L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati . 4. Semestre c trimestrein proporzione Si pubblica ogni sabato. vip ■ tei II. ANNO. Sabato li Settembre 1847. 55. DEI MIRTI. L'agro polense, gì' isolotti dell' Istria inferiore, abbondano di piante rigogliose di mirto comune, i di cui fiori spandono soavissime e delicate fragranze. Crescono a cespugli, spontanei in mezzo a piante minori, tutte destinate a riscaldare forni. Non ci è accaduto di vederne in orti per ornamento, per diletto ; ma nemmeno questa pianta è esclusiva di Pola, sebbene in quei dintorni prosperi ottimamente. Vedemmo esemplari in giardini di Trieste che all'aria aperta giunsero ad ordinaria fioritura, vedemmo esemplari sui dirupi dell'agro tergestino nelle parti più riparate da intemperie, ed ove nè 1' uomo nè gli animali potevano giungere a distruggerli. E se a Pola sovrabbondano gli esemplari, crediamo che ciò provenga piuttosto da ciò che il numero delle piante è di gran lunga superiore al consumo, e crescono appunto là ove non vi ha ne bisogno nè volontà di dissodare terreni. E come a Pola, siamo certi per esperienze fatte, potrebbero prosperare anche in altre parti della spiaggia, siccome arboscello non di ornamento soltanto, ma di patria compiacenza, perchè pianta che dà testimonianza della felicità del clima non comune a provincie prossime. DEI SO VERI. La quercia, la di cui corteccia dà il sovero di tanto uso nella vita, cresce spontanea nell'agro polense, e ne vedemmo parecchi esemplari o sparsi nei campi, od in mezzo ad altri alberi da bosco; il prodotto arriva a poche centinaia, e di qualità scadente, adatta a farne galleggianti di reti, non già turaccioli da bottiglie di consumo tanto esteso. Vuoisi che la qualità del sovero tanto inferiore non sia effetto di cattiva qualità delle piante, o causato da clima, sibbene causato da difetto di buon governo degli alberi. Il sovero sarebbe articolo di consumo proprio per la pesca frequente e per l'abbondante produzione del vino; ma si preferisce trarlo da di fuori, e dai villici si supplisce per le bottiglie in altro modo assai imperfetto. Il sovero non è riservato da natura al solo agro polense; nè vi avrebbe ragione sufficiente, dacché ha comune l'aere, la terra, le acque colla spiaggia fino a Salvore; anche altrove sulle spiaggie del mare può allignare e prosperare. Potemmo verificare che in altre parti vi fossero piante isolate sparse pei campi, ma che vennero distrutte, per sottrarsi ai furti del sovero, troppo frequenti, e di troppo danno alle piante medesime pel modo con cui venivano fatti. Il che è avvenulo anche d'altre piante, specialmente di frutti da cibo. i Materiali per la storia della navigazione nell'Adriatico. (Continuazione. Vedi i num. 53-SJ.) J b':"/ ti.'; ' r'i . ' f7fl Ili l'-ul , t * / 'JTWil Ha poi messi nuovi dazi sopra quelle mercanzie, le quali non pagavano cosa alcuna, obbligandole a consegnarsi in certi luoghi dove prima erano libere, e andavano per qual via più le piaceva, come nelle ferrarec-cie ed altre, le quali non solevano pagar cosa alcuna, e in due volte gli ha imposto il dazio di lire 22 per migliaio; e nei rami, piombi e stagni dove solevano pagar lire ; 2:5 il migliaio, ora pagano lire 47:5. Dove il tormento | soleva pagar soldi 4 p. 6 lo staio, ora paga soldi 49 p. 6, e così del miglio e delle altre biade, e sopra i manzi una volta sola ha messo un ducato per ogni a-nimale oltre gli altri dazi che gli sono stati imposti, i quali messi tutti insieme pagano ducati 5 per ogni paio di manzi; e sopra i legnami e tele è stato posto di nuovo un grossissimo dazio. Ma riceverebbero i Signori Commissari troppo tedio se li rammemorassi tutti tutti; dico bene che non è alcuna merce sopra quale non sia stato o accresciuto il dazio, o imposto da nuovo dopo la pace Veneta, e questi accrescimenti gli fa ogni volta che gli piace, ed alcun dazio molte volte è stato accresciuto, ed in conclusione Sua Maestà ha sempre fatte tutte quelle leggi e ordini che più gli è piacciuto ne' f suoi stati a danno e pregiudizio dei sudditi dell'Illustriss. Dominio, e per questa causa cava ogni anno ducati 50 e 60 mille d'entrata, i quali danari se il capitolo della pace avesse l'intelligenza che ora pretendono i Ministri Cesarei, Sua Maestà gli avrebbe contra coscienza, e sarebbe obbligata alla restituzione, e questi in tanti anni non possono esser meno di due milioni, cosa che non è da dire di cosi buono e giusto imperatore. Fatti dunque questi due presupposti, non vi occorrono altri argomenti o sottigliezze per provare la mia prima conclusione, cioè che per la detta capitolazione vi è facoltà, nè in alcuna parte è ristretta la libertà d'essi Principi di poter accrescere e metter nuovi dazi ne'suoi stati, e far ogni volta sorte d'ordine come potevano avanti la detta capitolazione, perchè a me basta il dire che così 1' abbi interpretata, e così eseguita, e fatta eseguire la Maestà dell' imperatore per alcuni anni, ed egli è quello stesso che fece la capitolazione; però niuno può meglio sapere qual fosse 1' animo de' Principi al tempo che fecero la pace di quello che sa egli stesso che l'ha fatta. Egli di bontà, di sincerità, di zelo, di giustizia e di perfetta religione non cede ad alcun imperatore che sia stato giammai. Se dunque non può aver errato per malizia per essere così buono e così giusto, e avendola per molti anni così interpretata vorremo noi dire che questa non sia la vera interpretazione? Quelli che di presente dimandano il contrario sono sforzati a confessare una delle due, o che la Maestà dell' imperatore per molti anni ha fatta una manifesta ingiustizia e un torto grandissimo ai sudditi dell' Illustriss. Dominio, e che possede due milioni d' oro cpntra coscienza; ovvero che la dimanda che essi fanno è cóntro ogni giustizia e o-gni dovere, e non merita d'esser ammessa principalmente per 1' utile onore di Sua Maestà. Ma perchè m'affatico io a disputare che l'interpretazione ed esecuzione sin ora data per la Maestà Sua alla detta capitolazione sia giusta, bastandomi a far che non si ammetta la sua dimanda, il dimostrare che non solo molte ed infinite volte, ma in un tempo solo e in una volta sola, sia per quelli, che ora dimandano, stato eseguito in contrario; perchè per la forza della legge naturale, divina, civile e canonica è ordinato che nessuno ardisca dimandar in contrario di quello che egli ha in altri osservato senza altra distinzione che sia giusto od ingiusto. Dice * la legge naturale e divina insieme, che l'uomo non faccia ad altri quello che non vuole che sia fatto contra di lui, cosa naturale e ripiena d' ogni dovere ed onestà, e degna che fosse fatta legge divina; succede poi la legge civile comune ed imperiale che contiene lo stesso; ma è più chiara e accomodata al mio proposito. Questa disposizione non potrebbe esser più aiustala al caso nostro, perchè dicemmo che lutto quello che uno farà osservare contro gli altri debba esser osservato contro di lui; dice in effetto, che se la Maestà Sua avrà riscossi i dazi dai sudditi dell'Illustrissimo Dominio, Io stesso debba far l'Illustrissimo Dominio contro li sudditi di Sua Maestà, e questa disposizione si intende, e ha luogo sia giusta o sia ingiusta 1' interpretazione ed esecuzione che si fa contro qualcheduno, perchè può sempre quello contro il quale è stata fatta tale interpretazione ed esecuzione, dir a colui che 1' ha fatta, voglio che sia osservato lo stesso contro di I te, nè può essergli replicato che l'interpretazione non è giusta nè buona, perchè in pena di colui che 1' ha fatta è statuito che debba esser eseguita contro di lui sia come si voglia, e che non sia udito s' egli volesse dir il contrario. Ma vediamo le parole del jurisconsulto nella lezione: quod quisque vir hoc edictum summam habet aequitatem. Sen tino, Vostre Signorie Clarissime, che non solamente la legge dice che sia servato contro ogni uno quello eh' esso ha servato contro gli altri, e che questa è eosa giusta; ma vi ha voluto aggiungere che summam habet aequitatem, volendo mostrare che vi concorrono e la giustizia, e la onestà, e l'equità, e se l'osservar questo è contro l'equità perfetta, il contradirgli e non volerla osservare sarebbe cosa iniquissima; soggiunge il testo et sine cujusquam indignatione justa ; ma non gli bastò il dire che tal disposizione era giustissima e santissima, ma soggiunge che nessuno di ciò si poteva giustamente dolere. Questa è legge approvata e già da tanti centinaia d'anni fatta eseguire da tutti gli imperatori; che potranno dunque dire gli avvocati di Sua Maestà, che di quello che la legge imperiale dispone, nessuno si può con giusta causa dolere servando in loro quello che essi hanno osservato con gli altri. Si vede dunque che la legge non solo condanna i nostri avversari, ma gli leva anche ogni sorte di difesa e di gravame. Ma seguitiamo la disposizione della legge. Qui Magistratuum potestatem jure habebit; parla prima di quelli che hanno podeslà e sono superiori, quali statuiscono, o fanno qualche cosa contra degli altri, e benché non Io facciano ad utilità propriamente, si deve però sempre contro di loro servar il medesimo, e non solamente ad istanza dell' offeso e di quello che ha patito danno, ma anche ad istanza d' ogni altro. Dopo parla dei privali i quali impetrano qualche cosa dai Magistrati o Principi contro il dovere, e deve sempre esser osservato il medesimo contro di loro, e questo ha luogo ancora che non usasse contro d'alcuno quello che egli avesse impetrato, perchè basta che l'abbia impetrato; e il medesimo si osserva dai tutori, curatori e altri, i quali non ne sentono utile alcuno; e se questo si deve osservare in quelli che non ne sentono utile dell'impetrato, ovvero esecuzione, quanto maggiormente si dovrà servare nel presente caso, nel quale Sua Maestà ne ha avuto, e al presente ha così grande utile per 1' accrescimento e nuove imposizioni de' dazi; e finalmente questa disposizione della legge civile fu anche approvata per i canoni e fatta legge canonica che una regola potere legem quam tu ipse talleri s, e i dottori mettono de' molti esempi, ne' quali milita assai manco ragione di quello che fa nel caso nostro, e per brevità ne voglio riferire due solamente, uno è che per un giudice viene dichiarito che per alcuni debitori non possa assere usata la tale eccezione, come sarebbe l'eccezione della prescrizione, ed essendo anch'esso debitore d'altri non si potrà difendere con quella eccezione benché fosse giuridica, ovvero se farà termine ad alcuni debitori a pagar il loro debito, volendo poi anch'esso scodere il suo credito da altri suoi debitori, essi potranno usare il beneficio della dilazione, vedesi quanta minor ragione sia in questi casi che nel caso nostro; egli è giudice e lo fa per virtù del Magistrato, e lo fa a fine di bene, e senza alcun suo utile, e lo fa in persone del tutto differenti dal caso nostro, lo fa una delle parti per suo interesse grandissimo, nè si può muover per altro che per la propria utilità, e sono quelle medesime persone. Voglio dire anche quest' altro caso. Se uno ottiene una sentenza secondo l'opinione de'dottori in una causa, è sforzato a servar sempre quella opinione contra di lui, benché ella non fosse vera, e questo caso è molto simile al nostro presupponendo che l'interpretazione data per Sua Maestà non fosse giuridica. Sono molti gli esempi che si adducono in questo proposito, e sarebbe troppo lungo il riferirli. Ma voglio ben dire che non ve n'è alcuno nel quale militino le ragioni che militano nel presente caso a favore dell' Illustriss. Dominio. Vedasi dunque quanta forza abbia questa regola, che ognuno è obbligato lasciar servare conto di sè quello che egli ha osservato e fatto osservare contra degli altri, e non solamente queste leggi e questa regola escludono gli avversari dalla loro dimanda, ma ve ne sono molle altre che fanno il medesimo effetto. V' è un' altra disposizione di legge, che quello che io ho approvato una volta e accettato per buono non posso più riprovarlo, e volergli contravvenire. Ve n' è un' altra che colui che ha libertà d'interpretare qualche scrittura e dichiararla a suo modo, fatta una volla, tale dichiarazione non può partirsi da quella per volerla interpretar altrimenti. Io voglio presupponere, Signori Commissari, che nella pace Veneta e di Bologna fosse data libertà alla Maestà Sua di interpretare e dichiarare la detta capitolazione, dico che anche in questo caso avendola già dichiarata ed eseguita non potrebbe mutar o-pinione e dargli altra intelligenza e interpretazione, ed avendo le predette regole e disposizioni luogo ancora che vi sia un atto solo d'interpretazione, dichiarazione, esecuzione o simili altri perchè basta un alto a far che uno sia perpetuamente obbligato ad eseguire il medesimo contro di sè stesso, quanto maggiormente devono aver luogo nel caso nostro nel quale, non un atto solo, ma infiniti sono seguiti sì per il riscuoter de' dazi, che s'è già fatto tanti anni, e si fa continuamente, come anche per averli in diversi tempi accresciuti, e fatto nuovamente diverse provisioni, per le quali si dimostra che per la capitolazione non è punto diminuita la libertà de' padroni ne' suoi stati di poter, e metter dazi nuovi e far tutti quegli ordini e provisioni che a loro paressero più espedienti; per il che succede la disposizione di un'altra legge che non si deve mai cangiare quella interpretazione eh' è stata data per lungo tempo, e un' altra ancora, che la consuetudine ed osservanza sono perfette interpretazioni della legge e capitolazioni, ed essendo già molti anni che per Sua Maestà ed anco per l'Illustriss. Dominio s'è data questa interpretazione alle capitolazioni, non si deve adesso sentir alcuno che ricerca che sia dichiarato il contrario. Credo, Eccellenti Signori Commissari, che per le presenti ragioni sia pienamente dimostrata la prima conclusione per me proposta esser verissima e conforme ad ogni dovere e onestà, e che la dimanda de' Cesarei sia talmente contro le disposizioni di tutte le leggi, che non può in modo alcuno esser ammessa, avendo la Maestà Sua, come pur tante volte è stato detto, sempre osservato il contrario. Resta ora da discorrere sopra la seconda conclusione, la quale tuttoché non sia necessaria stando le cose di sopra, pure per mostrar più chiaramente le ragioni dell' Illustriss. Dominio, dirò che quando ben fossimo nel tempo di esse capitolazioni, e ancora non vi fosse data alcuna dichiarazione o interpretazione, non però detta capitolazione, si potrebbe intendere come vorrebbero gli Avvocati Cesarei, perchè a chi ben considera essa capitolazione è impossibile il dire eh' ella dia 1' esenzione de' dazi ai sudditi, e che levi la libertà ai Principi di far nuovi ordini ne' suoi stati. Chi potrà credere che facendo pace due Principi vogliano senza alcuna causa far esenti tutti i suoi sudditi da dazi che per ogni ragione sono tenuti a pagare? I dazi sono le principali entrate de' Principi, e quelli che devono provederli di danaro per i loro bisogni, e vi sarà chi creda che gli abbiano voluto donar ai sudditi senza alcun loro merito, senza che dimandino tal esenzione, e senza che pur vi pensino nè non abbiano mai pensato? Se un Principe deve dar esenzione ad un particolare, bisogna eh' egli abbia molti meriti, e che la dimandi con molta instanza e stia molti mesi ed anni alla corte a sollecitarla, e si crederà che la Maestà dell' Imperatore e l'Illustriss. Dominio abbino voluto nelle paci di Venezia e di Bologna far esenti da' dazi tutti i loro sudditi senza una minima causa, e senza merito alcuno, sono cose molto lontane dal verisimile, e non degne d'esser dette da quelli eccellenti dottori. Già si è presupposto di sopra che quell' esenzione che possono aver i sudditi in mare, la possano aver anche in terra, e quell' esenzione che hanno i sudditi di Sua Maestà negli stati dell' lllustr. Dominio, in tutti gli stati di Sua Maestà l'hanno anche i sudditi dell'Illustriss. Dominio; di modo che bisognerebbe intendere che l'Ill.mo Dom. per questa capitolazione avesse voluto far esenti i sudditi di Sua Maestà in tutti i suoi stati e in Venezia medesima, e che Sua Maestà per quella capitolazione avesse voluto far esenti i sudditi dell' Illustriss. Dominio in tutti i suoi stati, e appresso che l'uno e l'altro s'avessero voluto privare della libertà di poter far nuovi ordini e costituzioni ne' suoi stati quali portassero pregiudizi a questa esenzione de' sudditi, intelligenza mollo assurda, piena di mille inconvenienti, e lontana d'ogni verisimilitudine. Nella pace di Venezia e di Bologna si fa menzione di 100 mille ducati che Sua Maestà restava d'avere dall'Illustriss. Dominio, e sopra ciò se gli fanno capitoli separati con molte parole e molte considerazioni, non solo contro la quantità del danaro, ma anche circa il tempo e la dilazione del pagare ducati 25 mille all'anno per il bisogno che v' era in quel tempo di danaro, e si vorrà poi credere che s' abbiano voluto privare di un' entrala di 100 mila ducati all'anno per mezza parola che fu detta ad un altro proposito? Se avessero avuto l'animo di dar l'esenzione ad alcuno, avrebbero usato altre parole che quelle che si contengono in detta capitolazione. Nè basta a dire che la virtù ed importanza di quella parola libere, si vuole che si possa navigare senza impedimento e senza dazio, perchè la verità è che quella parola libere s'in- tende secondo la natura e qualità della cosa dove è applicata. Dirò per esempio : Vuole la legge che ognuno possa far testamento liberamente senza impedimento, e che alcuno non gliela vieti, ma non s' intende già che non debba osservare tutte le solennità ordinate dalle leggi, perchè se ne ommetterà qualcuna, il testamento sarà di niun valore, e questa parola libere, messa in una legge riceve sempre dichiarazione dall' altre leggi, e però se sarà disposto che un. Podestà possa procedere nei casi criminali liberamente, non s'intende già che possa procedere secondo il suo puro appetito, ma secondo 1' ordine e la forma che si conviene. Sono infiniti gli e-sempi che si potrebbono addurre in questo proposito per mostrar, che questa parola libere si limita e si dichiara secondo il soggetto, e la materia della quale si tratta, però nel caso nostro trattandosi al tempo delle capitolazioni di far pace, e di nemici diventar amici, e conseguentemente cessar dalle offese come si soleva far al tempo della guerra, quelle parole Ubere tute et se-cure non potevano importar altro se non che cessino le inimicizie, e che senza oltraggi, senza violenze, e senza alcun danno possano i sudditi d'uno dei Principi praticare e conversare negli stati dell'altro, e questa è la vera intelligenza della detta capitolazione, e non quella che i Principi abbiano voluto far esenti i sudditi e privarsi d'una tanta entrala perchè la capitolazione non è fatta per diminuire P enlrate dei Principi, anzi quel capitolo fu posto principalmente da essi Principi per accrescer le loro enlrate, perchè pensavano che accrescendo i commerci, e frequentando i sudditi dell' uno a condur merci negli stati dell'altro accrescerebbero le loro entrate per il pagamento dei dazi, posero quel capitolo quod omnes subititi libere tute ac secure in ut riusi/ne stati-bus tarn terra quam mari possint morari et negotiari cum bonis suis, volendo, come s' è detto, che con questo conversare e negoziare insieme s'accrescessero i dazi, e non perderli del tutto, come si perderebbero se la dimanda de' Cesarei potesse aver luogo. Nè ha da ostare che del 61 per lettere ducali e de'proveditori sopra il sale sia stata rilasciata una nave, la quale era stata trattenuta, nò meno deve ostare una sentenza fatta per il procuratore di Liesina del 49, perchè quanto a quella del sale si risponde, che la ragione è assai manifesta perchè tutte le navi sono trattenute per la proibizione fatta per l'Illustrissimo Dominio che alcuno non possa navigare nel detto golfo se non va a Venezia; la qual proibizione non può aver luogo nello navi d'altri Principi cariche di sale, perchè il condur sale forastiero a Venezia è cosa proibitissima, e potrebbe esser con grandissimo danno dell' lllustriss. Dominio, e però è ne- i cessario che le navi cariche di sale non soggiacciano al detto ordine; e perchè in ciò non si facesse qualche fraudo, i signori proveditori del sale posero nelle loro lettere che le navi di Sua Maestà cariche di sale dovessero avere un mandato particolare, acciò dagli agenti dell' Illustriss. Dominio non siano molestate. Io non so vedere come l'eccellente Rapido possa persuadere, che queste lettere siano a suo favore. Se i Cesarei contentarono di far fare mandato particolare alle navi cariche di sale, non vengono necessariamente a confessare che tutte le altre navi sono sottoposte all'ordine dell'Ill.mo Dominio? Non confessano che l'Illustriss. Dominio è padrone del mare, se vuole che quelle navi che non hanno da esser molestate abbiano un particolare mandato? Se tutte le navi di Sua Maestà possono andare liberamente per il detto mare, perchè tor mandato speciale per le navi del sale? Se l'Illustriss. Dominio non può obbligarli ad alcun suo ordine, perchè obbligar quelli a tor i mandati per le navi del sale? Queste lettere prodotte per Sua Signoria Eccellentissima, provano concludentissimamente la mia opinione, e il medesimo fa la sentenza del procuratore di Liesina perchè il dire che veduta la querela, e la difesa fatta per il padrone della nave, dichiara eh' essa nave sia rilasciata, perchè la querela avanti a quel Magistrato Provinciale e la comparsa del padrone della nave come a giudice competente dimostra che l'Illustriss. Dominio e suoi rappresentanti hanno la giurisdizione nel detto mare. Il far delle difese in quel caso particolare fa conoscere che la proibizione fatta per l'Illustriss. Dominio dev' essere osservata perchè non accaderà far altre difese se non allegar il capitolo della pace di Venezia e di Bologna. Ma ricorrendo ad altre difese particolari conosce e confessa che la capitolazione non gli dà alcuna libertà in esso mare, nè è in considerazione che sia stala liberata perchè sta insieme che siano obbligati ai dazi, e non abbiano contrafalta; ma ciò nasce dalla qualità delle difese quando mostrano la sua innocenza; e in quel caso basta che le querele e il formar il processo e le sentenze mostrino e la superiorità e la validità della proibizione perchè non vi essendo proibizione valida, saria superfluo il procedere sopra dette querele; ma quella parola che ha detta l'eccellente Bapicio che per questi atti si conosce chi sono in possesso di navigare liberamente, m'ha fatto meravigliare grandemente. Egli afferma che sono in pacifico possesso di libera navigazione, e in un istesso tempo confessa, e dice che potrebbe mostrare 400 querele fatte per diversi sudditi di Sua Maestà per essergli state tolte le navi e impedito il navigare, e che già alcuni anni per questa causa essi sudditi hanno patito danni per 300 mille e più ducati? Non so se questo sia pacifico possesso di libera navigazione esserne stati querelati 400 e poi liberati per cause particolari, e però si vede che per la confessione di loro stessi gli è sempre stata impedita questa navigazione come cosa non compresa sotto la capitolazione, nè bisogna distinguere i tre casi:-il primo di navigar liberamente per schena di mare; il secondo d' entrare nei porti senza sua volontà; ed il terzo d'entrar nei porti per bisogno e utilità sua, perché questo è un voler levar la causa fuori del suo stato e disputar di ciò che non si tratta al presente. (Sarà continuato.)