ANNO XIX. Capodistria, 16 Maggio 1885. N. IO. DELL' ni obojom ubo« inori Iii tu ib taoìx __?B8Ìb $WO'j i ßh.cigß jusnoidìno-i buiijUj Iba - % aq Ruimoaai ooiaidaü ojjjsì ,oj&ag iiutijgO'jh 19 - 330 ba ; osaoJe ón .. .i. UU- "Jl" Ksce il 1" ed il 1S d'opni mese. ASSoClAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua- driuiestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso 1» Keiimiouc. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Da numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. QUESTIONI AGRARIE Coli1 avvicendamento agrario, senza un forte sussidio di concimazione organica e minerale, non è possibile conseguire copia di prodotti rimuneratori, causa la devastazione compiutasi nello strato superiore dalle radici striscianti in ogni senso del frumento e del mais, assorbenti come vampiri gli alimenti inorganici della zolla resi alibili mano mano dallo stallatico e dagli agenti atmosferici ad opera delle arature e sarchiature. E siccome la concimazione complementare coi fosfati apporta un dispendio considerevole, insopportabile od increscioso ad un grosso numero di coltivatori, Così mettendo a profitto e a contributo la provvista degli strati inferiori, si giunge a risanguare ad intervalli corrispondenti al giro della rotazione la superficie, allorché viene il turno della coltivazione dei cereali. Certamente arriverà l'ora dell' esaurimento totale dei due strati operando a solo letame; ma se da mezzo secolo voi coltivate sullo stesso campo quelle due piante col soccorso degli alimenti minerali forniti dalla zolla superiore, la sottoposta, colla coltura avvicendata delle leguminose, vi porrà in grado di continuare i ricolti per altrettanto periodo di anni. Dopo di chè sarà d' uopo far ricorso ad un dissodamento spinto maggiormente in basso, se lo consente la roccia agraria inferiore, ovvero all' importazione di concimi inorganici per rifornire la scorta degli alimenti esauriti. Ora per accennare alle considerazioni d'ordine fisico-chimico, che consigliano la coltura delle leguminose da foraggio in avvicenda colle graminacee da grano, basta avvertire al quantitativo dei detriti radicali e fogliacei abbandonati da una coltivazione regolare da trifoglio o di medica, equivalente secondo Boussingault a chilogrammi 20 —-—-rrrr z iturrnoì ;ui igo! io wm ueoiqo ) unir olona Jan mila per ettaro. Questa considerevole massa di materie vegetali disfacendosi in terriccio funziona alla guisa di un cuneo a disgregare un suolo coesivo e tenace ed apporta viceversa una sensibile consistenza in un terreno sciolto ed incoerente ; ammendamenti uno e l'altro utili alle colture; il primo a facilitare i lavori aratorii e la distruzione delle radici, il secondo a diminuire la secchezza della zolla. Il terriccio, decomponendosi ulteriormente, svolge acido cai bonico valevole ad attaccare in concorso coli' umidità della zolla i granelli della sabbia granitica, rendendo così assimilabili alle ! ràùici gli alimenti inorganici altrimenti inattivi Da qui pure la ragione dei sovescii di piante erbacee ! adducenti colla fermentazione il dissolvimento dei silicati, dei carbonati, dei fosfati insolubili a pro-| fitti della coltura alla quale si applica in antece-! denza. Ecco la causa per cui un suolo fornito in qualsiasi modo di sostanze organiche risponde as-i sai meglio di un altro povero alla pronta utiliz-! zazione dei fosfati basici, i quali vogliono trovare nel terreno il veicolo opportuno alla loro alibilità. In un suolo, dove si coltivano alternativamente il maiz ed il frumento, che abbandonano tenuissimi residui e 1' alimento azotato, secondo le teorie dei più autorevoli agronomi, viene chiesto j dalle radici alla zolla, i concimi fosfatici applicati in copertura senza la concomitanza della corrispondente quota di nitrato di potassa, ordinariamente fanno prova infelice, mentre all' opposto una piccola porzione di fosfato calcareo anche di soli 20 chilogrammi per pertica riesce ad un profitto sensibilissimo alla coltura del cereale dopo il prato d' avvicenda; perchè voi in tal caso avete preparato una provvista economica di liquidatori del concime minerale. Per concludere, noi, coli' avvicendamento for- zato e non interrotto del frumento col maiz e col metodo in uso quasi ovunque di, scarse concimazioni anche nel rapporto del letame per povertà di foraggi, abbiamo ridotto il suolo nelle condizioni di un animale divoratore delle sue carni, come disse egregiamente il dottor Grazzi-Soncini nell' ultima conferenza agraria tenuta sul tema dei fosfati ; vale a dire, 1' abbiamo spolpato, dissanguato, fatto anemico insomma per esaurimento di sè stesso; ed oggi, per ricostituirsi e mettere in assetto il suo organismo, ha bisogno lo strato di coltivazione di reintegrare la quota degli elementi proteici, per dirla con una frase figurata. E colla bouificazione apportata dalla coltura regolare delle leguminose foraggiere, che lasciano nel suolo una copiosa messe di residui formati a spese degli alimenti minerali tolti allo strato inferiore e dell' azoto sottratto dall' atmosfera a mezzo delle foglie, noi rifacciamo la zolla risanguandola in certo modo senza dispendii, ed iniziamo un' a-gricoltura razionale e miglioratrice, la sola che sia feconda di utili risultati, specialmente nei riguardi dell' accrescimento del bestiame. 1. V. (Gazz. di Berg.) rinvìi:,- ■ . ———'»•'■jfrifl Il Giardino Infantile Il Giardino Infantile, a giudizio dei modèrni pedagogisti, è la più eletta forma tipica dell' educazione" della prima età, giusta gli ultimi portati della pedagogia, dell' antropologia e dell' igiene. Essa ha le sue origini in Quintiliano. E in vero, fin dai primi tempi di Roma, come si legge nelle sue Istituzioni Oratorie, le prime scuole dei parvoli erano disposte nei viridari e sotto le pergole, ove tra il profumo dei fiori i bambini erano ammaestrati ai giuochi infantili e alle prime nozioni del leggere, dello scrivere e del canto. Vittorino da Feltre, il più grande degli educatori italiani, nel 1420 istruiva i figliuoli di Francesco Gonzaga, duca di Mantova, quelli delle famiglie più cospicue del Mantovano e molti stranieri, che accorrevano nella così detta Casa giocosa o gioiosa. Vi erano gallerie, passeggi vasti ed ombrosi; e sulle pareti delle aule vi erano dipinti mille giuochi di fanciulletti. Sotto 1' azione vivificante del sole e all' aria libera si esercitavano gli allievi nel corpo e nella mente; con tavolette di *) L' argomento non è nuovo, ma sempre utile ed opportuno. Noi pubblichiamo questo articolo, perchè scritto da un illustre pedagogista, nostro comprovinciale, che da parecchio si occupa della educazione infantile. „ , ,«ni8iboq«0 .XIX 0//A cartone, dipinte a vari colori, si disegnava 1' alfabeto e l'istruzione era sempre commista ad innocui ricreainenti. Tutta F educazione tendeva al duplice scopo, di aver menti sane in corpi sani. Romaguosi raccomandava anch' egli, e dichiarava la teoria del giuoco nel governo dei bambini non pure qual semplice strumento d'istruzione positiva, ma altresì qual mezzo di abituare il fanciulla per tempo all' operosità. L'Aporti, il fondatore degli asili infantili, discepolo del filosofo di Salsomaggiore,- desiderava frequenti ricreazioni e gli studi stessi trattati a maniera di divertimenti : e il piacentino Taverna riconobbe la potente azione educatrice della natura, per cui prevenne il creatore del Giardino d'infanzia. Che cpsa è adunque il Giardino d'infanzia? Il Giardino d'infanzia non è solamente una definizione, ma un programma. Esso è un luogo fabbricato secondo le norme igieniche, con un certo spazio di terreno che lo circonda a foggia di giardino, destinato a raccogliere fanciulli dai 3 ai 6 anni. Seguendo le leggi della natura, Federico Fröbel con semplice vocabolo chiama i fanciulli fiori, e destina loro come primo alimento 1' aria libera ed aperta del cielo, per maestra una giardiniera, per occupazione il lavoro ed i giuochi, per divertimento i canti e le feste. > J ........ Tutto in questa scuola e brio, e vita, e moto, è giocondità. Ma questa letizia è rivolta ad utile scopo ; l'istruzione trapela da ogni lavoro, e tutto questo avviene senza che i fanciulli se ne accorgano. Che cosa è invece l'Asilo-scuola? In quella età, in cui sembra non si possa parlare alla intelligenza se non col mezzo dei sensi e del cuore, falsando il metodo del filantropo cremonese, la fredda ed arida istruzione prevalse. I nostri asili parvero dapprima una opportuna transizione tra la famiglia e la scuola. Il loro primo seopo fu la custodia dei bimbi, salvandoli dall' abbandono, in cui erano lasciati dalle famiglie povere, le quali o non potevano o non volevano attendervi. Il cibo cotidiano, fornito dall' asilo, fu 1' esca per popolare queste sale materne, le quali più tardi si trasformarono in veri istituti scolastici, preparatori alle scuole elementari. Quindi dimenticato il loro compito educativo, furono in esso introdotti gli sterili esercizi della memoria, le precoci fatiche della mente, il presagio di quel tedio, che pesa nelle scuole posteriori. L' uggia allo studio viene in tal guisa appresa di buon' ora ai fanciulletti ; sicché più tardi seggono sui panchi delle scuole elementari pallidi, sfiniti, disamorati. Invece il Giardino infantile non è una scuola, cioè non si occupa di sillabare, di leggere, di scrivere, di conteggiare, di analisi grammaticali, di catechismo, di storia sacra e profana, ecc. ; ma è una doppia ginnastica del corpo e della mente, la prima però coordinata alla secónda, eosichfc dai fatti sensibili rampollino le idee e le cognizioni, o Per lo che il corpo,., occupato in diversi generi d' operazioni, attira la mente ad osservarle ; e in questa osservazione avvi la ginnastica d(^l cervello. Nel giardino frCbeliano tutto adunque ha una significanza ; è un continuo lavoro educativo. Quivi la maestra studia attentamente P attitudine speciale di ogni bambino, ne promuove P estrinsecazione, e conforme a quella coordina le impressioni, i lavori, i giuochi ad un fine, ch'essa deve intendere e stabilire in relazione all' individuo da educare. Così P azione educativa non si mostra mai isolata, ma compenetrata coli' azione libera e spontanea del fanciullo, e indirizzata positivamente al bene. La maestra, secondi» Fri)bel. non insegna, ma dimostra ; non pone libri nelle mani dei fanciulli, ma oggetti che divertendo lo educhino ; come una palla, una sfera, un cubo, un cilindro, un prisma variante all' infinito. Le forme loro, le combinazioni e i colori scoprono al fanciullo le leggi del movimento, dell' estensione, P armonia delle cose. Con questo aiuto impara i primi elementi delle scienze e le leggi naturali, acquistando l'occhio e lo intelletto in eotesti giuochi rettitudine e buon senso. La palla allegra salta intorno a lui il cilindro svolgendosi, lo meraviglia con le sue trasformazioni, il cubo dolce e sollecito nelle sue piccole mani diviene uno strumento utile ed Obbediente. Fröbel non isviluppa le forze morali staccandole, nè separa mai la ginnastica della mente da quella del corpo. Lo sviluppo progressivo e contemporaneo della parte fisica e morale dell' uomo non può' raggiungersi in altra guisa, che coli' esercizio contemporaneo ed armonico d' ambedue. La loro separazione riesce sempre dannosa, come quella di due auriga, che diversamente reggessero il medesimo cavallo. Se nei nostri Asili-scuola la maestra è tutto e fa tutto, e il fanciullo, più eh' altro, subisce l'istruzione che gli viene impartita; nel Giardino invece il fanciullo insensibilmente e grado grado la riceve da se medesimo, e però da pàzienté diventa agente', in altri termini, la educazione negativa si fa positiva. Agire è vivere : non bisogna sovrapporre, ina cavare, estrinsecare. Socrate fu detto per questo ostetricante di sapienza. Le pareti dei Giardini infantili, in luogo i di cartelloni irti di sillabe e di parole, sono coperte di quadri che rappresentano scene della vita domestica e sociale.;,|,[invj Prendiamo, per esempio, il quadro del contadino. Siamo in faccia alla natura, in un' aperta campagna illuminata da luce serena: vi stanno a convegno in tutta confidenza fanciulli e fanciulle, È la stagione della semina : tutti quei fanciulletti vedono l'industre agricoltore inteso a seminare, e lo imitano, con vivo diletto. La musica aiuta ad esercitare i loro muscoli in tutte le più svariate attitudini, abituandoli al ritmo e alla misura e li diverte : perchè tutto ciò ch'eccita 1' attività della mente e del corpo giova altresì a crescere il buon umore e la gaiezza. L'istruzione comincia appena il fanciullo è atto a divertirsi da sè Basta che possa vedere e toccare ; vedere e toccare, istinto dell'infanzia, per esso è apprendere. Il bambino vuol toccare tutto, vuol mettersi in relazione cogli oggetti che lo circondano, studiare il mondo che abita. Si mostra indiscreto ? È un' indizio che la sua attività non viene soddisfatta. Lo riconduci ai giuochi ed egli vi si rifiuta; li conosce, nop li vuol più. Li ha scoperti menzogne, fatte espressamente per lui ; si sente ingannato. Quei cavalli non gli compariscono più veri cavalli ; quei soldati non lo accontentano più ; nati» per crescere e progredire, non sa aspettare. Lo svolgimento intellettivo si opera in ordine alle leggi della natura, e secondo lo svilnppo fisico. Un fanciullo che si annoia, presto intisichisce: mentre P azione. P attività, io fortificano e gli accrescono la vita. Lo vedrete sempre allora affaccendato, sovente serio, penetrato profondamente de* suoi atti. E in vero deve far tanto per comprendere la vita e il mondo ! Sente tutto ciò eh' entro lui si svolge ; ogni sua parola è una questione. Ecco la palla, il giuoco più caro all' infanzia, perchè il più vivo. Il fanciullo la gettai la riprende. Ora sospesa ad un filo, la fissa attentamente. È lezione di lingua e di relazioni, qui, là, di sopra, di sotto, subito veloce. La palla prosegue, descrive cerchi, elissi spirali, giunge infine a dimostrare le leggi della forza d'impulsione, della centripeta e centrifuga. ecc. Il primo che trovò che due e due fanno quattro, se ne avvide aggruppando non cifre, ma oggetti. Partendo dal fatto, si giunge alla forinola, e nessuna forinola sarà mai compresa prima che noi, con operazione più ó meno ràpida, non P abbiamo congiunta ai fatti. Il fanciullo che non ha visto ancora, nè osservato non può fare questa o-perazioue. Bisogna che prima veda. L' unità rappresentata dal cubo gli si mostra visibile e reale ; schierati per gruppi i numeri fino a dieci, il fanciullo li conta cantando ; 1' addizione si fa con la riunione dei gruppi, la sottrazione è evidente, la moltiplica e la divisione, essendo inversa F una dall' altra, si fanno nello stesso tempo. Per le frazioni 1' unità diviene una colonna formata da tanti cubi ; la proporzione si mostra netta e rigorosa, le radici quadrate si sono costrutte da se medesime. Il fanciullo impara le regole fabbricando. — È operaio ; tutto quello che immagina nella sua fantasia traduce in atto ; dalla piccola sedia che offre alla mamma, sino alla colonna che eleva a qualche benefattore dell' umanità, del quale gli fu narrata la storia. E architetto ; ponti, palazzi, torri escono dalle sue manine ; alle volte è inventore, artista, fa opere da uomo, crea. La differenza del grande al piccolo è del compasso, non del pensiero. Il fanciullo educato e cresciuto dalla libertà si fortifica rapidamente ed è contento. Piccolo Prometeo non ha bisogno di distruggere e di rompere il suo cavallino o il suo soldatino ; più illuminato del Giove antico, 1' autorità che lo protegge, gli permette 1' uso del fuoco sacro. Egli sorride, nè teme le folgori celesti nell' adempimento della legge suprema. Questo metodo, rispettando le forze vive dell' infanzia, dà loro attività e produce necessariamente uomini indipendenti, forti ed utili. Non solamente bello è lo studio e l'infanzia contenta ; ma la libertà è sostituita alla compressione, il naturale al convenzionale, l'originalità all' imitazione, e la confidenza e la forza sono restituite a quelli essere, che deve diventare uomo, e che la nostra educazione fa invece prima schiavo e poi copista. I fanciulli, dice Fröbel, devono essere liberi operai, non già schiavi del lavoro. Bisogna spingerli non a copiare, ma a comporre, ad estrinsecare. La base sulla quale deve edificare la educatrice, è 1' umana dignità, di cui esiste il germe in ogni fanciullo. Se egli si diverte, non lo si interrompa; se domanda aiuto, la maestra prenda i suoi giuochi, e componga qualche cosa nell' intento di far sorgere in lui nuove idee e di eccitare la sua attività. Prof. V. De C. IbT o tizie L' 11 corrente ebbe luogo in Parenzo il comizio elettorale, iniziato dalla Società politica istriana. Il comizio venne aperto dall' avvocato Adamo Mrach, vicepresidente, perchè indisposto il presi- dente on. avvocato Costantini. Vennero proposti a candidati i signori : Francesco Yidnlich per le città; Pietro Millevoi per il grande possesso fondiario ; Gio. Batt. Franceschi per i comuni foresi della costa occidentale dell'Istria ; Giusto Petris per i comuni foresi della costa orientale. Questa nomina venne accolta con generale soddisfazione, che noi pure condividiamo. Neil1 ultimo congresso degli alpinisti triestini venne deliberato che si terrà il terzo convegno a Pisino nella prima metà di settembre, e che l'escursione di prammatica verrà effettuata sul Monte Maggiore. Alla proposta fatta dalla direzione di modificare lo statuto collo scopo di rendere possibile la fusione della società alpina triestina colla società alpina istriana, venne accettata la mozione avanzata da un socio, di costituire cioè diverse sezioni nella nostra provincia e nel Goriziano. Possa 1' attività intelligente dei bravi confratelli triestini essere sprone ai nostri alpinisti, tra i quali certamente non manca gioventù volonterosa che attende con ansiosa impazienza il felice momento di sgranchire le membra vigorose e di dare sfogo a quella invidiabile energia, la quale è proprio soltanto di chi è sul mattino della vita. Animo adunque o giovani alpinisti dell'Istria ! A Pisino ! a Pisino ! Tartini e la Ferni Giuseppe Tartini ritorna in voga ; tanto è vero che la buona musica non muore mai. Però, a parlare più esatto, le opere di questo grande maestro sono anche oggi studiate in Inghilterra, in Francia, in Germania, dove si ama assai la musica veramente classica; ma in Italia questa passione è sorta da poco tempo e si fa sempre più manifesta nelle accademie musicali date nelle grandi occasioni, oppure nei conservatori dove i concerti si danno a titolo di saggio. È ormai nota la mattinata di quartetto al Liceo Marcello di Venezia, dove il pubblico rimase sorpreso nell' udire 1' adagio di una sonata del Tartini eseguita dal Tirindelli, per la purezza dello stile, dell' accento, e per l'arte somma delle difficili fioriture, che meritarono al Tartini l'appellativo di Maestro delle Nazioni. Dopo il concerto di Venezia, in cui riscosse grandi applausi la vecchia e sempre nuova musica del nostro istriano, altro concerto venne dato a Torino, per iniziativa di quella gentile e robusta violinista che è Carolina Terni, nel qual concerto emerse la musica di Tar-tini. Carolina Ferni, diede la sera del 9 maggio al teatro Alfieri di Torino, uno di quei concerti che suonano per un'artista luminosi trionfi. I giornali di quella città ne parlano con entusiasmo, e tra altri il V. nella Gazzetta Piemontese dice mirabilia. Dopo di aver decantati i pregi di stile e di tecnica della Ferni, il V. soggiunge: La sonata di Tartini 11 trillo del diavolo, per esempio, non mi sovvengo mai averla udita resa con cosi profondo intuito e con così vigorosa severità. E conchiude: „il concerto dato dalla Ferni è stato l'occasione di una bella e meritata dimostrazione verso la bravissima violinista e la pleiade di egregi artisti che le fecero corona. Il pubblico torinese si è interessato e divertito, ed alla critica non rimane che il lieto compito di battere senza restrizione le mani." JB •iTffitj-tjT v:jj<* Ot'Oh'dOQ Xi JüQ lOIOIiOST <5 9)"JWI Il trillo o suonata del diavolo venne composto dal Tartini in una notte dell'anno 1773, ed è ormai troppo noto che vi diede origine un fantastico sogno fatto dall'insigne maestro. Nel 1892, secondo centenario della nascita di questo nostro istriano, Pirano, eh' ebbe 1' onore di avergli dato i natali, solennizzerà con un ricordo marmoreo l'immortale suo cittadino. Così oltre i ritratti del Guerin, del Rota, dello Sberti, dell'Aliprandi fatti incidere dai suoi ammiratori, e oltre la statua di Padova, il busto e 1' epigrafe di Pirano, l'Istria innalzerà un pubblico monumento che tramanderà in perpetuo la rinomanza al grande che con melodia di violino maravigliosa e con opere di scienza musicale mosse a beare V Europa. •• .'7 ■ ■ T,,i-' . i il ii ......u-—- Ci scrivono: La pirata e la storia Beliti scuole primarie Dice Giustina Renier Michiel : — „Non v' ha certo uomo generoso e sensibile, che non si senta spesso in necessità di trattenersi col pensiero sulla sua patria, sia eh' egli rammentisi quel tempo felice di splendore e dignità eh' ella godeva in grembo alla pace, sia ch'egli pianga sopra i suoi guai. Egli inoltre è avido di ogni occasione di parlarne colla più viva passione, e chiun- que osasse accusarlo di parzialità soverchia, mostrerebbe che non fu mai capace di sentir quell' amore, che ingrandisce e nobilita tutti i pensieri : Quanto la patria a un cor gentile è cara!" —E il nostro poeta di Visi-oada sentenzia: Chi non ama la sua piccola patria» non è degno di averne una. Se adunque 1' amor patrio è innato nell'animo nostro, non sarà cosa einiueutemente umanitaria e patriottica il far conoscere al popolo il luogo di sua dimora, il paese dove avrà da spiegare la sua attività; non sarà cosa eminentemente patriottica e umanitaria il comunicargli per sommi capi le vicende politiche e civili della sua nazione? Da ciò — s'egli è vero che la storia è la maestra della vita — il popolo ritrarrà il più nobile insegnamento; e gi atti di fortezza, di magnanimità, di valore non andranno forse del tutto perduti; e la patria ne avvantaggerà sensibilmente nei riguardi materiali e morali. La geografia e la storia, come la storia naturale e la tisica, appartengono alle cosidette materie reali. Esse vengono comprese nell' insegnamento primario non già per fornire una data quantità di materiali cognizioni, procedendo secondo la loro obiettiva natura; bensì soltanto in servizio della coltura formale, procedendo sulla base della natura soggettiva dello scolare. Le cognizioni geografico-storiche hanno, adunque, un valore minimo ; la cosa più importante è quella di procurare ai fanciulli ima coltura intellettuale, religiosa, morale, estetica. Più che un capo rimpinzato di cognizioni morte vale un intelletto chiaro, uu caldo sentimento, una volontà forte. L' insegnamento che si limitasse rigorosamente alla dottrina religiosa, alla lettura, al conteggio e allo scrivere sarebbe vuoto e incompleto; le materie reali servono mirabilmente a riempire, a completare ed anco ad eccitare l'istruzione delie prime, e forniscono iu modo speciale gli argomenti per gli esercizi dello scrivere. E qui, ridotti a mi--nori proporzioni, vengono in taglio questi pensieri; — „Però il parlare e scriver bene è un semplice mezzo, nè dobbiamo farcene uu fine, nè volerlo imparare unicamente per saper scrivere e parlare: per arrivarvi bisogna aver idee, pensieri, cognizioni ; scriveremo bene quando avremo buoni ed alti concetti da esporre .... ( Alessandro Manzoni, Reminiscenze di Cesare Cantù — Vol. 1: Quistioni di linguay. In una scuola dove l'istruzione va intesa a questo modo, ogni cosa cosa andrà bene di certo; che se le materie reali verranno ritenute per superflue. e s'insegneranno senza uno scopo ben determinato, allora le cose dell' istruzione saranno ridotte a tale uno stato di trivialità, che non un pedagogo, ma una persona qualunque, che sappia un poco leggere e scrivere e conteggiare, basterà impartirvi uua meccanica istruzione. È uu assioma questo, che per insognale una cosa bisogna conoscerla due volte; cioè: conoscere la materia oggettivamente e conoscerla sotto i rapporti soggettivi dello scolare, che deve apprenderla nel modo più proficuo ed acconcio. Questa seconda maniera di conoscere le discipline, che formauo l'obbietto dell' iusegua-meuto, è la più difficile; perocché il maestro deve entrare nel campo della psicologia più astrusa, quella che tratta dello svolgimento primordiale delle potenze psichiche. E qui vale l'antichissimo — Docendo discimtis. Molto opportunemeute raccomanda perciò il Rosmini nel suo „Principio supremo della metodica," che il maestro tenga nota delie osservazioni fatte quotidiauameute sopra l'etopea dei suoi piccoli amici ; osservazioni che altri- menti in buona parte dimentica, e che fatte a dovere formano poi la base più sicura del suo metodo d' insegnare. Frattanto sta bene di regolare la propria esperienza su quella degli altri, dove non vogliasi ritornare sempre daccapo e non mai più raggiungere un grado di approssimativa perfezione nell' istruire. E l'esperienza degli altri eccola brevemente. Nel mentre i trattati scientifici della geografia incominciano colia parte matematica, poi passano alla fisica, e tiuiscono colla politica, e così la patria viene ad essére I' ultima; nell' insegnamento primario il procedimento è inverso. In fatti il fanciullo può ricevere soltanto chiari concetti che gli cadono sotto i sensi, o di quelle che a'medesimi possono essere vivamente rappresentate mediante modelli: rilievi, carte, immagini, descrizioni, confronti, ecc. Da ciò scende l'illazione, che si debba escludere dall' insegnamento ogni cosa che non possa venire insegnata intuitivamente. Di più: la patria è per la maggior parte degli allievi 1' unico campo destinato alla loro umana attività: il luogo natio offre 1' immediata intuizione per i primi concetti di geografia. A che pro adunque cercare le cose lontane, se, come dice Goethe, il buono giace così vicino? Noi non impariamo per la scuola, ina per la vita: dal vicino al lontano; dal noto all'ignoto. Ecco la via dell'insegnamento in parola: ecco spiegati succintamente i motivi più salienti, perchè oggi bisogna dare una speciale importanza alla geografia locale L' educatore calchi I sempre quella via, che conduce i suoi discepoli alla meta j prefissa dal piano all' arduo, quasi per fiorita e dolce- j mente inclinata pendice; la sua esposizione pittorica rap- < presenti sempre ai fanciulli le cose dal loro lato più ca- I ratteristico ed educativo. Il nocciolo delle lezioni consista j nel fornire le tenere menti di concetti chiari, nell' av- ; viarie a giudicare rettamente; consista nell'eccitare nei j cuori non peranco depravati dal vizio sentimenti tali da : determinarli all' onestà, al lavoro, all' amor patrio^ al j rispetto alle autorità e ai superiori. Non si può poi mai abbastaza deplorare la man-j cauza di una carta dell' Istria nelle nostre publiche scuole, j in fin de' conti non è una cosa difficile quella di pub- j blicare una carta pedagogica, che non ha da servire 1 uè al commercio, nè al militare: ma soltanto a rappresentare ai fanciulli, nel modo più chiaro, la forma, loro-idrografia, la divisione in distretti, il sito de' luoghi aventi una scuola, e poche altre cose. Frattanto s'ingegni il maestro di farne un semplice e grande diseguo sopra nua parete della stanza scolastica, valendosi all'uopo della; carta geografica <,el Litorale aggiunta dal Dott. Benussi al suo ottimo manuale, .eauismlai jaiii«3m«u «uu miJiuquri -.^Continua) ______ __________ im JL__ Appunti bibliografici •olili Isfl ^i'IfdliMKIif J; 8lf*> SlüfOftP Olh»b ÌTÌMmi Storia popolare d'Italia dalle origini ai nostri giorni di Felice De Angeli, illustrata da Nicola Sanesi. Milano. Carrara. 1885. 11 nostro Eelice De Angeli, autore di buoni libri, scolastici, e specialmente d'una Storia universale ad uso dei Licei, e della quale si fecero varie edizioni, pubblica ora una, storia popolare d'Italia. Dico nostro, perchè di famiglia originaria dal Pie- monte e stabilita a Trieste per ragioni commerciali,, quivi nacque ed ebbe la prima educazione. Quest' opera vuol essere raccomandata al popolo, perchè con uno stile abbastanza sciolto narra le vicende del bel paese, in forma spesso drammatica, ed interpolando qua e là, forse con troppa larghezza, brani di poesia dei migliori autori che scelsero ad argomento dei loro cauti i domestici fatti. Anche con beli' arte qua e là la fredda narrazione o la dotta ricerca delle cause ed effetti è temperata opportunamente dal racconto di aneddoti che sono, come ben fu detto, la moneta spicciola della storia. Il libro si raccomanda poi in modo particolare agli Istriani, perchè nei limiti di una storia generale, fa spesso menzione dell' Istria, e dei nostri fasti gloriosi al tempo della veneta dominazione. Potendo 10 a mio beneplacito frugare negli scartafacci dell' amico, ecco che vi trascrivo il brano seguente,, che tocca di un fatto assai memorabile per la nostra provincia, e pur poco noto. „Ed anzi a proposito di questa lotta sotterranea, abbiamo uu fatto glorioso a registrare, del quale tutte le storie venete fauno menzione ; ma che non fu mai ricordato finora, come era dovere, in una storia italiana. Presso 1' assediata Candia c' era il forte S. Teodoro; per la posizione sua ritenuto di grande importanza, a meglio battere la città, e quindi più facilmente impadronirsene. Comandava 11 forte Biagio Giuliani da Capodistria. Già più volte avea questi respinto col piccolo drappello gli assalti dei nemici, combattendo con eroico valore^ Un giorno i Turchi tornarono all' assalto più che mai numerosi ; l'ora fatale era suonata. Invano accorrono i difensori alle mura; primo il Giuliani.-I Turchi avvicinano le scale, salgono: i feriti, i caduti vengono subito rimpiazzati da nuovi combattenti ; ma i difensori sono sempre gli stessi. Già il nemico è penetrato nel recinto, già mette in fuga gli ultimi difensori. E che fa allora il Giuliani? L'eroe corre nel sotterraneo, grida: Viva San Marco, e anziché arrendersi dà fuoco alla polvere, e salta in aria col piccolo avanzo delia guarnigione seppellendo nelle rovine un gran numero di nemici. Così lo stendardo di San Marco fu sepolto con quei pugno di eroi, la bandiera di Maometto sventolò sopra uu cumolo di macerie, e Candia per quella volta fu salva. Biagio Giuliani è adunque il Pietro Micca dell' Istria e di Venezia ! Grandi entrambi ; ma più fortunato il secondo ; chè la quotidiana pagnotta, per ordine reale dispensata a' suoi eredi, giovò a ricordarne il nome. Biagio Giuliani ed i suoi non ebbero finora pagnotta, non fama. È un onore, è un dovere per noi riparare a tale ingiustizie, rammentando primi, accanto a quello di Pietro Micca, il nome di Biagio Giuliani m una storia popolare italiana.* L'opera esce a puntate, al tenue prezzo di centesimi dieci ; e già è uscita la decimaquinta, che narra della prima crociata. Ohi vuole associarsi a tutta l'opera mandi Lire cinque all'editore Carrara. Le frequenti e belle incisioni del Sanesi danno al volume 1' attrattiva d' un libro album da ornare il tavolino d' una signora ammodo. ,9?9ìd anoKubai: £Ì 9 ,«wi.iiitoJuì: • -i onsilijpiv Memorie di Bovigno raccolte dal Dr. Felice Glezer. Pola. Tipografia Bontempo. 1885. A celebrare le fauste nozze di Concetta Rismondo coli' Avv. Paolo Ghira, che, se la memoria non mi tradisce, fu già mio discepolo carissimo, il Dr. Glezer raccolse le fronde sparte in un elegante fascicolo intitolato Memorie di Bovigno. Perchè non è un libro come le Notizie Storiche di Pola, di Montona, di Portole editi, i due primi, in solenne occasione; nè il chiarissimo autore intendeva con questo di riempiere una lacuna. Un libro di storia, desiderato assai dalla sua patria, egli potrà darcelo ad agio in altra occasione : intanto ben vengano queste Memorie un po' storiche, e un po' letterarie. Apro il volumetto, e, per ben cominciare, ci trovo un articolo dell'egregio Luciani, articolo, corredato di note opportune. Segue altro studio di statistica, geografia e amministrazione. I due documenti storici degli ultimi giorni del governo veneto in Rovigno, tolti dalle Croniche di Rovigno del medico Dr. Pier' Antonio Biancini, per dirla con frase dantesca, eccitano in noi 1' appetito del pasto di cui ci fu largito il desio, la speranza cioè che 0 il Dr. Campitelli, 0 il Glezer 0 qualche altro abbiano in breve a pubblicare dette cronache. Viene poi la parte letteraria, e prima, per salsa piccante, una curiosa lettera di Monsignor Stratico. Strano ingegno ed originale da vero il vescovo di Cittanova! Questa lettera conferma il libero e giusto giudizio sullo Stratico dato già dal-l'Ademollo; ed a scemarne gli effetti ci vogliono ben altro che i pannicelli caldi di non so quale giornaletto cattolico della Dalmazia. Si può anche deplorare che così liberamente scrivesse un vescovo; ma tant' è, 1' uomo era cosi, e in ogni caso meglio la franchezza e lo stile sciolto in nna lettera, non destinata al pubblico, che certe ascetiche grulle e le sperpetue dei poveri di spirito. Le sestine poi dell' Angelini, calde di patrio affetto, sono commendabili per classico sapore, e si leggono volentieri anche oggi. Onore adunque ai Rovignesi passati, ai presenti teneri delle patrie glorie, ed ai futuri pure, che da così bene auspicate nozze nasceranno a nuovo decoro della patria comune. o}id(i3 .oi< Le Orazioni catilinarie di Marco Tullio ( icerone commentate da Arturo Pasdera. Torino Ermanno Loescher. 1885. Non solo dai figli in casa, ma anche dai lontani si rende onore alla madre patria. Anzi in questi ultimi (e ciò sia detto senza detrarre punto al merito dei rimasti intorno al paterno focolare) cresce ogni giorno il desiderio, quasi una smania di mostrarsi vivi, e di affermare così sempre più, per quanto lo consentano le loro forze, a chi ha bisogno di sentirselo rammentare, a fronte alta e con fermo viso la loro nazionalità. Uno tra questi il giovane Professor Pasdera, il quale già coi tipi dello stesso Loescher ha dato di utili libri alle nostre scuole, come — Sull' attentato alla vita del console Cicerone — Dissertazione cronologica. Nel giudicare l'illustre oratore romano, il Pasdera ha anzitutto il merito di aver seguito il precetto dato invano dal padre a Fetonte — Medio tutissimus ibis; (Ovid. Met.) e si tenne perciò lontano così dai ritorti serpenti della ipercritica, come dagli incensi e dalV ara della tradizionale rcttorica. Catilina per esempio non vi è rappresentato con idee moderne quale un radicale, un comunardo simpatico, e Cicerone un avvocato ipocrita; ma neppure privo di qualche virtù il primo, e di difetti il secondo. „Se fu servile, scrive 1' autore, da una parte camminare su le orme della sola tradizione classica, non fu giusto davvero il trascendere di alcuni moderni fino a buttare in un canto Sallustio, 0 ad accollare a Cicerone la infame taccia di avere strangolato cinque innocenti per saziare un odio individuale" (pag. VI Introduzione). Questa introduzione alle quattro orazioni catilinarie panni molto bene riuscito, ed è prova della vasta erudizione e dell' ingegno dell' autore adatto a simili studi. Il libro torna quindi opportuno anche ai professori nella preparazione prossima nei primi anni d'officio; ed utilissimo ai giovani che di proposito vogliono dedicarsi allo studio delle lingue classiche, non paghi quindi della solita traduziou-cella rubacchiata qua e là, ma bramosi di conoscere i tempi, i costumi, e di penetrare nel pensiero dell' autore. Le quattro orazioni catilinarie sono poi corredate di copiose uote. Nella prefazione l'autore spera esimersi dalla censura di troppe copiose note per un libro di scuola, come pure dall'essersi sco- stato dal solito modo di esporre il fatto della congiura. Temo però che ai nostri giovani le note abbiano a parere soverchie, e talvolta così fitte e soprapposte da annebbiar loro la vista ed il cervello. Cito a caso qualche esempio. Subito nella pagina prima, perchè scemare l'ammirazione allo stupendo irrompere dell'esordio ex abrupto: Quo usque tandem ecc. ecc. con le ragioni bizantine di altri che lo trovarono brutto? Il Prisce jubes? è un' alzata d'ingegno ; e Catilina non si trovava certo nel caso di Prisco. Così nella seconda orazione a pagina 38. L'abiit, excepit, evasit, erupit, lo hanno sempre trovato beilo tutte le scuole ; seguo che è stile efficace, naturale; abbondanza voluta dallo stato d' animo concitato che ricorre alle sinonimie e alle molte parole sempre, dalla trecca in piazza all' avvocato nel foro. E perchè freddare l'ammirazione con la domanda: „Perchè poi unite per asindeto le quattro espressioni?" Non posso quindi qui che ripetere, quanto altrove fu detto all' autore e con maggiore autorità e competenza. Certo è male imitare la scuola francese; ma almeno in questo abbiamo la scusa della comunanza di razza ; peggio poi se imiteremo ad occhi chiusi i Tedeschi. (Bonghi nella Coltura). Libro secondo deìVEneide tradotto da Giovanni De Medici. Parenzo. Goana. 1885i. Perchè siamo tra libri latini, viene opportuno un cenno di questa traduzione parziale del grande e gentile poeta „Cui le muse allattar più che altro mai." E che di quel latte abbia succhiato il signor Medici ne fanno fede i suoi sciolti, eleganti, sonori, e di ottima scuola. Io mi congratulo quindi con Yisignano che può andare contenta di tanto maestro; e se non posso egualmente congratularmi col poeta, dagli avversi destini condannato all'umile professione di maestro, pure ho fede che egii saprà trarre abbastanza lieta la vita, perchè la squisitezza del sentire e il buon gusto nel!' arte sono spesso accompagnati dalla gentilezza e bontà dell' animo ; e j la bontà gentile gli renderà caro 1' officio sempre j nobilissimo di educatore anche in un'umile borgata, ; e gli fata parere quindi meno gravoso l'incarico, ■ certo da lui esercitato senza le solite intemperanze i e le eccentricità degli spostati. E chi così bene J traduce il più gentile dei poeti certo non deve j essere uno spostato ; e nella quiete dei campi, tra i cangianti oliveti e i pampini del buono refosco aprirà spesso 1' animo col suo poeta alle caste e serene gioie del bello. L' autore nella prima pagina appone la nota seguente: „La enumerazione dei versi potrà servire a rendere più evidente il confronto del mio col periodo originale Virgiliano nella fedeltà, nella brevità e chiarezza della forma e nella vita artistica, anche fra le altre traduzioni poetiche più rinomate sino ad oggi conosciute." Via, diciamolo franco, l'asserto è un po' baldo; in ogni modo se anche la traduzione del Medici fosse la migliore, non toccherebbe a lui mostrare di crederlo. Nè io ho tempo e opportunità di fare qui tutti questi raffronti. Il senso virgiliano è spesso indovinato, e la traduzione breve, chiara, fedele. Così il noto — timeo Danaos et dona ferentes mi pare ben reso col verso : I Greci, ancor se recan doni, io temo. L'ancor rende bene l'et. Certo meglio del Caro: „E sarà mai che doni „Siano i loro doni e non più tosto inganni ?" E così in molti luoghi, non sempre però. Tson pare, per esempio, che Virgilio desse alla Dea l'epiteto di malvagia (verso 298). Le mie congratulazioni al poeta, ed a Visi-guano che può andar contenta di tale maestro. Non è certo di quelli ai quali si possa cangiare il cognome, cognome illustre, con la solita pipa. 2*> P. T. o !'!•>'tir PUBBLICAZIONI a A. Pasdera. — Maria Giuseppina Guacci. Roma, tip. dell'Opinione, 1884. Un'altro lavoro del nostro bravo e solerte comprovinciale, intorno al quale l'egregio Ze-natti nella Rivista critica si esprime così: la poche pagine il Pasdera ritrae con amore la bella figura di quella calda e valorosa poetessa napoletana che fu Maria Giuseppina Guacci. I versi di lei che entusiasmarono la gioventù meridionale dal 30 al 48, sono ora difficili a trovarsi: vorremo dunque che questa sentita commemorazione del bravo Pasdera preludesse a uua accurata e completa ristampa di essi. Siamo lieti di annunciare che il tipograto Carlo Priora è iu procinto di dar mano alla ristampa della Biografia degli uomini distinti dell'Istria, del Canonico Pietro Stiincovich. Chi ancora desiderasse associarsi si rivolga direttamente a questa tipografia. ■•il fi; lr '.3Dll89 a*S Atti e memorie della società istriana di archeologia e storia patria. — Anno primo. Fascicolo unico. Parenzo, presso la società di archeologia e storia patria. Tip. Gaetano Coana, 1885. Tavole XVI. Annunciamo, per ora, la comparsa di questo fascicolo, in grande formato ed assai elegante, che fa onore a chi lo diresse ed alla tipografia che lo stampò. Ricca è la materia fregiata dei più bei nomi di studiosi, di cui si onora la patria comune. Un mirallegro di cnore. UAi'OUlSl EIa, Tipografia di Cirio i'nora. Pietro Jlaoolii/.ia — Anì,eo Ofrarisi ettit. o reU^t. res[ujn j.iò i ti