SCULTURA PALEOCRISTIANA E ALTOMEDIOEVALE IN AQUILEIA SERGIO TAVANO Università di Trieste E ’ largam ente p ro v ata l’originalità e l’autonom ia della scuola e della tra d i­ zione aquileiese relativ a al mosaico tardoantico ed è altrettanto indubbia la capacità da p arte di A quileia di proporre e m odulare soluzioni e tipi architetto­ nici e di accettare schem i e im postazioni a ltru i sottom ettendoli a u n a propria cosciente elaborazione. E’altresì riconosciuta, sem pre per il quarto secolo e per gl’inizi del quinto, l’am piezza dell’area d irettam ente o indirettam ente influen­ zata dalla perentoria v italità delle scuole architettoniche e m usive d ’ Aquileia, sicché non solo il Norico, l’Istria, la Rezia, oltre che la Venezia, m a Milano stessa pare potersi in q u ad rare in certe espressioni dell’arte m usiva aquileiese e a R avenna, p er esempio nella basilica di S. Croce, sem bra che giungesse più di qualche cosa dell’organizzazione in tern a degli edifici di culto di tipo aquileiese. Di fronte a tan ta esuberanza la scultura aquileiese pare m ortificata e insi­ gnificante, sia perché i m arm i scolpiti di A quileia, più che le architetture, rile­ vabili sem pre in pianta, e i pavim enti m usivi, sono stati radicalm ente disper­ si, trasp o rtati altrove o rid o tti in calce, sia perché, di conseguenza, i pochi resti non offrono sufficienti dati per ricostruire la facies della scultura aquileiese, p e r la quale tu ttav ia possiamo presupporre u n ’im pronta particolare, analoga a quella rilevata nei m osaici e nelle architetture. Risalgono al quatro secolo diversi titu li sepolcrali aquileiesi con significa­ tiv e figurine incise, le quali però forniscono dati piuttosto per la tecnica del disegno che non per la scultura, tanto sono tracciate con scioltezza ed efficace som m arietà: il graffito in fatti raram ente viene sostituito, in questo gruppo di opere, dalla ricerca plastica e dallo scavo della m ateria. Di grande interesse p er la scultura paleocristiana aquileiese sono i due b u sti contrapposti degli apostoli Pietro e Paolo: il rilievo proviene d all’area ce­ m eteriale di San Felice a sud-est d 'A quileia.1 L ’im pressione che se ne ricava e in p arte anche il giudizio critico sono senza dubbio influenzati dalla non-fini- tezza del lavoro: le m asse sono sentite con evidenza e solidità e perciò sono fortem ente squadrate; contrasta con queste caratteristiche la precisione accura- 1 F. Russi, Il bassorilievo di A q u i- tro e Paolo, in A quileia N ostra 22 (1951) leia d ai due b u sti a ffro n ta ti: i san ti P ie - coll. 31— 40. ta dell’esecuzione nei profili e nel giro dei capelli e della barba, finem ente inciso. L ’assenza dell’iride conferisce allo sguardo u n a fissità sbalordita e assente: p iù che ricondurre l’opera ad un m om ento anteriore al secolo quarto, tale assen­ za può essere attrib u ita a ll’incom piutezza dell’opera stessa. La fissità dello sguardo, però, o del non-sguardo, assieme alla m ascella forte ed al rilievo schiac­ ciato, ricorda, p er esempio, le teste di Filippo l ’A rabo (Naqs-i Rustam ) e di V aleriano (Bishapur), che sono opere occidentalizzanti della seconda m età del secolo terzo in am biente sassanide. Ma la m ascella forte e la delim itazione rile v a ta della calotta dei capelli rispetto alla pelle del volto, si ritro v a anche in m onete di V aleriano e di Diocleziano. Il rilievo aquileiese h a l’aria d’un ripensam ento o d’una ripresa di schemi, riconducibili all’età tetrarch ica, e precisam ente alla ritrattistica prodotta tra G allieno e Costantino: dovrebb’essere agevolm ente collocato nel quarto o nel quin to decennio del secolo quarto. Meno reticenti sono alcuni brani di sarcofagi, collocabili sul finire del se­ colo quarto e denuncianti una certa affinità di esecuzione, per il m arcato risen­ tim ento delle om bre e p er il rinsecchim ento e l’irrigidim ento del panneggio colonniform e. Fig. 1. A quileia (M useo cristiano). F ram m en to di sarcofago (fine sec. IV) SI. 1. O glej (M useo cristiano). F rag m en t sark o fag a (konec 4. st.) Fig. 2. A quileia (M useo cristiano). P lu teo (prim a m età d el ces. V) SI. 2. Oglej (M useo cristiano). P lu tej (iz p rv e polovice 5. st.) Fig. 3. G rado (lapidario). F ram m ento di p lu teo (seconda m età del sec. V) SI. 3. G radež (lapidarij). F rag m en t p lu te ja (druga pol. 5. st.) Il fram m ento più im p o rtan te rig u ard a la m issio apostolorum :2 tem a piu t­ tosto raro ma sostanzialm ente non m olto dissim ile dalla traditio legis. La testa b a rb a ta del Cristo è im p ro n tata da un forte colorismo, che si associa singolar­ m ente alla m arcata p ro filatu ra degli occhi, con cui l’espressione acquista u n che di bam boleggiante o u n ’inditerm inatezza sognante, che ci riconduce a form e espressive consuete e diffuse largam ente alla fine del secolo quarto, m a p artico­ larm ente feconde nell’area siro-palestinese. Meno im portanti sono gli a ltri fram m enti: una traditio clavium ,3 icono­ graficam ente unica nell’Italia settentrionale, la quale è molto vicina p e r fa ttu ra al fram m ento con Mosè che fa scatu rire l’acqua dalla roccia:4 il m ovim ento è lento e le m asse paiono in erti (fig. 1). Poco si può dire del fram m ento con D a­ niele fra i leoni,5 date le condizioni precarie in cui ci è giunto: si direbbe più antico rispetto ai precedenti, anche p er un trattam en to più sciolto e lineare delle m em bra, che p are collegarsi piuttosto a tradizioni rom ane classicheg- gianti. M orbidezza e prevalenza coloristica, pur nella superficialità dell’incisione, caratterizzano altri m inim i fram m enti di sarcofagi con agnelli, attrib u ib ili forse agli anni attorno al 420.6 P iù tardo ancora dev’essere ritenuto il pluteo con il cervo che s’avanza verso un cantaro, dove prevale un linearism o com positivo e 2 G. G reselin, F ra m m e n ti inediti d i sarcofagi cristian i a n tic h i del R. M useo di A quileia. in R iv . d i A r c h e o lo ­ g ia c r is tia n a 14 (1973) pp. 229—232. N el­ l’ artico lo m anca u n 'a n a lisi stilistica ed u n a precisa attrib u zio n e cronologica. 3 G. G reselin, F r a m m e n ti in e d iti, cit., pp. 233—235. 4 II fram m en to è collocato nel M useo cristian o di A quileia m a n o n è ricordato n el relativ o catalogo cu rato da L. B er- tacchi (A q u ile ia . Il M u se o p a le o c r is tia ­ n o [P adova 1962] pp. 36—37): a ll’ultim o m om ento, in fatti, d u ra n te l'allestim en to del M useo questo fram m en to v en n e a so­ stitu ire quello con D aniele tr a i leoni, troppo fram m en tario . 5 G. G reselin, F r a m m e n ti in e d iti, cit., pp. 235—241. 0 Sono fissati alla p a re te se tte n trio ­ nale del M useo cristiano di A quileia. Fig. 4. G rado (lapidario). C apitello-im posta (m età del sec. V) SL 4. G radež (lapidarij). K ap itel-im p o st (sredina 5. st.) un m odellato lieve, che assecondano l’evoluzione della figura plastica verso una »silhouette« schiacciata; l’abbandono più o m eno cosciente del naturalism o si accom pagna all’accentuazione deH’elem ento stilizzato, astratto e geom etrizzante (fig. 2)J I pochi e generalm ente m inim i fram m enti superstiti della scultura paleo- cristiana aquileiese sono tali, per esiguità e disparità, che non perm ettono un vero studio com parativo e impediscono che si riconoscano in A quileia, anche per il secolo quarto, che è un secolo m eno sfortunato per la m etropoli adriatica, caratteristich e peculiari d ’una scuola o anche d’una tradizione precisa. I resti bastano tu tta v ia a in quadrare, sia pure genericam ente, le sculture aquileiesi nell’am bito delle m anifestazioni artistiche tardo-antiche dell’area padana.* 8 A ttorno alla m età del secolo quinto viene inoltre a m ancare in A quileia ogni form a di produzione artistica, che non sia occasionale e com unque a livello genericam ente artigianale. Né basta a com pletare il quadro la continuità assi­ cu rata in vari modi da Grado, dove si rifugia e poi gradualm ente si trasferisce ila vita aquileiese. ■ . A G rado infatti, proprio per effetto della brusca contrazione a cui è sotto­ posta la vita aquileiese dal 452 in poi, si nota u n rapido inaridirsi o disperdersi 1 G. B rusin, A q u ileia (Udine 1929) p. 257,: L. B ertacchi, A quileia, cit. p. 29. 8 U n discorso a tte n to m eritereb b ero i r itra tti tard o an tich i di A quileia, tr a i q u a li spiccano i due, m olto sim ili tra di loro, più volte p u b b licati: bibliografia in A rte e civiltà rom ana n ell’Italia se tte n ­ trionale (Bologna 1965) p. 203. M. B o r­ da, Il ritra tto ta rd o an tico nella regione alto ad riatica, I I a settim a n a di stu d i a q u i­ leiesi (m aggio 1971) propende p e r 1’ età co stan tin ian a. La tensione in terio re, as­ secondata daH’allungam ento del volto e dalle lin ee m arcate, p are a n d a r o ltre il realism o im plicito nella rip re sa classici­ stica costantiniana, p e r in q u a d ra rsi bene p iu tto sto nel clim a della seconda m età d el secolo quarto. V. ora: in A n tich ità altoadriatiche, II (Udine 1972) pp. 134— 135. Fig. 5. G rado (lapidario). C api­ tello -im p o sta (m età del sec. V) SI. 5. G radež (lapidarij). K a p ite l­ im post (sredina 5. st.) della, p u r vaga vena locale. Giungono però da fuori, soprattutto m ediante R a­ venna, im pulsi che tendono a rav v iv are la lin fa locale sia col rip ro p o rre le tradizioni padane, sia introducendo m odelli e tem i m atu rati in G recia e a Costantinopoli. A lcuni fram m enti gradesi del quinto secolo, denunciano un gusto m arcata- m ente coloristico p er la vibrazione tesa della superficie fittam ente altern ata da rilievi m inuti e da om bre sottili.9 A ltre sculture invece tradiscono un ten a­ ce attaccam ento al disegno elegantem ente sinuoso: la sem plificazione dei mezzi espressivi p o rta fatalm en te a far prevalere questa seconda tendenza rispetto alla prim a.1 0 I fram m enti leggibili sono però in genere m olto piccoli e ra ra ­ m en te perm ettono di v a lu ta re il respiro delle composizioni (fig. 3). N on com paiono più figure um ane e ra re sono quelle anim ali, ammesso che queste possano essere intese come tali al di fuori della loro in telaiatu ra geo­ m etrica o della sopraffazione da p arte delle fitte geom etrie. U na figurina di cacciatore,1 1 in u n pluteo reim piegato nel duomo, è annullata nella su a consi­ stenza plastica e volum etrica d all’incisione profonda e scom paginante delle pieghe, come avveniva, p e r caso, anche contem poraneam ente in Egitto p er i riliev i copti o in certi riliev i antiocheni.1 2 Il gruppo più omogeneo ed anche significativo delle sculture gradesi del secolo quinto com prende u n a ventina di fram m enti di capitelli-im posta, con cui si possono rico stru ire nove o dieci coppie. H anno tu tti sezione q u a d ra ta e, come di regola, divengono re tta n g o la ri al sommo.1 3 Non tu tte le facce sono lavo­ rate, talo ra sono lav o rate le facce minori, talo ra invece una m aggiore e la due 9 I fram m e n ti g rad esi p a leo c ristia­ n i e altom edievali assom m ano a circa seicento: sono in g ra n p a rte in ed iti (F. Ricci, C a ta lo g o d e i r ilie v i p a le o c r is tia n i e à lto m e d io e v a li d i G r a d o , tesi di laurea discussa con M. M irabella R o b erti n el­ l’U n iv ersità di T rieste, 1969). ' 1 0 E ia ten d en za rile v a ta dallo scri­ v e n te : L a scu ltu ra d eco rativ a a G rado n e ll’op era dei vescovi P ro b in o ed Elia, in A q u ile ia N o s tr a 30 (1959) coll. 67 e ss. 1 1 S. T avano, A. proposito d ella r a f­ figu razio n e di u n pluteo gradese, in A q u ile ia N o s tr a 28 (1957) coll. 45— 54. 1 2 G. D e F rancovich, L ’E gitto, la S iria e C ostantinopoli: problem i di m eto­ do, in R i v i s t a d e ll’Is t. N a z . d i a r c h e o lo g ia e s to r ia d e ll’ a r te , n. s. 11—12 (1963) pp 83—229. A. G rab ar, L ’e tà d ’o r o d i G iu ­ s tin ia n o (M ilano 1966) fig. 268. 1 3 Sono pressoché in ed iti; di alcu ­ n i h a p a rla to L. Scam acca, I cap itelli Fig. 6. G rado (lapidario). C apitello-im posta (m età del sec. V) Sl. 6. G radež (lapidarij). K ap itel-im p o st (sredina 5. st.) m inori o una m aggiore e una m inore, probabilm ente secondo che richiedeva la loro posizione nella navata. In tre fram m enti è riconoscibile chiaram ente la voluta ionica ricav ata nel­ lo stesso blocco di m arm o del capitello im posta, il che fa escludere che questi resti si riferissero a dei pulvini, benché ne abbiano tutto l’aspetto (fig. 4). La decorazione più ricorrente com prende foglie d’acanto mosse e inflesse con eleganza, che richiam ano alla m ente i pulvini ravennati di san Giovanni Evangelista e quelli, un po’più tardi, della basilica del S. Spirito, rispetto ai quali tu ttav ia gli esem plari gradesi appaiono ben più pregevoli p er qualità d ’esecuzione e per u n a più stretta aderenza a modelli probabilm ente costanti­ nopolitani della m età del secolo quinto.1 4 T alora l’acanto avvolge m otivi sim ­ bolici, come il cantaro o la croce, trasform ati profondam ente in senso decorati­ vo; altrettan to avviene, quando si trovano, per gli anim ali (colombe, pavoni) (fig- 5). In alcuni esem plari l’acanto è sostituito da un plastico ram eggiare di vite, nascente da un cespo corposo, e da grappoli d'uva ben definiti e m orbidi nel­ l ’effetto; il plasticism o è vigorosam ente sentito sia nei ram i to rn iti e lentam ente incurvati, sia nelle foglie, che appaiono quasi accartocciate (fig. 6). d i S. E ufem ia e di S. M aria a G rado, ir» A quileia N ostra 36 (1865) coll. 156— 162, dove però si p a rla erro n eam en te di p u l­ v in i p er p ila stri in arch eg g iatu re cieche. L i ho segnalati in A quileia N ostra 28 (1957) col. 52, n. 24. 1 4 II tipo di capitello -im p o sta ioni­ co si diffonde m olto nella seconda m età Fig. 7. G rado (lapidario). C api­ tello -im p o sta (m età del sec. V) Sl. 7. G radež (lapidarij). K a p ite l- im post (sredina 5. st.) Meno frequente è il m otivo della palm etta, secca e tozza nel profilo m a con u n a costolatura tra tta ta con una ra ra ed elegante leggerezza (fig. 7); in un caso la palm etta è frastag liata e sinuosa come certe stilizzazioni vegetali del­ l’a rte del Vicino O riente e p articolarm ente n ella scultura sassanide. L ’eterogeneità delle fonti d’ispirazione u sate p er questi capitelli-im posta gradesi e l’intrusione di anim ali, tra tta ti con u n fare che dovrem m o definire di scuola aquileiese e non già costantinopolitana o ravennate,1 5 im pone di d u b itare che tu tto il gruppo giungesse d e l secolo quinto, m a h a i p re c e d e n ti n el­ la b asilica teodosiana d ell’A cheiropoietos d i Salonicco (A. G rab ar, L ’età d’oro, cit. fig. 78) : o ltre a g li esem p lari rico rd ati d a l K autzsch (K a p itellstu d ien [B er­ lin 1936] pp. 166—167) ed a q u elli citati di R avenn a, an d reb b ero c o n fro n ta ti i ca­ p itelli-im p o sta di S. D em etrio d i Salo­ nicco, della b asilica A d i F ilippi, della b a silica di Stobi, della b asilica A di Nea A nchialos, di S. L eonida d i C orinto-L e- chaion, di Lindos, d i Efeso, d i Locri, di S. G iovanni di Studio, dei SS. S ergio e B acco e di S. Sofia di C ostantinopoli, e a n co ra a C allatis, Tom is, H istria, ecc. Q ueste e a ltre scu ltu re aq u ileiesi e g ra ­ desi ora in: S. T avano, S c u ltu re aquileie­ si e gradesi inedite, in M .S.F. 51 (1971), pp. 95— 117. Grado dal di fuori, p er esempio dalla 1 5 D ue cap itelli-im posta di tipo io n i­ co m i è stato possibile riconoscere anche ad A q u ileia: il prim o è collocato n el­ l’ a trio d ella C asa B ertoli e d ev ’essere fa t­ to risa lire alla p rim a m età d el secolo quin to (forse proviene d alla b asilica p o st- teo d o rian a m eridionale), m en tre l’altro, più piccolo, era fino a poco tem po fa giacente n e l p ra to a sud del b a ttiste ro (v. S. T avano, P ro p o ste p er la basilica d ’ A quileia, in In izia tiva Isontina n. 44 [1969] p. 98, fig. 15): anche q u esto è da a ttrib u irs i agli anni che precedono la m età d el secolo quinto. Si h a così la con­ ferm a d ell’esistenza d ’una produzione aquileiese di questo tipo di capitello. 16 A r h e o lo š k i v e s tn i k 241 Grecia, e contem poraneam ente fa pensare all’attività d’una bottega locale di ottim a tradizione, im pegnata a rendere schem i più o meno noti m a com unque in voga dalla m età del secolo quinto in poi, specialm ente nel bacino orientale del M editerraneo. Dal punto di vista archeologico, questi capitelli-im posta gradesi, ricuperati nello scavo sotto il pavim ento della basilica gradese di Santa M aria delle Grazie, vanno rife riti non tanto alla prim a fase della basilica stessa, quanto alla fase detta »nicetana« della basilica di san t’Eufemia, che prevedeva appunto nove coppie di colonne. Grado accoglie to talm ente l’eredità di A quileia nel 568/569, quando vi si rifugia, orm ai definitivam ente, il vescovo Paolo: è il momento in cui particolari situazioni storico-politico-religiose inducono gli aquileiesi ad assum ere atteggia­ m enti in cui non sono certam ente estranei la coscienza delle proprie tra d i­ zioni e il desiderio di riafferm are la p ro p ria autorità.1 6 L’atteggiam ento pole­ mico verso i rom ano-bizantini non fece nascere tu ttav ia una tendenza anticlassi­ cistica o auti-aulica, come pure sem bra che avvenisse altrove:1 6 1 7 l’orgogliosa certezza di risp ettare una tradizione, che era di carattere religioso prim a che politico e che era rinnegata, secondo gli aquileiesi, piuttosto dagli altri, non lo avrebbe permesso. D’a ltra p arte un sim ile atteggiam ento non riuscirebbe a farci vedere nelle espressioni d’arte di G rado delle categorie valide in sé e quasi in assoluto. Un particolare complesso di circostanze comportò piuttosto un ripiega­ m ento pigro su m odelli propri, un accontentarsi di pochi schemi e m odelli estra­ nei u n im poverim ento degli stessi, che finirono per collocarsi veram ente fuo­ ri del tempo, senza valore che non fosse quello popolare e tradizionale. Un solo elem ento datato ci conferm a questa tendenza, il pluteo col mono­ gram m a del vescovo Probino (569—571), che si rifà allo schema compositivo usuale nei secoli quinto e sesto,1 8 con in più u n a rigidità nelle figure, u n a pover­ tà nella lavorazione, un im paccio nella resa delle colombe volanti e del pium ag­ gio, che, m entre escludono u n ’im portazione da Ravenna, conferm ano la persi­ stenza di certi modi propri della tradizione aquileiese, divenuti orm ai cifra m orta, come il pium aggio a p unta di freccia, che si riscontra anche in un pluteo m olto fram m entario di Aquileia, riferibile alla seconda m età del secolo sesto.1 9 Un qualche tentativo di ripresa pare essersi verificata attorno al 580 per opera di Elia, che non potè non essere influenzato da ciò che nel corso del suo* secolo era stato fa tto in Istria, a Parenzo o a Pola; la scultura ornam entale acquista un che di raggelato, di im m obile nel suo linearism o, che pure con­ ferisce o asseconda u n ’ariosità ben spaziata. Il decorativism o è orm ai prevalente, di pari passo con il processo di astrazione, m a è controbilanciato da un gusto 1 6 S. T avano, C allisto d ’A quileia e L iu tp ran d o re, in A t t i d e l 4° C o n g r. in t. d i s tu d i s u ll’a lto M e d io e v o (Spoleto 1969) pp. 526—529. 1 7 G. De Franchovich, L ’E g itto , la S ir ia , ecc., cit., passim . 1 8 S. Tavano, L a s c u ltu r a d e c o r a tiv a , cit., passim . 1 9 Ibidem , col. 70 e n. 16 Fig. 8. G rado (S. Miaria). C apitello di pergola (fine del sec. VI) SI. 8. G radež (S. M aria). K ap itel p e r­ gole (konec 6. st.) tu tt’altro che provinciale p e r un distendersi piano e lieve della luce sul fondo e uniform e anziché per u n trito incresparsi di chiaro-scuri.2 0 Più tard o si direbbe invece il capitellino con il m onogram m a che p u re deve in te rp re ta rsi come quello di Elia.2 1 Se il m onogram m a non fosse esattam ente identico a quello dei m osaici ebani dovrem m o attrib u ire il capitellino ad un altro Elia, vissuto nel secolo nono. La sicurezza offerta dal m onogram m a aiuta invece a ricondurre senza esitazioni allo stesso m omento, e forse anche allo stesso edificio, due o tre dei capitolim i reim piegati ora nella pergola di santa M aria2 2 (fig. 8) e contem poraneam ente a riconoscere già sul finire del secolo sesto u n a tendenza a d a re colore, sia p u re in m odo scabro o b ru tale con un esasperato e accanito uso del trapano, al m odellato tenue delle foglie, che di p er sé contrasta con la profonda om bra che sottosquadra i caulicoli sottostanti; il senso plastico è som m erso dal gioco m inuzioso delle bucherellature, com e in u n capitello del lapidario di S. Francesco a Pola, attribuibile al secolo settim o2 3 (fig. 9). Del resto l’abbondanza dei forellini si riscontra anche in a ltre sculture che si attribuiscono a ll’opera del vescovo Elia, cioè in alcuni dei capitelli di sa n t’Eufem ia e di santa M aria. 2 0 Ibidem , col. 73. 2 1 G. B rusin, P. L. Z ovatto, M onu­ m e n ti paleocristiani da A q u ileia e di G rado (Udine 1957) p. 438, fig. 24. 2 2 Ibidem . 2 3 II capitello sorregge u n arch etto di ciborio av en te la m ano di Dio al som ­ mo. Fig. 9. P o la (S. Francesco). A rco di ciborio (sec. VII) Sl. 9. P u la (Sv. Frančišek). L ok ciborija (7. st.) A proposito poi della pergola di santa M aria, ricom posta con i capitellini ricordati, più uno a sem plici foglie angolari, va ricordata la lavorazione m inuta e preziosa dell’arch itrav e di pergola non riutilizzato: i due tronconi sono collo­ cati a te rra nella n av ata sinistra della stessa basilica e chiariscono senza dubbi che originariam ente si apriva al centro con un archetto, diversam ente da come pensa lo Zovatto2 4 (fig. 10). Non può essere a ttrib u ita all’am biente gradese o aquileiese la catted ra-reli­ quiario, detta di san Marco, risalente ai p rim i anni del secolo settim o: i rilievi sono im prontati da u n linearism o secco e d a un geometrismo astrattizzante, che trova i suoi im m ediati precedenti n ella scultura sassanide, m a appaiono anche rinsecchiti, secondo* un processo subito dalla scultura in S iria dalla fine del secolo sesto in poi e sfociato nelle form e proto-islam iche. Più evidentem ente vicine a esem plari siro-palestinesi del sesto e del settim o secolo sono le figure um ane. La provenienza siro-palestinese di questa cattedra concorre da un lato a provare che una certa circolazione di opere non venne m ai meno nell’am bito del M editerraneo e dall’a ltro aiuta a capire eccellentem ente, attraverso i con­ fro n ti ancora possibili, la differenza di livello a cui andava riducendosi l’arti- gianato locale rispetto ad opere di qualche impegno. Sim ilm ente isolato, so non altrettan to spaesato, è il capitello aquileiese del braccio destro del tran setto della basilica patriarcale: già definito approssim a­ tivam ente di »stile ravennate«,2 5 riflette esattam ente il raffinato gusto tardo- 2 4 M onum enti paleocristiani, cit., pp. 438—440. L ’arco al c e n tro della pergola è prev isto d alla term in azio n e appunto a rc u a ta dei due tronconi di pergola: d el­ la pergola originale n o n ci si p o trà m ai fa re u n ’idea esatta a ttra v e rso l’a rch itra ve lignea attuale! D ell’a rc h itra v e origi n a ie p a rla G. B rusin, in Storia di Ve nezia, II (Venezia 1958) p. 541. antico dell’intaglio netto delle foglie »spinose« dell’acanto sul fondo oscuro, come in certi capitelli del Museo del Cairo, del quinto e del sesto secolo,2 6 ma è com plicato sia per la m in u ta lavorazione del trapano, sia p er la coroncina continua che divide in due zone il capitello stesso, il quale dunque do-vreb- b’essere riferito' piuttosto al settim o che al sesto secolo, p u r potendosi proporre l'attribuzione anche all’e tà carolingia.2 7 Questo capitello è com unque qualcosa di ben diverso dai capitelli della crip ta della stessa basilica, i quali sono più facilm ente inquadrabili nella produzione frequente, m a anche corsiva, deH’artig ian ato dell’Italia setten trio ­ nale tra l’ottavo e il nono secolo.2 8 Al secolo ottavo vanno riferiti alcuni fram m enti di scultura aquileiese, in cui si riscontrano stre tte analogie con i rilievi degli archetti del b attistero rivi- dalese di Callisto, dove appaiono giustapposti gli esiti finali delle figurazioni paleocristiane e i nuovi m otivi giunti dall’O riente: certam ente però dal punto di vista form ale, l ’im pronta un itaria è forn ita dal Vicino O riente. La deform a­ zione m ostruosa degli anim ali, la scomposizione delle parti, la disarticolazione sostanziale in senso antinaturalistico e la contem poranea trasform azione degli elem enti in giochi geom etrici e disegnativi che si riscontrano anche nelle opere d ette »merovingiche«, inducono ad am m ettere prem esse analoghe nell’alto A driatico, dove spesso la scu ltu ra del secolo ottavo e degli inizi del nono ha esiti che potrem m o definire proprio »param erovingici« m a che in definitiva sono ugualm ente d eterm inati dall’im itazione di opere giunte dal Vicino O riente islam izzato, in cui a loro vo lta erano rifluiti stilem i e m otivi iranici, sassanidi e, in m inor m isura, copti.2 9 A rap p resen tare l’a ttiv ità degli scultori aquileiesi del secolo ottavo può essere significativam ente scelto il dossale di catted ra con pavoni affrontati, del Museo cristiano di A quileia,3 0 non soltanto p e r la stretta affinità con il secondo archetto del ciborio callistiano, quanto p er la presenza di m otivi sas­ sanidi, come il nastro svolazzante al collo degli anim ali e p er la corrispondenza in a ltri m otivi e nella rip re sa naturalistica con a ltre sculture che qualificano la »rinascenza liutprandea«. La »rinascenza« liu tp ran d ea ebbe in fatti indubbiam ente come corrispettivo nel ducato del F riuli u n fo rte im pulso che favorì l’arrivo di artisti e di opere veram ente di grande im pegno e stimolò le scuole locali. Un effetto analogo do­ v ette avervi la »rinascenza« carolingia, la quale non im prontò di classicismo la produzione artistica dell’area aquileiese ma indusse gli artisti locali a vitaliz- 8 5 A. M orassi, in L a basilica di A q u ileia (Bologna 1933) p. 332, tav. LV III. 2 6 R. K autzsch, K a p itellstu d ien , cit., ta v . 5. 2 7 P iù che u n facile ripiego, questo riv o lg ersi all’avanzato secolo ottavo o al nono tro v a giustificazione n ella grande v a rie tà di esiti e d i form e n ei p ro d o tti di q u el periodo n ell’Ita iia setten trio n ale. 2 8 D. D alla B arb a B ru sin , G. L oren- zoni, L ’arte del patriarcato d i A quileia (Padova 1968) p. 22—23, figg. 42—44. 2 9 U n nuovo lavoro su lla scu ltu ra altom edioevale della reg io n e è stato re ­ centem ente condotto d a C. G aberšček, La scultura altom edioevale della regione e le com ponenti orientali del »prerom a­ nico«, tesi di lau rea discussa col prof. D. G ioseffi (U niversità di T rieste, 1971). So­ no poi usciti, dello stesso: L ’e re d ità sas- sanide n ella scu ltu ra altom edioevale in F riuli, in M.S.F. 51 (1971) L a scu ltu ra altom edioevale in F riu li e in L o m b ar­ dia, in A n tich ità altoadriatiche IV (1973) pp. 383—404. 5 0 G. B rusin, in Storia di Venezia, cit., pp. 546— 547, fig. 135. Fig. 10. G rad o (S. M aria). P a rte term in ale di arch itrav e di pergola (fine sec. VI) SI. 10. G radež (S. M aria). Z ak lju čn i del a rh itra v a pergole (konec 6. st.) zare la loro tradizione o piuttosto a dare un qualche rigore stilistico ai loro predotti, sulla falsariga di m odelli denotanti serio impegno culturale, quali che fossero. L’eterogeneità dei risultati rilevabile nelle sculture altroadriatiche dei secoli ottavo e nono dovrebbe dunque essere fa tta risalire anzitutto all’eteroge­ neità, talo ra ad d irittu ra contraddittoria, dei modelli, che giungevano comun­ que nella m aggior p a rte del Vicino Oriente. Contem poraneam ente poi va tenu­ to conto dell’abitudinario attaccam ento a determ inati schemi, che abbiamo definito »para-m erovingici«, il quale fece sì che m ancasse nel F riu li u n ’arte propriam ente carolingia: vi persistettero piuttosto certe form e »para-m erovin­ giche« rinsanguate e rinvigorite di volta in volta e indipendentem ente tra di loro. A quileia conserva p u re un gruppo com patto di opere, che si possono far ragionevolm ente risalire ai prim i decenni del secolo nono: plutei, pilastrini, cornici, capitelli e decorazioni musive, isp irati a m otivi originariam ente orien­ tali e di tradizione colta. Sono i rilievi che si attribuiscono, orm ai unanim e­ m ente, all’opera del p atriarca Massenzio, al secondo e terzo decennio cioè del secolo nono. I plutei possono essere divisi in due gruppi: uno è derivato dalle com­ posizioni geom etriche a quadrati incornicianti anim ali,3 1 di cui si riconoscono i precedenti negli am boni ravennati di A gnello e di M ariniano, della seconda m età del secolo sesto. G li anim ali tu ttav ia non sono sem plicem ente derivati da quelle form e già sem plificate: quando non sono copie di anim ali favolosi, come il senm urv sassanide, sono ricostruiti anziché vanificcati, con criteri e 3 1 D. D alla B arb a B rusin, G. Lorenzoni, L ’arte del patriarcato, cit., figg. 35. 54, 58. Fig. 11. A quileia (Basilica). P lu tei m assen zian i (810—830 circa) SI. 11. O glej (bazilika). P lu te ji iz M aksencijevega obdobja (ca. 810—C 30) preoccupazioni decorative, in cui le m em bra sono transform ate in elem enti deci­ sam ente geom etrici — m andorle, m andorle apicate, con l’aggiunta di incision’ concentriche e con riem pim enti a scacchiera — come in certe stoffe sassanidi (e quindi in opere m erovingiche), in alcuni mosaici, anche veneti (come santo Ilario di Venezia) del secolo ottavo-nono, e in certe m iniature irlandesi. Il secondo gruppo di plu tei invece3 2 deriva dalle composizioni basate sul­ l’intreccio o sull’iscrizione di quadrati tra di loro o di quadrati con cerchi, con annodam enti di n a stri curvilinei (fig. 11). I v ertici dei q u ad rati »fioriscono« in palm ette ricadenti e p alm ette sim ili occupano gli angoli o ogni spazio possibile: il centro della com posizione è occupato da u n anim ale, p er lo più da un grifo. L’elem ento più caratteristico in queste composizioni è la ricordata palm etta, che qui assum e un profilo decisam ente arrotondato, con le solite sottolineature interne. Che derivi da stoffe orientali, come del resto tu tta la composizione a n astri a tto rti che p u re ha dei precedenti abbastanza rem oti, è fuori dubbio; come è indubbio che, anche in questo caso, l’artigianato locale è intervenuto a m odificare a modo suo il suggerim ento iniziale: lo prova il pluteo, identico nella composizione e nei m otivi, trovato all’inizio del secolo a San M ichele in Bagnole e ora nel lap id ario di S. Francesco a Pola, nel quale le palm ette hanno conservato l’allungam ento delle palm ette originali ed anche la term ina­ zione espansa m a ap p u n tita.3 3 Senza ten er conto di queste pur istru ttiv e indicazioni, gli anim ali inseriti nelle geom etrie dei p lu tei m assenziani, sia in quelli collocati nella cappella di 3 2 Ibidem , figg. 50, 51, 52. N on sor­ prende, poste le giuste prem esse, che le som iglianze più calzanti con i p lu tei m as­ senziani di A quileia si risco n trin o in p u n ti tra di loro geograficam ente lo n ta­ ni, come a B aw it, nel S acram en tario di G ellone o nel pluteo cividalese di S igual- do: C. G aberšček, La scultura altom edio- evale, cat. 3 3 I riliev i di S. M ichele in B agnole sono s ta ti pubblicati, m a non stu d iati, da D. R ism ondo in A tti e M em . d. Soc. Istria n a di arch, e storia paria 24 (1908) pp. 352—373; il p lu teo in questione è rip ro d o tto nella fig u ra 7. Fig. 12. A quileia (Chiesa dei Pagani). P lu te i m assenziani (816—830 circa) SI. 12. Oglej (Chiesa dei Pagani). P lu te ji iz M aksencijevega obdobja (ca. 810—830) S. P ietro sia in quelli del Museo cristiano, sono ancor più chiaram ente ricondu­ cibili ai m odelli del settim o-ottavo secolo dell’area siro-m esopotam ica, i quali a loro volta avevano dei precedenti om ogenei in opere persiane, sassanidi e copte, in opere cioè che prevedevano u n a concezione della figura come prete­ sto decorativo al di fuori di ogni riferim ento con la realtà razionale e lontano quindi da ogni sia p u r vaga rem iniscenza naturalistica. D ate le prem esse, con­ v errà escludere una d iretta partecipazione di Bisanzio alla diffusione di questi stilem i e di questo gusto e proporre piuttosto di attrib u ire tale funzione all’arte islamica, erede e m ediatrice di quelle form e e di quegli stili diversi tra di loro — e cioè di tradizione ellenistica, persiana, siro-palestinese, ecc. — che dove­ vano ancora coesistere n ell’area siro-m esopotam ica tra sesto e settim o secolo. A ncora più ragionevole, come recentem ente ha concluso Decio Gioseffi (1973), fa r risalire queste stru ttu re al patrim onio definibile come »seleucide«, da cui a sua volta dipese ta n ta p arte dell’arte o rientale e, in modo più tangibile, l ’arte proto-islam ica indicativa delle tendenze di cui anche l’arte cristiana della dia­ spora del settim o e ottavo secolo era portatrice in Occidente. Le stesse form e si trovano ad A quileia nel pavim ento m usivo absidale, steso certam ente al tem po del patriarca Massenzio, e, con meno coerenza nei capitelli dell’atrio. In questi capitelli però, come anche nelle com ici m arginali di alcuni dei plutei ricordati, s’insinua anche qualche m otivo nordico, come i serpentelli o i n astri term inanti a testa zoomorfa; il tem a rim ane comunque m arginale e, anzi, a sua volta viene »orientalizzato« col riem pim ento del na­ stro o del corpo del serpentello m ediante perline continue. Allo stesso m om ento vanno ricondotti diversi resti sparsi nella m u ratu ra della basilica p atriarcale e specialm ente nei contrafforti aggiunti nella seconda m età del secolo decim oquarto,3 4 nel ricordato Museo cristiano,3 5 e nella »chiesa dei pagani« (fig. 12), dove da qualche secolo è stata inserita nel pavim ento una fronte d ’altare, con tre fenestellae confessionis e un agnus Dei al centro d’una croce avente le estrem ità espanse:3 6 per la posizione e p er u n ’erronea interpre- 3 4 D. D alla B arb a B rusin, G. L o ren - 3 6 S. T avano, In m arg in e a ll’ om e- zoni, L ’arte del patriarcato, cit. figg. 64 lia X V di Crom azio d ’ A quileia, in S tu - e 65. di G oriziani 36 (1964/11) p. 134, fig. 2: in 3 5 Ibidem , figg. 57— 63. q u esta sede viene d u nque co rre tta l’in ­ terp retazio n e data n el 1964. fazione dei fori, fu rite n u ta fondo di vasca p e r il pedilavio, m entre invece la scoperta recente e casuale d’u n grande fram m ento d’una lastra in tu tto sim ile3' - im pone u n ’interpretazione diversa, nel senso, come si è già detto, che le lastre, di cui conosciamo questi cospicui brani, dovevano com porre un altare, proba­ bilm ente a base quadrata, collocato da M assenzio nella basilica p atriarcale: 1’ agnus Dei in fa tti si riconduce esattam ente alle stesse form e degli anim ali e dell’agnms Dei delle a ltre sculture aquileiesi d ell’inizio del nono secolo. La catted ra p atriarcale d ’Aquileia, che probabilm ente risale a ll’undeci- mo secolo, poggia su u n a g rad in ata più antica di cui ogni elem ento p a re ra p p re ­ sentare singolarm ente quasi u n »campione« della v arietà dei m odelli offerti agli artigiani dalla circolazione d ’opere d’arte a ll’inizio del secolo nono.3 7 3 8 * Il prim o gradino, contando dal basso, è lav o rato a intarsi m arm orei, come altri lavori probabilm ente m assenziani, e non rie n tra d irettam ente in questi analisi. Il secondo, sim ile a certi rilievi di Z ara, in sette cerchi annodati racchiu­ de grifi, colombe, palm ette e stelle, m entre u n a bordura inferiore, cordiform e, conferm a la pressione di m odelli orientali; la superficie è piuttosto fittam ente lavorata, senza quella p acata distensione che caratterizza invece il terzo gradino, con l’aquila araldica, p alm ette e l’ albero della vita, della stessa m ano dei plutei m assenziani. L ’im itazione di opere o rientali cede il passo de tutto nel quarto gradino, dove riappaiono i n astri serpentiform i di ascendenza nordica; sia p er lo scatto residuo sia per la disposizione esattam ente sim m etrica ai lati della figura um ana centrale, si può p ro p o rre anche un suggerim ento in d iretto dalla m inia­ tu ra irlandese del secolo ottavo. Il gradino superiore, il quinto, è decorato con un m otivo già classico, freq u en te in intagli lignei tardoantichi e anche copti: volute am pie d’acanto che nascono da un cantaro centrale. L’andam ento delle volute e del disegno è chiaro e l’incisione è abbastanza m arcata: gli anim ali però, con il ram oscello nel becco e la loro disposizione araldica parlano ancora una volta in favore d i form e e di m otivi sassanidi. Rim ane sem pre da spiegare come sia giunto d all’O riente tu tto questo ba­ gaglio di tem i e di form e capace di influenzare la scultura aquileiese e, contem ­ poraneam ente, la scu ltu ra della penisola iberica O ' della Francia. L ’ esam e stili­ stico induce ad am m ettere u n a circolazione abbastanza intensa di artisti oppu­ re di opere d’arte, com e disegni, m iniature, oreficerie, stoffe, capaci di stim o­ lare gli artisti e di o ffrire loro nuovi suggerim enti, non sem pre rettam ente intesi, p er uscire da u n a tradizione orm ai anonim a.3 0 La koinè islam izzata e diffusasi in tu tto il M editerraneo tra il settim o e l ’ottavo secolo, p are im provvi- * sam ente spezzata in O ccidente, attorno alla seconda m età del secolo ottavo, e 3 7 II nuovo fra m m e n to è risu ltato d a ll’in cau ta distruzione d ’u n co n traffo rte m edioevale della b asilica e precisam ente d el co n traffo rte dell’angolo di sud-ovest (1970). V. o ra anche R iliev i m assenziani inediti, in Aquileia Nostra 42 (1971) coll. 101—141. 3 8 D ella c a tte d ra e d ei problem i s ti­ listici del suoi riliev i h a p a rla to recen ­ tem en te A. T hiery, N ote su ll’origine della m in ia tu ra m ozarabica, in C o m m e n ­ tari n. 4 (1966) p. 264, dove p erò non si tien conto del prim o gradino (m a cfr. G. B u sin in S to r ia d i V e n e z ia , cit., p. 556 e fig. 139). 3 9 A. G rabar, in L’a rt d e la fin d e l’a n tiq u ité e t d u m o y e n â g e (P aris 1969) II, pp. 653 e ss. C fr. G. D e F rancovich, L ’E g ito , la Siria, cit. passim . D ello stesso G räb er, v. ora anche: Le ray o n n em en t de l’a rt sassan id e d an s le m onde ch rétien in L a P e r s ia n e l m e d io e v o (Rom a 1971) pp. 679— 707. relegata nelle aree di presenza islamica, come nella Spagna, e in quelle che continuarono ad avere contatti con Costantinopoli, a sua volta suggestionata, dopo la crisi iconoclastica, dalPaniconismo islamico.4 0 Fig. 13. A quileia. Fianco di ca tte d ra (seconda m età del see. V ili) SI. 13. Oglej. S tranica kated re (d ru ­ ga polovica 8. st.) In questa prospettiva le note sculture cividalesi di Ratchis e di Sigual- do appaiono come gli ultim i prodotti vitali e consapevoli di questa dipendenza dal Vicino Oriente, m en tre le sculture m assenziane risultano ripetizioni auto­ m atiche e contam inate, talora ridotte a livello di balbettio.4 1 P er A quileia tu tta v ia si è ora trovato un elem ento che prova palesem ente questo che risulta d all’esam e stilistico com parativo delle opere. E ’un rilievo 4 0 T racce evidenti d i form e esp res­ sive che potrem m o d e fin ire »para-m o- zarabiche« si possono risc o n tra re n el- l’Is tria m eridionale, in rilie v i ora raccolti n el lap id ario di P ola; v. sotto. 4 1 N on è questa la sede p e r spiegare q u esta fra ttu ra tra O rie n te e O ccidente, che succede probabilm ente quando T O ccidente pren d e coscienza d ella m inac­ cia islam ica, dopo Poitiers, p e r in te n d e r­ ci. E ’u n a fra ttu ra politico-religiosa che può a v e r com portato il rifiu to di tu tto ciò che sapeva di infedele e il ricupero della »propria« rom anità? di grandissim o interesse e di alta qualità che basta a spiegare le suggestioni subite dagli artisti aquileiesi m a anche la loro difficoltà a capire il senso del modello. Uno dei rilievi riscolpiti sul retro da u n m aestro lom bardesco attorno al 1490 nella basilica p a tria rc ale rim ase m urato, fino a poco tem po fa, sopra la porta della sacristia.4 2 T olto dal muro, è risu ltato un probabile fianco di catte­ dra, forse della catted ra che Massenzio stesso collocò nel fondo dell’abside. Fu questa probabilm ente u n a delle opere giunte d all’O riente che servirono da mo­ dello, assiem e a stoffe e ad altri oggetti più m aneggevoli, nell’opera prom ossa da Massenzio. E’una lastra fram m en taria di m arm o greco, rettangolare (fig. 13); è perduta la p arte superiore e quin d i uno dei lati m inori; u n lato lungo è sem plicem ente liscio; l’altro e il m inore superstite — m a cosi doveva essere anche quello p er­ duto — sono contornati da u n a fila di rosette a doppia corolla, aventi un m ar- 1 2 G. C ostantini, A q u ileia e Grado (M ilano 1916) fig. 36. Fig. 15. Pola (S. Francesco). Im posta (sec. V III) SI. 15. P u la (Sv. F rančišek). Podboj (8. st.) cato senso coloristico ed anche una prepotenza plastica notevole, come in certi avori paleocristiani d ’origine costantinopolitana,4 3 in opere sassanidi,4 4 special- m ente in opere proto-islam iche, come nella G rande Moschea di Damasco, e in opere che si rifanno all’arte islam ica in Occidente, come a G erm igny-des-Prés. Nel campo dom ina un cantaro ottenuto con l’accostam ento di due trapezi m olto rigidi, di cui l’inferiore, elegantem ente buccellato, term ina in un grosso nodo da cui si dipartono due foglie a palm etta, molto incurvate e desinienti in due grappoli d’uva, secondo un processo di »vegetalizzazione« stilizzata p iutto­ sto1 frequente dal secolo quarto' in poi in m onum enti diversi. A ll’orlo ondulato della bocca del cantaro si appoggia una corona, ottenuta con l’accostam ento di ta n te palm ette concentriche di gusto classicheggiante, che doveva forse racchiudere un monogram m a. D alla p arte superiore nascono e si dipartono tre coppie di foglie a palm etta, con un delicato trattam en to delle costole e con un com piaciuto andam ento sinuoso a lemnisco. D all’alto infine scende una grossa foglia di vite, carnosa e m assicciam ente plastica. Il rilievo ha un significato eccezionale non soltanto sul piano storico e non soltanto per la regione aquileiese. Vi si rilievano contrasti o piuttosto scom­ pensi tra le parti, come la trasform azione seccam ente geom etrica del cantaro, bilanciata dalla forza plastica degli altri elem enti e soprattutto d alla scioltezza estrem a delle curve delle palm ette. Gli irrigidim enti ricordano stoffe copte m a paiono effetto d ’u n calcolato disegno che non è com une a quel tipo di m onum enti. Le stru ttu re geom etrizzate e araldicam ente disposte ricordano gli esiti sassanidi e le stilizzazioni del­ l’a rte proto-islam ica, come in un rilievo gerosolim inano, nella cupola della Roc­ cia (691). Ma l ’esatta sim m etria attorno al clipeo fogliato ha precedenti anche tardoantichi, come nel dittico di Sividio (488) e in quelli di A erobindo (506) e di 4 3 Cfr. avorio del B ritish M useum (sec. V): W. F. V olbach, E lfenbeinarbei­ te n der S p ä ta n tike u n d des frü h en M it­ telalters (M ainz 1952) fig. 109. 4 4 L ’im piego di ro sette, p a rtic o la r­ m en te nelle cornici, era fre q u e n te n el­ l’a rte d ella M esopotam ia p re-sassan id e e q u in d i anche n e ll'a rte sassanide (v. p a n ­ n ello del re Firuz, Museo di F iladelfia, sec. V). G iustino (540). Il precedente più istruttivo è la decorazione del pilastro da S. G iovanni d’Acri, ora a Venezia, a sua volta influenzato, da stoffe sassanidi e scolpito all’inizio del secolo sesto m a prodotto a Costantinopoli per S. Poliuto. Queste som iglianze aiutano a riconoscere nel nostro rilievo a n tefatti certi e linee di diffusione a livello aulico. A ciò concorrono le somiglianze con i m osai­ ci della cupola della Roccia (e, di riflesso, con il sottarco dell’abside della basi­ lica di san t’ A pollinare in Classe, della fine del settim o secolo), che ci riportano ancora a quel nodo di diffusione essenziale che fu la regione siro-palestinese nei secoli settim o e ottavo. Il rinsecchim ento avanzato di certe parti, p e r cui tornano utili i confronti con i mosaici della cupola di E l-’Aqsa, congiunto con una tendenza all’arabesco elegante, induce a rife rire l ’opera ad un m om ento molto vicino agli esperi­ m enti om ayyadi.4 5 Fig. 16. Pola (S. Francesco). A m bone (sec. X) SI. 16. P u la (Sv. F rančišek). A m bon (10. st.) U gualm ente di alto livello è la cornice di pergola, press’a poco contem po­ ranea alle sculture m assenziane d’Aquileia, che chiudeva il presbiterio del duo­ m o di G rado sino al ’700: gli archetti e le foglie d ’acanto sottostanti denunciano l’in tervento di m aestranze im bevute di profonda cultura.4 6 C ontem poranei alla pergola sono due cibori, o ra conservati nella basilica di santa M aria, che indi­ cano un indirizzo stilistico diverso dai contem poranei plutei m assenziani aqui- leiesi: la delicatezza plastica e l’eleganza disegnativa precisa fanno pensare ad a rtisti bizantini.4 7 4 5 U n’opera p ro d o tta d a m ano fo r­ m atasi in am b ien te p ro to -islam ico è la a rc a d etta di S. A n astasia di Sesto al R eghena, riconosciuta p e r ta le da C. G aberšček, L ’u rn a di S. A n astasia di Se­ sto al R eghena e la rin ascen za liu tp ra n - dea, in S c r itti s to r ic i in m e m o r ia d i P . L. Z o v a t t o (M ilano 1971) pp. 109— 115. 4 6 G. B rusin, in S to r ia d i V e n e zia , cit., pag. 552, fig. 137. 4 7 R. C attaneo, L ’a r c h ite c tu r e en I ta lie (V enezia 1890—91) p. 240; G. B ru ­ sin, in S to r ia d i V e n e zia , cit., pp. 552— 554. Gli esempi ricordati possono bastare a riconoscere nella regione aquileiese p er quasi tu tto l’altom edioevo una circolazione intensa di artisti e d’idee, che probabilm ente non bastarono a ridare autorevole personalità alle scuole regio­ nali m a che certam ente bastano, a noi che le studiamo, a farle uscire da un isolam ento autarchico a cui voleva relegarle u n a troppo gelosa storiografia. Mancò invece alla regione aquileiese, sem pre intesa in senso stretto, un fatto analogo a quello dell’arte detta m ozarabica o anche una qualche continua­ zione vitale dall’ im pulso della fase carolingia: a ciò contribuirono forze esterne particolarm ente perniciose, come le invasioni e le scorrerie ungariche; il fatto però, come si è accennato, è comune a ll’E uropa non islam izzata del secolo de­ cimo. Ci sono a Pola invece alcuni rilievi che provano una continuità di contat­ ti della regione con l’O riente, non già o non solo attraverso la cu ltu ra islamica in senso stretto m a di preferenza attraverso correnti derivate dall’area costan­ tinopolitana e bizantina in genere, a loro volta influenzate da apporti siriaci. Vi si riscontrano così opere d’ estrazione o di fa ttu ra copta (fig. 14),4 8 altre deci­ sam ente islam iche (fig. 15),4 9 e altre in cui la form a copta h a subito il processo di geom etrizzazione che si -riscontra nell’a rte m ozarabica (fig. 16).5 0 La fra ttu ra apertasi nella regione tr a il nono e il decimo secolo non fu dunque senza conseguenze; d’altra parte l’intensità di opere e l’im pegno degli artisti istrian i probabilm ente facilitarono u n a ripresa aquileiese n e ll’età ottom a­ na, se non proprio daccapo, certam ente però, data la situazione am bientale, ad un livello più basso di quello del secolo ottavo o della prim a m età del nono. Un gruppo di riliev i a figure um ane, con scene aventi al centro Cristo, si è trovato nel basso F riuli ed è stato riferito al secolo nono.5 1 Può essere assunto piuttosto a rap p resen tare bene i riflessi aquileiesi dell’arte ottom ana: il m antenim ento di ciascuna figura in uno schem a chiuso, isolato e statico-, come anche la rigida durezza delle pieghe, lungi dal conferire aristocratica solennità e spiritualità alle figure stesse, come dovrem m o attenderci dalla fine del decimo secolo in poi, richiam a e continua evidentem ente la linea tradizionale a livello rustico in cui sono però già accettati e sop raffatti stilem i e vocaboli insinuatisi dalle form e d ’espressione superiori: vi si vede riaffiorare il carolingio, orm ai però di seconda mano, e si aggiungono certe cifre caratteristiche del decimo secolo, come la m ano fogliata. 4 8 L ’im p ro n ta copta si sente nel p i­ la strin o pro v en ien te d a S. M ichele in B agnole: D. R ism ondo, L a p r i m it i v a c h ie ­ sa , cit., fig. 3; cfr. K. W essel. L ’a r t c o p te (B ruxelles, 1964) pi 79, fig. 82. U gualm ente copta è l’in flu en za che tr a s ­ p a re nel rico rd ato arc h e tto di ciborio (fig. 9) con tralcio b ifila re e la m ano di Dio a l som m o: cfr. G. D e F rancovich, L ’ E g itto , cit., figg. 11, 15, 24, 66; C. C ec- chelli. L a C a tte d r a d i M a s sim ia n o (Ro­ m a 1936—44) fig. a p. 87. 4 8 Im posta del lap id ario di S. F ra n ­ cesco a Pola. 5 8 Significativo d i ta le tendenza è l’am bone p roveniente da S. M ichele in B agnole D. Rism ondo, L a p r i m it i v a c h ie ­ sa , cit., pp. 368 e ss.; B. M arušič, I s tr i ­ e n im F r ü h m itte la lte r [P ula 1969] tav. X IV , 2): le teste in serite nella nicchia p ro fo n d a derivano senza dubbio dalle te ­ ste n im b ate e p iu tto sto velate, com e q uel­ le di B aw it (K, W essel, L ’a r t c o p te , cit. tav . V ili), da cui a loro v o lta nello stesso E g itto dipendono teste sim ili nei secoli sesto -settim o e o ttav o (Ibidem , figg. 93, 96—98; v. De Francovich, L ’E g itto , cit., fig. 24, 28 ecc.). 5 1 G. B rusin, in S to r ia d i V e n e zia , cit., pp. fig. 146—150; G. C. M enis, A l­ cu n i riliev i altom edioevali in ed iti d el F ri­ uli, in S o t la n a p e (ottobre-die. 1958) pp. 19—22. Qalcosa del genere avviene in A quileia al tem po del p atriarca Poppone (1019— 1042) anche p e r i capitelli della basilica patriarcale: in questi, derivati dai capitelli corinzi d ella tradizione antica, sono alterati sia il valore o il ri­ cordo naturalistico delle foglie d ’acanto, sia lo spinoso gioco di luce-om bra già freq u en te tra il qu arto e il sesto secolo. Le foglie d ’acanto, prive d’ogni rem ini­ scenza plastica, si bloccano, con un valore bidim ensionale, e le scanalature mo­ notone e parallele che le solcano, trasform andole in palm ette,5 2 conferiscono loro un aspetto quasi di lam ine m etalliche lav o rate a sbalzo. N onostante questo echeggiare a orecchio tendenze ottom ane — o proprio p er questo — i capitelli popponiani di A quileia rappresentano e conferm ano la tendenza »periferica« forzatam ente autonom a, dell’arte dell’area aquileiese. Agli stessi modi si connettono • —• e ne dipendono — varie a ltre serie contem po­ ran ee di capitelli »a palm ette« lungo l’arco dell’ alto A driatico, tan to che si è potuto parlare, im propriam ente, d’una »scuola popponiana«. S ta r o k r š č a n s k a in z g o d n je s r e d n je v e š k a u m e tn o s t v O g le ju D okazano je, da je m ozaična u m etn o st O gleja v p liv ala n a a rh ite k tu ro in u m e t­ n o st N orika, Istre, R etije, V enecije, M ilana in R avene. P ra v tako je znano, da so v 4. sto letju ta k o a rh ite k tu ra k o t izdelki k a m n itih s k u lp tu r O gleja v dekadenci. Iz 4. sto le tja poznam o sicer različn e nag ro b n e ostanke, ki so bolj značilni po ikonografski obdelavi, kot p a po sk u lp tu rn e m izrazu. Izrednega pom ena p ri o p red eljev an ju staro k rščan sk e oglejske p lastik e je relief apostolov P e tra in P av la, n a jd e n n a cem eterialn em obm očju San Felice, d a tira n v 4. stoletje, k i spom inja n a up o d o b itv e iz obdobja m ed G alijenom in K onstantinom . N ajzn ačiln ejši fra g m e n t staro k rščan sk e sk u lp tu re v O gleju je »missio- apostolo­ rum « iz konca 4. sto letja, sedaj v A rheološkem m u zeju O gleja, v oglejskem obm očju red ek pojav n a to tem o, k i je ta k o značilen za sir skop alestinsko obm očje. M anj po­ m em bni so frag m en ti n a tem o »trad itio clavium « čep rav edin stv en i v sev ern i Ita liji (sl. 1). F rag m en t reliefa D an iela m ed levi je nekoliko starejši. N ekoliko m lajši v e r­ je tn o je p lu tej z upo d o b itv ijo srn ja k a (sl. 2). P o u d a rje n a stiliziranost in geom etrič- n o st ga ločuje od n a tu ra listič n e upodobitve d ru g ih prim erkov. Številčno re d k i p ri­ m erk i staro k rščan sk e u p o d o b itv e v O gleju ne do v o lju jejo poglobljenega k o m p a ra tiv ­ n ega študija, p red v sem za obdobje 4. stoletja, v e n d a r lahko služijo za p rim erjav o um etn o stn eg a izraza pozne a n tik e v p adski nižini. S red i 5. sto letja v O g leju izgine v sak poizkus u m etnostnega izražan ja in se vsa d ejav n o st zarad i p o litičn ih razlogov prenese v G radež, k je r po letu 452 ponovno vzcveti poznoantična u m etn o st, bodisi oplojena z v p liv i iz R avene z o stanki p ad an sk e trad icije, ali p a z m otivi, k i p rih a ja jo z G rčije ali K onstantinopla. F rag m en ti iz 5. sto le tja n a jd e n i v G radežu so n av ad n o slabo o h ran jen i (sl. 3.), upodobitev človeka je zelo red k a, p ra v tak o živali. N ajznačilnejši p rim e rk i iz 5. sto letja so sk u p in a 20 fragm entov, iz k a te rih lah k o rek o n stru iram o približno 10 5 2 H. H. B uchw ald, E lev en th C en tu ry A quileia, in T h e a r t B u lle tin 48 (1966) C o rin th ian -P alm ette in th e R egion of pp. 147 ss. k ap itelo v (sl. 4.). N aj pogostejši orn am en t n a n jih je akantov list, k i spom inja na rav en sk e »pulvine« iz sv. Jan eza E vangelista, nekoliko pozneje pa n a one iz bazi­ lik e sv. D uha (Santo Spirito). A k antov list n av ad n o obdaja ra z n e sim bolične m otive k o t k an tar, križ, golobice in p ave (sl. 5). H eterogenost izvora ornam entov za k a p ite ­ le iz G radeža izk lju ču je m ožnost, da so im p o rt iz K onstantinopla ali R avene, m a r­ več so delo dom ačih delavnic, k i so u p o rab ljale n ajveč o rnam ente iz m editeranskega p asu sredi 5. stoletja. V si ti kapiteli, ki so b ili n ajd en i pod podom bazilike S anta M aria della G razie, p rip a d a jo tako im enovani n ik ejsk i fazi v baziliki sv. E ufem ije. Po letu 568/569 p rev zam e G radež v celoti oglejsko dediščino, še posebej po do­ končni p reselitv i škofa P avla. T udi v 6. sto le tju je um etnostni izraz n a reliefn ih ostan k ih rev en in n e k aže vpliva R avene. P oizkus renesanse opazim o le okoli leta 580, za časa E lije, k i n i m ogel m im o m ojstrovin, k i so se v tistem času p o rajale v Istri, P oreču in Puli. G radežanskem u ali oglejskem u izdelku p a ne m orem o priso ­ d iti k ated ro M arka iz p rv ih le t 7. stoletja. S irsk o -p alestin sk i vpliv je p o trje n z ob­ delavo in m otiviko reliefa, ki ni običajen za ta del m editeranske reg ije. O sm em u sto letju lahko prisodim o nekaj fragm entov p lastik , ki se po obdelavi lah k o p rim e r­ ja jo z reliefi k rstiln ic e K alista iz Č edada. O paziti je vpliv orienta, islam a, iranske, sasanidske in v m a n jši m eri koptske um etnosti. A kvileja im a o h ra n je n ih tu d i nekaj frag m en to v iz 9. sto letja: p lu te j e, pilastre, k ap itele in m ozaične dekoracije, ki nosijo vsi o rien talsk i navdih. T o> so predm eti, ki jih prip isu jem o času p a tria rh a M aksencija. V prv o skupino prištevam o reliefe s p ra ­ vokotno izdelanim i geom etričnim i liki, v d ru g o sodijo o rnam enti s p le te rje m (sl. 11). O glejski reg iji p a skoro povsem m a n jk a jo analogije s tako im enovano m ezarab- sko u m etnostjo in tra d ic ijo k arolinške faze. Ponovni poizkus u m etnostnega izraza opazim o v otonskem obdobju, v e n d a r je v p rim e rja v i z obdobjem 8. in p rv e polovice 9. sto letja revnejši. Podobni razcv et opazim o v času p a tria rh a Poppona (1019— 1024), k a r dokazuje­ jo k ap iteli iz p a tria rh a ln e bazilike. V endar n iso več kot zgolj p erifern i in avtonom ni izraz v u m etnosti o g lejskega obm očja.