ANNO XXI. Capodistria, 1 Settembre 1887. N. 17. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esca il 1* ed il 16 d'ogni mei». ASSOCIAZIONE per un anno fior. S; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti li ricevono presto 1» Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati CATERINA PERCOTO COMMEMORAZIONE I giornali hanno annunziato la morte della contessa Caterina Percoto. Per la sua dipartita si diradano le fila di quell'illustre compagnia di donne dello stampo antico, che senza pretese, senza strepiti, con le virtù domestiche e con gli scritti educarono il popolo all' amore d' Italia. Ma nessuna forse per la modestia della vita, per la solitudine in cai visse e per altre circostanze più merita di ^essere dalla stampa rammentata alla presente generazione, troppo facile a dimenticare il merito vero nel frastuono del carnevale presente, e nel vociare di nomi di fama scroccata. Maggior poi quest' obbligo per noi Triestini ed Istriani, che l'abbiamo conosciuta da vicino, ed avuto occasione di apprezzarne le virtù. La Percoto nacque da nobile famiglia in San Lorenzo di Soleschiano, frazione del comune di Manzano nella provincia del Friuli, ed ebbe la prima educazione, come usavasi allora, in un con-rento, credo a Cividale. Gli studi poi allargò da sè. e un po' anche con l'aiuto di un valente professore da Udine. La prima occasione a scrivere e a farsi conoscere le fu data dall' illustre poeta Francesco Dall'Ongaro, il quale intorno al 1840 dirigeva a Trieste il giornale letterario La Favilla. Conoscitrice delle lingue classiche ed erudita, mandò prima articoli letterari e critiche. Ma il poeta a-spettava ben altro da lei, e perciò le rispose: — Vuole un consiglio amichevole? Lasci stare per un breve intervallo la filologia, le traduzioni e le critiche, scenda nel suo cuore ... e mi dia qualche frutto della sua meditazione intima." Così il poeta indovinò nella giovinetta la narratrice, e la mise sulla buona via. Frutto dell'ottimo consiglio furono due novelle, un tentativo, e subito dopo — Lis Vidulis — bozzetto della Carnia che la rivelò narratrice potente. La Favilla fu spenta poi, rimase la fiamma destata, e ad alimentarla vieppiù, la Percoto continuò a scrivere in varii giornali, e specialmente nella Ricamatrice dell' ottimo compianto Lamnugnani a Milano, giornale allora di moda per le signore come La Margherita oggi. Le sue novelle furono poi raccolte in due volumi, e pubblicate a Genova coi tipi dei Sordomuti. Altro volume di ramìnti per fanciulli stampò pochi anni or sono il Carrara da Milano, che fece pure una ristampa de' migliori racconti. Per conoscere in quali condizioni si trovino gli scrittori (pochi eccettuati che sacrificano al vitello d'oro, o meglio alla giovenca grassa, idolo del giorno) basterà sapere che la Percoto cedendo la proprietà di tutte le sue novelle al Carrara, intascò quattrocento lire ! E tutti questi racconti e-ducarono la generazione che sta per sparire, ed anche oggi si leggono con diletto da tutti quelli, che non ammirano solo il nuovo, perchè nuovo. Chi non ha pianto con Reginetta, chi non ha meditato sul caso di Prete Poco, breve ma stupenda novella che un noto educatore di Milano, scrittore e poeta anche lui. non dubitava di proporre a modello di stile alle sue allieve, e di raffrontare, salve le debite proporzioni col Caino del Byron ? E per vero la Percoto come donna conosce le vie del cuore, ma non si lascia mai sedurre da una morbosa sensibilità. I suoi personaggi hanno sempre del maschio, del vigoroso; le sue contadine non patiscono di nevrosi ; il suo stile è forte come aveva forte la fibra e la persona. Ben si potrebbe dire di lei, come Napoleone di sua madre che „fu t.na testa di uomo sopra in? corpo di donna." Se dopo la lettura di un suo racconto ci sentiamo compresi da una dolce malinconia e dal desiderio del bene, dobbiamo anche riconoscere che non con le vaporose aspirazioni del romanticismo allora di moda, non con la Sehnsucht, ottenne la scrittrice il suo intento, ma con una fede schietta e viva nel bene e in una sorte migliore dell' umanità. - Non sognò perciò perfezioni, ideali, non creò personaggi impossibili, ma coi loro difetti ci mostrò il lato buono degli uomini, e se ne servì come di mezzo educatore. Veggasi per esempio il tipo felicissimo di Sa-tanelìa nell' Amore che educa, e il racconto Le due .cognate. E se frequenti sono gli esempi del bene, ricordiamo che la Percoto visse sempre tra buona ed umile gente in remota campagna, lontana dai grandi centri corruttori. Perciò il Tommaseo che la stimò assai, si felicitava con lei di aver avuto occasione di conoscere la vita campagnola, e di tradurla in arte. La sua di fatti non è arte arcadica e convenzionale, appunto perciò che visse sempre in campagna ; non è una reazione, è vita oggettiva senza i rimpianti del Tasso che tra i pastori d' Erminia rammentava le arti delle inique corti. Le descrizioni della natura sono vive, fresche nella Percoto e colte dal vero. I colli beati di Butrio si disegnano nel fondo; le acque della Torre e del ladri mormorano tra la bianca ghiaja; si sente la freschezza delle larghe praterie, sventolate, lucide al sole. La quiete, l'uniformità dell'ampia campagna, la nota malinconica, sono rappresentate dallo stile piano, dal periodare eguale, senza svolte e serpeggiamenti classici : maestra in ciò dello stile moderno, che non è poi una così grande novità come credono alcuni. Se i racconti della Percoto sono ammirabili per le doti dello stile, e per la conoscenza, del cuore umano, per la delicatezza del sentimento e lo scopo educativo, non così dal lato della lingua. Troppo spesso foggiò vocaboli a capriccio, togliendoli dal suo friulano ; peggio quando risciacquò i suoi panni in Arno, e diventò troppo fiorentina. Ma le sono pedanterie oggi : i suoi barbarismi friulani, barbarismi di casa nostra, sono giojelli in confronto di certa roba anglo-franca-tedesca-tnrca, con cui le signore scrittrici della così detta buona società a-dornano la loro bottega di letteratura internazionale. Ed ora tocchiamo delle sue private virtù. Dalle particolari condizioni di famiglia, e forse per non aver potuto appagare da giovinetta i desideri del cuore, condannata a non formarsi una famiglia sua, visse sempre beneficando i numerosi nipoti, rispettata da tutti, sempre signora di sè, sempre donna. Di costumi semplici, senza atteggiarsi mai a lette- rata, maravigliava molte nuove amiche e ammiratrici venute a visitarla per aver lezioni di alta letteratura con pose relative. La buona e semplice Percoto seppe 'sciogliere un grande problema, e fu letterata e scrittrice senza posare mai, senza lo strafare e le- petulanza- "del genioj senza la smania di un' emancipazione, che è, ahi troppo di frequente ! l'emancipazione del vizio, sia pur mascherato con altri nomi. Costante nei nobili e puri affetti ebbe carissimi il Dall' Ongaro, il Valussi, il Tommaseo, il poeta friulano Pieri Zurut, il Fanti e qualche altro che ogni tanto venivano a confortarla nella solitudine. Ma i futuri biografi di questa donna egregia non dovranno dimenticarne due specialmente : il farmacista Iacopo Serravallo da Trieste e don Pietro Spizzi cappellano di Soleschiano. Il primo ikon solo le. fu amico, ma mecenate ; e a lei che dai benefizi non uvea che spine raccolte, venne in aiuto con quella liberalità che è dote del ricco triestino. Ed è per inerito di lui, che la povera contessa potè vivere tranquilla gli. ultimi anni in una modesta agiatezza. L' altro vecchio venerabile, più che amico, le fu per molti anni fratello. In casa della contessa tutti, per la semplicità dei modi e del cuore lo chiamavamo il Patriarca. E quanta semplicità in quella casa! Riveggo sempre il modesto tinello, il Napoleone (li gesso, con al luogo della testa rotta uu rustico cappello di paglia, e risento ancora nell'orecchio i motti, le arguzie con la comicità tutta friulana della buona Caterina. Là passò tranquilla i suoi giorni migliori tra il 1860 e il 1870 tra i libri e gli scelti amici, schivando la compagnia di nobili villeggianti vicini, non per selvatichezza, ma perchè vi si diceva corna di Vittorio, e si recitavano rosari secondo l'intenzione di Pio IX. Chi poi meglio desidera conoscere in quanta stima la Percoto fosse tenuta dai nostri letterati, legga VEpistolario scelto di Francesco Dall' Ongaro pubblicato dal De Guberuatis (Firenze, Tipografia editrice, 1875) e dedicato alla Contessa Percoto,' e nel quale molte affettuose lettere del Dall'Ongaro alla Percoto e viceversa. Ma si dirà: Altri tempi, altri bisogni oggi, altri ideali! E sia; avanti pure, ila non tanto, fino a rompere la testa in un cattivo muro. E le donne specialmente rammentino, che non vi ha moda, non mal gusto che possa giustificare un passo di là da una certa linea. La Percoto non la varcò mai ; e un giorno tra irata e ridente mi diceva: „Piuttosto di scrivere così io spezzo la penna." E pronunziando queste parole le scintillavano gli occhi come nei tempi più belli. Possano pel bene del nostro paese, le nuove scrittrici, le duchesse e contesse più o peno autentiche, rammentare sempre gli scritti e gli esempi di Caterina Perento. £,r i) p y Aggiungiamo qui ancora di questa illustre donna, ch'ebbe corrispondenza di affetti e di studi con parecchi nostri istriani, quanto dice P egregio Federico Comelli nel „Corriere di Gorizia,'- perchè è importante conoscere nella vita di una scrittrice tutti quelli ch'ebbero parte nella sua educazione. E perciò ci compiacciamo di far conoscere anche nel nostro periodico il nome venerato del prete Pietro Cornei, parroco di San Lorenzo, che nella giovinetta friulana preconizzò la futura pittrice del vero verismo, anzi fu egli stesso che la iniziò sulla via. da lei percorsa poi con tanto onore. „Souo degli anni parecchi che la scrittrice era scomparsa dalla memoria de' suoi contemporanei e lo scomparire oggi della donna affettuosa e pia che lasciò tutta sè stessa ne* buoni suoi libri e che, se gli uomini fossero più teneri della virtù del cuore, non dovrebb'essere dimenticata mai: lo sparire di questa donna fa rivivere per un momento la scrittrice dimenticata. E tanto era dimenticata, che molti di coloro che ue scrivono in questo momento, evidentemente non lessero i suoi libri mai, e molti ignorano dov" ella nacque, dove visse, e dov' è morta. ') Così va il mondo, bimba mia: e così non è a stupirsi che nessuno, accanto al nome di questa scrittrice faccia sorgere il nome modesto d'un modesto prete di campagna, che l'aveva educata. Quelli che la credono vissuta e morta in mezzo a quel gran centro di lavoro e d'intelligenza eh' è la ricca e dotta capitale della Lombardia, non si figurano ch'esistano in quest'ultimo lembo d'Italia un paesello povero e solitario che si chiama San Lorenzo di Sole-schiano. Essi non indovinano che per tutta cornice di quell'ambiente senza nome e senza colore, poche centinaia di agricoltori sudino la vita uniforme, eguale, monotona della stalla e de' campi. Non si figurano che tra quella gente povera e rozza possa essere nata e cresciuta e vissuta e morta una scrittrice valente che seppe far piangere. Come mai questo fiore isolato, così splendido e così olezzante, poteva sorgere e vivere e tramontar così solo? Come così lontano dai soli brillanti, dalle cocenti emanazioni della vita, che sono i gran centri ove tutto si prova, ove tutto s'impara? Chi potrebbe immaginare la Neera, la marchesa Colombi, la contessa Lara, la Giselda Rapisardi, la Matilde Serao vegetanti a San Lorenzo di Soleschiano ? 11 miracolo di suscitare quella vita, d'intuire sentimenti che non si potevano provare, passioni che non si potevano sentire, fatti che non si potevano rivivere; il miracolo di avviare alle grandi aspirazioni una mente : ') In Istria parecchie cittadelle conservano carissima memoria di Caterina Percoto, e vi si leggono i suoi l'acconti perchè tra gli scritti più utili «fella nostra letteratura. N. d. R. che parea destinata a concentrarsi tra il focolare e il pollaio, tra il bucato ed il campicello prediletto ; il miracolo di educarla ai tesori della lingua, alle forme elette dello stile, ai colori della passione, agli entusiasmi che pigliano forma nella parola, alle squisitezze del cuore che si traducono nell'onda morbida e carezzevole del periodo; questo miracolo non lo fece ma lo iniziò, 10 colse in germe un povero prete, quel don Pietro Cornei, il cui nome è un'ingratitudine scompagnarlo oggi da quello della contessa Caterina Percoto. Fu un uomo dabbene, che scomparve ignorato, che tra i poveri cittadini di San Lorenzo non lasciò che un retaggio : il bel boschetto che difende le loro terre ùalle irruenze del vicino torrente. Ma a noi lasciò la più a-mabile delle scrittrici fino all' altrieri vivente. Non è giustizia nè onestà dimenticarlo. E io risuscito questo nome, corno se fossi certo d'indovinare un affettuoso pensiero della povera morta. Egli viveva in quel povero paese tra la chiesa e la casa ospitale che l'aveva accolto. E insegnava quasi a compitare ai bambini di quella buona famiglia. Nei lampi ingenui ma di vivida luce della giovane Caterina intravide un ingegno che balenava. E ci dedicò, con affetto d'anima orgogliosa della sua scoperta (o della sua speranza), tutt' i suoi pensieri, tutte le sue cure vigili, pertinaci, insistenti. Fioriva la scuola manzoniana, ed erano manzoniani 11 sentire ed il gusto di don Pietro. Così, per indole e per educazione, furono manzoniani il gusto e il sentire della giovane allieva. Non poteva non essere anche timida, incerta di quanto valesse, diffidente, poco meno che scontrosa. Fu. panni, nel quarantaquattro che il prete Cornei, a insaputa, dapprima, della scrittrice ancora ignorata, mandò alla Favilla il primo racconto di lei: erano Li» Cidulis. Dall' Ongaro ne restò affascinato. Volle conoscerla, l'incoraggiò ; ella acquistò fidanza. La festeggiarono Somma, Facbinetti, Fanti (il buon Fanti), D'Oplanig, Besenghi '), fazzoletti, Zecchini, ormai morti tutti. 1 suoi lavori si moltiplicarono, e tutte le ambizioni del povero prete ebbero il premio che vagheggiavano : la celebrità d' un nome che aveva così bene risposto alle sue vigili cure e alle sue speranze. Pochi scrittori sentirono più affettuosamente di lei, pochissimi maneggiarono un periodo più rapido e insieme più armonioso del suo. Vidi qualche toscano rizzare un po' il naso a qualche modo, a qualche frase che per loro sentiva, come dicevan. del barbaro. Che importa? Chi sapeva parlare al cuore e rendere le voci del cuore come Caterina Percoto? kMa è mia!, grida quella povera contadina nella Coltrice nuziale, e ti fa fremere più che le pagine più elaborate di Zola. E un' altra Reginetta nessuno la scrisse e nessuno la scriverà mai. Circondata di poverelli eh' erano pur grati a' suoi beneficiò essa li credette buoni, affettuosi, sinceri, quegli esseri nutriti d'ingiustizia, di miseria, di fatiche, di privazioni, di rancori ; e li rese ne' suoi libri come li vedea nel suo cuore. Si è dunque agli antipodi del lirismo. Ma che importa anche questo, se ce li fa amare di più, e stimare e compiangere quo' poveri diseredati ? ') Ed altri istriani tra cui : Carlo Combi. Antonio Madonizza, Giampaolo Polesini, Tomaso Luciani, e lo stesso prof. I Paolo Tedeschi. N. d. R. 11 Tommaseo la disse la Sand dell'Italia. Nulla di meuo esatto. Ma il Tommaseo si piaceva de' bisticci nelle cose come nelle parole : chi non rammenta la ricchezza povera del suo paese, e le peccatrici onorate, e, circa la Sand, qualche cosa di svestito che non vuo' ridire ? La Pereoto invece fa riscontro in Italia alla Beecher Stowe. così nel concetto, come ne' difetti e ne' pregii : e se P americana la supera in una cosa è solo nella grandiosità del soggetto. — Anche la Pereoto anticipò molte cose. Come nel *Diable aux champs, la Sand precorse ampiamente ai futuri veristi, così la Pereoto li adombrò nel Prete Poco, facendo forse indovinare ciò che iu un altro ambiente e una generazione più tardi avrebbe potuto fare su quel campo ancora vergine, e ormai già mietuto tiuo alla devastazione. Così qualche impeto che vorrebb' essere frenato e non può, qualche risentimento (nella sghiarnete, per esempio) temprato a stento da una soavità pura e serena, da un inconscio e improvviso candore che rivelano nella scrittrice la donna, l'avvicinano qualche volta a Salvatore Farina, prima che Farina scrivesse le sue meravigliose novelle. E nella forma preluse con lo splendore — come nel Marco Craglie-vich — alle pagine più colorite di Edmondo De Amicis, meno P abbondanza di lui, P abbondanza, dico, della quale essa nou ha mai peccato. La prima volta eh' io avvicinai la Pereoto fu nel quarantanove. " Ci vogliono torre la famiglia, disse, restituendo a uu amico non so che libro francese ; e sentii stridere i suoi bei denti in modo da non dimenticarli mai più. La vidi a Firenze P ultima volta. Ora sento che fu sepolta accauto a Zorut. Strana cosa co' miei paralleli ! Venticinque anni fa ero stato il primo (e pria d'oggi forse il solo) ad accoppiar que' due nomi: nella Rivista contemporanea io pubblicavo '11 Friuli e il suo popolo ; Pietro Zorut e la contessa Caterina Pereoto,. Oggi dormono insieme. Vi è dunque una parentela che unisce gì' ingegni come si uniscono i cuori '{ Ebbene ; se è così, accostiamo, almeno con la memoria, anche questi due nomi : il nome di Caterina Pereoto e quello del suo padre intellettuale che ho rammentato più sopra. Seuza questo mio desiderio, don Pietro Cornei sarebbe rimasto dimenticato nel solitario cimitero di Soleschiano : non ostante queste poche righe sarà ridimenticato domani, com'era ieri, come fu sempre. È giustizia ? Sarà ! Eppure io credo che queste dimenticanze non ci dovrebbero essere." La salma di Caterina Pereoto venne deposta il 17 agosto nel cimitero monumentale di Udine a cura di quel Comune. L'Accademia della stessa città, ch'ebbe a socia onoraria la compianta defunta, invitò i suoi membri a prendere parte ai funerali, che riuscirono imponenti per concorso di alti funzionari e di ogni ceto di persone. Ecco ora uu elenco di alcuni suoi scritti: Memorie di collegio. Tra i primi suoi lavori. Alla luna. Udine, 1840, tip. Vendrame. Lis Cidulis. Trieste, 1845. Racconto tratto dalla Storia sacra. Udine, Murerò, 1840. — Racconti, Genova, 1863. Volumi due. Una pagina della mia futura biografia, Trieste, 1808, Lloyd. Nuovi racconti illustrati, Milano, liecchiedei, 1877 La matrigna. Udine, Seitz, 1881. Chi era Roberto, racconto, Udine, tipografia del Patronato, 1884. I fumi di Norina, racconto, Milano, 1884. II sold dal Signor nel volume del Manzini — La pellagra e i forni rurali. DOCUMENTI relativi al processo di P. Paolo Vergerlo di Capodistria Furono pubblicati in appendice allo scritto di L. A. Ferrai intitolato II processo di Pier' Paolo Vergerlo, ut\Y Arcliioio storico italiano di G. P. Vieusseux, ora continuato a cura della E. deputazione di storia patria per le provincie della Toscana, delle Marche e dell' Umbria. — Intorno a questo celebre processo vedasi quauto fu stampato nel nostro periodico dal prof. P. Tedeschi, an. XIX, n.i 11, 12, 14, 1G, 19, 20, 23, 24 e da A. Tommasich, an. XX, n.i 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 14, 17, 20, 21, 22. Avvertiamo che il primo documento, cioè la lettera 10 marzo 1545 del Guardiano di S. Auna in Capodistria, fu già pubblicata in questo periodico, an. XX, n. 13 per cui principiamo col secondo. II. (Arch. di Venezia, S. Uffizio, busta n. 2) Paulus pp. 111. Venerabiles fratres, salutem et apostolicam bene-ditionem. Mittimus frateruitati vestrae Motum proprium praeseutibus introclusum manu dilecti tilii nostri B. car-dinalis Guidicioni iu praeseutia nostra siguatum, volumus et vobis committimus ac maudamus ut ad eiusdem mo-tuproprii exeeutionem procedati» iuxta eius continentiam et signaturam — Datum Maliaui Portuensis Diocesi* sub auuulo piscatoris. Die XXVIII Martii MDXXXXVI, pontifìcatus nostri anuo duodecimo. Nic. Melchior. Venerabilibus fratribus Ioanni de la Casa Archepo Beneventano in civitate Venetiarum nostro et Sedis Apostolicae Nuntio, et Patriarchae Aquilegiensi. III. (Ibidem). Citetur Rev.us d. Episcopus Iustiuopolitanus prò die Iovis proxima ventura coram Reverendissimis Domi-nis subdelegatis bora Vesperorum in circa in palacio R.i Dom.i Legati Apostolici ad respondendum Inquisi-tioni formatae per R.mum Ioannem Mariam Bucellum procuratorem fiscalem loco procuratoris fìscalis S.i dora.i nostri papae et Sanctae Sedis Apostolicae, et hoc da -voi tinta te praedictorum R.um d.um Iudicum subdele-gatorum. Pbr. Barth.us a Capello not.us voc.us IV. (Mantova, ardi. Gonzaga. Carteggio del card. Ercole) Ill.mo et R.mo S.or Heri sera dalle Ave Marie il S.or Card, di Trento mi fece chiamar in castello, et tino ad una hora et meggio ragionassimo noi due in camera, poi solo io .andai ad un tavoliu con sua S. R.ma et poi durarono li raggionamenti tino alle V hore passate. Di uovo in publicis vi è che m'ha mostrato di mano del S.ro Ztian de Vegga che l'Imp.or ha scritto di voler che il concilio si faccia iu ogni modo, et che tiene che-lo Spo S.to lo habbia principiato et non li vole mancare. Sua M.ta (come m'ha mostrato che scrive M.or di Arras) alli XX di questo vole esser in Ratisbona dove il colloquio è cominciato, et Code vostro è uno di collocutori. Era qui sparsa fama heri che vi venivano quattro Card, di Pranza con XII Vesc. et ne fu scritto al prefato .or Card., ma fu fatta come io vidi in littere di Frauzesi li quali nel principio d'Aprile aspettano certo tre oratori et Xll prelati, tra i quali vi è Wigh, Mon-polier, Castellarne, et quel che ha ha scritto : de re vestiaria et de navibus, non mi soviene il nome. Tra gli oratori vi è il Danesio, quel dotto dotto ; io li conosco più della metà et ne sono di buonissime pezze. Qui dico una nova secreta, et non picciola, che vi è speranza che il S.or Card, mio di Ferrara v' habbia a venir, certo è che la si negotia. Che homo sei tu ? (dirà V. S. R.ma) ti vedo per-' seguitato, afflitto et attrito, et audiora attendi a nove, dove solo di casi tuoi dovresti parlare! Signore, chi ha con lui Christo nelle persecutioni, af'fìittioni, attritioui, non si perde et non si coufonde ; troppo gran maestro è colui a sostentarci, troppo dolce a mitigar le passioni die dà il mondo. E gran cosa veder per fede che siamo figliuoli di Dio, et che quando bene gli assalti del mondo et del diavolo ci harran tolto la robba, l'houor mondano, la vita, non ci si può tuor Christo, il quale è con noi nelle tribulationi et ce le adolcisse et ci tiene sempre aviati là sù dove l'arme contrarie non hanno a fare. Io per me, S.or, sto lieto et consolato, o admesso (perchè anchora ciò si negotia) o non admesso che io habbi ad esser al Concilio. Son admesso, bontà del mio patrono eterno, nél thesoro"(fella fede, questo io mi goderò che è prezioso, le altre sono baie. Torno alle nove. Avant' heri il Cardinale fece nozze d' una sua honorata gentildonna, invitò de Vesc., ne fece ballar parrecchi fino Feltre. Monte et Polo se l'hanno passata da buoni compagni, Santa Croce ha esclamato, et il Card, gli è addosso, et dico con contentini acre; ad ogni modo sarà scandalo che s1 habbia dire che i Vescovi di Feltre (sic) vecchi padri del Concilio habbi-no saltato o ballato, ma però sono baie, se ne è scritto a Roma, che io lo so. Questo Cardiual insomma fa professione di esser un gran servitor di V. S. 111.ma et ne parla coipe d'un Papa buono et honoratissimamente. Quella lo ha da a-niare. Fra due giorni ha da mandare alcuni suoi mulli a Mautua per portar quà due botte del vin istriano che a S. S. 111.ma ho donato. La vostra ne hebbe due, si lassi riposar un poco, et anche che il freddo passi, et sarà una bevanda rara et da Granvelli et da Re. Io ne sarò ogni anno Livellarlo a V. S. R.ma Il prelibato S.or Card, m'ha detto che i.o scriva a Quella che mandi quà la iustitutione della confraternita della Misericordia, che la vuol subito far nel suo dominio. A me sarà favor grande che quando la gli scrive, la dicesse iu fondo della lettera di sua mano due parole tali: "Il Vergerio mi è un gran servitore ecc.,. Se Santa Croce non fosse, io qui harrei ciò che io voglio, ma esso me la fa alla spiegata et è voluntà di Dio, lasciamo pur fare a lui. Dico che arrabbiato mi si mostra, etm'a detto in faccia: ti par bene haver tolto a perseguitar San Zorzi et San Christophoro 'ì Perchè questo è il primo articolo che mi è opposto. Ho detto io che sono due belle allegorie che grandemente sono piacciute a Trento quando P ho dette, et che è stato Papa Paulo che ha detto nel breve del novo breviario che quelle due non sono historie recette, perchè ha ap-probato che sia levato via ciò che San Georgio havea di proprio, et che in tutto sia stata anche levata la men-tion di San Cnristophoro, che era nel vecchio et è scritto nella prefatione, quella che fè l'altro Cardinal S.ta Croce. Da questo breviario leviamo via tutto ciò che nou è autentico. Ma questo altro Santa Croce non ne è capace. Trento voi scriver a Roma che a lui non pare che a questo tempo io habbia d' andar per Venetia, et che fra tanto io babbi patientia ; hoggi la de' consultar col Polo, et farò ciò che vorano. Verissimo fu, S.ore, che fui costrettissimo, vedendomi repudiato, fatto star iu casa, minacciato di attaccarmi alla tavola che mi attaccai. Ma sarà volunta di Dio, lasciamo far a lui. Su-plico V. S R.ma che mi perdoni se fo troppo quasi il compagno, dove io li sono minimissimo servitor, iu scriver cosi profusamente d' ogni cosa ; è la bontà vostra che me ne dà contìdentia et la medesima mi dà anche ardir di pregarla che la preghi il S.or per me. Humilmente mi race.do alla vostra buona gratia. Di Trento alli V di Marzo 1546. S.tor Verg. Vesc. Allo Ill.mo et R.mo Mons. Mons. Il Card, di Mantoa. (Continua) Spettabile direzione, Continuo la mia piccola raccolta di notizie storiche relative a Cittanova, ed invio per adesso que' documenti che ho potuto copiare uel nostro archivio comunale, e che non ho trovato pubblicati da alcuno, nemmeno dal tanto benemerito Kaudler. Moltissime sono le ducali che vi trovai, la più parte iu latino e di grande interesse per la storia generale dell' Istria. Ritraggo fra molte cose da esse, come, per esempio, nel 15(38 si trovassero in Dalmazia, nella città di Zara, quattrocento militi dell' Istria e come ve ne fossero anche di Cittanova, Verte-neglio (Ortonegro) e Torre, però in numero esiguo. Oltre mezzo secolo più avanti, cioè nel 1499, questa cittadella era afflitta da gravissima carestia, per cui ehiese al capitano generale di mare M. Trevisan il permesso di portarsi nella Puglia oppure nella Morea per l'acquisto di cinquecento staja di finimento, e di poter condurre per i bisogni del commercio cinquecento tavole di abete dalle isole del Quarnero e dal Friuli. Deduco perciò che anche gli abitanti di CittanOva erano attivi e industriosi, non estranei al commercio e alla navigazione. Ciò pure si vede in altri documenti del secolo XVI, i quali accennano all'esportazione di olio, vino, legna, pietre da costruzione in altre provincie d'Italia. E ritornando alla carestia e alla conseguente miseria cbe colpirono Cittanova nel 1499, credo di non sbagliare se ne accagiono le continue scorrerie turchescbe per i nostri paesi, a reprimere le quali furono inviati nel Friuli il dì 8 luglio dell' anno stesso anche quindici cittanovesi, che partirono colla barca del cittanovese Zorsi Urbisini per incarico di 3. E. Antonio Grimani capitanio generale di mare; altri venti due militi furono mandati addì 8 ottobre dell' anno predetto. Ma, benché travagliati dalla carestia e dalla miseria, que' nostri buoni progenitori trovarono il denaro di ristorare le mura della loro patria, come anche il fondaco (fontego), forse a dirittura fabbricato allora, e pel quale venne scolpita la seguente epigrafe : Hoc . generosus . opus, fieri . memorabile . jussit Patricia . Andreas . 01 . sanguine . Pre . on. Marino Ortus . et . Emouiae . Praetor . justissimns . urbis Cam. soli . cancro . ferverei;, et . orbita . soli Bisseptingentos . ac. nonaginta . novem Volveret. a . lesus . Humanato . protinus . annos. Da questa epigrafe oserei arguire che anche la lingua e letteratura latina non fossero state trascurate a Cittanova, come ritengo non lo saranno state, e con più ragione, la lingua e letteratura italiana. Già si sa che la difusione della coltura italiana in specialità proveniva dal sacerdozio, e più specialmente dai vescovi, che erano in continua relazione con Roma e con altre città della penisola. E che i vescovi abbiauo avuto a cuore l'educazione e l'istruzione di questo piccolo lembo di terra italiana, basti 1" esempio di quello Strafico, distinto prelato del secolo XV11I, poeta ed oratore brillante, di cui più volte parlò „La Provincia." Nè dobbiamo dimenticare i suoi antecessori Marcello da Cherso, dottore di teologia ed arcivescovo di Patrasso, che ebbe a lottare contro i prepotenti signorotti istriani, e il cui sepolcro è nel convento dei francescani in Cherso ; — Matteo Friuli prelato molto influente al concilio di Trento; Girolamo Vielmi professore di metafisica e teologia a Padova, poi vescovo nell' Aeaja, uno dei vescovi argoli-censi al suddetto concilio; letterato, erudito, possessore di una ricca biblioteca, la quale al dire del vescovo Tom-masini (Commentari) passò in Venezia ai Santi Giovanni e Paolo; Alessandro Avogadro dottore in legge; Antonio Saraceno celebre giureconsulto, intimo di papa Gregorio XIII, che lo consultava negli argomenti eccle-sia'stici più delicati ; Francesco Manin condiscepolo di San Carlo Borromeo, come il Vielmi fu maestro di questo santo ; Eusebio Caimo dottore in legge e valente oratore, morto a Verteneglio e sepolto alla Madonna delle grazie in Udine. E potrei continuare la serie di questi illustri prelati, che esercitarono colla coltura italiana grande influenza su molti luoghi dell'Istria, se non fosse noto il lavoro del vescovo G. F. Tomasini col titolo: Commentari storico-gcografiri della provincia dell' Istria, i quali sono una preziosa raccolta, forse la più preziosa,, che tra le antiche raccolte possano vantare Cittanova e tutta la provincia. Si sa dunque che il Tommasini pubblicò il sillabo dei vescovi istriani, tra i quali quello dei vescovi cittanovesi, illustrati da importanti notizie biografiche, alle quali ogni studioso istriano potrà sempre ricorrere. — Ancbe un cardinale Pietro Colonna ebbe corrispondenza con Cittanova, perchè nel suo territorio avea fatto acquisto di terreni e nel 12 febbrajo 1322 ne dava parte in locazione. Il Colonna fu amico del vescovo di questa città Canciano, vicario generale del patriarca di Aquileja. (V. Marsich-Effemeridi, 1880, e Tomiuasiui-Comm.) E ben nota la famiglia dei principi Colonna originaria di Roma e tuttora esistente. A Giacomo e Stefano Colonna il Petrarca indirizzò sonetti e canzoni, e se il nostro Pietro appartenne alla medesima famiglia, egli avrà pure meritato 1' amicizia e le lodi del cantore di Laura. Non potrebb' essere il nostro quello stesso Pietro Colonna alleato degli Orsini, a cui allude il Petrarca nel verso del sonetto Fontana di dolore, albergo d'ira? Comunque sia, è certo cbe un cardinale Colonna, di nome Pietro, ebbe possessioni a Cittanova, e sebbene non possa affermare neppure potrei negare che quel cardinale e i suoi eredi abbiano abitato Cittanova, almeno per qualche tempo, e fatto sentire i dolci accenti del nostro idiòma (lingua toscana in bocca romana) e abbia difuso in Istria l'amore alle lettere e agli studi in genere. Osservo per incidenza che uno dei migliori dialetti istriani è il dialetto di Cittanova, ora modificato nelle voci e nel-l'accento da quelli di Chioggia e di Pelestrina. veneti. Finisco con un' altra notizietta, forse anche questa superflua cóme le precèdenti, fri'un Libro" Ducali ed altri atti trovai timbrata sotto un deliberato consigliare l'arma di Cittanova. cioè la croce di Sant'Andrea con in giro le parole: Comunitatis Aemoniae; di sopra due stelle, un elmo, armi e vessilli ma meno distinti. Evidentemente il timbro era d'un sigillo: e il documento porta la data del 1708, come un altro timbro uguale porta quella del 1762 ed è parimenti apposto ad un deliberato consigliare. In oggi Cittanova ha un'altra arma. Nei prossimi numeri i documenti. Cittanova, nell'agosto 1887. Devotissimo D. V. Uotizie L'egregio nostro comprovinciale Avvocato Giorgio Baseggio ci invia la seguente lettera a lui diretta, che ci onoriamo di poter pubblicare nel nostro periodico, perchè scritta da un gentiluomo, in cui la modestia e il sapere sono pari alla schiettezza e alla nobiltà dell' animo : Egregio Collega, Moltra.no (Lago di Como) 21 Agosto ISS7. Ritornato in famiglia dopo alcune settimane di assenza ho qui trovato nelle carte al mio indi- rizzo più di una copia del giornale di Capodistria La Provincia, nel quale il mio nome è fatto segno a rimproveri alquanto severi a proposito di un grosso strafalcione, inserito nella Guida del Famedio milanese, riguardante il nome dell' illustre Gian Rinaldo -Carli. Nel mentre deploro vivamente quell'ingiustificabile errore io ho la coscienza di non demeritare le circostanze attenuanti per le quali qualunque giudizio è fatto meno acerbo. Esaminato il manoscritto ho trovato che vi si diceva che il Carli alla morte della moglie ritornò in patria, non saprei davvero spiegare in qual modo alla dizione giusta e inappuntabile sia stata sostituita la parola Dalmazia. A Lei, egregio Collega, che uii fu interprete assai benevolo io sento il dovere di professarmi debitore dei maggiori ringraziamenti per quanto ha detto in difesa del mio nome. Nelle poche e modeste parole indirizzate al nostro Sindacò nella lettera che precede la Guida del Famedio panni d' aver invocato una particolare considerazione dell' affrettata compilazione del non facile lavoro, il quale pur troppo è riuscito spropositato oltre misura : a prova vorrei citarle quanto si legge a pag. 209, dove si dice che l'accademia di Brera annoverò il Zanoja suo professore d'architettura d'ordine corintio, quasicchè la nobilissima arte potesse ammettere un insegnamento distinto e regolato sulle divisioni vignolesche. Comprendo come non sia il miglior argomento di difesa la citazione di un errore a giustificazione di altro più grave, ma Ella ha ben voluto assai cortesemente e con ragione ricordare la fretta con cui è stata condotta la pubblicazione della Guida del Famedio, chè io ora non la invochi come la cagione vera di quanto è occorso e col proposito di volerla evitare in avvenire col-1' essere più guardingo e sopratutto più accurato. Coi rinnovati sensi di viva riconoscenza mi abbia dev.mo suo Emilio Belgiojoso V Indipendente del 28 agosto ha un articolo sul resoconto sanitario dell'anno 1886 compilato dal Dr. Buzzi, nel qual articolo tratta specialmente intorno all'epidemia del colera che afflisse in quell'anno la città di Trieste. E conchiude: — Dobbiamo rilevare ancora una volta che quest'ultima epidemia ci ha dimostrato l'inefficacia delle contumacie, e l'utilità, anzi la necessità, di provvedere la nostra città d' un' acqua buona, abbondante e a buon mercato, la quale faccia concorrenza a quella inquinata dei nostri pozzi. — Voglia il cielo, così finisce quel giornale, che un' eventuale prossima epidemia di colera ci trovi meglio agguerriti e che i suoi strali si spuntino contro le migliorate condizioni igieniche del nostro paese. Lo stesso giornale, occupandosi della circolare e-manata dalla presidenza del Tribunale d'appello, che facoltizzava inscrizioni tedesche ed eventualmente slave nelle pubbliche tavole, dimostra come la misura ledendo una istituzione della cui evidenza e chiarezza si deve andar gelosi altrettanto che del sentimento nazionale, è assolutamente inopportuna e quindi combattuta da tutti i fattori cittadini. La Società di mutuo soccorso di Umago inaugurò Domenica (28) la sua bandiera con grande affluenza di popolo accorso sinché dalle altre cittadelle dell' Istria e da Trieste. Presero pure parte alla festa patriottica rappresentanze delle società di mptuo soccorso dei vari luoghi della provincia e della stessa Trieste. Per l'inaugurazione suonò la brava banda dei signori de Franceschi di Seghetto, la quale vestiva per la prima volta la nuova divisa, che è veramente un modello di eleganza e buon gusto. Benché ormai troppo tardi, segnaliamo anche noi la vittoria riportata a Venezia da alcuni canottieri triestini alle regate, che ebbero luogo in quella città. Alla gara del 2 agosto venne conferito il premio al signor Giovanni Risegari, il quale cou nobilissimo atto riuuuziò il premio in denaro a benefizio di qualche povera famiglia veneziana. Altra vittoria riportarono i canottieri dell'Arge appartenente alla società Glauco, i quali giunsero primi alla meta in soli quindici minuti. Nel giungere al palco dove erano attesi per ricevere il premio guadagnato, scoppiarono vivi e prolungati applausi. Essi pure rinunciarono al pretino, eh'era di mille lire, a favore della società di mutuo soccorso fra barcaiuoli e metà in altra opera di beneficenza a scelta del sindaco di Venezia. Per avere conseguita questa novella vittoria, quattro degli otto canottieri s'ebbero il titolo di seniores, e sono : Erminio Cornelio, Oddo Maffei, Antonio Percich, Ottaviauo Porenta. Cose locali Il pregiato periodico La scienza italiana pubblicato dall' accademia filosofico-medica di S. Tommaso d'Aquino (Anuo XII. Voi. II. Luglio), contiene Tesarne cou molti elogi dell'opera In Summam Catholicae Fidei Contra Gentiles Divi Thomae Aquinatis Elucidationes ecc. ecc. del nostro egregio mons. Francesco Petronio, parroco, preposito capitolare e abate mitrato. Questa sera avrà luogo una seduta della rappresentanza comunale cou questo ordine del giorno : Lettura del protocollo di seduta del 4 Maggio p.p. Comunicazioni ufficiose : 1. Conto preventivo del Comune per l'anno 1888. — 2. Conto Consuntivo del Comune per 1' anno 1880. — 3. Detto della civica fondazione ginnasiale piirl'an- no 1880. — 4. Conto Consuntivo del civico Spedale per 1' anno 1886. Un fatto che destò la sorpresa e l'ammirazione della nostra città, certo a quest' ora noto anche in provincia, fu l'arditezza di due giovinetti, figli del defunto benemerito capitano Francesco Guccione di Palermo. Con una barchetta comunemente chiamata topo, e provvisti del puro necessario, i due giovinetti si diressero lunedi 8 decorso per Venezia, dove sani e salvi arrivarono al mezzogiorno del mercoledì. Alcuni giorni dopo ritornarono sani e salvi colla stessa imbarcazione in patria. L'intrepidezza, sia pure troppo spinta, degli eredi del capitano Guccione, merita ogni encomio perchè fa sperare molto del loro avvenire, mostrandosi non degeneri del compianto loro padre. Appunti bibliografici La Storia Istriana in dialoghi famigliari per cura di Lorenzo Gonan. Parenzo, 1887. Coana. L" autore si mostra versatissimo della storia nostra, attinge ad ottime fonti, non escluse le moderne ; è insomma padrone dell' argomento. Usa abbastanza bene la lingua, l'affetto al patrio suolo gl' incalorisce talvolta lo stile, dal fascicolo primo si può quindi sperare bene dell' opera che merita ogni incoraggiamento. Toccherò solo di qualche menda leggera. A pag. 56 tra i martiri delle chiese istriane l'autore rammenta anche Sant' Elio, secondo protettore di Capodistria, che non fu martire ma solo confessore della fede. Di Costantino dice a pag. 62 che non gli piacque l'Italia, perchè non v' era nato nè educato, e perciò trasportò la sede a Bisanzio. Si sa però che molti Imperatori prima di lui, benché non nati, nè educati in Italia, rimasero a Roma; altre furono le cause che indussero Costantino alla traslazione della sede, e tra le prime il desiderio d'imperio dispotico lontano dalle ultime memorie della libertà. Così alla pagina seguente dove dice che Roma non rimase neppure capitale dell' impero d' occidente, ma dapprima Milano, poi Ravenna, poi Pavia. Per le due prime città sta bene; non così per 1' ultima. Pavia di fatti fu sede del regno pei re longobardi, non per gl'imperatori, caduto essendo già l'imperio romano. A pag. 64 invece di energumeni leggi catecumeni. Crede il Gonan che la basilica di Parenzo debba avere soffitto a travi come San Giusto a Trieste fpag. 64). Ma il soffitto a travi è raffazzonamento medioevale, nel restauro del duomo sotto il vescovo Rodolfo Pe-drazzani da Cremona nei primi anni del 1300, quando con le due basiliche di Santa Maria e di CATOLiIS'I Eia, Tipografìa di t;»rlo Priora. San Giusto si fece 1' attuale San Giusto. E della antica basilica di Santa Maria non rimane solo la volta dell' absida, ma tutta la nave centrale (oggi del Sacramento) e la nave sinistra in gran parte. Ma, lo ripeto, sono mende, e il lettore erudito le-corregge subito. Non così è facile rimediare al difetto artistico dell' invenzione e della condotta dei componimento. L'autore ha voluto scegliere la forma più difficile, cioè il dialogo didattico; e mi duole dirlo, ma la verità anzi tutto, si vede spesso che alla grave soma mancarono le spalle. E per vero il dialogo didattico vuol essere spigliato, semplice,, i vari personaggi devono parlare secondo il proprio carattere, e ogni tanto la gravità delle cose che l'autore vuol far apprendere ai lettori ha ad essere-temperata con opportuni, brevi riposi, e con l'in-treccio di ameni aneddoti. Qui invece il dialogo è~ spesso pesante e cattedratico; i personaggi non parlano naturalmente come si parla in famiglia, ma come vuole l'autore, del quale si sente la voce grossa che suggerisce. E ciò proviene in gran parte dal difetto d'invenzione : tutti quei discorsi in famiglia tra il nonno, il babbo, la mamma e i due figliuoli non si fanno ordinariamente ; le donne assumono un' aria di saccentelle, e poiché dimostrano di saper così bene la nostra storia, non si capisce il perchè di quel lungo catechizzare del nonno. Meglio era immaginare un maestro di scuola, o un buon parroco di campagna istruire alla buona il popolo le domeniche sotto il patrio ladogno nella buona stagione, e nell' inverno intorno al domestico focolare, calcando le orme del Cantù ne' suoi primi libri popolari C'arlambrogio di Montevecchio, per esempio, non negli ultimi. Così lo scrittore fa parlare obbiettivamente i vari personaggi ; così la lezione non è diretta solo ai lettori, ma anche agli interlocutori : in ciò sta il segreto del dialogo didattico. Illustri esempi del genere ci lasciarono Galileo Galilei, il Rosmini, e il Manzoni nel suo celebre dialogo Sull'invenzione. E non è già ipercritica questa, ma regola semplice ed ovvia ; una-lode a freddo, una recensione è presto fatta. Ma La Provincia, come non ha l'aria d'imporsi a nessuno e di dettare oracoli, anche rifugge dal compilare cataloghi di libri stampati. Il signor Gonan. al quale non manca l'ingegno, potrà in parte, non radicalmente, rimediare al lamentato difetto. P. T. Net prossimo numero l'appunto sull'ultimo volume della Società di Storia Patria e Archeologia. Pietro Aladeuizttf — Anteo (iravisi edit. e redat. responsabili'