original scientific paper UDC 811.163.6'282(450.34) received: 2005-10-03 LINGUE IN CONTATTO NELLA COSCIENZA DEI PARLANTI: UN'APPLICAZIONE DEL MODELLO TEORICO DI JAN BAUDOUIN DE COURTENAY Liliana SPINOZZI MONAI Universita degli Studi di Udine, Centro Internazionale sul Plurilinguismo, IT-33100 Udine, via Mazzini 3 e-mail: liliana.spinozzi@alice.it SINTESI Il pensiero di Baudouin secondo cui il "sentimento linguistico dei parlanti costituisce una categoria positiva, verificabile nella realta" trova riscontro nell'analisi da noi compiuta di alcuni testi dialettologici da lui stesso raccolti in area slavo-romanza. La osservazione delle operazioni inconsce del linguaggio e del grado di consapevolezza che puo averne un parlante 'ingenuo' a fronte del linguista, consente da un lato di distinguere tra manifestazioni dell'attivita logica vs quella psicologica, dall'altro di registrare diversi punti di intersezione tra il 'sentimento della lingua' spontaneo, spesso imprevedibile, e la coscienza linguistica frutto di elaborazione superiore, tipica dello specialista. La ricerca in un ambito tanto delicato e stata agevolata dalla perspicuita dei fenomeni documentati, favorita dalla natura dei testi, che mostrano l'interagire dei codici nella competenza di un parlante plurilingue e mettono a nudo processi altrimenti 'mimetizzati'. Per quanto i dati analizzati siano di numero relativamente ristretto, la loro qualita ha permesso di trarne deduzioni interessanti, specie quelle sul diverso comportamento sintattico e semantico di un'entita, secondo che pertenga alla lingua, alla metalingua o alla pragmatica. Parole chiave: Glossario del dialetto del Torre di Baudouin de Courtenay, fenomeni interlinguistici LANGUAGES IN CONTACT IN THE CONSCIENCE OF THE SPEAKER: APPLICATION OF THE THEORETICAL MODEL BY JAN BAUDOUIN DE COURTENAY ABSTRACT Baudouin's theory according to which "the linguistic sentiment of the speakers represents a positive category, verifiable in reality" has been confirmed by our analysis of several dialectological texts that Baudouin himself gathered in the Slavic-Romance area. The observation of the unconscious operations of language and the degree of awareness a 'guileless' speaker may possess about them in comparison to a linguist allowed on the one side to distinguish between the manifestations of the logic vs. psychological activity, and on the other side to record various points of intersection between the spontaneous 'linguistic sentiment,' which is often unpredictable, and the linguistic awareness as a product of superior elaboration, typical of a specialist. In such a delicate sphere, the research was made easier by the perspicuity of the documented phenomena and favoured by the nature of the texts, which displayed an interaction of the codes in the competence of a multilingual speaker, laying bare the otherwise 'disguised' processes. Although the analysed data are relatively limited, their quality has allowed us to draw some interesting conclusions, especially with regard to the different syntactical and semantic behaviours of the items, depending on whether these concerned the language, metalanguage or pragmatics. Key words: "Glossary of the Val del Torre dialect", written by Baudouin de Courtenay, interlinguistic phenomena Jan Baudouin de Courtenay rappresenta una pietra miliare sia nella slovenistica che nella lingüistica generale. Coniugando la ricerca teórica con l'indagine empirica, considerata fondamentale per un approccio scienti-fico agli studi linguistici, Baudouin ha lasciato un'ampia testimonianza della sua intensa attivita in entrambi i settori. Il presente contributo muove da alcuni capisaldi del suo pensiero per verificarne la validita sulla base dei materiali dialettologici da lui raccolti in area slavo-romanza e ritenuti ottimali per chi si occupa dei pro-cessi di mutamento. La verifica riguarda in particolare le manifestazioni in un parlante 'ingenuo' di quello che Baudouin chiama "sentimento della lingua". Con la sua opera fondamentale sulle Lingue in con-tatto Uriel Weinreich (Weinreich, 1953) ha segnato uno spartiacque negli studi sull'interferenza linguistica ed ha suscitato un crescente interesse per questo ambito di ricerca. Alla luce di tale premessa, potrebbe sembrare quantomeno scontato il precisare in questa sede che il contatto tra lingue riguarda la sfera profonda della com-petenza individuale piuttosto che l'interazione manifesta tra i parlanti. Dal punto di vista della storia della linguistica, va tuttavia precisato che le linee guida in questo settore erano gia state indicate da Baudouin nei suoi primi lavori, risalenti agli anni settanta del 19" secolo.1 Sulla scorta dei suoi studi filosofico-linguistici, confortati dall'esperienza diretta sul campo, Baudouin fissa dei punti saldi cui non verra mai meno, sostenendo che l'evolversi delle lingue storiche riposa sulla incessante interazione tra i parlanti, indipendentemente dai rispettivi codici d'uso. Le lingue naturali non presentano invero codici monoliticamente omogenei, ma assorbono via via tratti più o meno marcati delle singole categorie, quali risultano dall'elaborazione fattane dai parlanti, che li rimettono in circolazione cosi modificati e pronti per un rinnovato confronto con i membri della comunita. Ciascuno dei membri, poi, li integrera nella propria competenza, che risultera inevitabilmente diversa da ogni altra. Tutto, dunque, avviene nella sfera intima del singolo, il quale, mentre riassume in sé i tratti della comunita di appartenenza, lo fa in modi e misura peculiari, e puo rappresentare la comunita solo idealmente, in un momento x, astraendo dall'inarrestabile mutamento del mondo circostante. Per Baudouin, il fatto che due parlanti usino o meno un codice condiviso non incide sulle leggi generali dell'evoluzione linguistica, ma ne riflette unicamente un diverso potenziale, che si tramuta, storicamente, in una diversa scansione temporale di un dato fenomeno: il mutamento subira un'accelerazione tanto più grande quanto più lontani saranno tipologicamente i sistemi in contatto, nel presupposto che il potente principio della semplificazione, ravvisabile nell'analisi delle lingue storiche, tendera a indebolire un sistema complesso a fa-vore di uno più semplice, come e avvenuto per il latino nel suo divenire romanzo e come avviene sotto i nostri occhi per lo sloveno, caratterizzato da una ricca decli-nazione nominale, a fronte di sistemi analitici come il friulano, il veneto o l'italiano.2 L'accenno ai contatti sloveno-romanzi ci riporta ai reiterati viaggi di Baudouin nella fascia orientale del Friuli compiuti tra il 1872 ed il 19013 allo scopo di raccogliere materiali dialettologici di prima mano, ideali per uno studio approfondito del linguaggio come lui lo intendeva. Quale area poteva del resto apparire più appetibile per un teorico della mistione linguistica - e per di più slavista -, se non quella, che portava in superficie fenomeni altrimenti invisibili" Una miniera a cielo aperto, che Baudouin sfrutto senza nulla tralasciare, consape-vole che anche le pietruzze più insignificanti avrebbero potuto trasformarsi in pepite d'oro, quando se ne fosse svelata la vera natura. Baudouin stesso, d'altronde, si era cimentato nell'im-presa, saggiando la bonta delle premesse teoriche su materiali trascritti nella cosiddetta Slavia Veneta (o Friulana), i cui parlanti di madrelingua slovena (dialettale) erano esposti da sempre all'influsso delle varieta romanze finitime.4 Uno degli esempi più significativi delle analisi da lui eseguite e offerto da un articolo del 1905 incentrato su alcuni fenomeni di interferenza romanzo-slava incon-trati nella Valle del Torre,5 in particolare il fenomeno vistoso che registra l'accoglimento da parte della varieta 1 Per un ampio panorama del pensiero e dell'attività scientifica di Baudouin rinviamo a Di Salvo, 1975. 2 Baudouin espose le sue idee sulla mistione linguistica in molti lavori. Per una sintesi sul tema cf. Baudouin, 1901. 3 Baudouin visito più volte questi luoghi e precisamente negli anni 1872-73, 1890, 1892, 1893, 1899, 1901, 1903 e 1913. 4 L'esistenza dei materiali raccolti da Baudouin in quest'area e da lui consegnati nel 1903 agli archivi dell'Accademia di San Pietroburgo è stata appresa dal mondo scientifico grazie ad un articolo di N.l. Tolstoj apparso nella miscellanea per il trentesimo anniversario della morte del grande linguista (Tolstoj, 1960). l manoscritti più interessanti sono rappresentati dalle schede di un Dizionario resiano e del cosiddetto Clossario del dialetto del Torre. Il primo è in fase di pubblicazione nel quadro di una collaborazione tra l'Accademia delle Scienze Russa e l'Accademia di Scienze e Arti Slovena; il secondo è in fase di redazione ad opera della scrivente, nel quadro di una collaborazione tra l'Archivio dell'Accademia Russa cit., sez. di S. Pietroburgo, e l'Università di Udine. 5 L'ambito territoriale entro il quale si parla questo dialetto comprende l1 Alta valle del Torre e le Valli del Cornappo e del Malina, per complessivi kmq 134. Tale territorio si apre a ventaglio con un fronte assai esteso verso ovest, in direzione dellarea romanza, mentre lungo i due lati - a Nord e ad Est - è limitato dalla Val Resia e, rispettivamente, dalla Val Natisone, per restringersi in un triangolo slovena ¡vi parlata (¡I tersko) del pronome-soggetto (pro)clitico tipico del friulano, che per ¡t. "(io) sono" dà la forma frl. (jo) o soi, riflessa nel tersko (ja) ji san (sln. (jaz) sem). Nel classificare il clitico-soggetto come pre-fisso morfologico sostitutivo della desinenza, Baudouin iscrive il fenomeno nel principio universale della cicli-cità dei processi di 'centralizzazione' e 'decentraliz-zazione' delle strutture linguistiche, principio che aveva maturato osservando gli antichi monumenti sumerici. E dato che il clitico soggetto segna il passaggio da strutture flessive/sintetiche (o centralizzate, secondo la sua terminologia) a quelle prefissuali/analitiche (decentralizzate), il tersko testimonierebbe i primi passi di quello stesso processo di semplificazione che ha interessato in misura massiccia il macrosistema romanzo. Il processo osmotico documentato da due sistemi tanto diversi tra loro viene ricondotto da Baudouin nella sede naturale della psiche dei parlanti, come appare nello stesso titolo del saggio citato: "Alcuni casi di assimilazione o livellamento psico-morfologico [= analogico] nelle parlate slovene del Torre dell'Italia nordorientale" (Baudouin, 1905).7 Certo, parlare genericamente di psiche come centro di elaborazione linguistica potrebbe apparire anacro-nistico alla luce degli studi più recenti in questo delicato settore dell'attività umana. Andrà allora precisato che il rilievo dato da Baudouin alla sfera psichica era teso soprattutto a scoraggiare coloro che pretendevano - e continuano a pretendere - di ridurre agli schemi della logica il mondo magmatico che sta a monte del lin-guaggio. In realtà, a suo avviso, entrambi i fattori -logico e psicologico, oltre a quello fisiologico -presiedono al linguaggio umano. E se aveva concentrato l'attenzione soprattutto sulla psiche, era perché le aveva attribuito la funzione differenziatrice che presiede al mutamento, ovvero alla crescita delle lingue. "Il principio psicologico e il presupposto di tutte le varietà e le irregolarità logiche della lingua: esso ci spiega alcuni fatti linguistici che non si potrebbero altrimenti giusti-ficare dal punto di vista logico" scriveva un Baudouin ancora diciannovenne.8 E sostenendo, pochi anni dopo, che non si davano fenomeni linguistici privi di causa, né quelli anomali potevano essere spiegati sbrigativamente con il fumoso concetto di "spirito della lingua", ri-vendicava alla linguistica il carattere di assoluta scien-tificità, attribuendo la responsabilità di un insuccesso alla inadeguatezza del ricercatore (Baudouin, 1871 in Di Salvo, 1975, 107). Lo "spirito della lingua" d'impronta romantica viene cosí sostituito da Baudouin con il concetto di "senti-mento linguistico dei parlanti", inteso come categoria positiva, verificabile nella realtà. Riportiamo a questo proposito un passo significativo della lezione di 'prova' da lui tenuta nel 1870 per l'ammissione all'Università di Pietroburgo quale docente di grammatica comparata: "Bisogna distinguere le categorie della linguistica da quelle della lingua. Le prime sono pure astrazioni; le seconde sono ció che vive nella lingua, come il suono, la sillaba, la radice, il tema, la desinenza, la parola, la proposizione, le diverse categorie di parole e cosí via. Le categorie della lingua sono anche categorie della linguistica, ma categorie basate sul sentimento che il popolo ha della lingua, e in genere sulle condizioni obiettive della vita inconscia dell'organismo umano, mentre le categorie della linguistica in senso stretto sono in gran parte astrazioni." (Baudouin, 1871 in Di Salvo, 1975, 108) Se confrontiamo la dichiarazione appena vista con quella che la precede a proposito del conflitto tra psiche e logica, possiamo notare che entrambe rovesciano la prospettiva tradizionale, privilegiando lo studio delle irregolarità anziché quello delle regole e anteponendo l'intuito dei parlanti alla dottrina dei grammatici. Per Baudouin, la grammatica comunemente intesa, lungi dal riflettere quella innata dei parlanti, tende a snaturarla con i mezzi della logica anziché scrutarne i lati sfug-genti. In tal caso l'apporto del parlante e insostituibi le per una sempre maggiore comprensione del fenomeno lingua, poiché ne e il depositario più accreditato.9 Le notazioni dialettologiche di Baudouin su migliaia di schede pensate per dizionari 'scientifici', dai quali poter estrapolare una grammatica scientifica, denotano una rara abilità da parte del linguista nell'elicere i dati dai suoi informatori. L'idea di dizionari 'di nuova generazione' avrebbe dovuto ispirare il dibattito dei più illustri studiosi del lungo il confine italo-sloveno. Con la sua punta occidentale, occupata dai villaggi della riva destra del Torre, costituisce l'estremo insediamento occidentale slavo. L'epoca dei primi insediamenti slavi di tipo stanziale rimane tuttora controversa, e le varie ipotesi oscillano tra due poli abbastanza distanziati (fine sec. VI - fine sec. IX). I dati demografici degli ultimi cent'anni parlano di un massiccio spopolamento: i due Comuni di Lusevera e di Taipana, in cui la Val Torre è amministrativamente divisa, sono passati dai 4823 abitanti del 1873 (anno del primo viaggio di Baudouin in questi luoghi) agli attuali 1.600 ca. 6 Il fenomeno descritto da Baudouin è stato ripreso dalla scrivente in due lavori: Spinozzi Monai, 1996b e 1998. 7 La citazione è tratta dalla versione italiana del Trattato sulla questione della lingua (Rozprawa macaca zwi^zek z kwesti^ jçzykow^, 1864), eseguita da Maria Di Salvo (Di Salvo, 1975, 100). 8 I due diversi approcci allo studio del linguaggio riflettono il contrasto teoretico tra il metodo osservazionale-induttivo - propugnato da Baudouin - che si basa sulla interpretazione di testi attraverso l'intuizione dei principi grammaticali sottesi, e il metodo ipotetico- deduttivo, volto a scoprire le regole interne dell'agire linguistico a partire da modelli cosiddetti 'analogici' "nella ipotesi di una analogia di efficienza tra la grammatica vissuta dal parlante e la grammatica immaginata dal linguista" (Belardi, 1984, 53, 73). Fig. 1: J. Baudouin de Courtenay, Glossario del dialetto del Torre (Archivio dell'Accademia delle Scienze Russa, sez. di San Pietroburgo. Mss. del Fondo 102, op. 1, n. 11.) Sl. 1: J. Baudouin de Courtenay, Glosarij terskega narečja (Arhiv Ruske akademije znanosti, oddelek Sankt Peterburg. Fond 102, zv. 1, št. 11). tempo, come dimostrano ¡ punti 9. e 10. del programma che Baudouin presento all'Universita di San Pietroburgo nel 1903 per quello che sarebbe dovuto essere il primo congresso degli slavisti, ma che non si tenne a causa della guerra russo-giapponese. I punti 9. e 10. recitano cosí: "Sulla utilizzazione di materiale lessicografico per deduzioni di linguistica generale, di psicologia, e per deduzioni storico-culturali"; e, rispettivamente: "Sulla compilazione di inventari lessicali per obiettivi di ordine grammaticale" (Baudouin, 1904). Qualche anno dopo, interrogandosi sui compiti della linguistica del secolo ventesimo, egli prevede che "le ricerche dialettologiche, ossia le indagini su tutte le sfumature di un particolare territorio linguistico, si perfezioneranno sempre pi~, fornendo materiale sempre più vasto per deduzioni di carattere linguistico generale, ma anche sui rapporti fra i vari popoli e sul loro reciproco influsso" (Baudouin, 1909 in Di Salvo, 1975, 164). Rivediamo in sintesi i punti salienti del pensiero lingüístico di Baudouin, prima di tentarne una appli-cazione sperimentale su un campione lessicografico attinto al suo lascito: - non esistono comunitj monolingui: persino la competenza individuale porta i segni della mistione linguistica - la mistione linguistica dipende dal carattere sociale dell'uomo e sta alla base dell'evoluzione linguistica - il processo di mutamento tende verso la sempli-ficazione dei sistemi - il linguaggio si correla alle funzioni logica e psicologica: la seconda e di gran lunga pi~ complessa della prima, tuttavia il suo studio va condotto con i metodi della scienza - i parlanti sono dotati di un sentimento della lingua innato che fa loro percepire le categorie linguistiche autentiche, di cui quelle ideate dai teorici rappresentano una pura astrazione - documentazioni dirette di varietj in contatto prive di codificazione e di interventi normativi costituiscono la base ottimale per deduzioni di linguistica generale. Passiamo ora all'esame di alcune schede scelte tra le oltre settemila del Glossario del dialetto del Torre,9 che utilizzeremo solo in quanto portano i segni di quello che Baudouin chiama "sentimento della lingua" - o co-scienza linguistica - dei suoi informatori, presumibil-mente semianalfabeti, dati l'ambiente e la temperie in cui il rilevamento e stato compiuto (il primo esempio riportato qui sotto non riguarda un fenomeno di contatto). Abbiamo corredato il testo originale di versione slovena e rispettivamente italiana pressoché letterale, mentre le parentesi quadre racchiudono aggiunte o va-riazioni di redazione. 1) Luz[evera]/Bardo: 18. 167: hudít = zluádbj... zluámak...zluámak - (té na bes'éda) néma ji'manu tá bes!éda, kadár se kóuneju júdje té s tatjén (uno col-l'altro), nu a doperúwaju "z^mmak tb bodb". ...sln. "hudič = zlodej...zlomek...zlomek - (to je beseda) nima imena ta beseda, kadar ljudje kolnejo drug drugega, uporabljajo "zlomek ti bodi"" it. "diavolo = demonio/maligno...diavolo...diavolo -(questa e una parola) non ha nome questa parola, quando le persone [si] bestemmiano questo con quello (uno con l'altro), adoperano "ti sia il maligno [Il diavolo ti prenda!]" 2) Luz[evera]/Bardo: 18. 176: ovás = véna...bojé ovás bojé véna, to jé wsé ná besiéda sln. "oves = [frl.] vena...bodi ovás bodi véna to je ista beseda" it. "avena = [frl.] vena...sia ovás sia véna questo e tutt'una parola [si tratta della stessa parola]" 3) Tp. [Tipana]/Taipana: 19. 250-251: sabójrn, ke né brejá... sabojw (dubito, temo, ritengo, credo)...to nié, kuj dná bes'eda sln. "zdi se mi, da je breja... sabôjw (dvomim, bojim se, zdi se mi, mislim)...to ni kot ena [sama] beseda" it. "credo che sia gravida...credo (dubito, temo, ritengo, credo)...questa non e che una [sola] parola" Osserviamo anzitutto che i testi lasciano trapelare il dialogo tra i due personaggi: le parti fuori parentesi si debbono all'informatore, come pure la prima delle tre parentesi (té na besiéda), mentre le altre due contengono la versione italiana di espressioni altrimenti problema-tiche, sicuramente dovuta a Baudouin. L'intervento di Baudouin si avverte anche nell'impianto generale di ciascun testo, dove un segmento appena pronunziato dall'intervistato (rispettivamente zluámak, véna e sa-bojm) viene da questi ripreso con una precisazione metalinguistica - che in tutti e tre i casi ha per oggetto la nozione di "parola" - evidentemente su sollecitazione dell'intervistatore, di fronte ad un impiego inatteso del-l'entitj data. Ma vediamo da vicino come un parlante ingenuo esplica il suo innato senso della grammatica, da non confondere con una sua applicazione inconscia e quindi automatica che agisce indifferentemente in ogni parlante. Esempi di operazioni inconsce figurano nel sintagma verbale nu a doperúwaju del testo 1), un calco-prestito complesso dovuto all'azione potente del friulano sul tersko, che tuttavia, nell'impatto, salvaguarda almeno in parte il proprio sistema. L'influsso friulano si riflette tanto nella struttura morfosintattica, e precisamente nel clitico soggetto di 6. persona - fenomeno gij con-siderato da Baudouin nel saggio cit. del 1905 -, quanto nel prestito lessicale doperáti "adoperare" (sln. uporabiti) da frl. doperâ/doprâ (Nuovo Pirona, 1935 [1992]), avvertito come imperfettivo (qui iterativo), percio arric-chito del suffisso -ov- (doperováti vs sln. uporabljati), che trasforma un verbo perfettivo come ad es. sln. delati in delovati. Nel coniare la forma doperúwaju il parlante ha quindi riprodotto inconsciamente lo schema delati-delovati, estraneo al friulano, integrando il forestierismo nel proprio codice che viene cosi preservato da un possibile intacco. 9 II Glossario si trova nel Fondo 102, op. 1, nn. 10, 11 e 12 dell'Archivio dell'Accademia delle Scienze Russa (sez. di San Pietroburgo). Per una sua presentazione v. Tolstoj, 1960, 76 s. e Spinozzi Monai, 1996a. Le schede da noi utilizzate appartengono al complesso n. 11. Il sintagma verbale nel suo insieme - nu a dope-rúwaju - mostra tuttavia una novita rispetto al fenomeno rilevato da Baudouin nell'articolo cit. del 1905: infatti, in luogo di un unico clitico soggetto, che per frl. a di 6. persona registra ben quattro varianti - ni/ne/no/nu -, presenta in sovrappiù la a del friulano, creando il doppione nu a che cercheremo di spiegare, a riprova che l'intera operazione rimanda al livello inconscio. Il doppione sintattico, a nostro avviso, deriva dal fatto che, almeno gli abitanti adulti di quell'area, possedevano una competenza più o meno sviluppata anche dell'italiano, unica lingua ufficiale con cui era giocoforza cimentarsi. Sicché, stabilendo un'equiva-lenza semantica tra it. adoperano e frl. a doprin, l'informatore di Baudouin deve aver accolto il clitico friulano non come elemento morfosintattico, gia presente nella variante nu, ma come elemento semantico facente parte integrante del lessema verbale. La nostra non e che una delle tante ipotesi, data l'impossibilita di verificare il fenomeno. L'andamento interlinguistico delle entita considerate mostra due percorsi paralleli: quello logico, sotteso a processi analogici che ubbidiscono al sistema e nel contempo lo salvaguardano; e il percorso anomalo, im-prevedibile, che trova soluzioni bizzarre quando il contatto investe elementi sovraccarichi di tratti seman-tici e sintattici, tali da non poter essere ordinati e as-similati secondo criteri dell'uno o dell'altro codice. Di fronte a fatti del genere, dove a prevalere e l'azione della 'psiche', il linguista non puo che procedere per ipotesi, consapevole del rischio, dato che le ipotesi non possono prescindere dal suo armamentario logico. Di qui l'esigenza di trovare nuovi metodi per lo studio di fenomeni anomali, ritenuti del massimo interesse, in quanto, incrinando i delicati equilibri di un sistema, gli imprimono dinamismo e ne favoriscono il mutamento. Se finora abbiamo gettato lo sguardo sul lato inconscio, a volte imperscrutabile, dell'attivita linguistica del parlante, lo rivolgiamo ora alle manifestazioni di consapevolezza linguistica testimoniate dall'informatore di Baudouin. Come si accennava più su, i tre testi presentano un andamento simile la dove il parlante riprende un termine appena enunciato e lo fa seguire da un commenta di natura metalinguistica incentrato sulla nozione di "parola". I due primi esempi mostrano una notazione di equivalenza con cui Baudouin interpreta le istruzioni di chi gli sta di fronte. Per costui dunque 1) hudít = ziumdbj...ziummàk e 2) ovás = véna. II confronto delle due formule pone anzitutto la questione dell'equivalenza, un concetto di natura pret-tamente semantica che, diversamente dalla linguistica generale, la prassi della traduzione impiega in senso specialistico, per indicare una resa il più possibile fedele di entita linguistiche appartenenti a lingue diverse tra loro, nella consapevolezza che nelle lingue naturali non si danno equivalenze assolute né in ambito di una stessa lingua né passando da una lingua all'altra. Partendo da questa premessa, possiamo osservare che il nostro parlante, nello stabilire le equivalenze, ha proceduto in entrambi i casi secondo le linee della linguistica generale, giacché considera equivalenti sia i termini indigeni zluádbj e zluámak rispetto a hudít, sia il prestito friulano vena rispetto a ovás (mentre dal punto di vista del lessicografo gli ultimi due sarebbero equivalenti e gli altri tre sinonimi). Il secondo caso starebbe a dimostrare che l'equivalenza instaurata si fonda sulla identita della referenza - l'avena -; e che l'interlingua del parlante funziona come una monolingua, se e vero che ovás : vena = hudít: zTádbj, zluámak, il che, oltre-tutto, assegnerebbe a ovás e vena statuto di sinonimi. Fin qui, il 'sentimento della lingua' del parlante nativo risulta relativamente scontato, anche se pare notevole che, a proposito di ovás = vena, egli affermi trattarsi di una stessa parola e non di una stessa cosa, essendo fuor di dubbio ch'egli abbia stabilito l'equivalenza partendo dalla comune referenza data dall'ave-na. C'e, tuttavia, un momento in cui la capacita critica del nostro parlante e davvero inaspettata. Ció avviene quando osserva che zluámak e bensi una parola, ma una parola che non ha nome, spiegandone il motivo: si usa dire "Il diavolo ti prenda" quando c'e uno scambio di bestemmie. La spiegazione e chiarissima: viene ricreata la situazione comunicativa data dal contesto d'uso e dalla funzione linguistica (lo scambio di invettive), e ne viene offerto un esempio. L'oscuro abitante di Lusevera non poteva sapere -né, forse, il geniale Baudouin avrebbe potuto prevedere, dato lo stato dell'arte di allora - che la sua spiegazione avrebbe portato lumi agli studi sintattici piu avanzati del nostro tempo. Alludiamo alle teorie sintattiche d'impronta generativa, che prevedono schematizzazioni rigorose e sofisticate per la frase tipo, difficilmente applicabili ai casi che se ne discostano come le espressioni imperative, esclamative, vocative e sim. (Graffi, 1994, 93). Per spiegare questa tipologia e stata escogitata la categoria E ("espressione") (Graffi, 1994, 203), sovraordinata alle entita da analizzare e valevole tanto per quelle strut-turate (aventi cioe la forma di frase, come ad es. Il diavolo ti porti) quanto per quelle non strutturate (come ad es. Amici!), purché di senso compiuto. Se classifichiamo la frase "zluámak tb bodb" "Il diavolo ti porti" come ottativa, allineabile alle imperative, potremmo allora spiegarla mediante la categoria E, a patto che abbia un senso compiuto. Ma qual e il senso di questa espressione? O piut-tosto: ha un senso per davvero? Partendo dal principio che correla strettamente forma e contenuto di una qualunque entita lingüistica, proviamo ad analizzare la struttura sintattica di questa supposta frase, al fine di chiarirne il risvolto semantico. Un'analisi di tipo tradizionale - evidentemente condivisa dagli strutturalisti, se essi ammettono una categoria E ("espressione") 'strutturata', in riferimento ad enunciati esclamativi - vedrebbe in zTámák il soggetto della frase, nel pronome tv "a te" un dativo di svantaggio o danno, in bodb "sia" il predicato verbale (interpretato come "risulti": "il diavolo risulti di danno per te"). Ora, se zTámák funge da soggetto, diventa argomento di frase calato in un sintagma nominale (SN) il cui nucleo e dato dal nome. Come mai, allora, il nostro parlante nega che tale parola sia un nome? Se avesse ragione, zluámák non sarebbe piu né SN né argomento di frase, nono-stante appartenga alla categoria dei nomi e non, sup-poniamo, a quella dei verbi. D'altronde, se non e argomento di frase, neppure la frase di cui fa parte puo ritenersi tale, con la conseguenza che, perduta la strut-turazione sintattica, va perduto anche il suo contenuto (letterale) "Il diavolo ti prenda". Il segreto di questa espressione sta nel suo uso, un principio che il 'secondo' Wittgenstein aveva posto a fondamento dell'attivita linguistica10 e che l'informatore di Baudouin convalida inconsapevolmente, quando distingue tra il binomio hudít e zluádbj da un lato e la parola zluámák dall'altro. Infatti, il bisogno da parte sua di chiarire a Baudouin il co-testo e il contesto d'uso solamente di questa parola, implica che le altre due ignoravano la restrizione di figurare solamente nelle ingiurie e per questo 'avevano' un nome. Sara interessante sapere, a questo proposito, che, mentre il SSKJ - il Dizionario della lingua letteraria slovena - tratta i tre termini alla stessa stregua, giacché nello sloveno standard anche zlomek puo fungere da costituente di frase, come appare dall'es. zlomek ga je skusal, il Ple-tersnik, nel suo dizionario dialettale contemporaneo ai testi di Baudouin, riflette la situazione documentata nella Val Torre, nel senso che riporta il termine hudic senza precisarne l'uso, il che implica assenza di re-strizioni; correda il lemma zlodej con la nota navadno le v kletvicah "solitamente solo nelle bestemmie", mentre per zlomek scrive semplicemente v kletvicah "nelle bestemmie" (Pletersnik, 1894-95).11 La parola zTámak, dunque e sentita come non-nome in quanto compare esclusivamente in espressioni ingiuriose. Espressioni di questo tipo non comunicano alcuna informazione all'interlocutore, ma gli lanciano semplicemente quello che tecnicamente viene detto "appello" nella accezione più radicale. La nozione di "appello", poi sostituita da quella di "segnale", la si deve al filosofo e psicologo austriaco Bühler.12 Trattando delle funzioni linguistiche, egli aveva distinto tra simbolo, sintomo e appello/segnale. Nel nostro caso, l'espressione ingiuriosa sarebbe sintomo e segnale dello stato di irritazione del parlante nei confronti del destinatario. A proposito di questa tipologia, Bühler osserva che, ad es., nel comando militare In marcial la funzione simbolica - quella del codice lingua - e ridotta al minimo (tant'e, aggiungiamo noi, che puo ridursi al comando Marsch!), senza alcun rischio di frainten-dimento (Malmberg, 1972, 286). Che la funzione simbolica, in casi come questi, si riduca a puro involucro sonoro - tanto più efficace quanto più forti sono i tratti extralinguistici che l'accompagnano, come i tratti cinetici (la gestualità e la mimica) o soprasegmentali (il tono e il volume della voce) - e dimostrato dalla nostra espressione, dove la parola zluámak e priva di funzione semantico-sintattica in quanto non funge da argomento di frase. L'espressione "argomento di frase o di discorso" basterebbe da sola a far comprendere che chi esclama "Il diavolo ti prenda!" non dice nulla sul diavolo, non ne fa oggetto di una predicazione del tipo: "Il diavolo ti sta tentando", "Il diavolo e ingiusto", "Dove ti porta il diavolo?". Sul piano semantico, dunque, l'espressione ingiuriosa e priva di significato linguisticamente strutturato, e su quello sintattico riflette unicamente la categoria E "espressione", il cui contenuto "ingiuria" pertiene alla pragmatica, sug-gerendo un'equivalenza tra l'invettiva e, supponiamo, il lancio di una pietra contro l'avversario. L'assenza di strutturazione semantica comporta ine-vitabilmente quella sintattica, il che fa di questa espres- 10 Per 'secondo' Wittgenstein si intende quello legato alie Philosophische Untersuchungen, Oxford-New York 1953; trad. it. Ricerche filosofiche, Torino 1967. Potremmo qui riassumere il pensiero di Wittgenstein con la celebre definizione di Louis Hjelmslev, che cosí lo anticipava di un decennio: "chiameremo uso linguistico una sostanza che manifesta uno schema linguistico": cf. I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino 1987 [ed. originale Omgring Sprogteoriens Crundloggelse, Kóbenhaven 1943], p. 114. 11 Sara interessante sapere che il pur ricco complesso lessicografico raccolto in quest'area da Pavle Merkú in quarant'anni di ricerche non registra la parola zlomek, il che ne proverebbe la scomparsa, dovuta probabilmente ad un impiego tanto ristretto. Il contributo di Merkú allo studio della lingua, della storia e dei modi di vita degli abitanti della Val Torre é rilevante. Ci limiteremo in questa sede a ricordare solo alcuni dei suoi lavori: Il dialetto della Val Torre, in "Lingua, espressione e letteratura nella Slavia italiana" (Quaderni Nediza 2), San Pietro al Natisone/Trieste 1978, 43-61; O slovenskem terskem narecju, "Slavisticna revija", 1979/2, 167-178; La toponomastica dellAlta Val Torre, Regione Friuli-Venezia Culia/Comune di Lusevera/Comunita montana delle Valli del Torre-Tarcento, 1997. 12 L'opera fondamentale di questo studioso, Sprachtheorie (trad. it. Teoria del linguaggio, Roma 1983) fu pubblicato a Jena nel 1935. Per una sua discussione rinviamo a Malmberg, 1972, 285 ss. (edizione it. di quella originale uscita a Stoccolma nel 1962, integrata con le aggiunte fatte dallautore per ledizione francese del 1966). sione una non-frase. Essa infatti presenta un elemento di debolezza che condiziona l'intero costrutto. Come abbiamo dimostrato altrove (Spinozzi Monai, 2001, 7-21),13 l'elemento di debolezza e dato dal vocativo e dal suo pendant - il modo imperativo - en-trambi ravvisabili nell'espressione zluámak tb bôdb. Il vocativo, invero, neutralizza la categoria del caso, svuotando il nome della funzione sintattica che gli spet-terebbe se fosse costituente di frase (SN). Ne abbiamo una conferma dalla prova di commutazione introdotta qui di seguito, dove la parola zTámak compare nelle tre coppie da noi ideate a titolo esemplificativo e riassuntivo di quanto detto: PROVA DI COMMUTAZIONE DELLE PAROLE hudi't /zfmdbj vs zfmmak NELLA METALINGUA (1 a/1b), NELLA PRAGMATICA (2a/2b) E NELLA 'LINGUA' (3a/3b) 1a hudít/zluádbj té nu su besede "diavolo/maligno sono parole"/"hudic/zlodej to sta besedi" 1b zluámak té na beseda "diavolo e una pa-rola"/"zlomek to je beseda" 2a hudft/zluródvj tv bodv "il diavolo/il maligno ti prenda"/"naj te hudič vzame" 2b zlu®mâk tv bodv "il diavolo ti prenda"/"naj te hudič vzame" 3a hudft/zluródvj me je yuarm "il diavolo/il maligno mi ha parlato"/"hudič/zlodej mi je govoril" 3b *zlu+mâk me je yuarm *"il diavolo mi ha par-lato"/"hudič mi je govoril" Ricapitolando: la funzione esclusiva di ingiuria priva la parola zluámak della possibilita di fungere da SN, a differenza delle altre due, hudi't e zluádbj, indicate dal-l'informatore di Baudouin come suoi equivalenti. La prima coppia di esempi riguarda l'uso metalingui-stico delle tre parole. Come si puo notare, la parola zluámak come oggetto/argomento di metadiscorso 'fun-ziona' al pari delle altre due. Il metadiscorso riesce a darle quello statuto di SN, cioe di nome, che il discorso 'normale' - esemplificato nella terza coppia - non le dava. Dal punto di vista della categoria caso, che nello sloveno per il nominativo dei maschili in consonante e rappresentata dalla marca zero, possiamo osservare che essa funziona sempre e comunque nella lingua fatta oggetto della metalinguaa; funziona a livello di 'lingua' nell'esempio 3a; non funziona nella seconda coppia, dove tutti i termini - hudi't, z^ádbj e zluámak - sono privi del morfema zero in quanto dotati dello 'pseudo-caso' vocativo, in realta inesistente. Che cio sia vero e confermato dal diverso comportamiento sintattico degli esempi 2b e 3b, dove la forma zluámak risulta grammaticale solo se priva di caso al pari delle forme in 2a, mentre risulta agrammaticale in 3b proprio perché priva di caso, data la restrizione d'uso. Il diverso comportamiento sintattico delle due tipo-logie crea tra loro un rapporto di opposizione inversa, in quanto le parole hudi't e zluádbj, appartenenti per costituzione alla categoria sintattica del nome, neutraliz-zano il caso se trasferite sul piano pragmatico; mentre la parola zluámak, non-nome per costituzione in quanto appartenente alla pragmatica, diventa nome se trasferita sul piano metalinguistico. Una differenza cosí profonda tra le due tipologie e stata colta in pieno dall'oscuro abitante della Val Torre, che, mentre illustrava le tre parole, e dunque usava il metalinguaggio, le sentiva equivalenti perché, parlan-done, le aveva rese tali sia dal punto di vista semantico (tutte esprimono la nozione "diavolo"), sia dal punto di vista sintattico (sono tutti SS NN); e invece distingueva zluámak dalle altre due sulla base del loro rispettivo uso nella lingua, operando una distinzione di livello profondo. Interrompiamo qui l'analisi tutt'altro che esauriente di questo complesso fenomeno. Essa infatti tralascia un aspetto di estremo interesse per gli studi semiotici -specie per quelli della scuola sovietica -, alla luce dei quali l'espressione ingiuriosa troverebbe una spiega-zione ulteriore, assai suggestiva, che ci riserviamo di affrontare in altra occasione. C'e un ultimo fenomeno che puo dirci qualcosa sulla coscienza linguistica del parlante, ed e la forma sabojm, che Budouin traduce con "dubito, temo, ritengo, credo", e che il parlante sottolinea essere un'unica parola (to ríé, kuj dná besLeda). Sappiamo che nel diasistema sloveno il proclitico riflessivo e separato dal verbo, per cui la forma attesa sarebbe stata sa bojm secondo sln. se bojim. Come spiegare, allora, la univerbazione operata dal parlante? Evidentemente la sua sensibilità linguistica gli fa per-cepire come unitario un significato che la grammatica slovena fissatasi storicamente distribuisce su due elementi, diversamente dal russo, che unisce il pronominale riflessivo, un tempo enclitico, alla forma verbale (bojus'). Il significato unitario colto dal parlante e quello tipico dei verbi detti 'di credenza', che riflettono uno stato del soggetto, anticamente espresso mediante la forma mediale, distinta da quella attiva solo per la desinenza. Il mediale sviluppa volentieri la diatesi passiva, che tuttavia nelle lingue slave si crea autónomamente, con l'aggiunta del pronome riflessivo alle forme 13 Le deduzioni sul comportamento sintattico del vocativo sono State tratte da un'indagine sul pronome personale "io" visto in opposizione al "tu" delle espressioni vocative e sim. verbali (Pisani, 1971, 195). La forma attestata nel dia-letto del Torre appartiene ad un verbo pseudo-passivo, ossia ad un riflessivo pronominale (detto anche ine-rentemente riflessivo), avente funzione mediale. Nel quadro dell'opposizione conscio-inconscio, dobbiamo imputare la univerbazione al fattore incon-scio per i motivi illustrati, vale a dire il senso unitario dell'espressione verbale, tanto più che esso traluce nella forma non riflessiva degli equivalenti italiani enumerati da Baudouin sotto probabile dettatura dell'informatore (dubito, temo, ritengo, credo). L'equivalenza stabilita dal parlante bilingue puo aver concorso al processo di fusione dei due componenti verbali di matrice slovena. Teniamo presente, tuttavia, che parlare di univerbazione ha senso solamente nell'ottica della grammatica storico-normativa: per l'informatore la forma sabôjw e un dato acquisito. E se avverte il bisogno di precisare che quella e una sola parola, lo fa con ogni verosimiglianza perché richiestone da Baudouin, data la voce inusitata. A chiusura di discorso possiamo constatare come l'applicazione del pensiero di Baudouin ai dati da lui stesso raccolti in area mistilingue venga a confermare la opportunitj di operazioni di questo genere ai fini della linguistica generale. JEZIKI V STIKU V ZAVESTI GOVORCEV: UPORABA TEORIČNEGA MODELA JANA BAUDOUINA DE COURTENAYA Liliana SPINOZZI MONAI Univerza v Vidmu, Mednarodno središče za večjezičnost, IT-33100 Udine, via Mazzini 3 e-mail: liliana.spinozzi@alice.it POVZETEK Splošno znano je, da slovenska dialektologija v janu Baudouinu de Courtenayu vidi svojega najvplivnejšega utemeljitelja. Pomembnost njegovega dela na tem področju proučevanja pa ne izvira zgolj iz njegovih pionirskih publikacij, ki so se osredotočile na govore Bohinja (1876), Rezije (1875, 1876, 1895 in 1913), Cerknega (1884) in Terske doline (1904), ampak tudi iz obsežne zapuščine rokopisov, ki jih je zbral s področja na stiku med romanskim in slovanskim svetom in ki jih sedaj hrani Ruska akademija znanosti v Sankt Peterburgu. Gre za edinstveno tovrstno gradivo, katerega večji del še čaka, da ga bodo uredili in objavili. V prispevku bomo iz celotnega leksikološkega materiala, ki ga je Baudouin pripravil za Slovar narečja Terske doline, izpostavili nekaj jezikovnih fragmentov, ki odražajo glavne smernice njegove misli. Le-te smo povzeli in predstavili najprej skozi tri Baudouinove programske trditve o znanstveni vrednosti narečnih slovarjev, nato pa še v širšem okviru teoretičnih premis, ki te trditve argumentirajo. Zamisel o t. i. slovarjih nove generacije bi zagotovo sprožila živahno razpravo med najpomembnejšimi učenjaki njegovega časa, kot dokazujeta točki 9. in 10. predloga, ki ga je leta 1903 poslal Univerzi v Sankt Peterburgu za prvi kongres slavistov, napovedanem za leto kasneje, če ne bi med tem časom izbruhnila rusko-japonska vojna. Omenjeni točki, vključeni v program kongresa, ki ga nazadnje niso mogli organizirati, sta bili naslovljeni "O uporabi leksikografskega materiala za dognanja v splošni lingvistiki in psihologiji ter za zgodovinsko-kulturne dedukcije" ter "Zbiranje leksikalnega gradiva za potrebe preučevanja slovničnega vrstnega reda". Nekaj let kasneje, leta 1909, ko se je spraševal o nalogah jezikoslovja 20. stoletja, je Baudouin napovedal, da "[se bodo] raziskovanja narečij oz. raziskave o vseh različicah nekega določenega jezikovnega področja vedno bolj izpopolnjevale in tako nudile vedno več materiala za dognanja na področju splošne lingvistike, pa tudi na področju odnosov med različnimi ljudstvi in njihovih medsebojnih vplivov". Najvažnejše točke jezikovne misli Baudouina so naslednje: - enojezikovne skupnosti ne obstajajo: tudi osebno jezikovno kompetenco zaznamujejo jezikovne mešanice; - jezikovna mešanica je odvisna od družbenega značaja človeka in predstavlja temelj jezikovnega razvoja; - proces spreminjanja teži k poenostavljanju sistemov; - jezik je v medsebojni odvisnosti z logično in psihološko funkcijo: druga je sicer daleč bolj kompleksna od prve, a se povezuje z znanstvenimi metodami; - govorci imajo prirojen smisel za jezik, ki jim omogoča prepoznavati avtentične jezikovne kategorije, tiste, ki so si jih zamislili teoretiki, pa so popolnoma abstraktne; - direktno izpričevanje različic v medsebojnem stiku, ki so brez kodifikacij in normativnih posredovanj, predstavljajo optimalno osnovo za dedukcije splošne lingvistike. Ključne besede: "Glosarij terskega narečja" Baudouina de Courtenaya, medjezikovni pojavi BIBLIOGRAFIA Baudouin de Courtenay, J. 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