received: 2006-09-14 UDC 343.102:316.343-058.12(450.82)"15" original scientific article CRIMINALITÁ NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA NELLA SICILIA DI FILIPPO II Vittorio SCIUTIRUSSI Universita degli Studi di Catania, Dipartimento di Studi politici, IT-95131 Catania, Via Vittorio Emanuele II 49 e-mail: sciuti@unict.it SINTESI La relazione intende ricostruire la peculiare "percezione política" della devianza espressa dagli inquisitori del regno di Sicilia nei confronti dei crimini atroci com-messi dai baroni ascritti alla "famiglia" del santo tribunale, e l'alternanza della legi-slazione di Filippo II sulle materie giurisdizionali di competenza del foro privilegiato inquisitoriale. Parole chiave: Sicilia, inquisizione, Filippo II, baronaggio, crimi atroci CRIME AMONG NOBLEMEN AND THE SPANISH INQUISITION IN THE SICILY OF PHILLIP II ABSTRACT The paper aims to reconstruct the peculiar "political perception" of deviance expressed by the inquisitors of the Kingdom of Sicily in relation to the atrocious crimes committed by barons and attributed to the "family" of the sacred court, and the alternation of the legislation of Phillip II concerning judicial matters in the hands of the privileged court of inquisition. Key words: Sicily, inquisition, Phillip II, baronage, atrocious crimes I. Vorrei ricostruire la peculiare "percezione politica" della devianza espressa dagli inquisitori del regno di Sicilia nei confronti dei crimini commessi dai baroni ascritti alla "famiglia" del santo tribunale, e l'alternanza della legislazione di Filippo II sulle materie giurisdizionali di competenza del foro privilegiato inquisitoriale. 585 Vittorio SCIUTIRUSSI: CRIMINALITÀ NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..585-594 Nell'isola, le magistrature regie applicavano la procedura ex abrupto, rigorosissi-mo modello processuale in cui i giudici decretavano l'immediata carcerazione e tortura degli indiziati sulla base di semplici informazioni o denunzie, elevate dal loro po-tere discrezionale al rango di prove semipiene. Molto temuto da tutti i sudditi del Regno, soprattutto dai ceti privilegiati - baronaggio, officialità, mercanti -, il rito straordinario ex abrupto aveva perduto l'antico carattere eccezionale (che lo riservava al delitto di lesa maestà) e nel Cinquecento i viceré erano soliti autorizzarlo ad ogni richiesta del fisco. La tortura era, infatti, considerata l'unico mezzo per provare e punire i delitti in un Regno dove i falsi testimoni erano tanto numerosi, le violenze private cosi frequenti, e dove fuoriuscitismo e banditismo signorile avevano acquisito un carattere permanente ed endemico. Perciô la necessità di strumenti altrettanto cru-deli e rapidi nell'accertamento e nella punizione dei delitti. Intorno alla metà del secolo, al fine di sottrarsi alla giurisdizione regia e di elude-re la temuta procedura ex abrupto, numerosi baroni e mercanti entrarono a far parte, quali familiari, del tribunale dell'Inquisizione. Alfonso Crivella nel 1593 osservô come "tutta la nobiltà et cavalleria et persone di qualità si facevano familiari d'esso Santo Ufficio per goder di quello foro, et per non essere obligati al Viceré, né ad altro Tribunale" (Crivella in: Baviera Albanese, 1970, 51). In tal modo nell'isola venne a costruirsi una forte alleanza tra Inquisizione e alti esponenti del baronaggio siciliano. Questi ultimi, con l'acquisto venale della familiatura e dei privilegi connessi, otter-ranno l'incommensurabile vantaggio del foro inquisitoriale non soltanto nelle cause civili, ma anche nei processi penali, e ció significó di fatto l'impunità nei delitti atro-ci, per i quali i familiari godevano dell'assoluzione o, negli episodi più scandalosi, di composizioni in denaro. Per l'Inquisizione siciliana annoverare tra le sue file i ceti privilegiati isolani significó garantirsi un consenso interessato ed ampio, che - attraverso la mediazione di queste élites - venne a estendersi agli altri ceti urbani delle città regie e feudali. Ri-sultato, questo, di straordinario rilievo politico, che si tradusse immediatamente in una sua più incisiva influenza presso la corte madrilena e presso la Suprema. A li-vello patrimoniale, le vendite illecite delle patenti di familiare, i diritti esatti nei con-tenziosi civili, ed infine le onerose transazioni e composizioni imposte ai foristi re-sponsabili dei frequenti episodi delittuosi, comportarono introiti rilevanti per l'azien-da del Sant'Offizio, in crisi dopo che si erano esauriti i proventi derivanti dalle co-munità di conversos, annientate nella prima metà del secolo. Una cosi numerosa presenza di familiari appartenenti ai ceti socialmente ed economicamente dominanti costitui un carattere peculiare dell'Inquisizione di Sicilia, che non si ritrova negli altri distretti iberici del santo tribunale, dove prevalgono i ceti medi. Le relazioni cinquecentesche e le corrispondenze viceregie descrivevano, con insistenza, gli inconvenienti gravissimi che la protezione degli inquisitori, il numero eccessivo di foristi e la facoltà di portare le armi arrecavano all'ordine pubblico e al 586 Vittorio SCIUTI RUSSI: CRIMINALITÀ NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..., 585-594 governo della giustizia. Non vi era "delicto extraordinario y enorme en que no intervenga familiar de la Inquisición", dichiarava il duca di Medinaceli, che nel suo vice-regno (1557-1564) aveva favorito il Sant'Offizio (CODOIN, 1856, 338-339). Ed anche Scipione di Castro ravvisava nei familiari di quel tribunale "gli autori dei mag-giori et più temerarii delitti" commessi nel Regno (Saitta, 1950, 69). Nel 1577, il viceré Marc'Antonio Colonna denunzió a Filippo II come "todos los ricos nobles y los delinquentes" godessero del foro privilegiato inquisitoriale (AGS). Di fatto, secondo quanto denunziava un anonimo ministro alla fine del Cinquecento, per lo stesso de-litto si erano visti i baroni-mandanti assolti dal santo tribunale, e gli esecutori condannati dalla Gran Corte. Dal punto di vista delle istituzioni e del diritto, non vi era cosa "più disconveniente, absorda e che offenda ogni bono costume et ogni lege, che viverse con diverse legi fra l'homini di uno Stato, come sono secolari et secolari". Ma come sarebbe stato possibile realizzare un progetto elementare di giustizia in presen-za dell'Inquisizione e della sua giurisdizione temporale, divenuta per i ceti dominanti, "porto e sicurtà d'impunità e di salvezza, si che a la volontà et potenza di far male, vi concorre un loco et refugio per l'impunità" (BCP, 1)? Com'era prevedibile, a partire dalla seconda metà del Cinquecento, furono fre-quentissimi gli aspri i conflitti giurisdizionali tra il tribunale della Gran Corte e il Sant'Offizio. La corrispondenza viceregia di quei decenni denunció con insistenza e con toni preoccupati la protezione offerta con arroganza dagli inquisitori ai familiari, nobili e borghesi, rei di gravissimi delitti quali l'omicidio, la fabbricazione di moneta falsa, la protezione offerta a banditi, la sodomia. La giuspubblicistica registró immediatamente la contrapposizione tra due blocchi di potere, Inquisizione e baronaggio da una parte, viceré e ministero togato dal'altra (Saitta, 1950, 67-69; Baviera Albane-se, 1976b, 90-94). La rilevanza politica acquisita in Sicilia dal partito inquisitoriale era tuttavia da ricondurre a motivi più complessi e profondi, legati agli arcana imperii e alla volontà di Filippo II di elevare il Sant'Offizio ad elemento specifico dell'as-solutismo e del modello amministrativo spagnolo: uno strumento estremamente rigoroso ed efficiente non soltanto ai fini del disciplinamento sociale e del dominio sulla società, ma soprattutto ai fini del controllo sull'apparato statuale. Da tutrice della fede cattolica e della sua purezza, l'Inquisizione si era convertita in un potere parallelo al potere istituzionale viceregio, garante della fedeltà del baronaggio, degli ecclesiastici, degli intellettuali, dei populares alla corona ed attenta indagatrice della coscienza politica del viceré, del ministero togato e dell'officialità.1 Gli inquisitori si appellavano allo spirito notoriamente devoto di Filippo II per ri-affermare la stretta interdipendenza tra solidità della religione, potere dell'Inquisizione e stabilità della corona. Il santo tribunale rappresentava provvidenzialmente un "muro fortissimo", atto a difendere i domini spagnoli dalle eresie e perció a mante- 1 Ho sviluppato questa tesi in Sciuti Russi, 1999, 37-64. 587 Vittorio SCIUTI RUSSI: CRIMINALITÀ NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..., 585-594 nerli "sotto l'obbedienza della Chiesa e di Sua Maestà"; una difesa insostituibile in un regno come la Sicilia, "con un popolo di varie nazioni: cristiani, mori, turchi, greci di levante con proprie leggi e cerimonie, pieno d'infedeli in tempi cosi calamitosi", "coi rapporti frequentissimi della vicina Calabria e di tutte le nazioni del mondo" (Garufi, 1978, 221-233). Gli stessi inquisitori, in un rapporto del 1589 alla Suprema, ricono-scevano di aver protetto alcuni baroni loro foristi, colpevoli di omicidio, ma giustifi-cavano il loro operato adducendo, in un clima di crescente antispagnolismo, irrinun-ciabili ragioni politiche: "Se in quella parte della nobiltà soggetta al Sant'Officio con-corresse pure il mal'animo che si ha in tutto il resto della popolazione del Regno, molti e gravi inconvenienti ne seguirebbero a danno del servizio di sua Maestà e s'aumenterebbero i grandi lamenti che s'alzano ovunque" (Garufi, 1978, 263). La conservazione della monarchia giustificava l'aperta protezione da loro offerta, attra-verso il foro privilegiato, ai fedelissimi baroni siciliani, familiari del santo tribunale. La prammatica-concordia promulgata da Filippo II a Badajoz il 4 luglio del 1580 (PRS, 1) costitui una clamorosa vittoria del partito inquisitoriale. Era diretta a risol-vere i conflitti di competenza e a determinare le materie giurisdizionali e i poteri del Sant'Offizio. Alla sua elaborazione parteciparono due ministri della Suprema e i reg-genti del Consiglio d'Italia Carvajal e Ramondetta, personaggi apertamente legati al Sant'Officio. La prammatica del 1580 riconobbe al Sant'Offizio un'estesissima com-petenza giurisdizionale a favore dei foristi, compresi gli omicidi, i delitti gravi ed "atroci", ed escluse dal foro privilegiato pochissimi reati. I debiti nei confronti del-l'erario, le cause feudali, i delitti commessi nell'esercizio di un pubblico ufficio, le trasgressioni agli ordini emanati in tempo di peste e di guerra costituirono le uniche materie riservate alle magistrature regie. La prammatica decretó, inoltre, la legittimità delle censure inquisitoriali contro i ministri regi e riservó esclusivamente agli inqui-sitori la revoca delle scomuniche comminate, sin allora appellate innanzi al giudice della Monarchia, l'antica Apostolica Legazia, in cui dal 1581 fu eletto un eccle-siastico. A parere di Henry Charles Lea, questa prammatica rappresentó "una resa incon-dizionata" imposta dalla monarchia al potere viceregio e alle magistrature del Regno: "In Castiglia, - osservó lo storico nordamericano - alcuni tra i crimini più gravi furo-no esclusi dal foro privilegiato dei familiari; in Sicilia, invece, questi individui gode-vano della giurisdizione inquisitoriale per ogni tipo di reato, non importa quanto fosse atroce" (Lea in: Sciuti Russi, 1995, 52). Per lo storico nordamericano, la diversa politica legislativa di Filippo II trovava una spiegazione nel fatto che in Castiglia erano presenti il sovrano, la sua corte, i suoi Consejos, e non sarebbe stato tollerabile che le azioni delittuose dei foristi ponessero in discussione il governo della giustizia e l'immagine stessa della sovranità. A mio avviso, il prevalente ruolo politico acquisito in Sicilia dal partito inquisitoriale nascondeva motivazioni più complesse e profonde, legate agli arcana imperii e, come si è sopra sottolineato, alla volontà di Filippo II di 588 Vittorio SCIUTIRUSSI: CRIMINALITÀ NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..., 585-594 promuovere il Sant'Offizio a elemento specifico del modello amministrativo spa-gnolo nell'isola e a strumento privilegiato dell'assolutismo. II. Il Sant'Offizio siciliano, sull'onda del successo conseguito, ritenne di avere ormai via libera. Familiari ed ufficiali si avvantaggiarono del maggior potere conseguito dal "loro" tribunale, e si concessero liberta tali da compromettere l'ordine pubblico e da rendere nominale la sopravvivenza della giurisdizione regia. Durante il governo dei viceré Marc'Antonio Colonna e del conte di Alva de Liste lo scontro divenne ancora più grave a causa di alcuni gravissimi omicidi in cui furono coinvolti potenti espo-nenti della nobiltà. Giovanni del Carretto, conte di Racalmuto, mandante nel 1585 dell'assassinio premeditato di Gaspare Carita, suo nemico, aveva ottenuto la com-mutazione della pena edittale con un'ammenda di duemilacinquecento scudi (AHNM, 4). Michele Spatafora, marchese della Roccella, fu accusato nel 1588 di essere il mandante dell'assassinio di Baldassarre Crupi dagli stessi esecutori condannati a morte dai giudici regi. Sarebbe stato assolto nel 1593 dai ministri del Sant'Offizio (AHNM, 1; AHNM, 2). Nel 1589, fu ucciso il sollecitatore fiscale Giuseppe Rayola. Il viceré Alva de Liste promulgó un bando in cui promise l'indulto all'assassino, se si fosse costituito e avesse rivelato il nome del mandante. Attraverso questo espediente, drammatica te-stimonianza dell'impotenza della giustizia regia, il conte di Mussomeli Ottavio Lanza, che si trovava formalmente recluso, ma di fatto ospite, nelle carceri inquisitoriali, fu inquisito dalla magistratura regia per avere ordinato l'omicidio ai suoi servitori Matteo Canali e Pietro Seino. Alva de Liste, dopo aver mostrato agli inquisitori le in-formazioni e le testimonianze raccolte, non volle acconsentire alla loro pretesa di continuare a detenere il conte con la clausola "carcerato per ordine di Sua Eccellen-za", in attesa della decisione di Filippo II e dei suoi consiglieri madrileni sul conflitto di competenza. Il viceré ordinó al capitano delle guardie viceregie e al castellano Salazar (incaricato dell'interrogatorio sotto tortura dell'inquisito) di recarsi presso la sede del Sant'Offizio e di catture il conte di Mussomeli. L'ordine fu eseguito nono-stante i violenti scontri armati tra gli ufficiali regi e quelli dell'Inquisizione. Gli inquisitori colpirono allora con la scomunica il capitano, il castellano, ed i giudici della Gran Corte, e minacciarono il viceré di utilizzare anche contro di lui le armi spiritua-li, nonostante l'espresso divieto regio in materia. Alva de Liste, attraverso il consulto-re Escudero, fece sapere agli inquisitori che, qualora avessero osato scomunicare il supremo rappresentante del sovrano nell'isola, anch'egli avrebbe reagito con forza. Richiese, inoltre, al giudice della Monarchia la revoca delle scomuniche e, non aven-dola ottenuta, convocó al palazzo viceregio i presidenti dei tre supremi tribunali del Regno e numerosi alti ufficiali al fine di deliberare l'immediata decapitazione del 589 Vittorio SCIUTI RUSSI: CRIMINALITA NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..585-594 conte e la carcerazione degli inquisitori come perturbatori della quiete e dell'ordine pubblico in Sicilia. Attraverso la mediazione dell'arcivescovo di Palermo Aedo, del giudice di Monarchia e di altri ministri, si giunse ad un compromesso: gli inquisitori avrebbero sospeso la scomunica e il viceré avrebbe restituito il conte di Mussomeli alle carceri inquisitoriali, in attesa della decisione di Filippo II (AHNM, 3). Nei gior-ni successivi, numerosissimi memoriali inondarono la corte madrilena. Il caso si con-cluse soltanto nel 1593 con l'assoluzione del conte, grazie soprattutto alle false testi-monianze costruite dagli inquisitori. III. Questi episodi, nonostante il prevalere di soluzioni favorevoli al Sant'Offizio ed ai suoi nobili familiari, provocarono una decisa svolta nell'ambito legislativo. Filippo II promulgo, infatti, nel 1591, una prammatica in cui escluse, facendo espresso rife-rimento ai conflitti causati dai processi di Lanza e di del Carretto, l'omicidio preme-ditato dai reati compresi nel foro privilegiato del sant'Offizio; inoltre, proibi agli inquisitori di concedere "familiadura" ai baroni titolari di feudi (PRS, 2). La svolta del 1591, a giudizio di Henry Charles Lea, espresse la sincera reazione del rey prudente allo scandaloso livello raggiunto in Sicilia dagli abusi del Sant'Offizio nel proteggere i suoi foristi delinquenti (Lea in: Sciuti Russi, 1995, 54-55). Il provvedimento ri-spondeva, tuttavia, alle consuete tecniche di governo utilizzate dalla corte spagnola nei confronti della Sicilia. La corona puntava sull'Inquisizione per realizzare fini piu politici che di giustizia: conseguiti i primi, si mostrava favorevole a ristabilire gli equilibri turbati. Questo provvedimento provoco una frattura del blocco di potere Inquisizione-baronaggio e mise in discussione l'"imperialismo giurisdizionale" dell'inquisitore generale Valdés (1547-1566), ratificato negli anni 1573-1594 dall'inquisitore generale Quiroga2 e posto in pratica in Sicilia dai suoi fedeli collaboratori, tra i quali emergo-no le forti personalitá di Aedo, Peña e Páramo. Il progetto confessionale di Filippo II aveva guardato all'Inquisizione come un insostituibile strumento di governo idoneo a unificare regni costituzionalmente diversi e nel santo tribunale aveva riconosciuto la pietra angolare della monarchia, l'armamentario che ne garantiva la conservazione e l'unitá attraverso la repressione delle eresie, il disciplinamento dei comportamenti so-ciali, i processi di interiorizzazione di regole e modi di vita da parte dei sudditi. Nella fase finale del suo regno, il sovrano e i suoi consiglieri - quelli della Junta de noche e poi della Junta de gobierno, Vásquez, Chinchón, Idiáquez, Moura3 - costruirono un modello di governo in cui non vi era piu spazio in Sicilia per una "preheminencia" 2 Sul personaggio, cfr. il recente, importante studio di Pizarro Llorente, 2004. 3 Su questi personaggi e sui nuovi organismi di governo di Filippo II, cfr. Martínez Millán, De Carlos Morales, 1998, 238-242, 272-276. 590 Vittorio SCIUTIRUSSI: CRIMINALITA NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..., 585-594 e "reputación" del Sant'Offizio fondati sugli omicidi e sugli abusi impuniti dei suoi foristi. Questi delitti contraddicevano la sovranitá regia, la credibilitá del potere centrale, la "identidad justiciera" che costituiva "la forma y esencia substancial de la ma-gestad real" (Fernández Albaladejo, 1992, 74). Gli inquisitori, titolari di un potere pontificio ampissimo nelle materie spirituali e nelle cause di fede, godevano della iu-risdictio temporalis sui propri ministri, ufficiali e familiari per delega e concessione regia. Tale giurisdizione aveva un carattere subalterno, delegato e meramente esecu-tivo, la sua concessione era precaria e subordinata alla volontá del sovrano, che nel 1591 volle comprimere in maniera rilevante gli spazi giurisdizionali inquisitoriali. La richiesta di abrogare la prammatica del 1591, che incrinava l'alleanza tra il Santo tribunale e il baronaggio, sarebbe stata avanzata con continuitá e in modo pressante dal partito inquisitoriale. Si trovo subito il modo di eludere il divieto per i baroni feudatari ad essere matricolati tra gli ufficiali ed i familiari: numerosi baroni rinunziarono alla titolaritá dei feudi in favore dei primogeniti e ne conservarono l'amministrazione, continuando in tal modo a beneficiare nel loro contenzioso civile e penale dell'ambito foro privilegiato. In tal modo, i disordini causati dalla giurisdizio-ne temporale del sant'Offizio, dal numero eccessivo di foristi, dalla presenza tra que-sti ultimi dei ceti socialmente ed economicamente dominanti, costitui in Sicilia una realtá di lunga durata che incontro concreti correttivi soltanto nella legislazione del Settecento riformatore. In una lettera all'inquisitore generale Valdés, Filippo II aveva espressamente enunciato come obiettivo irrinunziabile del suo governo quello di ar-monizzare e di garantire "assí la authoridad del Santo Oficio, como la buena administración de la justicia" (AHNM, 5). Di fatto, nella Sicilia degli Asburgo, questo obiettivo, ritenuto subalterno al divide ac impera, resto una mera utopia PLEMIŠKA KRIMINALITETA IN ŠPANSKA INKVIZICIJA NA SICILIJI FILIPA II. Vittorio SCIUTI RUSSI Univerza v Catanii, Oddelek za politične študije, 1T-95131 Catania, Ul. Vittorio Emanuele II49 e-mail: sciuti@unict.it POVZETEK Prispevek rekonstruira specifično 'politično percepcijo' deviantnosti, ki so jo inkvizitorji Sicilskega kraljestva izražali v odnosu do okrutnih zločinov baronov, vpisanih v 'družino' svetega sodišča, ter izmenjavanje zakonodaje Filipa II. glede pravosodnih zadev, ki so bile v pristojnosti posebnega inkvizicijskega sodišča. Na otoku so kraljeva sodstva aplicirala postopek ex abrupto, izjemno strog procesni model, v katerem so sodniki odrejali takojšen pripor in mu enje osumljenca na 591 Vittorio SCIUTI RUSSI: CRIMINALITA NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..585-594 osnovi preprostih informacij ali ovadb, kijih je njihova diskrecijska moč dvignila na raven nepopolnih dokazov. Da bi se izmaknili kraljevemu sodstvu in se izognili strah vzbujajočemu postopku ex abrupto, so številni baroni in trgovci nekje na polovici stoletja kot zaupniki vstopili v inkvizicijsko sodišče. Tako se je na otoku vzpostavilo mo no zavezništvo med inkvizicijo in drugimi predstavniki sicilijanskega baronstva. Slednji so s preračunljivim nakupom zaupništva in z njim povezanih privilegijev od inkvizicijskega sodiš a pridobili neskon no prednost ne le v civilnih procesih, ampak tudi v kazenskih, kar je dejansko pomenilo nekaznivost v okrutnih zločinih, za katere so zaupniki uživali oprostitev, ali, v primeru težjih in bolj spotakljivih pripetljajev, poravnavo v denarju. Poročila iz 16. stoletja in dopisovanja s podkraljestvom so vztrajno opisovala izjemno hude nevšečnosti, ki so jih javnemu redu in vodenju sodstva povzročala protekcija inkvizitorjev, preveliko število zaupnikov sodiš; in pooblastila za nošenje orožja. Kot je na koncu 16. stoletja oblastem javljal anonimni minister, je sveto sodišče za isti zločin oprostilo barone - naročnike, medtem ko je vrhovno sodišče obsodilo izvršitelje. Politi kompleksnih in globokih razlogov, vezanih na arcana imperii in na voljo Filipa II, da bi sveti oficij dvignil na raven specifičnega elementa absolutizma in španskega upravnega modela. Gre za izjemno strog in učinkovit instrument, katerega namen ni predvsem namen nadzora istosti se je inkvizicija spremenila v garanta zvestobe baronstva, duhovščine, intelektualcev, svobodnih populares, poklicnega tožilstva in uradništva. Inkvizitorji so se sklicevali na pregovorno vdanega duha Filipa II., da bi potrdili tesno soodvisnost med trdnostjo vere, močjo inkvizicije in stanovitnostjo krone. Sveto sodišče je ob pravem času predstavljajo 'izjemno močan zid', kije bil zmožen braniti španske posesti pred krivoverstvi in jih zato ohraniti 'pokorne Cerkvi' in vladarju. Sami inkvizitorji so v nekem poročilu iz leta 1589 za Vrhovnega priznali, da so ščitili nekatere barone, sicer zaupnike njihovega sodiš a, ki so zakrivili umor, vendar pa so svoje početje - v ozračju naraščajočega prot¡španskega razpoloženja - opravičevali z neodpovedljivimi političnimi razlogi. Ohranitev monarhije je opravičevala javno zaš ito, ki so jo preko svojega posebnega sodiš a nudili najbolj zvestim sicilijanskim baronom, zaupnikom svetega sodiš a. Predpis-pomirjenja, ki ga je Filip II. razglasil v Badajozu 4. julija 1580, je predstavljal odmevno zmago inkvizitorske stranke, saj je svetemu oficiju priznal izjemno razširjeno sodno pristojnost v korist zaupnikov sodiš a, vklju no z umori in 'okrutnimi zločini', medtem ko je iz posebnega sodišča izključil izjemno malo deliktov. Desetletje kasneje, v spremenjenem politi nem ozra ju, ko so se zmanjšale napetosti med centralno oblastjo in podkraljestvom, je Filip II., zaradi nekaterih hudih umorov, v katere so bili kot naro niki vpleteni vplivni predstavniki plemstva, 592 Vittorio SCIUTI RUSSI: CRIMINALITÀ NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..., 585-594 kot je bil markiz della Roccella, Giuseppe del Caretto, brat grofa Racamulta, in Ottavio Lanza, grof Mussomeli, leta 1591 izdal predpis, kije naklepni umor izvzel iz spiska kaznivih dejanj posebnega sodišča in je obenem prepovedal inkvizitorjem, da bi kot zaupnike in uradnike volili barone, ki so bili lastniki fevdov. Preobrat iz leta 1591 je po mnenju Henryja Charlesa Leeja odražal iskren odziv reya prudente na sramotno stanje zlorab, ki ga je na Sicilij zakrivil sveti oficij. Vendar pa je bil ukrep uglašen z običajnimi tehnikami vladanja, ki jih je španski dvor uporabljal v odnosu do Sicilije. Kraljeva oblast je stavila na inkvizicijo, da bi uresničila bolj politične kot pa pravosodne cilje. Ko je namreč dosegla prve, se je pokazala naklonjenost za ponovno vzpostavitev porušenih ravnovesij. V končni fazi svojega kraljevanja so vladar in njegovi svetniki - pripadajoči Junti de noche in nato Junti de gobierno, Vásquez, Chinchón, Idiáquez in Moura - zgradili model vladanja, v katerem na Siciliji ni bilo ve; prostora za "preheminencio" in "reputación" svetega oficija, temelječega na nekaznovanih umorih in zlorabah njegovih zaupnikov. Ti zločini so zanikali suverenost krone, verodostojnost centralne oblasti, "identidad justiciero", ki je predstavljala "la forma y esencia substancial de la magestad real". Inkvizitorji, nosilci izjemno obširnih papeških pooblastil v duhovnih zadevah in vero- ralis v odnosu do svojih ministrov, uradnikov in zaupnikov sodišča. Takšno sodstvo je imelo podrejen zna aj, ki je bil izklju no zastopniški in izvršilen, njegova pooblastila so bila začasna in podrejena volji vladarja, kije leta 1591 hotel občutno omejiti jurisdikcijske inkvizitorske prostore. Ključne besede: Sicilija, inkvizicija, Filip II., baronstvo, grozljivi zločini FONTI E BIBLIOGRAFIA AGS - Archivo General de Simancas (AGS), Estado, leg. 1147, 186. AHNM, 1 - Archivo Historico Nacional Madrid (AHNM), Inquisición, legajo 1743, 12. AHNM, 2 - AHNM, Inquisición, legajo 1746, 11. AHNM, 3 - AHNM, Inquisición, legajo 1746, 20. AHNM, 4 - AHNM, Inquisición, legajo 1749, 3. AHNM, 5 - AHNM, Estado, legajo 2200, lettera di Filippo II all'inquisitore generale Valdés, Bruxelles, 23 marzo 1558. BCP, l - Biblioteca Comunale di Palermo. Manoscritto anonimo del secolo XVI, Ms. 3 Qq E 70, ins. 15, f. 8. PRS, 1 - Pragmaticarum Regni Siciliae novissima collectio, I, Panormi 1636, 69-73. PRS, 2 - Pragmaticarum Regni Siciliae (PRS), novissima collectio, I, 74. 593 Vittorio SCIUTI RUSSI: CRIMINALITA NOBILIARE E INQUISIZIONE SPAGNOLA ..585-594 Baviera Albanese, A. (ed.) (1970): Crivella, A.: Trattato di Sicilia, 1593. Sciascia, Caltanissetta. Baviera Albanese, A. (ed.) (1976a): Avvertimenti di don Scipio di Castro. Palermo, Societá siciliana per la storia patria, 67-69. Baviera Albanese, A. (ed.) (1976b): Los avertimientos del doctor Fortunato sobre el govierno de Sicilia (1591). Palermo, Societá siciliana per la storia patria. CODOIN (1856): Colección de documentos inéditos para la historia de España, 28. Madrid, Academia de la Historia. Fernández Albaladejo, P. (1992): Fragmentos de Monarquía. Madrid, Alianza Editorial. Garufi, C. A. (1978): Fatti e personaggi dell'Inquisizione in Sicilia. Palermo, Selle-rio. Martínez Millán, J., De Carlos Morales, C. J. (1998): Felipe II (1527-1598). La configuración de la Monarquía hispana. Salamanca, Junta de Castilla y León. 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