Anno XII. Capodistria, Marzo-Aprile 1914 N. 3-4 PAGINE ISTRIANE PERIODICO BIMESTRALE Letterati triestini e istriani ne „L'Ottocento" di Guido Mazzoni I. Quando, vent' anni or sono, Guido Mazzoni coraggiosa-mente s' accinse a scrivere la storia delle lettere italiane nel secolo decimonono, il territorio che si offriva alla sua esplo-razione poteva dirsi pressoche vergine. Egli aveva avuto, 6 vero, un ragguardevole precursore nell' abate Zanella'); ma il libro di questo, pur cospicuo di nobile forbitezza nella lingua e singolarmente felice, per 1' innato buon gusto deli' autore, in piu di un apprezzamento critico, non appariva tuttavia tale da potergli porgere un troppo valido soccorso nel lungo e intricato cammino da percorrere, sprovvisto com' era tanto di un largo e bene organato corredo di sicure indicazioni erudite, quanto d' una solida base d' informazione bibliografica. Conveniva per tanto al Mazzoni, qualora egli volesse (come in realtš, anche voleva) far opera duratura e seria, rifarsi in massima parte da capo e rinnovafe di sana pianta le indagini storico-critiche. Ci6, se da un lato gli toglieva a priori la possibilit& di studiare genialmente dali' alto il movimento letterario e di raccoglierne in serrata sintesi 1' armonica evoluzione e i su-premi significati ed effetti, gli dava almen modo, dali' altro, di compiere un largo e tenace lavoro di dissodamento che avrebbe avuto la sua principale ragion d' essere nella necessit& di preparare il terreno agli storici e critici futuri, e il suo pregio maggiore nella diligenza e nella compiutezza delle sin-gole ricerche analitiche. ') Storia della letteratura italiana dalla meta del Settecento ai giorni nostri; Milano, Vallardi, 1880. E tale lavoro il Mazzoni ha anche compiuto: in che modo, 10 dimostra a chiare note la gigantesca mole del materiale da lui raccolto nei due massicci volumi che costituiscono il suo Ottocento; materiale, in vero, che non 6 giA una inanimata e rude congerie di ragguagli storici e statistici, un ignudo e perd stucchevole elenco di nomi, di date e d' opere, si bene un organico e vitale complesso di notizie vagliate con ogni cura, di giudizi equilibrati e sani, di problemi acutamente posti e acutamente risolti. Ne manca ali' opera un saldo concetto fondamentale che tutta quanta la sorregga ed avvivi, formandone quasi l'intima ossatura, il buon sangue arterioso. Qua e 1&, bensl, tra la selva dei particolari senza tregua incalzantisi, potra forse parere ch' esso concetto si attenui o magari s' estingua del tutto; ma non per questo lo si dovra ritenere meno limpido o meno certo. L'Ottocento (sembra e vuol dire in effetto il Mazzoni) 6 un'epoca di grande splendore per le lettere nostre, giacchč segna, in sostanza, un nuovo fecondo ritorno, frammezzo il possente tra-vaglio onde uscl ricostituita e libera laNazione, alle piu genuine tradizioni della nostra autoctona classicit&. Primi a reagire contro le novM letterarie di Germania e di Francia, un sen-tore delle quali s' era gi& avuto fra noi sul finire del XVIII secolo, furono le immagini e i ricordi classici ridesti dalle fugaci istituzioni repubblicane ed imperiali. Ma come, dileguato 11 Bonaparte, infierl la Restaurazione e s' ebbe il contraccolpo guelfo, il romanticismo risollev6 il capo, torno a vigoreggiare invadente e formidabile. Venne il Manzoni; e fu il maggiore dei romantici, perch6 fu il meno romantico di tutti e perchš il romanticismo piego alle esigenze della classicit& originaria indigena. Venne anche il Leopardi; e fu il maggiore dei clas-sicisti, perche fu il meno ossequente, fra loro, alle regole della scuola e il pili abile a ridurre alla vecchia ma sana italianit& classica gli spiriti piu nuovi e degni del romanticismo. Venne in fine ilCarducci; che, a volte classicista, a volte romantico, ma sempre italianamente classico, stette a sommo del movi-mento conciliatore delle due tendenze e preparo 1' avvento della letteratura recentissima. Questo concetto, da noi brevemente riassunto, potr& anche essere, fino a un certo punto, discusso e magari, dagli storici avvenire delle lettere nostre, in pili di un particolare modi- ficato: non potr& gi& esser respinto del tutto, ne oggi n6 mai, ch6 con troppo rigor di logica e troppa genial forza d' intui-zione esso prospetta, nei quadro dei tempi, il faticoso evolversi di quello che tutti oramai sentiamo essere veramente stato, nelle sue capitali manifestazioni e negli aspetti suoi piu signi-ficativi, il movimento letterario italiano del secolo scorso. Del resto, giova ripeterlo, non gi& a una vera e propria storia, nei senso piu elevato e filosofico della parola, mir6, ne poteva mirare, il Mazzoni: a imprendere un tale lavoro man-cavano, vent' anni fa, quasi del tutto i presupposti piu necessari: cioš la compiuta raccolta e lo scrupoloso esame del materiale. Da questa raccolta, dunque, e da questo esame dovea incominciare chi volesse fare da senno; e a questa raccolta e a questo esame si consacr6 tutto, come giži si disse, il Mazzoni; si che oggi in Italia chiunque non si lasci traviare da sterili preconcetti e da facili dispregi, deve sinceramente riconoscere 1' importanza della meravigliosa silloge di sicure notizie e di esaurienti in-dicazioni hibliografiche ch' egli b riuscito, con geniale pazienza e con rara costanza, a mettere assieme, e animirare a un tempo il nobilissimo esempio di sedeta e di onestii scientifica e let-teraria, ch' egli, anzi tutto e sovra tutto artista e poeta, offre a quanti hanno cultori gli studi letterari. Certo che, pur fatta a questo modo, 1' opera non 6 al tutto scevra d' imperfezioni. Gi& la circostanza che il suo autore impiego a scriverla non meno di quattro lustri basta a far comprendere ch' essa, nella sua parte piu antica, non pu6 essere perfettamente a giorno dei risultati delle ultime ricerche, bench6, a dir vero, non vi si riscontri quasi lacuna che poi non venga destramente colmata nelle copiosissime note bibliografiche sog-giunte al secondo volume e contenenti persino notizia d' opere uscite nell' anno in corso. Qualche disuguaglianza e incertezza origin6 pure il fatto che il Mazzoni dov6 occuparsi di fenomeni non ancor del tutto chiariti e d' uomini tuttavia in vita o scom-parsi da poco. Se non che tutte queste sono manchevolezze alle quali il Mazzoni potra senza troppa fatica rimediare in quella seconda edizione deli' opera che sentiamo gi& essere in corso di stampa, e che, come tutto fa credere, riuscir& davvero un lavoro di prim' ordine e tale da onorare grandemente non pure il suo autore, ma anche le lettere e gli studi italiani. II. Una sicura prova dello scrupoloso impegno e del grande amore onde il Mazzoni compose il suo Ottocento, 1' abbiamo, pare a me, anche nella cura da lui posta nell' attingere notizie su le condizioni culturali delle nostre terre nel secolo passato, e nell' equo conto da lui fatto dei letterati che in Trieste e in Istria sortirono in quell' epoca i natali. Da quando Trieste e 1' Istria son tornate per gl' italiani d' oltre confine qualche cosa di piu e di meglio che due abusati luoghi comuni della piu infeconda rettorica patriottica? Non certo da molto tempo; forse, da qualche anno soltanto. Sta il fatto che con la caduta di Venezia parve finire come per incanto ogni e qualunque vincolo di fratellanza tra noi e i connazionali deli' odierno Regno, e tra Salvore e i Murazzi distendersi l'Oceano, e le sponde deli' Iudrio allontanarsi l'una dali' altra quanto quelle deli' Orinoco. Poterono cosi maturare i tempi in cui un professore deli' universit& di Padova fu udito dire oriundo di paesi turchi, perchč nativo di Trieste, un suo scolaro di nome Pietro Kandler, e Cesare Correnti, un geografo, si noti bene, e de' pili reputati, scagliare agli istriani dalle diffuse pagine del suo Nipote del Vesta Verde, 1' ingiuria piu atroce, rinfacciando loro di non essere «n6 carne ne pešce*1). N6 la colpa di un simile stato di cose potevasi logicamente far risalire a noi, i quali, se mai, con ancor pili vivo ardore che per il passato seguitavamo a frequentare quelle antichis-sime universitft, venete e lombarde dove avevano non solo studiato ma insegnato i nostri maggiori, a tramutare in carne della nostra carne e in sangue del nostro sangue la gloriosa cultura italica, a nutrire gli stessi ideali, a dolorare gli stessi dolori che i nostri fratelli. No; la colpa stava piii di 14 che di qua dali' Adriatico: stava in un incoerente e neghittoso di-sinteresse, spiegabile forse con le interne vicissitudini e gl' interni travagli dei vari stati d' Italia, coi politici rivolgimenti, con le congiure e le guerre; ma non mai scusabile del tutto. *) Fu 1' indignazione per le avventate parole del Correnti ehe suggerl a Carlo Combi la Porta Orientale, che doveva appuuto documentare, ed in effetto anche documento, la purissima italianitA istriana. (Cfr. la pre-fazione di Paolo Tedeschi alla Porta Orientale, strenna istriana per gli anni 1857-58-59, seconda edizione; Capodistria, Cobol & Priora, 1890; pg. IV). Cessarono i giorni della schiavitii d' Italia; ma con essi non gi& quelli deli' incuria dei connazionali a nostro riguardo. I udarno Giuseppe Revere e Giovanni Tagliapietra cantavano, in versi che non morranno, 1' italica purezza del loro cielo natio; indarno Tomaso Luciani illustrava infaticato, dalle co-lonne del Dizionario corografico deli' Italia'), le dolci sue terre; indarno il sempre vigile Carlo Combi, in uno stupendo discorso letto ali' Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, cercava di rivendicare 1' Istria agli studi italiani2). Perchč gl' italiani del Regno cominciassero sul serio ad accorgersi della nostra esistenza e a pigliare interessamento alle cose nostre, bisogn6 che uscissero gli studi sull' Istria di Paulo Fambri 3), bisogno che venisse tra noi, e di noi scrivesse e cantasse, Giosue Carducci. Eppure, anch' egli il fiero e grande poeta della Canzone di Legnano non ci risparmio un vivo do-lore: ch6, quando volle accogliere nelle sue Letture del Ri-sorgimento italiano'') il famoso articolo su La Patria degli italiani, del nostro Gian Rinaldo Carli, 1' attribui senz' altro a... Pietro Verri. Ahimč, sempre a noi tenacemente avverso il destino! Avevamo guadagnato un insigne amico e perduto il piii memorabile squarcio di prosa istriana! Ma i dl peggiori, come si disse, erano ormai finiti: una nuova e piu felice epoca s' iniziava per noi. I segni della resipiscenza dei fratelli furono dapprima incerti e rari; poi, acquistarono sempre piu di vigore, divennero sempre piii fre-quenti. Oggi, essi spesseggiano in modo da consolare veramente; e piu, se Dio vuole, spesseggeranno in avvenire. Non lo si crederebbe: eppure il campo in cui con maggiore accanimento si decretč finora, di 1& dall'Adriatico, 1' ostra-cismo agli uomini e alle cose nostre, fu quello delle lettere. ') Dizionario corografico deli' Italia compilato per cura del prof. Amato Amati ecc.; Milano, Vallardi. La pubblicazione ne incomincio nel 1866. 2) Cfr. Carlo Combi: Istria, studi storici e politici; Milano, Bernardom di C. Rebeschini e C., 1886, pgg. 250-272. II discorso fu tenuto dal Combi nel dicembre del 1877. 3) Dapprima nella Nuova Antologia (gennaio-marzo-giugno 1879); poi nel volurne La Venezia Giulia, studii politico-militari di Paulo Fambri ecc., con prefazione di Ruggiero Bouglii; Venezia, Naratovich, 1880. 4) Noto, per incidenza, che 1' errore e stato mantenuto anche nella ristarnpa postuina di quest' opera, uscita in Bologna ^Zanichelli) nel 1912 (cfr. pg. 10). S' intende di dire con ci6 che durante 1' intero ultimo secolo s' 6 tutt' altro che tenuto nella debita considerazione, nell' odierno Regno, quanto Trieste e 1' lstria hanno prodotto e producono in fatto di lettere. Ma qui forse la colpa e divisa: giacchfe se dalla parte dei connazionali regnava verso di noi quell' apatica insensibilit& che giti fu notata, dalla nostra imperversava una strana incapacitž, d'editori e una piu strana ritrosia d'autori. II vero 6 che quanto usciva per le stampe nelle terre nostre s' arrestava inesorabilmente al loro confine, come dinanzi a una nuova muraglia cinese. Volete un esempio ? In nessuna delle storie letterarie italiane, in nessuna raccolta di fonti bi-bliografiche compilata nel Regno') troverete registrati la Biografa 2) dello Stancovich e il Saggio di bibliografia istriana 3) del Combi, due opere, come si sa, di capitale importanza per chi voglia conoscere le condizioni della nostra eultura passata e presente. Dir6 di pili: non trovava diffusione presso i fratelli nemmeno ci6 che si scriveva, di quando in quando, da qualche singolo generoso, sul conto nostro entro gli stessi termini politici d' Italia. Un esempio veramente classico ce lo forniscono a questo proposito le bellissime Lettere sull' lstria i), deli' abate Iacopo Bernardi; le quali furono non pur pubblicate, ma ven-dute tutte quante in lstria. E vorrei scommettere che anche i Letterati triestini5) di Giuseppe Picciola, uno degli scrittori nostri che con piu successo s' adoprarono a farci conoscere di 1 k dal confine e a tener sempre desta verso di noi 1' attenzione del Carducci, bench6 scritti in giorni a noi molto prossimi e maggiormente propizi, hanno avuto piu smercio e piu fortuna nelle nostre terre che nel Regno. ') Nemmeno nell' eccellente e tanto diffuso Avviamento allo studio critico delle lettere italiane dello stesso Mazzoni (Firenze, G. C. Šansoni, MCMVII2). ') Biografia degli uomini distinti deli' lstria del can. don Pietro Stancorich da Barbana; seconda edizione con saggio di annotazioni; Ca-podistra, Carlo Priora, 1888. La prima edizione, in tre volumi, usci a Trieste dal 1828 al 1829, editore il Marenigh. s) [Carlo Combi]: Saggio di bibliografia istriana, pubblicato a spese di una societa patria; Capodistria, G. Tondelli, 1864. *) Lettere sull' lstria di Iacopo Bernardi, vicario capitolare della dio-cesi di Pinerolo; Capodistria, G. Tondelli, 1866. 5) Giuseppe Picciola: Letterati triestini; Bologna, Zanichelli, MD-CCCXCIV2. Si misuri da tutto ci6 il merito di chi, come ora appunto il Mazzoni, facendola una buona volta finita affatto con la trista tradizione italica d' oblio e di noncuranza a nostro ri-guardo, fraternamente s' occupa di noi in un' opera di ecce-zionale importanza e rende piena giustizia a quanti con amoroso trasporto coltivarono nell' ultimo secolo in queste travagliate terre le lettere italiane, uniche indigene. III. Abbiamo noi a Trieste e in Istria trattazioni sicure ed esaurienti delle vicende delle lettere paesane nel secolo XIX, dalle quali il Mazzoni potesse attingere con piena tranquillit& d' uomo di studio e con la matematica certezza che nulla sa-rebbe rimasto celato alle sue pazienti investigazioni? No; lavori di questo genere da noi non esistono. Possediamo, si, le Notizie degli istriani viventi nel 1829 dello Stancovich, arricchite di copiose note da Felice Grlezer che le die fuori nel 1884 e i surriferiti Letterati triestini del Picciola, usciti nel 1894; ma non sono, in verit&, scritti da potersene giovare con particolar frutto uno storico scrupoloso ed esatto; le prime perchš sche-letriche fin troppo e fin troppo prive di critica, i secondi perch6 soverchiamente sintetici e composti (furono, in origine, una conferenza) con intenti piu che altro divulgativi. Restano i libri del Caprin, specie I nostri nonni2) e Tempi andati3) \ due volumi che magistralmente trattano la storia culturale e aneddotica di Trieste dal principio fin oltre la met& del secolo scorso, ma che di letterati e di letteratura toccano, salvo qual-che rara eccezione, solo in via accessoria e subordinata, e non piu di quanto occorra a non turbare 1' armonia complessiva del quadro delineato dali' autore e la rispondenza reciproca delle varie parti di esso 4). Notizie degli istriani viventi nel 1829, dislinti per lettere, arti ed impieglii, del can. Pietro Staneovich di Barbana, pubblicate per cura del Dr. Felice Glezer di Rovigno; Parenzo, Gaetano Coana, 1884. 2) Ginseppe Caprin: I nostri nonni, pagine della vita triestina dal 1800 al 1830; Trieste, Caprin, 1890«. 3) Griuseppe Caprin: Tempi andati, pagine della vita triestina (1830-1848); Trieste, Caprin, 1891. 4) Sicure, se non copiose, notizie su alcuni fra i principali letterati triestini e istriani del secolo scorso sono pure in Ugo Sogliani: Tre pre-cursori; Trieste, Levi e C., 1875. Con molto profitto si puo spigolare anche in Atlilio (ientille: II primo secolo della Societa di Minerva (1810-1909); Trieste, G. Caprin, MCMX. Ne vanno trascurati i Gvanellini di sabbia del dott. Lorenzo Lorenzntti; Trieste, Lloyd, 1907. Tocc6 dunque al Mazzoni, anche per ci6 che spettava al movimento letterario triestino e istriano nell' ultimo secolo, ricorrere alle monografie e agli scritti particolari, non scarsi, 6 vero, nemmeno da noi, ma alle volte ben difficili a rintrac-ciare e pili ad avere tra mano per usarne. Alla quale fatica tutt' altro che lieve, massime per uno che non sia nato, o al meno lungamente vissuto, nelle nostre terre, egli, conscio che altrimenti avrebbe fatto opera vana e lacunosa, con lieto cuore e volonteroso animo si sobbarcb. Di che noi dobbiamo schiet-tamente lodarlo ed essergli grandemente tenuti; tanto piu che non pu6 mancarci la certezza che qualunque altro men di lui caldo amico nostro avrebbe ben volentieri cansato un travaglio della cui necessite nessuna costante tradizione, nessun buon esempio lo poteva far persuaso. E chi voglia anche qui una testimonianza del contrario, veda qual conto abbiano fatto d i noi gli altri scrittori della Collezione Vallardiana'). Naturalmente, tutto quanto il minuzioso lavoro di prepa" razione che mise il Mazzoni in grado di discorrere con sicura competenza delle nostre condizioni letterarie nei secolo scorso non traspare che in minima parte dal testo: chi lo voglia co-noscere, deve farne ricerca a suo luogo nelle copiosissime note bibliografiche, provenienti da uno schedario che merita-mente gode farna di rara compiutezza e precisione fra tutti gli studiosi d' Italia, e dal quale vennero preziosi aiuti non al Mazzoni soltanto. A dare un' idea della irreprensibile eccellenza di quelle note, sia qui rilevato unicamente il fatto che in esse compaiono precise e dettagliate notizie financo dei periodici e delle riviste ') Un esempio: dal Concari (II Settecento) Gian Rinaldo Carli k a mala pena nominato, per ineidenza, a proposito di Pietro Verri. N6 molto meglio ci trattano i collaboratori dell'altra collezione letteraria vallardiana, quella dei Generi letterari italiani. Enrieo Car rara, p. e. (La poesia pasto-rale), ignora, la dove discorre de II Pastor Fido e la sua progenie, le Selve ineoronate di Ottonello de Belli, letterato non rimasto ignoto, fuori d'Istria, ne al Tiraboschi, ne al Mazzuchelli, nš al Ginguene, e che 6 certo uno dei migliori epigoni del Guarini. Chi instancabilmente s' occupo, finche visse, a rilevare (massime dalle colonne della Provinda dell'Istria) gli errori e le omissioni di cui si rendevano colpevoli a nostro riguardo i fratelli d' oltre confine, fu Paolo Tedeschi, certe sfuriate del quale sono rimaste memo-rabili e devono aver avuto «savor di forte agrume» per coloro contro i quali erano dirette. nostrane, dali'Archeografo Triestino agli A t ti e memorie della Societd istriana d' archeologia e storia patria, dn\l'Istria del Kandler alla Favilla del Madonizza e deli' Orlandini, dalla Provinci a deli' Istria alle Pagine Istriane 4). Toccate cosi con mano le varie e gravi difficolt& che il Mazzoni incontrd nell' occuparsi delle cose nostre, e animirata 1' abile tenacia e il volonteroso affetto onde seppe ad una ad una superarle, passiamo ora a vedere quale a lui si presenti e come egli giudichi 1' attivitž dei letterati triestini e istriani del secolo decimonono. IV. »Domenico De Rossetti, triestino, vissuto dal 1774 al 1842, benemerito, tanto della coltura italiana nella citta sua e nel-1' Istria, quanto in particolare degli studi petrarcheschi, pubblico a Milano dal 1829 al '34 tre volumi delle poesie latine del padre deli'Umanesimo, e a fronte del testo pose versioni di trenta poeti viventi o defunti da poco. Quasi in una rassegna della schiera de' Classici vi si notano l'Arici, il Mezzanotte, il Salvagnoli Marchetti, il Gargallo, il Perticari, il Roverella, il Ricci, il Cavalli, il Biondi, il Mancini, il Barbieri, 1'Albarelli Vordoni, la Franceschi Ferrucci, altri ancora* 2). Questo il ritratto che, ne' limiti consentitigli dali' economia generale deli' opera, il Mazzoni ci schizza alla brava di colui che fu il primo araldo deli' italianit& e il rinnovatore indefesso e acceso degli studi eruditi e patri in Trieste ali' alba del secolo scorso; ed 6 ritratto che il Mazzoni felicemente compie pili oltre (pg. 1165), chiamando il Rossetti «animoso e dottissimo» e facendo cosi quasi eco alle sentite parole che Giacomo Leopardi scri-veva nel '25 da Milano al cugino Francesco Cassi, dopo aver ivi conosciuto di persona il Rossetti3), che allora appunto, come si sa e come anche il Mazzoni ricorda *), lo richiese della Pg. 1475 (seconda nota). 2) Pg. 373. 3) Non dispiaccia che qui si riproducano, meritevoli come sono della maggior diffusione: «Ho avuto occasione di conoscer qui un dottor Rossetti triestino, uomo molto dotto e pregevole.... Ha in Trieste una biblio-teca petrarchesca copiosissima e una gran raccolta di ritratti del Petrarca e di Laura» (Cfr. Epistolario di Giacomo Leopardi; Firenze, Le Monnier, 1907, vol. II, pg. 24). *) Pg. 524. volgarizzazione di una epistola del Petrarca, da inserirsi nella raccolta che gia conosciamo; volgarizzazione che poi il Leopardi mand6 incompiuta al Rossetti e fu messa in luce appena dal Viani1). Accanto al Rossetti, sčguita il Mazzoni, «segneremo il nome del suo discepolo e prosecutore Pietro Kandler, 1' archeo-logo istriano (vissuto dal 18052) al 1872) che la mirabile eru-dizione avvivo di affetto nella Storia del Consiglio dei patrizi di Trieste e in tante altre sue prose, e anche piu meritb col suscitare e col sospingere altri agli studi italiani in quella sua regione minacciata da Tedeschi e da Slavi« 3). Molto ben detto e cort chiara idea di ci6 che fu il Kandler per noi e per la vita nostra intellettuale e civile. N6 ad alcuno parra esagerato o fuori di luogo quanto il Mazzoni soggiunge, a dare un com-piuto quadro della nostra degnissiraa e non raai interrotta tra-dizione erudita, in coloro che piu altamente la impersonarono: «Ai due, degno di loro e a loro superiore per felice contem-peramento di rare qualit& [segue?] il vivente Attilio Hortis«4). Uscendo dai ristretti confini della nostra regione, il Mazzoni s' imbatte in un altro studioso triestino degno di ricordo, anzi di «un luogo speciale* addirittura5). E' questi Samuele Romanin; e il luogo speciale gli spetta «per la sua importante Stot "ia documentata di Venezia, non retorica, non tlaccida, ben fondata sui documenti, imparziale. Vi si accinse nel 1847, la pubblico dal 1853 al 1861; e le si devono connettere le Lezioni di storia veneta edite postume nel 1875». La lode non 6 davvero piccola, come si vede, ma (e sta a comprovarlo anche il fatto della recente ristampa 6) della Storia documentata di Venezia) tutt' altro che immeritata. Non certo minori d' importanza agli storici e agli eruditi furono, nel secolo XIX, a Trieste e in Istria i cultori del piu 4) Prospero Viani: Tre scritti di Gicicomo Leopardi par te inedili par te dispersi; Genova, Tip. de' Sordomuti, 1853. Fu ristampata nell'edizione delle | oesie del Leopardi curata dal Chiarini; Livorno, Vigo, 1869. ') Verainente, il Kandler nacquc nel 1804 (23 maggio). 3) Pg. 1489. 4) Pg. 1490. 5) Pg. 1167. 6) Samuele Romanin: Storia documentata di Venezia. II ediz. ristampata sull' unica pubblicata (1853-61); Venezia, G. Fuga (G. Scarabellin); 1912. Ne sono usciti finora quattro volumi. elevato e nobile genere letterario, voglio dire della poesia; anch' essi, oltre e prima che sacerdoti deli' arte, fieri antesignani e streliui assertori, cosi negli atteggiamenti della vita che negli spiriti del verso, della incontaminata italianit& della loro terra. Qui pure il Mazzoni si sofferma in particolar modo su tre nomi, e sono quelli, di farna, possiamo ben dire, non pur triestina e istriana, ma italiana, di Pasquale Besenghi degli Ughi, di Giu-seppe Revere, di Giuseppe Picciola. II Besenghi, che fu forse il letterato nostro nel quale meglio si fusero e contemperarono le tendenze classiciste e romantiche, 6 studiato anzi tutto dal Mazzoni come poeta di favole satiriche e burlesche l). Si sa che il Besenghi compose i suoi Apologhi in gioventu (la stampa ne usci il 1828), a sfogo del disgusto che avevano suscitato nel suo impetuoso e intol-lerante animo certe figure e certe coudizioni della Trieste d' allora. Son cose eccessive e, come tutte le satire personali, poco convincenti; ma molto ben architettate, franche di stile, pure di lingua, formidabilmente aguzze nelle punte destinate a ferire. Al Paravia, come anche il Mazzoni ricorda, il Besenghi medesimo confessava (ma con un'attitudine di abbandono e di modestia della quale convien forse un pochino diffidare), che il soggetto di quelle sue «fanfaluche», che aveva dettato un po' per esercizio di lingua e un po' per trarre spasso di certuni che gli davano noia, era povero e disgraziato. Tutto considerato, il Mazzoni giunge alla conchiusione che il Besenghi «meglio fece nella poesia seria». Senza ekubbio. Ma neanche gli Apologhi son da buttar via; e il perche s' b detto. Or ecco come il Mazzoni parla delle poesie serie del Besenghi : «Dal Parini mosse nell' ode L' amore, diretta al Cre-scini, e in altre....: poi lo fe' suo il Leopardi, e nobile deriva-zione di questo 6 la canzone libera Argo, del '29, sulle rovine della citta regale dove il poeta vide rosseggiare 1' oblioso pa-pavero e distendere le reti il pescatore: tra le altre poesie con-generi si noterii Un' or a, del '40, pochi versi espressivi. Per una sua canzone nuziale, leopardiana, si confessava a questo modo nel '33: «osai dettare una poesia per nozze, senza far ricorso alle pastorellerie deli' Arcadia: parlai di nozze senza volerne sapere di nessuna mitologica inezia. Vedete colpa che Pg. 646. d la mia! Del resto io non negherd che non ami il genere ro-mantico». E dichiarando il pensier suo, prosegue col dirsi di-sposto a chinar la fronte al potente intelletto di Victor Hugo, ma tutto aprire il cuore alla religiosa musa del Lamartine, e prediligere quel saggio Romanticismo che a noi aveva dato il Manzoni, il Grossi, il Torti, il Carrer. Nelle lodi dei quali univa, col Leopardi, il Giordani «scrittore, se altri mai, effica-cissimo, cuore non agghiacciato dalle minuzie grammatichesche, ma tutto informato al sentire e allo scrivere de' grandi nost.ri». Dove si ha esplicito il riconoscimento della concordia cui le due scuole si andavano inevitabilmente affrettando« '). Giudizi molto felici e che da soli dimostrano aver visto il Mazzoni assai acutamente nell' arte e nel pensiero del Besenghi. 11 quale, se anche fu, pih che altro, un solitario e un misantropo, pur non disdegnč, idolatra com' era deli' italianiti del suo paese, di efflcacemente cooperare, ne' suoi anni migliori, a far si che si ridestasse la sopita coscienza nazionale e politica di Trieste. E nemmeno questo lato, per lui tanto onorevole, della sua at-tivitži 6 sottaciuto dal Mazzoni, che ha insieme occasione di passare in rassegna gli altri letterati non triestini di nascita che compirono, innanzi il '48, a Trieste opera indefessa e non vana di elevazione intellettuale e civile: «a Trieste, dal '36 al '46 fu accesa e alimentata, con isperanza che gran fiamma la secondasse, La Fcivilla, cui in particolar modo collaborarono il Dali' Ongaro, il Gazzoletti, il Somma, il Besenghi degli Ughi2), Pacifico Valussi, con irradiamento di luce civile. Da Torino il Valerio la salutava, augurando che quel modello fosse imitato in ogni altra provincia italiana» 3). Tutto bene; se anche possa rincrescere a noi il fatto che il Mazzoni dimentichi il suscitator primo della Favilla, il capodistriano Antonio de Madonizz« 4), ») Pg. 670. a) II Besenghi, veramente, per ragioni che qui non accade rammen-tare, fu uno dei meno assidui collaboratori della Favilla. ') Pgg. 974-975. 4) 1806-1870. Su lui, purtroppo, non possediamo nessuno scritto par-ticolare. Parecchi ma superficiali gli articoli da varie parti raccolti in occasione della sua morte dalla Provincia ecc. (a. IV, n. 18: 16 settembre 1870) e ristampati nell'opuscolo ln morte di Antonio nob. de' Madonizza; Capodistria, G. Tondelli, 1870. Per iniziativa di alcuni cittadini di Capo-distria (cfr. La Provincia, ecc. a. IV, n. 20: 16 ottobre 1870), si dovevano raccogliere le sue lettere, molte, bene scritte e per varie ragioni notevoli. Ma nulla fu fatto. Perchš? Le sole lettere sue a stampa restano cosl quelle pubblicate dal Caprin (Tempi andati, Trieste, Caprin, 1891; appendice). anch' egli tempra forte e vera di scrittore, patriotta intemerato, amicissimo del Besenghi, ch' ebbe da lui i primi cenni biogra-fici4), e di quell' integro cittadino e dotto storico che fu il friulano conte Prospero Antonini2). Singolarmente bello di profouda equit& critica il giudizio che il Mazzoni porta sul Revere. Riconosciuto che questi, come il Prati, che tanto gli era amico e per tanti aspetti gli asso-migliava, fu ingiustamente negletto dai sopravvenuti, soggiunge: «ben altro gli meritavano, oltre che 1' arte, le persecuzioni e 1' esilio che aveva sofferto per 1' Italia, con parte viva anche nelle Cinque giornate; nfe avrebbe dovuto per giustizia troppo nocergli 1' irrequietudine patriottica onde era stato punito dal Manin e dal D'Azeglio. Ma convien soggiungere che nelle prose, nei drammi, nelle liriche, fu soltanto a tratti felice, mentre pur offriva da per tutto segni palesi di rare qualit&, umorismo e nerbo: o certo gli nocque quella sua vanita, del resto inno-cente, che Io rendeva proclive cosl a vazitar sš come a bron-tolare contro gli altri. Predilesse il sonetto, e ne fece de' belli e robusti, insegnando qualcosa per esso metro anche ali' amico Prati. Quando si rammaric6: Ho maestri che a me furon scolari, ed obbedisco a chi venla chiedendo a me il pensiero, e forse la parola, ingrandiva 1' opera propria, ma non mentiva; come troppo si largheggiava di lode, ma non senza un fondamento, quando si vantava parente di Arrigo Heine »maestro dello scherno». Dalle sue raccolte Sdegno ed afjetto (1845), Nuovi sonetti (1846), I Nemesii (1851), Persone ed ombre (1862), Osiride (1879) si potrebbero trarre alcune diecine di sonetti che gli farebbero nuovo onore, rimessi in luce fuori dal troppo e dal vano, con la maesirevole vigoria del concetto e dello stile; mordenti e ben torniti, o severi* 3). Parole di nuova, se anche men aperta e men larga, lode ha il Mazzoni a proposito del Revere prosatore. «L' arguzia umoristica*, egli afferma, «e quasi continua nei Bozzetti alpini e nelle Marine e paesi che il Revere pubblic6 nel 1857 e '58, allettato dai Reisebilder i) «Pasquale Besenghi degli Ughi», in Popolano deli' Istria (Trieste), 1 ottobre 1850. 8) Cfr. (J. Caprin, Tempi andati, loc. cit. 3) Pgg. 675-676. del Heine, «suo venerato e lontanissimo cugino, miracolo d' iro-nico dolore e di poesia*, col quale si piacque di porsi da s6 stesso in confronto particolareggiato. Le Alpi piemontesi e la Riviera ligure porsero al Revere occasione a ragionamenti e descrizioni di maggior vivacita che non al Torelli le valli e le balze piemontesi e lombarde: «scene sparse, dialoghi, soli-loqui, gruppi, figure sole; son cose che a voi riescono* gli scriveva, esortandolo a proseguire, il Tommaseo. E convien dire che la dicitura 6 piu purgata e polita nel triestino che nel novarese. Per altro, tratti buoni non sono sufficenti a salvare volumi interi che sieno formati, come son questi, di parti tenute assieme soltanto dal filo di chi a bella posta va divagando ed espone le proprie divagazioni agiatamente. Troppo spesso non mette il conto di starlo ad ascoltare. Onde sembrerfi eccessivo di encomio il giudizio del Guerrazzi su Marine e Paesi,non aver egli visto da molti anni un libro che potesse paragonarsi a quello in altezza di lingua purissima* '). Anche piii a lungo che del Revere poeta e bozzettista di-scorre il Mazzoni del Revere drammaturgo. Ma non per pronun-ciare giudizi eccessivamente favorevoli: «Se non danno nel pe-dantesco, i drammi del Revere hanno del soverchio e percio del fiacco; e mancando loro un' intima poesia, hanno altresl, nella larghezza, dell'arido». Anche al Romani non andavano giu i criteri e i propositi drammatici del Revere; tuttavia, obietta il Mazzoni, la critica di lui fu troppo «agevole e sbagliata; alla Don Ferrante, diremmo, quando il brav' uomo sillogizza sulla peste: eppure non e lecito, per quanta stima si faccia deli' ingegno e della cultura del Revere, concludere che i suoi drammi sono belli, quando non palpitano di vita mai» 2). Ad ogni modo, cid che nei drammi del Revere v'6 di fortemente immaginato e di originalmente voluto, li salva e salverži ancora per un pezzo dali' oblio. Quanto a Giuseppe Picciola, che fu, senza alcun dubbio, nel secolo scorso, oltre che il nostro piu fine e armonioso poeta (poeta in tutta 1' estensione del termine, e in ogni sua cosa), il prosator nostro meglio dotato d' eleganza, purit& e buon gusto (non per nulla egli usciva dalla grande scuola carducciana, maestra ali' Italia di profondo rispetto ali' arte), il Mazzoni, che *) Pgg. 460-461. 2) Pgg. 887-888. gli fu, sin dagli anni universitari, intimo e affezionato amico, 6 breve; sia perchč tema che 1' affetto trovi modo di pesare sul giudi/rio critico, sia perch6 debba oecuparsi di lui, allora allora scomparso, proprio nel momento di chiudere 1' ultimo capitolo e il libro: «Spirito elegante e per alcuni sentimenti sempre disposto ali'entusiasmo, fu dei piu cari tra i discepoli del Carducci, e lo esaltd, e caro discepolo fu al Teza. Bei discorsi, specialmente d'argomento patriottico, gli procacciarono negli ultimi anni giusta stima di oratore; delicate poesie giili gli avevano procacciata stima, forse minore al merito. Bene-merenze non lit vi ebbe verso la scuola media, con libri e pili con 1' opera; molte ne ebbe per la causa di Trieste e della sua Istria, che si onorava di averlo nobile ed eloquente cara-pione, con 1' Hortis, col Pitteri, col Rossi, con S. Benco, A. Boccardi, Ida Finzi (Haydee) ed altri valenti nell' erudizione, nell'arte, nel giornalismo» 4). Piu diffuso e preciso giudizio del Picciola poeta il Mazzoni in altro suo scritto recente, e mi piace riferirlo, giacchč il Picciola non par goda ancora in patria (a giudicare almeno da certi nuovi dispregi giornalistici) tutta la stima e 1' ammirazione che legittimamente gli spetterebbero: «Conoscitore coltissimo della lingua nostra, e pii anche sottile e destro a valersene per istinto, pochi, non solo della sua re-gione nativa, ma anche di qualsiasi altra terra italiana, valsero, nella nostra generazione, quanto il Picciola a ricavarne effetti nel verso per le confessioni e per le affermazioni deli' amore alla famiglia e alla patria*. E piu oltre: <11 nome del Picciola entrerž, onoratamente nella storia particolareggiata della nostra poesia, sia pure tra quelli dei minori, come di un puro e squisito interprete del rinnovamento che, mosso dal Prati e dal Carducci, sali alle altezze spesso sovrane del Pascoli e del D'Annunzio»2). Pgg. 1301-1302. 2) Per Giuseppe Picciola — nel primo anniversario della sua morle — ■il R. Liceo Galileo Galilei di Firenze — e il Comitato fiorentino della Societa nazionale Dante Alighieri; in Firenze, Tip. Giuntina (1912); pgg. 42-43. Ne gran che diverso opina sul conto del Picciola poeta e prosatore Francesco Flamini: ...«le rime ch'egli s'indusse via via a dare in luce, per la finezza con cui sono lavorate, per la grazia deli' immaginare e 1» vivacitA. del sentire, c' inducono ad esprimere il voto, che, raccolte ed unite alle altre inedite, da lui composte in questi ultimi anni, escano ben presto, tutte insieme, ad attestare il pregio non caduco della sua arte castigata e sincera Fra le prose del Picciola, auche di soggetto critico e storico, alcune sono veramente delle piu squisite che sian state scritte in Italia dopo il Carducci« (Cfr. la Rassegna bibliografica della letteratura italiana, a. XX, n. 7-8: 31 luglio—31 agosto 1912,'pg. 256). Figura alta e nobile da quanto quelle del Besenghi, del Revere e del Picciola, Leone Fortis: figura di ardente patriotta, di precoce drammaturgo, di abile giornalista. Nato nel 1824 a Trieste, il Fortis (che da noi 6 molto poco conosciuto) mori a Milano nel 1898 f), dove era tra i pili operosi e autorevoli pubblicisti e dove lasci6 gran desiderio di s6. Come il Mazzoni rammenta, il Fortis in giovinezza fu scrit-tore di drammi. Gi& nel 1847, ciofe ventitreenne, compose «in-sieme con un condiscepolo deli' UniversitA padovana un dramma di tinte fosche, La duchessa di Praslins; e, anche dopo le forbiciate della censura, offerse, con alcune scene, tale un pre-testo alle dimostrazioni che fu carcerato, e quindi confinato nella sua cittži natale, dove naturalmente fece contro 1'Austria di peggio... Rimonta al '50 il suo dramma, del pari in prosa, Camoens o Poeta e Ministro, di cui egli disse da vecchio essere stato il lavoro di un giovane »che sentiva 1' ambiente artistico deli' epoca con una sensibilit& barometrica*, tale per ci6 da seguire per qualche anno la fortuna del genere cui apparte-neva e da sparire con esso. Del '52 pur esso in prosa, C,uore ed Arte, impastato alla francese con bravura, e ascoltato allora, e quindi a lungo, sino ai dl nostri, con molti applausi... II Fortis venne da tali fantasie tra il romanzesco e il filosofico ad ar-gomenti sociali con Fede e Lavoro (Industria e speculazione), che 6 del '54, non ritrovando in s& stesso tanto da soddisfare ali' aspettazione grande, dopo Cuore ed Arte che era sembrato pili originale e bello che non fosse» 2). Scrittore d' articoli con lo pseudonimo di Doctor Veritas, il Fortis «and6 quasi settimanalmente discorrendo dei časi civili e letterari in reputate riviste». Se non che «rimase, senza paragone inferiore nella saldezza delle idee direttive, nella coltura, nelle qualit& stilistiche, al Camerini, al Tenca, al Bonghi; tale nondimeno da non doversene tacere pel consenso che seppe acquistarsi e lungamente mantenersi, forse anche con quel suo buon senso quasi volgare, certo col dire spigliato»3). V. Oltre al Rossetti, al Kandler, al Romanin e all'Hortis, e oltre al Besenghi, al Revere, al Picciola e al Fortis, il Mazzoni ') In alfcra parte del libro (pg. 1189) il Mazzoni, ha, erroneamente, 1896. l) Pg. 944. 3) Pgg. 1189-1190. registra nei suo Ottocento, con ricchezza un po' minore di ragguagli, i seguenti scrittori nostri: i fratelli Giulio e Bernardo Trento, Giuseppe Lugnani, Vincenzo de Castro, Samuele David Luzzatto, Francesco Cameroni, Adalberto Thiergen (Tito Dela-berrenga), Demetrio Livaditi, Filippo Zamboni, Paolo Tedeschi, Giovanni Moise, Giglio Padovan, Giuseppe Caprin, Marco Ta-maro. UjI I nomi di Giulio e di Bernardo Trento') »uoneranno nuovi ai piu fra gl' istriani. E non a torto I due fratelli difatti ab-bandonarono ragazzi la natale Parenzo e 1' Istria, prendendo stabile dimora nei Veneto, che non lasciarono piti; n& alcuno penso mai a rinfrescarne tra noi la memoria. Giulio, che altri gi& studi6 come epigono del Parini, 6 ricordato dal Mazzoni come buon traduttore della Catilinaria di Sallustio 2); Bernardo come traduttore, in isciolti «di eccellente fedeM, se non d' in-signe virtii poetica», delle difficili Georgiche virgiliane e del Parto della Vergine del Sannazaro 3). Del capodistriano Lugnani (1793-1857), infaticabile trage-diografo e pifi infaticabile produttor di versi dinastici e occa-sionali, bersaglio prediletto agli acuti strali della feroce satira *) Al Combi (cfr. il citato Saggio di bibliografia ecc., pg. 382, n. 2782) 6 noto soltanto il maggiore dei due fratelli, Giulio, (1732-1814), per il quale rimanda al de Tipaldo (Biografia degli italiani illustri nelle sciense, lettere ed arti del secolo XVIII e dei contemporanei; Venezia, Tip. di Al-visopoli, 1837; vol. V, pgg. 437-440). Su lo stesso Giulio chiese indarno notizie A(nteo) G(ravisi) dalle colonne deli' Unione (Capodistria, a. I, n. 6: 25 dic. 1874). Primo a esser tratto dali' oblio fu Bernardo (1743-1836), per opera di Antonio Marenduzzo {La versione delle Georgiche di Virgilio di Bernardo Trento; studio critico-eomparativo; Trani, Vecchi, 1898). Poi s' occupč di Giulio il Serena (Un altro epigono del Parini; per nozze Fa-varo-Schenk; Treviso, Turazza, 1903. Vedine recens. di B. Ziliotto in Pagine Istriane, a. III (1905), n. 4-5, pgg. 117-118; e ristampa in Varieta Letterarie di Augusto Serena; Milano-Roma, Albrighi e Segati, MCMXI; pgg. 159-171). Tomo finalmente a scrivere di Bernardo il Marenduzzo (Di una versione del Parto della Vergine di Iacopo Sannazaro; Trani, Vecchi, 1904). II Babnder, nei suo Cenno critico sopra alcuni traduttori italiani delle Georgiche (Atti deli' i. r. Ginn. Sup. di Capodistria; Capod., Appo-lonio e Caprin, 1875; pg. 47, nota), cita fra i traduttori delle Georgiche anche Bernardo Trento, ma ne ignora la qualit& d' istriano. Derivazione diretta dal de Tipaldo e 1' articolo su Giulio Trento che leggesi nei Wnrz-bacli (Biographisches Lexicon etc., Wien, Hof-u. Staatsdruckerei, 1883, vol 47, pgg. 163-165). 8) Pg. 138. 3) Pg. 377. besenghiana, scrittore e uomo di dottrina a' suoi di celebrato tanto da ispirare odi apologetiche alla feconda musa del conte Bennassu Montanari'), il Mazzoni non s' occupa che di passata: solo quel tanto, cio6, che basta per ricordare una tragedia di lui, Steno e Contarena, che i maligni dicevano esser servita di modello al Niccolini per la composizione deli'Antonio Fosca-rini 2). II Niccolini, si sa, potfe dimostrare con argomenti deci-sivich'egli aveva ignorato persino 1' esistenza del Lugnani; e la sciocca diceria fini'). E fini anche la non ben sorta notoriet& del Lugnani, che, ad ogni modo, sarčt sempre ricordato a Trieste e in Istria come operoso ed integro direttore, dal 1840 al '55, delllAccademia triestina di commercio e nautica4). Fugace, forse, un po' troppo 1' accenno che il Mazzoni dediča al piranese Vincenzo de Castro (1808-1886)5), che fu, oltrechš direttore del periodico genovese II giovinetto italiano (periodico che il Mazzoni giudica buona prosecuzione delle Letture popolari del Valerio), garbato poeta (6 suo il famoso sonetto, inneggiante a Trieste, «0 deli' adriaco mar Tiro no-vella»)6) e ragguardevole pedagogista. Fatalmente, pero, il nome suo fu ben presto offuscato da quello del di lui figlio Giovanni (nato e vissuto sempre nel Regno), l'insigne illustra-tore del Settecento milanese e lombardo, il dotto continuatore della Storia d' Italia del Franchetti. Quanto al triestino Samuele David Luzzatto (1800 1865), il Mazzoni, con evidente simpatia, rammenta che predomind sugli israeliti liberali raccoltisi intorno L' educatore israelita, ') Cfr. Strenna triestina; anno III(1841); Trieste, G. Marenigh, 1841, pgg. 156. *) Pg. 444. 3) Cfr. La Provincia ecc. (a. III, n. 20: 16 ott. 1869): «Niccolini e Lugnani', di P(aolo) T(edeschi). *) Sul Lugnani, per il quale il Mazzoni non rimanda a nessuna fonte, son da vedere : Cenni biografici di Gius. Volpi e Gius. de Lugnani, gia direttori deli' i. r. Accademia di commercio e nautica in Trieste, ri-stampati con note dal prof. d.r Francesco De Fiori, Trieste, Lloyd Austr., 1861 ; e il VVurzbacli (op. cit., vol. XVI, pgg. 150-152). 5) Pg. 1057. 6) Apparso la prima volta negli ormai introvabili Studii poetici di V(incenzo) Dr. de C(astro); Padova, Penada, 1838, pg. 86; dove 6 forse la parte migliore della produzione poetica del de Castro, che fu anche spigliato traduttore, in isciolti, delle Gemme delVAniieo Testamento di La-dislao Pyrker; Milano, Vallardi (s. a., ma 1850). e poi al Vessillo, al Pensiero, ad altri periodici politico-lette-rari. II Luzzatto fu «teologo, storico e poeta in ebraico.... Da lui quasi da maestro dipese, e con lui da amico disput6, Elia Benamozegh (nato a Livorno nel 1823, morto nel 1899), che molto scrisse di teologia, anche in francese ecc.» '). In altra parte deli' Ottocento, il Mazzoni cita, molto a proposito, il «se-vero ma generoso ammonimento« dato dal Luzzatto a Graziadio Isaia Ascoli giovanetto. Non sar& vana fatica trascriverlo: «Se volete, potete farvi un giorno altamente benemerito della lingua italiana. Se avete il coraggio di affrontare il riso dei beffardi, se consumerete le ore e le settimane dietro una minuzia, senza nemmeno trovare chi voglia apprezzare le vostre fatiche, se avrete la forza di lavorare per anni ed anni senza nulla pub-blicare, la vostra carta illustreri la patria» l). Bel tipo di poligrafo Francesco Cameroni (1806-1878), ve-neto di nascita ma triestino d'elezione, di sentimenti, di vita! Poeta vernacolo, compose, per le feste goldoniane del 1876, un Messaggio di Venezia a Trieste, che, recitato da lui nel Teatro Comunale (ora Verdi) di Trieste, fece chiasso; poeta in lingua e prosatore, collabord per piu anni alla iStrenna Triestina, di cui fu anche, sotto lo pseudonimo di Marcenio, 1' editore, e ad altri periodici; studioso di memorie patrie, curd nel 1883, insieme col Kandler, la stampa della Storia cronografica di Trieste dello Scussa, premettendovi una forbita biografia di quello storico; commediografo, compose parecchi lavori dram-matici e in dialetto {La vendeta de Ludro, p. es., che si ricollega alla nota trilogia del Bon) e in lingua, suscitando, come ricorda il Mazzoni, schietta ilarit& con la farsa, notissima, Funerali e dame, che fu accusato di aver rubacchiato da I denari della laurea di Luigi Ploner, con La giornata del corrispondente teatrale e con al tre allegre cose 3). Pien d'ingegno e di volont& di fare, tent6 i generi pili disparati: ma, frettoloso ed instabile, non riusci ad imprimere una durevole impronta nemmeno nel dramma, che pure fu la sua maggior passione. Resta tuttavia (il Mazzoni non lo dice, ma lo possiamo dir noi) il piu notevole commediografo triestino del secolo scorso. Molto somigli6 al Cameroni, poeta, novelliere, giornalista anche lui, Adalberto Thiergen, piu noto sotto lo pseudonimo ') Pg. 1193. ») Pg. 1230. ») Pgg. 947 e 950. di Tito Delaberrenga (1823-1858). Nella sua Trieste si ricorda ancora come direttore del Caleidoscopio e come autore di Marinella, lo pseudo romanzo storico triestino d' onde Pietro Welponer e Giuseppe Sinico trassero 1' omonima opera, che tanto furoreggi6, la sera della sua prima rappresentazione, al teatro Mauroner (26 agosto 1854). Nulla, naturalmente, di tutto cid nel Mazzoni, che si contenta d' accennare alle novelle che il Thiergen mise fuori a Trieste nel '53 e al suo romanzo storico Tofana (Venezia, '41), degnato di un esame critico da Carlo Tenca'). Un po' pili a lungo s'occupa il Mazzoni di Demetrio Li-vaditi (1833-1897), greco di origine ma triestino di nascita, oggimai poco meno che un dimenticato. Eppure, a' suo i bei tempi, non gli mancarono n& onori, nš feste, dopoehe uno scritto del Carducci lo ebbe additato ali' Italia come degno seguace del Leopardi prosatore e moralista, e lo Zanichelli si fu affrettato a stampargli le Operette umoristiche, satiriche e ftlosofiche. II Mazzoni, rilevato che il Livaditi era stato il fondatore, nella sua Trieste, de La Ciarla, «periodico che sotto forme scherzevoli contribul ali' italianit&», lo accusa di so-verchia tenerezza per il purismo, cosl da avere seguitato «sino ali' ultimo nella propaganda che il Carducci e i compagni suoi avevano, se non rinnegata, modificata fortemente nei modi e in parte negli intenti secondari», e giudica «una ripetizione ampliata della Diceria del Gargani> 1' opera in che il Livaditi avea raccolto e organato i suoi precetti letterari e stilistici: il Galateo letterario del secolo XIX, uscito da prima a Milano, nel 1877 l). Forse, il Mazzoni pecca di troppa severM verso il purista in ritardo; benchš, chi ben guardi, i suoi giudizi non appaiano privi di fondamento. A proposito di Filippo Zamboni (1826-1910), opportuna-mente il Mazzoni ricorda che il Carducci «lo stimo e am6 sino alla fine, sebbene egli, fervido ammiratore dei Giambi ed Epodi, ne respingesse, per disdegno delle idee politi che, le Odi barbare». E continua, benissimo: «11 Carducci gli menava buono tutto, per venerazione del 1848, in cui lo Zamboni combatte ') Pg. 844. A proposito del Thiergen, oltre i luoghi citati dal Mazzoni, vedi il "VVurzbacli (op. cit., vol. XLIV, pg. 228). *) Pg. 1121. bene nel Veneto e a Roma, e si studiava di pregiarne le tante prove poetiche e critiche, Roma nel Mille, poema drammatico, Gli Ezzelini, Dante e gli schiavi, zibaldone erudito, e il resto, dove quel bravo e vagante e stravagante uomo disperdeva dottrina ed entusiasmo* *) Ma forse il piu indefesso e versatile scrittore triestino nel secolo scorso fu Paolo Tedeschi (1826-1911), la cui lunga, av-venturosa, operosissima esistenza fu tutta un vigile apostolato intellettuale e patrio. Molto sentono Trieste e 1' Istria di dovergli, e piu sentirebbero, se 1' attivit& sua letteraria, giornalistica, sco-lastica e politica trovasse un amoroso illustratore. S'ingegna il Mazzoni di riconoscerne i meriti chiamandolo «zelante man-zoniano e patriotticamente fautore deli' italianit& della sua Istria» 2). Ma 6 poco. Uno scrittore che carteggi6 con Isidoro Del Lungo, che fu tra i primi, benchfe romantico in sostanza, a proclamare e a sostenere la grandezza di Giosue Carducci, ottenendo da questo replicate attestazioni di stima, che collabor6 nella Cultura di Ruggiero Bonghi, che fu maestro di Ada Negri, meriterebbe, se non isbaglio, un cenno un po' pii cir-costanziato e diffuso. Con molto belle e lusinghiere parole d& notizia il Mazzoni dell'abate Moise (1820-1888), 1& dove parla dei lunaristi: «Volle altri, in cambio di sollecitare 1' aiuto altrui, far tutto da s6, con un'impronta personale: e porgeremo in esempio la suc-cessione del Lunario istriano proseguito nella Strenna istriana che, sotto lo pseudonimo di Nono Caio Baccelli, and6 compi-lando dal 1873 al 1888 Giovanni Moise, il buon grammatico di Cherso* 3). Buono, si, ma anche, benchfe dal lato glottologico non del tutto inappuntabile, dotto e profondo; come pur il Mazzoni piii oltre riconosce, anteponendolo a Giuseppe Cor&4). 11 nome del nostro maggior poeta vernacolo, dell'«arguto» Polifemo Acca (Giglio Padovan; 1838-1896) segna il Mazzoni ali' ultimo momento, nelle note5); di Giuseppe Caprin (1843-1904) felicemente ricorda che «in libri adorni o curiosi* non meno di notizie che di disegni, e scritti con veneta grazia, *) Pg-. 1302. *) Pg. 1495, nota alla pag. 1291. 3) Pg. 1079. 4) Pg. 1192. 5) Pgg. 1490-1491, nota alle pgg. 623 e 1383. v, rvM »n > Mu!*/*! flU*\tU AHX4>k\J*tCAX A, ttfUtfi dipinse Trieste e 1' lstria* 4); di Marco Tamaro (1842-1905) af-ferma «che dellTstria illustrč dottamente le citta, e le castella*2). Accenna infine con sincera lode anche a Riccardo Pitteri3), a Cesare Rossi4), ad Elda Gianelli5), a Salomone Morpurgo-6), ad Albino Zenatti7) e a qualche altro vivente. N6 il Mazzoni tien conto solamente dei nostri scrittori: anche di alcune nostre pubblicazioni periodiche e di alcune nostre intraprese editoriali egli s' occupa. Vedemino gi& che non gli sono ignote n6 le nostre riviste di studi patri, n6 le strenne del Moise. Ora noteremo ch' egli fa cenno anche d' un Magazzinetto di scelte poesie e racconti8), che usciva perio-dicamente a Trieste, e della buona raccolta di classici italiani che Antonio Racheli diresse e cur6 a Trieste per la stamperia del Lloyd 9). Ma sarebbe stato opportuno ch' egli avesse fatto menzione anche della Strenna triestina, ch'io ricordai parlando di Francesco Cameroni, e che, durata dieci anni precisi, dal 1839 al 1849, si fregi6 non pure dei nomi dei migliori letterati triestini e istriani, ma anche di quelli, allora reputatissimi, del Dali' On-garo, del Carrer, del Prati (che in quei tempi aveva la debo-lezza di firmarsi de Prati), del Capparozzo, del Guadagnoli, del Maroncelli, del Valussi, del Gazzoletti, e fu da un arcigno cri-critico, Nicold Tommaseo, giudicata »delle meglio d' Italia* 10). Ci sarebbe del pari piaciuto non gli fossero rimaste ignote le Letture di Famiglia, l'ottimo e italianissimo periodico di amena letteratura edito a Trieste dalla stamperia del Lloyd per interi due lustri (1852-1861), cui non isdegnarono di collaborare *) Pg. 1246. 2) Loc. cit. ») Pgg. 1298, 1302. 4) Loc. cit. 5) Pg. 1285. e) Pg. 1291. ') Loc. cit. Dove pero non 6 fatto il nome del di lui fratello Oddone, anch1 egli profondo erudito e scrittore di polso. 8) Pg. 1079. Ho fatto indarno ricerca di questa pubblicazione. La stessa Biblioteca Civica di Trieste non ne possiede che un fascicolo, il quale pero non 6 altro se non . . . la Strenna triestina per il 1841, col frontespizio cangiato. 9) Pg. 1070. 10) Cfr. Intorno a cose dalmatiche e triestine, scritti di Niccolit Tom-masžo; Trieste, I. Papsch, 1847; pg. 137. 1'Aleardi, i due Cantii, il Carcano, il Fusinato, 1'Emiliani-Giudici, il Maffei, il Thouar, il Selvatico, e che fu diretto anche da Onorato Occioni. VI. Cosl dunque e fln qui il Mazzoni, che anche dagli scrittori triestini e istriani dovč, data la natura e lo scopo del suo libro, trascegliere i piu significativi e importanti, o almeno quelli ch' ei ritenue, per testi monianza d' altri o per cognizion propria, tali. Tuttavia, il quadro, pur quasi sempre mirabile di esattezza e di garbo, ch' egli ci tratteggia delle condizioni letterarie delle terre nostre nello scorso secolo, non pu6 dirsi scevro affatto di lacune. Ne, con ci6, s' intende di muovere al Mazzoni il rimprovero di aver trascurato i nostri minori uomini di lettere, quelli, la cui farna ragionevolmente non pu6 varcare i confini delle nostre regioni, qualunque sia il lustro che dali' opera loro ci venga. I triestini Ioele Kohen, Giuseppe Barzilai, Michele Buono, Antonio e Lorenzo Lorenzutti, Giovanni Cesca, Guido Costantini, Adele Butti, Elisa Tagliapietra Cambon; gli istriani Pietro Stancovich, Girolamo Agapito, Antonio Madonizza, To-maso Luciani, Sebastiano Sbisk, Francesco Gregoretti, Giovanni d' Oplanich, Iacopo Contento, Zaccaria Maver, Nazario Gallo, Giovanni Pesante, Giovanni Vesnaver, Giacomo Babuder *) fu-rono degni e nobili cultori delle lettere e degli studi italiani e patri, e sarebbe nera e imperdonabile ingratitudine se noi, qui dove nacquero e, ne' piu dei časi, anche vissero e faticarono, li dimenticassimo; ma uno storico della letteratura nazionale non puo, per quanto gliene dolga, occuparsene, perch6 cid creerebbe nell' opera sua delle sproporzioni pericolose e delle prospettive sbagliate, con danno non meno suo che nostro. No; le lacune che noi vorremmo colmate nell' Ottocento di Guido Mazzoni sono altre, sono quelle che riguardano i poeti Francesco Combi, Giovanni Tagliapietra e Michele Fachinetti, e gli eruditi e prosatori Carlo Combi e Carlo De Franceschi; figure tutte che onorano non solo la patria piccola ma anche la grande. Nato a Capodistria nel 1793, morto a Venezia nel 1871, *) Non pretendo ne posso dar qui un compiuto catalogo degli scrittori fioriti a Trieste e in Istria nel secolo passato; cito solo i piu noti tra quelli che non sono piu in vita. Francesco Combi fu uno de' piu alti e liobili spiriti proclotti dali' Istria nel secolo XIX1). Scolaro del Barbieri nell'Universita padovana, dove, piii che al diritto applica alle lettere cui per natura inclina, compone e pubblicamente recita, in occasiono delle feste per la nascita del re di Roma, un carme cosi riboc-cante d' italiche speranze, ch' ei diviene in un attimo il benia-mino della miglior societa di Padova. Ottenuta la laurea e fatta la pratica legale a Venezia nello studio del celebre Biaggi, ritorna in patria e non la lascia piii fino al 1869. Costretto dagli ordinamenti del tempo ad attendere per quasi trent' anni 1' abilitazione ad esercitare in proprio nome 1' avvocatura, si consacra tutto alla famiglia, alla pubblica amministrazione e, calcando le orme dei classicisti, alle lettere. Eletto podesti di Capodistria nel 1845, 6 destituito nel '47 dal Governo, per il patrocinio da lui accordato ai sudditi della signoria di Lupo-glava, insorti contro il loro dispotico feudatario. II '48 tronca il processo e ridži al Combi il suo officio, nel quale egli dura sino al '50. Rieletto podest& nel '61, nel '64, nel '66, abbandona nel maggio del '69 Capodistria per raggiungere a Venezia il suo unico figliuolo maschio, Carlo, ivi confinato nel '66; e a Venezia chiude l'esemplare sua vita. Un anno dopo la sua morte, il flglio presenta al Congresso pedagogico italiano raccolto a Venezia, il quale la premia con medaglia d' oro, 1' opera a cui egli aveva piu a lungo e con piu amore atteso: la traduzione in ottava rima delle Georgiche di Virgilio, che, stampata nel '73, raccoglie dalla critica italiana unanimi lodi!) ed 6, nel-1' '81, su la base di una paziente e acuta serie di analitici ') La miglior biografia ch' esista di Francesco Combi e quella scritta dal di lui flglio Carlo e premessa a Le Georgiche di Virgilio tradotte in ottava rima da Francesco Combi, opera postuma premiata dal Congresso pedagogico italiano, tenuto in Venezia nel 1872; Venezia, Antonelli, 1873; pgg. VII-XXIV. Si possono ancora consultare con frutto i cenni necro-logici apparsi nella Provincia ecc. (a. V, n. 18: 16 sett. 1871), il discorso commemorativo tenuto nel 1881 da Iacopo Bernardi (6 negli Atti deli' Isti-tuto Veneto di scienze, lettere ed arti, tomo V, serie V; 1881-1882; pgg. 847-891), 1' articolo di M(arco) T(amaro) nel gia citato Annuario biografico universale diretto dal Brunialti (II vol., pgg. 366-370). !) Luigi Settembrini la disse «fatta assai bene, corretta, pulita, branita« (Bernardi, op. cit., pg. 875). La piu lunga e coscienziosa recen-sione fu forse quella della Nuova Antologia (fasc. novembre 1873, pgg. 676-678), dovuta a Paolo Tedeschi. raffronti, riconosciuta da Iacopo Bernardi come il piu perfetto volgarizzamento delle Georgiche che 1' Italia possegga, perchč riatteggiante in classica forma italiana, piu e meglio che la lettera del delizioso poemetto latino, la sua squisita essenzial contenenza poetica. Forse, nel giudizio del Bernardi c' 6 del-1' esagerazione: resta pur sempre vero, per6, che la traduzione combiana delle Georgiche 6 un' opera di grandi, reali e duraturi pregi artistici4), anche perche, come osserv6 il Carducci, giu-dice rigidissimo, 1' ottava del Combi ritrae non poco delle virtii che i poeti del Rinascimento lasciarono aderenti a quel bel-lissimo metro 2). Ma la miglior attivitš. letteraria del Combi non 6 tutta nella versione delle Georgiche. Molte altre cose e poetiche e prosastiche egli produsse degne di menzione e di encomio spe-ciale. Sien qui ricordati, piu per comodo degli studiosi d' oltre confine che per i comprovinciali, il suo Levita d'Efraim (Pa-dova, Cartallier, 1837), poema biblico in quattro canti, forse ispiratogli dali'omonima tragedia del Marenco (1821); la sua eccellente, per la valentla con cui v' 6 interpretato lo spirito deli' originale e usato lo sciolto, traduzione dei Martiri del Chateaubriand (Padova, Cartallier e poi Penada, 1837-38); il suo poemetto didascalico (solo in parte stampato 3) e da lui non potuto finire) Alopigia, in cui, come altro ve 4) dissi e qui amo J) II Babuder (op. cit., pg. 32 sgg.), dopo un minuzioso esame della versione del Combi, la mette a paro con quella dell'Arici. II Marentluzzo (op. cit., pg. 91), pur preferendole quella di Bernardo Trento, piu insigne di fedeltž. ermeneutica, la giudica tale da «comprovare nell' autore facoM poetica non comune, vivezza di colorito e armonia di verso». 2) Per una nuova traduzione delle Georgiche, ne La Domenica del Fracassa, 27 sett. 1885; ora in Opere di (J. C., vol. XI; Bologna, Zani-chelli, MCMII, pg. 291. 3) Un brano («Descrizione deli' Istria«) e nella Porta Orientale ecc. (pgg. 14-18); un altro («Descrizione dei paesi boreali») in L'Aurora (a. II, Rovigno, Coana, 1862, pg. 117-122); un terzo nella citata comme-morazione del Bernardi (pgg. 877-878). 4) Vedi la mia lettera al direttore del Piccolo di Trieste, nel Piccolo della Sera del 9 corr., pg. V, lettera che si opponeva alla strana e preci-pitata affermazione, apparsa piu volte nel Piccolo, che Renato Rinaldi fosse il miglior poeta fiorito in Istria dal Besenghi in poi (ciofe dal 1849 al 1910). Mi rispose, con penetrazione non esatta del mio pensiero e con criteri un po' troppo (come dire?) personali e sbrigativi, un intelligente >\A»' giovane, il sig. Bruno Astori (Piccolo della Sera, 10 corr., pg. TV). Visto che non era il caso di polemizzare, scrissi al Piccolo che per il momento tacevo. Valga ora lo scritto presente, nella parte dove tratta di Francesco Combi, del Tagliapietra e del Picciola, anche di risposta al mio cortese contradittore. ripetere, nei modi della vecchia e gloriosa poesia didasealica italiana, ma con atteggiamenti suoi propri di lingua e stile, canta la fabbricazione del sale nelle venete saline deli' Istria, attingendo piu di una volta, massime nelle descrizioni, con virgiliana finitezza tornite, i non facili culmini della vera poesia; i suoi innumerevoli componimenti d' occasione e i suoi sonetti (di cui una centuria dedic6 ai fatti e agli uomini piu memora-bili della storia universale, con animo che tornassero d' utiiita nelle scuole), notevoli tutti, oltrechfe per vere e schiette virtii poetiche, per 1'inconcusso ed entusiastico amor di patria che sempre li infiamma. Queste, per brevi accenni, la figura e 1' opera di Fran-cesco Combi; il quale, a dir vero, attende giustizia non pur dali' Italia ma anche dali' Istria, che deve almeno rintracciarne le lettere'), stamparne i parecchi scritti inediti, illustrarne con affetto la nobilissima esistenza. Piu noto che Francesco Combi parrebbe agli studiosi ita-liani del Regno Giovanni Tagliapietra (Pirano, 1813-Trieste, 1893)2); se conta per qualche cosa il fatto che Carlo del Balzo non trascur6 di accogliere tutti i componimenti danteschi di lui nelle sue ben note Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri3). Ma il Tagliapietra, forte e ispirato, se anche un po' ridondante, poeta, compose, oltreche canti in onore dell'Alighieri (suggeritigli per lo piu dalle feste dantesche del 1865), versi di soggetto civile e patrio, quando non mera-mente fantastico; ora prediligendo la terzina, in cui bene sa-peva costringere immagiui ed affetti e che fucinava d' una simpatica e austera concinnM dantesca, ora lasciando libero il rigoglioso prorompere deli' estro in decorose canzoni di foggia leopardiana e in rapide e colorite strofe di settenari, che piu di una volta ritengono deli' eloquente fare montiano. E chi *) Una lettera giovanile del Combi pubblicd anni sono il prof. Leone Volpis (cfr. Pagine Istriane, a. V, n. 5-6: maggio-giugno 1907; pgg. 113-119); alcune sta per pubblicarne Giuseppe Vidossieh; alcune altre ne pubblichero prossiinamente io stesso. 2) Sul Tagliapietra vedi la bella biografia pubblicata da P(aolo) T(edeschi) nella Provincia ecc., a. XXVII, n. 8: 16 apr. 1893. s) Carlo l)el Balzo: Poesie di mille autori intorno a Dante Alighieri; Roma, Forzani, vol. XII, 1906 ; pgg. 368-433. Dov' 6 anche una compen-diosa biografia del Nostro. voglia sincerarsene, dia di piglio al volume delle sue Poesie Varie 4), uscito a Milano, per il Daelli, nei 1865, cui va innanzi, a guisa di prefazione, una bella e vivace lettera di Francesco Dali' Ongaro ad Antonio Coiz, che, amico affettuoso e costante deli' Istria e del Tagliapietra, fu tra i primi a caldeggiare la stampa delle poesie di questo. Affatto sconosciuto 6 in vece di 1& dali'Adriatico e dal-l'Iudrio Michele Fachinetti (Visinada, 1812-1852) 2), cui una riso-luta e libera fede politica ispir6 cosi nella breve ma gloriosa deputazione alla prima dieta costituzionale deli' Impero au-striaco, come negli articoli scritti nei Popolano deli' Istria (creazione sua; 1850-1851) e nelle liriche (per lo piu sonetti) che venne componendo sin dalla prima giovinezza e che stampo, modesto e schivo, ma desiderato, nelle strenne, nelle raccolte e nei giornali deli' epoca. Soltanto nei 1865 uscirono in ordinata e compiuta raccolta postuma le sue Poesie e prose 3), che an-darono a ruba e gli confermarono pienamente la bella fama che gi& godeva di delicato e melodioso cantore romantico della scuola del Pellico, del Prati, del Carrer. La stima che diceva di portargli, per le sue attitudini poetiche, il Pellico, 1' amicizia che gli professavano cordiale il Prati e il Tommaseo, dovreb-bero, ci pare, unite ai meriti personali di lui, assicurare un po' di gloria italiana anche a questo dolce poeta e fervido patriotta istriano. La prefazione alle Poesie e prose del Fachinetti era stata dettata, con rara forbitezza di lingua e di stile, da un uomo, in cui, tra il '56 e il '66, s' appuntarono le piti alte speranze deli' Istria: da Carlo Combi4). Nato a Capodistria, da Francesco ') Poesie varie del Dr. Gtiovanni Tagliapietra d' Istria; Milano, G. Daelli, 1865. 2) Un ottimo studio sul Fachinetti 6 quello di Valeriano Monti: Michele Fachinetti poeta e uomo politico; Pola, Nicolini, 1909. In esso 6 anche una ricca bibliografia, che ci dispensa da qualunque altro rimando. 3) Poesie e prose di Micliele Fachinetti istriano; Capodistria, Ton-delli, 1865. 4) Su Carlo Combi sono anzi tutto da vedere: Attilio Hortis, Carlo dei Combi, in Archeografo triestino, vol. XI, pgg. 221-222; Paolo Tedeschi, Della vila e degli scritti di Carlo Combi, in Commemorazione di Carlo Combi ecc., Capodistria, Priora, 1885; Tomaso Lnciani, Carlo Combi, commemorazione letta nelVAteneo Veneto il 21 maggio 1885, in: Carlo Combi, Istria, studi storici e politici, Milano, Bernardoni di C. Rebeschini, 1886, pgg. XXI-XLV (con una rassegna quasi completa del molto che fu scritto sul Combi in occasione della sua morte). e da Teresa Gandusio, il 27 lugiio del 1827, avea studiato legge a Padova, a Genova, a Pavia: da pili anni ormai lavorava nello studio del padre, dopo di aver professato per alcun tempo let-teratura e storia nel patrio ginnasio. E, robusto ed equilibrato ingegno e cuore aperto a' piti. superbi ideali, faceva anche del-1' altro, nei non lunghi ritagli di tempo: serviva la patria nel campo letterario. Avea gi& scritto, prima in compagnia del padre, di Antonio Coiz, di Paolo Tedeschi, di Paciflco Valussi, poi quasi da solo, Porta Orientale, la degna strenna istriana che gi& m' avvenne di nominare e che dur6 tre anni (1857-58-59); e, fatica anche piu ragguardevole e meritoria, avea compilato, tra il '61 e il '63, e pubblicato nel '64, 1'ammirevole Saggio di bibliografia istriana, opera che onorerebbe qualunque erudito e che rende anche oggi preziosissimi servigi. Ma venne il '66; e Carlo Combi, da pezza caduto in so-spetto, presso il Governo, d' idee troppo avanzate, fu relegato a Venezia. Ottenuta ivi, nel '68, non per via di facili racco-mandazioni, ma in seguito a regolare concorso, una cattedra nella Scuola superiore di commercio, non si mosse quasi piu dalla nuova sede, che lo vide per altro lavorare con raddop-piata alacriti-i e incrollabile fermezza. Frutto degli anni vissuti da Carlo Combi a Venezia sono i meditati ed eloquenti saggi storici e politici su 1' lstria (tra cui il bellissimo scritto, da me gi& citato, che tratta Della rivendicazione deli' lstria agli studi italiani), poi raccolti dagli amici nel volume postumo con-tenente le migliori cose patrie del Combi'); la dotta biografia 8) e il ponderoso epistolario di Pier Paolo Vergerio il Seniore3). Ed altri e non meno importanti lavori avrebbe condotti a buon fine, per cui gi& aveva in parte o del tutto radunato i materiali, se la morte non lo avesse colto quasi alla sprovvista 1' 11 set tembre del 1884. Oggi, 1' incisione, eseguita poco dopo la sua scomparsa, che fedelmente raffigura il suo austero e pensoso *) Carlo Combi: Islria, studi storici e politici ecc. 2) Di Pierpaolo Vergerio il Seniore da Capcdistria e del suo epistolario, memoria del prof. C. A. Combi; Venezia, G. Antonelli, 1880. Vedine recens. di A. ])'Ancona in Nuova Aniologia, II serie, vol. 28, pg. 694. 3) [Carlo Combi]: Epistole di Pietro Paolo Vergerio Seniore da Capodistria, Venezia, P. Naratovich, 1887 (a spese della R. Deputazione veneta sopra gli studi di storia patria). V' k ristampato, a modo d' introduzione, lo studio precedente. La prefazione e di Tomaso Luciaui. volto nume del luogo. nella časa d' ogni buon patriotta istriano. Fu nel '48 deputato a Vienna col Fachinetti e pati an-ch' egli persecuzioni per motivi politici Carlo De Franceschi (1809 1893)'), 1'illustre autore del piu compiuto e ragguardevole trattato di storia istriana 2). Ma le Note storiche del De Franceschi, scritte sul tramonto d' una lunga e attiva esistenza, tutta eseinplarmente dedicata al bene della famiglia e della patria, non costituiscono che una parte deli' attiviti letteraria del loro autore. II quale era stato, per molti e molti anni, il cooperatore forse piii intelligente ed assiduo di Pietro Kandler e uno de' piu autorevoli collaboratori deli'Istria. Scrupoloso amore della veritčt, bene inteso patriottismo e corretta scioltezza di lingua sono anche oggi i pregi che piti risaltano negli scritti storici ed eruditi del De Franceschi, pur egli, ahime, fin troppo ignorato dai connazionali del Regno. VII. Ma a tutto cid v'e ancora rimedio. E se Guido Mazzoni, nella seconda edizione, gia, come fu detto, felicemente av-viata, del suo Ottocento, vorrž, tenendo conto di queste povere e frettolose note, non da altro ispirate che del desiderio, vi-vissimo, di far cosa utile cosl agli studi italiani che ali'Istria, rivendicare dall'oblio in cui furono sinora ingiustamente lasciati, 1) II migliore e piu diffuso scritto sul De Franceschi e pur sempre 1' articolo necrologico dedicatogli da L'Istria (Parenzo) del 14 genn. 1893^, certo dovuto a Marco Tamaro. Buona anche la necrologia della Provincia ecc., a. XXVII, n. 2: 16 genn. 1893. 2) L' Istria, note storiche di Carlo De Franceschi, segret, eni. della Giunta prov. istriana; Parenzo, G. Coana, 1879. Opera cosi definita dal-1'Occioiii-Boiiaffons: «Corso di storia istriana compendioso a un tempo e completo... e tale che possa andare per le mani di tutti e leggersi con diletto crescente« (Cfr. Archivio storico italiano, IV serie, t. VI, a. 1880; Firenze, Cellini, 1880; pg. 75.). A Toma,so Inciani poi esse Note storiche si presentavauo «come opera di uomo serio, di patriotta illuminato; come prodotto di lunghi ed assidui studii sulle cose della provincia; come ri-sultato di meditazioni intense su quanto di piu notevole 6 stato scritto fino ad oggi intorno alla vita civile e politica deli' Istria, — come chiaro e distinto riflesso dei giudizii piu retti dati sul nostro paese da nazionali e stranieri» (Cfr. La Provincia ecc., a. XIV, n. 6: 1 maržo 1880). di la dal confine politico, i puri nomi dei due Combi, del Ta gliapietra, del Fachinetti e del De Franceschi, egli fara cosa che, senza nulla detrarre al rigore de' suoi procedimenti critici, apparira degna in tutto e del tutto della sua toscana gentilezza e aggiungera un nuovo, e per noi altissimo, merito ai molti ch'egli gia pu6 vantare verso Trieste e 1'Istria. Trieste, aprile 1914 Giovanni (JiiarantoUo Istriani e Dafmati ricordati nel Calaloghi di Ortensio Lando Di Ortensio Lando, spirito bizzarro, il piu scapigliato forse fra gli «scapigliati della letteratura del Cinquecento», scrisse una pregevolissima monografia Ireneo Sanesi'), dalla quale il curioso lettore potrdi attingere ampia informazione sull' originale letterato cinquecentista e sulle opere sue. Mio intendimento, in questa nota, e semplicemente richiamare 1' attenzione degli studiosi delle cose patrie istriane e dalmate sopra una delle opere del Lando, intitolata Sette libri de Cathaloghi a' varie cose appartenenti, non solo antiche ma anche moderne: opera utile molto alla historia, et da cui prender si po materia di favellare d' ogni proposito che ci occorra, pubblicata, senza nome d' autore, in Vinegia appresso Gabriel Giolito de' Ferrari e fratelli, nel 1552 (data del frontispizio) o meglio nel 1553 (data segnata alla pagina 567, dopo il «registro»); e piu precisamente sopra alcuni nomi d'Istriani e di Dalmati, a lui contemporanei, che, per vari titoli, egli volle ricordare in quella opera sua2). Sanesi, I.: II cinquecentisla Ortensio Lando, Pistoia, 1893. Vedi anche Flamini, P.: II Cinquecento, Milano, s. a., pp. 412-414; Hoefer: Nou-velle Iiiographie Universelle, Tome 29, Pariš, 1859, coll. 344-347; e Spin-garn, I. E.: La critica letteraria nel Rinascimento, trad. Fusco, Bari, 1905, p. 161 : «11 Lando, malgrado le sue stranezze, rappresenta lo sviluppo della liberta del pensiero moderno e 1' antagonismo della filosofia moderna ali' aristotelismo«. 2) Ho cercato nei Cataloghi del Lando pure un nome triestino, m a inutilmente. I Cataloghi del Lando sono come chi dicesse un Dizionario metodico storico - biografico - mitologico, contenente elenchi di nomi di persone (rari i nomi di cose o d' animali), raggruppati in cento quattordici categorie, secondo le virtu e i vizi, secondo le diverse professioni, secondo 1' una o 1' altra caratteristica personale o biograiica; e illustrati da brevi chiose. Abbiamo, a cagione d' esempio, il catalogo di quei ch' ebbero farna d' esser belli e dei brutti, delle piu notabili meretrici, degli adulteri, delle donne che furono cagione d' alcun bene, dei grandi man-giatori e bevitori, dei suicidi, dei morti in croce (o vogliamo dire sulle forche) o assorbiti dalla terra o uccisi da' pidocchi; abbiamo il catalogo degli storici, grammatici, oratori e astrologi, degli adulatori, parassiti e buffoni, e poi quello dei pešci e dei piu illustri cavalli e cavalle e dei piti famosi canie, ultimo di tutti, dopo anche i cani, il catalogo dei pili famosi precettori antichi e moderni. In ciascun elenco, o catalogo, i nomi sono raccolti in due classi: 1' una degli antichi e 1' altra dei moderni. E se della parte antica si pu6 lodare 1' «erudizione talvolta spropositata, ma, senza dubbio, vasta e mirabile« 2), interesse incomparabil-mente maggiore offre per noi la parte moderna, sia a cagione delle notizie autobiografiche che racchiude 3), sia per trovarvisi ') Mi piace ricordarue quest'uno: »Hoggidi appresso Lodovico Dolce si trova un caguuolo. da lui nomato Pithagora, tanto atto et ingegnoso ad esprimere ogni costume humano, che e uno stupore chi lo mira» (p. 559). 2) Nanosi, op. cit., p. 173. Le fonti deli' erudizione storica, mitologica o poetica del Lando sono indicate da lui nella lettera (del 20 dicembre 1552) a Lucrezia da Gazzuolo Marchesana di Gonzaga sua signora, in chiusa al volume: «Et siccome tolto haveva gli essempi vecehi dal Sa-bellico, dal Volterrano, dal Fregoso, dal Calphurnio, da Domitio, dal Ber-gamasco Crouichista, ultimamente dal Testore, essendo avisato ch'egli piu di ogni altro copioso ne fusse,...» (pp. 566. 567). 3) «Lo uniche fonti di cui possiamo servirci per la sua biografia sono le sue opere stesse». Sanesi, op. cit., p. 5. II Lando manifesta, par-lando di se, una singolare mania di dir male di se stesso: si dipinge brutto (Cataloghi, pp. 17, 18), iracondo (pp. 99, 100), nemico delle lettere e dei letterati (p. 115), infelice (p. 343) e altro aneora. Trovo pertanto chi in questa sua mania di denigrarsi volle egregiamente secondarlo. Nell' esemplare dei Cataloghi posseduto dalla Biblioteca civica di Trieste (n. 20722), a p. 425, do v' egli nomina undici persone da lui «vedute morire per violenza de pedochi«, si legge una postilla manoscritta, di mano evi-dentemente contemporanea, la quale dice cosi: «Vive al presente anehora Ortensio Lando, che tanta quantitade de Pedocchj nutrisce nella persona sua, che sperar si puo, ch' un giorno sieno per dargli la morte®. ricordati tanti contemporanei deli' autore, conosciuti da lui o conosciuti da persone che poterono dargliene ragguaglio'). Purtroppo le chiose, che nella parte antica sono sufficientemente diffuse, e, trattandosi di personaggi noti, riescono per lo piu anche superflue, nella moderna, invece, si riducono quasi sempre aH' indicazione d' un magro titolo o della patria. Di molti, a quei tempi notissimi, non leggiamo se non il puro nome, mentre appunto desidereremmo notizie piii particolari. E non possiamo a meno di rimpiangere che 1' autore, per ragioni d' opportunit&, o per necessit&, si vedesse indotto a tacere sopra certe categorie di suoi contemporanei, nelle quali abbon-dano gli esempi per la parte antica; tanto piu che rintenzione sua primitiva era di trattare solo dei moderni, avendovi poi aggiunti gli antichi «per non parer satirico e mordace« 2). Comunque sia di cio, non 6 senza compiacimento che fra le tante persone italiane e straniere, illustri e oscure, enumerate dal Lando, ci b dato incontrare alcune poche delle nostre terre. Ne soggiungiamo 1' elenco, secondo 1' ordine in cui compaiono nei Cataloghi. A pag. 264, nel «Cathalogo de i costanti, et patienti in diversi casi», troviamo ricordato Girolamo Stridonese3), del quale e riferito quest' aneddoto: «Stavasi questo sanfhuomo ') Nella lettera citata alla nota 2, pa g. 79 continuando: «cosl havea etiandio tolto dalla bocca de fedeli et veraci huomini la relatione de i moderni essempi« (p. 567). J) Cfr. p. 566. II Lando si astiene dal parlare delle moderne mere-trici «perche ella gli parrerebbe una fatica intollerabile et sarebbe come volere annoverare le stelle del cielo» (p. 23); delle moderne adultere, per dir delle quali «credete che potesse bastare quanta carta si fa in ispatio d'un anno a Fabriano? Io čredo di no» (p. 43); delle donne bellicose ; degli indotti e odiatori delle lettere; dei bestemmiatori, «perche spera si debbano emendare« (p. 248); degl' invidiosi, dei vili, dei loquaci, degli ingrati, degl' ingiusti, dei traditori. Le ragioni del suo silenzio sono diverse, non ultimi il divieto della censura veneziana (p. 565) e il timore che, qualora avessc parlato, «gli fusse danneggiata la pelle« (p. 40'. — Se il Lando ci avesse dato il catalogo delle cortigiane del suo tempo, noi saremmo, forse, in grado di risolvere con 1' autoritS, d' un testimonio contemporaneo la questione sollevata recentemente intorno a Gasparina Stampa, che nei Cataloghi 6 ricordata soltanto come «gran Poetessa et inusica eccellente» (p. 475). 3) Ripetiamo questo passo riguardante S. Girolamo, perche e noto che Stridone giaceva ai confini tra la Dalmazia e la Pannonia. nell' heremo, n6 haveva altro alloggiamento in quella tanta solitudine che un solo Asino. I ladroni gli lo rubbarono, et softerl quel furto con incredibil sofferenza*. A pag. 385, nel «Cathalogo di quei che furono morti da lioni* e fatta menzione di un Francesco Boga Raguseo, «squar-tato dalle branche leonine vicino a Tauris». Nel «Cathalogo de i grammatici greci, latini, antichi et moderni* si legge, a pag. 451, il passo seguente: »Aggiungan-visi i grammatici della lingua Thoscana, cioe il Bembo, Rinaldo Corso (bench6 io gli ho piti volte sentito dire che i suoi fon-damenti fin qui non sono mai stati veduti corretti), Lodovico Dolce, Nicold Tarri, I' Acharisio, Francesco Fortunio, il ca-valier Memo» l). A pag. 475, nel »Cathalogo de i poeti* incontriamo, tren-tesimo sesto dei moderni, »Girolamo Mutio 8) non solo Poeta, ma sublime Theologo [che] vive hoggidi [novembre 1552] nei servigi di Don Ferrante Gonzaga« ; il qual Muzio ricompare a pag. 478 fra «quei scrittori che di basso soggetto trattarono*, poich6 «11 Mutio ha scritto della polvere3) opera veramente degna di lui*. Tra i «Musici et sonatori deli' una et 1' altra et^» sono ricordati, a pag. 512, un «Vincentio Zarattino fanciullo di gran speranza«4) e un «D[on] Daniello di capo d' Istria* del quale, come di troppi altri suoi contemporanei che ha ricordati, 6 un *) Per i grammatici, compreso il Fortunio, si veda Trabalza, C.: Storia della grammatica italiana, Milano, 1908; nella quale mancano tut-tavia Nicolo Tarri e il cavaliere (Giammaria) Memo, o meglio soltanto quest'ultimo, in quanto il Tarri del Lando senza dubbio e Nicolo Tani, autore degli Avvertimenti sopra le regole Thoscane; Venezia 1550, citato dal Trabalza. Sul Fortunio cfr. (rlinbicli, S.: Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia; Vienna, 1856, pp. 132, 133. ') II Muzio si trovava alla corte dei Gonzaga, dei quali il Lando era familiare. Per il parallelismo fra il Muzio e il Lando rispetto ai Dubbi o Quesiti amorosi si veda il Sanesi cit., pp. 241-247. 3) La Polvere del Mutio: Milano, A. Borgio, 1545. Lo stampatore la presenta come «una... gentile et... Christiana fatica*. E' un discorso da predicatore contro le mondane vanitA. — Fra gli scrittori che di basso soggetto trattarono, il Lando pone anche Seneca perchž «scrisse l'Apo- theosi di Claudio». *) Di questo Vincenzo non mi consta nulla. Si noti, a cagione del-1' analogia, tra i pittori, 1' esempio del «Rotaldo di Riva trentina, giovane di alta speranza s' ei persevera» (p. 497). vero peccato che il Lando non ci abbia fornito maggiori par-ticolari'). Nel «Cathalogo de i marinai* sono citati, a pag. 516, di ventitrč moderni, ben sei Dal mati, e cio6: «Niccol6 Vidossio Corzolano, Giovanni Ruda Corzolano, Pietro Ghirettici Corzo-lano, Marino Raguseo, Scoccibocca Raguseo, II Perottino da Cattaro» '). Infine, il «Cathalogo de i piu famosi precettori* ci riserba, a pag. 563, 1' interessante notizia che «Giovambattista Goineo fu maestro del Vescovo di Sinigaglia (il Signor Urbano Vigero>; notizia da aggiungersi alle altre, non molte, che intorno alla vita del medico e umanista piranese ha raccolte Baccio Ziliotto3). Mario Stenta ll Monte fli Pieta e II Banco feneratlzio edreo a Cherso *' II secolo decimosesto fu quanto mai nefasto per 1' lstria e piu specialmente per le isole del Quarnero: la continuata guerra col Turco e coll' Imperatore, le frequenti incursioni degli Uscocchi e per giunta la peste stremarono le fiorenti cittadelle istriane che videro affacciarsi spaventoso lo spettro della farne e della morte. *) Don Daniello di Capodistria 6 ricordato, silil* autorita del Lando, da Girolamo Gravisi nella lettera del 18 sett. 1789 a Gio. Paolo Sereno Polesini, pubblicata negli Atti e memorie della Sociela istriana di archeo-logia e storia patria, vol. I, pp. 143-147, Parenzo, 1885. 2) Intorno ai nominati «marinai» dalniati non sono riuscito a trovare maggiori indicazioni. 3) Ziliotto, B.: La cultura letteraria di Trieste e deli' lstria. Parte prima: Dali'antiehita ali' umanesimo; Trieste, 1913, pp. 163-186. — Urbano Vigerio della Rovere, coadiutore dello zio Marco II fino alla costui morte (1560), dal 1560 al 1570 fu vescovo di Sinigaglia. Cappelletti, (J.: Le chiese d' ltalia, Vol. III, p. 398; Venezia, 1845. *) Ha toccato di sfuggita 1' argomento il chiar.mo prof. S. Petris nella Prefazione al suo Spoglio dei Libri Consigli della eitt& di Cherso. Capodistria, Tip. Priora, 1891, Vol. I, pag. LXX. Per nulla migliori quindi le condizioni di Cherso. Malsicura la navigazione, rallentato o addirittura arrestato il commercio, i cittadini non si sentivano sicuri nemmeno entro la cerchia delle poderose mara innalzate con gravissimi sagrifizi: i campi devastati e arsi, gli animali rubati, le navi depredate. Chi ne aveva la peggio era sempre il popolo, soggetto a ogni sorta di gravezze e imposizioni di cui erano esenti i nobili: il popolo perci6 costretto ad abbandonare il campo e il gregge, 1' unica sua fortuna, per montare sulle galere a impugnare il remo e la lancia, mentre per sostentare la famiglia doveva ricorrere al prestito usuraio, vendere in erba per metži prezzo il raccolto, prendere a credenza le cose di prima necessit& che dovevano esser poi ripagate il doppio. Ma se tali espedienti giovavano per una volta, col ripetersi degli armamenti, i campi rimanevano incolti e le famiglie andavano in rovina. A tali tristissime condizioni del popolo penso di porre un riparo il Con te e Capitano Alvise Bembo (1550-1553), special-mente benemerito del nostro paese per opere di pubblico decoro e utilit& deliberate durante il suo reggimento '), proponendo 1' istituzione d'un Sacro Monte di Piet&. Addi 11 gennaio 1551 la proposta presentata al Consiglio dei nobili e popolari, ap-poggiata caldamente dai giudici e dagli avvocati della Comu-nit&, i quali volevano con ci6 liberare il popolo travagliato dalla miseria «dalla suggitione di tuor diverse robbe a credenza, tolendo quello che si vende dieci a denari XV e XX cun un pocho de termine delli quali poi procede la total mina di poveri e disfation di povere famiglie», fu accolta con voti 35 favorevoli e 2 contrari. La stessa proposta, letta a una riu-nione dei confratelli di S.a Maria infra Missam, di S. Zuane de Piazza, di Sant' Isidoro e di S.a Maria di Neresi, le piu forti e ricche confraternite del luogo, fu approvata con voti 126 favorevoli e 14 contrari; queste confraternite s'obbligarono di concorrere alla formazione del capitale d' impianto del Sacro Monte, e percič nella seduta stessa si elessero due pozuppi con la provvigione di ducati due per ciascuno coll' obbligo «de l) Durante il suo Rettorato fu restaurata la facciata del Palazzo pretoreo, fu allargata la via dalla Piazzetta del Pan alla Chiesa abbattendo una časa, fu provveduto d' una spalliera lungo tutto il corso il canale che attraversava la Piazza e fu riattata la strada che mena a Ossero. saldar da S. Michiel sotto pena de s. 6 per lira dei quali 4 tocher& al Conte e 2 ai giudici». L'ammontare a tal uopo destinato non ci consta. Assicurato cosi il capitale di fondazione, addl 8 maržo dello stesso anno il Consiglio diede facolt& al Conte e ai giudici di riformare i capitoli del Sacro Monte e si impose tanto ai padroni d' animali pecorini quanto ai bravari e ai pastori una contribuzione, della quale nessuno poteva esentarsi: tale im-posta doveva essere calcolata sul numero degli animali pos-seduti in ragione di 4 animali per mille e, poiche in tal modo si sarebbe ridotto il numero degli ovini, la contribuzione doveva essere cambiata in denaro, conteggiandosi un soldo per ogni lira di peso. A riscuotere questa tassa vennero eletti due esattori. Per ottenere la conferma deli' istituzione del Sacro Monte e dei relativi capitoli il Consiglio della cittči, radunato il 12 maržo, nomind ambasciatore a Venezia «sl per li meriti che tiene colla 111.ma Signoria nostra come per esser stato sempre prompto al benefitio della sua pairia» il spett. mis. Giovanni de Petris, il quale si trovava allora nella capitale. I signori Savi, a cui i capitoli furono sottoposti, prima di darne la defi-nitiva approvazione, vollero sentire il parere dei magnifici Piero Orio e Piero Malipiero gi& Conti e capitani di Cherso, e il nostro oratore dovette portarsi alle loro ville in terraferma per interessarli della questione. Non tardo pero molto il consenso a si nobile istituzione: i capitoli approvati furono trascritti in carta caprina e rilegati e gi& nel Consiglio del 23 agosto si pass6 alla nomina di quattro deputati, due massari e uno scrivano con 1' obbligo di custodire e servire secondo i capitoli del Sacro Monte di Pieta, sicche poco dopo 1' istituto dovette incominciare la sua attivit&. Con deliberazione del 2 gennaio 1552, a risparmio di spese d' affitto, fu decretato il trasporto del Sacro Monte e dei Fon-dachi del grano e deli' olio nella časa donata alla comunitž, da ser Gasparo de Pavia allora defunto. Del funzionamento del Sacro Monte e dei suoi capitoli nulla ci resta; ma non sar& difficile immaginarsi la sua orga-nizzazione pensando ai capitoli degli altri Monti sorti in quel tempo e dai quali non dovevano molto differire. Le cariche della soprintendenza del Monte dovevano es- sere gratuite e venivano rinnovate di sei in sei mesi; erano cosi distribuite: quattro deputati, dne nobili e due popolari, chiamati anche presidentes o gubernatores, due massari o cassieri, uno nobile e uno popolare, due stimatori e uno scrivano, il quale ultimo soltanto riceveva un compenso che pero non era fissato dai capitoli e quindi di volta in volta doveva essere chiesto e assegnato dal Consiglio. Cosi troviamo che nel 15G2 il Consiglio nella sua tornata del 29 giugno assegno allo scrivano del Monte Zuane de Colombis un iraporto quale compenso per le sue prestazioni «in agiutar e scrivar le partide del Sacro Monte de Piet&» e 1' anno seguente nello stesso giorno furono assegnati ducati 4 allo scrivano Zuane de Ra-docha. Nel 1555 per la prima volta vennero eletti dal Consiglio i due stimatori, 1'uno argentorum e 1'altro vestium: presu-mibilmente nel primo tempo si ricorreva ai soliti stimatori comuni, senza che per questo ci fosse necessaria una nomina da parte del Consiglio. II Monte di Piet& chersino incontro subito il favore della popolazione e prosper6 rigoglioso fin dal principio, tanto che il capitale d'impianto non fu piu sufficente alle richieste, per cui giA nel 1554 il Consiglio, nella tornata del 6 gennaio, de-liber6 «che per beneficio et utele del S. M.», in aggiunta al capitale giži messo insieme, sia devoluto il ricavato dali' affit-tanza dei pascoli di S. Biagio: contemporaneamente fu stabilito che le maggiori rendite della decima spettante ai poveri e alla fabbrica della chiesa vadano a favore del Monte. Se questi provvedimenti giovarono aH' istituzione, tuttavia per cause non ben precisabili, essa decadde ben presto. La mancanza di capitali, la cattiva amministrazione e piu di tutto le frodi perpetrate a danno del Monte da certi Gasparin Causino e Cesare Cozza, appaltatori delle decime, i quali elusero i provvedimenti presi dal Consiglio, trascurando la presentazione dei conti, contribuirono a questo decadimento. L' invito votato dal Consiglio addi 7 novembre 1554 ai decimari di presentare i loro conti entro otto giorni non ebbe alcun effetto. Lo stesso Cesare Cozza e mistro Paolo Radoiaz commisero nuove frodi a danno de] Monte e del Fondaco, alle quali perd seppero dare una tinta di legal i ta basandosi su certe lettere avogaresche carpite in loro favore, sicche nel 1557, addi 14 novembre, il Consiglio incarico gli ambasciatori a Venezia di adoprarsi per il taglio di dette lettere e per la restituzione dei denari usur-pati, che spettavano agli istituti su menzionati. La deliberazione non 6 ben decifrabile per i guasti arrecati al libro dali' umi-dita, che fece sparire la scrittura agli orli; sembra tultavia che la decima del vino, di cui il Cozza pare sia stato appal-tatore, dovesse essere impiegata in parte a beneficio del Monte. Se pur stentatamente, il nostro Monte resto in vita fino al 1576: la sua esistenza ci viene accertata soltanto dalle no-mine regolari delle cariche da parte del Consiglio che cessano appunto con quest' anno. Fondato nel 1551 fu, in ordine di tempo, il secondo pub-blico Monte di Pieta istituito in Istria, essendosi il primo aperto a Capodistria nel 1550; duro pili a lungo di quello che dovette chiudersi subito 4 anni dopo la fondazione, in seguito allo scoppio di un' orribile pestilenza che men6 la desolazione e il lutto in quella cittA l); ma mentre quello di Capodistria e gli altri Monti di Pieta in Istria risorsero di poi2) e continuano ancora la loro funzione, il nostro mai piu tornč in vita. (continua) Antonio Cella (jfiiio Bertolini s L'Ambiente fisico e psichico. Storia sociale del secolo ventesimo. Istituto veneto di Arti grafiche Venezia.. Dopo aver parlato delle Categorie sociali nel suo primo libro della collana «Italia» 1' A. tratta in questo secondo deli' Ambiente con criteri nuovi originali. A pagina 575 egli ci d k per incidenza la spiegazione del suo modo di concepire la storia colle seguenti parole: «11 problema della rappresentazione d' un popolo, e in generale d' un' et&, implica assai piu la penetrazione deli' organismo sociale in un punto, che non la diffusione dello sguardo alla superfice di tutto il resto, o anche — e cio d' altronde risulta inconcepibile nel riguardo della limitazione delle forze umane — che non 1' esame, a uno a uno, di tanti nuclei omogenei: non soltanto, il che vale anche per ieri, la vita sociale, il palcoscenico ») Vedi «Porta Orientale», I, pagg. 99-150. s) Vedi Antonio Ive: Dei banchi feneratizi ecc. Rovigno, 1881. BIBLIOGRAF1A GENERALE stesso della civilta, obbediscono a determinate leggi le quali, pur per un ganglio solo 6 dato, appunto perche generali e assolute, di rinvenire, ma inoltre, e forse soprattutto, allo stato delle cose k mestieri di ritenere come, a differenza d' una volta, nel grembo di questo o queli' aggregato, e tanto piu della «Citta» che ne 6 prototipo, si abbia saggio di quasi tutti i caratteri eziandio accidentali degli altri agglomerati, a cio contri buendo, piu ancora deli' estcnsione uuiticativa dello Stato moderno, 1' in-dirizzo allivellativo della morale contemporanca, e addirittura dell'este-tica Ecco perche la compiuta diagnosi della vita d' una CittA, costituisce un vero e proprio microcosmo di cui bastera integrare le rappresentazioni, in prosieguo di lavoro, per via deli' indagine pertinente ai pochi tratti differenziali e massimamente per via della trattazione delle questioni piu importanti. E bisogna da un lato tenere conto dello stato effettivo e at-tuale delle cose, cosi da dare rappresentazione di cio che oggi siamo: e da un altro lato bisogna avere riguardo ai principi immanenti sociali, cosi da preparare il retto progresso della nostra gente, e in generale della civilta contemporanea; per modo che chi legge, da una banda si metta al corrente deli' ordine odierno di vita, e da un' altra banda s' educhi, e qui appunto per migliorare tutta la vita, nel culto dei supremi principi del consorzio, e dunque segnatamente nell'ordine inorale». Cosi a pag. 575. Ed egli compie la diagnosi della sua Venezia, la citta da lui pre-scelta quale prototipo per 1' osservazione e lo studio dell'Ambiente. Non e facil cosa dare un' idea del contenuto di questo libro di oltre mille pagine in una breve l-elazione; mi limitero quindi a copiare 1' indice integrale delle materie: a) II trivio b) Le botteghe c) Locande e trattorie d) II circolo e) La piazza f) Le čase g) La strada h) II paesaggio. Lo stile e stringato, vivace e fresco nelle osservazioni, espressivo e chiaro nelle descrizioni. L'A. mostra un' anima assetata del bello e del buouo e una fede viva nell' avvenire d' Italia; percio sferza 1' iudolenza e 1' ozio, ovunque si trovino, mentre ammira e loda con calore le aninie buone ed attive, nelle quali scorge il seme che fara germogliare la pianta della sperata rigenerazione deli' Italia. Importante 6 quindi questo libro che risulta una vera scuola per la formazione di uomini di carattere, dei quali oggi v' e tanta penuria; nello scrittore scnz' altro geniale, oggettivo e spassionato si deve lodare la franchezza colla quale espone i suoi giudizi, specie con riguardo al nobile scopo che egli si preligge di raggiungere, anche se proprio a tutti non si possa senz' altro acconsentire. Per soffermarmi soltanto a quel poco che l'A. parla delle nostre regioni, vorrei osscrvargli che 1' imperfezione del dettato negli statuti delle societa triestine, comuni del resto, come lo stesso autore ci dice, anche ad altre cittž, italiane del Regno, non dimostra affatto «che la bella insuperabile parlata scada di giorno in giorno«, nei nostri paesi, dimostra soltanto che anni e anni addietro (la societš, di Minerva fu fondata nel 1810, la Filarmonico-drainmatica uel 1829) la redazione degli statuti fu afSdata allora a qualche persona che non aveva fatto studi speciali della buona lingua italiana. Un'altra osservazione: E' vero che i libri di storia si leggono in generale da pochi, ma non e vero che non siano stati letti e non si lcggano (almeno nelle nostre regioni) qnelli del compianto Giu-seppe Caprin, molti dei quali sono giA da tempo esauriti. L' opera, che si presenta in bella veste tipografica adorna di nitide vignette incastonate nel testo, e corredata di varii indici (Indice dei ca-pitoli — Indice integrale delle materie — Indice delle trattazioni — Glos-sario enciclopedico — Indice dei notni — Indice delle incisioni), puo quindi servire anche quale libro di consultazione. M- Vitlorio Lazzarini, Un' iscrizione Torcellana del secolo VII. Nota. Venezia, Premiate officine grafiche di Carlo Ferrari. 1914. (Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Anno accademico 1913-14 — Tomo LXXIII — Parte seconda). Questa nota di 12 pagine e importantissima per la storia di Venezia. E' 1' illustrazione di una lastra di marmo, con iscrizione latina, scoperta durante gli scavi, fatti nella chiesa di S. Maria Assunta di Torcello col proposito di rintracciare la sottoconfessione della basilica. La lapide scoperta nel 1895 e depositata in una delle stanze del museo torcellano. L'A. con un commento paleograflco che prova la sua autenticita, ne illustra il contenuto storico, restituendone il testo sino a quanto lo comportano le varie lacune. Questa importante iscrizione ci rivela che le isole veneziane prima della costituzione del dogato erano «un angolo di territorio bisantino che faceva ancora parte deli' antica provincia Venetia et Histria, posta sotto il comando di un maestro dei militi, agli ordini deli' exarchus Italiae che aveva sua sede a Ravenna». II nome del magister militum pur troppo non si puo precisare per il fatto che la lapide 3i spezzo nell' atto di levarla. Risulta pero che la (lata deli' iscrizione sarebbe da collocare tra il 1° settembre e il 5 ottobre deli' anno 639, il che si rileva dalle parole deli'iscrizione: Imp(erante) D(omi)N(o) N(ostro) Hera(clio) A(nno) XXVIII! IND(ictione) XIII. E' forse il piu antico documento della storia di Venezia in quanto che illustra fatti lontani ignorati della vita dei primi veneziani. «Essa fissa la data della prima costruzione di S. Maria di Torcello fabbricata, per ordine deli' esarca Isaccio, dal maestro dei militi nell' anno 29° di Eraclio, nella XIII indizione (1 sett.—5 ott. 639>. M. Bibliografia istriana A) Opere d' istriani e di corregionali s ta in pate in Istria e fuori; oper« di forestieri stani pate in Istria. 21. Enrico Anbel: Leon Battista Alberti e i libri della Famiglia; Citta di Castello, Časa editrice S. Lapi, 1913. Non si tratta n6 di una delle solite tesi di laurea, che lasciano il piu delle volte il tempo che trovano, ne d' uno di quei tanti litoli, abbor-racciati alla meno peggio, onde i giovani ch' eseono dalle universita del Regno s' accingono ad affrontare i concorsi. E' qualcosa di piu e di meglio: 6 il lavoro coscienzioso, meditato, sudato di un intelligente ammiratore del grande quattrocentista florentino; e il felice risultamento di una lunga e amorosa serie d' indagini non pure intorno alla geniale figura deli' Alberti, ma anche intorno ai tempi, alla famiglia, agli amici, ai contem-poranei di lui. E' noto che una buonissima e diffusa biografia deli'Alberti si aveva gia per cura di un maesrro di studi letterari, Girolamo Mancini. Proporsi di rifare con successo quel dotto e profondo lavoro sarebbe quindi stato, per qualilnque giovane studioso, ardimento tutt' altro che piccolo. E l'Au-bel lo comprese subito; e, schivo d' avventurarsi per vie di dubbia riuscita, limito saggiamente il suo compito a studiare un lato della figura dell'Al-berti che ai precedenti biografi e critici era rimasto presso che ignoto. In altre parole, egli anzi tutto s' adopro a rilevare, studiando il dram-ma (a dir cosi) della vita deli' Alberti, vissuto, orgoglioso rampollo di nobilissimo casato, mentre il potere degli ottimati tramontava per sempre eol sorgere delle signorie, quell' intimo contrasto fra il reale e 1' ideale che spiega 1' individualitA, deli' umanesimo dell'Alberti e ci d;l la chiave del di lui temperamento artistico e morale. Ne si puo dire ch' egli abbia fallito il suo scopo. Imperocche dai brevi ma densi capitoletti in cui egli acutamente analizza i tempi, 1' anima e 1' opera deli'Alberti, sof-fermandosi in ispecie su la principale e piu significativa creazione lette-raria di lui, i Libri della Famiglia, la complessa e trionfale figura del versatile uomo risorge, illuminata a fondo da quegli stessi contrasti che furono il suo tormento e originarono la sua gloria, spirante di naturalezza e di veri ta; tale, cioe, da imprimersi a linee rilevate e indelebili nella mente deli' attento leggitore. E leggitori attenti non potranno certo man-care a questo bel libretto, anche per la cura posta dali' Aubel nei tornirlo con gusto si nella lingua, sempre italianamente pura, e si nello stile. quanto mai aggraziato e disinvolto. Insomma, una monografia in tutto e del tutto riuscita e degna della massima atteuzione. Dell'Aubel abbiamo gia avuto occasione d' additare un eccellente studio tommaseiano; e altri lavori presto torneremo a segna-lare, giacchž egli e ormai, e per serietž, d' intenti, e per amore alle indagini letterarie, e per zelo d' opera ardente e costante, uno dei giovini studiosi triestini piu in vista e piu promettenti. d. (j. 22. Rina Canciaiii: Guida e pianta della Citta di Parenzo; Trieste, Herrmaustorfer, s. a. (ma 1913). Gia i nostri vecchi avvertirono la necessita di una illustrazione storico pratica delle nostre cittadine, cosi ricche di gloriose reliquie sto-riche e artistiche, ma cosl poco atte a metterle spontaneamente ed abil-mente in mostra. Incomincio il Kandler, con i suoi notissimi Cenni al forestiero che visita Pola, Cenni al forestiero che visita Ciltanova e Cenni al forestiero che visita Parenzo (1845); dotti lavori, che illuminarono non soltanto gli stranieri, ma anche gl' indigeni. Abbozzd bravamente poi una guida di tutta l'Istria 1'avvocato Antonio de Madonizza (Almanacco istriano, 1864; Capod., Tondelli; pgg. 65-106). No intenti gran che diversi da quelli del Kandler e del Madonizza ebbero Paolo Tedeschi, quando pose mano al suo arguto Viaggio fantastico in Oga Magoga (Milano, Bortolotti, 1876), e Giuseppe Caprin, quando detto le stupende Marine Istriane (1889). Progrediti gli studi, approfonditesi le ricerche, il valore di tutti questi scritti un po' alla volta scemo; e si senti il bisogno di surrogarli decorosamente. Da cio la collezione della Venezia Giulia del Maylander, cui pero sono del tutto alieni i piu umili scopi pratici, la Guida storica di Ca-podistria del Venturini, la siri tet i ca ma esatta guida (Trieste e l' Istria) della «Federazione per il promovimento del concorso di forestieri»; da cio anche, adesso, questa buona guida di Parenzo della signorina Canciaui. Buona soprattutto per questo: che dft, al viaggiatore tutte le indi-cazioni di cui egli piu abbisogna, a cominciare dagli orari dei piroscafi e della ferrovia sino alle gite che si possono intraprendere da Parenzo verso 1' interno deli' Istria. A Parenzo in particolare si riferiscono, oltre che una quantita di opportuue notizie minute sugli alberghi, le trattorie, i caffe, gli ufflci, le istituzioni di cultura ecc., i Cenni storici e i Cenni d' arte, desunti dalle migliori fonti, e la Passeggiata artistica, che conduce destramente attraverso tutta la citta, fornendo su quanto v' ha in Parenzo degno di speciale osservazione brevi ma sicuri chiarimenti, cui sono di non poco sussidio le parecchie nitide riproduzioni fotografiche. Al libretto 6 unita un' ampia e bella pianta topograflca di Parenzo. II lavoro, va da s6, non k perfetto; qualche errore poteva essere facilmente cvitato (tutti sanno che il Monte Maggiore 6 alto pili che 1000 metri!)'); qualche cspres-sione poteva essere piu felice (quella lingua d'tiso'), p. es., di recente conio governativo, e assolutamente da togliere, in una prossima edizione). In complesso, pero, come si disse, si tratta di un buono e opportuno lavoro ; sicche non va lesinata lode alla gentile autrice. G. Q. 23. Omero: II libro XI deli' Odissea, con note italiane del Prof, Gu-stavo Doralevi; Livorno, Giusti, 1914. 24. Omero: IL libro XXIII deli'Odissea, con note italiane del Prof. Gustavo Boralevi. [Avvertiamo che il Boralevi e anche autore di un lodato commento alla traduzione montiana deli' Iliade, Livorno, Giusti, 1910', e che sono gib a stampa, dali'anno scorso, i suoi commeiiti a! XXI, XXII e XXIV deli'Odissea, Livorno, Giusti.] >) Cfr. pag. 43. *) Cfr. pag. 4. 25. Avvocato fcriiglielmo Vareton: Prima e dopo lo sdoglimento della rappresentanza comunale di Pola; Padova, Molini, 1914. 26. II programina e l' opera della Associazione fra ex-allievi di Trieste; maggio 1912—dicembre 1913; Trieste, Herrmanstorfer, 1914. 27. Dante Vaeflieri: Ostia; cenni storici e giiida; Roma, Loescher, 1914. [L' ultimo lavoro del testč scomparso illustre archeologo triestino.] 28. Un italiano: II problema di Trieste nel momento attuale; Roma, Garzoni Provenzani, 1914. 29. Numero straordinario del giornale «11 Lavoratore» in occasione del XXV anniversario della fondazione del Partito Operaio Socialista; Trieste, 1 maggio 1914. 30. In?. Emilio (Jerosa: II forno d'incenerimento delle imraondizie secondo il sistema Ileenan; Conferenza tenuta nella sede della «Societa degli Ingegneri e degli Architetti» di Trieste; Trieste, tip. Brunner & Co. 1914. L' opuscolo dedicato in segno di perenne amicizia al condiscepolo Prof. Giovanni Quarantotto ci da un novello saggio deli' attivita del gio-vane ingegnere ormai noto per numerose pubblicazioni. L' esposizione chiara e semplice di un argomento, che tanto interessa dal lato igienico, lo rende accessibile anco ai profani, che vi trovano un beli' aiuto nelle figure intercalate nel testo e nelle 11 tavole che riproducono in nitide vignette la pianta e le sezioni longitudinale e trasversale di uno stabili-mejito di combustione delle immondizie secondo il detto sistema, piu det-tagli e vedute generali dei vari stabilimenti gia esistenti nell' Europa e nell' America. 31. Dr. I. Zoller: La coscrizione degli Ebrei di Trieste nel 1788; Estratto dal Messaggero lsraelitico di Trieste. Udine, Tip. D. Del Bianco, 1913. B) Opore di forestieri stampate fuori deli' Istria e riferen-tisi in via diretta o indiretta ad essa. 32. Giuseppe Manacorda: Storia della scuola in Italia; Milano, San-dron, 1914; vol. I: 11 Medio Evo. [Nel «dizionario geografico delle scuole italiane nel medio evo», non troviamo che due cittž, nostre: Montona e Capodistria. Troppo poco dav-vero. La cosa si spiega col fatto che il Manacorda conosce solamente il Cecchetti e lo Zannoni, od ignora tutte le fonti istriane. A proposito della scuola montonese, il Manacorda nota, su la scorta del Cecchetti, che nel 1372 «si ricorda un maestro Gregorio d' Alessio che per oltre 18 anni fe-delmente si porto nel Castello di Montona scholas grammaticae ibi tenendo» (pg. 310). Quanto alla scuola di Capodistria, si limita ad avvertire che lo Zannoni «dž, la serie dei maestri comunali di grammatica dal 1458 al 1540, conservata nelle carte vaticane del Mazzuchelli che la ricavo dai registri comunali« (pg. 290). Troppo poco, torniamo a dire; ed 6 proprio peccato, giaeche si tratta di un'opera assai importante e che fara molta strada. Ahime, sa cosi ci trascurano i migliori, che sperare dagli altri?] 33. II teatro italiano (a. 1913); Milano, Vallardi, 1914. [V' k discorso di Antonio Smareglia (pg. 185, 191, 201-203, 212, 216, 252) e di Enrica Barzilai Gentilli (pg. 148, 150).] 34. Gina del Tecchio: I caratieri nei iPromessi Sposu ; estratto dal fascicolo di febbraio 1914 della Rivista d'Italia; Roma, Unione Editrice, 1914. [La signorina Gina del Vecehio, gi& favorevolmente nota per altri lavori letterari, dediča Alla memoria venerata e cara di Giuseppe Picciola, di cui fu prediletta scolara, questo suo nuovo interessante lavoro, in cui con molta penetrazione e molto garbo studia la psiche dei vari personaggi dei Promessi Sposi, soffermandosi specialmente sulle figure dei protagonisti, che dalla sua amorosa e minuziosa analisi acquistano piu d' una volta nuova luce. E' onore non piccolo del poeta nostro aver saputo formare discepole cosl egregie e cosi affettuosamente memori di lui.] C) Riviste istriane; cose istriane nei giornali istriani e nelle riviste e nei giornali forestieri. 35. Bollettino della Sociela Escursionisti istriani «Monte Mag'g'iore», Parenzo, Tip. Gaetano Coana. Pisino, 1912-13. Pase. II: II nostro V con-gresso generale ordinario. — Pisino. — La valle del Risano. — Sul monte Acjuila, — Sulla Sbeunizza. — Conferenze popolari. — Attivita dei soci. 36. II Piccolo (Trieste). 12. IV. 914: I nonni e le baUerine; 1850-'60; (Ricciardetto). 37. II Piccolo della Sera (Trieste) 9. IV. 914 : Poeti istriani (Giovanni Quarantotto); 10. IV. 914 : Poeti istriani (Bruno Astori). 38. II Secolo XX, a. XIII, n. 3: maržo 1914. r(inaldo) c(addeo): «Italianita e ginnastica« (pgg. 282-284). [Breve storia, su la traccia della recente pubblicazione del Prešel, della «Societa triestina di ginnastica».] 39. Conferenze e Prolusioni (Roma); a. VII, n. 8; 16 aprile 1914. Carlo Errera: «L'italianiti nell'Adriatico«. 40. Patria e Colouie (Milano); a. II, n. 3: maržo 1914. Mario Puc-cini: «Zamboni: un poeta con Garibaldi alla difesa della Repubbl.ca Roman a». [Con riproduzioni fotografiche di alcuni cimeli zamboniani.] NOTIZIE E PIJBBLICAZSONI. * Rmsta tridentina, Trento, A. XIII, N. 4: Dr. Pietro Lanza, Cesare Lombroso e la scuola antropologica criminale. — P. E. Chiocchetti, La filosofia di Cicerone. A. XIV, N. 1: Prof. Gaetano Bernardi, Storia e valore d' un' i poteši. — P. Orazio Dell' Antonio, Antonio Gazzoletti dilet-tante di poesia. — Bollettino di Filosofia. — Varieta. % Addi 17 febbraio, il prof. Giovanni Quaruntotto, aderendo a un invito del Fascio giovanile istriano, commemoro lo seomparso poeta ver-nacolo Tino Garardo nel Teatro Ristori di Capodistria. » Addi 2 aprile mori a Monaco Paolo Heyse, il poeta tedesco, che si oceupo con tanto amore della letteratura italiana. * Fanfulla della Doinenica, Roma, A. XXXVI, 1-12: Guido Mazzoni, Un bel iibro su Michele Cervantes. — Giorgio Barvni, Le amputazioni di «Pai-isina». — Orazio Bacci, Un altro volume di lettere del Carducci. — Emilio Bodrero, Branimi satireschi. — Vittorio dan, Attraverso due secoli di storia e di vita italiana. — Elda Gianelli, Narratrici e narratori. — Lide Bertoli, Augusto Brizeux e 1' Italia. — Giulio Bertoni, Intorno alla rima nella antica poesia italiana. — Giulio Lorenzetti, II mercato artistico a Venezia nel Settecento (Note ed appunti). G. Sasso ed il Cav. Hume. — Renato Fondi, Cino da-Pistoia: le «Rime» e un monumento. — Ferdinando Neri, Le ultime rime di Gaspara Stainpa. — Salvatore Satta, La critica letteraria in Italia negli ultimi cinquant'anni. — Domenico Oliva, «Prose» di E. i anzacchi. — A. Pilot, Noterelle sulla festa della Sensa del 1777. — Emilio Bodrero, «Poesia dell'Amiata». — Valentino Leonardi, II restauro dei Santi Quattro. — Otlone Ciardulli, Giuseppe Capparozzo a Castelfranco Veneto (documenti inediti). — Arduino Colasanti, La časa di Goldoni. — Elda Gianelli, Lettere e poesie postume di Mario Rapisardi. — C. G. C., II canto II deli' inferno coininemorato da E. G. Parodi. - Arduino Colasanti, Bramante. — Flaminio Pellegrini, Fantasmi epico-drammatici del mondo poetico Carducciano. * Madonna Verona, A. VII, n.i 3 e 4: Gaetano Da Re, I Cicogna del secolo XVI. — Giuseppe Fiocco, Appunti d'Arte Veronese. — Giuseppe Biadego, II lapicida Alber o di Antonio da Milano. — Attilio Mazzi, Gli Estimi e le Anagrafi veronesi del sec. XV. — Antonio Avena, La paternitA del campanile del Duomo di Verona. — Alessandro Da Lisca, La Chiesa di S. Teuteria e Tosca in Verona. — Vittorio Cavazzocca Mazzanti, Una pala in Sandra erroneameute attribuita a Brusasorzi. — Luigi di Canossa, Sulle antiche portelle di S. Maria in Organo. * Addi 10 aprile furono scoperte a Monfalcone durante i lavori di escavazione a mezzo giorno del Monte dei b&gni parecchie tombe di cotto e due anfore, contenenti ossa umane. -ž Felix Rarenna, Ravenna 1914, fasc. 13: A. Testi Rasponi, Note Agnelliane. La basilica Ursiaua. — Iacobus Feinstein, Eine unbeuutzte Quelle tler sogenannten Maximilianskathedra. — Giuseppe Gerola, Di alcune antiche chiese deli' agro ravennate. — Silvio Bernicoli, Arte e artisti in Ravenna. * L'Ateneo Veneto, Venezia, A. XXXVI, vol. II, Fasc. 2 e 3: Ben-vennto Clemente Cestaro, Rimatori padovani del Sec. XV. — A. Pilot, Una canzone inedita a S. Marco di Iac. Vinc. Foscarini. — Guido Bustico, Le Accadeinie di Salo. — Conte Nani-Mocenigo, e prof. conte Federico Pelle-grini, Commemorazione di Gaspare Gozzi nel secondo centenario dalla nascita. — Giulio Natali, II ritorno di Carlo Gozzi. — Giuseppe Ortolani, Intorno alle Lettere diverse di Gaspare Gozzi. — A. Pilot, Due versi al Gozzi deli' abate Barbaro. — Rassegua bibliografica. — Noterelle biblio-grafiche. * Atti e Memorie della R. Accademia Virgiliaiia di Mantova, Vol. VI, Parte I e II: A. de Vcdles, Gli organi dello Stato. — A. Luzio, Con-tributo alla storia delle suppellettili del Palazzo ducale di Mantova. — P. Torelli, Un priviiegio di Matilde per i Visdomini di Mantova. — Atti. Necrologie. * Atene e Roma, Firenze, A. XVI, n.i 177-180: C. Pascal, Una strana iscrizione metrica latina. — A. Gandiglio, L. Pomponii «Praeeo Posterior« fr. X. — P. Ducati, La ricerca archeologica nell' Etruria. — E. Romagnoli, La seconda Oliinpia di Pindaro. — H. Gummerus, Dai muri di Pompei. — G. Patroni, Archeologia e storia antica. — U. Galli, II «Sigillo» di Teognide. * Bollettiiio del Museo Civico di Padova, A. XIV, n.i 1 6: Almagia Roberto, La carta e la deserizione del Friuli di G. A. Magmi padovano. — Moschetti A., Uno scultore pistore o Pistore del secolo XV. — Moschetti A. e Cordenons F., Relazione degli scavi archeologici eseguiti a cura e spese del Museo Civico di Padova in un orto di vicolo Ognissanti dal giorno 11-26 aprile 1910.— Rizzoli L., Daulo Dotto de' Dauli e il monu-mento decretatogli dal Comune di Padova nel 1647. —I sigilli nel Museo Bottacin di Padova. - Monete romano-repubblicane rinvenute a Padova. — Zenvari Iacopo, Giacomo II da Carrara, signore di Padova (1345-1350). Volpati Carlo, «1 Promessi Sposi« melodramma di un padovano (Antonio Maria Gusella). & II Marzocco, Firenze, A. XIX, N.i 6-12: Guido Biagi, Giovanni Tortoli. — Giovanni Nascimbeni, La veritš, nei ricordi e nelle lettere di Wagner. — Giulio Caprin, L' Arco di Odisseo. — Giuseppe Ortolani, II triste presagio di un veneziano nel 700. — Guido Biagi, Intorno a una commedia storica. Leopoldo II granduca di Toscana. — N. T., Tesori inediti o ignorati: VII. Un cofano di cuoio lavorato del 400. — Giuseppe Livparini, Romanzi e novelle. — Luigi Dami, Nel IV centenario dalla morte del Bramante. L' architetto. — Giuseppe Lipparini, «Rogo d' ainore». — L. D., Tesori d' arte inediti o ignorati. VIII. Una tavola di Bernardo Daddi. — Nello Tarchiani, Iacopo della Quercia e le porte di San Petronio. — Giovanni Rabizzani, L' Italia nell' opinione dei romantici. — Giulio Caprin, Vecchia poesia tedesca. * Rivista teatrale italiana, Firenze, A. XIII, Fasc. I: Luigi To-nelli, II tragico d' annunziano. — Arnaldo Bruno, II teatro Alfieri in Firenze. — C. L., Le pubblicazioni del Centenario Verdiano. — Recen-sioui: 1) Teatro. — Spoglio dei periodici. * Forum lulii, Gorizia, A. IV, Fasc. I: Giovanni Cumin, Del Conte Erines di Collorodo e delle due edizioni delle sue poesie. — Prof. TUa Brusin, II primo sigillo d1 oculista trovato in Aquileia. — Fonti di storia friulana. — Archivio demologico. % Ii'Ateneo Veneto, Venezia, A. XXXVII, vol. I: Gimeppe Pava-iiello, La Scuola di S. Fautiu ora Ateneo. — Benvenuto Clemente Cestar o, Rimatori padovani del Sec. XV (eoiitiimazioue). — G. Barbon, Pritnavera veneziana. Maržo. Poesie. — Rassegna bibliografica. — Noterelle biblio-graflche. * Col t ura e Lavoro, Treviso, A. 55°, n. 1-4: Tito Garzoni, Francesco Dali' Ongaro in una polemica trevigiana. — Prof. G. Bindoni, Del criterio fondamentale alla retta iutelligenza della Divina Commedia. — Augusto Serena, II Coinune di Treviso alla diffalta del 1134. — Corrado Gini, L' uomo medio e 1' ideale estetico. — Ottone Ciardulli, Per una critica di Giuseppe Bianchetti. — Mons. Angelo Marchesan, Laudi e pre-ghiere in volgarc (Fine). — Prof. G. Bindoni, Se la visita ai regni delle anime si finga immaginaria o reale. vir Illustrazioue Camuiia, Breno (Brescia), A. XI, n.i 1-5: Alessan-dro Ferretti, L' altipiano di Astrio e le funicolari aeree. — Salvo Romolo Putelli, Leonardo da Vinci sul Sebino e in Valcamonica? — Bonifacio Favallini, Cividate la «Blasia» antica. — Salvo Romolo Putelli, Un medico-poeta brenese della rinascenza: Antonio Bono Cattaneo. — Bonifacio Favallini, La coutea di Edolo-Vezza-Dalegno nel 1400. — Dolt. Prosa, Rassegna Bibliografica. ZESena/to IESIna,ld.I Fini, vittima di un male che da Iungo tempo lo insidiava e ch'egli non aveva saputo o voluto combattere, il 6 maržo p. p., nella verde pace della sua Portole, ov' era nato venticinque anni prima. Non avea fatto che parte degli studi ginnasiali: dovette dunque il piu delle sue molte e varie coguizioni alla sua ardente sete di conoscenza. Per soddisfare al vivo bisogno che provava di esercitare assiduo e multi-forme 1* officio dello scrittore, si fece giornalista. Compl il suo noviziato a Pola, nella redazione del Gionialetto. Desideroso d' indipendenza, fondo a Pola, insieme con Antonio Pesante, la pugnace Fiamma. Staccatosi da quel giornale subito dopo finite le elezioni politiche del 1911, stette alcun tempo in ozio. Poi, passo al Piccolo di Trieste, e dal Piccolo alla Vita; dalla quale ultima s' allontano pochi mesi prima della inorte. Condusse vita piu da bohemien che da giornalista; ma seppe non-dimeno trovar tempo a comporre, in quattro o cinque anni, qualche di-screta novella e tre buoni libretti di versi: Piccole voci, I canti e Vecchie arie (in cui rifuse anche il meglio delle raccolte precedenti e che uscirono a Pola, nel 1912, per Silvio Volpi). Quando il R. si fece conoscere come poeta, non isfuggi a nessuno la stretta dipendenza deli' arte sua da quella di un grande maestro, il Pascoli. Non che il R. imitasse tutto il Pascoli: egli si limitava (buon segno) a riecheggiare il Pascoli piu umile o piu semplice ma anche piu poeta, il Pascoli delle Myricae e dei Canti di Caatelvecchio. E lo riecheg-giava, da innamorato, nei motivi, nello stile, nella costruzione dei versi e delle strofe, nelle armonie imitative, persino in certi caratteristici voca-boli. Sicche quella che verdeggiava solitaria nei versi del R., tra un velato rombar di campane e un vispo cinguettar d' uccelletti, non era il piu delle volte la vera campagna istriana, ma una campagna istriana un po' romagnolizzata o, se cosi piu piaccia, pascolizzata. Quando pero il R., dotato non pur d' eccellenti facolta assimilative, ma anche di 11011 co-muni attitudini a cogliere indipendentemente dagli altri il fiore della poesia, sapeva o voleva liberarsi dali' ossessione pascoliana, riusciva a fermar nel suo verso, quasi sempre egregiamente lavorato e quabhe volta tornito con mano maestra, rappresentazioni fresche e nuove di certi malinconici pae-saggi deli' Istria interna, di certi ambienti campagnoli a lui in particolar modo familiari. Egli stesso ebbe piena coscienza (e lo disse) del pericolo che correva durando nell'imitazione del Pascoli; e, versatile e ingegnoso injtelletto, si strappo un bel giorno risolutamente di dosso quella gravosa eamicia di Nesso. Fu una liberazione, si, ma una liberazione che termino con una nuova prigionia. Giacche, non ancora abbastanza signore della propria ispirazione, cadde in un'altra maniera; nella maniera che, movendo da certi. languidi ritmi dannunziani del Poema paradisiaco e piacendosi in ispecie di raffinate evocazioni setteccntesche, di vecchi čembali e di vecchie spinette, di arie «un po'» stanche e di salotti «un po'» stinti ecc., culmina nei versi smidollati e cascanti del Gozzano e d'altri modernissimi decadenti. Seguace dunque del Pascoli nelle Piccole vod e nei Canti, del D' Annunzio e del Gozzano nelle Vecchie arie, Renato Rinaldi non im-presse un' orma spiccatamente propria nel campo della poesia istriana, benehe poeta vero ed artista di garbo. Ma, se fosse vissuto, avrebbe senza dubbio, o prima o poi, trovato la sua via. Ohime, quanto 6 sconsolante questo avverso destino che, da qualche tempo in qua, miete un dopo 1' altro, con feroce accanimento, i giovani nostri che meglio affidano delle. loro doti letterarie ed artistiche! 30. IV. '914. G. (j. Giui.iano Tessari editore e redattore responsabile. Stab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.