ANNO XVIII. Capodistria, 1 Dicembre 1884. N. 23. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Storia- lEPa/tria, Onorevoli Signori Direttori, L'altra volta io inviai Loro tre documenti storici risguardanti la publica salute; oggi, con questi undici che spedisco, ci troviamo a pochi passi di qua nella valle del Quieto. Un'altra volta, se permetteranno, ci rivedremo fra i soldati. — Sono documenti, come loro sanno, tratti dall'archivio di Piemonte al cui capitanio sono diretti, originali tutti, meno uno. Sta bene conoscerli, perchè del periodo veneto i documenti sono pochi. Di Loro devotissimo G. V. Portole, novembre 1884 Nella valle del Quieto I. „Sp. Dil. Nostro. Per essequire le comissioni dell' Ecc.ra° Sen.0 risolute della subita condotta de Pali tagliati per Dalmatia V. Spa. immediate senza frapporvi minima dilatione fara comettere a tutti li barizadori habi-tanti sotto la sua Giurisdiz." che debbano prontamente e subito cominciar a carizar e condurre alla Bastia li Pali che si trovano tagliati nelle Costiere di Giacomo Bartoli e Zuanne Bartoli nel Territorio di Montona al numero di Due mille et cento sotto Grisignana continuando sollecitamente la d.a condotta con li altri di Piemonte e di Grisignana fino che sia compito di condur tutto il numero, che delle mercedi della condotta sarà ognuno soddisfatto con pronto danaro del deputato in questa Camera; Dovendo però essi Carizadori far di volta in volta la consegna delli pali che conduranno al Soprastante publico alla Bastia e farsene fare il solito bollettino per poter sopra di quello ricevere la mercede Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. conveniente e ragionevole. Imponendo pena a tutti ditti carizadori di Pregione, Corda, Galera, Bando et oltre ad arbitrio di ubedire et essequire senza replica veruna 1' ordene sopraditto. E V. Sp.a do-verà avisarmi con nota distinta dei ditti Carizza-dori, che saran comandati, per riconoscer se ne fossero d' inobed.h da castigarli. Da Capodistria li 12 Mag.' 1658 And. Erizzo Pod.» e Cap.» * II. Sp. Dil. Nostro. Dall' Eccelso Consiglio di X-.ci con Ducali di 27 Agosto passate ordinato il taglio di olmi cento nella Valle di Montona da farsi nel sott.il di questa luna, resta a me anco comesso di gettarne la Carratata per il taglio stesso e per la condotta al luoco dell' imbarco. Perciò la Sp.a V/ con publico proclama si contentarà far cometter a tutti quelli che tenessero Buoi da lavoro in cotesta sua giurisdizione niuno eccettuato, così essenti come non essenti privilegiati e non privilegiati che nel termine di giorni otto sussequenti debbano haver in mano di chi s' aspetta dato in nota la giusta quantità degli accennati Buoi da lavoro che havessero in pena della perdita dei medesimi, et d' esser anco criminalmente corretti ; Con avvertimento nel Pro» clama stesso che non sarà essentato alcuno, se non quelli soli che tenessero special privilegio d'essen-tione dall' Ecc."10 Senato da esser riconosciuti da me giusta il consueto. V. Sp.a poi mi farà pervenir a questa parte dove m' attrovo per altre Publiche occorrenze, le accennate note con ogni celerità e sicurezza possibile mentre le auguro ogni contento. Parenzo XI Marzo 1672 liUiiardo Marcello Gap.0 di Raspo. Noi francesco Pasqualigo per la Serenissima Republica di Venezia Oap.° di Raspo e sua giurisdizione. Decretato dall'autorità sovrana dell'Eco."10 Senato il taglio di 28 mille Tolpi nei Boschi privati di questa Provincia per la riparazione de' Lidi della Dominante, resta destinato dagli Ecc.mi .Magistrati alle Aque et Reggimento all'Arsenal frane.0 de Gerolamo Cap.° della Valle di Montona ad effettuarlo; detratti però Tolpi 4200 che devon esser recisi da Zuan Coradin e Zuan Baruzzi sotto Protri di quell' Ecc." Casa. Incaricati però Noi a prestar ad esso Cap.° della Valle tutte quelle assistenze che si rendono necessarie per ben adempir requisito sì importante ; Ricerchiamo cadaun publico Rappresentante e Giusdicente di questa Provincia di contribuir ad esso Ministro quanto gli potesse occorrer nell' essercitio delle proprie incombenze, e comettemo a tutti li Zupani et huomini di < omun a quali sarà il presente mandato nostro ch'in pena de ducati 50, corda, pregion e galera debbano ad ogni richiesta d' esso Capitanio condurlo ne boschi delle loro pertinenze e terreni ne quali vi fossero Tolpi et quelli reciderli et ricever in consegna,la norma di quanto le sarà da d.° Ministro ordinato, da farne a tempo opportuno anco la condotta all' Imbarco dove et quando le sarà comandato et iu tutto in conformità delle Comissioni più diffusamente delli preditti Ecc.mi Magistrati al sudetto t ap.° rilasciate. Tanto dovrà essere essequito sotto le pene preditte da esser irremissibilmente levate agi' ino-bedienti. In quorum Pig.te 18 Giugno 1705 Frane.'1 Pasqualino Cap. di Raspo. (Continua) DIGRESSIONI*) La Colonna della Giustizia sulla piazza (lei Brolo maggiore. Il Brolo piccolo Già la statua, a suo tempo sopra la colonna com' è da credere, s' è smarrita. Chè non penso sia quella, secondo taluno vorrebbe, che di presente si vede, alta m. 1.63, iu fondo al giardino De Mori in contrada Ponte piccolo, sia perchè non corrisponde al disegno — del resto non molto finito — che di quella della Giustizia ci lasciò il Petronio, sia perchè narrano i ne- ') Documento in copia. *) Vedi i numeri 20,21 — La colonna di Santa Giustina e il uum. 22 — Digressioni. poti che la statua acquistata dall' avo loro Francesco trovavasi in origine sopra o dentro al teatro di via Belvedere a rappresentare la Giustizia sulle maschere. Quantunque il nome di Giustizia, che tuttavia dura in questa tradizione di famiglia, mi faccia propendere alquanto iu favore dell' altra asserzione. Ed anche 1' epoca in che fu acquistata sarebbe quella, quando la Giustizia del Brolo fu abbattuta ed asportata, probabilmente insieme cogli ornamenti delle due cisterne, uel 1807. La Piazza del Broilo, su cui dice il Petronio si ergeva questa Colonna con la statua della Giustizia, esiste tuttavia con lo stesso nome sita nella parte più alta e piana della città detta Caprile ancora ai tempi del Naldini — v. pg. 186 (recte 192) della sua Corografia ecclesiastica di Giustinopoli, Venezia 1700 —; ma, comò giù negli Statata Justinopolis, Venetiis 1668, I 37: De portantibus, seti tendentibm Coria in Broilo, oggidì si nomina semplicemente Brolo — però senza geminazione dell' l, nè più Brolio o Brogio, come ai tempi di G. R. Carli, se non erra 1' edizione Tondelli della Dissertazione del governo, magistrati ecc. e deWantica condizione di G-iustinopoli o Capodistria nei secoli IX e X pg. 131 —; e non già Brolo maggiore, come nell' altro passo degli stessi Statuti IV 36 : Quod nento audeat fodere, vel congregare termiti vel Letamen...... in Broilo maiori. E che la piazza accennata dal Petronio, che or si dice semplicemente del Brolo, sia 1' antico Brolo maggiore ne viene dal fatto che altra piazza più estesa di questa non v' è a Capodistria. Si nomina poi ora semplicemente Brolo, perchè un Brolo minore, che già dal secondo de' passi surriportati si può supporre vi fosse, or non è più, almeno di nome. Che vi fosse risulta certo dai seguenti passi dell' LXXXVIT e LXXXX dei Cento Documenti inediti publicati ed illustrati da : G. Cescar nel libro La sollevazione di Capodistria nel \ 1348, Verona Padova 1882: Iterimi etiam prò huius-j modi securitate, fiat, a capite cuiusdam loci vocati, I brucilo pizolo, versum mare, una port i bona et fortis \ que omni nate (sic) claudatur. — et jnsuper prò maiori ! securitate fiat a. Capite Cuiusdam loci vocati ISruolo pizolo, versus Mare una porta bona et fortis que omni \ nocte claudatur. — Dove fosse determina bene il corrispondente P. T. uel commento che fa a' citati passi nella recensione del libro, XVI 18 pg- 143 della Provincia. E io lo trovo acceuuato anche a c. 94r. del Libro de' Consigli Q: Die 26 Aprilis 1576 — Constituti ante Januam domus habitationis sp. D Jo.s Francisci Ga-uardi Syndici huius Mag.cae Co.itatis sitae in Broylo pannilo. Mi uarrnuo poi che in diversi tempi vari membri della famiglia Gavardo abitarono or P una or l1 altra delle case situate a sinistra — per chi vi cammini dalla piazza del Duomo — di via del Belvedere, cominciando dalla seconda dopo il teatro e terminando a quella che fa angolo nel Belvedere stesso. E in due di queste case abitano tuttora due Gavardo. Or si vede anche da questo passo e meglio ancora da un documento copiato nella digressione seguente dal Libro B c. 151 r. e v. — dove anche questo è detto Broglio solamente, ma scritto coli' l ammollita — si vede che Brolo piccolo si chiamò il largo fra dette case, il Belvedere, l'istituto Grisoni e la Casa Madonizza attuali, il largo reso ora da deserto piacevole mercè le cure della Società d'abbellimento e che fra breve si chiamerà Giardino dell'Arsenale. Perchè so che apposita Commissione nominata dal benemerito Municipio à compiuto ormai il tanto desiato battesimo delle vie e delle piazze della città e quel che resta a farsi è il meno e, com' è buona speranza, si farà in breve. Per tutto il sovraesposto nou credo col Pusterla che il Brolo minore possa essere il tratto fra le soppresse chiese di s. Giacomo e di s. Francesco, vicina la prima all' edificio del fontico e quasi a fianco del medesimo, nella quale oggi si tengono in serbo le robe della Scola del Sacramento, l'altra convertita in palestra dentro a cui sgranchiscono gli allievi de1 maggiori istituti scolastici locali : contiguo dunque al Brolo maggiore. Perchè, dice lui, sul piazzale vicino al Belvedere si ergeva la chiesa di s. Michele e il fabbricato dell' arsenale. E in fatti si vedono questi due edifici disegnati su quest' area nella vecchia pianta di Capodistria citata ; ma non è necessario pensare occupassero tutta la superficie da noi delineata, nè la occupavano. Quantunque ci sieno stati pur due Piazzali, denominato 1' uno di Ponte grande, l'altro di Ponte piccolo — v. la Parte presa Die 28 Mensis Nouembris 1563 a pg. 156 N. 33 del Quintus Liber Statutorum Justinopolis, in quo multae Litterae Ducales, Terni inationes, et Partes continentur — ed erano contigui essi pure subito dentro della Porta principale della città, detta appunto Ponte o della Muda — v. Libro de1 Consigli 0 cc. 134, 135 r. e meglio cc. 151, 152 r., sulla quale ultima il fondo di Ponte piccolo è disegnato — mentre ora non resta che il nome solo di Piazza del Ponte, che si dà al primo ; Contrada di Ponte piccolo chiamasi in vece talvolta il rione in che esse piazze sono comprese e che si dovrebbe chiamare del Ponte soltanto. 0 è da supporsi che ce ne fossero tre? Brolo maggiore, Brolo minore e Brolo piccolo? Non credo : chè nel Libro de' Consigli L trovo a c. 3 v. : Die 7 Junij 1533 — Constituti s. antonius gauardus in eius appotheca posita in Broylo maglio ecc. E mi scrive il Pusterla che uua famiglia Gavardo abitava ancor nel secolo scorso la casa Elio sita nel Brolo odierno, la casa che fa angolo di rimpetto a quella Gravisi, a destra di chi venga dalla piazza del duomo, dove una bottega è tuttora ed era non è molto un' apo-teca o farmacia che si voglia dire. Ed ivi a C. 100 r. : Die p. septembris 1538. Constituti jn broylo muffilo ante portam paruum ecclesiae D.na Maria r. qu D.ni Santj grisoni ... E leggo inoltre a c. 54 v. del Libro N: 1551 Die 18 Augusti — Notum sit : Qua-liter D.nus petrus de porto uicentinus ( agens nomine B.mi Episcopi lust.lis prò quo promisit de rato) ad instantian Ci mi D. pot.tis et D.norum Hier.j Vergerij et Hier.j Zarotj Syndicorum huius Mag.cae co.itatis agentiumque nomine ipsius, et sic sucessorum suorum, dedit et locauit eius domum positam in brollo maglio prope episcopatum cum omnibus juribus suis D.no loanni del nieuo cap.o millitum (qui fuit missus Iustinopolin ab Ex.mo Due. Do. Venet. ad custodian sup.stae ciuitatis) ad affictum, et nomine Affictus per Annum unum tantumodo ecc. Ed ivi a c. 170 v. : Die 17 lanuarij 1557 — Constituti in broilo muffilo ante fonticum co.is s. Hier.s de Basilio et s. philippus Sta-risoldu ecc. Onde si vede che il Broilus maior era pur detto Broilus magnus ed ò anche certo che si dicesse e Brolo piccolo e Brolo minore promiscuamente il largo medesimo più su determinato. E si vede pure da questi due ultimi passi vie meglio che dal precedente, essere il Brolo maggiore o grande nou altra che la piazza ancor oggi chiamata Brolo, ma Brolo soltanto: chè la porta della sagrestia del Duomo e gli edifici dell'episcopio e del fontico guardano su di lei. Ecco appagato, come fu possibile, il desiderio dal Luciani espressomi nella 1. c.. E certo sarebbe stata buona cosa, se ai Nomi delle Contrade interne ed esterne di Capodistria nell' Istria del Kandler I 78, 79 pg. 316 sg. avesse il Pusterla aggiunto anche quelli delle Piazze e dei Piazzali. Per finire poi la un po' lunga digressione aggiungerò che in uua casa situata iu capo al Bro'.o piccolo si tenne scuola per un anno almeno, che fu il 1520 e 21, secondo è scritto nel Libro de' Consigli H a c. 115 r.: adi 4 luió 1520 — M.r Bono de Victor et mr Fran.co dei Zarotj syndicj de questa spectabel co.ita anno tolto affido parte de una caxa posta in chauo de bruolo pizo de m.r Cristoforo Serenis et de s.r Piero Cararrio per nome de la excell.tia de m.r Marco Ant.o Ualdera per tignir schuola. Zoe la salta cum la camera granda et una altra camera in cauo de la sulla serada de tuole, ia qual caxa si è del sopra scrito per hanno uno a rason de lire trenta nuoue al anno, et tal achordo fu facto adi 4 luio 1520 et principiala adi quindexe del instante et cum questo che ge se debia dar dictj danarj de tre mesi in tre mesi a rason de lire nuove et soldi quindexe per paga et dictj danarj se die trazer d/jZ la muda de questa spectabel co.ita. (Continua) DOMANDE Nella Cultura del 1 Settembre 1884 a pag. 546 in una recensione — I Manoscritti della Biblioteca di Dresda — Katalog der Handschriften der Jcó. Bibliothek ecc. ecc. Leipzig Teubner leggesi come segue: „I1 secondo originale, legato in pelle rossa, tagli dorati ha in mezzo : MATTHAEO MARINO — di dietro MDLIII di 67 carte. La prima pagina miniata. La Vergine col bambino con un pesce in mano. San Matteo che 1' adora, sopra il leone di S. Marco, sotto lo stemma. In uno scudo leggesi: „Nos Marcus Antonius Trevisano Dei gratia Dux Venetiar: et G." A principio del codice le iniziali son dorate, poi non più. Contiene istruzioni date a Matteo Marino mandato governatore in Istria. Si sa la sapienza che contengono queste istruzioni ; sarebbe superfluo il fermarcisi sopra." Sta il fatto adunque che tra i manoscritti della Regia Pubblica Biblioteca di Dresda ve n'è uno che interessa la storia dell' Istria. Deve contenere cose di molta importanza. Appianate le differenze per i possessi di confine tra Venezia ed Austria nei congressi di Trento e di Gradisca 1535, rimanevano sempre nel 1553, anno della missione del Marino in Istria, molte difficoltà. Nel 1552 si stabiliva l'ufficio dei provveditori ai boschi, nel 1559 fu fortificata Albona contro gli Uscocchi. Di più trattavasi di provvedere contro le mene dei protestanti. Ora una domanda. 0' è copia di questo documento in Istria? Se no, voglia 1' Eccelsa Dieta trovar modo di averne copia quanto prima. Girolamo Aleandro nunzio del Papa contro Lutero in Germania e celebre umanista nacque in Motta di Livenza di famiglia nobile, dei marchesi di Pietra Pilosa, in Istria e dei conti di Landro nel Friuli (Vedi Nuova Antologia 1 Febbraio 1884 pag. 463). Discendeva adunque dai marchesi di Pietra pelosa per parte di madre? Come? Quando? P. T. 2ST o tìzi o L'illustre economista e pubblicista veneziano, Alberto de Kiriaki, professore di Diritto e di Economia nell'Istituto tecnico di Padova, scrive iu una splendida biografia intorno a Carlo Combi queste parole, che noi riportiamo, certissimi di far cosa grata a tutti i nostri comprovinciali: «Dovunque era necessaria 1' opera dell' uomo giusto, il consiglio dell' uomo sapiente, 1' abnegazione completa dell' uomo benefico, 1' opera, il consiglio, il soccorso di Carlo Combi non mancarono mai ed ei dappertutto lasciò memoria duratura di sè, dappertutto lascia tua uu vuoto che nessuno potià riempire: poiché difficilmente si troveranno congiunti ed equilibrati iu un solo: il carattere intemerato, la lealtà purissima, la modestia semplice e spontanea, l'animo mite e gentile, la volontà ferma e pertinace, l'intelligenza sovrana, la dottrina vasta e severa, il sentimento religioso austero, illuminato, profondo. Abborrente dai meditati raucori, indulgente nel giudicare gli altri, severo cou sè stesso, Carlo Combi visse incoutamiuato, trascorse l'affaticata vita virtuosa amando e beneficando, ebbe un solo pensiero: la patria; un solo affetto; la famiglia; un solo culto: la fede immarcescibile nella verità che cercò affannosamente, e fu credente ma credente della scuola nobilissima del Manzoni, del Rosmini, del Ventura, del Lacordaire, dell' 0-zauam, profondamente divisa così dalle profanazioni volgari della religione politica come dalla sciagurata negazione di quanto più eleva la umana natura. Carlo Combi amò la patria, la scienza, Dio, e la patria riconoscente tramanderà ai tardi nepoti il nome suo con memore affetto ; la scienza rammenterà con onore gli scritti suoi eminenti e Iddio avrà già raccolta la nobile auima passata alla vita della perpetuità e della pace . ... u È morto iu questi giorni a Venezia Rinaldo Fulin, reputatissimo autore di molte opere, tra le quali delle Iscrizioni veneziane e della Storia documentata di Venezia. Fu docente nella Scuola superiore di commercio in Venezia. Amicissimo al Combi e al Luciani, era anche molto amato e stimato a Trieste e nella nostra provincia. I numeri 10 e 25 novembre del periodico Patria venuero sequestrati per ordine della i. r. Autorità politica. La deputazione veneta sopra gli studii di storia patria, nell' adunanza solenne della società tenutasi in Este, addì 9 corrente, nominò suo socio corrispondeute il chiarissimo nostro archeologo, avvocato Dottor Carlo Gregorutti. L' Osservatore Triestino pubblica la notificazione luogotenenziale concernente le nuove elezioni per la Camera di commercio e d'industria nel Marchesato d'Istria in Rovigno. Per vendicare la falsità di fatto incisa in una lapide che sta infissa nell'interno della ex Chiesa di S. Giacomo, ora magazzino del Duomo, ci scrive un nostro concittadino quanto segue : sappiamo da tradizione presto secolare, che al cader della Republica di S. Marco (12 Maggio 1797) e precisamente tre settimane dopo, è avvenuto a Capodistria un serio moto popolare con qualche spargimento di sangue e con minaccia d'incendiare la città. Risulta dagli Atti Comunali, che il sindaco Nicolò de Baseggio e non altri ebbe il merito si sedare il movimento. Il Vescovo aveva tentato indarno di calmare il popolo dal pergamo, che anzi corse pericolo di vita per una fucilata che fortunatamente non lo ebbe a colpire. Dopo di lui salì un banco il Baseggio, e con discorso caldo e fraterno riuscì a domare il popolo, il quale sul Vangelo giurava pace e tranquillità. Ciò avveniva il cinque e sei Giugno 1797. Tutto ciò è confermato da una necrologia a stampa in morte di esso Nicolò de Baseggio, firmata dai Capi Comunali, che il prelodato nostro concittadino ci trasmette, nella quale, tra altro, è detto: "Al cader poi della Veneta Repubblica, trascinata «l'Istria, e Giustinopoli anch' essa, negli orrori dell' anarchia, Egli solo, fattosi usbergo di quella illibata coscienza, che meglio di ogni arma fiancheggia, non esitò di « alzarsi imperterrito tra mezzo un popolo furente; e con «sua grave eloquente allocuzione nell'affollato tempio, «giunse a tale, da ricomporre gli animi in calma, ed «evitare ogni presta effusione di sangue., E conchiudendo, soggiunge: cinque o sei giorni dopo, giungeva un governatore austriaco nella persona di Francesco Filippo de Roth — Ora leggiamo nella indicata lapide mille ringraziamenti al Roth per aver egli, sei giorni dopo spenta, sedata la rivoluzione ! L'ISTRUZIONE PRIMARIA Su questo tema, non nuovo al nostro periodico, ci viene comunicato 1' articolo che segue: Non è questione di personalità, ma cosa oggettiva, la quale apparisce tale a chi non si contenta di qualificare la gemma dai suoi splendori, bensì ne vuol provare la sua durezza. Non si può negare che il nostro secolo sia quello dei lumi, e che quindi 1' uomo trovandosi in un campo più vasto senta uuovi bisogni e cerchi i mezzi per soddisfarli. Si dice anzi che questo essere conosca la luce fino dal suo nascere, e venga oggi al mondo cogli occhi aperti ; a far comprendere così che i figli del secolo 19 non sooo soggetti alle peripezie della prima vita, come lo erano quelli dei secoli passati. Non nego anche questo, e . . . a chi non nega non sarà, negato. Spero quindi mi si concederà di dire che nell'avvantaggiata coltura moderna non devesi sconoscere il retaggio ottenuto dall' antichità, molto avanti, anche in fatto di educazione. Un malinteso regna oggigiorno intorno all' istruzione, e ciò, perchè 1' uomo trasportato con celerità singolare da un capo all' altro del mondo dalla forza motrice del vapore, crede di potor superare addirittura ogni distanza, ogni barriera, anche là dove natura assegna stabili contini, insormontabili alla volontà umana. L' uomo è un essere finito, il quale ammette aumento di forze sì iutellettuali che fisiche; ma abbisogua del tempo per la sua evoluzione. La vita di questa intelligenza servila da organi, coinè definì 1'uomo il Gioberti; la vita ha le sue fasi distinte; uua vegetativa, l'altra spirituale. La vegetativa è propria della fanciullezza; quando cioè quasi istintivamente apre gli occhi e va cercando la poppa e quindi li chiude per tornare alla stessa una volta riaperti. Ma sia pure egli svezzato e sappia sostenere delle abnegazioni riguardo al cibo, non lo costringerà mai a rimanere seduto per diverse ore o più ancora per giornate intere, fisso sempre, immobile come uu oggetto qualuuque, quando invece 1' esperienza ci mostra il fanciullo nel vigore della vita, vispo, allegro, non schivo di movimenti, quasi un essere che ci dà l'i-dea del moto perpetuo. — Ebbene, mi si dirà, dove miri tu con le tue ciancie ? — Oggi i piani pedagogici concepibili più a a far mostra di sè nella colluvie di uuove teorie, di quello che a tesoreggiare sulla facoltà del pensiero, si studiano di dare alla mente umana una veste di coltura enciclopedica, rendendo gli scolari altrettante cop:e di Arlecchino. — Lungi dall' appartenere alla scuola verista, dove l'ideale è il brago; io chiamo bianco il bianco, — nero il nero. Sì, la troppa luce abbaglia e questa è la scusa migliore che possiamo fare ai nostri pedagoghi. Di fatti, noi vediamo che distolto il fanciullo dalle cure materne all' età dei sette anni, qnando appunto comincia farsi strada la ragione, e quando le ginocchia ; della madre dovrebbero essere il primo istituto di educa-i zione, è costretto a rintanarsi iu un' augusta scuola, e qui respirando un' aria infetta, perchè corrotta dalla diversità delle aspirazioni, deve, inchiodato sopra una panca, ascoltare adesso una lezione di storia naturale, quindi una di fisica, un' altra di matematica, un'altra di astronomia, per poi uscire da quel nido con in mano le dottrine scritte o stampate e colla testa a zibaldone, sul quale sta scritto : de omnibus aliquid, de toto nihil. Il moto della nostra epoca è Excelsior\ ma ogni cosa a suo tempo e luogo. Volete, per esempio, coltivare un campo ? Ebbene, io credo che prima penserete a lavorare la terra, poi farete i solchi, e infine ci porrete la semente. Uu tanto lo sa ogni donnicciuola, mi direte ; ma cerne allora volendo coltivare il vergine campo della mente, caricate di un peso straordinario il cervello del povero fanciullo da renderlo poi incapace di darsi ragione nonché delle cose udite, di distinguere nemmeno uua materia dall'altra? E ciò bastasse; che il docente, vit- tima a sua volta dell' erroneità del piano pedagogico, per esaminare nei dieci mesi di scuola l'amasso di scienza stabilito, deve imbottire di lezioni il fanciullo iu quelle brevi ore di libertà, che gli concede 1' orario scolastico ; per cui arrivato a casa è costretto di porsi a tavolino e quindi elaborare i suoi pensi, e divorare le pagine di quei compendi scientifici, i quali per nulla o per poco almeno cedono all'opera prima ed intera. Così la scuola, causa un piano fatto d'istruzione, riesce una di quelle officine, in cui il lavoro non è il nobile e regolato esercizio delle forze umane, ma riduce il lavorante una macchina e peggio. Ma qualcuno forse mi domanderà: voi che tanto deplorate le condizioni del presente, perchè non mi mostrate l'equità delle istituzioni del passato? Eccomi al sodo della questione. (Continua) L. Z. Appunti bibliografici Carlo De Franceschi. — Studio critico sulV istru-mento della pretesa reambulazione di confini del 5 Maggio 1325 Indizione Vili tra il Patriarca di Aquileja Raimondo della Torre col mezzo del suo marchese d'Istria Guglielmo di Cividale, il Conte Alberto di Gorizia ed Istria, ed i Veneziani. Di questa pretesa reambulazione, ossia verificazione di confini tra i domini del Patriarca, del copte d'Istria e dei Veneziani, assai si è già parlato in Provincia. Anche è troppo noto come alcuni credano che il documento sia tratto dall' originale redato in tre lingue, latina cioè slava e tedesca; e come gli scrittori croati vi attribuiscano somma importanza, perchè si vantano così arricchiti di un nuovo documento storico provante 1' uso che della lingua slava si faceva cinque o sei secoli addietro nell' Istria. L'egregio nostro De Franceschi con questo studio critico discese da par suo nell' agone per rompere una lancia a difesa della nostra nazionalità e del passato glorioso | dell' Istria, dimostrando con evidenti ragioni apocrifo il documento medesimo. E di queste per sommi capi si dà qui una breve recensione al lettore che non si sente disposto ad una così faticosa lettura. Ma poiché è assai probabile che i Croati tornino con cavilli alla carica, non sarà male indicare qui altre ragioni che il De Franceschi stesso o i giovani scrittori valuteranno per quello valgono, accettandole o meno per buone armi in nna seconda riscossa. Il De Franceschi comincia benissimo a battere in breccia. Rammenti prima il lettore che il preteso documento sarebbe del 1325. „ Siccome però, così il critico, nè il Patriarca Raimondo, nè il Conte Alberto II, nè il vescovo di Parenzo, rammentati nel diploma esistevano più nel 1325, essendo il primo morto nel 1299, il secondo nel 1304, l'ultimo nel 1283 è evidente che 1' anno recato dal-l'istrumento è erroneo, oltreché non è esatta nemmeno la indizione Vili, correndo in quell' anno la terza.„ Ben vide adunque col suo solito acume il Carli giudicando, nelle Antichità Italiche, quel documento un centone di atti di confinazioue di varie epoche. Qui davvero è aperto il campo a nuove disquisizioni; perchè leggendo l'atto di confinazione si rimane a una prima lettura maravigliati ; e il lettore nuovo, a simili sudi, non capisce come si possa di pianta inventare una sequela di nomi di persone e di luoghi. Rimanendo quindi incrollabili, ottime tutte le ragioni del De Franceschi, per istudi ulteriori consiglierei una analisi minuta, accurata del testo, per iscoprire le commissure e gli addentellati; perchè col Carli e col De Franceschi si ha a credere questo un centone mesco assieme, come vedremo, per fini particolari, un atto fabbricato con altri atti autentici, di varie epoche, e di varie persone. Noi Italiani dopo la lunga lottà sulla Cronaca di Divo Compagni sappiamo benissimo oggi come si fanno questi studi ; così pure i Tedeschi iu ciò valentissimi anche troppo ; tutta la dotta Germania riconoscerà quindi le ragioni del De Franceschi. Tocca ora ai nostri giovani, inquisire, scrutare, fare a brandelli la pretesa carta e al nemico vinto ed abbattuto dare 1' ultimo colpo di grazia. Perchè tra gli Slavi, nazione giovane e sorta jeri, c' è tutta la baldanza dei giovani, e di poco si accontentano e cantano facilmente vittoria. A chi si maraviglia adunque, per i tanti nomi e località descritte nel documento, e ne deduce 1' autenticità gì' Italiani ed i Tedeschi, addestrati con la critica moderna a demolire anche molti testi presunti di classici, mostreranno come il combattore in Istria la lingua e la civiltà italiana sia un osso molto duro. Lontano io dalla patria diletta, e senza il tempo e i mezzi per condurre simili studi; non posso che accennare a qualche mio dubbio : vedranno i dotti iu provincia quale partito se ne possa cavare. Ed anzi tutto richiamo 1' attenzione degli studiosi sulla formula ripetuta nel documento fino alla sazietà ; cioè alle lettere scritte e passate alle competenti autorità dopo la verificazione dei confini. La formula è quasi sempre la seguente — scrissero a V una a V altra parte lettere in lingua latina et schiava ; et signori riservandosi a se in linguam todescham. Qualche volta però si nota la variante — E alV una e alV alra parte furono scritte lettere in linguaggio latino e croato, ed a si la Signoria le serò in lingua tedesca. Farmi che questa differenza tra croato e schiavo sia una buona spia di apocrifità. Ma torniamo al De Franceschi. Opinando il Kandler che il testo originale sia stato scritto in latino, uel 1275, il De Franceschi adduce piene prove per dimostrare che non può essere neppure di quell' anno ; e conchiude : „Riteniamo non essere la pretesa reambulazione seguita nè prima e nemmeno dopo gì' indicati anni, e che l'istrumento sia apocrifo e null'altro che un'impostura escogitata assai più tardi a fine di valersene nelle incessanti questioni di confine che si agitarono tra i Veneti ed i Principi Austriaci, subentrati ai conti d'Istria nei loro possedimenti." Le prove recate dal De Franceschi per mostrare come l'istrumento non può essere del 1275 sono di quelle che troncano ogni questione. Neil' anno 1275 apparisce Abbate di S. Pietro in Selve, Semprebono, e nell' istrumento salta fuori un Alberto. Parecchi dei luoghi che neliTstrumento si vedono di ragione del conte si trovavano invece nel 1275 in possesso del Patriarca. L'istrumento mostra come assolutamente appartenenti al conte Cosliago, Cher-sano, Sumberg e Cozur ; invece erano sempre del Patriarca. E tocca via; con una pazienza ammirabile, con ragionamento serrato il nostro illustre scrittore procede in quest' opera di demolizione. Il preteso documento schiavo o croato ecc. ecc. non può essere del 1325, perchè in quell'anno i personaggi principali, ordinatori di quella famosa cavalcata su per le nostre montagne, erano tutti morti; non del 1275 per le esposte ragioni. A questi argomenti interni e diretti, ne aggiunge poi in copia il chiarissimo autore di esterni ed indiretti per sostenere la sua opinione, essere cioè l'istrumento un' impostura per valersene nelle eterne questioni tra i Veneti e i Principi Austriaci. I principali sono i seguenti : Primo. La reambulazione, come dall' introduzione dell' Istrumento, avea per iscopo di precisare i confini tra i territori spettanti al conte d'Istria, e quelli del Patriarca, e le terre possedute nell'Istria dai Veneziani. È strano però che non viene nominato alcun luogo di cui si potesse desumere che fosse soggetto alla Repubblica. Osservazione giustissima ; rimane però il desiderio di una minuta analisi dei testo medesimo. Così si pigliano due piccioni ad una fava. L' argomento del critico viene convalidato dal testo e si toglie al lettore la favorevole impressione che la lettura del documento isolato può fare. E davvero è ben ridicola la parte che si fa sostenere ai Veneziani in detto strumento. Non un accenno aL loro dominio, e qui latet anguis, come bene osserva il nostro autore. Si aggiunga che solo tre o quattro volte al più si fa uua fuggevole menzione della Signoria veneta, ma così in astratto e senza indicare i nomi dei rappresentanti il governo veneto. Ci abbiamo sì i nomi dei quattro Cavalieri del Conte Alberto che sono senti cC oro e del cavalier de Gerdosello, e dei signoreti de Pisin e poi di tutto il seguito del seguito del marchese Guglielmo de Cividal, rappresentante il Patriarca, e perfino i nomi dei zupani e di tutta quella brava gente che insieme sentava, marnava et beveva e se al-legravan. Solo da principio, perchè proprio non se ne poteva fare a meno, tra quel lusso di nomi e cognomi di zenti d' oro e di signoreti, si accenna ai zentilhomini da ben de Venetia (pag. 42) ; e un po' più sotto — La Signoria Venetiana. E bacia lì, e non se ne parla più fino alla chiusa dove è detto: VE qui furo ultimate le demarcazioni dei confini tra il signor Raimondo patriarca di Aquileja, e fra il signor Alberto conte di Pisino, il comune ed i signori di Venezia, (pag. 76) Nella lunghissima relazione sappiamo che le zenti d' oro, i signoreti i zupani andavano e venivano, ascoltavano la Santa Messa ogni giorno, e si davauo anche al bel tempo ; ma dei signori di Venezia silenzio : tutta zente che non sentava non marnava et non \ beveva. E vi ha di peggio. Nell'ultima pagina (77) è scritto : „E così tutti i signori bon pezo se consigliamo et tute queste comunità et così li conzo-rono che de tutte queste Conduction, qual hano fato per il paexe deba esser uno originai apresso signor Patriarca nel suo palazzo, e lo altro dieba essere apresso signor Conte in Pisin, et lo terzo dieba essere apresso il signor conte de Gorizia Oh questa sì che passa la parte! E i Veneziani non hanno da possedere anche essi un originale di ! detta reambulazione, fatta in parte su terre da loro j possedute? È possibile questo? E questo sarebbe! avvenuto in un tempo in cui i Veneziani aveano già tanta voce in capitolo, e accolta la dedizione ! di Parenzo (1267), di Umago, di Cittanova, di j Montona (1275) e imposto il tributo alle città | marittime, assediata e presa d' assalto Pola più | volte, ed esercitati altri vigorosi atti di protezione o dominio come vuoisi ? Queste ommis-sioni, questa superba trascuranza adunque dimostrano ad evidenza che la pretesa reambulazione fu fabbricata nel castello di Pisino da uno di quei signori conti, successore di quel tal conte di Pisino che nel 1278, solo tre anni dopo la pretesa reambulazione, invece di andare a spasso coi Veneti pei monti a riconoscere i confini, avea assalito il ca- stello di Montona difesa strenuamente dal podestà veneto (Vedi De Franceschi, Note Storiche pag. 135). Sempre gli stessi odi, sempre la stessa guerra al dominio veneto, vale a dire al sentimento nazionale e alla nostra civiltà! Secondo argomento. La reambulazione non è completa come dovrebbe essere stata, secondo il descritto apparato e concorso di persone. Terzo. Presuppone uno stabile e definitivo assestamento di domini fra il Patriarca, il Conte d'Istria ed i Veneziani, impossibile perchè contrario alle intenzioni così del conte come della repubblica intesi entrambi ad allargarsi. E vero che si potrebbe rispondere essere un modus vivendi e una pace fatta come se ne fanno tante. Ma noi vediamo che queste baruffe al confine si rinnovavano quasi ogni anno; ed è in ben altro modo che le due autorità s'intendevano per un momento sul terreno contrastato, come si vedrà subito. Quarto. È detto nell'introduzione che al marchese Guglielmo fu conferita dal patriarca come a suo rappresentante piena autorità così nel temporale, come nell' ecclesiastico. ^Et signor Guglielmo marchese mostrò le lettere del signor Raimundo Patriarca de Aquilegia in le qual se conteneva che è general Capitano de Forgiul, Istria, Cragna et Carniola et che ha piena auctorità in spiritual et temporali Osserva giustamente il De Franceschi che ciò è assolutamente inammissibile, perchè la podestà ecclesiastica in assenza del Patriarca veniva esercitata sempre da un delegato ecclesiastico, sotto il titolo di vicario. Per provare la delegazione in utroque, aggiungo io, si dovrebbe prima provare che il marchese fosse anche chierico. Quinto argomento. La reambulazione, secondo il preteso documento, si sarebbe fatta iu giorni ventuno da una comitiva di circa quattrocentocinquanta persone, che da per tutto trovarono alloggio e vitto. È questo probabile nei piccoli villaggi e castelli in que' tempi, specialmente avuto riguardo alle condizioni dell'Istria? No certo, risponde il chiarissimo autore. Davvero che leggendo questo singolare centone, a ogni pagina si può travedere la contraffazione. Si vede una mente regolatrice che mette insieme vari brani di vere reambulazioni, e si studia di dare al suo pezzo ordine ed unità. Ogni mattina si alzano, fanno la cavalcata, rialzano le pietre di confine abbattute, ascoltano le parti, e tutto finisce con la scritturazione delle solite lettere in linguaggio latino, schiavo e con la riserba della lingua tedesca per la Signoria. Si scorge sempre una grande cura dell' apparato scenico, della mise en scène come dicono. Una mattina, stando ai con- fini tra Pola e Momaran, tutti questi quattrocento signori „andarono a (astelnovo a desinar, et quando disinorono tutti questi signori se messono a sentar sotto el Cadogno" (pag, 54). Io vorrei un po' sapere come trovarono il necessario in 1 astelnovo della Polesana, e così in tutti gli altri villaggi e cascinali remoti dove sedevano dopo desinar all'ombra dei Gadogni, delle figure negre e detti olmi. Questo romanzetto della perambulazione diventa poi ridicolo e assurdo quando si paragoni al modo tenuto molte altre volte dai Veneti per regolare i confini. Tutto si faceva mediante un pajo di commissari, a ciò deputati da ambe le parti, scrive il De Franceschi. Così faceva Venezia, così il Patriarca. I documenti ci sono ; giovi esaminarli. Il Patriarca Marquardo nel 1367 delega Stefano Vigili e Raniero de' Vecchi per comporre le questioni fra le castella a lui suddite, e quelle dei Veneziani. „Marquardo per la Dio gratia Patriarca di Aquileia e Marchese d'Istria ecc. ecc. . . . alli Diletti ecc. ecc. . . . Poiché molte differenzie per causa de boschi, selve ecc. ecc. ... si sentano a rinascere tra . . . il Marchesato d'Istria e la comunità di Montona . . . (diamo incarico) a voi di veder, ascoltare, conoscere . . . insieme con li nobili Alberto Morosini, et Hermolao Viniero Hono-randi cittadini di Venezia .... ecc. ecc." (Vedi Notizie Storiche di Montona pag. 170 e 171) E così facevasi anche da parte dei Veneziani „— Nos Antonius Venerius Dei gratia Dux Ve-netiarum etc. . . . Committimus vobis . . . quod in nostros ambaxatores solemnes ire debeatis ad partes Istriae, occasione differenciarum confinium ecc. . . . (Vedi Notizie Storiche di Montona p. 175). L' egregio De Franceschi, provata la falsità del documento, si propone quindi il quesito : quando venne fabbricato? „NelP istrumento, risponde, si accenna a fatti e persone degli anni 1365, 1374 1400; si può adunque ritenere che quella scrittura venne elaborata tra il 1400 e il 1503. Si aggiunga che nella tentata regolazione di confini fra Montona Veneta e la Contea nell' anno 1457 i commissari austriaci produssero uu documento falso, come si rileva dal passo seguente dell'incordo del Venier e Cavodelista al Doge ; „Fossemo con li Oratori Imperiali ; e fu lì per predicti Magnifici Oratori, e mi monstrati tutte le raxon del Montonese tanto chiare e aperte quanto desiderar se possa...... che za anni XX hanno galdudo de questi territori usurpadi cum zonta de uno Instrumento falso, el quale poi che è stato monstrato falso non lo al-legato più."_ ""ì'Al'ODISTKIA, Tipografia di (Jarlo Priera. Ecco qui dimostrata la capacità a delinquere da parte dei Signori di Pisino ; ed è perciò assai presumibile che questo documento falso sia la re-ambulazione de quo 0 qualche altro atto simile. Chi poi vuole formarsi un' idea esatta della questione e delle tanti liti insorte tra i Signori di Pisino ed i Veneziani legga il citato Aricordo nelle Notizie Storiche di Montona del Dr. Pietro Kandler a pag. 197: e specialmente ciò che vi si dice della superbia todeseha e delle incursioni degl'Imperiali, alle quali certo altre incursioni venete, come è naturale, saranno succedute. Conchiude adunque il De Franceschi che la falsa reambulazione fu messa iu luce probabilmente nel 1502 dal citatovi capitano di Pisino Giorgio Ellacher per servirsene in danno dei Veneziani ; e che in ogni modo convien ritenere che, «questo istrumento provatamente apografo venne fatto redigere da qualche capitanio della Contea di Pisino a bella posta in lingua slava e con caratteri glagolitici, noti soltanto ai preti della campagna (e non a tutti) con l'intenzione di meglio abbujure la cosa, e far passare per autentico un falso istrumento." P. T. GIUSEPPE VIDACOViCH Ieri alle cinque del pomeriggio cessò di vivere l'egregio nostro concittadino Giuseppe Yùìaco-vich, nella grave età d'anni 83. Fu padre amorosissimo e lascia immèrsi nel dolore le figlie Francesca e Maddalena, nonché i figli, — onore della nostra provincia, — Avvocato Dottor Antonio, Avvocato Dottor Girolamo, e l'Ingegnere Dottor Domenico. La memoria della specchiata sua onestà e dello sviscerato amore paterno, non si cancellerà mai dall'animo de' suoi concittadini. PTj BBLICAZIONI Notizie storiche del castello di Portole nelVlstria di Giovanni Vesnaver. Estratto dali'Archeografo triestino, nuova serie, fascicolo I-II, settembre 1884. Notizie storiche della città di Pirano del professor L. Morteani. Archeografo triestino, nuova serie, fascicolo MI, settembre 1884. Della vita e delle opere di Carlo Combi istriano, per Vincenzo De Castro. Milano, 1884._ Pietro Madouizra - Anteo Gravisi edit. e redat. responsabili.