ANNO XXIV. Capodistria, 1 Marzo 1890. N. 5 DELL'ISTRIA Esci» il 1° ed i! ]() d'ogni mese. ASSOCIAZIONIi pei" un fillio fior. 3; semestre e qna-i ri mentre in }>ro|iiirzi(iii».— Gli abbonamenti si ricevono presso la Kerìaztoiu. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. XDsill' iiisa sii Tirrìa-^ro (Continuazione vedi Num. 2, 3, 4) Il suolo La storia ci rammenta rotta 1' unità naturale I della nostra provincia prima del feudalismo ; dai due padroni, Venezia ed Austria poi. Gran parte ebbero in questo triste fatto, è innegabile, le passioni degli uomini ; Venezia già sulla via del decadimento non comprese i suoi interessi ; non man-; cano però le circostanze attenuanti. , Quale utile potea cavarne dall' Istria Contea, hìa 'deserte montagne? Padrona "del mare non si occupava troppo dell'Istria interna; e quando dilatò il suo dominio sulla terra italiana cbe avea alle spalle, e lo estese con sì larghi intendimenti fino a piantare il Paxteco sui torrioni di Bergamo e di Crema, allora perdette di vista ciò che le stava di fronte ; e l'Istria non fu per lei terra ferma : idiotismo che dice tante cose. La stessa divisione del paese in Istria al mare ed interna ha non so che j di mal sonante all' orecchio, applicato a piccola re-| gione la cui unità dà all' occhio subito sulla carta geografica. Capisco una regione alta e bassa, la [ Lombardia per esempio; dove dalla vasta pianura il viaggiatore ascende fino alle cime dell'Alpi, ma I con un crescendo, con una aggradevole armonica progressione, dalle marcite pavesi e lodigiane via via alle campagne asciutte, alle brughiere, alle ondulazioni ed ai colli beati della Brianza, che pare addestrino il piede alle ardue salite sul Monte Rosa. Ma il nome d'interna applicato ad una parte dell' Istria indica uno squilibrio, tra le rive aperte al mare, e gli scuri e fondi valloni tra roccie e roccie alzate con inatteso e brusco passaggio. Conclusione : la natura ha predisposto nella storia la divisione dei due Stati, e chiamato a occuparli genti diverse. E di un altro fatto storico chiedo alla natura la spiegazione. Le pesti del secolo XVI e XVII desolarono l'Italia tutta ; ma perchè portarono solo nell'Istria lo spopolamento nella campagna e il bisogno di chiamare genti straniere? Si accusa la repubblica di avere per esempio ripopolato il deserto agro polese con le bande morlacche ; ma anche per questo crimine di lesa nazionalità convien concedere alla illustre peccatrice la carità delle attenuanti. E prima di tutto la maggiore desolazione e gli spaventevoli vuoti nell'agro istriano non sarebbero forse sijnti causati dal minore sviluppo di popolazione, proveniente nell' Istria interna dalle condizioni del suolo? Altre regioni furono desolate dalla peste, e in pochi anni eccole di nuovo in fiore, e senza bisogno di chiamar gente straniera. Non così da noi, certo per difetto anteriore. Ma vi ha di peggio. La natura del suolo dell' Istria interna non poteva invitare i vicini fratelli italiani ad abbandonare le fertili loro pianure per venire a stabilirsi tra i sassi del Carso. I pochi venuti (Trevigiani e Friulani) fecero ottima prova, ma in luoghi fertili e aperti al mare : informino per tutti i Friulani del monte d'Oltra giù giù fino a Punta Grossa e Sottile. Necessario fu adunque di non badare tanto pel sottile, e di aprire le braccia anche ai briganti dell' Erzegovina e della Bosnia. E qui col cuore che-batte forte, ma con la fronte sempre alta e senza rossore, facciamo senza reticenze una franca confessione. Li Istria non è un territorio nettamente così circoscritto, da poter essere, per ora almeno, occupato da una sola nazione. E questo non solo per varie circostanze comuni ai paesi di confine, ma per ragioni, come si è veduto, intrinseche e naturali. I Croati batteranno le mani ; aspettino un po' la fine del salmo; fischiate voglio da que' signori e sonore. Sì, è vero, la natura vi ha chiamato nelle parti remote ed interne di casa nostra, abbandonate forse con poca energia e prudenza dagli avi; l'Istria è ora abitata da Italiani e da Slavi. Finora non dico che si sia sempre andati di buon' accordo ; però si tirava innanzi alla meglio; ed anche vi voglio concedere che qualoheduno abbia fatto la parte del leone. Ma erano casi eccezionali; in fondo cani e gatti addomesticati vivevano sotto il medesimo tetto, e i secondi scodinzolando venivano a leccare nello stesso piatto. Adesso il micio aizzato arruffa il pelo e sfodera le unghie, e vorrebbe saltare agli occhi di Fido, bestia quieta che si tira indietro e sta a guardare bonariamente. Carte in tavola, amici cari e borsa del pari. Non vi garba di vivere più in pace con noi? Ogni pazienza ha i suoi confini: rivediamo adunque i conti, e a ognuno il suo. A voi altri l'interno, i sassi, le forre; a noi il mare, i luoghi colti, le colline vestite d'olivi e di vigneti; per noi, e con noi la secolare cultura, la lingua di Dante, i monumenti, la storia. Volete scuole e ne avete il diritto? Pagatevele. Non vi bastano le strade? Chiamate ingegneri da Zagabria e costruitele. Non vi garbano le consuetudini, le leggi, i rettori del paese? Scegliete pure i vostri Numa, i vostri Soloni; ma badate non siano della forza di certi osti e tavernai, mutati in podestà e consiglieri. Non è giusto che chi nulla possiede viva alle spalle di chi ha ancora qualche cosa al sole. Ecco la sola transazione possibile e giusta; non vi fidate più di noi? ebbene, a ognuno il suo : ecco 1' ultima nostra parola. A questo presto o tardi si deve venire. La natura ha voluto un po' scapricciarsi nell' Istria ; e vi ha qua e là apparecchiato un poco soffice letto sulle montagne e nei deserti valloni. La natura però è sempre una buona mamma; e alla fin fine sa rimediare a qualche scappata, o meglio lascia vi pongano riparo gli uomini. Vedremo alla chiusa di questo studio quale debba essere lo scioglimento dell'attuale contrasto, e come delle stesse incertezze della natura potranno in Istria giovarsi i buoni patrioti, se dureranno saldi alla lotta con viva fede nella giustizia della loro causa e nel finale trionfo. (Continua) p. T. ---——-- PER DANTE ALIGHIERI Riportiamo quantunque già noto a tutti, in omaggio alla nobilissima idea, il proclama del comitato costituitosi a Trento il giorno 1 gennaio di quest' anno, per l'erezione di un monumento a Dante : Onorevole Signore ! Onorate l'altissimo poeta . . . Dante, Inf. IV. Tutte le nazioni che sentono nobilmente di sè gareggiano nel tributare un culto affettuoso ai loro grandi scrittori ; sia col circondarli di riverenza mentre e' sono ancor vivi, sia col rendere onori solenni alla loro memoria, o segnando con amorosa cura il luogo che li vide nascere o ne raccolse l'ultimo anelito, o traducendo in bronzi e in marmi le venerate imagini. Testimonianza a' fasti . . . Ed are a' figli....... Foscolo Onde avviene che i più generosi, considerato il gran pregio in cui son tenuti que' uomini dall'universale, si sentono gagliardamente spronati ad imitarli, ordinando la propria condotta sulla loro e studiando le opere, onde vennero in tanta fama. E così, tutti infiammati di nobilissima emulazione, si pascono della sapienza profusa in que'capolavori; scoprendovi sempre nuove bellezze e sviluppando sempre nuovi veri, che vi stanno latenti; quasi gemma in boccia aspettanti la primavera. Per tal modo una grandezza procede dall'altra, e ne prosegue e perfeziona l'opera, aggiungendovi la propria. Nè qui si arresta l'efficacia di quel culto : chè con 1' affermarsi della lingua e delle lettere patrie, vien crescendo lo sdegno d'ogni vassallaggio forestiero, così nel parlare come nello scrivere e nel pensare ; e però signoreggia e splende il genio nazionale, la cui purezza ed indipendenza è regola della vitalità e del progresso di un popolo. Ecco perchè la nobile e forte nazione germanica, che raccolse in brev' ora tanta messe di gloria dà lasciar sbalordita l'Europa, ne dà maggior merito alla stupenda unità della sua lingua, al progresso delle lettere ed alla conseguente patriotica educazione, che rinnovellò di fortezza i petti delle moltitudini, che non alla ga-gliardia de' corpi ed alla perizia nel trattar Farmi. E però non s' addorme .sugli allori ; ma dà opera a ripurgare la sua favella e le sue costumanze dal loglio forestiero, a spargere fra le plebi i capolavori della sua maschia letteratura, e ad onorare esemplarmente gli scrittori, ai quali deve il suo magnifico risvegliarsi. Talché uou v' ha colà sì piccola terra, ove non si veggano onestamente ricordati i nomi di Goethe, di Schiller, di Lessing e di altri grandi maestri di lor civiltà ; e dove i loro scritti non sieno entrati nel comun sentimento del popolo. Sentir cose grandi è già bell'avviamento ad operarne. Nè vi si trascurano le glorie più modeste. Non sono ancor svaniti gli echi festosi, onde, poco lungi da , noi, risonò la Val d' Adige, là dove l'armoniosa favella d'Italia va pian piano morendo, e la germanica incomincia. Ed oggi, a Bolzano, sta il monumento di Gualtiero von der Vogelweide, che tenne il primo posto fra i lirici alemanni del secolo decimoterzo. L'eloquente simulacro fu eretto lì, in quella città di confine, non già perchè il poeta, di cui esso ritrae le sembianze, vi sia nato o vissuto o morto; chè il luogo de' suoi natali è incerto, e il suo trapasso avvenne a Wurzburgo, ove egli ha sepoltura; ma bensì per dichiarare al co- spetto del mondo — come fu scritto e cantato — che fin lì giunge il regno della lingua tedesca ed accendere i popoli a difenderlo contro il vittorioso avanzarsi della italiana. E tutti i tedeschi, a cominciare dei membri più cospicui delle case d'Absburgo e di Hohenzollern sino all'umile popolano, tutti portarono giulivi il proprio contributo al compimento dell' opera ; e quando essa si inaugurò, fu come un trionfo del sentimento nazionale germanico, e si giurarono fiere promesse. Tali esempi fornisce questo popolo ; politicamente diviso, ma stretto sempre in una sola famiglia quando si tratti di quei beni supremi che formano l'indivisibile retaggio d'ogni nazione. E chi noi loda? Chi non l'apprezza? Chi non l'ammira? Noi, forse? Noi Trentini? Ah ! no, per certo. Noi non saremo avari d'applauso a quei generosi che, in capo ad ogui altro affetto, han messo l'affetto alla Patria, e lo professano a viso aperto. Anche noi, come essi, teniamo per fermo che là dove Natura piantò i termini della Nazione, là vuoisi spiegare il massimo zelo per difendere gli imprescrittibili diritti. Questo facemmo, questo faremo sempre anche noi. Chi non ricorda i bei giorni dell' entusiasmo, quando si festeggiò il natale della Pro Patria, di quella Società che proruppe dal cuore di tutto un popolo, e tale fu lo scoppio della esultanza che la nostra terra ne fu commossa da un capo all' altro ? 11 vessillo eh' essa fieramente levò sta sempre ritto in mezzo a noi ; e intorno gli fan siepe tanti fratelli, alteri di proteggere contro le insidie d' oltr' Alpe la loro favella, palladio della Nazione. La nostra Società prosegue il suo cammino, ridestando per ogni valle il culto del sermone dolcissimo che il mondo ne invidia e gli inseparabili ricordi che non morranno. Ma, come abbiam detto teste, il culto della lingua e delle lettere non può andar disgiunto dal culto dei grandi, ai quali dobbiamo tanto tesoro. Ah ! si : ora che un alito di vita nuova spira anche fra noi, e tutti sentono il maggio che viene : ora che tutti i Trentini, vergognosi delle ignobili gare d'un tempo, si son levati come un uomo solo e han gittato le fondamenta di un'Associazione, che stringe in un fascio tutti gli italiani dell' Impero ; ora ci sentiamo incuorati ad esporre un' idea, che da gran tempo bolliva nell'animo di molti; e se non venne espressa prima, fu solo perchè i tempi non parevano ancor maturi. E questa sarebbe di render una pubblica insigne testimonianza di affetto e di gratitudine a Dante Alighieri, al Padre della nostra lingua e della nostra civiltà, innalzandogli in questa città un degno Monumento. Egli fu il genio creatore che elevò il vulgare fiorentino alla dignità di lingua nazionale, che dovea poi rispecchiare mirabilmente il genio, il grado, il carattere della coltura italiana ; Egli il fondatore dell'unità morale d'Italia che trionfò, per tanti secoli, dei barbari e del tempo : "il regnare di lui sul pensiero italiano fu sempre infallibile pronostico di risorgimento,. Questo gigante, scultore di giganti, "ricco, vasto, profondo come la natura,, ne lasciò in eredità il poema sacro, "al quale han posto mano e cielo e terra, "ove egli — per dirlo con le stesse parole — descrisse fondo a tutto l'universo; "uno di quei libri onnipotenti che partoriscono una civiltà tutta quanta, : i germi deposti in quella sublime epopea, "per cui l'Italia tolse il vanto dello ingegno ad ogni antica e moderna nazione civile, (Gioberti op. var.) hanno largamente fruttificato e più ancora fruttificheranno ; giacché eli' è miniera in cui scavano i secoli. Noi mostreremo commossi il fiero simulacro ai figli nostri, che lo saluteranno con noi Padre e Tutore di questa terra, che egli abitò e cantò ; e con bella alterezza 10 additemo agli stranieri onesti che da gran tempo lo proclamarono cittadino del mondo. Ma gli incauti che scendono ad insidiarci quel tesoro che sopra ogni altra cosa pregiamo ; e gli sconsigliati che li secondano, leggeranno scolpite ai piedi di quel Divino le parole roventi ond' egli marchiò d'infamia i traditori della lingua materna : ,Molti. . . dispregiano lo proprio volgare e l'altrui ,pregiano ; e tutti questi cotali sono gli abominevoli «cattivi di Italia, che hanno a vile questo prezioso volgare ; lo quale, se è vile in alcuna cosa, non è se non ,in quanto egli suona nella bocca meretrice di questi ,adulteri". (Conv. I. 11.) Ecco la nostra risposta. E questo fia suggel eh' ogni uom sganni. Ma la solenne dimostrazione non riescirebbe perfetta, e però non parlerebbe con tanta eloquenza ai nostri ed agli estranei, se tutti i Trentini non vi prendessero parte e col cuore e colle offerte. Egli è perciò che noi, conoscendo gli alti sensi ond' è animata la S. V., ci teniamo onorati di parteciparle 11 nostro progetto ; pregandola di volerne dare, al più presto, un cenno d' assentimento. Dopo di che avviseremo insieme ai mezzi coi quali tradurre in atto il comune desiderio, e costituiremo, con le forme volute dalla legge, un Comitato, per raccogliere le offerte a sbrigare tutte le pratiche necessarie al compimento dell'opera. Noi crediamo fermamente che non mai più leale, più eloquente, più splendida dichiarazione d' italianità si sarà fatta o si potrà fare giammai nel nostro Paese ; e siamo sicuri che essa seconderà mirabilmente l'opera benefica del nostro amato Sodalizio ,Pro Patria". Non dubitando che La S. V. ci presterà di buon grado il Suo prezioso aiuto, La ringraziamo cordialmente e ci protestiamo della S. Y. devotissimi Avv. Carlo Bordi deputato — Apollonio Annibale — Dorignoni Silvio — Ferrari D.r Riccardo — Pedrotti Giovanni — Rami Guglielmo — Tambosi Antonio. Trento 1 Gennaio 1890. ----^sass^r---- IN" o tizi e Nella seduta del consiglio comunale di Trieste tenutasi la sera del 20 p. d. venne comunicato il dispaccio luogotenenziale con cui si annunzia la conferma ministeriale al veto posto dalla luogotenenza per la transazione delle ceneri di Giuseppe Revere. In occasione del genetliaco della regina Margherita, il marchese Giuseppe Gravisi di Capodistria inviava al cavaliere d' onore della regina, marchese di Villamarina perchè ne facesse omaggio all'augusta Donna, una accurata fotografia di un capolavoro di Vittorio Carpaccio il grande artista capodistriano, che si conserva nel presbiterio del Duomo di Capodistria, raffigurante la Vergine circondata da Santi. In questi giorni il marchese di Villamarina inviava al nostro comprovinciale la seguente lettera: Casa di Sua Maestà la Regina. Roma, li 21 febbraio 1890 Signor Marchese. Ho a suo tempo rassegnato a Sua Maestà la Regina la fotografia che la S. V. Le offeriva, di un dipinto del Carpaccio, che si conserva nel presbiterio del Duomo di Capodistria. L'augusta Sovrana ha molto apprezzato il pensiero gentile della S. V. nonché le espressioni di riverente simpatia che accompagnavano l' omaggio e nell'accogliere con tutta benevolenza e compiacimento il cortese dono, mi diede l'incarico di porgerLe i suoi ringraziamenti. Nel compiere i Reali voleri Le professo signor Marchese, la mia distinta osservanza. Il cavaliere d'onore di Sua Maestà Marchese di Villamarina. Al Marchese Giuseppe Gravisi Capodistria. Certi di fare cosa gradita al lettore riportiamo la descrizione del quadro fatta dal chiarissimo abate Jacopo Bernardi in una delle sue Lettere sull'Istrici al conte Faustino Sanseverino : Capodistria, i marzo 1847 . . Vengo a' dipinti. Il più degno d'ammirazione è certamente quello che ora dipende fuori del presbitero al destro lato del risguardaute, ed un tempo valeva a palla della maggior ara, da cui si tolse per collocarvi un'assunta, di niun pregio come oggetto d' arte, a cui si vuole intitolata la Chiesa. L' opera è di Vittore Carpaccio. Lo attestano le parole apposte nel bel mezzo del quadro in un' etichetta dissegnata sopra la stoffa che dipende dal trono, ov' è adagiata Maria, e sono le seguenti : VICTOR CARFATHIUS VENETUS P1NX1T MDXVI Lo si dice un dono del Carpaccio alla cattedrale, a cui aggiungerebbesi 1' epiteto di patria, allora che si potessero affrancare da ogni opposizione gli argomenti addotti dallo Stancovich a provarlo giustinopolitano d'origine.*) La famiglia Carpaccio di Capodistria ; i nomi di Vittore e Benedetto che ritornano a vicenda ne' libri battesimali delle succedentisi generazioni, cominciano da Vittore figlio di Benedetto, ricordato come padrino l'anno 1565, poiché prima di quest'epoca i registri parrochiali erano presocchè interamente abbandonati ; il Lanzi che, parlando di Vittore il Vecchio, lo dice veneto o di Capodistria ; aggiungendo in una nota a pagina 46 del volume III, dubitare eh1 egli vivesse fuor, della capitale, e perciò forse tenuto istriano, ma la famiglia essere certamente veneta e forse orionda eli Murano, farebbero che inclinassi a credere che a' tempi di Vittore, o poco appresso, la famiglia de' Carpacci si trapiantasse in Capodistria, e padre e figlio, se veramente son tali, seguirono tuttavia a chiamarsi veneti. Senza ciò, non intenderei la ragione per cui Vittore, segnatamente in un dipinto, di cui fa dono alla cattedrale, desse uno spiatellatissiino Veneto in sul viso de' suoi concittadini. *) Ma lasciamo l'erudizione e vengasi al quadro. Accessorio in che tanto valeano i pittori di que'giorni e di mirabilissimo effetto, superiore direbbe il Lanzi, a quello della rinomatissima tavola di San Zaccaria in Venezia ch'è opera di Giovanni Bellino, è la decorazione del dipinto, in che mi si disse rappresentarsi 1' architettura della cattedrale antica. Sul fondo di essa, eh' è il fondo del quadro, si rappresenta la Vergine seduta su di un trono elevato per vari gradini, lungo i quali si trovano per ordine quinci e quindi disposti varj santi che sono o i protettori principali della città, od argomento di particolar divozione. Il bambinello sta ritto co' piedi sulle ginocchia della Madre e sorretto nella destra di lei. Quel volto della divina Madre e quel Pargoletto sono due vere e preziosissime grazie- della pittura. Al primo vederle non possiamo non amoreggiarle degli sguardi e dell' anima. Esce di loro una voce che grida al cuore di tutti, poiché il vero bello si fa intendere a tutti i cuori : guardatemi e voletemi il vostro bene. Il pargoletto Gesù piegasi un cotal poco del capo e della personcina, sembra verso Giuseppe, il putativo suo padre : a risarcirlo, non dico dell' offesa ma dell' obbligo che si tolse il pittore di collocarlo il secondo anziché il primo, presso il trono della sua Sposa : chè il primo, per particolari riguardi al patrono della città, è san Rocco. Gli diede risarcimento però d' una testa assai caratteristica, e vera e viva. Viensi terzo al destro lato medesimo, qui il dicono, San Gioachino, ma la veste sacerdotale, ove non erri, che gli traspare, a me il direbbe più presto per Zaccaria. Al sinistro lato, ove inclina, senza spiegato movimento però, il capo della Vergine, che vuol essere ed è la dominatrice del quadro, vedesi l'ignuda effigie di san Sebastiano, segnatamente dal torace allo insù bellissima. Le gambe si dissero troppo lunghe ed asciutte, forse non senza ragione. San Nazario, il patrono e vescovo della città, sen viene secondo, e protende la canuta sua testa adorna dell' infula episcopale. La magnifica testa di Nazario gareggia senz' altro con quella di Giuseppe, che sta rimpetto. Ultimo è Luigi il santo re di Francia. Ha vestito militare e sorregge della destra un vessillo, che spiega allo indietro, ed è tronco dal finimento del quadro. L'atteggiamento e fors' anco l'intera figura di questo re, è ciò che nel dipinto lasciava in me alcun desiderio di maggiore finitezza. Potrebbe forse essere uno sproposito. Manifesto un mio sentimento. Cosa vaghissima sono tre angioletti. Uno più grandicello, in bel modo vestito e seduto propriamente a' piè del trono, suona quello *) Oggi nessuno nega più il vanto a Capodistria di avergli dato i natali. Nota della Red. *) I cittadini di Capodistria si chiamarono sempre, coma sono, veneti. Nota dell'editore delle lettere. strumento cui il nostro volgo e questo ancora conosce sotto il nome di mandolino. Gli altri due, ignudi, stanno seduti in capo del gradino inferiore, a destra il primo e dà fiato ad una specie di cornamusa ; a sinistra il secondo e tocca le corde di una cetra. In tutti e tre, quanta grazia e quanta bellezza! Son daddovero angeli ne' volti, nelle movenze, in tutto. Guardati gli astanti e sorridono. 11 quadro fu ristorato dal Duse veneto, e anco dopo il l'istauro è una delle pitture più preziose di Capodistria, e forse del Carpaccio, se non la vincono quelle dell' 0-ratorio di S. Orsola in Veuezia......... 11 dibattimento per getto di petardi incominciato presso il tribunale provinciale in Trieste il giorno 19 p. d. ebbe fine il giorno 21 ; fu tenuto a porte chiuse, e con molto apparecchio di forza pubblica, gli accusati sebbene scortati ognuno da due guardie di p. s. avevano le castagnole ai polsi. Pubblichiamo nella sua integrità la sentenza: Santenza. In nome di S. M. l'imperatore, l'i. r. Tribunale provinciale quale Corte di Giustizia di prima istanza, deliberando sull' oggetto dell' odierno dibattimento e sull' accusa del P. M. al confronto di Domenico Sacco, Attilio Clementini, Alfieri Rascovich e Camillo de Franceschi per crimine di pubblica violenza mediante- pericolose minaccie e pel delitto ex § 3 della legge 27 maggio 1885 N. 134, ha giudicato: Gli accusati Domenico Sacco di Giuseppe, da Napoli, d'anni 20, tipografo ; cittadino italiano ; Attilio Clementini di Augusto da Trieste, agente di commercio, d'anni 19, Alfieri Rascovich, di Edgardo, senza confessione d' anni 20, studente alle scuole reali e Camillo di Carlo de Franceschi da Parenzo d'anni 21, assolto studente dell' accademia di commercio, vengono dichiarati colpevoli di avere nella confezione di petardi od in altro modo contribuito al collocamento eseguito da mano ignota le sere dei 8 maggio, 17 e 18 agosto, uno dei quali ebbe anche ad esplodere ferendo 1' ispettore di p. s. Ignazio Nucich che lo aveva raccolto da terra onde spegnerlo, e di avere con ciò somministrati i mezzi o di essersi altrimenti prestati onde venisse fatto uso di minaccie di lesione del corpo e nelle sostanze, minaccie atte ad incutere serio e fondato timore a chi doveva soffrirle e ciò allo scopo di cagionare paura ed inquietudine ai cittadini di Trieste, quindi ad un intero comune, essendosi con ciò tutti e quattro resi colpabili di correità nel crimine di pubblica violenza mediante pericolose minaccie nei sensi del §. 5 e 99 c. p. punibile giusta j la maggior sanzione di pena portata dal successivo §. I 100 cod. stesso. Vengono inoltre tutti e quattro dichiarati colpevoli di essersi procurato e di aver posseduto senza la rispettiva licenza della dinamite sotto circostanze atte a produrre un pericolo per 1' altrui vita, salute e sostanze, quindi del delitto previsto dal §. 3 legge 27 maggio 1885 N. 144 punibile giusta lo stesso §. e vengono perciò condannati il Sacco, Rascovich e Clementini, ciascuno ad un anno e mezzo di duro carcere e il Defranceschi a due anni inasprito per tutti con un digiuno ed un isolamento ogni due mesi ; pel Sacco anche col bando dagli Stati austriaci dopo espiata la penna. Vengono pure condannati tutti alla rifusione delle spese processuali e alimentarie. Gli accusati tutti vengono poi assolti del fatto dell'esplosione avvenuta la sera del 24 marzo e 9 giugno anno decorso. Leggiamo nell' Indipendente : Il primo Congresso generale della Associazione Dante Alighieri si terrà il 24 marzo all'Associazione della stampa, L' onor. Bonghi terrà il discorso inaugurale e farà la relazione del Consiglio centrale. 11 Comitato dell'Associazione a Firenze chiederà che siauo meglio schiariti i rapporti finanziari e morali fra il Consiglio centrale ed i comitati locali. 11 comitato di Macerata proporrà la publicazione di un Bollettino, e la publicazione di libri di cultura elementare inspirati a sentimenti patriotici. Si deliberaranno le modalità per la istituzione di comitati all' estero. Si discuterà poi la domanda dei fondatori del giornale La nazione italiana, perchè il periodico venga dichiarato organo dell'Associazione. In occasione del Congresso, sono già state avviate pratiche per ottenere una riduzione di prezzo di passaggio sulle ferrovie e piroscafi, per i congressisti. Venne nominato il Comitato ordinatore del Congresso. Lo formano i signori deputati Solimbergo Marzia, Scolari avv. Pietri e Dobrilla. La società pedagogico-didatica tenne il suo congresso generale il giorno 23 p. d. in Trieste ; approvò le relazioni siili' attività sociale e sulla gestione, e nominino la nuova direzione. Riceviamo dalla direzione della società di navigazione a vapore Istria-Trieste, e pubblichiamo: L'infrascritta Direzione si pregia d'invitare i signori azionisti a voler intervenire personalmente, o mediante procura da rilasciarsi ad altro azionista, al IV. congresso generale ordinario che si terrà a Pola, il dì 8 Marzo p. v. alle ore 2 pom. nella sala comunale, gentilmente concessa, col seguente ordine del giorno : 1. Lettura del verbale dell' antecedente Congresso ; — 2. Relazione della Direzione sullo stato attutile della società e presentazione del rendiconto dell' esercizio per l'anno 1889 ; — 3. Approvazione della convenzione stipulata fra ii Consiglio d'Amministrazione ed i signori Fratelli Cesare ; — 4. Proposta del Consiglio d' amministrazione per la costruzione di un quarto vapore ; — 5. Eventuali proposte ; — G. Nomina di un revisore in luogo del sig. T. Sottocorona dimissionario e di un revisore sostituto. A sensi del §. 48 dello Statuto gli azionisti elio intendono prender parte all' adunanza generale, dovranno depositare almeno quarantotto ore prima del giorno fissato per la medesima, le azioni di cui si trovano in possesso : a Trieste presso la Presidenza, a Pirano presso il signor G. Dr. Bubba, a Parenzo presso il signor Sebastiano Sbisà, a Rovigno presso il sig. D. Candussi-Giardo, a Pola presso il signor Giuseppe Rocco fu Giusto dai quali, riceveranno il titolo di legittimazione. A maggior comodità dei signori azionisti di Parenzo e Rovigno che si recassero al congresso, apposito piroscafo partirà da Pola a quella volta la sera stessa alle ore 8. Trieste, li 18 febbraio 1890. —--—5*6—- Coso locali Rappresentanza comunale. Seduta XII, del 23 agosto 1889, presidenza del podestà, presenti il commissario governativo capitano distrettuale Adolfo Schaf-fenhauer-Neys ; 16 rappresentanti e 3 sostituti. Ordine del giorno: Approvazione del p. v. della XI seduta del 17 luglio — Comunicazioni ufficiose — 1. Deliberazione sulla nuova locazione e conduzione del caffè della Loggia e sulla convenienza di acquistarne la mobilia. — 2. Conto consuntivo del civico ospitale per 1' anno 1887 — 3. Resoconto delle scuole popolari di Capodistria e Lazzaretto per 1' anno 1887. Letto ed approvato il protocollo dell' anteriore, il podestà fa le seguenti comunicazioni: Annunzia la morte dell'ingegnere Carlo Vallon, avvenuta a Trieste il giorno 5 agosto ; nato a Rovigno, è cresciuto ed ebbe la prima educazione nella nostra città, che predilesse quale sua patria; visse stimato assai a Trieste per dottrina e rettitudine. Capodistria deve a lui molte opere utili, eseguite con raro disinteresse. La deputazione assistette ai funerali, e porse le condoglianze in nome della città alla vedova signora Vittoria de Manzini. Invitata, la rappresentanza assorge in segno di lutto. Dà lettura di una lettera di ringraziamento della signora Vittoria nob. Manzini ved. Vallon. La deputazione ha presentato all' ili. rev. monsignor Francesco Petronio il voto preso dalla spett. rappresentanza nell' ultima sua seduta, e monsignore ne fa esprimere la sua indelebile riconoscenza. L' avv. Augusto Gallo rimise l'importo di fiorini 486.23 assegnato dall'i, r. Giudizio al civico ospitale a tacitazione della quota devoluta ai poveri della città sull'asse relitto del canonico Matteo Paumann, morto intestato. Gli avvocati Dr. Gallo e Dr. Sandrin rinunziarono a favore dell' ospitale le competenze (fior. 23.90) loro liquidate per il patrocinio del comune nella lite contro la sig.ra Elisa Bedolo. Furono accordati in vendita due fondi privati nel Campo Santo. La luogotenenza fu autorizzata dal ministero di attivare le pratiche per la istituzione della scuola industriale di perfezionamento in Capodistria. Chiusa la colletta a favore delle famiglie dei pescatori naufragati il 17 aprile u. s., ne risultò la somma di fior. 1649.07; fu divisa in 7 parti, tre ne ebbe Alessandro Zetto fu Nicolò, il quale perdette tre figli, e sofferse danni nel battello e reti, fior. 706.75 ; una parte per cadauno ebbero Maria ved. Antonio Zetto, Antonio Perini, Luigi Vascon fu Luigi e Luigi Vascon fu Alvise. Venne disposto per insinuare in via collettiva i danni cagionati dalla peronospora nel comune di Lazzaretto, per godere il conseguente scarico d'imposte conforme alla legge 6 giugno 1888. Gambini propone e la rappresentanza acconsente* di invertire 1' ordine del giorno. 2. Punto deir ordine del giorno. Viene data lettura del conto consuntivo dell'ospitale civico per 1' anno 1887, e del rapporto dei revisori,, nel quale si raccomanda l'incasso dei molti interessi arretrati sui capitali a mutuo; l'incasso di arretrazione delle dozzine insolute ; e raccomanda che si faccia la provista dell' olio durante la spremitura, nei torchi della-città. Propone 1. approvare: il bilancio con un introito di fior. 18053.75, un esito di fior. 17544.73, un civanzo di fior. 809.01. — 2. di incaricare 1' amministrazione affinchè esiga l'affranco di tutti i capitali censuari inferiori alla somma di fior. 50, i di cui debitori sieno morosi di oltre un triennio sul pagamento degli interessi. — 3. d'incaricare 1' amministrazione perchè proceda alla realizzazione delle 33 obbligazioni del prestito ferroviario ungherese in oro acquistato pel prezzo di fior. 4956.36 verso graduale impiego del denaro realizzato in lettere di pegno dell'istituto di credito fondiario istriano. Il podestà non crede conveniente l'acquisto proposta dell' olio durante la spremitura, causa la molta tara che vi contiene ; a nome della deputazione si manifesta contrario alla proposta alienazione delle cartelle del prestito ferroviario ungherese che fruttano il 5 %> con Sa~ ranzia pupillare. Gambini parla in favore della vendita delle dette cartelle. Chiusa la discussione vengono accolte le proposte. 1 e 2, la 3 viene respinta. 3. Punto delV ordine del giorno. Vengono approvati i bilanci consuntivi delle scuole popolari di Capodistria e Lazzaretto per l'anno 18 87. Il primo con un introito di fior. 1851.03, un esita di fior. 1833.87, civanzo 17.16 ; il secondo con un introito di fior. 359.47, un esito di fior. 356.62, un civanzo di fior. 2.85. 1. Punto dell' ordine del giorno. Il podestà informa sulle trattative fatte per l'acquisto dei mobili del caffè della Loggia, e conclude a nome della deputazione, consigliandone l'acquisto quando il prezzo non superi fior. 1600. Demori parla contro la massima di acquistare i mobili per conto del comune. Gambini aderisce alle ragioni dell'on. Demori. Almerigogna dubita il nuovo conduttore non fornisca mobili decenti, su di che lo assicura il podestà dovendosi approvare la fornitura da parte della deputazione. Majer propone di autorizzare la deputazione all' acquisto dei mobili per un prezzo non superiore ai fior. 1600. Alla votazione la mozione dell'onor. Demori viene deliberata a maggioranza. Podestà nota che in seguito al conchiuso preso, cadono le offerte di locazione e conduzione per il caffè ammobigliato, e rimette la scelta degli offerenti per la locazione dei locali sui tre concorrenti : Francesco Tranquilli^ — Francesco Tomasich — Benedetto Precotto. Gambini propone di affidare ad un comitato di tre membri lo studio delle singole offerte d'accordo con la deputazione e riferisca. Accolta la proposta vengono nominati a far parte della commissione gli on. Debellich Pietro, Gambini Pio, Pizzarello Paolo. Nominati gli on. Almerigogna e Gravisi per la firma del protocollo, la seduta viene chiusa alle ore 9.30 pom. 11 consorzio agrario distrettuale ha invitato i soci ad una conferenza che verrà tenuta domani alle ore 2 V2 pom. nella sala comunale gentilmente concessa, dall'abate Angelo Candeo, sulla malattia delle viti segnatamente sulla perouospora viticola e modo di combatterla. ----SS—-- Appunti bibliografici Cesare Rossi. Versi. Trieste. Tipografia Mortera. Un volume in sedicesimo di 200 pagine. Tutte le belle cose sono tre, dice il dettato ; dopo il Pitteri e la Gianelli ben venga adunque il Rossi, ed ecco così la nova triade del Parnaso triestino. A quanto ne so io, così di lontano, intendiamoci, chè non vorrei far torto ad altri possibili trivi e quadrivi. E che il Rossi sia degno di entrare in ischiera ce lo dimostra subito il verso eletto, lo squisito sentire, la nobiltà dei concetti. 11 verso è di ottima scuola e vario. Dalla canzonetta metastasiana all'ode barbara tutti i metri, quasi, vi sono tentati. Il Prati e più l'Aleardi fanno capolino, più ancora forse il Dall'Ongaro con gli endecasillabi tronchi ; ma il tutto è bene assimilato, diventa stile del Rossi. Il quale fa anche ottima prova con l'ottonario abbinato, con 1' ottonario deriso dal Carducci in un momento di mal umore. Non vedo esempi di sciolti e di strofa classica sobria che rammenti lo stile austero, serrato del Parini, e dello Zanella, e dirò poi perchè. Ma ognuno è padrone di vestire quell' abito meglio gli piace, tutto sta lo sappia portare con disinvoltura. Anche nell' ode saffica 11 Rossi incede benissimo come il suo omonimo sulle scene. Non così in altri metri barbarici nei quali ci vuole una tecnica particolare, e sobrietà di stile per non diluire il concetto in forme prosaiche. Trascrivo due strofe che si potrebbero, scritte così di seguito, gabellare a tutti per prosa — „Ah s'io potessi, mamma, trasfondere tutto il mio caldo sangue nel debile tuo corpo che piega ogni giorno sotto il peso degli anni e dei mali! Ah s'io potessi parte del vivere mio darti, darti la forza e l'anima d'un tempo, e veder la salute rifiorir sul tuo pallido viso ! " (pag. 7.) Ma se il verso è vario non così vari gli argomenti, il poeta muta il tempo, canta in altra chiave, ma il pensiero melodico po' su po' givi è lo stesso. Due sono i pensieri dominanti nel libro : 1' amore, la giovinezza perduta, e la madre morta; quindi un dolore vago, simile in ciò alla Gianelli, che accompagna il poeta, e si riflette in tutte le manifestazioni del bello naturale. Si direbbe „Che vocale è il dolor alla mìa terra.u Ripesco dal fondo della memoria questo verso, non saprei precisare di chi, probabilmente del nostro Revere. Ma sono dolori veri, sentiti, non affettazioni; tanto è vero che danno occasione a belle immagini, e insegnano al poeta a prestare docile orecchio alle voci delle cose. Il sentimento della natura è di fatti vivo e fresco nel Rossi come nel Pitteri: i due amici vanno di un passo. Il tornar della mente allo stesso argomento obbliga però il poeta, affaticato nella ricerca del nuovo ad analizzare, a commentare, a sfaccettare, dirò così, l'immagine in tanti prismi instabili, dai tremolanti colori. Cosi nell' intermezzo (pag 93) e più avanti nella similitudine che si risolve in un secondo traslato: come fa trafelato il viandante che per lungo cammin s'affaticò, se tra gli sterpi, di sua vita errante un' oasi di pace alfin trovò, (pag. 92.) La poca oggettività, e il bisogno di riprodurre sotto altre forme lo stesso pensiero nuocciono alla sobrietà ; quindi la naturale esclusione della strofa pariniana e dello sciolto, come ho detto di sopra. Non è colpa tutta del Rossi, ma del tempo : in poesia, come nelle arti del disegno, siamo divenuti piccini; non statue, non grandi quadri; dove metterli nei nostri salottini ? Esposizioni di bimbi ci vogliono, e quadretti di genere. Quindi F invasione di poeti che raccolgono in volumi, ingrossati dai frequenti capoversi, e dai titoli majuscoli, tutto ciò che cade loro dalla penna: ninnoli, giocattoli, bomboniere. Sono bellini, carini tanto; il rispettabile pubblico un po' sta a guardare, ma poi tutta quella chincaglieria, quel lucido, quel ditirambo di punti neri sul bianco gli mettono le traveggole. Statue vogliono essere, atteggiamenti forti, figure recise dalla cintola in su come il Farinata di Dante : queste ci commovono, ci scuotono. Certo anche i poeti sentono, e più degli altri, i loro dolori; ma il pubblico domanda loro in arte, qualche altra cosa : non per nulla poeta è sinonimo di vate. Parole inutili, il R,ossi è persuaso di tutto ciò ; e se nell' Invocazione ha evocato le visioni giovanili, nella chiusa, prevedendo il brontolio dell' ipercritico, ci promette più larghi e vari argomenti, se invita la sua Strofe a salire su le vette dei monti, e a solcare la curva del padre oceano. Ed anche in questa indulgente raccolta di versi giovanili, gli accenni non mancano, e qualche impeto generoso all' oggettività, e alla varietà. E per vero 1' intermezzo al Pitteri (fannosi onore e di ciò fanno bene i miei poeti triestini); il bel sonetto — Mare (pag. 149), Autunno pag. 151), Voci notturne (178), Per la morte di Pietro Cossa (181), sono splendide eccezioni. Stupenda la chiusa del componimento Autunno; dove leggonsi versi degni di poeta di primo ordine. Eccoli: Pace. Da tutti gli esseri e da tutte le cose emana un senso di stanchezza dolcissimo e di riposo un desiderio immenso. . Ebri di sole e d' aere, cerchiamo l'ombra tacita e segreta, dove nasconder 1' ansie che abbruciali questa sciagurata creta. Mentre natura addormesi in una calma che pare infinita, e prepara le floride trasformazioni della nova vita, n ostro intelletto adagiasi in un sereno meditar fecoììdo, ed al lavor ritemprasi ne la gentil malinconia del mondo. Agl'Istriani piacerà — A L'Arena di Pola; — e piace anche a me. Non però il verso — su i nudi massi ove nessuno siede — troppo sibilante. Il metro mi fa pensare ad altra ode saffica famosa per grandiosità di concetto e forte immaginativa. Neil' Arena di Pola ci sono strofe degne del maestro e del monumento; l'introduzione è romana : Alta e marmorea nel divino azzurro sta la superba che disfida il tempo: salve o vetusta, o gloriosa, o sacra mole romana. Forse ci voleva una più immaginosa evocazione del passato, e più vivi raffronti. Per una strana combinazione il proto ha omesso una sillaba nella strofa: Io probabilmente. E per vero quell' io guasta, e nuoce alla immediata intuizione del fantasma. Un cenno a Vettor Pisani e alle fraterne baruffe sarebbe stato opportuno, ed alla strage dei Sergi, e in generale alle vicende di Pola. Per altri nobilissimi concetti capisco anch' io che il poeta avea le mani legate. Rammento la fiera risposta d' un certo Tizio, a certa accusa del Correnti, — L'anfiteatro di Pola non aspetta nessuno (Porta Orientale anno I.) In queste e in qualche altra composizione ancora il Rossi si dimostrò poeta vero, e all' altezza come dicesi dei tempi. La patria aspetta con vivo desiderio, senza fretta però, la nova strofa. P. T. --------------—;---■ PUBBLICAZIONI È uscito il primo numero del 1890 della Rivista critica della letteratura italiana. Contiene importanti articoli, dei quali abbiamo pubblicato il sommario e ne parleremo nel prossimo numero. Archeografo Triestino, edito per cura della società del gabinetto di Minerva. Nuova serie, Volume XV. fascicolo secondo, Luglio-dicembre 1889. — Sommario To,nzì Carlo. La cronologia degli scritti di Magno Felice Ennodio. — Un papiro perduto dell' epoca di Odoacre. Joppi D.r V'incenso. Documenti goriziani del sec. XIV. (cont.). Vassilìch Giuseppe. Da dedizione a dedizione, appunti storico-critici sulle isole del Quarnero (cont.). Prof. Don Pietro D.r Tomasin. Biografia dello storiografo triestino Don Vincenzo Scussa, canonico scolastico del Capitolo cattedrale di S' Giusto, ed una sua opera inedita. Relazione dell'annata LXXIX della società di Minerva letta dal presidente L. D.r Lorenzutti nel congresso generale dei 22 di giugno del 1889. Trieste, stabil. tipogr. di L. Herrmanstorfer 1889. Neil' Illustrazione Popolare di Milano, c' è una bellissima poesia — Ad un artista — di Ada Negri allieva del nostro Tedeschi, e già nota ai lettori della Provincia. ----------. Nel numero antecedente incorsero i seguenti errori che nuocciono al senso, ed il lettore avrà avvertiti, ma pure ci sentiamo in obbligo indicare : A pag. 20, prima colonna, linea 6, leggasi frenata invece di franata. A pag. 27, seconda colonna, linea 37, leggasi classica invece di elastica.