ANNO XXVIII. Capodistria, I Novembre 1894. N. 21 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1.° od il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3 ; trimestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti antecipati. L'AGITAZIONE IN PROVINCIA PER LE SCRITTE SLAVE Continuiamo la pubblicazione dei documenti La Giunta Provinciale dell' Istria presentò il seguente Memoriale a S. E. il Luogotenente : Eccellenza! Un fatto, grave nella -sua essenza, e che, estrinsecandosi nelle forme esterne, commove il sentimento popolare, ha destato testé l'allarme nella popolazione italiana delle nostre città. Alludesi all'innovazione della leggenda sulle insegne degli i. r. Giudizi distrettuali, ove — come negli orari, nei timbri e nei moduli d'ufficio — si è fatto posto alla lingua croata o slovena. Questa novità, che, per ordine superiore, venne già attivata presso alcuni Giudizi della provincia, ed in altri sta per attivarsi, non è giustificata dal bisogno, non è richiesta dalle esigenze del servizio ; e ciò deve assolutamente escludere ognuno che conosca le condizioni linguistiche, di intelligenza e di pratica convenienza delle nostre campagne, e voglia giudicare imparzialmente delle stesse. Essa è un' altra concessione fatta dalla accondiscendente politica del giorno alle sempre più petulanti ed esagerate pretese dei capi del croatismo dell'Istria e loro consenzienti di altre provincie; è una lesione del diritto degli abitanti le città italiane di essere rispettati in casa propria ; è una provocazione assai pericolosa, avvegnaché le popolazioni dei principali centri italiani, che vedono nel fatto deplorato un nuovo passo sulla via della slavizzazione ed un insulto alla loro civiltà e nazionalità, non potranno di certo acquetarsi tanto facilmente a mirare appese sulle mura degli storici loro palazzi le insegne d'un Ufficio publico colla scritta in una lingua che non è la loro. Se alla mala opera degli agitatori croati, di seminare la discordia fra la città ed il contado, si aggiunge ora la mal consigliata azione del Governo, deliberatamente forse no, ma apparentemente sì, in appoggio del croatismo anche dove non è luogo per esso, non si sa veramente a quali estremi si arriverà nell'Istria ed a quale grado di reazione potrà essere spinto il sentimento nazionale degli italiani, non da oggi soltanto combattati ed offesi negli affetti e nei diritti più sacri ed intangibili. L' elemento italiano, che, essendo al governo della provincia, ha dimostrato finora con molta, forse troppa pazienza, di conoscere i doveri che da tale posizione gli derivavano, sarà costretto dalla forza della circostanze, eh' esso certamente non ha create, a mutar linea di condotta ; ed a ciò lo avranno tratto appunto quelle disposizioni dell'Autorità, che in luogo di tendere ad un possibile modus vivendi fra i due elementi nazionali sulla bafyftlel riconoscimento e del rispetto dei diritti storicamente statuiti, e della legittima superiorità dell'elemento italiano rappresentante il censo, l'intelligenza e la civiltà, riescono in quella vece ed' inasprire la questione, ed a costringere così gli italiani ad usare d'ogni mezzo concesso loro dalla legge per difendere la propria nazionalità ed il proprio diritto, garantiti bensì in massima dalla Costituzione, ma in fatto duramente compromessi. A questo stato di cose, che accenna a farsi sempre più critico e pericoloso, dovrebbe rivolgere principalmente i più seri riflessi l'Eccellenza Vostra, destinata dalla grazia Sovrana a reggere le sorti di questa provincia. Epperò, senza che si ritenga necessario di illustrare più largamente a Vostra Eccellenza — che è a piena conoscenza delle condizioni nostre — l'importanza dell' oggetto, la Giunta provinciale, dando partecipazione sub ./• del telegramma diretto l'altro ieri in argomento all' eccelsa Presidenza del Consiglio del Ministri, ha l'o nore di interessar 1' Eccellenza Vostra di voler interporre i suoi buoni uffici appo l'eccelsa Presidenza del Ministero e rispettivamente il sig. Ministro della Giustizia, colla comunicazione del presente memoriale, affinchè la cosa venga con tutta sollecitudine regolata, mediante la revoca delle deplorate disposizioni, in modo da tranquillizzare il giusto ed eccitato risentimento della popolazione italiana delle nostre città. Dalla Giunta Provinciale dell'Istria Parenzo, 12 ottobre 1894 Il Capitano prov. Dott. Campitelli a^encioxisile presentato dalla „Società politica istrianaa mezzo dell'onor. deputato dott. Bartoli, all'eccelsa Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una recente Ordinanza dell'eccelso Ministero della Giustizia prescrive ai Giudizi dell' Istria di apporre scritte bilingui — italiano e slavo — nelle insegne, nei sigilli e nelle stampiglie d'ufficio. L'inattesa disposizione, punto reclamata da un vero e sentito bisogno, provocò in proviucia una viva agitazione di protesta; ed il sentimento della popolazione italiana per questa nuova, immeritata diminuzione dei suoi storici diritti, ebbe solenne espressione nel voto unanime delle Rappresentanze cittadine, e nelle dimostrazioni popolari. Fedele interprete di questi sentimenti, la scrivente, quale legale rappresentante del partito italiano dell'Istria, sente il diritto ed il dovere di unire la sua voce di protesta alle rimostranze avanzate in argomento ai supremi dicasteri dello Stato dalla Giunta provinciale, dai maggiori centri della provincia e dalla consorella Trieste. Per quanto la tendenza slavizzatrice del cessato Governo ci avesse, colla nefasta sua attività nel campo dei rapporti nazionali, arrecato le più sgradevoli sorprese, è giusto convenire che le innovazioni da esso fatte in ispecie nell'amministrazioue della Giustizia — sebbene non reclamate dalla popolazione che intendevano favorire, nè richieste da uu urgente bisogno — lasciavansi fino ad un certo punto giustificare con una rigorosa applicazione delle leggi fondamentali, ed avevano sopra tutto la parvenza di tutelare gli interessi della popolazione slava convivente nella nostra provincia. Ma la riforma oggi ordinata non trova una giustificazione che appaghi. Sarà ben noto a eodest' eccelsa Presidenza che tutti i Giudizi dell' Istria hanno sede in città prettamente italiane. Saprà del pari che tutti gli slavi dell' Istria conoscono, qual più qual meno, la lingua italiana, che è la lingua dominante, e della quale esclusivamente si servono nei loro quotidiani rapporti colle città.. Saprà infine che quasi tutti sono analfabeti, e che i pochissimi che sanno di lettere sono istruiti nell'idioma italiano. Tale essendo il vero stato delle cose, che può mai significare l'uso di scritte bilingui nelle insegne e nei sigilli dei Giudizi? Quale utilità pratica presenta la deplorata innovazione che valga a giustificarla? Forse un migliore andamento delle funzioni d'ufficio? Forse un reale vantaggio degli amministrati? Non sappiamo vederlo ; la ci sembra niente più che un nuovo successo di quel manipolo di agitatori che incessantemente cospira ai nostri danni, ed è riuscito insidiosamente a ferirci nel più prezioso dei nostri vanti nazionali: l'impronta puramente italiana delle nostre città. Ed in pari tempo una nuova profonda divisione che il Governo sconsigliatamente scava fra gli abitanti di una stessa provincia e sancisce colle iscrizioni ufficiali sugli edifici governativi. E sopra tutto ci accuora il pensiero che tale ingiustificata misura sia stata deliberata da un Ministero che ci aveva fatto sperare un pò di tregua nell' accanita persecuzione degli ultimi tempi. Ci scoforta il convin- cimento che le concessioni finora ^lamentate non sono che l'inizio di un sistema di governo tendente alla nostra snazionalizzazione. Se sia saggezza politica codesta, non a noi è lecito giudicare. Non ci sembra però questa la via migliore di incontrare la benevolenza degli amministrati. Quanto poi agli italiani dell'Istria, nei quali le promesse conciliatrici del nuovo Ministero avevano per un istante acquetato gli animi, l'inatteso ed imprevedibile decreto li spinge a nuove lotte e più accanite «pro aris et focis», poiché il nemico ha spinto la sua avanguardia fin entro la cinta delle loro mura. E gli odi di razza din si volevano assopiti, rinfocolati dalle nuove offese rinasceranno più fieri, con grave danno degli interessi economici della provincia e con manifesto pregiudizio dell' ordine publico. Dal canto suo la scrivente, convinta che la sola scritta italiana ora esistente nelle insegne e nei sigilli di questi i. r. Giudizi corrsponda appieno alla loro destinazione, e che un cambiamento non sia punto reclamato da un reale bisogno, puotesta, a nome del partito nazionale italiano dell' Istria, contro la recente Ordinanza sull'applicazione di scritte bilingui— italiano e slavo — nelle insegne e nei sigilli dei Giudizi dell'Istria, ed implora dall' eccelsa Presidenza del Consiglio dei Ministri la revoca della stessa. Pisino, 16 ottobre 1894. La Presidenza della «Società Politica Istriana» Il Presidente Avv. Venier o risile della Delegazione comunale di Rovigno alla Presidenza della Luogotenenza e del Tribunale d'Appello. „La notizia di recente diffusasi in provincia, che le tabelle dei Giudizi porterebbero d' ora innanzi oltre alla iscrizione italiana anche la iscrizione slava e che verrebbero introdotte le stampiglie d' officio bilingui, ha destato la più penosa impressione. Il fatto che le città, nelle quali hanno sede i Giudizi, sono prettamente italiane, e che la popolazione della campagna mentre comprende e parla l'italiano non conosce affatto la lingua slava scritta, toglie ogni giustificazione a questa misura, la quale lede profondamente il sentimento nazionale italiano dell' intera provincia e ne allarma giustamente la popolazione delle città e borgate; giacché, non essendo richiesta da un sentito bisogno della popolazione slava della campagna, apparisce dettata unicamente dalla mira di favorire la propaganda di alcuni pochi agitatori croati, il cui intento si è di sopraffare 1' elemento italiano della provincia. Questa misura sta poi anche in contraddizione coi principi proclamati dal Ministero, secondo i quali dovea subentrare una tregua nelle lotte nazionali e tener rispettato il possesso nazionale. 11 possesso nazionale in fatto di lingua nei Giudizi dell'Istria, compete esclusivamente alla popolazione italiana. Basterebbe a provarlo il fatto che sino a pochi anni or sono, in base al § 14 del Regolamento di procedura civile vigente nell' Istria, non potevano essere prodotti all' Autorità giudiziaria che atti in lingua italiana per modo che veniva d'uffizio respinto ogni atto non redatto in questa lingua. Qui non si può fare a meno di osservare che tale disposizione era molto saggia, impedendo che nei Giudizi venisse introdotta la pluralità delle lingue, la quale nuoce grandemente ad un buon andamento della giustizia, richiedendosi per la nomina dei giudici la conoscenza di almeno tre lingue, — conoscenza che assai di rado si trova e fa sì che vengano persino esclusi dagli impieghi giudiziari le maggiori capacità ed intelligenze.) Rovigno, con eguale e forse maggior diritto delle altre città consorelle si sente colpita da questa misura, inquantochè la popolazione della città — all' infuori di pochi forestieri qui dimoranti per ragione d' ufficio o per motivo di cura o per altre cause — è esclusivamente e puramente italiana, il distretto giudiziario, formato dei Comuni di Canfanaro e di Valle è pure abitato da molti italiani, anzi la borgata di Valle esclusivamente da italiani, e gli slavi che vi abitano comprendono e parlano l'italiano, e di questa lingua si servono in tutti i loro affari sì in Giudizio che fuori. La sottoscritta Delegazione comunale, la quale, essendo sciolto il Consiglio, è in oggi l'unica legale rappresentanza della città, protesta contro tale misura e si permette di rivolgersi ad essa eccelsa Presidenza onde voglia adoperarsi perchè sia revocata una tale non giustificata disposizione, la quale potrebbe esser ritenuta quale una provocazione alla cittadinanza e dar forse addito a reazioni e a disordini non facilmente reprimibili. Non dubita che 1' eccelso Ministero, compenetrato dall' idea di dover mantenere 1' ordine e la pace all' e-sterno, e di dovere perciò far cessare le lotte nazionali e non già accenderle e inasprirle, vorrà levare o lasciar in dimenticanza la presa misura". Balla Delegazione Comunale Rovigno, 14 ottobre 1894. Dott. Davanzo Dott. Bembo Gius. Quarantotto Nella seduta del 22 Ottobre il Consiglio della città di Trieste, in seguito a uno splendido discorso dell'on. Benussi accolse a voti unanimi tanto della destra che della sinistra, eccettuati i quattro onor. Consiglieri del territorio, il seguente ordine del giorno: «Il Consiglio municipale di Trieste, certo d'interpretare il sentimento dei cittadini, si associa al deliberato della Giunta provinciale nell' esprimere la dolorosa sua sorpresa per l'ordinanza ministeriale, che impone insegne e stampati bilingui ai giudizi di città indubbiamente italiane dell' Istria e del Friuli Orientale ; — ricorda le ripetute passate proteste del Comune contro l'opera sistematica, tendente a turbare artificialmente le condizioni nazionali dei nostri paesi ed a mutarne la fisono-mia — plaude alle legittime rimostranze che da ogni parte si elevano contro codesta ingiustificata misura e fa voti perchè il lamentato provvedimento non abbia effetto ed abbia a cessare la continuata offesa al sentimento nostro nazionale.» * * * Per iniziativa di alcuni avvocati della città di Trieste, la Delegazione della Camera degli avvocati di Trieste e dell'Istria ha indetto pel 17 novembre p. v. un congresso straordinario, nel quale si tratterà a fondo la questione dello slavizzamento dei Giudizi del Litorale del quale l'ordinanza per le tabelle bilingui non è che un sintomo isolato. Dopo la memorabile seduta della Rappresentanza comunale di Pirano del 14 p. p., esortati i cittadini alla calma dal Podestà con un manifesto, pareva cessata l'agitazione. Se non che da parte dell' i. r. Capitanato distrettuale di Capodistria venne richiesto il Municipio se fosse disposto di assumersi la responsabilità di mantenere l'ordine pubblico, qualora venisse collocata la tabella bilingue sulla facciata del palazzo giudiziale. Radunatasi la Rappresentanza Comunale, questa ha deliberato che non si sentiva in grado, ed era la verità, di assumere la responsabilità conforme alle richieste dell'i, r. autorità, alla quale di conseguenza spettava la garanzia dell' ordine pubblico. Questo deliberato si venne a sapere subito dal popolo, gli animi si riaccesero e avvenne quello che avvenne, perfino delle scene disgustose ; che la deputazione Comunale fu la prima a stigmatizzare con un energico e severo proclama. Ecco il racconto dei fatti come ci vengono descritti da un nostro corrispondente : Nel pomemeriggio della domenica 21 ottobre alcuni popolani cantavano in piazza l'inno della «Lega» ed ecco comparire due gendarmi, ad intimare che si cessasse una bella volta dal cantare. Questo fu ilprincipio del tumulto. I redarguiti cominciarono a reagire fortemente. - Al frastuono delle voci concitate accorsero molti popolani, sia per impedire qualche disgrazia, sia per sostenere le parti dei cantori, come avviene in simili incontri. In un attimo la turba si assiepò e a mano a mano che la notte calava, la amplissima piazza si gremiva di cittadini, di ogni età, di ogni sesso, d'ogni condizione. Diciamo di ogni sesso, perchè — cosa di rimarco — non vi mancarono le donne coi pargoletti in braccio. E tutti a gridare: No volemo tabelle croate! semo italiani! volemo restar italiani! so le armi! Viva VIstria italiana! Ma allora la turba si ricordò ancora di Cecco Ruzzier, il Cursore del Giudizio, quel desso che spiccò la tabella o la insegna colla scritta italiana, il quale abita nei locali a pianoterra del Giudizio. E tutti a gridare: Fuori il croato! No volemo sciavi! accompagnando tali voci col gettito di pietre alle finestre del Ruzzier che andarono in frantumi. In quella venne il Podestà, salutato da un urlo di evviva. Voleva anche parlare; ma la sua voce restò sopita in quel frastuono indiavolato ; perciò]egli fu costretto di ritirarsi. La turba si mosse quindi verso Portadomo, attirata dal grido: Andemo dal canonico Maraspìn il croato! — inutile aggiungere oggi che il Maraspin è croato quanto quelli che gridavano. E poiché i dimostranti furono sotto l'abitazione del canonico, si misero a tirar nuovi sassi, a rompere le finestre, a emettere le solite grida assordanti. Da questa casa passarono a quella del canonico Vidali, acclamandolo entusiasticamente ; ritornati in piazza, si ripeterono le grida, i canti, le esclamazioni. Fuori il Giudizio si era intanto schierato un picchetto di gendarmi coli'assistenza di due guardie di finanza. Questa apparizione parve inasprir la turba, che gridava: Via la finanza! Via le armi! Il capo della gendarmeria spianò i fucili e intimò lo scioglimento, minacciando di far fuoco. Ma mentre gli armati facevano indietreggiare il centro, le ali della fitta popolazione minacciavano di girare il picchetto. Fu un momento terribile. Per buona sorte la gendarmeria ebbe la felice ispirazione di non far uso delle armi, e così fu scongiurata una grande sciagura. A questo punto il tumulto pareva cessato ; ma ecco dopo la mezzanotte la turba dirigersi ancora verso la casa Maraspin, e questa volta forzò la porta, e fece man bassa su tutto. Poi i dimostranti si recarono alla casa del canonico Fonda, e qui pure fecero desio di quanto cadeva sotto le loro mani, sfondando botti, facendo ruzzolare caratelli ed altro giù per la Carrara e gridando sempre come ossessi. Il povero canonico con una sua nipote fuggì per il tetto. Dalla casa Fonda al duomo è breve il passo. Allora taluno si pensò di andare al campanile e suonare a stormo. Una parte della popolazione che era già rincasata, tornò fuori mezzo vestita, a vedere che cosa era nato di nuovo. E qui la confusione si fece generale, indescrivibile. Un servo del Comune corse al campanile per far cessare lo scampanio; ma egli pure fu costretto a dar di mano alle corde. La piazza si addensò ancora di nuova turba. I gendarmi volevano scioglierla, ma un grido assordante e minaccioso, e l'impeto della moltitudine fece riuca-sermare i gendarmi e la finanza. Rimasti padroni del campo, i tumultuanti allora gettarono in mille pezzi tutte le 70 finestre del Giudizio. Spuntavano i primi albori, quando la turba cominciò a diradarsi, e la città a ritornare in quiete. Quiete del momento. La cittadinanza pirauese, operosissima quant'altre mai, non trovò modo di recarsi al lavoro, lunedì mattina. Capannelli di persone, in piazza, sulla riva, al molo, discutevano in vario modo le arruffate e tumultuose vicende della passata notte. Si notava un incessante movimento di gendarmi, di guardie, di rappresentanti, e di altre persone all' Uffizio comunale. Verso le 11 capitò un Commissario straordinario inviato dalla Luogotenenza, il sig. dott. Hochegger. Era corsa la voce che il Governo avrebbe spedito del militare per mantenere l'ordine, e vi erano degli imprudenti che già pensavano di resistere e di opporsi alla forza armata ! A mezzodì venne dato l'ordine a tutti gli esercenti, pubblici e privati, perfino ai negozianti in commestibili e ai capi artieri, di chiudere i locali alle 6 iu punto. Furonj licenziati gli scolari dalle scuole popolari maschili e femminili, essendoché i locali dovevano essere messi a disposizione della milizia che doveva capitare dalle 4 alle 5. Ma per approntare i detti locali nessuno volle prestarsi, onde il Comune fu costretto di servirsi delle braccia dei ricoverati della pia Casa di Ricovero. Ed ecco che allora si vide trasportar panche, paglia, legna e così via. La popolazione si addensò sul sagrato del duomo per vedere da lontano 1' arrivo del piroscafo. E alle 5 circa approdava un rimorchiatore della marina da guerra, con 80 uomini di truppa del reggimento fanti N. 87 di stazione a Trieste. A questo punto si fece una ressa indescrivibile di persone che occuparono il lunghissimo molo e la piazza ; tutte le botteghe e i negozi si erano chiusi, e le campane risuonavano a stormo. Alcuni erano intezionati di ostruire la contrada, per cui doveva passare la truppa ai quartieri, còlle barricate, e si andava iu cerca di carri, di botti, di cassoni ecc.: ma le suppliche e le esortazioni dei più assennati impedirono che si mettesse in opera il progetto. Alla vista però della truppa, fu un solo gride : Via i soldai ! No xe bisogno de arme! Volemo la tabella italiana. Il pirocafo stentò ad ormeggiarsi, chè nessuno da terra voleva pigliare una cima, intanto che si gridava a squarcia gola: Largo! Largo! significando con ciò che il piroscafo prendesse il largo. Finalmente la truppa sbarcò e con molta fatica potè attellarsi. Il capitano che la comandava ordinò di inastare le baionette ; allora un urlo formidabile ripetè: Abasso le armi! ecc. ecc. A stento la truppa potè muoversi, e poiché giunse in piazza, trovò una insuperabile barriera umana. Fece alto. Il capitano non perdendo il sangue freddo, e con lodevolissima ispirazione, ringuainò la sciabola. Gli ufficiali fecero altrettanto. Bastò questo fatto perchè la truppa fosse acclamata. Ma anche questo, fu un momento terribile. L'imprudenza di taluno, in quella effervescenza degli animi, avrebbe potuto far nascere esizialissime disgrazie. Volle Iddio che ciò non succedesse. La truppa potè a stento guadagnare la piazza e quivi fermarsi ; mentre migliaia di dimostranti intuouarono l'inno della "Lega.. Quindi il militare si recò ai quartieri che gli erano stati assegnati. Ma come si disse, il momento fu così critico, che il Podestà, il Commissario governativo ed altri della Deputazione comunale si sentirono profondamente impressionati e iu un compresi da una grande responsabilità. Ancora la mattina il Podestà aveva adunata d'urgenza la Rappresentanza comunale, la quale decise di spiccare telegrammi al Capitanato di Capodistria e al Ministero per la revoca dell' odiosa misura ecc., senza di che non era possibile di garantire l'ordine. Quindi alla venuta del Commissario politico la Deputazione comunale gli si presentò, colla domanda se veniva a Pirano con intenzioni nemiche o con ordini severi, nel qual caso la Deputazione stessa si sarebbe ritirata, lasciando ogni responsabilità al sig. Commissario. Il comandante la truppa poi, quando potè, appena arrivato, abboccarsi col Podestà, gli chiese: "Ma che cosa vuole tutta questa gente?, E poiché il podestà gli rispose chela popolazione non voleva altro che fosse rimessa a posto la tabella taliana levata dal suo posto alcuni giorni prima. "Va bene, rispose, è cosa rimediabi'e, se non vogliono altro!.... Sicché, al momento tipico suddetto, fu deciso, coli'approvazione del Commissario governativo, di annunziare alla popolazione che la tabella italiana sarebbe rimessa a suo posto. Quando il Podestà col Commissario, dal poggiuolo del palazzo comunale, annunziarono un tanto, si elevò da quella turba un formidabile grido di Evviva ! TI Podestà esortò inoltre i cittadini alla calma, alla tranquillità, promettendo che sarà revocato da parte del Governo P ordine della sostituzione della tabella bilingue; ma che questo non poteva seguire subito, perchè la tabella era stata spedita a Trieste per fervi la nota aggiunta. E che il militare era venuto non per far del male, ma per mantenere l'ordine. Tutti credettero allora che, 1' or 'ine fosse venuto dal Luogotenente : ma il giorno dopo L'Adria di Trieste smentì il fatto ; onde non si sa ancora, se il Commissario Hochegger ha arbitrato di promettere un tanto, o se realmente ha ricevuto qualch ordine, sia dal Miuistro, sia dal Presidente del Tribunale di appello o da qualche altra parte ignota. Se non che la popolazione non aveva pazienza di aspettare, per cui alcuni si gettarono al vicino spaccio tabacchi, e spiccata 1' aquila colla scritta i. r. vendita tabacchi 1' andò ad appendere con un fazzoletto sulla porta del Giudizio, fra le grida più clamorose di evviva. Durante tale operazione, fra le gli applausi incessanti al Podestà, le campane tornarono a suonare, ma non più a stormo, bensì a festa, E si gridò ancora: Lumi, lumi, fora i lumi! Fora la banda! Evviva la "Lega„! Evviva Pirano italiana! Come d'incanto s'illumina tutta la città, compreso il Giudizio. Una frenesia di gioia invade tutta la cittadinanza ; escono dalle case anche le donne. La banda musicale intuona allegre marcie, e tutti a cantare e gridare Evviva. Il Podestà — prima di rincasare arringò ancora una volta la popolazione. Raccomandò-la calma, dicendo «he le dimande dei piranesi saranno esaudite; che il Governo riconosce la loro nazionalità; che queste dimostrazioni resteranno incancellabili; ma che era tempo di acquietarsi, di rimettersi in pace; e che egli stesso sentiva estremo bisogno di riposare tranquillo in seno alla sua famiglia, ciò che doveva essere desiderato da tutti; e che perciò li invitava di ritornarsene alle case loro, come egli faceva." Queste parole vennero accolte da un subisso di applausi, ed ebbero anche la virtù di calmare gli animi Musica e dimostranti accompagnarono come in trionfo il Podestà, che piangeva dall'emozione, fino alla sua dimora. Poi la banda percorse tutta la città, quindi si ritirò, e con essa i dimostranti. Verso le 10 la città era tutta tranquilla. La tromba militare suonò la ritirata. Le campane suonarono ancora ma questa volta in segao di pace. Poi tutto tacque, i lumi si spensero; e la cittadinanza intera parve sprofondata nel sonno. * * * Al mattino di martedì i più svegli si accorsero di qualche novità. Videro cioè, sentinelle di militari dinanzi al Giudizio, al Municipio e al campanile. La tabella, però I. R. vendita Tabacchi era sempre al suo posto, cioè al posto dove era stata collocata la se sera prima. Alle 7 il piroscafo Piranese in partenza per Trieste — dove una folla di cittadini lo aspettava per avere notizie dei tumulti — dovette pavesarsi a festa dietro volontà di molta gente che si trovava al molo. E così pavesato ritornò la sera a Pirano. Alle ore 8 si notò in piazza un grande movimento : si videro soldati, gendarmi, rappresentanti comunali, il Commissario governativo, il Giudice, il Podestà j Ed ecco uscire dal Giudizio il Giudice col cursore Ruzzier, portando quest'ultimo una tabella dalla scritta italiana : I. R. Giudizio distrettuale. Si tirò fuori la vecchia tabella che stava appesa quando il Giudizio — durante la fabbricazione del nuovo editìzio — era in via provvisoria collocato nella scuola femminile sul sagrato di S. Francesco. Ruzzier staccò quindi la tabella dei tabacchi, per rimettere quella che portava poc' anzi. Dai molti astanti si gridò ancora un Evviva, poi tutto ritornò nella calma di prima. Durante la giornata nessun incidente turbò 1' ordine. Dopo il pomeriggio venne dato ordine di chiudere alle ore 7. E così fu fatto. Una cosa soltanto destava penosa impressione. Era capitato un rinforzo di gendarmeria. Verso le 4 si vedevano a due a due i gendarmi perlustrare la piazza e le contrade della città, e intimare ai cittadini di sciogliersi, per modo che in due non era possibile star fermi sulla via. Ciò diede cagione a qualche commento, peraltro tutto è finito lì. La città si mantenne perfettamente tranquilla. Dopo il meriggio, all'approdare il piroscafo postale da Pola, i numerosi passeggeri che si trovavano a bordo scoppiarono in un fragoroso : Evviva Pirano, cui rispose la gente radunata sul molo con un : Evviva l'Istria. Anche il piroscafo umaghese S. Marco, che arriva a Pirano verso le 41/2 pom., aveva issata la gran gala. Ma quelle pattuglie di gendarmi impressionavano la popolazione, per cui il Commissario Sig. dott. Hochegger, consigliato anche dal podestà, dispose che le pattuglie rientrassero in caserma. Allora anche la popolazione si acquietò, e tutta la sera passò tranquillissima. Furono praticati quattro arresti di individui alquanto alticci. Intanto la Deputazione comunale aveva pubblicato il seguente manifesto : Concittadini ! La imponente dimostrazione colla quale Voi, la domenica dei 14 corr. avete data nobile e dignitosa espressione alla fierezza del Vostro sentimento nazionale, di fronte alle recenti disposizioni dell' Autorità giudiziaria in merito alle tabelle bilingui da apporsi al locale i. r. Giudizio distrettuale, come ha riscosso il plauso degli onesti in ogni ordine di cittadini, così ha trovato un' eco di verace simpatia in provincia e fuori, in ogni dove la coscienza dei nazionali diritti ha culto di gloriose e venerate memorie. La Vostra agitazione, se trova giustificazione per la gravità dei fatti che ora vanno svolgendosi nell'indirizzo della nostra vita nazionale, non deve però varcare i limiti della serietà e della prudenza, deve anzi mantenersi, nello stesso prestigio della Causa che Voi difendete, entro i confini di un' agitazione seria e improntata al più rigoroso rispetto dell' ordine pubblico. Quanto però è successo nella scorsa notte ha destato una penosa impressione, perchè senza verun plausibile necessità Vi siete lasciati trasportare ad atti violenti, alcuni dei quali di carattere criminoso, in modo da compromettere seriamente l'ordine pubblico e la pubblica tranquillità. Questi fatti, di una gravità straordinaria ed eccezionale e del tutto nuovi pel nostro paese, meritamente riconosciuto come paese serio e civile, mentre compromettono Voi di fronte alle leggi, concorrono poi a scemare grandemente il merito del nobilissimo contegno da Voi serbato per lo innanzi e dal quale Vi esortiamo a non allontanarvi, non dando ascolto ad eccitazioni esaltate e corrotte dalle passioni. Concittadini ! Restituitevi alla calma, rientrate nella nell' osservanza delle leggi, e per quanto credete necessario di mantenere viva ed efficace la protesta da Voi alzata a difesa dei nostri nazionali diritti, fatelo in modo serio e dignitoso, con pieno ed illimitato rispetto dell' ordine pubblico, delle persone e delle proprietà private. Dal Municipio di Pirano 22 ottobre 1894 Dott. D. Fragiacomo, podestà Dott. Giuseppe Bubba, Dott. Almerico Ventrella, Pietro Chierego, Antonio Bartole, consiglieri comunali. * * * Mercoledì mattina è giunto da Trieste P i. r. aggiunto del Tribunale dott. Krammer, coli' incarico di istruire un processo per i fatti della domenica. * * * Le notizie di Pirano di questi ultimi giorni suonano concordemente che la calma esiste su tutta la linea. Il dott. Krammer, assistito da un ascoltante mandato da Trieste, continua la sua istruttoria. Venerdì mattina però 7 la cittadinanza piranese restò molto sorpresa nel vedersi capitare il noto rimurchiatore con altri 80 uomini di truppa di linea e parecchie casse di munizioni. Anche a Capodistria l'effervescenza degli animi si andava facendo di giorno in giorno più grande. La mattina del 24 ottobre in ogni parte del paese si leggevano dipinte sui muri delle case a caratteri cubitali le scritte: „No volemo tabele croate". Verso le 3 del pomeriggio una accolta numerosa di egregi concittadini di tutte le classi della popolazione, impensierita del fermento che serpeggiava per il paese, si portò dal podestà esortandolo a porsi a capo di un movimento legale per togliere ogni causa di disordini nella città e soddisfare il sentimento della popolazione, e fu esortato di convocare nel più breve termine possibile i notabili di tutte le città istriane, per costituire un comitato che organizzasse e dirigesse una pubblica adunanza in luogo da convenirsi, dove discutere P importante argomento e stabilire i mezzi opportuni ad iscongiurare l'applicazione della prefata ordinanza ministeriale. Il podestà accolse di buon grado la felice idea, ringraziò della fiducia che in lui riponevano i suoi concittadini raccomandando la calma, e subito dispose affinchè la convocazione privata preliminare avesse luogo nel sabato prossimo, e fu eletto un comitato provvisorio per i provvedimenti all' uopo necessari. Non ostante, verso sera la piazza si cominciò a gremire di popolo che cantava canzoni patriottiche e I gridava ad una voce „non vogliamo scritte croate". Una i pattuglia di gendarmi era accampata sulla piazza e non ! sappiamo per qual ragione furono praticati due arresti. Il podestà, intuendo la gravità della situazione, persuade • il commissario politico a liberare gli arrestati per evitare ì guai maggiori, declinando ogni responsabilità per quello che potesse accadere in caso di rifiuto. Il commissario fortunatamente cede, e i due arrestati vengono posti in libertà tra il giubilo della folla che si riversa a ondate per le vie del paese cantando canzoni patriottiche, e gridando „viva l'Istria, viva Trieste, viva Pirano", „abbasso le tabelle croate". Il convegno in fatti ebbe luogo nel giorno stabilito sabato 27 ottobre alle 11 a. m. nella sala del Comune. Dio solo sa quali voci sieno arrivati all' orecchio dell' i. r. autorità intorno a quel convogno, il fatto è che fino dal primo mattino si videro picchetti di gendarmi in piena tenuta con le bajonette innastate percorrere le vie, mentre altri picchetti stavano appostati in certi punti forse creduti strategici. La città era tranquilla e naturalmente i cittadini attendevano con vivo desiderio gli ospiti, i quali arrivarono in gran parte col battello a vapore delle 9; però dallo stesso battello sbarcarono pure un picchetto di gendarmi con un capitano. Arrivarono poco dopo per la via di terra i confratelli di Montona, Buje, Visinada, Umago e Cittanova, e la nostra piazzetta si andava riempindo degli invitati e dei concittadini in attesa dell' ora fissata per il convegno. Che è che non è, poco prima dell'ora, si vedono quattro gendarmi con armi e bagaglio entrare nell' atrio del palazzo comunale e con quelli l'i. r. commissario conce-pista luogotenenziale signor Dr. Fabrici, e prendervi posto. Il Podestà avvertito di ciò si è recato subito dal sig. Permeilo dirigente l'i. r. Capitanato per domandare la ragione di quella comparsa, e protestò, ma ben inteso indarno. Il sig. Commissario Fabrici con la forza armata a sua disposizione impose a tutti gli invitati, chiamati per nome, uno per uno, di presentare il biglietto d'invito prima di salire le scale. In simili occasioni le misure prese dalle autorità quando sono ragionevoli, vengono comprese subito e rispettate, ma questa .... si finì col ridere. Il Podestà aveva nello stesso giorno fatto conoscere all'i, r. dirigente del capitanato eil carattere degli invitati quasi tutti Podestà e membri di Deputazioni comunali, e date garanzie per P ordine pubblico nella città: ma forse è il caso di ripetere che la paura non ragiona. Il signor Commissario Dh Fabrici, dimostrò tanto zelo nell' adempimento del suo delicato incarico che vietò l'ugresso a un consigliere comunale di Capodistria, il quale voleva salire le scale di palazzo, e unicamente perchè non aveva il biglietto. Il signor Consigliere ha protestato ma ... . c'erano le bajonette! Voglia o non voglia, nella Sala Comunale si trovarono in 89; erano rappresentate da Padestà, Capi comunali e membri delle Deputazioni comunali Albona, Buje, Capodistria, Cittanova, Cherso, Dignano, Grisignana Isola, Lussinpiccolo, Lussingrande, Montona, Muggia, Parenzo, Pirano, Pola, Pisino, Rovigno, Umago, Valle, Veglia; da notabili cittadini Pinguente, Pedena, Portole Visignano, Visinada; di Trieste c'erano l'avv. Guido Dr. Angeli membro della delegazione municipale, e gli on. Consiglieri Comunali Benussi e Bernardino. L' adunanza aveva carattere confidenziale, ed a quanto ci venne riferito pochi parlarono e ben presto tutti si intesero, e deliberarono d'organizzare un comizio pubblico in Trieste per trattare e deliberare sulla questione nazionale in rapporto agli ultimi fatti. A questo scopo fu eletto un comitato esecutivo composto degli onnor, Signori Avv. Guido D'Angeli ■di Trieste,,Avv. Giovanni Canciani podestà di Parenzo Giorgio Cobol podestà di Cadodistria, Giov. Battista de Franceschi podestà di Umago, Avv. Domenico Fragia-como podestà di Pirano, Avv. Silvestro Venier podestà di Buje. Dopo la seduta, si pranzò alla trattoria Ferrari e in fin di tavola vennero raccolti 60 fiorini a favore della Lega Nazionale. Con la corsa delle 4 molti partirono col battello a vapore, poco dopo gli altri per le varie parti della provincia. Le pattuglie di gendarmi continuarono a perlustrare la città di sera e tutta la notte, ma la quiete non venne turbata dal minimo incidente. Le rappnesentanze comunali di Albona, Pola, Parenzo, convocate in seduta straordinaria, votarono analoghi ordini del giorno di protesta; e in ogni città, in ogni borgata il popolo con dimostrazioni ordinate imponenti per il numero, approvò il contegno dei suoi rappresentanti. Un grido solo unanime si alza dall'Istria e per fortuna questa volta si è fatto udire oltr' alpe e oltre mare: Vogliamo rispettata la nostra gloriosa nazionalità! -—318—--:------ Appunti bibliografici Riccardo Pitteri. Al Bove. Carme, Trieste. Caprin 1894. Che il buon bove esca anche lui dalla pacifica stalla per posare da modello al poeta in Parnaso potrà sembrare a taluno una canzonatura. Ma poiché il bove è argomento di un carme a Riccardo Pitteri ; e che questi ci ha ricamato sopra dei versi bellissimi, allora giù il cappello ; e il pacifico quadrupede, può a buon diritto ripetere : „Fra l'altre bestie posso starci anch'io". Ma non sono già versi giocosi, intendiamoci : benché il carme abbia una certa somiglianza coi componimenti in sestine che esauriscono 1' argomento con addentellati di parole, rimane sempre però esempio del come un poeta vero, anche da basso argomento, e con un titolo equivoco, sappia inalzarsi per ingegnosa associazione d'idee a liberi voli. Che il Pitteri nella scelta dell' argomento sia stato suggestionato dal noto sonetto del Carducci, è probabile. Quello è certo si è che i versi dell'autore fedelmente rispecchiano la vita del paese, e nello stesso tempo rispondono alle particolari inclinazioni del poeta il quale ha uno squisito sen- timento della natura ; e predilige la vita tra i campi. È per vero Trieste costretta a stare al guardavoi per difendere ogni giorno, ogni ora la sua minacciata nazionalità, sente il bisogno di raccogliersi spesso sul colle di San Giusto, tra i ruderi della romana grandezza; ed allora la mente de'migliori suoi figli naturalmente evoca i costumi, i riti, le leggi, e le tradizioni poetiche dell'alma madre. Si aggiunga che nella manifestazione del sentimento nazionale, il poeta, come il prosatore è obbligato da noi a contenersi in certi limiti ; quindi deriva P ingegnoso ricorrere alle idee classiche, e il destreggiarsi fra Scilla e Cariddi, e l'accennare in coppe per dare in bastoni. Tutto ciò spiega la scelta opportuna del tema, nel trattare il quale il poeta triestino un altro lato rispecchia della vita cittadina. Da noi si vive sempre d'alta idealità; il conservare il sacro patrimonio della lingua è il porro unum necessarium : non abbiamo tempo noi di occuparci di altre questioni che agitano altrove gli spiriti. Toccando quindi il Pitteri della fondazione di Tergeste romana con potente volo lirico s'alza a cantare la sua città; ed esclama ».......In ogni cor la prima Fede è la patria". Anzi tanto insiste in questo concetto e con frequenti, forse troppe esclamazioni, da indurci a credere che 1' abbia fatto a bella posta, per chiudere la bocca ai sognatori dei cosmopolitismo, e delle teorie scandinave. Perciò raccogliendo i vanni, prima di ritornare all'argomento, ripetendo il concetto primo, conchiude. „Quegli è felice assai, se vinta alfine Dopo cento sconfitte una battaglia, Può dire: vinsi per la patria....." Con questi ideali in mente, con queste speranze nel cuore è naturale che il poeta, avvezzo a vivere nella pace dei campi, veda tutto roseo, e gli ripugni di affrontare argomenti tanto di moda altrove. Alzino altri con Ada Negri la zappa rustico orifiam-ma brandita „Da un' inspirata plebe" il Pitteri canta invece la zappa, „leale nell'antica forza, arma innocente e pura." Egli ha fede nella dilettosa via del progresso ; delle questioni che più agitano il mondo oggi, non si preoccupa, e prevede il finale trionfo del progresso in cui ......da ogni petto Proromperà concorde inno a la vita La parola di pace : ama e lavora. È questa l'originalità, il merito principale del Pitteri ; egli è il rappresentante della sua città, di una città, che per affermarsi ha bisogno di cantare il progresso ; poiché per mezzo della società del progresso tenne viva la sacra fiamma. Togliere questa fede al popolo, o negligerla per cantare altri ideali sarebbe oggi un tradire la patria. Questa la ragione del lirismo, che in altri luoghi, e in altre circostanze sarebbe soverchio, e che domina in tutto il carme. Detto così del pensiero dominante, si avrebbe ora ad esaminare la forma; Paucis absolvar. Sono versi squisiti, di sapor classico, virgiliano. Quanta eleganza, quale purezza di linee nella descrizione del garzoncel che guida il bue tra le robinie in fiore ; disegno adatto per una raetopa del Partenone ! (pag. 8). E quell' incantevole scena nel casolar montano ! Ai puristi verrà del cencio, per via della descrizione del pus vaccino (pag. 26) ; e davvero in mezzo a tante bellezze quel po' d'incenso arso in onore dei numi zoliani, dà al naso. Ancora un breve appunto. Rammentate le farfalle, le api, le mosche e il cane, l'autore accenan-do al bue, esclama enfaticamente: Tu sol lavori. Ma perchè tra le bestie oziose enumera anche le api? Lavorano anche esse e come! quelle industri bestiole; e lo sanno Virgilio ed il Rucellai. Il Pitteri. farà certo una seconda edizione del carme ; rammenterà allora un' altra pura gloria del bove : l'onore di aver trascinato il carroccio, e tardato la fuga ai difensori del medioevale palladio. Perchè, come il classicissimo Leopardi, non si ha a ritenere che solo nelle antiche età corressero le genti a squadre a difesa della patria, E da Legnago a Salvore un volo lirico è presto fatto; ed allora che nobili versi scriverà il Pitteri, allungando di qua, e abbreviando altrove, quella sacra macelleria per esempio a pagina 19, bella ma lunghetta. E. poiché- così efficacemente l'illustre poeta sa cantare i domestici fatti, anche non dimentichi i buoi incoronati d'edera e di altre festive fronde, trascinanti fra liete canzoni e suoni di rustiche avene il tino della vendemmia su quel di Parenzo. (Vedi Caprin, incisione a pagina 253 — Marine istriane.) Ed ora lieti di poter registrare un nuovo trionfo della musa italiana a Trieste, poiché un paese non può dirsi civile senza letteratura, invitiamo i signori della grande Croazia, i quali si sono fitti in capo di snazionalizzare l'Istria, di educare le naturali inclinazioni di qualche errante mandriano del Carso, perchè un giorno possa emulare i nostri nel canto. Solo che essendo il bue Gragnolino punto poetico, con que' sucidi medaglioni sulle -cosce e sulle-gambe sarà bene sugggestionare il futuro versajuolo, perchè canti qualche altra bestia : 1' orso, per esempio. Con tutto il rispetto ai veri geni delle Slavia i quali onorarono e onorano la gloriosa nazione ne' suoi naturali confini, da noi, in terra per loro-straniera, quei geni faranno sempre cattiva prova, e l'orso co' suoi goffi scambietti rimarrà bestia modello. Collocandosi il busto di Dante Alighieri opera di Ettore Ferrari nell' atrio del ginnasio comunale di Trieste. XXIII Settembre MDCCCXClV. Versi di Cesare Rossi. Il Rossi ed il Pitteri, 1' uno grave meditabondo, filosofico ; facile 1' altro ed aperto sono due fratelli in arte, due poeti che si completano a vicenda ; e ci danno entrambi una vivissima idea della vita triestina. L'occasione era solenne; ed il canto del Rossi, col ritmo veramente saffico, con l'altezza e dignità dei concetti è solenne e degno in tutto della semplice, ma nobile festa. L'intonazione è adunque giusta; e senza affaticarsi in cerca di metri dalle prime strofe si comprende che il Rossi ha trovato subito la veste più adatta ad esprimere i suoi concetti; anzi si direbbe che i concetti stessi siano balzati dalla sua mente rivestiti già di quella forma grave ei armoniosa insieme. L'odiprofanum vulgus et arceo suonò certo all' orecchio del poeta ; fin dalle prime strofe si capisce che il Rossi sa di parlare a' giovani colti ed onesti, ed al fiore della cittadinanza, e di parlare di un altissimo poeta. Quindi le trasposizioni fin dalle prime mosse, ed i pensieri elevati che non s'intuiscono subito, ma hanno bisogno di meditazione; in tutto ciò c'è qualche cosa di dantesco, e solenne. Si, o poeta, volgo profano da tener lontano ne abbiamo tanto; e giova assai che allo studio severo di Dante siano eccitati i giovani nostri dalla tua musa schiva e pensosa. p. t. -■—--1- Pregati pubblichiamo : RINGRAZIAMENTO Addolarati profondamente perla perdita della loro amata Madre, i sottoscritti porgono i più vivi rigrazia-menti a tutte quelle benevoli e cortesi persone che in vari modi parteciparono al grave lutto che li colpì. Capodistria, ottobre 1894. Paolina Fabiani nata Martissa Giuseppe Martissa Dr. Luigi Martissa