ANNO I. Capodistria iG Novembre 1867. N. 6. t&tYt ì «ì oib | |i:Hgo''i> mqoa ib ts «la otb' aiaq r-h'jwp «130 i ;ìiidiamm v GIORNALE DEGLI INTERESSI CIVILI, ECONOMICI ED AMMINISTRATIVI a ih Morènu» omciòoSl hoK olliòtfioxpi; 6ifa.'v • • j. • •.!}» stawcr:] ié epa ?oim\ub usa)» 4ioo « §,olBbm>m Di D I T' IC T D T ( LÀ PROVINCIA DELL'ISTRIA. Esce il i ed il 16 d'ogni mese. Articoli comunicati d'interesse generale si ricevono gra- ASSOCIAZIONE per un anno f.ni 5. semestre e quadri- tuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 mestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — la Redazione. Pagamenti antecipati. GL° INTERESSI CIVILI A quanto ci sembra, non è disutile ritornare su quella parte dei nostri intendimenti che riguarda gl'interessi civili della nostra provincia. Non a tutti ci riuscì in questo di spiegare intieramente l' animo nostro. e dobbiamo ben crederlo, quando amici, in cui l'amor patrio si accompagna all'ingegno, ci ammonirono, già a quest' ora, a recidere dalle cose che veniamo pubblicando tutto che non abbia diretta relazione cogli affari nostri più locali e domestici. Evidentemente, qui v' ha di mezzo, non tanto un' idea che abbisogni di essere maggiormente chiarita nel nostro programma, quanto una effettiva divergenza di opinioni. V' è in molti tale uno spirito di schietto sacrifizio, tale una preoccupazione vivissima delle tristi necessità, tra cui dolora questo paese, e una voglia sì diritta agli scopi meglio definiti e pratici, che assai facilmente può loro apparire quasi una noja della più dura e modesta fatica, una vacanza dagli offici più doverosi e salutari il distogliersi comunque dallo studio delle primissime faccende di casa nostra. Cotesto positivismo, che move non già da gretti o meno leali discernimenti, ma da piena rettitudine e specchiata virtù di annegazione, resta, per sicuro, nei nostri propositi più fermi e per le ragioni della sua bontà intrinseca e per quelle ancora di una troppa naturale diffidenza a cimentarci oltre la misura delle nostre forze. Ma v' è in esso anche un pericolo. Per quanto la carità della patria dia lume agli occhi e fibra alla persona, non è possibile rimanersi diuturnamente nella fossa di un lavoro da vanga, sempre col piede sulla gleba sudata, senza che o-perajo ed opera ne ricevano danno. Uscirne talora, a rinnovarsi l'aria in petto, a prendere collo sguardo più larghi orizzonti, è bisogno imperioso, è rifare la volontà. Per togliersi di metafora, egli è certo che negli stes- si affari economici ed amministrativi di una piccola provincia e di povere comuni occorre esercitare la intelligenza sui grandi modelli. Chi vuol essere veramente utile nelle ristrette cerchie della vita civile non dcv' essere nuovo alle palestre maggiori. Le più volte, tutta una serie di riforme e di benefiche novità dipende unicamente dallo avere raccolto ciò che altrove potè compiere un maggior nerbo di forze morali e materiali. E non è altrimenti che si apprende ad evitare gli errori, a non ripetere le prove fallite, a guardarsi da tutti quegli impacci nell' operare, in cui » suole cadere anche l'ingegno volonteroso, senza le guarentigie dell'esperienza, o propria o altrui. Lungi adunque che lo assistere al molto confonda e disperda lo spirito, ciò anzi lo ammaestra e lo rinvigorisce, e gli insegna a trarre anche pel | o:o, a cui fosse volto il suo compito, la idea più semplice, la più adatta e feconda di pronte e durevoli conseguenze. Quante volte non pa-jono impossibili e perfino favolosi imprendimenti cose che poi si appalesano assai naturali e facili e nell' assoluto dominio del senso comune e di una virtù cittadina tutt' altro che singolare ed eroica. Intendere è poterey come scriveva un sommo pensatore, e per intendere conviene leggere in più libri, nè già in quello soltanto che ci dà il diario di famiglia. Vogliano dunque riconciliarsi con noi quanti avrebbero desiderato, con sentimento. Io ripetiamo, non altro che buono, ma non giusto, vederci tutti rinchiusi in noi sfessi, se pel migliore effetto di questo nostro lavoro qualsiasi crediamo indispensabile accoppiare agli argomenti casalinghi, in cui sta il principale nostro assunto, anche le riviste dal di fuori, per tutto quel complesso di fatti, che si svolgono, comunque favoriti da diversa fortuna, sotto lo stesso cielo e nella stessa temperie di affezioni e pensieri. Gli è così come un aprire le finestre alla propria stanza, un dar fondo di prospetti al nostro quadro, un attaccare il nostro anello, che solo suonerebbe sprezzato. sul terreno, a maggior catena. E ne viene allora che ogni tema, quello pure che sta al di sopra d'ogni possibile imitazione, consentita ai piccioli mezzi, spanda calore di vita, e che la mente ne risenta gli ajuti anche là dove non copia. Nè infine può esservi chi non veda, come nello stesso campo delle amministrazioni e delle ragioni economiche si agiti la causa di quegli interessi civili, che ponemmo a capo del nostro mandato, e a cui, senza dubbio, non si provvede efficacemente che soffiandovi dentro il concetto de' nuovi tempi. Se prendiamo poi a considerare cotesti interessi civili nei loro rapporti immediati colle leggi della civiltà, molto più gravi ed estese appariscono tosto le applicazioni del nostro principio. A dire soltanto della scuola e della beneficenza, chi non va persuaso, che il più meschino fanciullo dell'ultimo villaggio, perduto sulle vette dell'Alpe solitaria, e i più riposti affanni della spregiata indigenza sono oggetto di cure amorose e sapienti al civile apostolato? E che altro attende questo, per muovere al soccorso, se non che smetta la ignoranzaj la quale è la compagnia malvagia e scempia de' popoli eremiti, dal chiudergli il passo? Non intendiamo indugiarci su cose tanto chiare e che non sarebbe stato mestieri neanche accennare, ove il timido affetto non prestasse in taluno, come dicemmo, un errore al pensiero. Ma pure ci è d'uopo aggiungere ancora qualche* còsa circa l'indirizzo che i nostri studi presero da qualche tempo, e circa il pubblico che loro si è fatto intorno, perchè anche tale argomento si collega strettamente con quello che abbiamo fin qui avvertito. Noi, desiderosi tanto che tutte le onorate memorie di questa provincia vengano in luce, e che ben sappiamo, come in esse abbia le salde sue basi il secolare edifìzio della nostra coltura, e costanti conforti ' e fide promesse vi trovi la speranza di un migliore avvenire, non saremo certo accusati mai, con qualsiasi paragone al fianco, di meno piena estimazione del loro prezzo o di più lenta riconoscenza verso i generosi che si adoperarono e si adoprano, con lungo studio ed amore, a trarle dall'obblio, a ripulirle, a diffonderle, a svegliarne gì' insegnamenti che più ci convengono. Quest'opera, impresa a frammenti e senza la luce della nuova critica nei secoli scorsi, pigliò ampie proporzioni e assidui intenti e valore veramente scientifico dal cadere del secolo scorso a questi giorni, la mercè di tre distinti ingegni nostri, che sono il Carli, il Rossetti e il Kandler, a tacere dei minori. Nè sapremmo dire abbastanza, con quanto desiderio noi vorremmo, che al nostro giornale toccasse la buona ventura di continuare, almeno in parte, questa avventurosa successione di studi, già sì splen- didamente rappresentata da quel dottissimo periodico che fu l'Istriaossia di giovarsi della instancabile attività, con cui l'illustre storiografo che lo dirigeva continua ed allarga ognora più le sue investigazioni. Ma qui pure, e sebbene si tratti della preziosissima parte del nostro patrimonio civile, l'esclusivismo sarebbe egualmente improprio e contraddicente gli stessi fini e lo stesso valore delle diligenti applicazioni, alle quali è argomento. Non facciamo allusioni di nessuna maniera, ma ben ci è noto ch'esso può renderci ingiusti sino alla pretesa, che ogni mano debba rovistare i ruderi dell' antichità e voltare pergamene, o, peggio, che ad altro che a questo non si debba attendere, per meritare della patria nel miglior modo; ci è noto ch'esso può talvolta persuadere a non tenere in conto gli altri studi liberali, sì da levare alle stelle la scoperta, poniamo, di un sasso romano qualunque, la quale certo è pienamente apprezzabile anche per noi, ma da volgere le spalle al perditemp o d'ogni prova letteraria, pur bella ed opportuna; ci è noto infine ch'esso può condurre i meno accorti a idee d'isolamento senza dignità e ragionevolezza, e a scambiare il breve ambito della provincia nativa coi termini continentali di qualche grosso regno o le cronache di un castello colle storie dell' umanità. Siffatte esagerazioni noi crediamo di dover combattere, e quindi abbiamo in animo, che il nostro giornale, per quanto possano le ristrette sue proporzioni, accolga di tratto in tratto nella Varietà, eh' è la sua Appendice, pur qualche saggio di scienza o di lettere, il quale guardi ai bisogni della nostra coltura, o, meglio, alle stesse cose nostre, e renda fede, senza pretese, dell'indole de'nostri studi. Questa provincia ha vissuto sempre nella comunanza di tutte le applicazioni dell'ingegno colla sua nazione, e vantò in ogni tempo uomini insigni, che tengono bel posto nella storia delle lettere e delle arti d'Italia. E anche allora che poco o nulla sapevasi illustrata ne' suoi fasti, aveva nome fàmigliarissimo, perchè, naturalmente, era pur sua la fama de' suoi migliori, e sedeva con essi ai patri convitti. Tutto ciò, è chiaro, si fonde nel grande insieme degli interessi civili, e però noi, che assegneremo sempre la maggior parte di questo giornaletto agli affari nostri più concreti e pratici, siamo perfettamente sulla nostra via, come ci parve di dovercela prescrivere sino dalle prime. Senza che alcuno ce lo ricordi, noi sappiamo su qual tela cortissima e leggera andiamo movendo il povero nostro pennello. E che perciò? Chi non può slun-garsi, si scortidice il proverbio; ma, corti pure quanto si voglia ne' panni, l'essenziale si è che redeat in praecordia virlus. sull'associazione di mutuo soccorso fra gli artieri ed operai. ' '! 0: ifiOjj . ijEilljSO >1' tSÌMK;'! >1 511 . («lllli^fc >OOI 9jilt db : Quella fra le tante istituzioni, onde s'onora il nostro tempo, che noi vorremmo veder attuata in ogni luogo della provincia, perchè non chiedente che pochi mezzi e buon volere, sarebbe un'associazione di mutuo soccorso fra gli artieri ed operai. A molti, e forse ai più, non sarà noto come si formino e si reggano tali istituzioni, di cui è sì bello e pietoso lo scopo, avvegnacchè per esse si soccorra con cotidiani sussidi i soci che per motivo di malattie non sono in grado di attendere alle loro abituali occupazioni; si dia una pensione a quelli che abbiano compili i sessant'anni di età; si cooperi alla istruzione de'soci ed al loro collocamento; si paghi alla morte del socio un sussidio in denaro alla sua famiglia. Noi andremo quindi divisando i modi del loro ordinamento quali attignemmo dallo statuto dell'associazione dei comuni di Venezia e di Murano, onde forse si accenda il desiderio di tentarne la non difficile prova. La società si compone di soci ordinari, cioè di operai, nel qual numero appresso noi polrebbonsi accogliere i popolani, di giornalieri e braccianti, e di soci onorari. Gli ordinari, pagano una tassa d'ingresso, che sarebbe, al ragguaglio della nostra moneta, di un fiorino, o in una sola volta, od almeno in quattro rate mensili di 25 soldi per ciascuna, la prima delle quali ali"atto dell'iscrizione. Gli onorari, che non hanno alcun diritto a sussidio, pagano un contributo, oppure rendono alla società qualche distinto servigio coli opera o col denaro. — 11 socio ordinario inoltre deve pagare settimanalmente una contribuzione, proporzionata all'età in cui viene iscritto e al sussidio giornaliero ed alla pensione che intende assicurarsi, giusta alcune tabelle, compilate con diligentissimo studio sulla base di norme desunte dai falli e dal loro giusto apprezzamento, nelle quali figura da un lato il graduale svolgersi dell'età, e dall'altro il corrispondente aumento di contributo. Cosj, per dare un esempio, se vogliasi aspirare ad un sussidio giornaliero per malattia, di soldi cinquanta, ed alla pensione vitalizia di fiorini sessanta, dopo compiuto il sessantesimo anno, quelli che s'inscrivono dai 16 ai 20 anni contribuiranno settimanalmente soldi 13, dai 21 ai 25 soldi 16, e così di seguito di cinque in cinque anni con calcolala relativa proporzione e progressione fino all'età tra i qua-rantuno e quarantacinque, al qual punto la corrispon-sione avrebbe ad essere di cinquanta soldi settimanali. Dietro agli stessi principi di calcolo, ma con misura diversa, ogni socio potrebbe assicurarsi, in luogo di un sussidio giornaliero di soldi cinquanta, fiorini uno, con una pensione di fiorini sessanta; e parimente il sussidio di soldi cinquanta e la pensione di fiorini cento e venti; e in fine la stessa pensione ed un sussidio giornaliero di un fiorino. — E stabilito poi non ammettersi che soci maschi, di cui sia notoria la moralità, dell'età non minore di 15 nè maggiore di 45 anni, dimoranti stabilmente nel comune, non impolenti al lavoro, nè affetti da veruna malattia organica o cronica. Sono eliminali dalla società quei soci, che col loro conlegno la disonorano, quelli che non pagano la tassa d'ammissione, o se rimangono in arretrato di do- dici contribuzioni settimanali i soci ordinari, e di dodici mensili gli onorari. — Il socio che sia inscritto da sei mesi ha diritto al sussidio di malattia, quando questa duri più di due giorni. Quegli che compie il sessantesimo anno di età, cessa di pagare il contributo e percepisce la pensione. Non sono pagati sussidi per malattie cagionate da intemperanza nel bere, da risse, o da qualunque altro motivo di mala condotta. La società ha un consiglio di amministrazione che funziona gratuitamente, e che si compone di un presidente, di consiglieri, di un segretario, di un cassiere, di revisori, arbitri e visitatori. Questa è per sommi capi la struttura dell'assoeia-zione, che può peraltro atteggiarsi, secondo le circostanze locali, a quella convenienza di forme e di modi di esistere che, senza mutarne l'indole e la virtù, la ugualmente raggiognere lo scopo a cui tende. Noi saremmo molto lieti se altri pigliando argomento da questo cenno si facesse promotore deila bella istituzione, che alletta e incuora l'operajo al lavoro, alla parsimonia, al risparmio, alla moralità; che dissipa in lui le paure di futuri stenti, se le malattie e l'età tarda gli frangano le forze; che tra ricco e povero stringe più forti i vincoli di fraterno amore. (m.) ---- Dalla Lombardia, novembre. (l>r. P.) Ho un vecehio debito con la Provincia, e non so a qual santo votarmi per pagarlo. E tutte queste difficoltà provengono dall'essere cotesto un giornaletto che tratta, e ben a ragione, questioni interne, economiche, commerciali, industriali ecc. ecc. e di tutta questa roba non me ne intendo un cavolo. Bando però al-Je scuse ed agli esordì ad cap/andam benevolentiam, con le solito proteste d'umiltà, ed entriamo in argomento. Comprovinciali, volete far progredire il nostro paese? Altri vi suggerirà scuole, banche popolari, società agrarie, e tutti sono ottimi mezzi che conducono più o meno allo scopo. Ma un mez'zo 10 voglio suggerire anch'io, e semplicissimo: Viaggiate. Vorreste forse negarmi l'utilità dei viaggi ? E allora io vi rammenterei quel furbacchione d'Ulisse, che apprese viaggiando gli accorgimenti. Se non lo credete a me, credete almeno a lui stesso. Nè la dolcezza del figlio, nè il rispetto al vecchio papà, e i baci di madonna Penelope, Fenice delle mogli, Vincer potero dentro a me l'ardore, Ch' i' ebbi a divenir del mondo esperto, E degli vizi umani e del valore. Inferno 26. Quanto a me, vi confesso, che non avrò mai grande stima, nè riporrò fiducia in un uomo, il quale, potendo, non abbia mai messo 11 naso fuor del suo guscio. Si profondi pure tra i libri, n'on avendo però letto nel gran libraccio del mondo, all'atto pratico piglierà lucciole per lanterne, e la prima volta che gli toccherà mettersi in mostra, confuso, attonito, sbalordito, ci farà la figura di Pantalone. Dunque viaggiate. Ma, a viaggiare, direte voi, ci vogliono denari. Sapevamcelo; però a questa bisogna è presto provveduto. E come ? Piano piano, a una a una, diceva quello che inferrava le oche. Punto primo. Chi ha denari viaggi. In Istria c'è proprio bisogno di ripetere questa semplice proposizione: Chi ha denari viaggi. Non dico nelle città o nelle borgate più grosse, ma in altri luoghi minori ci sono dei signori, che ne hanno, capite, e pure non si muovono dal loro nido, e vi trascinano per anni ed anni una vita melensa e monotona con tutte le tradizioni della Serenissima, Occupati solo a mangiare, a bere, a dire corna del potestà, e a trattare di questioni e d'intrighi municipali, con la più gran serietà del mondo. Non esageriamo però; ogni quattro o cinque anni, per la stagione d'autunno o in carnevale, anche questi immobili calao» fi30 all'ultima Tulle, a Trieste. Se costoro, clic possono, invece viaggiassero, vedrebbero col fatto, quanto la provincia difetti di istituzioni sociali, d'industrie, di commerci, di progressi agricoli, e col vedere e confrontare si desterebbe in loro la voglia di fare, meglio ebe con lunghe esortazioni e consigli. Poi vedrebbero quanto sono ridicole quelle gare ed iruzze municipali, in cui perdono miseramente il lor tempo. Viaggino in secondo luogo anche quelli che non ne hanno molti, facendo qualche risparmio e cassando qualche inutile spesa. Ter esempio, io vorrei che tutti gli sposi facessero il loro viaggio di nozze. Anche questa moda comincia in qualche luogo ad . andare; ci sono però de' paeselli in Istria, dove una si bella usanza, introdotta dal mondo moderno, è guardata cou orrore, e vi ha taluno che la ritiene immodesta e scomunicata. E non vede, che è anzi atto di gentile modestia e rispetto al candore giovanile. Sarà dunque più bella usanza, o signori dello statu quo, quella di tenere banchetto per tre giorni nella casa della sposa e di mangiare quarti di bue come gli eroi d' Omero? E a dire che il triduo talvolta si cangia in ottavari e novene ! 1 denari poi, che anche i meno facoltosi spendono in queste occasioni, potrebbero più utilmente e decorosamente invece impiegarsi in un modesto viaggio di nozze. l\on già che le nostre donne abbiano a riportare a casa intemperanza di desideri e la noja del domestico focolare ; di questo non c' è pericolo; a que' primi lumi di luna melliflua ritornerebbero certo migliori e più esperte della vita alla casa maritale. Venuti poi i figli e cresciuti, volendo pure dar loro educazione conveniente, non si sgomenterebbero tanto nel giorno della partenza del figlio per Padova, Pavia, Pisa, come a luoghi non ignoti, e che hanno veduto e visitato noi giorni più belli. E mi sovviene d'una madre che, illuminata dall' affetto, baciava e ribaciava il figlio viaggiante la prima volta per Padova, e le brillavano per gioja gli occhi sereni. Seppi poi che a Padova avea soggiornato nel viaggio di nozze. Anche le buone madri, non nuove al mondo, potrebbero con quell'arte, che è tutta loro propria, e che cento trattati d'educazione non sanno insegnare, con sapienti parole avvertire i figli di quelle seduzioni e pericoli, che esse hanno ne' loro viaggi traveduto come ed indovinato. Viaggino finche in altre occasioni quelli che ne hanno pochi, ed ecco come. Vis unita fortini-, dice il proverbio. Non è molli anni, alcuni semplici artigiani di Capodistria fecero comunella, e a furia di risparmi e di astinenze misero assieme una bella sommet- " ta e fecero un viaggio di piacere fino a Milano. Bravi, bravissimi. Possa il loro esempio trovare molti e frequenti imitatori. Viaggino finalmente anche gli scolari durante le vacanze autunnali. Domine, fallo salvo, dirà taluno, chè egli è offeso nel gra-najo. Viaggiare gli scolari, con quei quattro che hanno' in tasca? Fanno buone gambe, sono giovinotti pieni di vita ; viaggino adunque col cavai di San Francesco. E se spiccare non possono volo lontano, comincino dal visitare casa propria, e ascendendo il Monte Maggiore, sotto ampia distesa di cielo, mirando alla penisola che si appunta a Promontore e appoggiasi alle Giulie che girano a tergo, o calando a Pola tra le reliquie della passata grandezza, o a Parenzo ammirando i marmi profusi nella insigne basilica, apprenderanno geografia meglio che dai testi scolastici, e conoscendo di quai padri sono nipoti, cresceranno certo in speranza delle glorie venture. Viaggino insomma i miei comprovinciali a seconda della condizione e dei mezzi, E non venga qualche grillo a dire ubbie i miei desideri e_ a spaventarsi di queste massime di moralista largo in cintura. E un viaggio la vita, Io dice anche il latino del Duomo. Apparecchiamoci adunque, viaggiando, al viaggio dei viaggi. Dai piedi del Monte Maggiore, novembre. (X) Poi che nel primo numero della Provincia quell'articolo intitolato II Nostro Programma fa appello a tutti li uomini di buona volontà, che sono nella provincia nostra, e li invita a e-sporre francamente le opinioni loro pel miglioramento delle condizioni morali e materiali del paese, io, che non sono uomo di lettere, o publicista, come dicono ora, ma che amo davvero questa no.v stra patria, mi fo ardito a manifestare un mio pensiero, che, se non m'illudo, non dovrebbe essere affatto inutile, e che per lo meno potrà dare argomento a chi ne sa più di me di svolgerlo e completarlo e renderlo veramente proficuo. Vivendo, come fo io, in questo dimenticato angolo della penisola, in compagnia di pocbi contadini, la cui sola occupazione e l'agricoltura, Ilo dovuto più volte riconoscere come ogni progresso materiale, che si volesse conseguire, riesce sommamente difficile, per non dire impossibile, per le opposizioni ostinate, o quanto meno per l'inerzia, con cui questa povera gente, cresciuta nell'ignoranza e nei pregiudizj, combatte ogni utile proposta, ogni innovazione, che si voglia introdurre. Cente, che pensi, qui tra noi, bisogna pur dirlo, ce n'è poca, e anche tra costoro non tutti pensano a coteste cose, o non vi pensano come dovrebbero. Per cui si rimane in pochi, pochissimi, senza mezzi, senza unione, a dover combattere questa gran massa d'ignoranza, che ne circonda, questo cumulo di pregiudizj, che si tramandano di padre in figlio, come una eredita, e che si osservano scrupolosamente come un fedecommesso. Conseguenza di ciò si è che, malgrado ogni nostro buon volere, qui si va innanzi a passo di lumaca, seppure si va, e che si perpetuano le miserevoli condizioni del nostro volgo e perciò stesso le nostre, che cou quelle sono intimamente legate. Per evitare adunque questo circolo vizioso io, che nella mia qualità di campagnuolo bo molte volle veduto come una pianta te-nerella ancora si possa facilmente piegare a nostro grado, mentre un albero più grosso s'irrigidisce e non si lascia più smuovere, pensai, che, se l'impresa di ammaestrare o dirozzare almeno li a-dulli ci si presenta troppo piena di difficoltà, non dovrebbe avvenire altrettanto eoi ragazzetti, ebe, essendo ancora scevri da male a-bitudini, possono essere guidati e istruiti più agevolmente; e non credo d'aver perciò scoperto l'America. (Juì mi si dira probabilmente, e non avete le scuole? Scuole? Sicuro che ne abbiamo qua e la qualcuna; ma vengano un po' in queste nostre campagne e vedranno quanto giovano le scuole, intendo le scuole popolari. La colpa non è tutta loro: il rovere non fa aranci, diciamo qui, e le scuole così come sono costituite difficilmente potrebbero dare di più di quello, che dauno, che è molto poco. Cosa vogliono? in questi nostri paesetti sprovisti d'ogni ben di Dio, il Com-mune, che deve litigare con tante necessità e talvolta comperar la polenta a' suoi abitanti perchè non muojano di fame, stima che i danari per pagare il maestro siano buttati al vento e li vien riducendo quanto più può, e quando per obedire alla legge ha assegnato al maestro uno stipendio, che basterebbe appena per un sabatino e ha destinato una stanzaccia qualunque per uso di scuola crede di aver fatto tutto. Che ne avviene? Avviene che Io stipendio essendo meschinissimo, nessun giovane di vaglia si sente attirato a fare il maestro in campagna e quindi che i maestri, in generale, mancano della necessaria attitudine, e siccome lo stipendio non basta pei più indispensabili bisogni della vita, il povero maestro, che talvolta ha una famiglia, a cui provedere, deve mettersi a fare altri mestieri. Di progressi nell'insegnamento non si parla: ha ben altro per il capo il maestro! Fa la sua lezione (quando la fa) perchè è suo dovere, ma non ci mette amore, non ci mette cura, uon s'interessa insomma punto punto alla buona riuscita de' suoi allievi. E questi! altro guajo, forse peggiore. Vanno alla scuola, perchè i genitori sono obligali a mandarveli; ma senza libri, senza carta, senza nulla, perchè i genitori non hanno denari da spendere; quindi l'insegnamento non può progredire, mancando le condizioni più essenziali per farlo, e passato quell'anno o lutt'al più due, i parenti, che vogliono valersi de' lor ragazzetti ne' lavori di campagna, li cavano dalla scuola e li mandano a zappare. Dopo sei mesi il fanciullo non si ricorda più un'ette di quel poco, che apprese sulle panche della scuola, e quando ha 18 o 20 anni è già imbevuto di tutti i pregiudizj de' suoi vecchj e non sa più fare nemmeno un segno di croce. Questa è la scuola delle nostre campagne, e talvolta il quadro è ancora più oscuro di quello, che ho sbozzato. Ora mi dicano in coscienza, che costrutto si può cavare da co-teste scuole ? Quello, che appunto vediamo, cioè zero o pressapoco. Perchè la scuola fosse veramente utile e l'insegnamento lasciasse nell'animo dell'allievo de' germi, che potessero in avvenire dar frutto, bisognerebbe.......Ma che vo io cercando quel che bisognerebbe, se già le mie parole non avrebbero il potere di fare che quello, che è, si muti? Stiamo al positivo, prendiamo la cosa dal lato pratico e vediamo quel che si possa fare noi per raddrizzarla, senza aspettare la manna dal cielo. Pensando a questa dolorosa condizione delle nostre scuole campagnuole, mi parve che due ri-medj si dovessero subito cercare e si potessero anche ottenere, senza molta difficoltà, e sono sollevare-la posizione dei maestri Ulorrentari. eccitare II sentimento della loro dignità e lo spirito di emolazione; 2.» porre li allievi più poveri (e per verità sono quasi lutti poverissimi ) in grado di poter usare de' libri e delli altri oggetti necessarj all' insegnamento, di cui ora difettano affatto. Oneste due cose, che a un semplice privato, come sono io, riuscirebbero piuttosto difficili, nonio sarebbero invece, se all'uno si associassero multi altri, se le forze disperse si collegassero in un fascio. Ecco il mio pensiero. E stavo appunto ruminando il modo di renderlo praticamente attuabile e già meditavo di scriverne alla Redazione della Provincia. quando dal confine opposto d'Italia mi capitò tra mani un libretto, che fa appunto al caso nostro. É intitolato: Rendiconto morule ed economico deI Comitato Provinciale di Como per la istruirne nella campagna letto nell' adunanza ■generale del 9 maggio 1867. Da questo opuscolo (rilevo che a Como, e anzi in parecchie altre città del Regno si vennero formando delle società allo scopo appunto di facilitare nelle campagne la diffusione dell' istruzione popolare, che esse mirano precisamente ai due intenti da me avanti indicati, e che per sopperire alle spese necessarie a tutto ciò ciati-uno de' socj assume una o più azioni annue, le quali a Como sono fissate nella misura minima di una lira italiana, 40 soldi della moneta corrente tra noi. Cosi si vien formando un piccolo capitale, elle è dato ad amministrare a un Consiglio eletto dai socj in assemblea generale, e il Consiglio ha oltre ciò l'incarico di inviare apponiti ispettori nelle campagne, i quali esaminano i bisogni delli) sin-role scuole e il modo, con cui vi attendono i rispettivi maestri. In base ai rapporti di questi ispettori il Consiglio nomina de' sorveglianti'locali, i quali co'denari da esso ricevuti fanno acquisto di libri d'insegnamento, di carta da scrivere, di penne ecc., e si distribuiscono gratis alii scolari più poveri e diligenti. In fin d'anno poi il Consiglio, sul rapporto delli ispettori e dei sorveglianti locali, Mabilisce alcune gratificazioni ai maestri, che più si distinsero per intelligenza, zelo, amore, e le fa distribuire con una certa solennità nella stessa Como. Cosi si ottiene il duplice vantaggio che i Mazzetti sono forniti del materiale indispensabile per apprendere, •■•per ottenerlo gareggiano di studio e di diligenza, p i maestri, vedendosi fatti segno all'attenzione pubiica e nella speranza di conseguire un miglioramento economico, attendono cou cura e con assiduità alla kro nobile missione, cercano perfezionarsi, e la scuola progredisce, e se ne vedono in breve li effetti ; onde i garzonetti, lisciti di là, e passando alle scuole serali o domenicali, anche tra il lavoro de'campi e delli opificj, proseguono a coltivare la loro mente, e sussidiati poi dal'e biblioteche popolari o da altre istituzioni, s' abituano alla lettura, e con ciò snebbiano la mente di molti errori, acquistano varie e utili cognizioni e diventano cittadini laboriosi, intelligenti, onesti. E proprio vero che «poca favilla gran fiamma seconda.» Ora veniamo al caso nostro. Perchè quello, che s'è fatto a Como, non si può fare tra noi? Perchè quella associazione, ehe s'è potuta assai facilmente mettere assieme in una città, non potrà aver vita anche altrove? Come vedono, è una cosa, che non presenta grandi difficoltà: si Iratta u-ùicamente di trovare nelle nostre citta alcuni uomini di buon vo-lwe, i quali, ottenuta, in quanto possa occorrere, licenza dalle autorità governative, dichiarino di costituirsi in Comitato promotore per la istituzione di una società, la quale si propone di contribuire alla diffusione dell' istruzione popolare nelle nostre diseredate campagne. Lo scopo è cosi santo, così innocente, che io mi compiaccio L di credere, che nè tra noi possano mancare questi volonterosi, nè l'opera loro abbia a trovare ostacoli da parte del Governo. Ottenuto un sufficiente numero di adesioni, si convocano i socj in assemblea generale, si discute un brevissimo statuto, che il Comitato promotore può avere già prima sbozzato, si stabilisce la quota di contributo, che potrebbe essere di un fiorino per ogni azione, si nomina il Consiglio direttivo, e tutto è fatto. 0 io in'illudo, o questa è una proposta così liscia e chiara, che non può trovare opposizioni. Ad ogni modo, io la sottopongo alla Redazione della Provincia. perchè la esamini, e, se la crede buona, la faccia conoscere ai li «stri comprovinciali. Come ho già detto, io non sono che un cam-juanoolo. io non ho preteso letterarie o scientifiche; ho invece molto amore pel mio paeso e molto desiderio di vederlo avviato a meno tristi destini. Se la mia idea trova appoggio, tanto meglio; se no, vorrà dire che io ho sbaglialo; ma si accertino che sarà «tato errore di mente, non di cuore. E qui finisco. Io non chiedo scusa della mia lunga chiacchierata; in parte ne ha colpa la Provincia che mi ha incoraggiato con quel suo caloroso invito a tulli li uomini dabbene, tra i quali spero di poter essere anch'io annoverato. Se non le spiace, accolga invece un ringraziamento sincero pel bene, che essa si propone di fare e stia salda in questo nobile proposito. Ne avrà certo la gratitudine di tutti li onesti. Rovigno, novembre. (M.) Gli ultimi di ottobre un cane forestiero, smarrito, inseguito da cani e villani, morse gli uni e gli altri. Sparsasi voce ch'esso fosse idrofobo, fu dato in custodia al canicida e sottoposto a severa osservazione. Dalla sezione poi nulla rilevarono i medici di preciso, ma non poterono escludere assolutamente l'idrofobia. Quantunque vi sia motivo a ritenere che la morte seguisse in conseguenza ai maltrattamenti sofferti, il sospetto solo di quella tremenda malattia spaventa, e perciò, sia spontaneamente, sia per ordine dell'autorità municipale, furono uccisi tutti que' cani che si sapevano o si sospettavano morsi. È cosa incredibile che ne' tempi in cui viviamo a' abbiano ancora tanti affetti per questi animali, e non si prendano rigorosissime disposizioni per evitare le sciagure che pur si deplorano ogni qual tratto.; è strano oltre ogni dire che pel piacere e pel caprio-cin di pochi s'abbia a vivere nell'ansietà, e i comuni debbano addossarsi grosse spese pel cauicida, e tutto il pubblico starsene soggetto ad una serie di fastidiose prescrizioni, colla solita comminatoria della multa, come tenere colmi d'acqua orciuoli di pietra agli usci delle abitazioni e dei magazzeni ed altro. A che servono i cani? a guardia, alla caccia ed a lusso. Ma non dappertutto è necessario un cane di guardia. Soltanto per le man-dre e per le abitazioni isolate esso occorre veramente. — Quale caccia è da noi ? Della sua meschinità sono prova i meschini importi d'arrenda pel diritto d'esercitarla. D'altra parte la caccia è qui, più che una professione lucrosa, mero passatempo, dannosissimo alla campagna, che viene percorsa da' cacciatori per ìongum et taluni. Nè si dimentichi, che molti agricoltori vanno distratti per essa dal lavoro de' campi, pei quali pur tanto deplorasi la defi-cenza di braccia. — Non parlo infine del cane di lusso, inutile affatto, e che chiede per se più di quauto abbisogna a sfamare uua famiglia infelice. Si da l'ostracismo alle capre, le quali, se danneggiano le campagne, non sono altrimenti nocive, e tornano di molto vantaggio ai rispettivi proprietari, ai quali molle volte porgono i soli mezzi di sostentamento. Con più di ragione si sbandiscano i cani, e si farà opera commendevole. Ma per temperare il bando, ecco una mia proposta. Si dividano i cani in tre categorie: da guardia, da caccia e di lusso. Siano lutti inscritti e portino al. collare il relativo numero, pena la confisca; paghino una tassa, minima i primi, media i secondi, massima gli ultimi. I primi siano i soli ammessi, per le man-dre, per le case isolate e pei navigli ; così pure i secondi pei cacciatori, muniti di permesso di caccia. Possano tenere cani quelle persone soltanto, le quali hanno i mezzi di mantenerli e custodirli. Ne' mesi pericolosi non si ritenga sufficiente la museruola, ma siano, in ogni luogo, obbligali i proprietari a condurli o farli condurre con fune. Con questi mezzi se ne diminuirà sicuramente il numero, saranno meglio custoditi, non riesciranno di tanto disturbo al pubblico. ne d'aggravio ai comuni, e saranno infine meno pericolosi. La selvaggina costerà forse qualcosa di più, ma non è oggetto di necessità. ed i golosi non mancheranno perciò d'acquistarsela. Se, come confido, queste mie idee troveranno buona accoglienza presso le autorità comunali, le facciano adottare dai rispettivi comuni, le cui deliberazioni in tale riguardo varranno a provocare un' apposita legge provinciale. Pirano, novembre. (P.) Qualche vostra corrispondenza toccò dei prodotti agrari di quest' anno. Credo peraltro che occorra completare alcuni dati. Nella primavera le campagne dell' Istria promettevano tutto il ben di Dio; ma. pur troppo, il poi non corrispose all' aspettativa. Nei distretti di Pirano e di Capodistria, per esempio, il freddo fece appassire i piselli, e nel primo colse i fruttari per modo che delle frutta se n'ebbero assai poche. 11 frumento poi fallì, jsì può dire, dappertutto, e fu carbonato anche quel pochissimo che se ne ottenne. Quanto all' uva, non la sarebbe mancata in più luoghi, se i proprietari fossero stati meno negligenti a solferare, e meno ignoranti i coloni, e meno indifferenti quelli che saprebbero istruirli. E sì che l'uva è il prodotto principale della provincia, e non è coscienza lasciare che l'i-gnoranza affami quei poveri villani. La malattia, senza dubbio, fu quest'anno assai più intensa, sì che i più solerti solferatori non riuscirono a domarla intieramente. E, nuova sciagura, essa si manifestò anche nei distretti, che n'erano ondati esenti finora, come in quello di Pisino e nell'altro di Montona, devastato, per giunta, da orrenda gragnuola nelle sue parti meridionali. Che se a tutto questo si aggiunga la siccità, che rovinò i distretti di Parenzo, Rovigno e Pola, :il quadro complessivo di quest'annata è certo assai tristo. Due soli prodotti salvano da estrema indigenza: il grano turco e l'oliva, quello, peraltro, non in tutti i distretti, per l'arsura che rammentai, e questa non poco danneggiata dalle ultime ventate. Mi sembrò non inutile riassumere così le condizioni del raccolto, perchè la verità vuol essere conosciuta e da chi amministra e da chi è amministrato. E giacché ho messo questo foglietto di carta sotto la penna, vo' dirvi pure alcun che intorno alla nostra industria del sale, sì poco animata dalie basse limitazioni. Oltre la quantità confezionata per l'erario, le saline di Pirano ne produssero altre 200 mila centinaja nell'ultima stagione, e quelle di Capodistria 75 mila. Pirano inoltre tiene ancora 220 mila centinaja del sale vecchio. V' è dunque una quantità molto vistosa di sale bellissimo, che venduto all' estero darebbe di che rallegrarsi ai due comuni. Ma, sciaguratamete, non v'ha per la vendita prospettiva di sorta. A noi converrebbe e-.•> tire il nostro sale nel regno d'Italia, e particolarmente nel Veneto, ed è proprio là che, oggi, le speranze sono minori, e; usa il molto sale della salina di Barletta, rimasto in deposito, che si vuole esaurire. Se in appresso, come ne abbiamo lusinga, sarà aperta un' asta a Venezia, risorgeranno le probabilità di vendere le nostre partite, che nessuno meglio di noi può concorrere, per questa merce, su quel mercato. Per mare non abbiamo occasioni opportune, di che valerci a tradurre altrove il nostro prodotto, dacché Trieste è divenuta piazza di esportazione, e i navigli più non vi arrivano carichi per ritornarsene vuoti, ma tutto all'opposto, per torsi i grani e i legnami delle regioni del Danubio. Quello su cui principalmente conviene battere e ribattere si è il vantaggio che da un notevole ribasso del prezzo del sale verrebbe non meno all'erario che ai fabbricatori. Coli'attuale cifra pel sale bianco di f.ni 7:78 il centinajo, sarà sempre assai scarso il consumo, perchè negato alla povera mensa dei più. Non mancano statistiche a farci toccare con mano, che il mite prezzo del sale ne triplica il consumo in un decennio, e sopprime il contrabbando. Però è bene che da Pirano sia partita un'ottima petizione in questo senso, e, se cf vien fatto credere il vero, l'argomento sarebbe ora studiato con impegno al ministero delle finanze. 11 ribasso dovrebb'essere a fui 3, e sarebbe mestieri cessare ogni misturazione pel sale agrario, quando non se ne sappia trovare una che tolga di ridurlo a sale bianco. S'intende che il sale pegli oggetti industriali dovrebbe sempre essere venduto a soldi 60 il centinajo, e che quello per la salagione del pesce dovrebbe godere un miglior favore nel prezzo, almeno tale da parificarci alla Dalmazia. S'intenderà finalmente la verità? Facciamo voti che sì, perocché sacrificare la nostra industria alle intemperanti pretese del costosissimo sale di miniera non è giusto, nè equo. LETTERE MILANESI. Milano, ottobre. 11 22 di questo mese il Consiglio Cominunale della nostra città, convocato in adunanza straordinaria, s'lidi leggere il Decreto Reale, che ne ordina lo scioglimento, e si vide presentare il Commissario regio incaricato di dirigere l'amministrazione civica, fino a che siano compite le nuove elezioni. La cosa, siccome da lunga pezza aspellata e resa anzi urgente, non produsse alcuna impressione, se ne togliete la sodisfazione di vedere affrettata la fine della crisi, che da quattro mesi travaglia il nostro Commune. Del resto non è di ciò, che intendo oggi intrattenervi. Lo scioglimento del Consiglio cagionato dalle dimissioni, a cui fu costretta la Giunta Municipale, chiude il primo periodo della nuova vita communale a Milano, e poiché nessuno vorrà contestare che in questo primo periodo certo s'è fatto moltissimo, io, se voi me lo permettete, vorrei appunto accennarvi per sommi capi le riforme, che il Municipio di Milano attuò nelli otlo anni della sua esistenza, perchè panni che, fatte le debite proporzioni, molte cose ci siano, le quali potrebbero felicemente trovare imitazione in altri Municipi minori. Praecepla docent, exempla Iruhunl, dicevano i nostri vecchi, che conoscevano assai bene le tendenze dell' animo umano, e tale, che avrebbe riguardo di mostrarsi imitatore di un suo pari, si tiene invece onoralo quando l'esempio gli venga da un maggiore. Come vi dissi, la brevità necessaria di una lettera e l'ampiezza dell' argomento, che contrasta diametralmente colle proporzioni picciolelle del vostro giornale, non mi consentono oggi di addentrarmi, come vorrei, in alcuni delli argomenti, che verrò toccando: sarà però materia per altre mie corrispondenze, alle quali questa servirebbe quindi d'introduzione, o, come direbbe il vostro proto, di cappello. V' ho già accennalo nella precedente mia, che il Municipio di Milano all'epoca, in cui fu insediata la nuova amministrazione, trovavasi in condizioni tutt'altro che prospere. Un lungo marasma aveva fatto ristagnare la vita publica, e, mentre fuori d'Italia i progressi materiali, economici e morali rinnovavano faccia alle grandi ciltà, qui un mezzo secolo in circa trascorse senza lasciar quasi traccia di se. L" iniziatica privata aveva in molte cose supplito; ma i mezzi non rispondevano ai desidcrj e bene spesso altri ostacoli (li natura più delicata sì frapponevano a dilungare o sventare i migliori proposili. Cilecche ne sia insomma, quando il nuovo Municipio enfiò, sul principiare del 1860, alla direzione dei civici affari, ei si trovò davanti un vastissimo campo, ove la sua operosità avrebbe potuto largamente esercitarsi. Io non vi dirò delle opere publiche, che si progettarono tosto per aprire nuove e più comode vie al cresciuto movimento della città; di ciò discorsi quanto basta neir ultima mia. Insieme con queste però un altro argomento richiamò tosto 1' attenzione del Municipio, la istruzione popolare. Fin allora poche e mal dirette scuole distribuivano al popolo i primi rudimenti di cultura; maestri senza abilità, e mal pagali, locali piccoli, umidi, oscuri, sprovisli di materiale scientifico, queste erano le scuole popolari in Milano. Un'apposita commissione presieduta dal Tenca, ne imprese la riforma. Si cominciò con una generale epurazione del personale insegnante; si adottò come massima direttiva la esclusione in tesi generale dell' elemento ecclesiastico riconosciuto disadatto a cosifatte mansioni; si esigette che tulli si riassoggettassero a un' esame d'ammissione, si aumentarono li stipendj per modo che fornissero agio di vita decente; indi si ampliarono i locali di scuola, se ne eressero di nuovi nei quartieri più popolosi, si dotarono di suppellettili scientifiche; e per destare nei fanciulli una efficace emulazione si stabilì che nel giorno della lèsta nazionale verrebbero pubicamente distribuiti i premj ai migliori, e i premj furono anzi che scipiti libri, in cui il meglio era la legatura, libretti della Cassa di Risparmio, con che si venivano a gettare nelle menti fanciullesche le prime abitudini del risparmio e del lavoro. Per provedere che in avvenire le scuole non difettassero di abili insegnanti, si fondarono col concorso della Provincia due scuole magistrali, e vi si applicarono dolti professori. Si eresse a tutte spese del Commune una terza scuola tecnica in aggiunta alle due governative già esistenti, si contribuì alla erezione dell'Istituto tecnico, e gli si fabbricò appositamente un magnifico locale; si contribuì inoltre alla formazione dell'Istituto Tecnico Superiore diretto dall'illustre Brioscia, e che gode già fama e allira li studenti da ogni parte d'Italia. Si eresse una palestra ginnastica con spaziose sale e ampj cortili allo scopo di addestrare la crescente generazione nelli esercizj del corpo e si chiamarono appositi maestri; si alzò dalie fondamenta nel Corso di Porta Romana un grandioso palazzo sopra disegno dell'architetto Nazari per raccogliervi parecchie scuole. Il collegio Calchi - Taeggi, di patronato municipale, che verso il 1859 era caduto assai in basso per la negligenza, con cui i convittori erano istruiti e sorvegliati, venne riordinato su nuove basi e affidato a persoue sperimentate e sicure, e ora esso vede ogni anno crescere il numero de' suoi allievi e può dirsi un' istituto modello. E perchè anche la classe più bassa e le età jùù mature si vantaggiassero della nuova onda di vita, die doveva ridestare le forze latenti del paese, si apersero scuole serali, a cui in massa accorsero li operaj, si istituì una scuola popolare di musica e una di canto corale, e il popolo le predilige e vi trova poi una insperata fonte di guadagni, sia ne' teatri, sia nelle bande musicali. Si apersero delle sale di lettura gratuita, e si favorì la formazione di una Società per la diffusione delle Biblioteche popolari, si riordinò il Museo Civico di Storia naturale e si fondò il Museo' archeologico, si concorse con sussidj in denaro a favorire la diffusione dell' istruzione nelle campagne, a premiare i maestri diligenti, a promuovere la publicazione di buoni libri d'insegnamento. Tutto ciò portò naturalmente un'aumento di spese, e infatti, il bilancio communa-le, che nel 1860 segnava I. 184 mila per l'istruzione publica, ora ne porta invece oltre mezzo millione; ma li scolari, che nel 1860 frequentavano le scuolo communali in numero di sei mila, ora son cresciuti a quasi quattordici mila, oltre 9 mila altri, che ricevono l'istruzione in privati istituti. E la spinta dala dalla città si ripercosse anche nella campagna circostante, ad opera specialmente di zelanti cittadini, e la provincia intiera nelle tavole statistiche publicate due anni fa da! Governo figurava seconda alla sola Torino pel piccolo numero delli analfabeti, e questa proporzione forse è già ora mutata in meglio, e lo sarà certamente entro pochi anni, in cui i semi ora così generosamente gettati daranno frutto di opere e di ricchezza. Un'altro argomento, a cui la rappresentanza municipale rivolse fin dai primordj la propria attenzione, fu quello del miglioramento delle classi operaje. Per suo impulso venne nel 1861 costituita una società e-dificatrice di case operaje, e in uno de'più salubri quartieri della città sorgono ora in lunghe file le case, in cui Poperajo e la sua famiglia trovano per tenue prezzo alloggio, aria, luce, acqua. Trecento di coleste famiglie godono già il vantaggio dell'abitazione sana a buon mercato, e. un'asilo infantile appositamente eretto accoglie i loro bambini, e publici lavatoj e piazze e verdi tapcti erbosi allegrano il loro soggiorno. Fra i progetti, che la crisi improvidainente suscitata troncò a mezzo, c'era anche quello di un publico stabilimento di bagni, a cui forse penseranno ora i successori. Poiché l'associazione è il vero e unico modo, con cui i deboli possono far fronte ai bisogni, che da soli non saprebbero superare, il Municipio favorì quanto più potè la formazione delle Società di mutuo soccorso, delle istituzioni di previdenza, delle associazioni cooperative, della Banca Popolare, istituzioni tutte, che ora fioriscono e diffondono benessere e moralità nel popolo. La beneficenza non rimase estranea a'suoi propositi. Riordinali, a termini della legge sulle Opere Pie, i moltissimi istituti di beneficenza, onde la capitale lombarda va giustamente superba, il Municipio, nello intendimento di sradicare affatto la perniciosa abitudine dell'accattonaggio, ebbe l'ardimento di fondare ex novo un Ricovero di mendicità; e poiché i mezzi gli mancavano per dotarlo sufficientemente, ricorse alla carità publica e seppe destramente solleticarla, ora con un Carrosello al Teatro della Scala, ora con una Fiera di beneficenza, ora con feste ecc. Ai feriti delle Cinque giornate e alle loro famiglie povere venne assegnata una pensione annua a carico dell'erario civico, e altrettanto si fece per quelli delle guerre posteriori. Le pompe funebri vennero regolale, secondo norme più consentanee ai tempi e ricondotte a civile dignità; e un Cimitero Monumentale unico sostituito sopra grandioso disegno ai molti e poco decenti /opponi. L'aspetto esterno della città fu, si può dir, rinnovato sotto l'assidua opera del Municipio. Istituito un corpo di vigili municipali, a guisa dei policemen inglesi, la pulizia stradale venne fatta rigorosamente osservare, le vetture publiche assoggettate a severe prescri- zioni, un grande macello publìco cretto invece dei molti e luridi ammazzaloj, che deturpavano, e talvolta con pericolo, le vie più popolose, la vuotatura dei pozzi neri eseguita con un sistema inodoro e più spedilo ed economico, la illuminazione a gas accresciuta di un terzo, senza che al Gommone ne aumentasse la spesa. Tutto questo movimento, tutte queste riforme, queste rinnovazioni recarono naturalmente, congiunte colle grosse spese per la riedificazione del quartiere centrale, un'aumento considerevole nei dispcndj: il debito dei Commime si accrebbe di 24 millioni, e le tasse com-munali eguagliarono quasi le governative. Nè ciò deve sorprendere; ma vuoisi altresì notare, che, grazie a ingegnose combinazioni finanziarie, si ottenne cosa doppiamente mirabile pei tempi, che corrono, cioè che le somme accattale si ebbero al modico interesse del So/y, e che 15 dei nuovi millioni di debito si estingueranno gradatamente nel corso di 45 anni verso la sola annualità del 5%, per cui i tigli nostri e i figli dei nostri ligli poco o niun'aggravio risentiranno in compenso di tanti miglioramenti, che essi specialmente potranno per queste riforme godere. E d'altra parte, se crebbero le gravezze, crebbe insieme la publica prosperità, per modo che l'aliquota dell'imposta, malgrado tante spese, rimase press'apoco la medesima di otto anni fa. £ la popolazione, che secondo il censimento del 1861 contava, compreso il Commune dei Corpi Santi, 256 mila abitanti, ora ne novera 275 mila; li alberghi, i caffè, le trattorie, le osterie triplicarono di numero; il consumo delle materie alimentari di non assoluta necessità aumentò sensibilmente, i negozj si rivestirono di maggior lusso, le rendite notificate accrebbero di parecchi millioni, e la Cassa di Risparmio ricevette per 24 millioni di deposili. Indizj tulli cotesti che la nuova vita, il nuovo movimento recarono qui e provocarono in questa alacre e svegliala popolazione una tal copia di lavoro e di guadagni, da compensare largamente le maggiori spese cagionale dalli abbellimenti e dalle riforme operate, che fecero di Milano la capitale morale d'Italia e del suo Municipio un Municipio modello. BIBLIOGK AFIÀ- aemanacchi. Non torcano- il muso li schizzinosi: anche da un' almanacco si può imparar molto, specialmente quando s'ignora molto. Li almanacchi, quelli, che intendiamo noi, sono libretti utilissimi clic spezzano, sminuzzolano, per cosi dire, la scienza e la accostano ai palati volgari, mentre servono insieme a ridestare la memoria delle cose già apprese iu chi ha studiato e a tener desta la curiosila scientifica. Li almanacchi hanno talvolta dei propositi civili e sanno vestirli di forine popolari e simpatiche, testimonio il Nipote del festa ferde. «he- nella storia dell' ultimo decennio non andrà dimenticato, e la nostra Porta Orientale, che in proporzioni più modeste attese, forse 11011 inutilmente, allo stesso scopo. Li almanacchi adunque possono essere qualcosa più che mia litania di santi e un' elènco di fasi lunari, e quando ci si vede lo sco- po dell' istruzione è dovere additarli a chi ha voffìa d apprendere e favorirne la diffusione, perchè è anche cotesto un modo di favorire la diffusione della civiltà, a cui, a parole almeno, tendiamo tutti. ÌSi è perciò clic noi segnaliamo e»i» vivo piacere un' almanacco uscito testé a Milano dal Brigola, e che s'intitola Almanacco Agrario. i>'' è autore il Prof. Gaetano Cantoni, quello slesso, che compilava nelli anni passati 1' Amico del Contadino, di cui crediamo che molti ancora si ricordino nella nostra provincia : e ciò solo dovrebbe bastare a raccomandarlo. Il Prof. Cantoni, uno de' pochissimi, che Ira noi sappiano degnamente apprezzare I" agricoltura e la coltivino con quel-1 amore e quell'assiduità, che inerita la prima fra tutte quante le scienze, non crede umiliarsi scendendo dalla catedra, ove detta splendide lezioni, e svolgendo in pochi capitoletti seritti alla buona alcune principali massime, clic li agricoltori dovrebbero aver sempre alla mente 5 ci sarà chi creda rimetterci del suo nel leggerle 1 II Cantoni segue il sistema del Mantegazza, snu» collega, che riscosse tanto plauso col suo Almanacco Igienico, del quale vedremo fra breve la terza annata, che tratterà dell' igiene delti organi del respiro ; egli scrive tu modo facile e piacevole, e anche chi nou sia intinto d'agronomia lo legge eoa sodisfazione. Noi, del resto, non vogliamo qui dilungarci a mostrare che se v" ha provincia italiana, la quale abbia d'uopo di ritemprare ai più sani principj della scienza la sua a-grieo.tura, quest e appunto la nostra. E un' argomento, die sanguina, e sul quale crediamo non v* abbia diversità