ANNO XIX. Capodistria, 16 Novembre 1885. N. 22. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre iu proporzione. — Gli abbonamenti >i ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Richiamiamo l'attenzione dei nostri viticoltori sul seguente articolo del Prof. Cuboni, che togliamo dalla pregiata Rivista di Conegliano, e ci permettiamo domandare cosa si è fatto, e cosa s' intenda fare nella nostra provincia per approntarci a tempo, favoriti di tutti i mezzi che la scienza e la pratica hanno saputo e sapranno metterci in mano, per combattere il terribile flagello che ha devastato tante vigne nell' anno corrente. Finora non sappiamo altro che di un articolo scritto in propòsito" dàlTonor. direttore' deTTa^Sta1* zione di Parenzo, inserito nell'Istria. Quanto resti a fare, e si propongano di fare nelle provincie dell' Italia colpite dalla malattia, lo rileverà il lettore dall'accennato articolo : IL RIMEDIO CONTRO LA PERONOSPORA L' efficacia dell' idrato di calce come rimedio contro la peronospora, è oramai un fatto riconosciuto da tutti : il successo clamoroso ottenuto dai fratelli Bellussi e le esperienze nel vigneto sperimentale della R. Scuola di viticoltura in Conegliano, lo hanno messo in così chiara evidenza, che il dubbio non è più possibile. Però, a far sì che questa preziosa scoperta — dalla quale non sappiamo se mai una più importante fu fatta nella viticoltura - si converta in una pratica generale e costante, in modo che la peronospora non abbia mai più ad aver presa contro le viti, parecchie difficoltà rimangono ancora a superarsi e non poche opposizioni debbono essere vinte. Crediamo opportuno ragionare qui brevemente, perchè il tema ci sembra del più alto interesse, e perchè il segnalare quello che rimane ancora a farsi, può dar occasione a più d' uno di pensarci su e di trovare quelle soluzioni destinate a trionfare nella pratica avvenire. Anzitutto è necessario chiaiir meglio, con ben condotte ricerche scientifiche, quale na il modo di agire dell' idrato di calce nel preservare .e foglie dalla pero- nospora. Giova l'idrato di calce ad impedire la vegetazione del micelio del fungo entro il tessuto della foglia, ovvero 1' azione della calce si limita ad impedire la formazione e la germinazione dei conidii? E in qual modo questo impedimentò ha luogo ? È forse dovuto all' azione chimica dell' idrato di calce sul protoplasma dei conidii o delle zoospore, ovvero è un effetto puramente meccanico dello strato di calce, diventato al contatto dell' aria carbonato di calce, che rende impossibile alle zoospore di venire in contatto diretto coli' e-pidermide della foglia e di perforarla? In altra occasione io potrò forse far conoscere il ^risultato di qualche mio studio a questo riguardo ; ma u y tMjkiuia lliAitwjv ui vliv. u. uixiiuy ^uvuuv domande si possa dare una risposta soddisfacente. Le ricerche sperimentali in questo ordine di fatti hanno non solamente un interesse speculativo, ma altresì un' alta importanza pratica; da queste soltanto si potrà aspettare la soluzione di questi due problemi; a quale epoca convenga cominciare la calcinazione della vite e fino a qual epoca questa calcinazione debba essere continuata. Il risultato empirico di questo primo anno — principio della calcinazione a maggio e fino alla metà d1 agosto — se è senz' altro raccomandabile per tutti i paesi gravemente colpiti dalla malattia, non può peraltro ritenersi definitivo. È possibile che le ricerche ulteriori dimostrino essere sufficiente che la calcinazione sia seguita un numero minore di volte, con quanto risparmio di denaro e di lavoro ognuno lo vede. Un altro punto che rimane ancora meglio da accertare è questo, se la calcinazione sia sufficiente eseguirla sulla sola pagina superiore della foglia o se sia necessario estenderla anche all' inferiore. Più urgente altresì è il determinare con criteri positivi quali siano gli effetti della calce sul mosto e fino a qual punto la presenza di questa sostanza straniera possa neutralizzare gli acidi naturali dell' uva ed impedire la regolare fermentazione alcoolica o forse rendere impossibile la conservazione del vino. Anche a questo proposito possiamo annunciare che una serie di esperimenti comparativi si stanno ora facendo presso la nostra Scnola sui vini ottenuti colle uve calcinate, ed a suo tempo i lettori saranno informati dei risultati ottenuti. Uu' altra difficoltà è quella di trovare una pompa od istrumento iniettore adatto per la calcinazione delle foglie. Il problema è caduto in questo momento nelle mani di meccanici speculatori e tutti i dì giungono annunci della fabbricazione di nuove pompe, vantate come il non plus ultra per essere adatte allo scopo. Non vi è dubbio che fra le tante succederà col tempo la selezione e trionferanno le più adatte. Ad evitare però uno spreco di danaro da parte dei viticoltori sarebbe raccomandabile che dalle persone competenti fossero fatti seri esperimenti sulle qualità delle pompe proposte, perchè fin dapprincipio non trovassero raccomandazione che le sole pompe veramente buone. La pompa dovrà essere differente secondo il vario modo di coltura della vite, se alta o bassa, se maritata agli alberi o a palo secco ecc. ; in ogni caso la pompa dovrà sempre presentare queste due qualità: di consumare la minor quantità di liquido possibile, facendo cadere sulle foglie una pioggia la più fina possibile di idrato di calce. Insistiamo sopra quest' ultima qualità, perchè riteniamo che qualora la pompa dovesse spruzzare sulle foglie un getto troppo forte di calce, probabilmente ciò non sarebbe senza qualche danno per la funzionalità delle foglie stesse. Finalmente poi farà impedimento al rapido generalizzarsi dell' uso dell' idrato di calce la naturale opposizione conservatrice che abborre per istinto da ogni innovazione. 11 così faceva mio nonno o per dir meglio mio nonno non ha mai fatto così, è un sentimento vivissimo in tutte le classi degli agricoltori, e di certo i viticoltori non faranno eccezione. Quello che è successo all' epoca della scoperta dello zolfo come rimedio — '--—■■■•i.i.ei-c—--j-u—r.. -t.——«, maestrarci di quello che sarà per succedere ora che è stato scoperto il rimedio contro la Peronospora. Ben venti anni sono trascorsi prima che l'uso dello zolfo diventi generale, e in questo frattempo ninno può contare i milioni che sono stati sprecati per mero effetto dell' ignoranza. Oggi i tempi sono mutati : in ogni angolo d' Italia vi sono scuole agricole che possono farsi centro della diffusione dei buoni metodi per combattere una malattia così funesta come la Peronospora. Inoltre la calce è una sostanza così ben nota anche al più rozzo contadino, e di così basso prezzo, che troverà assai più facilmente credito di quello che ebbe sul principio lo zolfo o che avrebbe avuto qualunque altra sostanza di nome strano, ignoto all'agricoltore, che facilmente avrebbe sospettato essere una mistificazione a vantaggio di qualche commerciante di prodotti chimici. Tuttavia non bisogna essere troppo confidenti e credere che l'uso della calce non trovi oppositori ; tutti coloro ai quali stanno a cuore gl'interessi della patria viticoltura debbono cooperare perchè l'uso dell' idrato di calce si diffonda il più sollecitamente possibile. A tale riguardo ci sembra molto savio il consiglio del Ministero d'Agricoltura di far tenere qui a Conegliano e in tutti gli altri centri viticoli italiani, delle pubbliche conferenze sulla Peronospora e il rimedio per combatterla. Noi speriamo che gli uomini che presiedono con tanto zelo alle cose dell'agricoltura italiana vorranno fare qualche cosa di più, assegnare cioè a nome della nazione un premio generoso ai sagaci viticoltori che col loro grandioso esperimento sono riusciti a togliere ogni dubbio sull'efficacia dell'idrato di calce contro la Pero- nospora. Un tale pr noi lo consigliamo sia perchè siamo persuasi che veramente i Bellussi se lo sono meritato, sia sopratulto, e lo confessiamo schiettamente, perchè l'assegno di un tale premio sarebbe una conferma ufficiale, solenne, della eccellenza del rimedio. Un tale atto da parte del Governo varrebbe, meglio di qualsivoglia altro provvedimento, a persuadere anche i più increduli ed indifferenti l'importanza grande della scoperta per 1' avvenire della viticoltura. DIGRESSIONI*) Pietro Vergerio Favonio, Giuseppe Verona, ginstiuopolitani. c. 70 r. — 1580 a 1!) marzo in pregadi. È riportata la parte presa nella stessa materia in pregadi in questo giorno, della quale si fa menzione nella ducale Da Ponte 22 novembre 1580 diretta al podestà Alessandro Zorzi, ricevuta il primo dicembre dell'anno stesso e registrata sulla c. precedente v.. La parte comincia così: "Essendo stato esposto alla S. N. tanto à bocha quanto „in scritura dal Ecc.te s.r pietro Virgìerio fauonio Ambasciatore della sp.le et fideliss.ma Comunità nostra „di Capod.a il male stato nel quale si ritroua quella „Città per lo ateramento della palude della quale è circondata causato in gran parte da dui fiumi chiamato ,1' uno il fiumicino, et 1' altro il risano, il quale influiscono in essa palude suplicheuole, et affetuosissimam.te „ricercandoci à uoler prendere ale.a conueniente resolu-„tione in questo proposito la quale habia riguardo non „lucuti al (Uc.uU ti io al {»turo loro malo c. 72 r. — D e 25 Aprilis 1583, podestà Giacomo Lion. M.r Isepho Verona doctor è eletto sindico insieme con m.r Zuane Victor. c. 73 v. - Die 6 Maij 1583. Nel collegio delle biade "Parte posta dalli ecc.te. et sp. s.r Iosef Verona, „et s.r Gioanni Vittorio attuali syndici, in questo modo „YZ. L'andarà parte, che non derogando all'autorità, „libertà, faculta, et potestà ch'hanno li sindici in nego-„tiare, et trattare le matterie pertinente all' uniuersale „di questa Città, et specialm.te di questo fontico, che „al pre.nte essi sp. s.ri sindici debbino agitar, et dimandar retratation di partite menate in beneficio de „chi si uoglia per qual si uoglia occ'ne, et à pregiud.o „d'esso fontico, ò in altro modo contra l'ordinario, et „antiqua osseruanzza d'esso fontico. Alla qual parte non „pose il suo uoto il Cl.mo S.r Pod.a douendo sua M. „Cl.ma esser Giud.ce la qual balotata hebbe tutte le „balle in fauore.„ ' c. 89 bis r. Die ult.a no.bris 1583. Exc.s D.nus Petrus Doct. Tergerius Fauonius è creato amba-sciator presso Sua Serenità ed insieme con lui V ex.s D.nus Ioannes Dodo; Vida ac egreggius D.nus lacobus Bruti, ad impetrare che sieno tolti i "soldi dui per „sechio di grauezza, à quelli che uolessero condur uino „per terre aliene de questa città, et ter.o, et doppoi „soldi diece per sonma d' i sali, che parimente fussero *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna di Santa Giustina e i num. 22, 23, 24 an. XVIII, 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15. 16, 20 an. XIX. — Digressivi. ^condotti per la uia di terra in terre aliene,, non che ulteriori provvedimenti intorno alla regolazione del Fiumicino, perchè non si rendano inutili anzi dannose, le spese già fatte — v. cc. 88 r. e v. e 89 r. e v. -—. Quae sup.ta pars habuit in fattorem ball. 95, contra ball. 2. Ideo capta ficit. Ma poi è inviato per il momento il Vida solo. — v. c. 90 r. - , gli altri due lo raggiungeranno poi. c. 150 r. e v. —• Die p.a Iulìj 1584. podestà Giovanni Malipiero. L' ecc.te s.r losepho Verona è creato ambasatore. — "Fù à sua ser.ta racordato da diuersi „inzignieri in diuersi tempi che sara cosa molto proficua „alla citade il far diuertir il fiumisino dal suo ordinario „corso, et redur quello per hora doue si ned e esser .stato diuertito ... la quale diuersione hora per expe-„diente si uede che non fa alc.no de quelli effetti che „dalla sua dementia, et benignitade sono stati desiderati . . . Conuenendo adonque alla fideltà di questa „cittade. et essendo neccessario per beneficio pub.co di „far il tutto distintara.te intendere à S. Ser.tà acio che „con la infinita sua prudentia possa prouedere à tanti „danni prejudicij, et superflue spesse Però I/ Anderà „parte di elegger per questo conseglio uno fidelle et ben „informato citadino, il quale con quella riuerentia et „prudentia che si conuiene habbia il tutto proponere à -S. Ser.ta ... et perchè si intende che li Cl.mi S.ri „alle raggion uecchie intendono proseguir le inhibitioni „altre uolte fatte da quel Cl.mo off.o à questo Cl.mo .Regimento, il che saria d'intacho della Iurisdicione di „esso Cl.mo Rigimento .... però li sia datto ancho „authorità di poter improposito di giurisdicione compa-„rer à piedi di S. Ser.ta ricercare, et contratare abso-„lutam.te à nome pub.co tutto quello che in cotal proposito li parerà conueniente alla honereuolezza, et be-„neftìcio ]mUI.<_vo Pro parie bnttr n.o 112, Contra halt. „n.o 4, Ideo capta. „ ce. 117 v. e 118 r. — Die — tra il 19 e il 25 — aug.ti 1584. L'ecc.te doct. Verona è scelto proueditor del fonticho insieme con s.r Fabricio Tarsia, s.r Tiso Lugnan. ce. 125 v. e 126 r. — Si legge: "Noi Bernardino „barbo Lodouico di pola piero de grio, et Zanbatista .Zarotti Giudici Gian paulo Zarotti. et Hier.mo Gauardo .syndici, et generali procuratori della Città de capod.a „cometemo à Voi Erc.mo I). Iseppo Verona doct. che „douendo noi transferirai nella Inclita Città di Venetia „per seruitio de sua Ser.ta dobbiate in esecutione della „parte presa nel nostro maggior Conseo sotto il p.o „dell'instante comparer a piedi de sua Ser.ta et con „quella debita, et riuerente sommissione, che si conuiene „ricercar à nome di questa sua fìdelissima città la con-„firmatione di cap.li et noua recondutta delli hebrei „banchieri procurar che sij regolata la materia del terzo „soldo de uini che si uendono à menutto, quella che „prohibisse il comprar uin à sechio la cosa del fiumi-„sino quella della superiorità et quella finalmente dell' „impedimento del corso, tutte cose importantissime, et ,di grandiss.a consideratione, et specialmente quella del „Corso, et traficho con quelli delle parti di s.a senza ,il qual comercio è cosa impusibile che in questa città „si possa uiuere_____ Datum lust.U die XVI 9bris 1584. cc. 132 v. 133 r. — V'è trascritta "la parte presa ,1584 adi 5 ag.to nel maggior cons.o, a Venezia, la stessa che si legge stampata nel Quintus Liber Statu-torum Iustinopolis pgg. 184 sgg. N.o 77 unita alla Ducale Da Ponte 13 agosto 1584 precedente al N.o 76, diretta al podestà. Comincia così — lezione del Libro de' Consigli — : "Ricerca la Carità paterna che „la S. N. ha sempre largamente usate uerso li suoi „sudditi che non solo alla fideliss.a Co.ità di parenzo „attese le honeste cause contenutte nella sua supinazione, et quanto in tal materia risponde quel pot.ta „sia concesso quello che dimandano circa il poter andar „in app.one in Capod.ia come è stato ancho per ristesse „cause concesso à molti altri lochi nostri del1 Istria ma „che si proueda anco uniuersalm.te à tutti li lochi della „detta prouincia per soleuatione, et beneff.o comune de „tutti quei fideliss.i populi con far che le loro appela-„tioni si deuoluano al Rettor di Capod.ia con dui consiglieri aggionti à ciò ni si.; un numero conueniente, „et ord.o deputato à questo per maggior sotisfacione „della giustitia, et di quelli fideliss.i nostri come con-,sigli;i anco il diletto nob. nostro Nicolo Donado stato „à quel Regiment»., Poi seguono le disposizioni da prendere necessarie a questa innovazione. Fra le quali una, F ultima, dice così: "et in caso che il tratto di „tutti li sopra detti danari non fasse à sufficieutia per „il salario, et -per la casa come è detto sia suplito à „quel tanto che mancasse dalla sopra detta fideliss.a „Co.ita si come si è offerta, et contentata per la scri-„tura hora letta, et produtta dal sp. 1). Isepho Verona „smo Ambasciator tornando ancho à beneff.o, et honor „di essa Co.ita la pre.nte deliberatione. (Continua) IL'T o t i s i © Benché tardi, diamo luogo di buon grado al seguente articolo, che riguarda un nostro distinto comprovinciale: Negli atti del Regio Istituto veneto di scienze, lettere ed arti (tomo III. serie VI) è stato pubblicato un lavoro — De Acido Nitrocuminico — del dottor Giovanni Battista Negri di Albona. Con questo lavoro, perfetto, a detta degli iatelligenti, e scritto in latino perchè sia capito da essi tutti, si iniziò nella Università di Padova lo studio della cristallografia, scienza introdotta in Italia, non sono molti anni, dallo Scacchi e dal Sella e coltivata dallo Struver di Roma e da limitato numero di egregi giovani insegnanti. Due parole su questa scienza, tuttavia nuova, non saranno, crediamo, spese male. La cristallografia è scienza coltivata da pochi perchè difficile, e richiede molti» lavoro: il lavoro di mesi si riduce bene spesso in mezza pagina di pubblicazione. Oltre a ciò, non vi sono solamente grandi difficoltà nello studio fisico dei cristalli, ma difficoltà e astruserie nei calcoli — molto simili a quelli degli astronomi; — e infine, ad essere cristallografi, è necessario avere famigliarità colle matematiche, colla fisica, colla chimica, scienze che necessariamente richiedono anni di studio. Lo scopo di questa scienza è duplice. Il primo, che la rende ausiliaria della filosofia moderna, è la soluzione dell'importantissimo ed arduo problema della relazione che lega la forma assunta (geometrica nei cri- stalli) alla materia assuntrice. Il secondo scopo è di grande utilità nella vita pratica. Infatti da questa scienza si hanno i caratteri più facili e importanti per distinguere l'una dall'altra le sostanze chimiche (industriali, medicinali, alimentari, ecc.), e accertarne la genuinità e l'adulterazione, nonché i caratteri — i soli certi — per riconoscere e distinguere i diversi minerali, la cui importanza è a tutti nota, perchè da questi si estraggono i metalli, si preparano moltissimi colori e parecchi medicinali. Noi siamo lieti che l'inizio pratico di questa scienza si debba a un istriano, il quale nei tre anni passati all' Ateneo Patavino ha saputo cattivarsi la stima dei suoi professori, meritandosi classificazioni in vero eccezionali, e aquistarsi 1' affetto del Panebianco, professore di mineralogia nell' Ateneo stesso, e allievo dello Struver. Il Panebianco — è bene che lo si sappia — va superbo di aver prodotto a sua volta un allievo di singolare valore quale è il Negri, a cui auguriamo di cuore una splendida camera scientifica. Non baciate i bambini in bocca. Un medico di Düsseldorf scrive ad una signora: E' una orribile usanza quella di baciare i bambini in bocca. Dico orribile, ma dovrei dire micidiale. Sì, cara signora. Vi ricordate voi, che quindici giorni sono faceste una visita alla signora S. ! Avevate un grosso scialle al collo. Quando il vispo Giannino entrò saltellando in camera, voi piena di tenerezza prendeste il piccino fra le braccia e lo baciaste in bocca con viva effusione. Poi cominciaste a parlare coli' amica di una infiammazione alla gola che vi aveva impedito la sera innanzi di assistere al tal ballo. Ebbene vedete, queL- prcoinamcnto —come -«e gli aveste somministrato arsenico o stricnina. La vostra tenerezza gli riuscì fatale. Due o tre giorni dopo Giannino cominciò a lamentarsi d' una infiammazione alla gola e quando venne il medico bastò la parola difterite a mettere tutto in chiaro. Oggi un piccolo recente rialzo di terra nel cimitero è tutto il ricordo della vostra visita. Alla vostra orribile spensieratezza, cara signora, si deve la morte del bambino. Siccome la difterite nella maggior parte dei casi si produce colla diretta trasmissione dei germi i quali ne sono causa, e siccome non c' è mezzo più appropriato per tale trasmissione che il bacio, il quale è divenuto tanto comune, così non è meraviglia che quella malattia divenga sì facilmente epidemica, se pure non si deve dire che tutti i casi di difterite provengano dal baciare. Dalla serena felicità, dalle speranze ridenti, all' improvviso, la egregia famiglia del sig. Nicolò Eizzi di Pola, fu gittata nel dolore profondo. La sposa del carissimo figlio Dr. Lodovico, Maria Quarantotto, nel dare alla luce la sua prima creatura, spirò, e tanto tesoro d' affetto e di speranze sparì per sempre ! Aveva appena 21 anno. Poveri genitori, povero figlio, piangete ! . . . e sappiate, se mai sia possibile giovi a lenire il vostro dolore, che molti piangono con voi la disgrazia terribile che vi ha colpito e non ha conforti. Un altro figlio dell' Istria, ancor giovine, scese nel sepolcro : Pietro Favento, dottore in medicina, che esercitò nella consorella Gorizia, dove s'era fatto stimare per le belle doti dell' animo, per la istancabile attività, e per 1' ardente amore alla sua professione. Affranto da lungo morbo, ribelle ad ogni cura, fu tolto addì 8 d. in Trieste all' affetto de' suoi, alla stima di quanti io conobbero, che ora deplorano la morte di un diletto congiunto, di un medico zelante, operoso, ed onesto. Povero Piero! inviandoti l'ultimo vale, deponiamo sulla tua fossa il mesto fiore della rimembranza ; perchè mai oblieremo che ci fosti buono e leale amico. Alla tua derelitta famiglia, a tuo zio monsignor Giovanni, che ti educò ed amò come figlio, le nostre condoglianze. Ancora una grave sventura dobbiamo deplorare, che colpì in questi giorni un' altra distinta famiglia istriana. Luigi de Franceschi, d' anni 47, fratello all' egregio nostro deputato, non è più. Il lutto della sua casa si confonde ora con quello dell' intera provincia, perchè la famiglia de Franceschi è molto amata e stimata da tutti gl' istriani. Ai desolati superstiti mandiamo il più vivo compianto. Al momento (li porre in macchina ci giunge un' altra dolorosa notizia che porterà seco il generale cordoglio specie nella classe degli operai. Il cavaliere Edoardo Strudthoff, deputato provinciale, membro della camera di commercio, consigliere municipale di Trieste e Muggia, cessava di vivere j eri in quest' ultima città. Il semplice nostro annunzio, precursore di molteplici commemorazioni intorno ad un uomo amato» « riverito da tutti e che fu 1' anima dello stabilimento tecnico di Muggia, sia intanto doloroso messaggio ai comprovinciali, i quali, siamo certi, serberanno con noi per l'illustre estinto durevole memoria di affetto e gratitudine. La tumulazione seguirà martedì alle ore 9, partendo il convoglio funebre da S. Rocco. Dal signor Zaccaria Maver, nostro comprovinciale, riceviamo il seguente comunicato : L' appendice del Corriere di Gorizia dei 31 mese scorso N. 87, contiene una risposta a' miei appunti critici, risguardanti 1' opera recente del signor Max Nordau Le menzogne convenzionali della nostra civiltà. Sono nudi asserti, è vero. Tuttavia si credette poterli contrapporre alle mie affermazioni e ragionate opinioni, presumendo di confutarle. L' esordio di quel dettato mi dà tutto il diritto di ritenere, che le massime in esso propugnate sieno pur quelle professate dal giornale, dacché esso ne parla in proprio nome, fa, senza riserve, l'apologia della miscredenza, del pessimismo e del materialismo del sig. Nordau, adducendo a sua scusa se non potè dirne di più e in miglior forma, l'indole del giornale, e non so che determinate circostanze. Non è questo il luogo di discutere e comprovare la falsità e 1' enormezza di quelle dottine, basterà mettere in sodo pel distratto lettore, formare esse la base e la sostanza dell' articolo in questione. Che i criterj, gli adagi, le vedute, le credenze componenti l'essenza del catechismo religioso e del sacro sermone. erano dagli avversai] impugnate e dichiarate ingannevoli ed illlusori nessuno lo ignora. Ma deve aver destato meraviglia, se non in tutti, nel maggior numero de'lettori, l'apprendere qualmente esse erano oppugnate e reputate false eziandio da un giornale, cui missione sembra essere quella di spargere fra' suoi connazionali insegnamenti di sana morale e principj di buona convivenza. Dico che il giornale non pure accoglie con indifferenza, o per deferenza, la dottrina del Nordau, egli si assume perfino il compito di rincalzarne il valore, negando che nell' umano sentimento sieno riposti i germi della religione, non potendo essi scaturire dalla sua costituzione psicofisica ; cioè, al dire dei materialisti, da una costituzione al tutto materiale, dove 1' anima altro non era che una funzione dell' organismo e della nutrizione crescente e svolgentesi ad essa parallela, ed allegando in prova di codesta teoria il fatto attestatoci dalla Storia, che le religioni le più spirituali, dagli autori del Pentateuco ai profeti, da Gesù agli scrittori evangelici, erano tutte intese a combattere la perversità di codesta costituzione; un argomento che smentisce l'assunto, militando a favore della costituzione composta dall' uomo, animale, cioè, e spirituale morale e religiosa. Imperocché e gli autori del Pentateuco, e i profeti, e gli scrittori evangelici del sicuro erano uomini, e la storia tutta, tanto religiosa che civile e politica, scientifica e letteraria, ci documenta 1'esistenza dell'elemento morale e religioso in lotta perpetua coli'avversa natura, la tirannia delle passioni umane e tutto ciò che si oppone al suo sviluppo e predominio. Si obbietterà, forse, che gli autori del Pentateuco, i profeti, gli scrittori evangelici non parlarono in proprio nome ma in quello di Dio, che loro dettava i suoi voleri, perchè, come si dice, la religione viene all' uomo dal di fuori. Ch' ella venga da Dio, il materialista non può a- :iuetterlo, negando egli l'esistenza di un Dio e il suo provvedere. Dunque ella non può venire che da Satana, tanto più che quegli adagi, quelle massime, quelle credenze che costituiscono 1' essenza del catechismo religioso e del sacro sermone, e che furono la base d'ogni progresso, sarebbero tutte illusorie ed ingannevoli ; per conseguenza o illusi o impostori coloro che se ne fecero i banditori. E avrebbe potuto accoglierle l'uomo, coltivarle, praticarle, sebbene in conflitto co' suoi appetiti e interessi mondani, sostenerle in mezzo ai tormenti, suggellarle del proprio sangue, se alla voce di fuori non avesse risposto una voce di dentro ? Ma lasciando ciò stare, Cristo, i profeti e gli evangelisti e contentandosi dello scarso lume della povera ragione umana, crediamo poter condensare l'avversario ragionamento nel seguente sillogismo : Le massime, gli adagi, le credenze che costituiscono 1' essenza del catechismo religioso e del sacro sermone, sono cattive. — Ma queste massime combattono l'iniqua natura dell' uomo — Dunque queste massime sono buone. Questo sillogismo ci ricorda l'altro consimile, benché fosse non tanto assurdo, del Hegel, dove la maggiore negativa conchiude in una proposizione positiva. Lo Hegel così ragiona: L' essere e il nulla sono la medesima cosa. — Ma 1' essere e il nulla si contraddicono — Dunque 1' essere o il nulla si uniscono nel diventare. A questo primo dogma della materialità dell'uomo e della menzogna religiosa, segue quello dell'idea della vita futura, definendola quale una forma dell'istinto di conservazione, ed osservando che se le bestie noi possedevano, ciò, probabilmente, dipendeva dalla ristrettezza del loro orizzonte : la qual cosa significa, che tra 1' uomo e il bruto non esiste diversità di natura, ma solo differenza di grado. Si continua poi a dire, che si sarebbe anche disposti ad aggiustar fede all'immortalità qualora se ne avesse una prova diretta, e non si scorgesse invece dovunque devastazioni e macelli senza pietà, derisione della nostre speranze, dei nostri spasimi, dei sillogismi della scienza, cose tutte che c' insegnano quale si fosse il nostro destino, e si conchiude che come c' ingannano i sensi, possono del pari ingannarci l'intendimento e 1' animo. Certo, dove si potesse toccare o per lo meno vedere 1' anima dopo che ella abbandonò il suo corporeo inviluppo, allora i materialisti potrebbero cantar vittoria, e ripetere su tutti i tuoni, che 1' anima è materia ella stessa. Eppure non si dovrebbe ignorare che similia similibus probantur. Inoltre, se i sensi tal fiata c' ingannano non è forse la ragione che ne scopre gl' inganni e ne corregge gli errori? superiore e diversa dai sensi, cui nessun impedimento ne viene dall' aria, dalle distanze, dalla composizione e dallo stato dei nervi onde quelli sono costituiti ed alterati ? Intendo parlare di quella che dell'uomo fa un essere non solo intelligente ma benanco morale. Questa prima parte dell' articolo termina col dichiarare, che gl' insegnamenti e le massime religiose del Nordau vanno accettate e non dileguano punto dinanzi ai nostri appunti critici. Comoda prova proferir sentenze. Ma in questioni simili una sentenza non accompagnata da motivi, equivale a dogma spoglio di qualsiasi valore. Sul problema economico 1' appendicista si sofferma tanto da cogliere 1' occasione per osservare; che io all' inquisizione scientifica preferiva anche qui l'esortazione, e riporta alcuni brani dell' opuscolo, come volesse designarmi alla classe indigente quale un misantropo : tacciandomi d' un moralismo troppo rinchiuso in se e poco curante quel complesso di idee che simboleggia la Croce . . . preferendo egli 1' accusa all' esame ed alla giornaliera osservazione che ci ammaestra come il più delle volte cagione de' nostri guai siamo noi stessi. Respingo seuza risentimento il rimprovero gratuito, ed aggiungo che se abbono dal far causa comune coi demagoghi e gli arruffapopolo che hanno il cervello nello stomaco e sfruttano le altrui basse passioni onde farsene uno strumento delle loro ambizioni e delle loro vendette, altrettanto desidero che le sorti di coloro i quali ingiustamente soffrono, possano in breve trovar alleviamento. Ma se era tempo d'insegnare all' uomo i suoi diritti, è tempo ormai d'inculcargli sul serio altresì i suoi doveri, imperocché, io lo ripeto, uu diritto non ba ragione di essere se non è per compiere un dovere. L'animo umano è mutabile soltanto nei modi e nelle forme dell' iniquità, e non muta mai nell' iniqua sua sostanza. Questa sentenza sarebbe giustificata dall' antropologia e dalla storia, nonché dimostrata dal pontefice degli scettici, I). Huroe. Ciò hou ostante, «elio stesso capoverso, si crede poter reclamare un corpo di leggi che tolgano il contrasto delle infinite miserie colle pompose ostentazioni e le morbidezze, e tutto ciò senza badare all' intrinseca bontà dei caratteri. Se bene abbiamo compreso il pensiero dello scrittore, fra lo scioperato e il laborioso, fra 1' onesto ed il furfante non va fatta differenza. Qui almeno si scorgerebbe una coerenza di principj, da poi che, se l'uomo è un puro composto di materia, soggetto unicamente a leggi necessarie di natura, privo di libertà, senza meriti e demeriti, diventa cosa indifferente la qualità del carattere ; anzi non accade di questo neanco far parola. Bensì è una palmare contradizione pretendere che altri uomini ugualmente soggetti alle stesse leggi, macchine essi stessi, possano mutare le sorti fatali inesorabili e-ternamente stabilite. Di più, come aspettarsi compassione de' mali altrui, se l'animo mai non muta nell'iniqua sua sostanza, ma solo nei modi e nelle forme dell'iniquità? In questo medesimo capoverso poi troviamo lina frase caduta dalle nuvole, che ci fece inarcare le ciglia e che mette il colmo alla confusione. Vi è detto, a proposito dei duri destini dell' uomo su questa terra, crediamo che cotal legge non sia legge eterna degli spiriti. Di che spiriti, in nome del cielo! si vuole qui far menzione ? Non di quelli che vestirono carne umana, perchè loro destino è di andar dispersi come la rena quando il turbo spira. Sono forse questi gli autori di-quelle massime, di quelle credente religiose riconosciute illusorie ed ingannevoli che all' uomo vengono dal di fuori? Allora il proverbio che chi più ne fa e meglio la campa, non sarebbe solo di questo mondo. Non credo necessario spendere parole intorno alla definizione e gl'imperativi della coscienza, consistente, come si pretende, nell'istinto di conservazione o iu una eco della pubblica opinione, e pongo fiue al mio dire coli' avvertenza, che se al mio contradditore la morale da me professata, abbracciale l'umanità, non appaga, egli si privò del diritto di pretenderne ima migliore dal momento che proclama immutabilmente iniquo l'animo umano: e che un materialista, il quale non avversa lo spiritualismo che lo combatte ad oltranza, dà diritto a sospettare vacillare egli ne' suoi principi, mentre uou si vuol essere amici a Dio ed a nemici suoi. Appunti bibliografici Rime triestine e istriane eli Polifemo Acca. Trieste. Balestra 1885. E ancora libri in vernacolo, dopo quanto si è detto è fatto per ottenere E unità della lingua ? Sì, e per la semplice ragione che i veri dialetti si parlano tuttora, e prima che s'abbiano a smettere, molta acqua ha a correre sotto i ponti. La scuola e V esercito compiranno questa benedetta unità, e la compiranno certo; e il rifiorire delle varie letterature regionali, e specialmente in teatro, non mi fa nè freddo nè caldo; è come l'agitarsi di chi si sente trascinare dalla piena e si attacca ad ogni spino. Ma il Nelli, il Fucini, il Bersezio non sono, spini, ma comodi zatteroni, e un buon palo è pure il nostro Polifemo Acca, cioè il signor Giglio Padovan, cui Sant'Antonio voglia concedere di vedere molte fioriture di gigli. Tiro il fiato dopo la pom-pierata, ed a capo. E perchè mo', signor Polifemo, ha scritto sulla copertina — Rime Triestine e Istriane? E noi Triestini siamo forse Turchi ? Sarebbe ora di finirla con queste divisioni e suddivisioni arcaiche; e se i Triestini ci tengono ancora, per darsi l'aria di capitale, peggio per loro. Io triestino vi rinunzio, e desidererei perciò leggere sulla copertina - Rime istriane; libero poi l'autore di fare quante distinzioni vuole tra il vernacolo triestino, capodistriano, parenzano ecc. ecc. Distinzione necessaria. Quanto più si scende in Istria trovasi più energico, e originale il dialetto; il triestino è corrotto nelle forme, ed ha un non so che di babesco. Il difetto originale del vernacolo si risente nello stile dell' autore ; migliori sono senza confronto i suoi versi in dialetto istriano, specialmente i sonetti, molti dei quali bellissimi. Il difetto soprannotato apparisce specialmente nel — Maraveie e delizie d'un cafè. Certo le macchiette sono copiate dal vero e riuscite ; e le ho riconosciute subito anche dopo diciannove anni di lontananza dal mio caro ostello, come quel simpatico dottore; .......omo de talento Che marcia in veladina contro vento Co le lochete e la cravata bianca, Col peto averto e co la facia franca. Sono, ripeto, macchiette, o meglio fotografie esattissime; ma non schizzi, non disegni a matita o ad acquerello, e ci manca quel non so che di vitale ed artistico che rende non solo 1' esterno, ma l'interno della persona. Poi quella benedetta tirada in endecasillabi rimati a due a due riesce monotona, appunto come le tir ade dei l'roveri provenzali nelle prose da romanzo. E via via le macchiette passano, sfumano quali ombre della lanterna magica ; e non c' è verso che 1' autore pigli il fiato un momento, e si arresti a dire vita, morte e miracoli di qualcheduno de' suoi personaggi. La forza rappresentativa, plastica è quindi non comune nel nostro poeta, spesso ottima; ma gli manca la narrativa per ora. Col tempo e con la paglia matureranno le nespole e l'albero è buono : allora avremo anche qualche fatterello, qualche aneddoto che ci produca la vita triestina, capodistriana ecc. ecc. come ha fatto il Porta, il Bersezio che crearono tipi vivi sempre nelle antonomasie popolari : Donna Paola, Giovanili Bongè, un Travet ecc. ecc. Ed ora, voltando carta, dopo qualche appunto, che il poeta accoglierà in buona parte, diciamo anche del molto di buono che si trova in queste rime. Prima di tutto qui non ci sono doppi sensi, non le solite scurrilità con cui molti poeti in vernacolo macchiarono i loro versi. Ma queste sono doti negative, veniamo adunque al positivo. Lo spirito, il brio, il sale attico anche abbellano queste composizioncelle ; dai sonetti e dagli epigrammi specialmente scatta sovente la frase felice, la trovata, come si dice, ed eccita un riso che fa buon sangue. Per esempio veggasi l'epigramma — Un fià de luse. Dise ben el proverbio Che roba del comun Xe roba de nissun. Per esempio : quei travi desgraziai Che fina 1' altro zorno Gera qua messi bel pulito in stiva, Su, che i me diga, dove xeli andai? — Sior Poldo benedeto, No la perda el so fià co sti conienti. Quei travi, cossa vorla, I gavarà Servio A qualchedun per farse i curadenti. , quest' altro bellissimo che dedico a tutti gli arruffoni, agli acchiappami vole ed ai trampolieri della politica : Senatus Populusque. — Republica in Italia? Ya benon, Partenopea, romana o zisalpina? — L'istesso; pur che vadi" in caregon Un novo can con altra golarina. Stufi de la quaresima, Yolemo earneval. •— Eviva i mati! Solo fè atenzion Che per la forma no perdè '1 stivai. Tra i sonetti sono impacciato nella scelta, tanto mi sembrano belli ad eccezione di pochi, dove la forma è un po' stentata ed arcaica. Scelgo a caso. El Pitor. Corpo de bio, no so più cossa far Per finir el ritrato de sto morto; I parenti vien qua per suo diporto : Nissun sa gnente, e tutti voi parlar. Dopo tre mesi che i me fa sudar, Chi lo voria più rosso, e chi più smorto; Chi el naso assai più drito e chi più storto: Toca, ritoca, e torna a sbagazar. Ma la classica xe che sti batoci Se meti fra de lori a contrastar, Fintanamai sora el color dei oci; Chi lo voi blù, chi negro e del più forte... Mo via, che noi se staghi a riscaldar: Glie li farò, magari, uno per sorte. Tirate adunque le somme, anche noi Istriani possiamo dire: Habemus Pontiftcem, un poeta che per brio ed onestà di propositi merita di entrare alla buona e senza guanti nell' osteria del Parnaso italian, e che sarà degno di sedere un giorno con gli altri cantori popolari d' ogni nostra regione. Ed ora, da bravi istriani, fuori i soldi, e, regola prima, non prestate il libro a nessuno. P. T. Catalogo delle opere antiche d'intaglio e intarsio in legno esposte nel 1885 a Roma, preceduto da brevi cenni sulla storia dì quelle due arti in Italia dal XIII al XVI secolo per Raffaele Erculei direttore del museo artistico-industriale. Roma. Civelli 1885. Un artista istriano perduto ed uno guadagnato. Molti sanno che a Roma c' è un museo artistico industriale, e che vi si tengono ogni tanto esposizioni retrospettive e contemporanee di industrie artistiche. Così nel presente anno vi fu l'esposizione d'intaglio e tarsia in legno ; ed è in questa occasione che il signor Erculei mandò per le stampe il presente libro magnìficamente dedicato a Sua Eccellenza il Duca Don Leopoldo Torlonia prosindaco di Roma. Come dalla ricca bibliografia annessa si comprende subito, il Signor Erculei è padrone del suo soggetto, e se anche non ci ha dato un libro compiuto (e tale non era la sua intenzione) pure e per copia di autori e di opere citate in materia, dove tanto rimane a fare, il suo è più che un libro d'occasione; e rimarrà. Rilevo senz' altro ciò che è importante per l'Istria e le provincie .vicine. Del nostro Fra Sebastiano da Rovigno è detto a pagina 38 e J9 secondo i recenti studi nella Provincia e nell' Archivio. A proposito dell' intarsiatore Bartolomeo da Pula, che sulla fede del Lanzi tutti i nostri scrittori accettarono, ecco che cosa si legge invece ; „...II coro della certosa di Pavia lavorato da Bartolomeo de Polli, detto della Polla modenese, sui cartoni di Ambrogio Fossano detto il Borgognone" — pag. 85. Si corregga adunque in nota lo Stan-covich in caso di ristampa, e rinunziamo a gloria non nostra, avendone tante altre. A Perugia nel monastero di San Pietro dei Benedettini lavorò di tarsia nel coro, nel 1535 il maestro Stephanus de Bergamo, fratello di fra Damiano da Bergamo allievo del nostro Fra Sebastiano. „Da un conto del sindaco del convento apprendiamo che, a opera finita, maestro Stefano ricevette fiorini 274, e maestro Domenico Schiavone per la fattura delle cimase fiorini ottanta e soldi trentadue . . . (pag. 51). Ora chi è questo Domenico Schiavone? Bujo pesto. E non sarebbe forse qualche artista istriano? Presa 1' usanza di chiamar Schiavone il nostro fra Sebastiano, è probabile che abbiano chiamato Schiavoni tutti gli Istriani. In ogni modo questo Domenico Schiavone non può essere l'architetto Domenico da Capodistria del quale abbiamo fatto un cenno do- mandando schiarimenti nel Num. 15, 16 della Provincia 1883. Ecco che cosa ho potutj trovare di questo Domenico da Capodistria. Lavorò questi intorno al 1460 in Firenze, come si ha dall'Averu-lino o Filarete scrittore d'arte di quei tempi, che così ne parla : — His marmoribus non modo Prin-cipis nostri tìtuli, sed artificum quoque nomina qui convenerant incisa fuerunt. Imprimis Donatelli etc. etc. . . . Neque ex Dalmatia utpote lacóbus Tra-guensis (Trau) defecere statuarii. Neque ex Istria utpote Dominicus de ... E qui una lacuna nel codice. Ma tutto induce a credere che questo Domenico sia lo stesso ricordato dallo Zani col titolo di bravissimo da Capodistria, e da altri quale ausiliario del Rizzi nella fabbrica del Palazzo Ducale. (Vedi Cadoriu. Notizie storiche intorno al Palazzo Ducale. Venezia 1838 pag. 135). Ecco adunque pel de Polli perduto, un Domenico da Capodistria scultore guadagnato. Ed ora torniamo a bomba. Questo Domenico da Capodistria scultore non può essere però il Domenico Schiavone intarsiatore nel 1535, la bellezza di 75 anni dopo. Ecco adunque un altro intarsiatore: maestro Domenico Schiavone, sul quale si hanno a fare ricerche. Potrebbe essere da Rovigno, e continuatore della scuola di fra Sebastiano ; tanto più, perchè lavorò col maestro Stefano da Bergamo, fratello del celebre fra Damiano, allievo che fu del nostro fra Sebastiano. Non dispiacerà ai Dalmati sapere che tra le opere esposte quest' anno nel Museo di Roma ci fu una cassetta nuziale di sandalo inciso e graffito, rappresenteute scene matrimoniali e deità pronube, proveniente dalla Dalmazia. Secolo XIV. Espositore Felice Gi ammari oli. Anche del Friuli vi si fa cenno due volte. A pag. 85 è ricordato il coro di Spilimbergo eseguito da Marco di Vicenza intorno alla fine del secolo XV. Tra le opere esposte si vede poi un altare in forma di tritico, avente nel centro un altorilievo rappresentante N. D. col bambino, e due santi con nella base 1' iscrizione: Dominicus de Tumitio. Domenico da Tolmezzo lavorava in Udine nel 1479, e fu anche pittore. Espositore Ettore Fantochietti (pag. 194). p. t. Di prossima pubblicazione: Saggio di Registrazione per gli animali bovini allo scopo di rilevare le attitudini dei medesimi e per istituire i libri genealogici del Prof. D. Dott. Tamaro vice-direttore della scuola agraria di Grumello del Monte (Bergamo). Prezzo L. 2. — Per 1' acquisto rivolgersi all' Autore. CAPODJSTB1A, Tipografia di Carlo Priora. Pietro Madonizza — Anteo Wravisi edit. e redat. responsabili.