ANNO XVIII. Capodistria, 16 Maggio 1884. N. 10. LA PROV DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Sedazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. L Esposizione Italiana Dopo aver raffermato la solidità e sicurezza della sua posizione quale grande potenza in Europa con l'abolizione del corso forzoso, -—- 1' I-talia — ha sorpeso l'opinione pubblica col solenne trionfo della sua economia e della sua industria, aprendo nella città di Torino una seconda Esposizione generale, dopo la splendida di Milano. Di questo altro avvenimento la stampa di tutto il mondo si è occupata subito con pari serietà ed entusiasmo ; e noi vogliamo qui recare quanto disse in proposito un italiano, che vive all'estero, in una corrispondenza da Torino pubblicata nella „ Perse vera uMt " : Venuto anch' io a Torino come tanti Italiani che, vivendo all' estero, sentono tratto tratto il bisogno — disse bene qualcuno di venire a «prendere un bagno" di patriottismo, non avrei il compito di scrivervi, poiché la Perseveranza è largamente e assai bene rappresentata. Nondimeno non riuscirà discaro, il conoscere le impressioni che desta l'avvenimento veramente nazionale che è questa Esposizione, iu chi da tanti anni vive in Francia e si occupa della politica francese. Anzitutto, debbo dirlo? l'impressione dell'insieme di cose, di uomini e di circostanze che presenta oggi Torino, produce un effetto profondo, una commozione direi quasi invincibile, da cui, per quanto freddo uno sia, non può sottrarsi. La città è magnifica, allegra, ha preso uno sviluppo che si scorge in tutto, dappertutto, da tutti i punti di vista. Torino un po' seria nelle grandi linee delle sue vie, in questi giorni ha un' aria ridente, spigliata; per cui anche a chi vive a Parigi piace ed è simpatica. Ad ogni passo si scorgono memorie antiche, accomunate a progressi moderni. È ovunque le traccie di un lavoro universale, serio, persistente, di quella tenacità che è la grande qualità dei Piemontesi, perchè con esso fecero e fanno grandi cose, mentre in altre tempre sarebbe forse un difetto. E questo buon umore — che è il buon umore di chi è contento di sè stesso si vede iti tutte le fyccie, in quella del Duca d'Aosta e del conte di Sambuy, come in quella dell'operaio che febbrilmente pianta l'ultimo chiodo una vetrina. E se sono di buon umore, hanno ben ragione di esserlo. Si può dire con sincerità che questa Esposizione segna la seconda tappa vera — la prima la fece Milano nel 1881 verso la rigenerazione economica del paese. Non conviene certo esagerare, e credere che la meta sia già raggiunta ; ma ormai la. si vede, questa meta, e si comprende che la via è aperta per toccarla. Da Milano a Torino il progresso è visibile, palpabile, evidente in tutto, meno nelle Belle Arti. Gli è forse che lo sviluppo, o la risurrezione, o anche la nascita delle industrie risponde a un vero bisogno della Nazione, quello di emanciparsi dallo straniero fino al possibile, mentre le Belle Arti nou sono che uu lusso, e forse l'Italia, non è ancor tanto ricca per pagarsi il superfluo. E forse anche ne ha colpa la bonarietà del Comitato di ammissione, al quale mancò il coraggio che doveva avere. Ma lasciamo l'ombra del quadro per non vederne che la luce. Nella ceramica in tre anni si sono fatti passi da gigante. L'intervento dei napoletani, lo sviluppo dei ceramisti degli altri paesi, pongono ormai quest' arte industriale a parità, e in certi casi al disopra di quella di altri paesi. C' è, e ve lo dirà chi, competente, entrerà nei particolari, un certo non so che di speciale, nella ceramica italiana, un nèo di sentimento, uuo spruzzo di fantasia meridionale, che, da imitatrice che era, in poco tempo le dà ora un sapore particolare di originalità. Il buon mercato delle imitazioni è stato una delle cause del suo successo a Milano, e, per la forza delle cose, infiltrò poi nelle classi medie la voglia di possedere oggetti che sfuggivano fino allora ai suoi desideri. Ora la ceramica ha preso l'aire, e espose qui cose veramente stupende. In pari tempo appaiono evidenti i tentativi di sottrarsi dall' estero per le stoviglie ordinarie, il che per i' economista sarà un fatto che gli sembrerà forse più considerevole. Da questo punto di vista, a chi visita 1' E-sposizione, fatti consimili saltano agli occhi ogni momento. Bisogna visitarla come ho fatto io con dei forestieri, benevoli è vero, ma forestieri, per comprendere i passi che l'industria ha fatto in Italia negli ultimi anni ; bisogna aver veduto la loro sorpresa davanti i panni, le seterie, i velluti, i filati, le manifatture d' ogni sorta, per comprenderlo. Anche nella mobilia, la cui esposizione è imponente, i progressi sono grandi, seprattutto nell' eleganza, nella sobrietà delle forme e dei colori, quantunque ancora qualche stonatura a chi viene da Parigi apparisca. Gli industriali italiani non dovrebbero dimenticare che è precisamente 1' armonia completa, accurata, che si trova negli oggetti di Parigi, che ne ha fatto sempre la fortuna. Ma, d' altra parte, qui a Torino, i ninnoli, mancanti di pratica utilità, sono assai diminuiti e dalla sezione italiana di Parigi nel 1878 e dall' Esposizione di Milano. Non voglio, nè debbo continuare questo apprezzamento a volo d' uccello della Mostra attuale, ma invece voglio e debbo per un momento considerarne i suoi risultati politici. E sono e saranno grandi. Certamente i pubblicisti francesi, che venuero qui per cerimonia da prima, e che poi visto che la faccenda è più che seria, seriis-sima, vi si fermano per studiare l'Esposizione, hanno di che allarmarsi constatando i progressi a passo di corsa che fa 1' industria italiana ; ma essi in pari tempo constatano già che 1' unico obiettivo dell' Italia è ora d' avanzare pacificamente ; essi vedono ovunque le traccie di questo proposito, toccano con mano le forze che pullulano fuori da un corpo sano e vigoroso che fino a vent' anni fa pareva morto, e che ora risorge a vita rigogliosa. Venuti con i soliti pregiudizii, taluni con le solite diffidenze, di botto hanno perduto gli uni e le altre. Così dopo loro, verranno a perderli molti francesi, mentre la grande massa, nella quale la simpatia per 1' Italia non venne mai meno completamente, la rifarà più viva e più sincera. Questi sentimenti, più difficili a infiltrarsi fra i francesi per le molteplici e intralciate cause di screzio sorte negli ultimi anni, erompono si può dire con vero slancio fra gli altri stranieri. Pubblicisti di tutti i paesi vengono a visitare 1' Esposizione, e da qui ne inviano corrispondenze che tutti ne affermano il successo. In pari tempo i rappresentanti ufficiali delle Nazioni europee qui convenute devono certamente inviare ai loro Governi relazioni che non possono che esserci favorevoli ; vi constateranno unanimemente, io credo, non solo il rapido sviluppo delle nostre forze economiche, ma anche che una delle cause che. dando la calma e la tranquilità, lo producono, si trova nell' unione intima, profonda, fra la Nazione e la Casa di Savoia. Spettabile Direzione. Tra i periodici paesani, che accoglie sempre con piacere tutto quanto serve ad illustrare la storia dell' Istria e a porre in chiara luce il suo passato, è senza dubbio La Provincia. Ella da parecchi anni va pubblicando qualunque notizia, anche se non si riferisce a fatti che abbiano segnalata un' epoca od un periodo importante della nostra storia. Ciò, secondo me, è di giovamento agli studiosi, che non possono avere tutto sottocchio, sia per la lontananza dalle biblioteche, sia per l'impossibilità di vedere certe opere, essendo tra noi proverbiale l'abitudine di tenere sepolti i libri in fondo ai cassoni, o negli scaffali delle soffitte. Compulsando in questi giorni molte carte vecchie di varia importanza e che per accidente fortunato ho potuto salvare con pochi quattrini, trovai una lettera responsiva degli illustrissimi signori sindici di Parenzo agli illustrissimi signori sindici di Capodistria, la quale sembrami interessante per le costumanze in vigore ne' secoli andati tra le popolazioni marinare dell'Istria. Queste costumanze dimostrano il molto buon gusto dei vecchi comuni istriani nello scegliere i divertimenti adatti al popolo, e nello stesso tempo il tatto finissimo di saper cogliere ogni occasione per affratellare le nostre cittadelle col farle accorrere ne' centri più grandi, coltivando il sentimento della concordia, e serbando sempre desto P amore per quel mare a cui furono e saranno sempre attratti irresistibilmente i nostri comprovinciali anche dell' interno. Benché la lettera non abbia molta importanza, io la raccomando alla gentilezza di cotesta spettabile Direzione. Buje, 10 Maggio 1884. Il B. itimi. Sig.i Sig.i Colmi. Riceviamo con aggradimento l'avviso che dalle Loro Sign.e Illme. ci vien recato, del publico divertimento della Regata, stabilito costì nel giorno della Festività di San Piero, 29 del corrente, e con esse Loro ci consoliamo della felice tranquillità che godono, mercè il presente dolcissimo Governo. In relazione pertanto all' invito, eh' Elle, seguendo 1' esempio de' tempi passati, fanno alle Barche peschereccie, o siano l'razzere di questa città, abbiamo fatto pnblicare il contenuto del Loro foglio. Desiderosi ancor noi per secondare le Loro premure, che quanto mai pili si possa abbia a riuscire dilettevole lo spettacolo, con piena stima ci dichiariamo Parenzo, 24 Giugno 1754 Di V. V. S. S. Illme. Devini. Obbmi. Servi. Li Sin/Uri di Parenzo Alti lllmi. Sigi. Sindici di Capodistria Ci scrivono: Momiano, 24 aprile 1884. Onorevole Redazione. Dichiarandomi grato per la concessione di spazio a qualche mio scritterello nel Suo pregiatissimo periodico, ini faccio a esibire uno studio sull' insegnamento della lingua materna nella scuola primaria. Il quale, avendo io in ogni sua parte abbozzato, ma non peranco minuziosamente ordinato, spedirò in più riprese. E qui segue la prima parte di detto studio. Sull' insegnamento della lingua materna nella scuola primaria È generale il lagno, che 1' istruzione linguistica ottenga oggi meschini risultati nella scuola primaria. E questa pubblica voce ha i suoi fondamenti, de' quali sta bene qui dirne i pr iuci patissi in i. Anzi, per amore di brevità, li dichiaro subito, e poscia faccio seguire quattro parole di schiarimento. Primo, le novità degli attuali piani d' insegnamento; secondo, le vecchie forze del personale insegnante; terzo, la diffidenza del pubblico per quanto sa di nuovo. I nuovi piani d'insegnamento sono sintesi del moderno e razionale sistema d'istruzione. Sistema, il quale appoggiandosi sulla natura soggettiva dell'alunno, ha per fine non solo 1' istruzione materiale, ma eziandio lo sviluppo e la coltura di tutte le potenze mentali, che natura ci ha largite. Detti piani, adunque, per essere attuati nella loro interezza, bisogna che trovino t' ambiente adatto; cioè: La vera coltura del maestro, la scienza, e coscienza in tutti gì' individui che partecipano di una scolastica autorità, e. come logica conseguenza, il miglioramento delle condizioni economiche de' docenti, la costruzione di edifici scolastici rispondenti alle esigenze pedagogiche e l'aumento dei mezzi d'istruzione. Poiché, chi conosce i piani in discorso dovrà convenire, che essi poco corrispondono colla reale condizione della scuola; o meglio, viceversa, lo stato della scuola non è la cornice in cui adattare bene i nuovi piani. Detto questo, torna superfluo discorrere degli altri due motivi, che sono causa della poca efficacia dell' insegnamento linguistico d'oggidì. Piuttosto entro subito noli' argomento propostomi, nel quale mi studierò dimostrare secondo quali criteri va oggi insegnata la lingua materna. I. La lingua non è una meccanica abilità, uu corredo mnemonico di parole: ma invece un vero organismo nudi ito dal pensiero. Pensiero e discorso sono iu sostanza, la medesima cosa : soltanto che il primo è muto e il secondo sensibile. Il pensiero forma la lingua, e. viceversa, la lingua scaturisce il pensiero. Da ciò si deduce, come corollario, che 1' istruzione della lingua opera iu senso eminentemente educativo sia comunicando i fatti e le cognizioni istruttive, sia sviluppando e nutrendo il sentimento; cose tutte determinanti la volontà a. buone risoluzioni. Vasto, invero, e nobile scopo; ma altrettanto irto di difficoltà, vuoi per la natura, oggettiva della materia, vuoi per quella soggettiva del piccolo scolare. La meta prefissa dai piani didattici nella istruzione linguistica si può scindere in due: primo, condurre gradatamente lo scolare a. comprendere rettamente i pensieri altrui ; secondo, renderlo capace di dare espressione chiara e non equivoca a' propri. Questi due concetti però naturalmente restri ngousi nella cerchia della coltura dei fanciulli di una scuola primaria, e devonsi informare ad uno scopo del tutto pratico. E qui colgo I' occasione per affermare un' altra volta gratuita e falsa 1' asserzione di coloro, che vorrebbero insegnato nella scuola primaria la sola lettura, scrittura e conteggio; poiché, dovendo condursi il discepolo a comprendere il contenuto della lingua, ossiauo i concetti, le idee, i giudizi e i raziocini, ogni istruzione è iu pari tempo anche linguistica, perchè serve ad arricchire, chiarire e ordinare i pensieri de' fanciulli. Posto adunque, che lo sviluppo della mente sia il fondamento della istruzione linguistica, ne segue la grande importanza dell'istruzione intuitiva, la quale ha lo scopo di formare le vere rappresentazioni del mondo esterno, materiale indispensabile ad ogui altro lavoro dello spirito. Secondo Locke nou si danno rappresentazioni innate, e l'uomo nasce tabula rasa: egli acquista ogui sapere per mezzo dei sensi. 11 complesso delle sensazioni sensitive, le quali risguardaiio 1111 solo oggetto, costituisce 1' intuizione del medesimo. A ciò concorrono tutti i sensi, ciascuno dei quali tornisce una nota per la intuizione dell'oggetto. La nostra esperienza sensitiva non è din il compendio delle intuizioni acquistate. Compito precipuo della educazione è il dilatare la cerchia dell'esperienza sentitiva ne' primi anni dell' alunno. Ciò essa ottiene colla coltura de' sensi e colla provvisione degli oggetti intuitivi. Hanno perciò grande iuflueuza educativa i viaggi, i teatri, le pinacoteche, i musei, i serragli di fiere, le esposizioni, le fabbiche, le miniere, e via discorrendo; perchè forniscono grande copia di oggetti intuitivi. Troppe cose però opprimono lo spirito, e, specialmeute co' bambini, bisogna essere parchi nel numero. Infatti da piccini poco o nulla s' impara in un viaggio, ad una esposizione, per il motivo su esposto; anzi tutte quelle novità, quasi cibo indigesto, opprimono lo spirito. Ho detto poc' anzi, che pensiero e discorso sono in sostanza la stessa cosa, che si promovono a vicenda ; perciò oggi è riconosciuta la somma importanza della istruzione intuitiva. Vale quindi il prezzo dell'opera discorrere un po' della medesima. Gli scolastici distinguono due sorta d'intuizioni: la naturale e l'artificiale — intendendo per la prima quella che si effettua per mezzo di oggetti naturali, e per la seconda quando, in mancanza di quelli, l'intuizione ha luogocol sussidio di modelli, immagini, confronti, descrizioni. Certamente la prima è la più efficace; ma quando mancano gli oggetti naturali, fa mestieri procurarci buoni modelli, o, in difetto di questi, immagini fedeli ed esatte, grandi e ben marcate, di buon gusto e morali. E qui è il caso di deplorare la mancanza di raccolte di oggetti per l'istruzione intuitiva presso le singole scuole della provincia, tuttoché tanto raccomandate dai piani didattici. Un pò di diligenza del maestro aiutato dalla scolaresca, basta a raccogliere oggetti naturali, prodotti dell' industria, modelli di utensili domestici e di strumenti fabbrili, con cui formare un piccolo museo pedagogico. Ma il guaio è nel maggior numero de' casi la renitenza del comune a provvedere un armadio per la conservazione degli oggetti raccolti. Oltre che l'intuizione per mezzo de' seusi fisici, avvene uu' altra, la quale ha per materiale intuibile gli stati interni dell'animo e si effettua mediante il senso interno, la coscienza spontanea. Gli oggetti appartenenti al mondo iuteriore dell'anima si fanno intuire al fanciullo, o col porre 1' animo suo iu quello stato che si vuol far intuire (modo naturale), o coll'aiuto di racconti, descrizioni, favole (maniera artificiale). In generale, la materia deve disporsi per gradi; non sistemizzaudo, ma raggruppando, come fa la natura, e anco avendo riguardo alle stagioni. 1 fanciulli trovino le uote essenziali delle cose, le relazioni che sono tra esse e le persone, ed esprimano in buona lingua i giudizi formati. È noto, che essi uniscouo il nome al relativo oggetto, quasi ne fosse nota essenziale: non distinguendo tra 1' oggetto e il suo segno, la parola. Laonde bisogna far vedere la cosa iu tutte le sue parti, poi ridurle alle sole essenziali, e solo dopo ciò dare il nome dell' oggetto. La forma dev' essere socratica, ma non pura, come altri vuole ; perciocché egli non è sempre possibile dire il perchè delle cose. L'istruzione intuitiva propriamente detta termina col secondo o terzo anno di scuola, e negli anni successivi lesta solo come principio iu ogni ramo della istruzione primaria, mezzana e superiore. E di questo priiicipalissimo mezzo della istruzione della lingua faccio punto, suggellando quanto dissi colle parole del grande Comenio: „Gli oggetti seusibili devono essere bene rappresentati a' sensi, perchè l'iutelletto gli comprenda. Poiché nulla è nell'intelletto, che non era prima avanti i sensi. Perciò le parole devono essere insegnate in uuioue alle cose che rappresentano." (Continua) L. G. j^T o tizie Un altro illustre italiano cessava di vivere in questi giorni, Giovanni Prati, poeta lirico. Ei nacque a Pasindo, umile villaggio nella valle del Sarca (Trentino) il 27 gennajo dell'anno 1815. Studiò nel Ginnasio di Trento, ove diede saggi precoci di altissimo ingegno. Nelle vacanze correva le Alpi e riceveva forti impressioni dall' aspetto della viva natura. Studiò quindi il diritto all' Università di Padova, alternando colle ispirazioni poetiche le ore universitarie. Aveva già pubblicate alcune liriche piene d' originalità, quaudo pubblicò un poema ad imitazione di quelli di Giorgio Byron, ma fondato sopra un caso vero della storia contemporanea veneziana, intitolato Edmeuegarda, che gli diede grande popolarità e lo fece salutare come il primo tra i giovani bardi della nuova Italia. Seguirono i Cauti lirici, i Canti per il popolo, i Sonetti, Memorie e lacrime, le Ballate, i Nuovi Canti, ed in prosa le Lettere a Maria. Il Prati si era da Padova trasferito a Milano prima, poscia a Torino, ov' era divenuto il cantore ispirato dei nuovi destini della Casa Sabauda, per la quale compose i Canti politici. Seguirono le Fantasie, tre poemi Rodolfo, Ariberto, Armando, scritti con sapore byroniano e non senza alcune reminiscenze del Faust di Goethe, ma con un frasario poetico tutto proprio ; un frammento di poema umanitario La battaglia d'Imera, un vivace ed elegante componimento satirico Satana e le Grazie; B Conte Biga, i Due Sogni, frammenti dell' Eneide in isciolti, una raccolta copiosa di sonetti sotto il titolo Psiche, un volume di fantasie varie. Il Prati fu deputato nel 1862, senatore dal 1876; siedeva da molti anni nel Consiglio superiore della pubblica istruzione, dirigendo pure una Scuola superiore femminile, fondata a Roma dal celebre De Sanctis. Leggiamo nell' Oss. Triesti Ci consta che gii interessati nel commercio granario locale stanno firmando una istanza, da avanzarsi all' eccelso governo, in cui si domanda l'abolizione del dazio sui cereali. Leggiamo nel Fanfulla del 14 corr.: Come è noto, domenica mattina è stato firmato a Gorizia il protocollo finale delle trattative riguardo alla questione della pesca in Dalmazia. Tranne in'pochi casi eccezionali, è ristabilita la limitazione della pesca a cocchia al solo miglio marittimo dalla costa, invece dei cinque chilometri che erano stati stabiliti con ordinanza della I. e li. Luogotenenza di Trieste. Anche per i metodi di pesca, il tempo e tutte le altre modalità, pare che i pescatori chioggiotti debbano essere oramai assicurati contro ogui nuova restrittiva interpretazione dei trattati, e come usavano per l'innanzi, la loro campagna di pesca. Ce lo auguriamo. Il Consiglio direttivo dell' Esposizione permanente in Trieste fa noto con suo avviso 28 aprile a. c. che per assecondare il desiderio espresso nella pubblica adunanza tenuta il 23 marzo p. p. le tariffe sugli oggetti da esporsi sono state notevolmente ribassate nel senso che non si pagherà alcuna tassa posteggio di parete per quegli oggetti che già ne pagano una di superficie, fatta eccezione per gli oggetti riposti entro vetrine o custodie; che per i campionari la tassa minima venne fissata ad un fiorino mensile. Fa noto ancora che verranno accettati in ogni momento oggetti nuovi, e che se alcuno degli espositori bramasse di avere una sovvenzione in danaro su ciò eh' egli espone, il sullodato consiglio direttivo s' impegna di adoperarsi per fargliela avere nelle modalità dovute, a mezzo della Banca Popolare. Cose locali L'impresa P. Griovannini e C. ha diramato giorni fa tra i nostri concittadini una lettera-circolare con cui avverte che aprirà qui in Capodistria un mercato d'acquisto di frutta fresche, legumi, radici ecc., a prezzi eguali a quelli del mercato di Trieste. Alla nuova impresa auguriamo prospere sorti. Appunti bibliografici P. G. Molmenti. La Dogaressa di Venezia. Torino. Roux e Favale. 1884. Un libro che discorre di Venezia è sempre il benvenuto nell' Istria ; e all' autore vi si fanno accoglienze oneste e liete, come ad un vecchio amico di casa. Il Molmenti poi non è nome nuovo ; e già si è detto di altri suoi scritti in questo foglio. Vedi la Provincia N. 19, 1881 — Vittor Carpaccio — discorso letto da P. G. Molmenti nella R. Accademia di belle arti in Venezia — in un articolo tolto dal Capitan Fracassa. Ricordo anche i! mio Appunto bibliografico — P. G. Molmenti. La storia di Venezia nella vita privata dal'e origini alla caduta della repubblica. Torino. Roux e Favale — (La Provincia 1 Dicembre 1880 N. 23). Sono pochi anni passati, ed ecco il Molmenti torna nel campo letterario, o per dirla con frase meno altisonante, ma più vera, nella bottega dei signori Roux e Favale col so bravo scartafaccio sotto l'ascelle, e i torchi gemono di nuovo per darci — La Dogaressa di Venezia -— argomento affine all' altro già trattato — La storia di Venezia nella vita privata. Per questo nuovo scritto del Molmenti si fece un po'di rnmoie testé nella Domenica Letteraria dal signor Luigi Lodi (Vedi Doni. Lelt. 6 Aprile 1884) t— Buone donne d'Italia). — In questo il critico, invece di fare il solito esame del libro, inst.ituisce un raffronto con 1' opera, di altro autore — Le lagune — di Dino Mantovani, e tagliando corto, con molto brio viene alla conclusione: il tipo ideale del buon Mantovani non esiste ; nella storia di Venezia, la donna fino agli ultimi tempi non ha importanza alcuna nè efficacia come appare dall'opera tiel Molmenti. Gli rispose il buon Mantovani nella Domenica letteraria (13 Aprile 1884J. E il succo di questa risposta è il seguente. Qui non hanno luogo raffronti, i due libri trattano lo stesso argomento, ma sotto differente aspetto ; il Mantovani studia la donna vivente nelle tradizioni ed inspiratine dell'arte; il Molmenti la donna nella storia. Dopo tutto, queste polemiche sono un pan unto per gli autori; nella attuale ressa di libri che fanno per qualche giorno la loro comparsa nelle vetrine dei librai con dentro inalberato il cartellino — Novità — e rapidamente scompaiono, so i critici, che squattrinano lettere e scienza al popolo, abboccano un libro, e vi l'anno su una questione, approfittando della prima idea che vien loro in mente; è tanto di guadagnato pel libro, anche se quella tale polemica, o idea buttata giù e' entrano un po' col libro come il cavolo a merenda. E che questo sia il caso della critica fatta al libro del Molmenti, e per riflesso anche a quello del Mantovani state a sentire. Il signor Lodi trova strano che in questo libro del Molmenti, dedicato alle dogaresse, cioè alla grazia nella sua gloria più alta, nella sua potenza più assoluta non ci sia la donna veueta, come la immagina Ini e come anche la immaginano molti, cioè bella, bionda, carnosa, e che dà le febbri acri del desiderio dentro." Ed altrove: „I1 Molmenti durante nove secoli, non si è abbattuto in una sola figura voluttuosa e forte di donna, in un solo episodio drammatico, in una strofa perduta di idillio; e il suo libro coscienzioso ed elegante, è freddo come un quadro d'imitazione classica.'' Se non che il Molmenti potrebbe addurre a sua scusa, che egli nel suo libro tratta della Dogaressa, non della donna in generale, e che i limiti del suo lavoro non gli permettevano di cercar l'idillio e gli episodi drammatici, essendo troppo noto come la donna nei primi tempi della repubblica non abbia avuto importanza alcuna od efficacia nella vita pubblica, e poca anche negli ultimi. L' autore vide però che il suo libro sarebbe davvero riuscito freddo e classico, se solo avesse trattato della moglie del doge; e fece perciò in molti capitoli delle utili digressioni sulla iniluenza della donna nelle lettere, e nelle arti. Dietro a questa concessione il lettore a dir vero, ne aspetta delle altre; ma invano, ed è quindi tentato a dar ragione al Lodi. Della Bianca Cappello, per dirne una, non si parla nel libro; e quella sì era uua donna bella e carnosa, bionda o nera non importa, da far venire i griccioli addosso ai critici della nuova scuola ; ed anche, siamo giusti, a quella della vecchia. Nella prefazione poi è detto troppo assolutamente che la donna nei primi tempi non ha importanza alcuna ed efficacia-, ed è questa sentenza forse che spinse il Lodi a giudicare così all'ingrosso il libro del Molmenti quale un antidoto alle romanticherie del Mantovani. Invece nell' opera del Molmenti si fa pur menzione di donne che esercitarono una qualche influenza. Così la moglie franca di Obelerio che induce il marito al tentativo di dar Venezia ai Franchi. Ed anche vi si ricorda la. tradizione della donna che salvò Venezia, eccitando i Franchi a spingere i loro cavalli sugli infidi ponti di barche. Tra queste donne poi grandeggia la storica e nobile dogaressa Foscari, che rifiuta sdegnosamente le pompe funebri che Venezia, per fredda ragione di stato, apparecchiava al doge deposto (pag. 236). Il Molmenti dedica due sole parole alla memoria di questa nobilissima donna, degna d'inspirare all'artista i più alti ideali. Ma non parliamo d'ideali per non meritarci dal Lodi la taccia di romantici e peggio; perchè, sentite questa, „il Molmenti non ha davanti che onesti manechini di buone madri, di consorti incolpevoli, ignoranti e ignorate, nelle cui vene il sangue del peccato o dell' ambizione della vanità grande ed ardita — il solo sangue che colorisce durevolmente i volti femminili — non passa." Avete capito il latino? Bm fece adunque il Molmenti a lasciare nelle penombra della sua casta alcova la vedova Foscari che per un momento ebbe il coraggio di lottale con la Serenissima. La Foscari priva del sangue del peccato non è soggetto artistico. E neppure, s'intende, Beatrice, che inspirò a Dante quella romanticheria della Vita Nova, e meno che meno Laura, per la quale il buon Petrarca si prese la scesa di capo di scrivere quel po' po' di canzoniere. Lucia, Ermengarda ecc. ecc. sono tutte donne anemiche ; fianchi vogliono essere, baldanzosi fianchi, sudori acri, e febbri del desiderio dentro. 0 bella frusta letteraria di Giuseppe Baretti ! O sdegni nobili ed amaro riso di quel!' altro Beppe ! Ma zitto, che non ci sentano ; Beppe Giusti, dopo tutto, non era poeta; anche questa bestemmia si è letta testé. Chi ci libera da questa nuova Arcadia di satirelli? . . . Torniamo a bomba. Tutte queste storie di donne anemiche, di romanticherie e di freddezze classiche non hanuo nulla a fare con l'argomento; perchè, a buttar giù tutta la baracca della critica festaiola, il signor Molmenti scrisse queste testuali parole: ,,La donna (nel secolo 15) uscì dalle pareti domestiche, splendendole in fronte gii allori di un nuovo giorno dello spirito umano, e si mescolò tra la folla graziosa pur non perdendo il culto del dovere famigliare. Essa uon ebbe peranco alcuna efficacia nella vita civile, ma ne ebbe moltissima nell'arte." Ed ottimamente rispose al critico il Mantovani: "Nel passato di Venezia io ho cercato la donna, egli le donne. Io ho cercato la donna nella tradizione e nell'arte, egli ha cercato le donne nella storia documentata.....Entrambi, siamo nel vero, e le nostre idee non si contraddicono, ma sorgono e avanzano di conserva, congiunte e pari senza divario e senza contrasto." Nè giova l'opporre col critico, che se le donne di Venezia avessero dato veramente soggetto alla tradizione intima, paesana, noi l'avremmo ancora viva, nelle memorie del popolo, negli annali della repubblica. Negli annali della repubblica no, perchè Venezia ebbe il buon senso di non lasciar mestar la donna nelle pubbliche faccende. Quanto alle tradizioni poi, vada a Venezia il signor Lodi, e il divino fantasma femminile di Venezia gli sorgerà davanti iu ogni luogo. Tutto sommato adunque giova conchiudere che il critico, il quale d' altronde è dotato di un bellissimo ingegno, abbia, per dirla alla francese, approfittato del libro del Molmenti come di un chiodo per appendervi son pièce. E venendo una buona volta a dire di propo-I sito, senza più questioni del libro, aggiungerò che si legge con molto piacere d'un fiato, e che stando così tra mezzo ai libri gravi e popolari, riesce di utile e aggradevole lettura per tutti. Qualche seguo in rosso, fatto leggendo, nei margini, mi rammenta alcune osservazioni ed appunti. Nel capitolo primo, accanto agli esempi di virtù civile, poteva fare menzione delle illustri martiri aquileiesi Eufemia, Tecla ecc. . . . poiché così bene rileva nei Veneti il sentimento religioso che non fece loro dimenticare la terra. Tante grazie poi gli rivolgo come triestino, per non aver ripetuto la solita fiaba dei pirati, che non furono nè triestini nò istriani, ma slavi sbucati dal fondo ,del Quarnero. Nel capitolo sesto tratta diffusamente delle cause che eccitarono Marin Falliero alla nota congiura. L' offesa non sarebbe stata fatta alla moglie, ma alla nipote del doge. O1 è sempre adunque la donna di mezzo e se non è zuppa, è pan bagnato. Parmi che in questa ingarbugliata faccenda, la storia non abbia detto ancor l'ultima parola. E poi anche ammesso che coi documenti alla mano si possa distruggere una popolare e diffusa tradizione come questa „di Marin Fallitr delia Iella mujerio vorrei che i critici si occupassero un po' a spiegarmi come sia nata quella tale tradizione. Una tradizione, se anche falsa, ha sempre un qualche fondamento di vero; rappresenta un certo ordine di fatti, un modo di sentire e di giudicare su certi errori e disordini del tempo. E questo importantissimo studio assai è trascurato oggi da molti critici, ai quali, quando hanno distrutto una tradizione, pare di aver fatto tutto ; e non si danno nessuna cura di spiegare come e perchè quella tale tradizione sia nata. Bellissimo il capitolo nono, dove tratta della spigliatezza del dialetto in opposizione alle ipocrisie petrarchesche della musa italiana. Nei tre lunghi capitoli ove 1' autore parla d'incoronazioni, di feste e di funerali delle dogaresse, 1' autore è costretto a ripetersi : il lettore vede come nella lanterna magica passare processioni di senatori, di provveditori, di canonici di San Marco, di donzelle e di paggi, un moversi intralciato di stole, di piume e di rabescate zimarre; pure si legge con qualche piacere per 1' eleganza dello stile. Curiosa e strana davvero la ceremonia. nell' incoronazione della dogaressa, con la quale le si ricordava il nulla delle cose umane. Neil' incoronazione del Papa si brucia stoppa tradizionale col motto — Sic transit gloria mundi. La Serenissima spietata e con un rivoltante realismo, per bocca di un suo officiale, rammentava alla dogaressa che in quel medesimo luogo, dopo la sua morte, le avrebbe cavato i od, i cervei e le buele prima de imbalsamarla. Aseo ! Questi capitoli sulle pompe mi pajono come il nocciuolo del frutto. Intorno a queste carte studiate negli archivi, il chiarissimo autore ha dilatato a mano a mano il suo lavoro, allargando gì' intendimenti. Perciò tutta 1' opera parmi abbia qua e là 1' aria di uu alzata d' ingegno. Dico pare, a me, ma può essere benissimo che altrimenti paja al lettore, al quale raccomando caldamente questa nuova opera di storia veneziana, che è in tanta parte storia nostra. P. T. PUBBLICAZIONI Resoconto sanitario del Civico Ospedale provinciale di Pola per 1' anno 1882. Interessantissima pubblicazione, che vorremmo imitata dagli altri paesi dell' Istria, perchè offre un buon numero di tabelle statistiche e di pregevoli considerazioni medico-scientifiche, la cui importanza è somma avuto riguardo all' amministrazione e direzione di que' luoghi umanitarii, che sono i Nosocomi. Tra le considerazioni medico-scientifiche, notiamo qui per la sua peculiarissima importanza la Relazione sulle febbri di malaria nuli' agro polese, scritta dall' egregio G. Dr. Bossi. Dal quadro sinottico di questo Resoconto rilevasi, che alla fine del 1882 la popolazione civile di Pola fu di 18,377 abitanti e che le spese complessive nell' Ospedale ammontarono a f.ni 25,640:24. Una passeggiata per Trieste, raccolta illustrata. — Trieste, St.ab. art. tip. G. Caprin. 1884. Autore Antonio Tribel. Ragioniere della Pia Casa dei Poveri in Trieste. — E' già uscito il primo fascicolo, che è un succinto di quanto scrissero i vecchi storiografi triestini ed istriani. L' opera intera consterà di circa sessanta fascicoli di 24 pagine di slampa ognuno, con illustrazioni di vedute antiche e moderne di Trieste; nonché di stemmi e lapidi tuttora esistenti. Il fascicolo vale s. 60. Relazione e bilanci dell' Istituto di Credito Fondiario del Marchesato d'Istria per Panno 1883. — Parenzo, Stab. tip. Gaetano Coana, 1884. Relazione siili' operosità sociale, anno X, 1883, della Sezione femminile della Società Operaia Triestina. — Trieste, tip. Mortela e Comp., 1884. Resoconto della Società di Mutuo Soccorso fra gli artieri ed operai di Capodistria durante l'anno 1883, III di sua fondazione. — Capodistria, tip. Carlo Priora 1884. Il Vittorino da Feltre, organo della lega degli Asili Infantili Italiani sotto il patrocinio di S. M. la Regina d' Italia — Direttore Prof. V. De Castro. — Milano, Lega degli Asili Infantili Italiani, editrice. — Stab. tip. Paglioni, esercito da A. Colomba e A. Corda ni. 1883. Koticia Historica sobre el Notariado desde los teinpos mas rcmotos liarta nuestros dias, por el Dr. Vladimiro Pappafava. Traducion espanda de la sra. Dona Consuelo Gonzalo de Las Casas. — Pola, Casa F. W. Scbrinner, — Lisboa Livreria Bòrtrani, Sevilla Hijos De Fe, 1884. Varietà Piante insettivore Che certe piante, anche molto comuni, abbiano la facoltà di trattenere, cogliere ed uccidere insetti per mezzo di un umore viscoso trasudante dai rami e dalle foglie, è fatto da gran tempo noto ai naturalisti. Tale è, per esempio, la drosera a foglia rotonda, delle paludi. Ma che questa facoltà andasse unita ad uu vero potere di nutrizione e digestione, per modo che la pianta vi si ciba come gli animali, è uua recente indagine ed una delle più curiose rivelazioni della natura. Questa scoperta si deve al potente ingegno di Darwin. Nella sua opera „ Piante insettivore „ l'illustre scienziato ha esposto con calma eloquenza e semplicità di linguaggio, il frutto delle sue ricerche in questo notevole ordine di fenomeni. La prima idea gli nacque dalle osservazioni della pianta conosciuta sotto il nome volgare di pigliamosche di Venere, o dionea, che cresce principalmente nei luoghi palustri della Carolina boreale. Questa pianta fu scoperta da So-lauder, e venne introdotta in Europa nell'anno 1768 da Giovanni Bartram. Le sue foglie di un verde chiaro, souo disposte a rosetta, e munite ai loro margini di ciglia e di ghiandole rossiccie. Le foglie di questo vegetale sono dotate di una tale irritabilità, che si chiudono istantaneamente sugli insetti che vi si posano sopra, e li imprigionauo, Gli sforzi che. dibattendosi, fa l'insetto per liberarsi, aumentando la irritabilità e la contrazione delle foglie che lo racchiudono. La drosera comuue, sulla quale fece molta attenzione il naturalista inglese, è fornita di circa dugeuto specie di nervi, coperti da un liquore viscido che li bagna sotto i raggi del sole. L'azioue che sopra questi organi esercita il contatto di vari oggetti, come carta, pezzetti di vetro, legno, cenere, braudeili di carne o insetti vivi, diede campo al signor Darwin di fare una serie di svariate esperienze ed osservazioni. Gl'insetti sono uccisi nello spazio di uu quarto d'ora, e pare che vengano avvelenati da quel liquore gommoso. Dopo stretti in quelle forti fibre ed in un tempo che varia da dieci a quarantotto ore, vengono portati al centro dello stomaco vegetale, dove sono gradatamente inghiottiti e convertiti nella sostanza della pianta. OAFOD1STK1A, Tipografi» di Carlo Priora. Per questa circostanza, la drosera prendendo il suo cibo con materia animale, può fiorire in un terreno estremamente povero, in cui non potrebbero vivere che magri muschi. Le sue radici, non avendo bisogno di succhiare la sostanza del terriccio, squo piccole, e consistono in due o tre ramificazioni. Sembra che servano unicamente a raccòglierò 1' umidità, e in certo modo a dissetare la pianta. Tralascio di riportare altre importanti considerazioni su questo curioso vegetale, perchè bisognerebbe adoprare vocaboli che renderebbero oscura ed intralciata la descrizione. Basterà farsi l'idea che la pianta si nutre come un animale. Aggiungerò che le foglie della drosera hanno il potere non solamente di masticare la materia animale e di convenirla, per così dire, iu sangue, ma bensì di digerirla dopo averla assorbita e incorporata nei tessuti. L' irritazione provocata sulle foglie a.1 contatto dell' insetto, è adunque qualche cosa più di un movimento meccanico, come quello delle foglioline della mimosa, chiamata comunemente sensitiva. Darwin non si limita a queste semplici osservazioni, ma scende a seguire tutto il lungo processo di digestione, e la perfetta somiglianza con quello che si effettua in corpo umano. Cercheremo di semplicizzarlo e darne un'idea. Egli osservò che particelle di carne arrostita erano modificate esattamente come accade nel nostro stomaco. Lo ossa venivano ammollite. La gelatina non produsse energico effetto, ed è nota la sua scarsa efficacia nutritiva negli animali. Il lattosi coagulò rapidamente ; altre sostanze, indigeste per noi, furono non digerite o digerite male dalla pianta. Tra queste vi furono i pezzetti d' unghia umana, fiocchetti di capelli, piume, grasso, olio, zucchero, gomma. Darwin non si limitò a vedere se la pianta elabora i cibi come lo stomaco degli animali, ma esperimentò anche gli effetti degli acidi e de'veleni. Il sale d'ammoniaca, l'acido urico, tartarico, ecc. produce-vano un'estrema debolezza: in quanto ai veleni, come nicotina, morfina, ecc., non ebbero la stessa azione come quando agiscono sui nostri nervi. Però, fatte poche eccezioni, esiste fra la pianta e 1' organismo animale, una grande relazione. Varii sali metallici, molti de' quali souo venefici per gli animali, come il sale di rame, mercurio, oro, stagno, arsenico, cromo, argento, platino, sono egualmente tali per la drosera. Si tentò in molti giardini la coltivazione della dionea e della drosera, ma per lo più senza successo: couvien tenerle nel tepidario iu un vaso pieno di terra di torba, immerso colla base nell' acqua. La diouea si propaga per via di separazione delle rosette di sette foglie anziché per seminatura, la quale difficilmente riesce. Da queste osservazioni sempre più si conferma la concatenazione esistente fra il regno vegetale e quello a-nimale. I polipi, gì' insetti pianta, le piante iusettivore sono tanti auelli di congiunzione fra una specie e 1' altra. La natura non opera mai a sbalzi : se potessimo schierare tutti gli animali, dal mastodonte agi' insetti, e dai muschi ai giganteschi alberi della California, si vedrebbe un ammirabile sviluppo graduato e regolare. G. D. Pietro irTltfmzz» — Àuto© Gravisi edit.e redat. r*.«i>oiiKA»ili-