malamente di Dogmi di Luiero, e che somministravano al popolo il Sagramento deli'Eucaristia nell'una, e nell'altra specie; e che P audacia del Clero s' era tanto avanzata, ch' aveva osato di fare un Sinodo contrario a quello tanto rinomato e celebrato in Udine, dal predetto insigne Patriarca: cose tutte che sono registrate nella visita trasmessa a questa Santa Congregazione, che da noi non senza nostro orrore e stata letta. " Ouesta e lana di quelle Pecore, che in quella visita, senza dubio sara stata curata, ma che non essendo curata in avvenire, per non aver potuto il Pastore acco-starsi a rivederla ed esaminarla, rinascer puo, se non e rinata in un modo che se non e pessima non e buona. Unicamente per riparare iu seguito del nostro Ap.lioo ed universale Ministero, ad una cosi vasta strage di oon-scienze, e per recar giovamento a tant' anioae abbaudonate, siam entrati nel mar burrascoso. In esso per alcun'anui abbiain navigato, e sempre chiedendo aiuto ma invano. Abbiain navigato di poi con un Ministro spedito a Roma da coiiesta Rep., trattando pel predetto iinportantissimo atldre, ed ora proseguiam il viaggio alla vista di tre Ministri subbrogati nella medesima incombenza, dopo che parti 1' altro per tornare alla Patria. In tutta questa navigazione abbiam bensi pensato sempre alla cura dell'a-nime, ma non abbiam mai perduta di vista 1' idea di non recare alcun pregiudizio a qual si sia diritto di codesta Inclita Rep., ne tan' poco al Patriarcato, come speriam che ciascun non prevenuto potra restare appagato, dando un' occhiata ali' annesso foglio, in cui si contiene quanto abbiam operato nel predetto tempo della nostra navigazione, quando navigassimo soli, come s' e detto, e si dimandava ajuto, ne si dava risposta. Cio facciaino, te-mendo, che non sia mai arrivata a notizia di codesta Inclita Rep. la serie delle nostre presenti operazioni, an-corche da noi con ogni puntualita, sia stata sempre com-munieata a' suoi Rappresentauti, li quali quantunque pieni d' onore e da noi sempre riguardali con ogni piu distinta parzialita non e temarario il sospettare, che seguendo la ...... del loro Principe, siceome si son .sempre assentati dali' entrar nella facenda, cosi si sieno seinpre anche as-tenuti dal rappresentare le occorseci circostanze della medesima. " Simil timore non abb'am nel 2.do tempo, essendo in quello stato sempre qui presente un ministro incari-cato dal Negozio, cioe il N. H. Foscari, che da noi e sempre stato considerato come Gentiluomo d' alto mento, di molta capacita e verita. Diremo lo stesso ancora del terzo ed ultimo tempo, essendoci sempre ritrovati, e ri-trovandoci per anche qui presenti, ed alla stessa incombenza, ch' il predetto Foscari aveva due Cardinali della S. Ro. Ch. e I' Ainbasciatore Capello, il di cui nome e celebre non meno qui, ch' in tutte P altre Corti d' Europa, per la sua grande esperienza ne pubblici affari. Appar-tengono a quest'ultimo tempo 1'osservazioni fatte in Venezia sopra il piano dol Vicariato in specie precedente-mente communicato ad ainendue le parti. Ap^artengono le risposte alle dette osservazioni, nelle quali si pesa il loro merito: Appartengono le moderazioni da noi ideate unicamente per incontrare il genio di codesta Rep. Appartengono finalmente: le non ordinarie fatiche assunte, accio quelle moderazioni s' inserissero nel Breve da farsi sopra il Vicario in specie, ne fosse il Breve rigettato, essendo d'uopo, che s'abbia sempre davanti agl' occhi di chi parla, o tratta del negozio, che possa spedirsi eolla sola intelligenza fra la S. Sedo e la Rep., ma che ▼' e di inezzo ancora un altro P.pe rispettabile assai, nel di cui Dominio si devono eseguire gl'ordini Ap.lici. " Avevamo presa la misura per condurre al porto la Nave con probabiliia di non incontrare procella, ma essendo in questo mentre insoria fuor di tempo, e di mi- sura una gran burrasca, che non deseriviamo, per non rinovare in noi 1'afflizione, che per essa abbiamo pro-vata, ed ancora proviamo, siamo stati trascinati mutar strada. Ouesto sin ora, nel negozio d'Aquileja, si e fatto da noi soli: noi soli abbiam faticato, e per degni riguardi abbiam creduto dover fare cosi, senza pero aver trala-sciato di dare nal Concistoro al Sacro Collegio, parte di quauto avevamo fatto, avendone anco riscosso ringra-ziamenti e lodi dal Cardinal Decano in nome di tutto il Collegio. Fra la zizania e semi di sedizione contro di noi, s' e sino arrivato a spargere: che le risoluzioni, in caso di tanta iinportanza, non debbano prendersi se non col consiglio del pien Concistoro o almeno d'alcuni scelti Cardinali. Potevamo francamente rispondere: per aver il Papa altro ch' un obbligo di semplice onesta, di richie-dero, in quelle cose ch' esso črede ardue, il consiglio de' Card.li, senza pero obbligo di dover poscia eseguirlo, e ch' avendo noi soli date, a dirittura, nel negozio di Aquileja, varie ripulse alle petizioni degl'Austriaci, come si puo raccogliere dal foglio annesso, intendiarno di cosi proseguire sin al fine, per non dar ansa ad altri di ri-vangare le cose sopite. Nulla di meno nel quieto vivere, e poiehe siamo sicuri della nostra retta intenzione, non abbiamo avuta difficolta d'avveuturare in certa tal qual maniera, la nostra coscienza. Abbiamo dunque eletti dieci Card.li, uomini ch' abbiain creduto, e ch' assolutamente sono imparziali. Abbiamo consegnato a ciascun di loro una copia delle venete osservazioni, ed una copia delle risposte fatte da noi, non per entrare in veruna conte-stazione con chi si sia, ma perche non era possibile senza d'esse il riconoscere la rilevanza delle moderazioni, che eravamo per proporre; una copia finalmente delle nostre ideate considerazioni. Abbiam loro ordinato che diano il loro voto in Carta, dopo aver letto il tutto, e ci avvi-sino di quanto essi crederebbero, che si dovesse nelle moderazioni aggiugnere o levare, e che fra 1'altre cose rispoudano segretamente al quesito: Se dopo aver noi communicato il contenuto del Breve, aver aspettata la risposta, dobbiamo addirittura spedir il breve con le moderazioni, o pure commuiiicar priina le risposte e le moderazioni, aspettando le repliche?Si vanno unendo li voti, e questi saranno da noi attentamente esaminati, in-tendendo di regolarsi coi lumi ch'in essi vi saranno com-municati; dal che poi deriva che senza colpa nostra non siamo in grado di poter ora dare categorica risposta all'istanza espressa nella ducale sopra la previa communi-cazione delie moderazioni, e Paspettar le repliche priina di stabilire la final risoluzione, e spedir il breve. Teniamo per certo che tra li consultori non vi sara veruno, che voglia o possa insinuarci, che da noi s' ab-bandoni il pensiere della cura deli' anime, ponendo 1' af-fare in oblio; e che da noi si stabilisca come rimedio perpetuo il Vicario Ap.lico, chiudendo per sempre la strada ad ogni altro temperamento. Sono i Consultori troppo savj e ben intesi della nostra fermezza ne sopra detti punti, le cose corse sopra le moderazioni da noi ideate, ed il quando della loro cominunicazione. Ed ecco quanto con ogni ingenuita abbiamo creduto d' esporre. Preghiamo il grand" Iddio stenda la sua mano onnipotenta sopra le nostre intraprese, e speriaino che lo fara, ve- dendo esso il nostro cuore, e le nostre intenzioni. E quando per li peccati nostri l' esito fosse diverso, ci pro-testiamo che mai ci spoglieremo deli' afFetto con cui ri-guardiamo 1' Inclita Rep. di Venezia. Ed intanto con pienezza di cuom diamo a tutti loro diletti nostri figli Uomini Nobili, 1' Apostolica nostra Benedizione. Datam ex Arce Castri Gandutphi die 16 Junij IT50. Pontificatus nostri anno X. COLOHIE 5IODERIE di Greci nel Litorale austriaco. La farna che attribuisce ai Greci 1' avviamento del commercio di Trieste, e 1'accrescimento della nuova citta non e fallace. L'emporio mercantile di Trieste quale 1'aveva voluto Carlo VI o piuttosto il principe Eugenio di Savoja, con societa mercantile, la Compagnia Orien-tale, fornita di grandissimi privilegi, con flotta da guerra poderosa, con fiera privilegiata annua, anzi doppia in un anno, mediante relazioni colle Indie orientali e occiden-tali e colla China; 1' emporio di Carlo VI che doveva essere nell'Adriatico cio che erano le grandi cittž mer-cantili delPOlanda, non potč formarsi per causa che or sarebbe inutile 1' accennare. In luogo di emporio di quella specie formossi, appena šalita al trono Maria Teresa, altro piu naturale a questi seni di mare, a queste terre, e Trieste in luogo d' emporio pel commercio del mondo si formd emporio pel commercio del Levante, e 1' avviamento a questo commercio e meritamente dovuto ai Greci e propriamente a quelli delle regioni del Peloponneso, deli' Epiro, della Livadia. L'Imperatrice Maria Teresa li accolse in Trieste largheggiando di favori; ai primi ve-nuti che desiderarono di comporsi a comunita nazionale, essa imparti diploma col quale venne loro conceduto di comporsi a corpo religioso e politico, con qualche potere in quest' ullimo riguardo che coll' aumentarsi della na-zione avrebbe potuto aumentarsi come si ebbe in mente piu tardi quando si tratto di trapiantare grandiose colo-nie di greci. II diploma regold anche le cose di chiesa, in modo per quei tempi assai largo. Diamo il diploma qui sotto, pero avvertiamo che 1' odierno corpo di na-zione formossi a tempi di Giuseppe II. NOI MARIA|TERESA. Per la Dio Grazia. - Imperatrice dei Romani, Regina della Germania, Ungheria, Boemia, Dalmazia, Croazia, Schiavonia; Arciduchessa d' Austria, Duchessa di Borgogna, del Brabante, di Milano, Stiria, Carintia, del Cragno, di Mantova, Parma e Piacenza, di Limburgo, Lus-semburgo, Gheldria, Virternberga; della Slesia su-periore ed inferiore; Principessa in Svevia, e della Transilvania, Margravia del Sacro Romano Im- pero, di Burgavia, Moravia, della Lusatia supe-riore ed inferiore; Contessa di Auspurgo, Fiandra, del Tirolo, di Fereta, Friburgo, Gorizia, Gradišča, e delt Ar tese; Langravia nelt Alsazia ; Contessa di Namur; Signora della Marca Venda di Pordenone, Salina di Trieste e Malines; Duchessa di Lore-na e di Baar; Gran Duchessa di Toscana. " Annunciamo a tutti ed a cadauno, che vedera, leggera, o sentira a leggere queste Nostre lettere la G. azia nostra Cesarea Regia ed Arciducale ed ogni bene. " Essendo che niente vi sia di maggior pensiere, e pili a cuore, che il procurare quanto a noi appartiene, la prosperita dei Popoli sudditi, e che questa prosperita dipenda principalmente dalla loro sicura quiete, e flori-dezza; Ouindi e che dopo noi ristabilita per la Divina Grazia la bramata pace, indefesse a promovere ambidue li salutari fini, e continuamente siano applicate, per la qual cosa siccome noi seguitando le Gloriose pedale della piissima memoria del nostro Augusto Genitore siamo stu-diosamente solleciti di rendere di giorno in giorno piu ampla la Citta, e Porto di Trieste, e piu al predetto fine; cosi di buon grado abbiamo inteso, che ancora li fore-stieri, e fra quelli specialmente li Greci dati al Rilo della Chiesa Orientale, e non uniti con la Cattolica Romana, per esercitare la Mercatura si stabiliscono di abi-tazione cola, e che vogliono essere adottati nel numero dei sudditi e Cittadini nostri, accid adunque nulla vi manchi a cosi giusti desiderj dei poc' anzi memorati Greci, Noi con benigno affetto propense per altro a tutta la Nazione, costituiamo di ricevere in tulela, e protezione tutti quelli, che gia dimorano in Trieste, per avvenire si porteranno a quel fine che sopra fu detto e di accordare benignamente alle di loro Suppliche quanto al libero uso della Religione, al nostro Direttorio Commerciale pre-sentate decentemente a Nome nostro, e dei nostri Suc-cessori, fintanto che persisteranno nella fedelta, ed osse-quio a Noi dovuto col presente Cesareo Regio ed Arciducale Diploma nella piu slabile, e miglior maniera, che possa farsi, concedendo ed in perpetuo confermando li j seguenti articoli: "I. Ai Greci della Chiesa Orientale, con la Catto-, lica Romana non uniti che edifichino in Trieste nel luogo gia pria destinato un Tempio, a sue spese ed in quel!o come anche nelle proprie loro čase, abbino il libero e-sercizio della Religione, ed il di lei culto, e che libera-mente possino esercitare e celebrare le Sacre funzioni secondo i riti della detta Chiesa Orienlale. II che accid i si faccia piu. sicuramente, e senza veruna molestia, o : perturbazione abbiamo gia pria comandato, e di nuovo ad ogni futuro tempo comandiamo, ed ordiniamo al Prefetto nostro commerciale, e civile colik stabilito, che H sudditi Greci, come soggetti alla di lui singolar cura, ed ispe-zione dove sara duopo li difenda, protegga, e conservi con efficace Patrocinio. " II. Concediamo di piu a loro la liberta di fare le processioni sacre secondo i suoi riti, e di celebrare apertament^ ollre simili funzioni Religiose, talmente pero che restino entro il circuito della propria Chiesa, rie li sia lecito d'instituire fuori simili funzioni. " III. Sia ancor libero a Sacerdoti della Greca-Orientale Religione, visitare gli ammalati o moribondi della stessa Religione, purche ci6 si faccia senza solenne ac-compagnamento, il che proibiamo; ammintstrando loro i sacramenti, ed accompagnando li morti secondo il costume loro, e condotto il funerale al sepolcro se-pellirlo. " IV. Ne e impedito, o in nessuna maniera si do-vra impedire alli Greci non uniti alla Chiesa Romana abitanti in Trieste di coiitrarre sjjosalizj, maritarsi, e fare matri-monj con qualsisia persona libera della sua o diversa, e per conseguenza ancor della Cattolica Fede.— Se poi 1' una, o 1' altra parte dei contraenti sara Cattolica o almeno non Greca, la benedizione matrimoniale, come anco il Batlesimo de'Bambini, e tulte le altre simili funzioni sacre non si faccino se non dai Sacerdoti Cattolici della Chiesa Romana, ed ogni prole senza distinzione di sesso nata da simile matrimonio s' instruira nella Religione, e Fede Cattolica Romana. "V. Sara lecito di piu ai spesso menlovati Greci abitanti in Trieste di fare tra di loro le sueadunanze della sodaiila, e celebrare congregazioni per comporre i ne-gozi della loro Religione, o delle cose profane. " VI. Ma a tali adunanze, le quali pria d' institu-irsi hanno da indicarsi al Prefetto Nostro Commerciale, e Civile, sempre e dovunque vi sia presente qualche Cu-ratore Delegato a loro, o Commissario. "VII. Parimente apartenira alla Comunita dei Greci il slabilire congregazioni, o sia radunanze, per eleggere, e prendere primarj Sacerdoti della loro Religione, e se questi commettessero qualche delitto, per punirli e cac-ciarli; ne perd senza che vi sia presente in queste congregazioni aneora un Commissario da deputarsi dalla No-stra Prefatura Commerciale. Le quali ed altre cose spet-tanti al Culto, e Rito della Religione, se saranno del maggior considerazione, e da risolversi dali' autorita di sacerdozio superiore, la Consultura di queste si dovra commettere a quello che Noi ci riserviamo di eleggere, richiedendo la necessita Vescovo, Arcivescovo o altro Prelato della Greca Religione. " VIII. Ogni qualvolta i Greci i quali si stabili-ranno nella Citta di Trieste, a vigore di questo Privilegio intraprenderanno questa elezione per provedersi di un abile Prelato alla sua Chiesa, ricorrino supplichevoli alla Maesta Nostra per la di lui confermazione, e poiche pre-sentemente hanno eletto un certo Damasceno Omero per una tale saera Prefatura, dichiariamo ancor Noi lo stesso Prete della Comunita Greca che e in Trieste, ed a vigore delle presenti lo confermiamo. "Per la quai cosa noi tutte quelle cose, che si contengono in questa Lettera, che sono amplissimi Te- stimonj della Nostra Clemenza, cediamo in perpetua ri-cordanza del grato amimo verso la Comunita dei Greci, e confidiamo che li medesimi nelle cose attinenti alla Religione o a qual'sivoglia altro Negozio talmente si por-teranno, che non-inconrino in veruna colpa, o accusa per la quale si rendino indegni dei Privilegi finora compar-titi, e della Gia/.ia Nostra Cesarea, e della Regia Domi-nazione. Anzi vogliamo che simili privilegi, e sanzioni, ed indulti elementemente concessi alla di Noi diletta Gente Greca fin' a tanto restino illesi, e la suddetta verso di Noi devota Comunita della gente greca che a Trieste dimora si conservi nella qulete, e pacifica possessione, uso, e godimento di questi, senza verun iinpedimento e molestia, fintanto che Essa restera, e durera nella dovuta feJelta, ed obbidienza verso di noi, e la Nostra Augusta Časa. " La onde a tutti, e ciascuno dei Nostri Tribunali si Ecclesiastici che Secalari, o finalmente a tutti gli abitanti dei Nostri Regni, ai Magistrati, e Ministri di qual-sisia grado, ordine, dignita, e nome, ed agli altri sudditi Nostri fedeli, e diletti, ma specialmente al nostro Prefetto Commerciale e Civile Triestino con queste severa-mente comandiamo ed ordiniamo, che la spesso nominata Comunita della Gente e Religione Greca lascino usare, possedere, e ggdere in quiete e senza veruna molestia,* impedimento e turbazione, tutti e ciascuno dei sopraccen-nati privilegi e sanzioni, facolta, grazie, indulti e diritti approvati e confermati per mezzo di queste nostre Let-tere patenti, e in quelle, e in tutte le altre cose che com-petono ai Cittadini e sudditi nostri Triestini cioe sino a tanto che li Greci stabilita la sua sede, ed abitazione fissa in quest'Emporio si parleranno cpme tali con ogni ragione, ancor essi sostengbino e difendino, e niente in-contrario intraprendino, o^facciano oppure dagli altri in qua!sisia modo lascino intraprendere, e fare, al-trimenti incorreranno in grandissima disgrazia di Noi e dei Nostri Successori, e in castighi convenienti al delitto. " Per testimonio di queste Lettere di mano Nostra sottoscritte, e munite deli' appensione del sigillo Nostro Cesareo Regio ed Arciducale che si daranno riella Nostra Citta di Vienna li 20 del inese di Febraro 1'anno 1751, e de'Nostri Regni undecimo. MARIA TERESA. Rudolfo Conte Frodech. Per Comando della Sacra Cesarea R. Maesla Antonio Maria Stupan de Ehmstein, v Regist. Kargin„.