Gabriele Iannácero, II dialetto percepito, Sulla reazione di parlanti di fronte al cambio lingüístico; Lingua, cultura, territorio, Collana diretta da Tüllio Telmon 30; Edizioni dell'Orso, Alessandria 2002; 250 pagine 1. L'autore della monografía délia quale presentiamo qui una Kurzrezension, attualmente ordinario di lingüistica generale a Torino (in precedenza a L'Aquila e a Trento), è specialista di dialettologia, psico- e socioliguistica, pianificazione lingüistica ed è anche socio fondatore e codirettore del Centre d'Études Linguistiques pour l'Europe (dalla retrocopertina esterna). Il libro - dissertazione di dottorato del 1995 (p. 7) - è dedicato aile reazioni dei parlanti (della Val Vigezzo) nei confronti di cambi linguistici, che sono il problema centrale (da qui il titolo dell'intero volume, p. 170). Ma non si tratta affatto di uno studio diacronico di vecchio stampo, bensi dell'esame di accezione / rifiuto in sostanza psicolinguistici, della coscienza e della consapevolezza dei parlanti (due concetti ricorrenti passim lungo tutto il libro), del loro rapporto con l'italiano standard e con altri dialetti, contigui o meno; in un termine, del senso dell'autonomia, della Selbstbehauptung del dialetto. Attorno a questo tema, definibile a buon diritto come centrale, "girano " per cosi dire altri temi, minori ma tutti incentrati sui versanti socio- e psicolinguistici delle innovazioni e/o influssi estranei. 2. La struttura del volume è alquanto complicata. All'inizio leggiamo la Premessa (7-8), a cui segue l'Introduzione, relativamente lunga (9-23), con i dati sul lavoro, i collaboratori, l'ambiente (Val Vigezzo, molto variegata, p. 17). Al termine del libro c'è la bibliografia (più di 180 nomi di autori, tra cui diversi con due o più titoli) (223245), tre appendici: una carta del territorio esplorato e due questionari (247-258) e il sommario (259-260). Fra queste due componenti, per cosi dire "accessorie", sta la mole principale del libro, divisa dall'Autore (10-11) in tre, ma effettivamente quattro parti: 1. Dalla parte del dialettologo (25-71); 2. La ricerca sul campo (I 71-106, II107-167); 3. Dalla parte del parlante (169-222). Come dicono i titoli, la prima parte illustra la situazione (prevalentemente, ma non del tutto) dal punto di vista del lingüista ricercatore; la seconda parte, dedicata pricipalmente ai metodi usati, è come un ponte verso la terza parte, che rende ragione dei problemi trattati (anche qui con riflessioni teoriche e metodologiche, spec. p. 11). 3. La materia esposta nelle tre (quattro) parti è ricchissima e dà luogo ad una serie di commenti che owiamente non possiamo citare nei limiti della nostra recensione. Nella prima parte si parla di vocalismo, consonantismo, differenze diatopiche e diastratiche (le quali non di rado arrivano a creare parole "diverse" malgrado l'origine comune), determinati fenomeni morfologici (metafonesi), convergenze e divergenze (in dipendenza dal livello lingüístico), variazione di codici, micro- e macrodiglossia (secondo M. Trumper) e altri problemi ancora. Alia maggioranza della popolazione il dialetto appare piuttosto ridicolo (p. 66) e nella Val Vigezzo è in costante riduzione ma non raggiunge lo status di Reliktsprache (p. 69). Infine, si fa un cenno a quelle che il Nostro definisce come forme ibride (p. 71). - Nella seconda parte si ribadisce la distinzione tra coscienza e consapevolezza e si illustrano in breve alcuni grandi precursori (Cherubini, 10 Salvioni). Uno dei problemi proprio fondamentali è il rapporto ira il ricercatore e i suoi informatori (osservazione quanto spiritosa tanto utile: per il vero dialetto bisogna informarsi non dal párroco né dal sindaco, ma in osteria: p. 85, nota 39). C'entrano pure diversi altri problemi ugualmente interessanti ed importanti: diverse categorizzazioni délia realtà a seconda délia cultura, la necessità di evitare l'imposizione dele "forme del pensiero" dall'alto (ossia da fuori), l'influsso del pensiero sulle lingue ma anche viceversa. Qui, se non andiamo errati, si toccano le tesi di B.L. Whorf; infatti, l'Autore afferma (p. 97) che 'la lingua incatena con straordinaria potenza il pensiero", ma non cita il nome di Whorf. Uno dei temi sono anche le attitudes, e non vanno trascurate nemmeno le brevi tabelle (pp. 207-211) con le rubriche "riconosciuto", "sanzione esplicita" e "evitato". Infine, quasi per curiosità, menzioniamo un originale modello di inchiesta, il cui acronimo dà la parola speaking (pp. 102-103). - La terza parte illustra l'influsso délia dialettofonia sulle possibilité d'impiego, dedica parecchia attenzione ai vari sentimenti dei parlanti (disagio, vergogna o, al contrario, fierezza ecc.) e ai loro autogiudizi, nonché ai confronti tra dialetto e italiano standard; infatti, non senza causa al termine si legge un capitolo Infine, quale italiano? (pp. 165-167). È appena necessario sottolineare che anche in queste pagine, come in tutto il volume, si ribadisce l'importanza dei fattori psico- e sociolinguistici, e soprattutto pragmatici (situazione, conversazione). - Infine, la quarta parte ci informa sul sentimento dei parlanti vigezziani riguardo all'identità o meno délia loro parlata e le altre, sulla lealtà alla tradizione, la trascrizione (con molti esempi di testi dialettali) e la direzione dei cambi linguistici. L'italiano è presente sempre più, non soltanto nella vita pubblica ma pure in quella privata. In relazione al cambio lingüístico sorgono varie altre questioni: i cambi sono discreti o continui? Essi awengono "sfusi o i confezione?" (spiritosissimo titolo a p. 214) ecc. Secondo noi, andrebbe precisato in qualche modo il limite tra i cambiamenti piuttosto minori, che nei parlanti non creano la sensazione di parole "diverse", e quelli di maggiore entità, i quali provocano appunto tali impressioni nella popolazione. 4. Gli errori tipografici sono presentí in misura purtroppo un po' superiore a quanto si potrebbe aspettare. Quelli in italiano standard sono banali e non pericolosi; per gli eventuali errori nei testi dialettali non siamo beninteso competenti, sicché ci limitiamo a segnalare gli sbagli nelle altre lingue: ad es. tráncese (comportament per comportement, p. 62, nota 126, Noimoutier per Noirmoutier, p. 139, nota 68) o tedesco (Wirkichkeit per Wirklichkeit, p. 93, Privetheit per Privatheit, p. 203). In genere, tuttavia, il versante tipográfico si presenta assai bene, tenendo conto di diversi tipi di caratteri utilizzati. 5. Per concludere, la monografía II dialetto percepito di Gabriele Iannàcero è un lavoro minuzioso e informatissimo, con esposizioni dettagliatissime (che qua e là si potrebbero forse condensare un pochino). E un'opera di primaria importanza per tutti coloro che intendano svolgere ricerche analoghe sul terreno (e non solo italiano). 11