BIBLIOTECA CIVICA Capodistria IL DVEUO DEL MVTI.0 IVSTINOPO- L I T A N O, Con le rifjpofte Cauallerefch^ Z> I riveduto, con la giunta delle poftille in margine, ty vna tamia di tutte le cofe notabili. IN V E N E T I A, s/4Pt>rejfo U Compagnia deglěZ/niti M D L X X X vf', Ui, ~4i- V ALLO II,LVSTRISS< SIC. DON EMANVEL F1LIBERTO PRENCIPE DI PIEMONTI. Hieroněmo JVlutia lufllnofolita.no • Onfiderando lo molte volte fra me flef-fo i diuerft fludij, & {e varie opera-tioně de' mortali, quanto piů con dě-^mmmmmmatmmm^ MtQ occhio quelle vengo efymmandoy tanto piů chiaramente a me par di comprendere, che due principalmente fiano quelle cofe, dalle quali regolata ejjer fi vegga la vita humant : & elette altre non fono, che temenza di vergogna, & defiderio dibonore : dallequalil'vna ajfrenando, & l'altra fo-Jpingendo gli animi wofiri, fi'fattamente gli gomma-no, e he di altro morfo, ne di altro fprone non par che fi fentano bauer alcun bifogno. llche cofi effere ma-nifeHamente potrŕ apparire a chiunque vorrŕ andar difeorrendo per le molte maniere del viuer tenute da ogni feffo & da ogni etŕ, & per tutte le arti neccnnkbc,& liberali, Nefolo quefloj che detto hoa ti potrŕ egti vedere, ma fcorgerŕ ancora, che quanto ciafeuno č di piů gentile fpirito, tanto a quefěi due affetti piů fi [ente efjerefottoposěo:& che effi nonfo-lamente nelle humane creature, ma fra gli animali bruti fi fanno ancor fentire, & maggiormente in quel li, che piů fono di generofo cuore. Ma fi come fra. ogni terre ftve animante l'huomo fépra tutti gli altri nobiliffimo piů fi troua ŕ tali paffioni ejfere fog-getto,cofi fra gli huom'minon veggo conditone alcuna di per fona , laqualepiu fimoftri di vergogna t'morofa, ne di honore defiderofaydi colorOi'tqualifra Caualieri honorati cercano di douer ejfere degnamente annotterŕ ti. Conciofta co fa, che ejjě per guardar fi dall'vna, & per fare dell'altra acqui fio, non che altro, ma la per fona, & la vita non rifiutano difende-dere> & digit tare. Et quefloft puň apertamente vedere in quelle querele, che tutto dě nafeono fra loro ; lequali con tutto che affai fouentefiano leggieiiffime, pur nondimeno con prontijfimianimi corron ŕ diffi-mrle con armata mano : & ŕ ciň fare con tanta pom* fa, & con tanta fefia fi conducono, che moftra he-ne,c\x effiŕ gran felicitŕ fi attribttifcano, che ŕ loro fia venuta opportunitŕ di mofěrare quanto fiano bra" tnoft di honore. Ma perciochegli intelletti noftri dal' lagraue, <& tenebrofa fomma de'terreni corpi op~ prejfh & adombrati, non potendoft alla eccellente della lor natura inalbare, malageuoUnente poffono ancora difeernere la veritŕ delie cofefyefle volte ad-uiene, che da falfa apparenza ingannati quello abbracciamo fer buono > cbcŁ da fugg ire, & quella come tófne malacófa fcbifiamc thč dotteremo con ňgnlnů' flra afettione [esultare. Et ciň fi come nelle altre cofey cofě nella difěiritione delie opere vergognofe dalle bonorate ci fuole ancora intcruenire j chei Catta? Xierě piů da volgare opinione tirati, che da giudicio di ragione tónfigliati prendono l'arme a tale bora č che perauuentura non meno farebbe lodeuole il la-fcěarle. ikbe hauendo io veduto, & tuttavia ye^ dendola molta licenza , & il poco ordine che intor-* no ŕ gli abbattimenti fi ferita, ho volato j quanto č in me 5 porger mano a coloro, iquali per la via del~ ě'bonore cauallcnfco desiderano di caminareyper yederefeio con alcun modo in fu la diritta stradagli poteffi ritornate. Et perŕocbe quetta materia da due maniere di per forte č communalmerite trattata j cioč da Caualieriji^ da Dottori : de*quali gli vm da quelle tofe, che per fola efperien^a apprendono, •pfanodi pigliare illor gouerno :& gli altri fecondo quel fohi che trouanb nelle loro carte, dicano il lor pareremo della dottrina di quefěii & della efperkrě' %a di quelli mi fona affaticato di fare yna nuoua me-fidanza; alla quale hauendo ancora aggiunto il con* dimento delle mie inueRigatiom> & di altri miei Hu* tlijjpero che ella habběa ad ejfer takahe perauuen* tura potrŕ aggradire ŕ chi non haurŕ il gufěo troppo fafiidiofo.Or percioche ŕ prendere qnefěa bonoreuole fatica non picchio fprone mi é flato ( lllttf.TrencU pejl'hauere io veduto quanto ilgemiltjfmio anima uo Uro foffe deftderofo , che io alcuna cofa fcrmffě in qUeftofuggetto (che nel tempotnel quale io mandato a 2 dal dal mio Signor Marche fé dT^jxxa di Trattenga i feruire il Signor Duca vofěro padre, & voi, non vna. fola volta da voi impoflo mi fu, che douendoui io mandare delle mie fcritture, vc-nefhandajjě in materia di Duello) Ter tal cagione giŕ vi appréfentai t io, & bora ho publicaii qmfti miei libri, giudicati' 1 do chete cofe ferine in fuggetto di honore ŕdbonO' rato "Prencipe ottimamente ftconuengono. Et qual piů bonňrato doueua io poter trouare, che voi nato di lignaggio cbiariffimo 3 véra progenie dieccelleěitif-fimiPremipi, diSercmflěmi Re, &di facratiffimi Imperadori; & che in etŕ ancor puerile comincěar fie a dar nianife/ěi fegnali di chiariffima virtů ? Ič & da quelli infino alěbora, quafi da ňdoratiflěmi fiori concepetti fperan%a di predoftffěini frutti : & pňi di giorno in giorno mi fono andato auuedendo} thč ceri le opere vi andate tuttauia faticando per vincete quella opinióne, laquale fapete che fi ha al mondo hotiorŕtiffima di voi ; lěche fin ad bora ni č ft bene fucceduta * che in vna coftCauallerefca corte, come č quellaynella quale vói viuete,fete in pochijjimtě tempo éuenuto vnofpecchiň di Valore, & de gentili coiěumi. La ondenččfeguito t che hauendoui Carlo Quinto tmperadore Glorioftjjimň costituito Capitano de'Caualieri dčlia fua corte j & di parte ancho-ra dello éfercito fuoi percommune confentiment&č giudicato > che voi d quei gradi aggiungete maggiore honore, che da quelli non riceuete * Come ŕ Trenci-pe honoratiffimo; adunque riternoio adapprefentafui que Hi miei libri di materie di honore, con ferma fpe- %a > che fi come bora fcriuo a yoi delle cofe, che ŕ vabrofi Caualkri fi appartengono, cofi (fé alfuper-no Signore piacerŕ di concedermi tanto divitajfcri-uerň ancora ŕ Caualiminot abili ejempij del vottn ě CA- .DI QUELLE COSE, CHE quelli libri lě contengono . NEL PRlMÓ LIBRO. ih Ella origine de'Duelli. ě m Regola acU'attňre>& del reo. ěó terquaTcairionc il mentito Ha l'attore , Se quale fia lŕ harura delie mentite, ěi Delle maniere delle mentite, lě Delle mentite certe. Ě4 Delle mentite conditionali. ij Delle mentite generali. ě6 Delle mentite {pedali. 17 Delle mentite feiocché.. 18 Se ad ingiuriato nel cofpetto di alcun Principe batta rifpondere in prefenia di Caualieri pritiati. it Conclusone dell'attore & del reo, & del marcimento delle mentite. 22, Delle ingiurie compenfate,ň raddoppiate. 2 j Che per le mentite non fi dee incontahentc correre al- Della forma de*cartelli. %6 Del mandarci cartelli. 27 Del mandare i campi. 28 Del numerň dc'carnpi,ic della furpitioné. 25» Che dopo la disfida non č lecito offenderli i Caualieri fé non nello fteccato. 30. Orando altri richiede altrui per ofFefa fattagli da terra perfona. ;ň In cafo che hafea difputa fopra (a qacre(a,o fopra la jj-fonŕ del richieditorejqueilo^he fi habbia a fare. 31 Se il fuddito dee obedir al fuo Signore, che gli vieti il Combattere. jt Come debbiano i Caualěeii prender le querele pet combatter legittimamente. ^4 Con elulione de] erimo libre, \6 NEL t Ŕ V D L A NEL SECONDO LIBRO, DEUaingiuria, & del caricň. , . --J$ Quanta fia laiiergogna di chi fa ingiuria altrui con iopcrchiaria, o in altro mňdo malamente. 41 'Che non fopra ogni mentita fi dee concedere abbattimento .• • 4% In quali cafi per le leggi Longobarde,& altre fianofta-ti conceduti,éc vietati gli abbattimenti. 4'J ^er quali tagioni fi debbiano poter concedere abbatti menti. ...... .^ Del l'ora" ciň de'S'igrěÓri infóruó alie querele. 46 Della forma delle patenti de'campi. . . 48 Che fra padrini non hanno da nafter Querele. JO ĚDe malefici],& incanti. 5*- Che non fi debbia combatter fcniaarrrěcda difefŕ. Sj Della elcttion delle arme. 54 t>cl dě della battaglia. ' 57 Delle cofe,che rie gli fteccati occorrono. j7 Chi fa motto He'circoftanti. allo fteccato deeeffer caligato . . fo Se denegando,ň interrompendo iě Signor del campoia battaglia, ella fi hŕbbia pii ré a per (ugui tare. $9 Se i Caualieri ne gli fteccati pcnur fipoflono di; cotp-battei-e. |o Se i Caualieri nello fteccato poffbno můter qrda. Sz. Di quelli che rion lifpondono,o al campo non compa-ěifcono. 62. C\_uaiui'ó fi alleghino impedimenti del non compari-rirčal campo come fi habbiŕa fare. Éj th quanti modi vincere fi pbffano le battaglie. 64 Cofcche fucecdono alle vittorie de gli fteccari, 66 Delladiuef/ěfŕ tlijiJ'ancico, & dei mcdesrn© coftutna intorno a v;ěifi. 67 Dellagiuftitiache hanno a fare i Signori. 6% Coaclufionc ŕc\ fcconio libro, éj NEL ^ T A V OLŔ NEL TERZO LIBRO. CHi non dee efler riceuutň alla proua delle arme, carte. 7 J Se i baftardi pofiono muoucrt)ucllo. 7$ DcVinti, & delle reftitution di nonore. 74 Serri vintd, & poi vincitore pňflŕ altrui richiedere.7S Che dopň la disfida per nuouataccafion fi puň ricusar di veilireŕ battaglia. 76 Chi non puň eflere a battaglia richiefto. 17 Delle difaguaglianze de*nobilij& prima de'Signori.78 Delle difaguaglianze de' nobili priuati. 81 Con quali perfonc debbia il Caualicro entrare, & con quali non entrare in battaglia. 81 Di chiamare alla macchia. 81 Del darei campioni.- %6 Se fra Re fi debbia venire ŕ battaglia per querela di fta-to. 8? Delle fodisfationi,che tra Caualieri dar fi debbono.$ 1 Che non fi dee andare appretto alle opinioni del vulgo- . , 95 Delle (bdisfattioni in generale. 9 + Delle fodisfattióni per le ingiurie de'fatti. 9 S Della contrŕdittione di alcune volgari opinióni in ma teriedi fodisfattione.ě 96 Delle fodisfattióni da darfi per le ingiurie de'fŕtti.97 Delle fodisfattióni da darfi per ingiurie di parole. 98 Che il dare altrui fodisfatěionc nň č cofa vergógnofa. 100. Che le arme con ragione fi debbono adoperare. [ loi Conclufione d.ell'opera con vna breiie repetitionc dette cofe dette ne* tre libri. iof II fixic della Tauola de' Capitoli. Tavola tě i tvtté ti . CO SE NOT AB ě LĚ, CHE S I contengono nell'opere j, ouela lettera a3fignifica la prima facciata, c'i b, li fecónda. A Bufo di Dueiěo « i/.b,4iib,47.ti,;i,ŕji i $ ;ŕjlf f.a Abufb di Napoli. " . . ¦ Sf.b /\ Abufo di Napoli. 8;.b Vbufi non pregiudicano altrui. Ŕbufi non fi debbono fegeitarei joi.b A bufo di chi da pareri. H5 Adulterici. 34-b Aere; 37 a Affrontare. \; 171 Alettorio. Alciato Corretto; ii4.b Scritti tuoi. U4.b Angioli guardiani noftri. AppeJJatione da fentenze di Duelli. ij9.b,ioo.a I ARME. le arnie con ragione fi debbono gňucfriarc. io i .a,b Arme honoreuoli. /6.a Élettione di arme. , .J4.b,né.b Si eleggono fecódo lŕ difpofitione del corpo.$$.a,b Ŕrmenuoue. ió'.a.b No fi dee cobatter séza arme da difcfa.y j.ŕ,b^4 ajb II combatter fenzaarme da difefa, onde riabbia ha* uuto origine. té.a Ŕpprcfentatione di armeallo fteccató. j^4.a In quelle non fi dee vfare inganno.. SS.a.nfi.a II rčo non dee dar all^attorc arme chic l'impcdifcano féeflb non č impedito. . ¦ j6.b,it6.b Gli impedimenti delle arme non hanno da ofiende re. * y8.a3u6.b Q».ali fiarioqirarme,che armino eojualrnctč.y6.a,b Cadendo l'arme aello fteccató che ftha dafkrcj7.l1 Chi rTAVOLA DEt DV^ELLO Chi propone la via delle armc/i pregi adica neJJa elct- ' tion di quelle. x6.i j z.ě5$. t}9*4O Arme,& arnefi del vinto fono del tincitorc. 66.a Arme nobilitano. *i.b Come nobilitano». 81.b Arme portamento barbaroj . i»i.a Arrenderfi per prigione. 6j.a AftiageRede'Medi.- *.b Aflalto fatto fenza altra ofFefa non merita abbattimento. 188.a,b < A T T' O R E. Dell'attore & del Reo. ioa,lt Attore in ingiuria di fatti,& di parole io.a L'ingiuriato de" fatti, perche č attore. 1.2.b Attore č illegittimamente mentito. to.bvn.b Perche č attore il mentito. n.ŕ Larepulfa della ingiuria fa che altri diuenga attore . il.b Chi primo fcriue fé fěa attore; ěo.b Se il mentito per offefa che egli pňi feccia chi lo ha mentito fěa attore. ěifb, n J.a,b, Attore con elettioncdi afme. 26.b, 14$.a L'atto re primo Ci ha da muouere in ifteccasu. 58.a Obligatione di attori. 77.3. Audace. jŁ.aŁ Auttoritŕ. I4tb AuttoritŕdiPrencipi. 7J.a,izj/b BAndo , Che adoperi il bando che fi fa allo Seccato. , »j.b Baftardi fé poffano muoůer Dučllo. 73 a Baftardi honorati. . 7$.a Bordello di Napoli, 68.a Brjga. . , Ě7i.b,i7*-* CAmpi. Al reo s'appartiene la elettione de' campi. i8.b Termino di mandar campi. 18.tr Numero de'campi. 19 a,b Come conceder iě debbiano da'Signofi. j j.a,4i«a Forma DEL MVT10. Forma delle patenti de?campi. 4&.a Se altri Cotto falfa relazione impetrale patenti de'cam • ' pi che fi douerebbe fare. 60.a, b Legge di mandare i campi. J77.b,i78,a}i9J.a,i94.b Campo violato per ammonimento fatta di fuori. ¦ i 6o.b Campione a cui dare fi apparteaga. Sé.b^j.a^h^t, •3,0,89.3 Giuramento di campioni. S7.a Campioni dati da perfonepriuate. 88.b, 89.3 Chi č ofiefo ha da eleggere il campione. 8?.a Capitolationi de'Padnni. j7.b,;8.a,ÉJ.b Chi a quella manca e traditore. J7-b Capitoli dell'ordine de'Caualieri di S.Michielc. i4i.b Capitani di fanti,& di caualli. jB*.b Cartelli come fi debbiano faiucre, aj6.a Del mandare 1 cartelli. 17.b I cartelli fono i libelli cauallerefehi. l87.b porma di cartello da mandare a chi non vuoi venire a rifolutione. 1TJ9A Conae vn cartello č affido cofi tutto č appr e Tentato alla parte contraria. 146 a Dopň mandati i cartelli di disfida non debbono offenderli i Caualieri fé non nello fteccaro. ;o.a Carico. J*.b,jry. Carico fenza ingiuria. $$.b Carico con ingiuria. J8.b,jy. II carico orrende anche la compagnia. ějfi.a Carico,8c punitione. izi.a Cafi da Duello aella legge Longobarda. 4j .b, b Cali da Duellp. 45.a Cafi da Duello quali douerebbono efferc. 4^.a Cafo d'un campo violato perl'ammanitionc fatta di fuori adTno de combattenti. lčo.b Cafo di mentite,& di propofta d'arme. iJ4-b Cafo di querela di molti capi. nl.b,ijLa Cafo di chi non fi conduce al campo. j 7 /.» dio TAVOLA Ł*& di due che dicono haucr tratto t» faffoi xSx.br Cafo d'un'offerta di fpada. i*3.a Pafo di chi tiene il nimico in fuo podere. 6/.a,b Cafo di offefa di battone, nj-a Cafo di mentite. to;.b,zi7.a Cafo di mentite applicate,^; ritiofe. u7-b Cafodcmenonč querela da combattere. i}7* Cafq douc fi efamina vna lentezza dell'Impc. ? ii.b Cafq dpue fi efarrjina vna pacete del Re di Fracia.Ho.a. Cajp di reftitutione di honore. i za.a, i i4.a Cafp di mentita generale,conditionale, ^ di chi nega hauer detto male. I3 6.a,iji.a Caf9dioiFefadifatti. HJ'H Cafq di nieptite cpntra mentite. /4J.b,i/3.a Cafo di tre mentite. 148.b Cafodi querela prefŕ col fupcnorc. H^-b. Calo di dar mentita & fuggire. \s6a Cafo di chi con vnaofFefa ha ofFefq molti & non vuoi combatter fé la querela non č rimcila in uno. 1 ;8, b Cafo di métita,& fchiafFo,ferire & fuggire. i66.a,i7i.a Cafo di attore, & di reo fenza querele di arme. 18o.a Ca^) di querela non ifpecificata,d'ordine caiiallercfco non feruato,& di recufatione di giuéicio,& di appel lationc. 18 6. a Cafo di nobiltŕ & di egualitŕ per pace. loi.b Cafo dig;iuoco,di métita,&di disfida per pace. ěoy.b Cafq d'pffefa di fatti per pace. ii«.b Cafo di balconate per pace. zi i.b Cafo di foperchiaria per pace. no.b Gafq di accufa,& di disdetta per pace. 114.a Cafo di debito,& di mentita,& di baftonata. Et de fi-; nix di dictrO)& Uggire per pace. zif .a Cafo di dietrpj& fuggire per pace. .» 117.3 Cafo di rifentirnento col fupcrior^'.'^ 119.3. Caoalleriaŕ che fine e ordinata. ioS.a,zii.b Sua dignitŕ. i67.a Caualleria e pregio nodrcoditione,madi valore. 8j.a CaueUeria č grado honorato. . 243. Calia- TAVOLA Caualicru&loro officio. 54 3,61.3,9$.a>ioj.b,il1 b,iii.a Caualieri fiano amanti di veritŕ. 5 8.a I Caualieri fenza, ragione fi gouernano. 3 8.b Da chi fi debbano guardare. 41» Mal Cauali ero. *" ili. A Caualiere maleaccortp. ' 14.J Caualieri fono i Re,& gli Jmpcradori,7?b,Ě!67.a.ii.b' Stilo di Caualieri in parrirfi di cafa come hanno quercia. < 4.3,17 6.a Rifpoftanoncauallercfca. nj.a Atto non cauallerefco. 171** Cauali ! a tutto tranfito fi poflono ferire. J7.b Che dopň la disfida per nuoua cagione fi puň rienfar la battaglia. "' 7^'^* Che i Signori non debbono intcnomperc gli abbatti* menti ne gli {leccati, ne negargli hauendogU conceduti. 5J.b,éo.a Che facendo contraquefto ordine pofloao cflcre abat taglia richiefti. 59*b Cherici non entrano in Duello. 77-b Chi tocca palo, p corda, p efee con vn membro č pri-ione.&c. f7.b g Chi efee dello fteccato č prigione. J7.b,6jr Chi fa motto de'circonftanti allo fteccato dee eifer ca- ftigato. j8.a Chino dee efferriceuuto alla pruoua delle arme. 7i.b Chi vna rplta č vii^to, per vincere vn'altra. volta non ricoura l'iionore, 75.b Chi e vinto ne gli fteccati č infame. 6 j.b Chi non puň effere a battaglia ricercato. 77,.b Chi offende séza cagione č piů fiera chehuomo. 109.3 Chi fa atto brutto č dishonoratp. 40.9,41.3 Chi con mali modi offende altrui fa vergogna a fé, & da carico n5 fi rileua.4o.b,41.3,^41.3,170 a,b,i7i.a Chi offende l'auuerfano dopo la disfida č mancatore . di fede. jS,a ^bi prima fi ha da xnuoucrc in ifteccato. 5«.a • : Chi TAVOLA DEL DVELLO. Chi č vinto in iftecceto ha da pagar lefpefe, &la taglia . 66.3. Chi;č chiamato ad Tfcirenon dee cereare fcufa fé fi « fente obkgauone. zoé.b Cielo. . 37.a Ciuil proceder diuerfo dal militare. n.b Ciuil giudicio tentato. 113.144, Ciuiligradi di perfone. ěQi.a Come lě dcbbi4 dire che altri fiain potere; b . b,i74 Come (ě debbiano prendere le cjuereje. 3 4. a,b Confidenti. 164. a Confefllon tacita. a.oo.b Libera,& efprefla. ai4.b Conteftation di querela. xoi.a Conte, xo4.b Contratti come /ěhabbiano a ftabilire, i84.b Contumaci ordine da proceder concia loro. 61.b Coniglio nelle battaglie non vai meno che la forza. Cofejche fuccedonoalle vittorie degli {leccati. 66.a b Creatio.n,&; bellezza del mondo. 34-a>b ŁL chiamare alla macchia. 84.b Diauolo padre di menzogna.. 3 * Dě della battagli^. 57.a Se fi polla prolungare. J7.a pi quelli che non nlpondono^o al campo non compari fconq. 6i.b Difendere. 71.a Difaguaglian^e di nobili Signori. 78 0,79.2,^,8,0.3,0, Difaguaghanzedi nobili e pnuati. 81.a Difaguaglianzedi foldati. Sz.a Difagqaglianze per cagion di querela. 80.b Difdirfiin ělkccatp. 6s a Difdirfi fi dee chi ha torto, 93.100. I)ishqnoraro č chi dishonorata,menEe procede. 109.b Pifgradar Ci douerebbono i Caualieri che fanno disho ^ uotcuoliri^utimcnti I74.b.i7/.a DEL MVTIO, Dipintura di Caualicri, 7/,a Dignitŕ ecclefěaftica Ubera da Duello chi la confcguF fce. 77.b,é4.b Dio Signor de gli eferciti, ?97-a Dottori dŕnati fopra la materia dell'Attorci & del reo. lo.b - Sopra le mentite conditionali, Jj.b Sopra la materia delle ingiurie corrjpeufatejSc raddoppiate, if.a Nell'argomcntar delle disfidc militari antiche a* moderni duelli, ji.b Che dicono la volontŕ del Prencipe far legge, n}.b, it5-a,b Con tradizione di dottori, 9i.b Due pfone fi cófidcrano in chi ha maeftrato, % io.a Ducdishonoratiefcono difteccatň, 61.b Duecontra vno. ěéj.b D V E L L O, II duello none lecito, $.aj7O.a E odiofo, & ingiufto, 7O.a DiiEnition di Duello, 8.b Origine di Duello, 8.b I duelli'fono giudicij, X59-b SonodatiinqifetrodjgiudicCj&dipruoue, jii.b II duello č regolato dalla ragione. ' io8.a II duello non č ordinato per vendetta, ma piů giu--ftificationdivero, ' ' 4o.b,nj.b A duello nň fi viene fé non j? grauicagiňni. i88.a,b Non era in vfoappreflo Romani, j Duello degli Hoianj,di Coruino,5c diTor.a Forma del loro duello. 5,3^67.» Dqode fia la forma del duello moderno. •¦' ' " 4.b TAVOLA DEL DVELLO : II duello no fu ir.ftituito Ł cagion di honore. jdty.b Ŕ cui fine fa inftuuito. u} b, 13 8.a, 169 .b Ne duelli lo ftilo delle arme fi ha da fegiutare. n i.b Leggi di duello a tutto tranfito. " Ł7.b Duello non fi ha da far, do uč č pruoua ciuile 4.7.3 Uj.b,i8i.i8i.a,i44.a Duello np fi da doue p tentata pruoua ciuiic. 47.a^i.a Duello non fi ha da far per ogni mentita 41.b Cali di duello nelle legi Lpgobarde 4 j .b,44.a,b, i f.a Cafi di duello di Federigo Imperadore. 4j.a Cafi daipn concederjduello nelle leggi Longobarde. 4J.a,b Cafi da poter conceder datilo. 46.3,114.3,^1^}^ Senza inditij non fi dee conceder duello. 47.a Che i Signori non debbono interrompere lo abbatti mento,ne negarlo poi che lo hanno conceduto . Et che ciň facendo pollňno elTere a battaglia richitfti. 5?.b,6o.a Che i Signori non debbono far ftatuti contri il Duello. /j.bjHO.b Etŕ da Duello. Diuerfitŕ dall'antico al moderno coftume intorno a vinti nello fteccato. 67.3 Diuerfitŕ, & comparatioric del duello , & dal giudi ciň ciuile, I5i.a,ij9.b Leggi di duello di Re & di Imperadori. u J .b ECcmone di cjuercla,o di pedona. 3 ě.a Ecckfěaftica dignitŕ Ubera altrui da dueljo. 77.b,64b Eletcion di arme & di campi del Reo. 18.b Eletrion diarme. J4b Regola di eleggerle fecondo la difpofnione del corpo- Jj.a Eletti on d'arme cauillofa. z-7-b EĚettion dc'campj che dee far l'attore quando il Reo non accetti. . , . ¦ i?4«a Errorgiul'tificato. iéS.a liempij catiui non fi. debbono permettere. i*^-a fAR DEL M V T I O. FAR male, «4A Tre maniere di mŕi fare. iu Fatti & parole. l84.b Tigli uoli de condannati per infami. 75-z Forche a gli fteccati. *7-b forma di cartelli. ěfa, 117-b, I i J.a,i7?.a Torma di mentite conditionali. JJ Torma di accetar patenti di campo in cafo>che l'auuei-fario non l'accetti. I79-194I9J. Torte chi 3*.a Trancefcp Maria Duca di Vfbino. U-b Trode ne gli fteccati. I ^4-a Tnggirecufteccato.éj.a Turorc, 8j.b G^ Entilhuomini. ioi.b,iO4.b Gentilhuomo del Signore, 11 x.a Giorno della battaglia. J7-* Se fi puň prolungare^ 57-a Giudicio caualkrefco,& ciuilc. 13 i.a Giudicio da proporr! nelle difficultŕ > che nafeono intorno le querele, 5l.a,b.i9x.b>i9j.a Giudici di Duelli. ' i?7.a Giuftitia,& vergogna madate in terra daGio»c ěot.b Gioco differenza per giuoco. no.b Giuramento da prender intorno le querele. 47-b Di calamitŕ. 47-t> Se la querela lě pofla ciuilmentc prouare, o fé fia fiata tentata di prouarc. 47-b Sclaquerekchefiefponečlavera> 4?-a Di Malefici),& di incanti. $i Gladiatori. 9.a Gradi d;dignitŕ. 797* Honoreuoli vogliono eflere rifenrimeriti. Vedi nfentimenti. I mancamenti & no le featenxc dishonorano.i iJ .b HomicidJo. Jj-b Huomo formato alla imaginc di Dio. f 7-t> Nato per far beneficio aU'huomo. iota Animai communicabile. ioi.b T re maniere di huomini • ?4** j Huominidabene, xié.aj Huomini da Dio fatti fenza arme wb Huomini mutati in beftie. f*b Huomjni di guerra procedono alcuna uolta da fiere. j89.b Le beitie meglio (ě goaernano. t$-9 Huomo d'arme 8 z.a Humana malitia. ^ <>4.4 IGnoranza cagione delle fconueneuokxac de Ducili, imperadorcčCaualiero. »i.b,7?.b, 167.3 . Impedimento giufto. J9.i164.31, ; Incaricato. J?.b ó v, vChi incaricato lě fente dee guardarli da faraoni pC, s. ,„ jricolofe, J5-* loditi) neceflarij al Ducilo. ji,a,4-7.a3l»4.b,i?t.a , Jnfami 71 .b. Iaganno fia lontano dal Caualrero, j Si f . Dotte- fi porta vfare inganno. 164.3 - Jnganno per cagion di pace. toS.b f\ ĚV&uMa. 11 .b, j 9. h .- '-.'-. Ł0 carico,& seza.^ 9.b,4O.a>5;.a,I4J.a,n t.b,n6.^ Coni- DH M.VTIO. Compchfata & raddoppiata. zj.b,14.a, 2?.a Repulfata,& compcn fata. 14 L'ingiuria č di chi la fa. 41.a Chi offende altrui con ma' mňdo fa vergogna a fc ftef fo.4i.a,.JiJ.b Offefa fatta con mal modo těon ifearica l'incaricato 4i.b,4t.a,iiy a Ogni ingiuria di paiole fi ritorce g voa volta. 1 ; .* Ingiurie di fatti fipoflono fodisfar con fu0le.9f.bi"¦-* «)é.a,b,97.3,11 tf.a ' ¦"-'•¦ Ingiuria fatta a padri offendei figliuoli. 8^.a" Meglio č patir che fare ingiuria. iO7.b L'ingiuriato di fatti perche č attore. • lilb-' Se alle ingiurie dette ia prefenza di Picncipi (ě ded rifpondercon mentita. : 10.b Se l'ingiuriato prefenre Prencipcpuodarrneritita pre-fenteCaiialieripriuati. . il.a Ritorcimento di ingiurie, l|.ŕ,24.b Inftitutionc diPrencipati. x$.b,6o.a Intcntionc2;iuftificata. léS.b Italiani barbaramente fi gouernano, 70.b LHggc che co fa č. iis.b Legge di honorc. VediHonore, Lettere fodate. yi.A Letterati non entrano in Duello. 77-b,78,a,b Lingua č da cfler congiunta con la mente. |fib Longobardi auttori dt duello in Italia. ^.b :- ' Forma de'loro duelli. f a,b,^/ ' - Luigi Gonzaga, $±.t ¦"¦ Luoghi doue fi puň hauer rifpetto. 16&.& •'- y. M A cchia del chiamare alla macchia « 84;b JVlMaeftrato a tempo,& iuvita, f/.at Magnanimo fj a,b Magnanimi^. ¦ r: .*.".¦ ;j,a,zii.» Mal fare.t 14.3 .- n cVtědi far male. Mal Caualicro. lfi.ĚlJf Maj^rnentc. ff.Ł''* Maěic.&incanu^toi.ibcfto^ln.iiiii.". yi.bjfi.sr ' A 3 Mancar tavola: jdel clk parola. . ě\o.ŕ Mancini. $S>* Mancencrc, 17.3 Mare. J73 M E N TI T E. Difficile e la lor materia. J4-a Mentita č macchia di infamia. r© <5-b Maniere di mentite. i4«a Mentite certe. J4-b Cqnditiňnati* , 15.3,158.b,i}9.a,ij Come (ě ha da rifponctere a mctite códitionaii. 1 J.l> Mentitegenerali. ... i6.a,b,i7.a,b,i}8.a,b Som pericolone da e {Ter ritorte. ié.b,i3f.a,b' Mentita certa,& generale., Ě4 '-I Mentite fpefciali. - i4 b,i6.b,X7.b.iH^ ' Mentite certe & ifpcttiali. »5-a Mentite feiňcche. —•-.;.- i8.b Multiplicatione di mentite. 128.a Mentita fouerchěa. . 40.ŕ Mentite impertinente. rj8.a Mentita in abfenza. iyé. b Affermanua. .cn^jiMi; 14S.A ¦ Non afrermata. I47.a,bj Auantiche-altri parli. . i8b,n8.a Mentita che da commoditŕ al dicitor della ingiuria di iricne. - r!. : " iŁ.b.*8t.b la volontŕ; ¦•¦¦¦' iS.b Data a chi nega haucr detto male di altrui. 1$.a,iJ9^ a,l47.b,i48.a Mentita da repulfar con una altra mentita. 1 j.a,ifa, iz.sijbjij.ajij? a,i47.b,#48. Mentita fqpra parole conditionali. 19.6 _ Sopra la negatione^&fpprai'afrei'matioac. it.a,b, ^ Forme i9-b> Legittima. 18 a,vt.a' '« Meritale ogni negatiófatta in rifpofta di ingiurie, 1/ a i Mentita D E l M V T I O. Mentita č repůlfa di ingiuria? i5.a,ii.a,i47.a,b,Ě48-.a, Kui.a, Mentite date in pre feti za de'fu priori. zo.b,izi.a Menthcdatccon mali modi ij^b ."*'i Come fi ha da rifpondere alle mentite, i j b,4O.a^-. ^ Ě7.b,i8.a, * ¦*-• L'ordinario di dar mentite,. i8i.ŕ Se in prefenza de' Principi fi dee ri{pender con merita. . . ao.b Se l'ingiuriato in prefenza di Prencipepuo dar men titain hofpettodi Caualiefi pxiuati. il.a Nonocrnimentnaobliga acombattere^ a8.b,4i.bj La mentita non indure abbattimento> ma la cagiň-ne,per laqualeellačdata. 4J 3jb,4/. Il combatter per mentite donde habbiaorigiue. 8é Mentito. Il mentito č attore. ió.b,ii.b,i}7.b II mentito perche^ attore/ - >x.a,b,4t.l» Reuocation di mentita. ••'• 99.a Mentir quantofěa brutto. .. ;--'3$.4 Mi Ione. MilnaF ptoceder diuerfo dal Ciuile, Morire in ifteccato* , '• >i> Mutation delle cofe. li'^-y''ěl0^. NApoli A bufi di Napoli. b u ^nigjp.j.. (J Bordello di Napoli. «;.a" '* Negationi, che fanno, & ciiercpulfatěo ingiuria ? b Nobiltŕ. -'i*J'V Vera nobiltŕ. ' 7^.» Nobiltŕ č mutabile. aoj.a Vii tů,& fortuna hanno forza nella4 nobiltŕ, iojj. b Nobiltŕ^i arme. ... g1a>iot.a,b Loro officio. io^ a Nobili Signori, 78 79 8» A 4 ( TAVOLA DEL DVXLLO 6radi delle loro dignitŕ. 7Ł.b Mobili priuati. 8i.a,D,8z,a,b,ioi,a,b,ioj.a,b,±o4 a Nobili prefontuofě. 84.a OBligation di attóri. . 77.1 Obligatione de' Signori co' (oggetti. iS.i Offerte non poflono elicle alterate dalla parte cotětra-» ria. . . ¦' ¦ ¦¦ . , i$4.a Offerta di vfeire. ioj.106.107 OfF^rta di combattere. tfz.z Offefa cnorae larghiflěmo» 188.b Ofrcfadiflěmulatai 191.A Offcta feniplice. ii7.b Offefecomc (i riabbiano acohfěderare. $>4.b,9|.b Officio de'Signori intorno alle querde.18 a, lo.b,it,a Ě.5.b,i9.b^;.h,4o.b,4i..i)4.i.a,46.a,4.7a,b,48.3,b, 49.3,51.3,;!.^5*4.3,60 a,b,6z.a, é8.a,b,6^.a,b,7i.a, 7i.b.iió.a,iii.a,b,ii6.b,ii7.a,ij4.a,6i.a, Officio di Cavalieri.. ii.$}.i:f Officiň di huomo da berie,& di Caualiefo, 170.b Officiň di chi ha fatto cofa trifta. 118.b Officio di chi ha da dar pareri. iji.b, r4j.b Operationi di tre mauierc. tn.b Opinion volgari dannate. Ji«b,9r-j.a Contradijŕon di due opinioni volgari. 96.^97. a Ordinedi proceder contrai contumaci. 61. b PA.ce come fi debbia trattate perche hŕbbia a dara-«'..,.. , ?4-b Nelle paci chi debbia rimanete ŕggrauato.éf.a^o^ a, 111 a Abufiia trattamenti dě pace, iot.i II trattar delle paci č cofa difficiliflimaV 2O9 a Itiganitaf ft debbono colóro fra quali fi tratta pace. 8.b«iofl.b Xo8'.b^-tQ^.b.i, m •.•¦........; Efempio di trattar pace co ófficiófo ingŕnfto. utf. Opinipn volgare conrraria a tutte le paci. io9. Forma,di pace. ^/.a^S.b.^j.ajb^^o^b.ii yadrinu /o.W Tia DEL MVTiO. Tra padrini non ha da fcguitar querela. f o.a,tj Pacando le fpcfejfě puň richiamare,! battaglia, čó-.ŕ Pagar le fpe&, & taglia pilo cfler coftretttě chi č tlihtd in ifteccato. 66 a" Parole baftanň ŕ fodisfare ingiurie de' fatti * $ j.b 9é.a,b Parole di reintegration di honorem 1 iň.b,t it.ŕ Paróle, & fatti. 1S 4-1* Parer conditióflaró. 140^,141.ŕ Paris* Ioi.b,zo4.b,zo5l.ŕ Paris dannato. /8. b Patrňni /ň.b JPatertti di campojcheopériritě, ě6^i Vedi campi. Pena de' vinti ne' duelli* éf.z,b Penedi delitti militari. 167 i Perche fia dishonorato chi perde itiifteccatc», 6^. b Perdonare e co(a da generofo. $6,ŕ,Jjti.3l,li$.ŕ Ildorriandat perdonň* <>j.a P'erfonadervinto č del.vincitóre. éé.A Et pňi degli heredi. Pofl!eflor lesuti Prenňipi vedi Signori. A Prenci pi quando fi dee občdife .• Loro inftitutione. *?Dj9 Giararnenti di Prericipi col popolň* §8.ŕ Loroauroritŕ. , 74.b.iij.b Prencipi veri. $ó.a Legittimi. 'iié.i Q.ualPrencipc polla l'altro richiedere. Ě8.a Datinati dopo morte. ii^.a Prigion per forza. . _' é/.tf Prigion donato non dee effer taglieggiato. éé.b A prigion rifeattato non fi dice acerefcer tŕglia' 66.n A cui fi pofla donare. 66.b Prigion lanciato fotto la fede quando ftón iěa obli^ato a tornare. t6.b Chi libera il fuo Signore di gfaii pctěéoiů tkc eiěcr liberato, éé.b Vxěiŕ a a feria «e fc iěa attortf « i o. b ¦• * TAVOLA DEL DVELLO frimo a muouerfi in ifteccato. Proceder etiiilc, Se militare. Prouare. i7-a Pruouaciuilccerta. Pruoile non pregiudiciaěi 3lla parte contraria. Publicatione di cartelli & notificatione. Publicatione impertinente. ,^ . . Pulfio. 9 a Punitěoiic,*: carico. Punte di fpada per difefa., , Puntiglio del compagnone. g é.a /^\ Vale fia ilnfpetto che lě debbia haucre a'iuoghi. Quali perforic debbianoi, Se quali pollano cfiTerc rifiatate aduello. . 8t.bj8$.a,b,84.a Qtiando altri č ofFefo da terza perfona. 3O.b,i^9.a Quando altri non rifponde,o al campo non comparitecene fi debbia fare. 6i.b Q^uando fi allegano impedimenti del non camparirc al campo. 63.b Quando fi poflano dipingere i Caualěeri. a j .a Quanta fěa la vergogna di chi efee perditor dello ftec cato. . 67.b Querela che cofa fia. 171, b Le querele fi hanno da fpecificare, I4.b,i6.b,ié.a, ^4b,iJ7a,rj9.b,i78 ^188.3,^189.3,^190.3,^ I9i.a,b, La qůeréia certa č da prendere Se non la incerta, jo.b La querela vuole efler Teniplice, & non di molti capi. 15.3,153.0,14* a Nelle querele do uč nafeonň eccettioni che fi habbiaa fare. 3i.a,l> Corne prender fi debbiano legittimamente. 34.3 y.ji. Querela di adulterio. 34.0 Ci tradimento. jj.a, Di homicidio. j/.b Le querele come fi habbiano da conlěderare da'Sigwo- ride'campi. ziii$ib.iŁi!a>'t3i.a' * Le querele uogliono efler di caufe gretti. ''~jX$;?», b,i8?.a, Formar querela fopra 1 altrui penficio,& intchtiňnč č cofavatia.&pericoiofa; ii8.a,ij'4.b Rifpofta da tal querela. ; " ~ ljfj.a^ v. t^uerela di arme non fi puň prender eoa officiale per -opera fatta per edgrori ddl'officio, ma fi f er altra co fa. i J,o.a,b» iQjičreladi foldatidiefercitinimici. '. 33>ŕ- Due forme di querele combattibili. ŕpo.ŕjb. Querele fi dee giudicar fé meritino duello. 4$.b Si hanno daefprimerjc nelle patenti, , 48.br. Qiierelai& briga* -- —-: >...... ¦¦'<»7Ě.b,i.7^.b^'r Forma di querela per offefa di fatti.' ! J4j.b l^ttercla feconda da combattere. 77 a. Querela prefa per altrui. 89.*. Querela di due capi diucivi. M 4.b Per querčla di mancamento di fede il Signor com^ batte col fuddito. . 87-b, 88.a, Pet vnaqucrela non fi ha da combatter piů di vna volta. ¦'•¦¦¦ iéo.a Q^MetelloNumidico. 40.» T) Agione gouernatriccdeiriiuomo. loi.a, X\ io7«b • ' - ^ -¦--^'¦'- Cole militali infermate dalla ragioac ,. . ló.7.b , 1O8.a ¦).-¦ • • '¦'"'"- '-si ¦'"'-^;;v;; ., RagiOtěefegolatrice del duello. l'pS.a Ragioni del vincitore fopra il vinto. ; " 6č.a,b Re i Re fono Caualierr. 11.^7^.^,167.3 Re poflono edere allegati fofpetti. ' »?.b. Defcsbosnd combatter per li fůdditi. J '#Ł&$ b Se vivRe polla cotěibatter con l'ImpcradňsCSfŕ,b, VedjStgnori. / .¦¦¦>.*¦* ^ 3Z?vr.i\ som Religioftiion entrano in duello, • 196 RemiC- TAVOLA DEX Rcmiflěone ,r Quando fi ha da fare,& da non fare. 96z Reo.vedi attore. Suoi vantaggi/ j+b Pur che non ila vinto č vin cuore? S4.h}6+.\> Anche non combattendo puň vincere. fé.b A lui dee pregiudicai la tarditŕ dcH'apprcfcntare,& del farrafletarc le arme nuoue. f9b Rcpul fa,é ritorciméto d'ingiuria fono di Rcfricuti6dihbnore.74.b,uo.aib,itx di ri°nore.74.b,uo.a>b,iti.a,iij.a,bJii4.a Richiedicor non vincendo perde. 64.^74.3 Rifňrmatione di Duello. ni.b Rifcn ti mento honoreuole,& dishonorcuole. 10? * Coriiparŕtioncdirirentimenti. I73(.a,b Vogliono eller fatti cofi honoratamentc come fono ftate fatte le oiFefe. jo.ě,bt ^?.b(7o'a,b i--' J? a,b Ruffiani auttori di Regole di Ducilo. 8 6.» S.Łnn e Snarf'* ^4.a).bJ,9*.a>b,i?9.a>b "natV 164.3^,199.3,^99^ . _ ^Jto e obhgatoaobedire ai Sjgnorc che eli meu il combattere. ^z.a,b',>}.*>\>,t;).b,i7s% Sci Caualfcri nello {leccato pentir fi pofTono di combattere, ,1 Scpoflono mutar querele. 6t b- Se vn Caualier Jwuendo querela diucntaiTe Sicn ^4.ŕ,77.a & tnorc. Se il vincitore puň habilitarc il vinto a combattere corraftruu 74a »e vn vmto, & poi viacitore pofla altrui richiedere a battagli. ¦ b fechlCprimoarcriuerefiaattore. lo.b ěa attore. In j*> DEL MVTIO. In fentcnza giufla giudice ingiurio, né.h Sentenza dello Imperatore efaminata. J ěx.a Signori Vedi officio de'Signori.. , Sono dannati del lor procedere intorno a duelli. 3 9.a, 4}.a,47.b,48.a,49.a,68.aJ7o.b,no. Non fono ofleruanti di honore. H.b Non poflono effer richicfti a battaglia pergiuditio che facciano de'duclli. 49-b Quando poflono eflere a battaglia richiefti. J9 b Debbano giudicare intorno alle querele. j^.b Non debbono fare ftalati, ne comandamenti con tra i duelli. $j.b,H9 b,iU.a,i$4.* Hanno da entrare in duello per li fudditi. S^.b 90.3,^913,^91.3 Quando hanno da cóbatter perfonalmcnte con per- fonepriuatc. S7.b,88.a I Signori ordinati per li popoli, & non i popoli per li Signori. 90.2 Signon,traditori,& tiranni. &8.a,9o.b Signori veri quali fiano, loi.a I Signori hano due angeli boni che li o-uardano.^i.a SODISFATIONE. Che dar fi debbono fodisfattione. 9 i.a,b,9/.a,b Che fi debbono darconfeflŕndo il uero. 97.b,zij.b Delle fodisfattioni in generale. 94.0,9^.4 Per ingiurie de'fatti, 9;.a,b,96.a,b.iu.b,ixi.a Ii?.a,zij.a Per ingiurie di parole. 98.b,99.a,b,il/.b Di che fi debbia domandar fodisfattione. Ht.b Sodisfattionc honefta. n7.b Soperchiaria. io.a,b, i8,a,i i7.a.i49-a A lopcrchiaria člecito rifpondere con foperchiaria. 170.3,11^,» Softenere. 17* SpadaT ij.b,ztf.a,»oi.b Come fi debbia vfare. its.b Arma di giuftitia,& di fortezza. in.b Spada fola. ^J.b,;4.a Priioua dubbiofa. ij.b Specificatione di querele. Vedi querele. Stilo TAVOLŔDEL DVELLO DEL MV. ' Stilo di afme. iji.b Sufpetto di foperchiaria. i^.a ::-- ¦ 5; y s p i t i on E, Se tu Re polla efl'cre allegato fufpetto, x6.ě> Sufpettň fopra vna offerta di vn Re i77-a Chi č allegato fufpetto dee foprafedere di pailarc auanti, 29-^197.^198.a,b TAglia dee pagar il vinto nello fiaccato. 66.1 Per accrescer altri di conditione non gli acrre-fte taglia 66.a Temeritŕ. itz.a,i68.b Tempo dopň la ofFefa. 171 .a Tempo,chehadafcruireil vinto per liberarfi. 66.* Termino di fei mefi. i8.a,i 9f.b)i$4.af.t9S.b Terea, ' 37-b Teflimonij quando hanno da far duello. 181 .a Tiranni, 88.3,90.^87 ^ Tradimento. jj.a,ié4.b Tre fono le maniere delle operationi. 18 z.a Tre maniere di male operare. m.a Triftamente. 9j.3jii7.b,iid.a VAlore. 8j-.b, Valorofo. j4,a>ni.b Vario iS4-a,b Vanamente, ěyy.a Vantaggi del reo. . j4 i quali a quefii abbattimeli B in y *D E L D V Z L L 0 Longobar- \n Italia diederointroduttione, furono i Longňbar-* di, fi come ageuol cofa č comprendere per le l oro leg- gi . Et ^iliprando vno de'loro I{e in vnafua legge fa fede, che quefto era loro antico coHume. Effě dunque combatteua.no per alcuni cafifpetiali nelle lor leg gě conceduti, & efpreffi : & combatteuano dauanti iloro legittimi giudiciJ& fecondo che erano perdenti^ cofě erano dannati dalla giufěitia, fi carne ancho-ra nelle loro leg%ě ft troua ejferne fatta mentione. <& noi di quefli caft nel fecondo libro piů chiaramente trattaremo a conueneuolluogo.St combatteuano coloro non da Cauallieri,ma per ordinario con ifcuditet Duello no cobafěoni(eccetto che per querela de infidelitŕjfi co fe\r ono me manifeslamente fi dichiara nel libro fecondo della Longobarda,alia legge tretefima,deltitolo cinqua tefimoquinto.dichenonparche la principalloroin-tentione fojfe il rifpetto dell'honore; ne che i uinti per qualunque cagione rimane fiero ne infami) ne prigioni il dueii o del uincitore. Ma pofcia procedendo il tempo di ma-noi i0' noin mano tra dal ccfiumede'Longobardi\<& dall'ar te dellaguerray& dalle regule, che hanno formate, o approuate le cortili Duello a talfegno č pervieni*-to, che non ci ha cofi honorata perjona , ne priuata ne publica , che non habbia per cofa honoreuole il fapeme ben ragionare : o che non degni di mettere in fcrittura il fuo parere. Lŕ onde noi come ad honorata imprefa hauendoui poflomano, ne andremo di parte in parte fcr'mendo fecondo che piů giudiche remoefjernecejjarioy & opportuno, parlandone pu te come infuggetto di henore. Re- \ i r b ^ o Ł i © Regola dell'attore & del reo. Cap. II. ' '* PEr entrare a ragionar delle cofe al Duello appar unenti, poi che a quello fi mene per lo me%o della disfida , questo principalmente mi par che fěa da inueHigare, quale debbia e fiere colui, a chi il richiedere fi appartenga . St percioche quefto capo variamente da gli fcrittori č flato trattato, yolendofi da loro regolar quefia parte con l'ordine delle queflioni ciudi, fapendo io che in cofe di ca-ualleria alle leggi ciudi fi ha da ricorrere, in cafo che ftilo d'arme non cibabbia, & non altramente, v dal cofiume de'cauallieri la legge prendendo ,cer- l cherň di dargli quella , che per me fi pctrŕ piů * fpedita , & piů chiara determinatione . Et dico Attore & che due fono le maniere delle ingiurěe . L'una diIeo* parole, e^ l'altra di fatti : & che di ingiurie di parole lo ingiuriante č l'attore , & di quelle di fatti l'attore č lo ingiuriato. Come per cagion di efempio di ingiuria di parole; ^Antonio dice ŕ Lucio , che egli č traditore ; Lucio rifonde, che egli mente. jli ^Antonio tocca di prouare il detto fuo: & co fi a. lui s'appartiene di richiedere Lucio al" la battaglia. La ingiuria veramente de'fatti č ta le. sintomo da vna baronata a Lucio, Lucio a uo lerfene rifettire bifogna che dica, che colui ha fatto malamente,o altre parole di tŕlfignijicalo,& ciň dicendo , Antonio le rijponde con la mentita; & cofi anche nelle ingiurie de' fatti la querela pure con, B a le T> t 1 T>V t IL 0 le parole fi contenta : & ŕ Lucio ne rimane il doman ' dare Antonio alla battaglia. Et ěnfumma tutto que fio trattato fi rifolue, che coluijlqual legittimamente č flato mentito, habbia ad effere attore, & con quella uia fi recidono tutti que'cafi,i quali poffono altrui parere piů malageuolia determinare. Ma perciň che non ci macano de'dottori, i quali quefta fente%ci non piamente dannano > ma ancora con ignominiofe ¦parole biafimano col&roycbe cofě tengono,nonmi par Dottori da di douere quefta parte con filentio trapalare. Et dico *utL primieramente 3 ch'io de fiderň maggior prudentia in loroyche fi ufurpano titolo di prudenti, da che non contenti di dire la loro opinioney fi inducono a dir uil-lania a cauaHieriy& a Trencipi, che fentono diuer-J'amente da loro . Et per uen'vre a quello, che da loro fi éety e propongono contra quefla regola la legge di Federigo Imperatore , per U qwle chi di homi-cidio foffe condannato, dicendo hauerlo fatto difen dendofi, farebbe attore . Et non intendono , che anche que Ho cafo fattola regola noflra fi comprende, conciofta cofa che fé cduijlquale ha l'altro accit fatodihomicidio}nonč eghl'attore,č percioche non fi ha dx combattere fopra U querela mo(Ja da lui, mafopra quella, che propone ěaccufxto ; la quale proponendo egli de diuiene accusatore, opponendo al morto, che lo habb'u affdito : & a chi il morto difende ,fi appartiene di ributtar quella accufa, & puň dir che colui mente ; & cofi colui, che leggitti-mamente uiene ad effere mentito , rimane attore. Ut quando l'accufato dě homicidiojficUo poteffem LIBRO L ir gare, a lui farebbe lecito di rifpondere all'accufato-re con la mentita, per laqnal al mentito medefima-mente toccherebbe il carico del prouare . *A questo aggiungono>che fé altri dirŕ a me, che io fěa traditore >& io gli rifponda che mente>colui non farŕ perciň richieditcre infin 'che non mi richiede ; ikhe puň forfč altrui parere ingeniofamente detto : me io non fo che fi uogliano per quelle parole ftgnificare, ilchc fia contra la regola data di [opra. So che chi non rU chiede;non č ricbieditore;ma dico bene, che a colui di richieder me s'appartiene, & non a me di richieder lui:& che eonfeguentemente il mentito donerŕ efle~ re attore:& non richiedendomi egli}o il detto fuo non prosando uero,per mal caualiero hauerŕ da ejjer re putato. Dicono ancora pur per abbattere lanoflrai regoUychefe altri dirŕ,che iofta traditore, & io di-ca,che egli mente, il prouare non tocca a te, ma a metche io ho da mantenerti con l'arme, che tu fei traditore\ &tudadifenérechenonfeitale>wtal cafo ad altrui che almmtito non fi douerebbe Hare il carico del prouare. Ma percioche a mefemhta ihe quefěo non fia modo di ferě nere, ne con dignitŕ, ne con ^rauitŕ, lafŕando quefle cofi lieui conte fé, dico che io parlo, del diritto, & ordinato procedere de'caualieri : che fé altri fi uorrŕ preludicare a fé fleffo, & non uorrŕ ferme ne fitto > ne legge, io a lui non fermo quefla B $ regola DEI V V E L L 0 regola; nefo fé efji, che vogtiono dar intoni ordini al la caualleria, fanno limitar le formule de tribunali ciudi in maniera , che qual vorrŕ fé Jiejfo preiudka-re, »o» pofia vfcir fuori del termine preferino. Tof fo io moflrare altrui il buon camino, & perche egli a bofehi fi trafuij, o vada ne foffi a traboccare,non fi douerŕ perciň dire, che laflroda dame moslrata-gli fia men che buona. Ter co/lume di honorati ca-ualieri a qualunque di parole offefo bafěa rifondere con la mentita ifen<^a multiplicare in ciancie, ne di voler prouare, ne di far mentioni di arme, ne di cam il mentito pi m Et chi queflo ordineferuerŕ, trouarŕ effer verif fimo quello, che io dě fopra ho detto : cioč che il legěttimamente mentito fempre douerŕ efiere attore. Ne voglio io andare rifondendo a tutů qui panico lari, che da dottori a queflo propoftto fi difputano, per non efier tediofo col fouerchio parlare, <& per non ejferne alcuno di maggior pefo, che qual fi fia di quelli, a quali ho rifpoŮo ; douendoft majjěmamen te da'caualieri tenere per ferma concitatone quello che da me č flato detto delle due maniere delle ingiů rie; & per confeguente a quale fhappartenga il difendere , &a quale il prouare . Et toccandola pruoua al mentito, non mi par fé non ben fatto, che noi delle mentite habbiamo alquanto a ragionare ; percioche conofeiuta la loro natura, & le loro maniere , piů ageuolmente fopra la quiflione dell'attore , & dd ree fi potrŕ determinare. Per LI B R 0 1. ia Per qual cagione il mentito fěa attore : & qual fia la natura delle men tire. Cap. III. A Molti puň parere flrana cofa, donde quefto fta, che per dire altri altrui ladrojo traditore, o quale altra parola č piů tenuta ingiuriofa , egli non glěfh carico tale, che con mentita non [e ne poffafca těcare : ma come ci č data yna mentita, non ci ha piů parola , che da quel carico ci pojfafolleuare. Et ad alcuno pare, che a cui č detta la maggior villa-nia.quegli donerebbe effere attore, & non acuě č det ta la minore : & chiara, cofa. č, che maggiore eccef fo tifare un tradimento ; che il mentire, ejfendo maf [imamente nel tradimento la menzogna anchora comprefa.: diche farebbe conscguente, che non il mentito 3 ma colui, che traditore'/ňffe chiamato, do-ueffe efěereil richieditore. Ter tanto č, da fapere,l[ mcnt«t° che la cofa č fiata ben cofi ordinata ; che le leggi non t"ot« .C tanto al pefo delle parole hanno voluto hauer riguardo, quanto hanno mirato di prouedere, che non lo ingiuriato, ma colui che fa la ingiuria debbia fentire il carico del prouare ; che primieramente fi prefume ciafcuno effer buono, fé non fi pruouct in contrario : & perciň parlando altri di altrui cori' tra quello, che di ragione fi prefume, ragěoneuol co-fa č, che gli pruoui ildettofuo.Toife ŕ dicitori delle ingiurie la pruoua nontocca/fe , la porta uerrebbe ad effere aperta a mille (alfe accufe, dalle quali gli -_ _ .._> ^ buom'h ' DELDVELL to!d?ftu?č bumini pur fi guardano per la mal a^euole^ attore. prouare. Qui mi potrebbe alcuno rěfpondere. Se a gli ingiurianti fi rěch'ede ejjčre attoriydonde č che nei le ingiurie de fatti non a colui, che fa, ma a cui uien fattala, ingiuria, fi eonuien di prendere Li pruoua ? St a quefto rifpondo io, che perche io dia baronate altrui ,fe ben l'offendo, non perciň gli appongo mancamento di cofa, della quale pruoua fi habbia a ricercare :ma egli volendo dare biafimo a me, ch'io babbia tritamente adoperato > ha da mantenere le fue parole.. Et hanno i lettori da notare, che & di-fopra, & nel preferě te capitolo, & in altri lughi io ingiuna. yp0 que$ia paroia ingiuria nelfuo Urghějfimo fignifi-cato per ogni offe fa, o carico di fatti, cbe non perforila di Natura d 1 ingtmia>c^e in quelle fiajl mentito č attoreyma per-lamentila, cioche col negare l'altrui detto fida repulfa alle in-gmrie,& fi opera,che chi altrui accufa di alcuna coi pa}ha da moflrare che colui di quella fi a colpeuole. Et per cioche ne'giudicij ordinarij>cofi al tribunal ci-uile.come al criminale,ogni negationejon la quale al Forme di ^- rifpondao dicendo che l'auuerfario menta , o che non dica il hc\o3q che nonfia nero quello, che egli di-'.............""¦ ¦"""¦ "* mentite. n n o /. ^ ij fa, fa che colui, che nega > mene ad effere il reo, non Mentita č altramente nelgiudicio cauallerefco ogni Molta che ai nesau tri d'irŕ altrui parole ingiuriofe, & che lo ingiuriato rijponda negando, in qualunque modo che egli neghi, lo ingiuriante ha da ejjere egli lo attore. T^e da una Jemplke mgatione ad una, mentita ui č altra čffe-ren^a, che del piů, & del meno bonetto parlar e. Ma. percioche del negare le forme fono děuerfeube negatio nefono}Tu menti, Tu non di il uero ; Tu dě ilfaljň; Tu Formc di ti par ti dalla uerětŕ ; Ciň non č nero : Queffa č bugěa; La cofa non Ha co fi, & altri tali modi di dire; Sf come tutte le negaiůoni fono repulfe d'ingiurie rifondendo ad ingiurie, cofi rifondendo a parole, che nrn offendano aUruijnolte di effe diitentano ingiurie. Che fé ragionando io alcuna cofa , come fi ufa tutto dě feti ^a far carico ad alcuno, altri mi rijponderŕ, che io non dica il uero >oche io mi parto dalla uerita, o in alcuna altra cofi fatta maniera, con queHa forma dirifpoSěauerrŕa darmi imputatione di bugiardo, & per conferente a farmi ingiuria. Et dapoi che jngaric rě-cgniingimia di parole per una uolta puň effer ritor'• torve. ta,ame farŕ lecito con orni ni catione ripulfar quel i • • • v~ ě - * r j i ¦* Mentita re la ingiuria : & la mia negatwne feconda hauera pUnau co f&r%a di mentita, & lafua prima di ingiuria ; & mentita ayueHomodoe^li con caricouerrŕ a rimanere. Ma fé mi farŕ rifyofle , Ciň non č itero » e la ueritŕ. $ěa altramente, o in altro cotal modo, quefta non farŕ parola ingmriofa , ne mi farŕ alcun carico ; anzi fé io replicherň con una di quelle forme , k-quali'wbodetto che foffono diventare ingiuriey ejfa con DEI D V E L L 0 con vna altra negatione la potrŕ ributtare, ibora col carico me ne uerrň a rimanere. Et la diffe~ ren%a delTeffere vna parola ingmriofa, & Altra no, procede da quefto; che il diretTu non di il uero, rirn-prouera altrui che gli parli contra la veritŕ : & coft le altre ftmili maniereda doue il děr,Ciň non č il vero, & le altre riipoHe taliytiiene a lignificar e,non che co lui dica ilfalfo, ma che poffa credere dire il vero, co tutto che la cofacoft nonfěa; & che egli ne debbia, ejfere male informato ; che anche quejtix č riftofla. da far fen^a carico. Ben č vero che m vn cafo falla quefěa regola : che fé io diccffidihauer fatta alcuna cofat& che altri mi rifpondeffe, T^cn č -vero, mi farebbe carico, non potendoci dire che io fofji ma le informato, parlando di quello, che dicejfě di ha-uer fattoio ; & perciň quefia talrifpoftaconvna al tra negatione fi com&rrebbe ributtare : & la ne-gation mia farebbe la repulfa > <& quella di colui la ingiuria, fatuo fé in quel dir mio, che io bauejjě fatta cofa veruna, iofacejjě carico altrui, che in tal cafo, TJon č il vero, farebbe repulfa t& io col carico me ne rimarrei. Et da tutto queflo difcorfo fi viene in quefěa conclufione , che fé altri fi guarderŕ di offendere altrui col fuo parlare, egli in maniera al. cunas non potrŕ effer mentito . Ma & di quefěa materia fi ragionerŕanchoraal Cap, Xl.di que-fio 1 I B ^ 0 I. 14 Delle maniere delle mentite Cap. 1111. H Ora accwcbe ogn'wno poffa delle mentite ha-uer chiara conte^a}di quelle ci benderemo a ragionare, pia particolarmente dimoflrando quan te ftanole loro maniere, & come dar fi debbiano, <&come rifondere a ciascuna . Delle mentite a- inani* dunque , alcune ne fono certe ,& alcune conditio- "ueUvl ndi;&di quelle, &di queHe , altre fono generali, & altre fyetiali, & ne aggiungeremo noi un'altra fj>etie ancora, di quelle, alle quali daremo nome difciocchey & queUe nelle maniere dette di fopra fi potrebbono forfč mefcolare : ma. pur per piů chia ra dimonfěratione, ne vogliamo noi ancora, fé paratamente parlare . Et prima che ad altro fi paffi danóiyhabbiamo da dire, che quefěa materia di ditfuii^. mentite č non meno malxgeuole da trattare, & da intendere , chenece/faria da effere intefa : perche ella potrŕ perauentura piů notare, che dilettare altrui .T^eiomi affuuro di potere con lume alcuno di parole leuar fi fattamente l'ofcurětŕ diqueftofug getto, che io fyeri douer fare che ogni condition di perfone pienamente fé pojfa di tutte le difficultŕ chia tire. Et di ciň ho voluto io ammonirne per tempo i lettori, acciň non forfč la nuoua ajpre%^a dipaf-far piů auanti gli fyauenti : che dopo quefla ff>i* nofa entrata affai piaceuole corfo alla loro lettura trouerannone dee altrui piů increfcen la fatica DEL D V E L L 0 delleggere > che a me queliti dello fcriuere, atta quale miha indutto defiderio d'i fare grouamento altrui, facendomi prendere imprefz, nella quale, olir a la durezza delle fenten%e, per lanositŕ del lecofe, che ui fi ragionano, mi č conuenuto ancora. yfare di quelle parole, che vfate dileggieri non fi trouano da approuati fcrittori : il cheifěimo che deh biaejfer lecito di fare in tutte le maniere delle ferii ture, acciň non altri per difetto di lingua fi rimanga da efprimere i fuoi concetti. 6c tanto baflan-doóbauer detto per altrui chlare^a, &perifci*' fa di noi, alla materia delle mentite ritorneremo: & con quell'ordine, che propone le habbiamo di capi" toloin capitolo pxrůtamenu ne tratteremo* Delle mentite certe. Cap. V. LE mentite certe chiamiamo noi quelle, chefo no date fopra parole, lequali fi affermi, che ta fiegen" a^trt labbia dette di noi, come fé io dicefji. ofcri «ale. ueffi ad alcuno , Tu hai parlato contra l'bonor mio ; la onde ti dico che hai mentito . Et que-Sěa č mentita certa , per affermare io che il tale ha detto mal dime . Vero č che per non efpri' merfi nel parlare mio la cofa, che č fiata dettaja mčntuu č generale ;& perciň non č di valore; che a volere chi ellafta legnima, conuien che fi dichia.-specifica- Y\ quello, fo ^a che fi intende di darla, Etlemen- non e della . l , J~ , r rr ir, Ute, che fopra certe, &efprejje parole fi danno 3 fono L 1 t H 0 I. i; fono quelle , che veramente obligane il mentito aU la prona, quando egli negar non poffa di hauer detto quello di che č Rato mentito. Et la for%a di que-fto č tale . ^Aurelio, tu bai detto di me, che io nel tale atto fon mancato di fede al mio Signore; Di che ti rifpondo che ne hai mentito . Quella č Ménta cer certa,&ifpetiale mentita, & per conseguente le- ^ ' se gittima : che quelle fono le conditioni principalmente necefěarie alle legittime mentite . Et quefto folo ci ballerŕ di batterne parlato in quello capitelo , che ŕ pkno ne ragionammo fotto il titolo delle ffetiaii, che delle condětionali, & delle generali ci coniitene parlare in prima, per douere battere 4p-preffo di quefie piů chiara cono/centra. Delle mentiteconditionali. Cap. VI. LE mentite conditionali fono quelle, lequa* li fotto alcuna conditone fi mandano fuori, come farebbe a dire s'hai detto ch'io fěa Uero, bai F?r.me 4* mentito, o battendo detto, o dicendo ch'io fia man diůonalL" cator di fede al mio Signore hai mentito, menti, eěr mentirai, che tanto č čre }Hauendo detto, quanto fé hai detto : & tanto č, Dicendo quanto fé dici, & dirai. Conditionalmodo di parlare č ancora quell'altro . Quante uolte hai detto ch'io hab-biadisboneflamente la tua donna tentata}tante hai mentitQjcbe quelděretQuate volte hai dettola tal co [&t& la cotale di me, tanto hai mentito t altro non fi gnipca Il T> V E L l 0 gněfica che [e vna -volta la haidetta,hai mentito vntt •poltaietfe dueAue,&fe tre uolte l'hai detta> hai me tuo tre volt e,& fé dieci,dicci.Or quefte mentite in co tal modo date /fono molte yolte cagioni di molte di" fyute,delle quali non fé ne vede di leggieri il fine;che elle non hanno for^a infěn che la confittone non č ve rificata : & ciň činfin che non fi giuHifěca,cbe quelle parole fianofiate dette :& coluta cui vien data in "™i'-fiOnt voce>om jerittura vna tal mentita , fecondo che egli '* 'Vmé- colpeuole fi fente,coft puň rifondere; & bauedo quel ai~ le cofe dette, puň con parole generali cercare di sfug girla : & [e puň fopra alcuna cofa detta da coUui formare nuoua querela t& dare a lui vna mentita certa jnon dee rimanerfidi farlo. Se veramente non le ha dette,puo o dire di non le hauer dette, & aggm gerui ancora vn altra mentita,ogenerale, oconditio-mdmente detta ; Chi dice, che io habbia le tali cofe dette, ne mente: o vero. Se tuo altri dice, che io le habbia dette,mente. Benché quefto modo diferiuere č un procedere di mentita in mentita, & di conditio-ne in conditione:& in queftaguifa in parole moltipli cando,nonfe ne trahe conclusone altra, che di haue-re i lettori fastiditi, & imbrattati i muri. No» man cano di quegli fcrittori,i quali danno per confitto, che Dottori di alle mentite conditionati,nfpondere ft debbia,Tu non juů. jŁ proceciuto bene, ne fecondo il coflume de cauallie-ri;quando bene procederaiyti ridonderň. Ideila quale opinione ionon concorro;percioche colui potrŕre-plicare,che io mento ch'egli nonfia cauallerefcamen te proceduto'^ allegherŕ molti efempij di cauallie- rě} che i i n n o i. iŁ ti,che hanno quellamaniera tenutanellofcrěuere:& cofěpernon bauer faputo rifpondere alla mentita. conditionale,bauerň aperta la uěa alt'auuerfarlo mio di darmene vna certa. Egli bifogna ejfere bene accor ti nelle rifpofte , maffimamente infin che la querela non č in modo conte Fiatai che fta manifefto quale fta l'attore , #" quale il reo : altramente per pň* co auuedimento fi cade in molti errori con non fuo picchio difuantaggio. Et quanto nelle rěfpofle effe re accorti fi conmene, tanto auanti che altri fi metta a fermerei & ad auuentar mentite, fé egli č dě honore defiderofo, fi bada giuftificare in modo, che non ui babbia bifogno di dijputare,fele parole del-Voltraggio ftano, o non fia.no fiate dette : & chi altramente fi regge, mojěra di efferfi mojfo piů legger mente} che honoratamente. Delle mentire generali. Cap. VII. LiA matita generale e di due manlere,per rifpet \o della per fona ,& per rifpetto della ingiuria» Ter rifpetto della per fona č generale la mentita, quando non fi nomina alcuno ,a cui ella fi dia; come č a dir e i Chi ha detto d\ me, ch'io habbia fattori-bell'ione al Signore, ha mentito. Et a quefla mentita fi tiene da' cauallieri, che per fona non fta obligata a rifpondere : ilcbe a me pare che fta ottimamente intefo, concioftacofa che queflo carico potrebbe toccare a molti, potendo molti battere quelle parole dette} <& cofi uno con molti batterebbe da dibattere; ilcbe DEL D V E L L 0 il che non e conueněente : T^e combattere per vrěa querela piů di vna uoltaft concede; & altri nella fpa da altrui non rimetterebbe Ikonor fuo. Sen%a che pň irebbe ancora auuemre che tale prendeffe la querela, che intention di colui non fojje fiata di dare ŕ lui quel la mentita. La onde per cejfare txnů difordini č il mi gliore,cbe quella tal mentita nonfia per legittima ap frouata.Valtra mentitajaquale habbiamo detto ef fer generale per rifpetto dellajngiuria,č tale. Quin-t'ilio tu hai detto male di me;o; Tu hai parlato in pre luiicio dell'honor mio;& per tato tidicot che hai me tito. Quella mentita per non ejfae data [opra paro-leynelle quali fi dichiari qualfěa quella coja, che d'i-cendofi fta flato detto male , o parlatoin preiudicio dell'honore,e generale '.che in molte maniere fi puň dir male di altrui, & parlare in pmiudkio dell'altrui ho nore:& potrebbe auuenire, che chi fi haueffe altrui tenuto ragionamento in varie materie,le quali colui, di cui foff e flato parlato t fi potčjfe tenere ad onta : & per tanto č neceffario di efprimerela cofa donde Fbuomo fi tiene offefoyaccioche altri pofja deliberar fi fé egli uuole prendere ŕ prouare ilfuo detto,ň fé egli il uuole con l'arme prouare,o pur ciuilmčte. Ter que fle cagioni adunque non deeeffere per legittima rice-uuta cotal mentii a: & colui che data l'ha, fé intende di douer uen'ire ŕ diffěntione di qrele,ha da tornare a fcriuere particolarmete dichiarado qllo, pebe egli a douere fcriuere s'č moffo; fé pur di tornarla ŕ tempo e gli farŕ conceduto. Et qflo dico io, percioche vna cofi fatta matita nofolamete nň lega ma anchora č molto icol I 1 E T{ 0 1. 17 / pericÓlofd dě effere ritorta; alla qual co fa mi maraul gliOyChe alcuno infino a queflo giorno ( ch'io fappia) non babbia apenigli occhi,fe non quanto io (non ha molti anni) ne diedi un poco di lume. Et il pericolo, eh' io dico č tale, quale formando/i un cafo fi potrŕ ageuolmente vedere.Sempronio hafentito che Salpi tio ha detto di Iucche egli č uri'yfuraio, &fopra que fle parole battendo intendimento di rifpodergli gli ferě uč. Sulpětio tu hai detto male di me;& per tato ti dico che bai mentito.Sulpitio che per auuentura[apra piů che unfolo difetto di Sempronio,gli potrŕ dire in rijpofla. lo conftjjb hauer detto male di tejma ho det to di quel malerbe tu fatto hai: & ho detto>chegia comettefti il tal misfatto,& il cotale}& ifporrŕ qua, li : '& con queHi producerŕ le teflimonianze de'Jhoi detti fen'zafhr mentione di quel particolare,dd qual Semproniointende dirifentirfě.Etfoggiugerŕ, Si che tu menti, che io, dicendo male di te habb'ia mentito» Qui fé ben Sempronio tornando aferiuere dicejje, Io dico che haimentito dicendo ch'io fia ufuraio,non perciň lafua mentita umebbe a furio rimanere reo; concio fia cofajbe patendo eccettione la. generaimi tita>ella farebbe bene (lata ritorta conofeendofi che in dir male di Sempronio Sulpitio non hauejfe mentě to. Et dapoi che la prima mentita fojjč fiata conofc'm ta fŕlfa, farebbe da prefumere cha la feconda anco-ra in fé falfttŕ conteneffe ; per cieche chi una volta č cattiuo tfemprefi prefume effer cattino nel medefi-t»o genere di cattiuitŕ,. Et effendo contro. SemprO' »jp k ptefunt'ione^ luě fi richiederebbe effere attore: IL DUELLO dě manierai che per difetto della generalitŕ della ntč t'ita egli uerrebbe 4 cadere in un cotal preiudicio. Olir a che tale potrebbe e fiere il mancamento, ilquale contra colui foffe fiato ciuilmente prouato, che ne come reo, ne come attore non potrebbe entrare in Duello. Conchiudo io adunque, che fi per lo poco valorejlquale ha in fé la mentita generale}di mettere altrui obligation di prona ^onu per lo pericolone ella porta con fé, debbono i canallieri guardarfene del tutto. Et quando per altro guardare non fé ne douefftro, fife ne dourebbonoguardare pernon batter cagione di multiplicare in ifcritture,conuenendo-ft a caualliere piů lo ttringerfi alle opere, che lo Uen derft delle parole. Delle mentite fpeciaJi. Cap. VII. LE mentte (petiali fow quelle, che fone date a (periati perfone,& I opra co fé efprejfe, & par-tu clari,& l'č [empio č qfio. Siluěo tubai detto ch'il giorno della battaglia di Tauia,ioabbandonai leinfe gne.ůi che ti dico che hai mentito.tt quefta č quel' la mentitala quale difopra habbiamo chiamata cer ta, &h%itivma.Vero č thč fi uuol uedere prima che cofi fi jcriua.di bautte tali pruoue, & tali tettimo-nian'^e del dettoci quale fi intende di dar repulfa con la mentita,che altri non pojja negarlo ; Che fé io non haurň le pruoue conuenientitcolui mi potrŕ rifponder sbs io melo che egli babbitt quelle parole dette; & in ¦ I I B R 0 -I. 18 talcafo toccherŕ a me non il de fendere che io non habbia le infegne abbandonate,ma il prouare che co lui m't habbia tal biaftmo appojěo. Se veramente colui non potrŕ negarlo, non ne rimarrŕ dubitatione alcuna che a lui il prouare non $ appartenga. Et quando egli pur negaffe di hauer detto quelle paro- e t & c\fio gliele prouaffe con legittime teHimonian %e, uolendo egli apprefjo prendere il carico di proua re per battaglia , che io hauejji quel mancamento commejfo,non fi donerebbe perciň uenire ad abbatti mento : Che in negando di hauer detto quello,che egli haueffe detto, uerrebbead efferfi di [detto, &!>& f refontion farebbe che egli foffe bugiardo nella accu- fa, come nella nevaůone.Et in quelle querele, doue officio. de •/-/•!/*> •/• n j il Signori. appanfeefallita mamfesiajion debbono permettere officio de i Signori, che ad abbattimentofi pňffa uenire . 7s[e «u*1»*"- > i cauallieri debbono in tali cafi uergognarfi di rifiuta, re la battaglia, ejfendo molto piů honoreuole il fchi-farla con ragione,cbe ilfnrlefi incontro fuori di ogni douerey&diognioblivatione. Hor effondo queHa, j a i • a ' i 7 //• 7 .Mentita della quale in questo capitolo babbiamo panato, la u uera,& legitima mentita, con questa fola debbono cercare i caualieri di dar repulfa alleingiurie quando da alcune fi fentono offefi;& uolendo effi darla in uo-ceto in fcrittur a .'debbono fi fattamente chiarir fi delle parole,delle quali fi tengono oltraggiati, & in tal maniera fondare la loro intentione, che veruno loro detto non poffa effere negato, ne ritorto, fé fopra la quefěion dello attore, & del reo non vogliono ap* frejjo hanere a difputaje, € z Del- 2> E I AVELLO Delle mentite (ciocche. Cap. IX. IL vulgo^intendendo che colui, alqudeč data, la mentita , perche la elettion delle arme, pur che dica altrui che mente , fen^a bauer rifguardo alcuno al modo del dire, fi crede di fare una bel-la opera , Et di qui č ch'ogni dě dalle bocche del ¦popolo alcuna nuoua [chioccherŕ fi [ente riufciré: Che quale da delle mentite prima che altri fhuel- P ti.che altri . . . , '. , ' menti per la gola . // che e vn mutar l ordine della natura. che effendo la mentita non altro eh g della natura, che effendo la mentita non altro che yna rijpofta , inqueflo modo fi vienearifpondere prima che altri habbia parlato . Vero č che altri tallhora vdendo che alcuno, poniamo cafo, dica diluě che egli č vn ladro t fuol rifpondere . Se tu M. che da & cbe \0 flA ladro, tu menti : la qual mentita uni- commodi- . J r . . . . ' _ . tŕ di pcn- uerjalmente jt tiene che incontinente fŕccia carico tixfi- altrui. Ma la forma di quella, pare a me chefir ¦ tale, che dia commoditŕal dicitordi quelle parole di rifolueifi bene, fé vuole continuare in quelle, qua fi dicendo guarda, bene fé uuoi affermare quello y che detto hai, che affermando lo intendo di dar ti mentita : & non ritornando colui a dirlo, per parer mio,quella mentita non č da fumare che leghi: chel'huomo dee pure alcuna uolta poter pentirfuha. a uo uendo cofa ueruna dettalo incolera,o con poca confi-deratipne.Ma per tornare alle mefite feiocche: Qua k anchora con maniera pmda Mere dice. Se tu r "f 7"~'5 " vuoi L I B % O T. 19 > vuoi dire ch'io non fio. tuo pavimenti; doue non fola" niente fi rifonde auati che altri habbia parlato^ ma-fi da ancora la mentita in fu la volontŕ: che per ro- "V leve io dire cofa che fia, in fin che io non la dico, non mento, fi come per hauer volontŕ di andare adorna, non fi puň dire ch'io vada in fin ch'io non mi metto in camino. Et di quelle tali mentite ne habbiamo noi uč duto ancora vfare a degli huomini non volgari. J^e rie piů legittima di quefie č da filmare quell' altra, che č fiata alcuna volta vfata ; Hauendo detto male di mejmi mentito,& negando di hauerlo dettoynen-ti: Che fé io o detto male di te,o puoi prouarescheio ^a chh3June* l'habbia detto, o nň: Se-puň prouarlo, a te fi conuien detto xna-dire: Tu hai detto (fta per effčmpio) ch'io fono here-le* tico:& dimcnftrare>ch'io detto l'habbia^ fopra la efpretga, & particolare iniuria darmi la certa, & ifpeůale mentita. Se non puoiprouare ch'io di parole ti habbia ingiuriato,& vuoi intrarein querela meco, a te fi richiede di apporre a me, che io habbia detto mal di te:& ŕ me tocca di rifondere, & di dare re-pulfa al biafimo, che tu mi dai.Et non č cofa conuene uolc, che tu voglia imporre a me titolo di maldicente , (jr occupare il luogo della mia rifpofěa, & della mia repulfa,& fare officio di attore, & volere ejjěr reo. Ma quelle fono maniere di fcnucre trouate da huomini o troppo ingeniofi, o poco intendenti, eŁ* io quella mentita ifěirnonon folamente non efkre legittima , ma ancor cerne ingmriofa parola do-tterft potere con vna altra mentita ributtare. Che M- c!?e io il (jualemi fentiro non bavere oltraggiato,colui., cete, C $ Potrŕ D 1 L tu menti per Ugola.St a quesle cofe fi aggiunge ŕo. che non meno uane,& fciocche fono quelle altre,del le quali bora darň gti efempij. Io dir ň da pari a pari a chi che fiacche egli č un adulatore:& colui non fari dtromottoaUhora,mauno altro giorno con foper-chiaria di armeto děperfone mi dirŕ che io mento: Vno altro fentendoft medefimamente ingiuriare, fi fiŕrŕ fenra far rifpofia : & poi da una fineflr* dirŕ al dicitor della ingiuria che bamentito;oan- cqta L 1 B A 0 1. 20 t ora publicherŕ un cartello con mentite.Quejěe dico, & Icfěmfalianti non fono di ualore;perc'wbe date no „ •?, ~ _. ii • /• • i • i • • come u /ono cauallerefcamente.Tsle biajrmi dati altrui in pre debbia. fen%a& fen\a foper chiariamo vantaggěo,non fi uuol cercar uantaggio alle rifpoH* ; Ma alle ingiurie, cbs prefentialmente fono dette, prefentialmmte ft uuo-le rěfpondere ; a quelle che dette ci fono di lontano, dě lontano poffiamo fare rifpofta : & a quelle, che fono ferine > ci č lecito di rifpontiere in ifcrittura. 7*{e hauerň iomai per legěttima quella mentita T che fio. data con piů vantaggio, che non č fiata detta la ingiuria , percioche rifpetto alcuno non mi dee ritenere da, rifpondere a chi preferite mi oltraggia, fxluofe co lui non foffe cofi armato o cofi accompagnato,che ri~ fpůndendogli io, mi potejfe fare foper chiaria ; che in tal modo ingiuriandomi.a me non fi difdirebbe cercare il mio uantaggio. 'Ben č vtro,chefe per fona alcu-ria,hauendo io il modo di fare foper chiaria a lui, mi defje carico d'infamia, io non donerei rimanermi da rifpondergli che mente:& farebbe la mia mentita le gittima. Ne colui potrebbe allegare,che Inatto miofof fé flato foperchieuole, douendone la colpa efiere data a lu'hil qual vedendomi a fé Juperiore>fof)re venuto a farmi oltraggio. Ma fuori di quefěo cafo hanno i ^ cattalieridaojferuare,cke le mentite, vogliono effe *> te date cofi, opiu honoratamente, come fonofla te dette le ingiurie . Che fé altri lontano da te ti haurŕ detto male , & tu dě lontano potrai dare la mentita, potrai fcriuergli che ha mentito >& in preftnty gliele potrai dire » Et fé egli haurŕ f 4 fcrětt* '- DE l D'f E L I 0 fcrětto co fa in pregiudicio del tuohonore, & tu ferě* uendo potrai fargli rifpoHa : & honorat¦ amente fa-rat fé a lui preferite darai la mentita. Et poi che qui ¦ mi č venuta fatta mentione dello fcrhterea colui, IC"U che lontano ad altrui dice mal di luiyvoglio io aggiun gere.che iofo che da alcuno fi fuoldire che quale č il primo allo fcriuere quegli č l'attore j la qual opinione in maniera alcuna non č d'approuare, che l'attore č colu'hU qualmuoue la querelai colui muoue la querelaci quale dice la ingiuria, ofia in vocerň fta in ifcrittura,o prefente,o lontano : & pur che altri non fifiicia pregiudicio col modo dello fcr'merejofcriu ere piů primo che fecondo, non ha da pregiudicare. ^An-%i ho io veduto difputarft fra caualieri intendenti,^ honorati,che effendofi di qua, & di lŕ publicati car • ¦ telli non mentite, ogni vno difendeua diejjere flato il primo a publicare pretendendoft da loro che quale Sopeichi* primofofk flato aferiuere, fufěe in fui vantaggio. ila dě ri- Łt percioche de le foperchiarie habbiamo parlato, fpett0' gjp foperchiarie fi fanno non fedamente per efiere fu-perfori di arme,o di perfone3ma per lo rifletto ancho Rifpofta in w di luoghi priuUegiatiy odel concetto de'Trencipi, confpetto doue altrui non č lecito di poterfi liberamente rifen-"d'č tirey quimi potrŕ dire alcuna , chedoucrň fare io fé icofbetto di alcuno TrenciPe mi farŕ detta Darai 1 principi in nel coietto di alcuno Trencipe mi farŕ detta parola torno a le ,. , * • j . n -n > \ r • ; mentite, di oltraggio f jl quejto ridonderň fempr e w, che ne egli douerebbe mancare di ributtarla con mentitale U Trencipe douerebbe punto hauerlo a fdegno, che piů dee efjere comportato altrui il dar repulfaalle in rie, cbt 'tifarle. Et fé edifoftiene cht in prefen^ ' LI B l{ 0 L li fuaěofia offefo,maggiormente dee fojěenčre chetň ¦mi difenda > Vero č che per riueren%a fi douerŕ ri~ fpondere con ma di quelle mentite, le quali habbia-rno detto, che piů di modeHia in fé contengono. Et quefto aggiungerň>che tanto piů mi tenň eftcr tenuto ŕ rifondere, quanto fé quello4i che mifie'dato il biafimo, farŕ dtintenffe diGuelTrencipc>dauanů al quale io farň accufato. Ma io non per ferino legge ad » v ^ . ca d'vibi- bino ; alqualela nostra etŕ, mentre egli mjje, ctede *°* i/ f>rŕ»o «owc «e/te /& caualieri : ne ejji medefěmi, uergognano di chiamar fi di co fi fatti no mi:& per tante in opera de cavalleria fi donerŕ, batte re ino inno 7. 22 re fatto affai ogni uolta che in preferita digentiihuo* mini, e di e a h aliai fi baura fatta la, conueneuo-le rifposěa. Conclusone dell'attore, & del reo, & del retorcimento delle mentite. Cap. XI. E Ter ueněre ad un fine di queflo trattato di mentite\& per conchiuder la queWwn dell*attore & del reo, poi che di fopra habbkmo deter^ minato che a cui č data la mentita per ripulfa d'in-giuria,colui č attore;^4ccioche piů chiara contesa, fé ne poffa bauere,babbiamo ben diligentemente da Me.ntit« le efaminar e quali fiano le legittime mentite: & \per ginme* que Sěa efaminatione ricordarci fi cóuiene di quelle co finche trattando delle loro maniere habbiamo difo- Natura di pra ragionato:& principalmente della propria natu mcnti ra della mentita ; la quale č di ributtare la ingiuria, & che quando ella non fa quefto officio, effa diuenta inriuria ,& con vn'altra mentii a ?H fi puň dar repul . rs , a r , j- i i • r Mentita fa fa,& con questo fondamento dico chela mentita fi pra neg*-puo legittimamente dare alcuna volta fopra la af- «one,ae f* C, . , , r , J J . ' pia affé*- fermatione, & altra fopra la negattone, & auuiene mati tallhora, che fopra la a fermatione dar non fi puo:et tailhora fopra la negatwne non ha luogo : & per con feguente & quiy& quitti ejjčndo data, ella puň efie re ritorta. ls(e manca ancora che ella in vna me defima querela, & fopra la negatrone, & fopra U fiffermatione fi puň dare fen%* fogiacere a retini D t L< D r E L L 0 fa di alcuna delli parti. Et qui del detto noflro a ma* M.fopia af no amano foggiungeremogli effempij. La mentita, ne. " adunque legittimamente data [opra la affermano-ne č takjdi quale habbiamo di [opra poflo piů di una forma : filtri dice di altrui che egli č ribello del fuo fignore;Colui gli rifyonde,cbe mente;¦& quefta men KM litor tita non puň ejjerefckifata, per ejjer data in repulfa del biafimo,cbe č (lato appofěo. Ma Je io dicejjě di alcuno che eglifojjč huomo da bene,& che altri [opra quefle parole mi deffe vna mentita ; in quello luogo ella non farebbe repulfa ma ingimia,& io potrei dire che colui mentijje ch'io mentijfiě& a luě apparterebbe di fůria pruoita che colui non fojje huomo da bene, fi per la ragionycheho detta della ingiuria,co-meancorperciochediogn'mnof^prefumecheeglifia ¦ buono non fi prouando il contrario : & che dice che altri non č buono, ha da prouare il mancamento da luě commejfo, per lo quale eglihucmo dabbene non debba e fi tr riputato. Tariamo bora alle mentitele ,,¦•.' quali datefopra la negatěone ofono legittime,o poffo ^l (opra no legittimamente efier ritorte. Se alcuno dicejfe di egauone. me ^ -^ un^tt0 ^aYme \u non hawffifhtto il debito m\o;& iogli rifpondeffi con mentita, quella fareb* be legittima rijpofla ; che con quei dire ch'io non ha-uejjě fatto il mio douer e y verrebbe appormiadofio, non picciolo carico d'infŕmia, della quale lecita & conu*neuole cofa farebbe, che io con la mentita jcaricare me ne doueffi : <&• effendo qui la mentita, ripulfa d'ingiuria , & effendo anchora la prefon-tioneinfiHormio(che da preforma non č dě altrui fi " i r b n o i. is fé non che egli faccia ilfuo douere) per ogni rifpettó >¦ a chi tal biafimo hauejfe tentato di darmi fi richiede , rebbe che egli fojje attore. Ma fé altri dicejfe di non ejfer mancato di fede alfuo fignore, & io gli rifpon deffi che mente, dir mi potrebbe egli tu menti eh' io menta,& ragioneuolmente fi doterebbe dire che cofi Mda ^ot rifpoHo mi hauejfe, percioche con quelle parole non ccre ' facendo colui ingiuria uerunojiedi alcuno prefume. . re douendofi che egli fia di fede mancato io con la mentita> che gli do,non difendo meyne altrui di alcu-naingii4ria}an%i vengo ad oltraggiar lui: di che egli quella mentita puň legittimamente ritorcere :&io vengo ad e fiere dirittamente mentito, & per conferente a rimanere attore.Si refla hora a dimostrare M-fopra af quale fia l'efempio di que'cafě,ne'quali in una mede- ne™&"fol fima querela &fopra la affermatone, &fopra la P.ra ncSa* negationefi pofta dare la mentita che ne da quefta, ne da quella parte luogo a repulfa non ui rimanga; Sgli č dunque tale. vDue cauallierifi conducono allo beccato per combattere ; Sono apprefentate arme, fopralequali difputŕdofife elle fiano ,onňfiano da rifiutare,la giornata trap affasela battaglia.Nafce quijěione fé elle di ragione fiano fiate rifiuta te, o nň. Chi dice che conragione fi fono potute rifiutare 3fh carico a coluiyche le ha, portate-^ Chi dice che di ragio me rifiutare non fi doueano, fh carico a chi con quelle {combattere non ha voluto;& per tanto facendofi co jficonla negatione, come con la'affermatione carico »o ali'una }o all'altra parte,cofifopra le negatione,co la ajfermationejifuo dar mentita :& non fin DEL DUELLO piů fopra la negathne che [opra la ajfermatěone puň ella effer ritorta%effendo in vna, & in altra maniera data per repulfa,& non per ingiuria.Et tanto ci puň bastare di hauer detto in queftofuggetto,cbe hauen do detto delle maniere delie mentite;Come darle fi co uenga;Et quali ritorcere fi poj]ano,quali no\ci pare di hauere affai a pieno dimo(irato,quaH habbiano da e fiere tenute legittime ; <& legittime conofcendoft fi viene confeguentemente a conofcere, quale habbia ad effere l'attore. Et cofě (la Dio mercé ) ci trottiamo hauere preffb che inedita quefěa materia non menomalageuole (come di fopra s'č detto) da trattare , & da intendere, che neceffaria a douere effe-te da cauattieri intefa. Delle ingiurie compenfate, &radop-piate. Cap. XII. N tAfce ancora yna nuoua quefiione pure in ma feria di attore, & direoUaquale non voglia-tno \enx& alcuna dichiaratione lafciare paffare. 6t quefta č di que'cafi, quando dall'una parte fi dicono, & dall'altra fi rifpondono delle parole ingiuriofe : & che ole medefime fi replicano, o dell'altre ni fé ne a%giungono:di che fatto ne ho io quefto titolo di in giurie comperate, & raddoppiate . Et per le comperiate intendo quando altri replica folamente la in giuria3chealui č Hata detta, & altra non uč neag-¦ giunge:fi ccme.Tu fé un ladre, Ladro fé tu.Et le raddoppiate chiamo %lle,quŕsto altri non contento di ha*- L 1 B K 0 I i% uer dettoali1aduerfario fuo la mede finta parola di ot traggio, ve ne aggiunge appreffo una altra,o delle al tre j come fé io dě ceffi altrui, che egli č un falfario; & egli diceffe a mey ch'io fono falfario, eŁ" homěci* da. Sopra quefti cafi muouono quefěione gli ferino- ri di Duello fé ui habbia da feguire abbattimento, o no; <&feguenione abbattimento,quale habbia a efěe re il reo, & quale lattore. Di che $ dimofirar quello, et uaili«© ch'io ne fr.nto,Prima che dirne altra parola, mirifcl- ™*lc*ccor no che male accorto caualiere farŕ colui,il quale feti tendo fi imporre alcun* macula diinfamia, non tanto farŕ intento a Ituar quella>quanto a uoler con pari, o con maggiore ingiuria maculare t'aduerfario fuo, che egli donerŕ con mentita ributtar qudlatche a lui fa.' lŕ Hata detta,an^i che o quella medefima replicare, o con altra mttltipUcare in parole. Et coft facendo, due fruttine verrŕ egli a confeguiretfunOi che con la mentita incaricherŕ il fuo nemico di ohligatione di at tore-, l'altroxhefifara conofeere per perfona lonta~ ma dalle ingi mofe contentioni.Vur quando il cafo fé guijjč in alcuna delle giŕ dette forine^ č ancora da ne aere come egli fi habbi a regolare,Dico dunque che ingiuria quando altri mi dica traditore,& iodica, Traditore fa«,pc'1"' jrě tu,non aggiungendo parola, che habbia for%a di mmtita;abbatůmentonon ne ha da feguire :& fé co luě tomaffe bene a replicare la medefima ingiuria J«g«»ria re piů altre uolte tanto ne farebbe schedi ingiuria v»« puuu volta ritorta non fi da piuritorcimentoMa fé fi n- fpondeffe;tu nienti ch'io fra traditore,che il traditor fé tUiiion ueggo perche abbattimento no ne habbia a, ,, DE l D VtlLO fčgmtare:cbe con quefle parole fcaricom'edel corei-, cojche, egli mi ha fatto: & do a lui biafimo di tradě' tore.il che ŕ che io ributto la ingiuria fan a,a me,& dkt ingiuria a lui con la repulfa obliandolo alla prň MAi & fe bene egli re pile affé, lAnyi tu menti tu che iofiail traditoreynqn perciň fi farebbe fcaricato:ma baurebbe rijpofto a quella ingiuriala quale io bauejfi . detta a lui : & per tjfere la mentiti data da. me pri- .¦ : -. ma in tempo franerebbe anche miglior ragione : <&r a lui fi richiederebbe di procuare la uerita del fuo detto. Ma fé hauendomi chiemato traditore, io gli rifpon deffit il traditore fé tu & egli appreffo foggiungeffe. Tu mentijn quello cafo l'attore douerei efftre io;per, cioche egli non fi ferma in fu la prima ingiuria, ma ri fponde a quella, ch'io ho detta a lui ;& a me non rimane piů modo da potere oblěgare lui alla proua, ef~ fendo giŕ con la mentita da lui datami fatto attore. T^e fi puň dire, che quella rijpofla, Traditore fé tu, babbia for%a t antodi repulfa } quanto di ingiuria, chela repulfa Sia nella negatione, &fela negatione non ha fortji di mentita, non fa carico : & effendo quella rifpofla, Traditore^ingiuria tcon vna mentita fi dee potere legittimamente ributtare: che ancora^ che verofia,che vna ingiuria una volta ritorta non Bŕtoicimé- pafifce p\u ritorcimento,č dafapere, che dal ritorci- io,& tepul r ^ J i • y ,rr ' o • i i • ia dJingiu> melo alla repulja m e differenza afsai : che col ntor Iia* cimento io dico di te quello, che hai detto di mema\ conlarepulfanondoatebiafimOiChetuamedato bai, ma follmente libero me di quello incaricando te non di biafimo alcunoflia della obligation della pro^ ua.Et t 1 B H 0 I. 2j ua.Et che quello,che dico cofiftaiSe altrědirŕ che fa fta un ladro;& che io gli rifponda,cbe menterfuesěa fi dirŕ ingiuria, non ritorta, ma repulfata} &fc ad una mentita di quelle, che di [opra habbiamo mo-?trate,cbe hanno natura di ingiuria, fi darŕ rifpofěa con una altra mentita}quejěa fi chiamerŕ rětorcimen to.Et quefěa č rifolutiwe uera>& fecondo hftitode* caualieri da douer ejfere-approuata>& feguitata.'Et quello che ho detto delle ingiurie compenfate, dico ancora delle raddopiate. Che non dalla mtAttplica-tione delle ingiurie,ma dalle mentite fi dotterŕ regola re chi hauerŕ efiere l'attore, battendo via detto per j"§iur.ie ,• , J „ . . . ,,.*..'. raddoppia adietro che non allo wgmriato,ma allo ingiuriante in te. quietone di parole la prona delle leggi čjlatwta. Itero č,cbe quando ne dě quŕjne di lŕ mentita non iti foffe;non fen%a alcuno carico rimarebbe colui, a chi le ingiurie fofftro fiate dette o prima, o piů molte, o piů graui.Ne č da riceuere per buono quel con figlio, J^"0" *** che uiene propofto da alcuno fcrittore ; che fé io dirň altrui traditore,& egli rifponda a me ch'io fon tradě tortfadro, & ajfaffino, io debba foggiungere * loti prouarň con le arme, che io non fon ne traditore, ne ladro, ne ajjajfmo ; ma che tu fé bene traditore: che far^jx imprefa farebbe la mia potendo con la men~ * tita farmi reo, uolermi farmi attore offerendomi alla prouaioltra che mal procedere farebbe quejio uo-ter uenire alla diffinitione di tante querele con una fola battaglia, nondouendoft concedere abbaiimelo infieme per co fé děuerfe,percioche potendo auuenwe che una di qllefofe mra, & altra falfa fi uembbt J) acom- D E L D V E L L 0 , a combattere infieme con ragione, & fuori dlragk ne, intorno alla qual co fa debbono bene penfare coloro ,i quali forminole querele: & fé fono non di-officio de rittamente formate ,i Signori prima che diano le patenti de campi, le hanno a far riformare, o al- . meno a procedere quando i cauaUieri ai campo faranno condutti, che i padrini in capitolando dia no loro conueneuole forma. Che perle mentite non h dee correre incontanente alle arme Cap, XII. OR [e bene nelragionamento ,'iiquale intorno nlle mentite fattohabbiamo,da noi č flato co ¦thiufo che il mentito habbia. ad effere l'attore, non intendiamo perciň, che fi intenda che per la mentita, fi debbia incontanente correre alle arme, per-cioche effendo la pruoua della fpada dubbiofa , & la dulie certa, U ciuile č quella, per la quale ogni per foni di honore dee piů cercare di poter-* * fi wftificare . Che piů honorato dee effere tenu- Spada projr •*,*.. . r " ,,, uata ciuile Ła colui, u quale e oh certa pruoua approua l ho Abufo. nQT jyp ^ (jje qHeii> otefQ ^ % qm[e con 'mcerta tefti- mónia%a fi crede di hauere aU'honorefodisfatto.Ma \oH6ggo fica caualierě introdutta una cotale opkiia-netche par loro commetter uiltŕ,altra pruoua tenta, do che quella della fpada. Di che quanto fi inganino coloro» che cofi tengono ; altro non dirň al prefente, f$ non thč effcndo la prona ciuile pruoua di ragione, & auel i i s r o r. 26 & quella degli abbattimenti pruoua difor%a; et la ragione effondo propria dell'huomo, & la for%a delle fiere y lanciando noi la pruoua ŕmie & quella del le arme prendendo,Ufciamo quella, che [inchiede a. gli huomini per ricorrere a quella degli ammali bru-till che forfč non farebbono molte uolte i cauallěen, quando bene intendeffcro quale fia l'officio loro ;& quando confiderar roleffero che cofa non meno caual lerefca čfapere ben riporrebbe Hfapere ben trarre lafpcida. Doutranno adunque coloro, i quali leggitti-inamente fi fentiranno mentiti,fé haueranno da pro-uare per uia ragione il detto lcro>doueranno,dico,per quella metter fi in camino,& non prendere la Brada delle arme fé non da necefjětŕ coftrettit& in cafo che altro me%$o non habbiano da poterfi gmfěificare. Quegli altri ueramente, i quali fi fentir anno da non legittima mentita ejjere ,ojfefěs quella potranno ori-e>o in altro modo leggiadramente riprouare. Della forma de'cartelli. Gap. o Ccorredo altrui eh' egli habbia daferiuere car tellUdouerŕ fc riuere con quella maggior breui tŕ,cheglifie poffibile,formando la querela con certe, proprie,& fempliei parole ; & quella Reificando, ofia Slata la ingiuria di fatti 0 di parole, ha da venire a particolari di quella, bene efprimendo le per- Specěfica. fone, le cofe, i tempi, & i luoghi, che alla chiare^ x^ qac %a di quella fi appartengono , accioche altri de\-2) i ěarifpo* t> t L & quando di mantenere 9odi prouare fi cejje proferta, egli ne diuerrebbe fen%a alcun rime* dio incontanente attore : T^e delle rifpofěe, lequali [tanno da fare ra catelli, intendo io di douere al" tro dire, fé non che da quello, che di fopra ho ferii to delle mentite Je rifpofie ancora fi potranno regola re ; & che quando fopra le mentite difputatione non ncorratal mentito altro non rimane fé non di/por fi D 1 alla mente. , ¦ D fi D VE L 1 0 allagěuftifěcatione, o alla pruoua, o alla foŁsfattěo-ne della ingiuria, & di quella parte, che nel ter-zo luogo propofta habbiamo.nel ter^o libro ne ragioneremo . Et qui non uoglio io rimanermi de direbbe co-ho. fa mollo cauakrefca fembra a me chefia in tutte le 1- maniere dello fcrmere il parlare honoreuolmente del fuo nimico : che co fi il caualierefa honore afeftefto, moflrando di hauer querela con per fona honorattt-». La doue chi altramente fa .disonora fé medefimo.et fi moftra uolontarofo di combattere piů con la pen-na,che con lafpada. ; ' Del mandare i cartelli. Cap. XV. SOleuano giŕ ě caualieri mandare per disfida un guanto>et co poche parole fé ne tyecuuanoy qua. do amano a uenire ad abbattimelo ; che non era per Eiettion di auenturaflimato cofě grŕie il uantaggio dieffer reo arme cauil fia /oro nm ufartdo ^fa ^ ^ ^ rff^ ^ ^ . ' geg?°fa>o cauttlofaj elettione di arme Ja quale a no-Siri tempi fi cofiuma. Dapoi uenne la ufan^a del ma dare i cartelli: nel qital modo di procedere occorreua noanchora delle diffěcultŕ, & delle nouitŕ ; etfpejfe uolte con offe fa del portatore.Et ultimarne te s'č pre fa la maniera della publicatione : laquale č piů jěcu ra,& piw$eŕita,et masfimamgte dapoi che i Signo nueduta tanta mulůplicatěone di querele, hanno proueduto che nekro slati candii non fi habbia-no ad apprefentare , il qual modo efendo homai fi L'I $ K 0 J. 2S ™ fifattamenteintroduto, che da cěafcunft vfa3non č neceffario di dire intorno a ciň molte parole. Tanto diro che come un cartello č publicato, & fede fi ha rubiica.i9 della publicatione di quello, co fi dal dě di quella //.ne. ha per intimato,e per notificatole ni č ifeufŕme ajk gaiion d'ignoran^Xa onde co quefěo me%očhuata la vita del nafconderfi,e tutů quelli altri sfuggimenti, thč ufarefi poteuanoquado duraua il ccfěume d'ap-prefentarli.Qucfto dirň anchora, ilche ho toccato di fopra parlando delle metile/ciocche, che quado chi chefia mi haurŕ detta ma ingiuria prefente.e fen%d . 'j nataggio di arme, o di perfone, fé io preferite non gii * haute rijpoflo pirpublicare poi apfrejfc>un CMttl- ^Jj"^* lo,con mentite nomi terrňfedisfatto : che hauédůini «nte/ coluifw^afoperchiara incarhatoy ne battendogli io rijf>oflo,& lioledo di lotano riftodere^gó) a cůnftf-fare di non ejjere huemo daffare a fi ente a fronte c<5 tffo lui,& cofi con opere cenfentende, che egli mifiet fuper'wre, nofo cerne lafcrittura a liti mipcffafarc eguale. Et opinione mia é3 che tal mentita per legit* těmanon debbia effere tenuta. Vero č che fé bene io non v'inondo incontanente alle parole ingiuriofc, non perciň auifo che mi debbia effere defdetto di potere un'altro giorno far rifj/otta a colui, che le mi haurŕ dettecelo ch'io ncn mi conduca a farla con alcun uŕ* faggio. Et fé alcuno farŕ talmente Rrcppiato, o de* bole.che rifpondtdofrueggo mamfefiamtnte, che l'ai s«rPerto trofewzjxfatica ne'l potrt bbe offendere, a coflui do- l v^" uerŕ efjer lecito ŕi arcare il uatcggio da paure fuu ramete ri^oder^ & cofi di tutte le iv^ie, che jcne P 4 DEL QUELLO ¦ dette altrui co foper chiaria t ancor che dette ftano in soperchia- faccia, chiara cofa č che in ifcrittura rifondendo,et per uia di publicatione, legittimamele ui farŕ rifpo fio. Et quando altri con vna altra foperchiaria rifpň deffelegittima farebbe ancora quella rifpofta. Del mandare i campi . Cap. XVI. PEr le leggi č flato ordinato in fauore del reo .che a lui cofi del campo come delle arme fi apparta di unga la elettrone ; & co fi fi usň giŕ di fare per al-tuntempo. Tofciaeffendo Rato conofeiutoche il ritrouare de* campi non č minor pefo che benefěcio ) i rů hanno quella fatica lafdata a gli attori , & bora ordinariamente gli attori fono quelli iqnali i campi procacciano : ma udendo nondimeno il reo vfar della ragion fua, quella a lui non dee effere negata , & l'attore douerŕ non mandare, ma riceuerela patente del campo . Et mandandoli campol* attore, fé non lo manderŕ in termine ' difei meft dal dě che egli attore farŕ conofeiuto, piů non potrŕ sformar taduerfariofuo a battaglia, non efiendo piů tenuto colui a rifpondergli}che le querele non fi debbono mantenere eterne, ne altri ha da. battere altrui immortai obligatione: eccettuato nondimeno quando uifoffe legittimo impedimento. Vero č che per(iilo de' caudieri čflaiointrodutto, che nonfolamente dopo ifei mefi, ma dopo gli anni ancora accettinole ricběefěe altrui, per non mofěrare che LIBRO t. i9 che uogliono in alcun modo fuggir labattaglia.Se ne rumente il reo voleffe mandare il campo, l'attore perfeimefi donerebbe afpenar e: & no mandandolo il reo in quello [patio di tempo,mancher ebbe grande mete aU'bonorfuo; ne per tato donerebbe Fattore in termine di altri fei mefi macare in mudarglieli egli a lui.Et perciocbe digiuno impedimento ho fatto me ůoneantendogiuflo quello, che euidentemente fi potrŕ conofcere,che meriti fcufa, come graue Infirmi' tŕiguerra de la patria, o deljuo Signore, effendo U perfonafua euidentemente neceffaria a quella im-f re fa,o ancor prigionia, della qual dubitare non fi poffajhe ella da luifia Hata procacciata, ofchiftire potendolatnon babbi uoluto.Delle quali cofe anco ta in tempo conueniente fé ne donerŕ dar noůtia, tifarne la legittima fcufa, come piu ampiamente trai teremo nel fecondo libro, E Del numero de campi,& delle (nCpitioni, Cap. XVI,. di č introdutto un tal co/lume* che fi mandano tre patenti di campo: ilchečfatto> acciocbe al-lŮ babbia maggior teftimonian%a di [tcure%ge. He di quelle pare, che rifiutar fi pojfa di accetarne \Ma,falm([e come giŕ bodettojil reo uoleffč pr edere il carico del madarkml qual cafo baurŕda madar ne egli dtretante. Vero č che quŕdo altri una fola ne jandajfe, et che da allegarfufpitione legittima non ui DEI DfMIO uifoffe;nonfo come honoreuolmente faceffe colui, il quale per non efferfě jernato il co fiume dimandar-' ne tre,riceutre non la voi effe; &fempre filmerei io che piů haucffe all'hvnore fodisfatto chi Cuna mandata bauejje,che qual le tre haueffe dcmandate.il' che tanto maggicrmtte dico, quato ella [effe di mag • gwr Signore. Che quando Imperadcre ,oRe,ň Icro Luogotenente, o Capitano generale> o altrogrŕ Tre tipe concedefie capo franco, non ue$go come fm%& ¦vergogna rifiutar fi pctejje di andar uijno ut apparě; sufpětione do manifeflafufpitione.Et i He uien tenuto da aleuto fufifet- no che non poffano effere allega/i fofpetti. La quale quanto fěa approbab'ile fenten%a:lafckrň giudicar- >, lo ad altrutiEt percioche con quefěo mio ftriuere no intendo dě acquietare ff articolar grafia > ne fauore ; ma con la penna ho da fare folamente ritratto yero di quelloyche ho nell'animo,dico che fé i I{e non pňf-fono effere cattiui ,fopra loro non dee poter cadere Ł fufpitione.Quando i Re, & gli altri Trencipifuffero eletti a Regni & aVrencěpatiper merito di virtůfi come fu la loro prima inflitutione, direi che ě loro do ueffe hauer luogo queflafenten%a;ma effendo quella elettione in fnctefjiene mutatale i moderni da gli an tichi Vrencipi i piů di gran lunga degenerati: & leg gendofě>& ěfeorgendofi de gti efempi],$ liqmlifive de che molti di coloro,che nellefeděe reali fone cofli tuěti,noferuano legge difede,ne di mrtůyet che han iifnc'ipaff noi loro appetiti per legge; la mia op'miene č che co allegati fu mtchi ebefěz allega lajufpiůonejlfipiore, quale, *Pem • et quato grŕie che eglififia,cÓtra cui t Ila farŕ alle X 1 Bl{ 0 ¦ I. 30 tětOtpm aitanti procede non debbia, & che procedendo tutti quegli atti, che farŕ contra Cuna,& in fattore deW altra parte ne quefěa niellino, ne quella grauino di cofa veruna , an?i che prouando lsu> cagione della fufpition legittima, quel tal Trenti*-pe per non competente giudice debbia ef^er giudica to: & che al caualiere non debba pregiudicare ,che altri fi a ne di corona adornato, ne di mitra corona to. Et quefěo voglio io aggiungere che fonofteuro chequal Trencipe farŕ piauirtuqfo, & piuinno-cente, quegli con piů quieto animo foflerrŕ che altri lo alleai fufpetto, & inuioUbilmente fcruerŕ l'ordine , che da me č flato detto:Et quale in cantra rio fi veder a operare, farŕ da dire che fta di děuerfě co fiumi, & di diuerfa natura da quella, cheauero Trencipe fi conuengx. Et cheiněuideeueramentc poter cader cagione di legittima fufpitione. Che dopo la disfida non č lecito oflcu- derfi i caualieri > fé non nello fteccato Cap. XVIli DJ poi che altri ha altrui rhhieflo a battaglia cofi ne al richieditore, ne al richiedo, non č piů lecito in alcun modo offendere il fuo ad' utrfarioyche quella richiefěa cbtiga i caualieri a caminareper la uia ordinaria-! .Et ancor che tra loro nafcejjcro delle difpute , & delle liti, ha da feruar quefta regola, percioche pendente la qui-filone, cofa alcuna non fi ha da innouare . Et qua' le 0 • DEL D7M L 0 le fra queěěo tempo all'aduerfariofuofacefk affatto , per mancare dě fede donerebbe effer tenuto, giudicato & dichiarato: & da altri caualierěper irman %iin altre querele come mal cauduro dourebbe effer ributtato. Et č quefla fenterica cofi uniuerfalmente approntata : che a me con piů parole non č mifěiero di douerla piů auanti conformarti « Quando altri altrui richiede per offefa. \ fattagli da terza perfona. Cap. XIX. s Fole alcunavolta auuenire, che altri off efo da altrui di parole, o in altro modo fura da vno al tro dar ferite^ o baronateaWoffenditorfuo.Et fi cer cafe'l ferito, o baHonato debbarhhkdtr l'auttore, o pur U percujfore ; alla quale domanda, habbiamo •pronta la rifpofěa. Che fi come le leggi diali in fi-nuli caft cofi contra l'vno, come contra l'altre procedono, co ft permettendofiin talcafoabbattimento, dourebbe il caualier poter proceder e cefi contro, Vuno, come contra l'altro di toro.e Vro č che quefto fi diceyquatědo certo fta che l'uno habh'ia indutto,& che l'altro fia Hatoindutto . Che quando la cofi non fofie pii* che manifeftatnon doutr ebbe effer le -. cito all'ofefo lafciar la querela certa per pigliare La querela , . : ri rr .¦ i i- \ cena č da w incerta . Et certo efjendo che egli č aggrauato prendere, fa alcuno la dubitazione, o prefontione fua non fx non lŕ in* certa. che egli fia atto a richiedere altra perfona di hono-re,fe prima non fi difgraua contra chi gli ha fatta la L I B B, 0 L 31 gratterŕ, & rifentendofi contro, chi lo ha con matto ojfefoě& vincendolo ,chiar a cofa č,che di/granatone rimane . Ma per recidere, 0 vincere colui, che egli haueffe riebiefěo come auttore principale, nonfo co-tnefojje riuelato,che quell'altro potrebbe fempre dire che egli per fuo particolare intereffe lo percoffe:& che la pruoua delle arme č pruoua incerta, ma la per coffa, ŕ fiata certa. Et in tal modo a lui ne rimar ebbe fempre quella granerŕ. 'Perche io mi rifoluo pur a dire, che ilfacitor minifeHo della offe fa, & non l'oc culto auttore fi dee richiedere : Et quefěo raffermo ancora quando vi foffero alcuni inditij, che di quelli dubitar fi puň che fiano falfě, ma dubitar non fi puň indicij t dello offenditor-e. In C3.Coyche nafea difputa fopra la querelalo fo-praJa perfona per richieciitore quello che ' ti habbia a fare. Cap. XX* Molte volte accade che altri richiede altrui a battaglia, & cheilrkhicjěononaccetta td disfida, ma rifponde con alcuna eccettione, oppo- Eccet"om nendo che 0 che egli la querela non intende, ó che ella a lui non tocca , 0 che la perfona del richie-ditore č infame , 0 ha altro carico , 0 non č pari di conditione , 0 altre cofe tali. T^el qual cafo non č da dire fé non , che prima che fi paffi pm oltre č necefjario , che le difficultŕ nate fi chiarě-[cono : & il modo di chiarirle č che i cauallk-rě di comune concordi* fi rimettono al giudi-GiaCi • '"*.¦' ciň DEL D V E L L 0 tlo di alcun Principe, o di caualieri confidenti eletti da amendue le parti: & fecondo che da loro č giudicato co fi la querela fi ha da lafciare> o da perfegui-re, Et quando altri non uoleff'e accettare il propoHo giudiŕoyla opinione decaualieri farebbe di luufefof fé attore,cbe l'oppofitioni fattagli giuflamčte gli fof fero Hatefatte;& fefofěe reo,che egli conofceffe ha il uer ingiufla querela da difendere. Et quando l'attore ! /offe egli coluiyche ilgiudicio rifiutale, al reo non rimarrebbe da far altro fé non sěarfene, quando uera-mente il reofchifhffe la determinatone, all'attore fi apparterebbe di pajfar piů oltre, che hauendogli ma date,onot ficaie le patta di capo^dourebbe tornare a mandargliele,o a notificargliele richiedendolo, che o ne accetti una, o ne mandi tre altre a lui da elegger ne vndt con pretella che non fi rifoluendo colui di ac-cettare,o di madare,effogli fh intendere che accette rŕ}& ha. per accettata la tale, fpecifeado una delle fue patttiy & cheinconueněete termine fi trotterŕ a. quel campo per d'iffinir cori arme la querela co luije lŕ farŕ: altramente in cňtumacia procederŕ allafua infŕmia co quelle claujhle;che in tali cafi fifogliono ufare.Et č queflo ordine cauallarefcoyetragioneuole: che fé un tal modo di procedere no fi foffe trovatola ogn'wfarebbe lecitoycomeeglifofie a battaglia ricer cato,non douere accettare ne battaglia, ne giudicio: & il richieditore se%a rimedio ne rěmarebbe fcherni to.Et qfěo rimedio č lecito ad ufare, quado il reo fugge ilgiudicio da douerne ejjer dalle parti eletto di comune CQncordh',0 quado la querela č contejěata, & vu chiara; l 1 B K 0 1. $i chiara;ne piů cirimane cofa da determinare: cheti' munendo articolo da determinare&on fi puň obliga-re altrui ad accettare,ne a mandare patenti di cam-po,cbe quelle hanno luogo quando finite le difputetal tro non rimane che il venire alle mani. Se il fuddito dee obedire al fuo fl-gnore, che gli uieci il combattere. Cap. XXI. SI fuol domandare da gli fcrktorě dě quefta ma teriayfeeffendo alcuno a battaglia rkercatoyet uietandoglieloil fuo Signore, egli habbia a feguita-re la disfida , o il comandamento . Intorno alla qual dubitationei cauallieri fono rifoluti, che per li loro Signori vogliono ben mettere la vita ad o-gni pericolo, ma l'honore il fi cogliono a fé Ueffi conferuare immacuUto, & co/i hanno in coflume di fare, che come a battaglia fono richiefěi, o come intendono , che altri fin per richiederli, o battendo ejjě intentione di richiedere altrui,cofěfi riducono in partes dotte in potere del Vrincipe loro non fta di far gli arre ilare : & fen%a hauer rifguardo ne a gratta di Signore, ne a perdita di beni, ne ad efdio di patullagli abbattimenti fi conducono & chi altramente facejje fra perfone, che dell'arme facciano meHiero, farebbe Himato hauere un gran manca mente cÓme]fot& che degno no f offe di ětjarfra caua lieri: & quando egli uolejfe tentare poi con altrui di prendere nuQua querellajla quella, farebbe legittima mente DEL D V E l L 6 mente ributtato.Contra quefio Siilo per lungo vfo co .d» fermato, & uniuerfalmente da cattatimi approua-tojion č meftierc che altri a difputar s'affatichi. Ts(e in quefio propofětofě conmene allegare?antica difci-plěna della guerra^ per la quale non era lecito a falda to ujcire a combattere con faldato di efercito nemico contra il comandarne to,ofen%a liceva del capitano: che qtteflofi offerua ancora a nofěri dě in quella gui-fa, che da gli antichi fi vfaua dě offemare ; ma i cafi fono molto děuerfi : conciofiacofa che altro čeffere in uno efercito,doue fthabbia obligatione di attederea, quella fpetiale imprefa ; & altro flarfi nella patria oůofo.Vóigra dijferč^a č da quelle disfide,che fi leg gononelle antiche hi^torie,a quelle del nofiro Duello: -x lequaěi no hauendo hauuto in coflume,ne quafi in co-gnitione gli antichi Romani nň hano potuto dar loro Ducili antě ne legge, ne regola alcuna. ^Appreffo gli antichilea-chi • uallierě di due contrarii eferciti, quali a quefio propo fito da' dottori fono allegatila battale particolari fi eonduceuano per una di due cagioni : o perche dalle parti era rimejfa la dijftm'tione della guerra in alcuni pochi cauallieri,fi come fu fattone gli Horatij.i& ne* Curiatq,&in tal cafo tifare elettione de' cobat-tetti appartiene a fupenorii& non č lecito a ciafcu-no che uuole il pigliarne U imprefa; o ueroftfaceua-no per dimoflratione diualore : diche fé ne leggono de gli antichi ,& fé ne ueggono tutto dě de* nuota efempij ; e*r in quefta maniera non č veruno negli eferciti, chehabbia piů obligatione uno che uno altro tfacendofi le tot al disfide m ^entrate. Si che m quefto t I B K 0 I. $S quello eafo faldato non ha da combattere fen%a Uce %a ; ne per tal cagione non combattendo carico alcuno gl'iene rimane, conciofta cofa ch'egli ha da adope rare il ualor fuo in quella guerra, non fecondo il fuo appetito, ma fecondo il comandamento di colui, cui egli fi č per prexjzo, & per fede obligato, non hauen-fio ejfo obljgathne di interejji particolari. Colui nera mententi quale ha carico pedale di querela di honore, a quella fi tiene hauert tanta obligatione, che molte uolte abbŕdona l'efercito,la patria, & il naturai fuo Trencěpe,& Signore. Intorno alla qual cofajo dirň Querela <& patitamente quellofhe a me ne occorre. Vero č che ercrciti ne-quando in due ramici eserciti foffero due cauallieriy mi"-iqudihauefferoluno con l'altro querela s non doue~ rebbono ne l'uno richiederete l'altro rifpodere fen%A Vauttofitŕ de loro capitani, chefen^a la loro liceva non č lecito a neruno di trattare cofa con perfona del Cefercito nimico, ma quando l'honore a perfeguire la querelagli siringeffe, &¦ la licen'^a hauere non potef feroyfjji da quella ftruitů come piů poteffero honefia mente allontanandofi,douerebbono metter fi per quel la uiayfer la quale dall'bonore foffero inuitatl& ciň dico io tanto mawior ment e,quanto altri fi fente effe- . , - rL i ;¦ i i • ncato dee re incaricato: perciocheyinjtn che egli da quel carico gu«datfi non s'č deliberato; dee fuggire ogni pericolofa fatuo-da J?cnco& ne, per non rimanere ancor morendo dishonorato: & dee guardar fi che altro carico non gli foprauenga, per lo quale colui t colquale egli baia prima querela ,non habbia occasione di ricufare diuenircon ha alla diffinitione . Di che fi tiene da cauaU Ł Ikri, D É l D V E l L 0 těeri,che trottando fi alcuno in citta affidata, & non .. foiedo bauere licenza di yfctrne-, debbia gettar fi dal le mura,per andare a difendere Ufuo honore. Non no \ gito negare che quando fi trattajjč delio intere[fé del la patna, o del naturai Signore; non uiftdoucffe hauere alcuna conftderattorte, majfimamente quando nella per fona dě quel tale conftslefjč buona parte del carie otode configli di quella fanione ; ma in al* tri cafi per comandamenůjne per pene non ike caua-Hero ne mancar di richiedere, ne rimaner fi di rijpon-officio de dere,ne febifare di andar alla batsagfia. Ne i Sěgno* s« signori. r'f (per panr m-l0j douereyfjOno uolere da loro fog- getticofa, chefiacontrailloro honore . Et perciň io non lodo le ordinationi di queTrenciph i quali fan nogliftatutifcbedaloro fudditinon fi muouano abbattimenti ; & che altri anchor che u'tfia chiamato, non ui debbia andar; che in quefia guifa mettono i e a «alteri in neceflětŕ o di ejfere condermatiyo di rimanere dishonorati. Lŕ onde per auuentura co/a piů lode-uolefarebbe, fé fhcefftroLegge, che alcuno non mo-ueffe Duellifen%adarne loro notitia : che quello fa-> rebbe bonefliffimo comandamento : & efft intendendo le querele potrebbono tentare in alcun modo di troncarle,o di affettarle con compofitione, & con con uenientefodisfiiaione:Et quando ciň fare non potef-ferotfe quelle d'tffiniůon di arme meritajjčro, le doue-rebbonotafeiar paffare innanzi & quando nojmpor re lorofilentio foltograuifsěme pene, & caligare i di' /ubidienti con ognifeueritŕ, Et il medefimofŕre-an-' cora quando altri bunendo q malamente, o vnnutt s L I S 1{ 0 2. 54 mente offefe dtruhnm volefie dargli conucněente fo» disfattone. Come debbiano i cauallěeri prender le querele per combattere legitimamente. Cap. XXII. Ogliono i cauallierij quali alcuna querela, pren-deno a děffiriire, prenderla con vna tale intentiti' ne, che ancor chegměla fia la cagione, per la qual a combattere fi Inducono, non pereto efjě per la giů-Jěitia cornbattono,ma per odio}et per deftderio di yen dettalo per altra particolare affettione. Di che molte volte aimienc che altri, tutto che la ragione fia dalla fua parte rimane della battaglia perditore* Che Dio y il quale vede tutti i piů ripoHi Jecreti de noflri cuori, & che de'beni, & de' mali da legiufte retributioni, punire quella mala intentione; &firě-jerba a caligare il mal fattore quando lo incom-prenftbilc fuogwdkioconofce il tempo douere efiere piů opportuno. che vnbuomo non dee egliprefu-mere di douer caligare vn altro huomo per fidati-%adelfuovalore; conciofiacvfache ( come dicela Scritti-re dello Spirito fanto) „ Etnonfarŕilpojjčnte liberato la waride?t a de le forile fi granae%$a ac iefor^fi tya nelgiudicio delle arme fi dee il caualliero appre-fentare nel cofpetto di Dio cerne vno iHruméto}U qua le la sempiterna [uŕ Maejlŕ habbia da adoperare infit re la guflitias&i dimorare il fuo guidicio. No dotte E i re DEI D V E L l 0 rň io, fé altri alla donna mia baurŕ uolutofar uiolen» %a chiamare colui alla, pruoua della fpada principalmente per uendicar me di quella ingiuria. 'He fé alcuno contra il Trencipe,o contrala patria bauerŕ commefěo mancamento,douer» accufarlo, & richiederlo a battaglia per odio, ch'io porti a lui :o per acquili are la grafia di quelsignore,o per riportarne ho nore. T^tfe alcuno parente, o amico mio farŕ flato mono ,dGuerň io chiamare a Duello Cucciditore per la amiftŕ, o per lo parentado^ ch'io haueffi con colui z tna la intentio* mia douerŕ effčr tale, che quando an. cora io nonfoffifpedalmente offefo, ne alcuno affet-tOiOrifpette particolare a ciň mi induceffe, per amore di uěrtů,& per bene et utile umuer[ŕie ito farei per prendere la mede finta querela. Che douerň io in una ingiuria particolare hauer dinan^ a gli occhi non la perfonatche fatta la bafŕ non qmlla^a cui ella č fla tafattasma hauer rifguardo quanto un tale atto di-fpiaccia a Dio,& quanto danno, & quanto male ne foflafeguitarealla humam generazione. Etfopra uno adulterio fi couerrŕ prender le armi no come per una frettale per fona, ma fi hauer a a confiderare qui to finto, & quanto religiofofia il nodo del mammo-riwiil quale effendo un legame di leggmima compagnia da Dio infiituito>acŕocbe in quello il mafcbio,et lafemina non come due,ma come una fola pfona hab biano da uiuere in tal congiunt'ume, che da altro che dalla morte non pojfana ejfere feparati : & accio-che per quello il marito, & la moglie ney figliuo» ti da loro generati babbkno da riconofcere fé Jlefi> fh L I B K 0 I. SS fi, &da uwere in quelli ancora dopo la ulta : &U dignitŕ di quello considerando, & come per lo me^a dell'adulterio la. diurna iHitutione uenga ad eftqrc* violata, &la matrimoniale congiurinone feparata „ & U generatione ccrrotta}douerŕ il caualiero non tei to per uendicarfejne per caligare altrui,qttanto per tonferuat'wne di un legame cofi inuiolabile, dimorfi a prendenin mano le armi,con ferma tf>eran%a thč col me-rp di quelle Dio : ilquale (come dice Vaulo) ha da giudicare gli adulteri >fia per darne feuerěflěma~> fentenza.i^Qn altramente [e alcuno contra il Trend Tradhn <&• la fua fomiglian%a.St percioche Dio giŕ nella fua fantini* ma legge fiatiti che t micidiali dal fuo aitare fojjero ieuati,& alla morte conduttiy fa pendo il CAualiemo quanto per tal peccato Diofifenta offefo> potrŕ chia mare colui a Duello,™ per voi erlo egli recideresma per far fi minierň diefequire ladiuina vdontŕ ,' & il fuo Jantifjimo comandamento • Et per non anda" re per tutte le maniere de mancamenti d'fe or renilo¦> con gli efempěj, che datihabbiamodell'addi-ětriň, del tradimento, & dell'homicidio potrŕ il ca-ttaěiero ancora gouernarfi in <\ualun<$ altra fpetie di altraggio,per lo quale egli mtenda. di doue nhiamart altrui alla pruoua deUo (kccato.St quello,che ho det io dello attoreydicomedefmarnente del reo, che egli non con altra intentione donerŕ conducer fi alla battaglia che per difendere la innocenxa%& l'honore, le* quali fono cofe,cbeft come lengiermente fi macchiano , cofi con ogni ftttdio dee cercare ciafcwa perfiy . nu L 1 2$ % 0 L $6 ttŕ di conferuarle immaculate, &a difefa di quelle nonfolameuteft dee mettere per lo proprio amore di fet & per lo fuo interiffe particolare ,ma con opinione che liberando fi egli da quella particolare in* giuria, & [opra quella la diurna gmftitia dimo* ftrdndofi yimaluaggi accufatori babbiano ad e fiere menprňtiadouerperinr.azj apporre alcuno misjut to a perfona, che habbia le mini innocenti, & rncn~ do il cuore » Et con quefta intentione doueranno i ca* nalieri) oftano attorco purfianorei (fentendoft coni battere per la giuflitia) prendere le querele &da frouare, & da difendere : che in tal maniera meri' faranno di effere -veramente tenuti valorofii per ciň-che (fecondo, che dice Cicerone ) l'animo , ilquale non jchifai pericoli fé per fuo appetito], & non per comune vtilitŕ čfofpěntoa quelli, audace an^ che forte douerŕ efěerenootinatOoEt qual camliero con tal mente, con quale habbiamo detto fi conducerŕ a battaglia, potrŕ andare con animo france,&fěcuro che Domenedio, di cui infallibili fono i gmdicij, darŕ lafenten%ainfawndicQlui,il quale combatta rŕperla giuttitia, Cohclufione del primo libro* Cap» XXIII, H ^Abbiamo fin qui affai pienamente ragionate delle mentite, & dello attore, & del reo, & di alcune altre co fette panie olari neceffarie a fa per-fh&a feruarfi da cavalieri prima ch'eflě a glijěec- Ł 4 cuti D 1 L J) V E t L 0 tati fi conducanolequali fé diligentemente faranno notate, $* mejfe in opera, io fono ficuro, che men molte occafionir'wiaranno a coloro ; che fi dilettano di difputaye. Et intorno alle materie, delle quali hab biamo parlato ci fono ancora nw poche ccfe degne dinonpocaconfideratwne :lequalinoia bello Jludia babbiamo in altra parte rimefjč da potere trat tare, fi come diremo appreffo fegttitan-do. Et tanto ci dotterŕ bastare di hauer detto in queHo primo libro per parte della propofla materia del Duci lo. IL ĄIT{E DEI T^IMO Ll'BKO* II- 37 LIBRO SECONDO ^EL DVELLO DEL Murio Iuftinopolitano, PROEMIO. M VENIVO il Creatore di fatte le crea Cttt 1 ture da princěpio produtta la mafia de' deli, & della terra, & di quella formati prima i piu nobili intelletti, & appref-fo il celefěe, e da poi quefěo bqfjo noftro mondo, Si cornea quello dato bauea il muommento delle con* firme* varie, & contrarie reuoěutioně, & ornato d'infiniti lumi, cofi a quefěo diede diuerft mnouimen t'u & di molte maniere di animanti lo fece adorno* Che nell'aere collocň da tutte le parti i venti, iqualě f quello difcorrčdo bauefjěro a tenerlo efercitato: & ui apgiunfe i uaghi augdli^accmhe per quello le peti ne battendo lo andafjtro falcando, & condolciffi-mi canti lufmgandolo lofkcejjfro n fonar e. Et battendo il mare intorno dia terra difpofěo, & per quello femmateje molte, & belle ifolette, che quel- Mare k dipinto tengono, come flette in cielo fyarte , gli kd DEL DUELLO diede fecondo la diuerfnŕ delle regioni diuerfi corftt & diuerfe alterationi;& voUe,chei fiumi andaffero i paeft partendo & inafiando; e che pace non baite fi Te«i. jero in fino a tanto che con quello non fi mefcola unno & quello, & quesli riempič di molta varietŕ di pe* ftiye di cofi fatti animali, che di mojiri appreffo di molti hanno ottenuto il nome, ^illa terra ver amen* tebauendo poco,onullomommmto conceduto,& ha Uendo quella fpefa in pianure, albata in montagne^ & abbacata in valli;e nelle vifcere di quella pojle te maniere delle gioie,de' metalli}& altre: e quella coro nata dipiante}vefěita dihtrbe, & ornata di fiori, la fece ejfen albergo d'innumer abili fiere,.e d'altni man fhčti animali; <& ultimamente accioche qua giů non mancaffe chi intentamente contemplando il mirabile fuo magiftero,a lui ne-rendeffe gloriale honcre., fot-, mň l'huomo ali'marine fua,& alla tua fomhlěarat imagine di & quello veju ŕi\pofha terrena, la opale ejjendoglt vi°' comune co^brutti, a fin che egli da quelli poteffefepa-rarft,& confemarji nella naturaleJua nobiltŕ , ŕ lui diede la ragione, & la fauella ; accioche intendendo, ' ,. edifcorrendopotejreiconcettilěwifarmamfefěi. Et la lingua r J , . a . , i-, . r r congiunta fi comela celejze parte con U terrestre wfteme fanno con U mi vna creatwa3non altramente uolie la diurna fapien-%a,che congiunta f'offe la lingua con la mente, perche efiendo efjafomma veritŕ > noi la veritŕ celebrando* quella baaejjimo continuamele da honorare. Effendo noi adunq; fiati fatti tali,fé non vogliamo a Dio, che da fé mede fimo fé paradoft battere nella lingua il cotrario d'i quello: che egli ha nel cuweěEt quale pojfiamo noěfhre a Dio n-hellion maggiore cheeffendo egli(come detto babbia, mojfuprema veritŕyluiabbandonado coghmgercico tadvterfariofuoUel quale č veramente fiato fcritto, „ Ci) egli č bugiardo^ padre di menzogna. Et č fermamente il vitto del mentire ritto coftabomi neuole}cbe nonfo quale altro poffa effer piů perniilo n d;au°: fo alla humanagenerazione : che per non miftender menzogna bora indirne tutto qttello,cbe dire ne potrei (ikhefa ll mentiw rebbe troppo lungo) tanto ne dirň io, che queftofolo b"uto ? * teua dal mondo la fede,e leua il conforto della huma-va conuetfattone\ilpercheefiendo la menzogna co-fa cofi bmtta,dee chiunque vuole effere veramente buomoytenere vn coft /porco vitto da fé lontano : & quanta altri de fiderŕ di e (Sere piů eccelfo, e pht raro fra gli altri butanto piů di tal manca, mento dee egli procurare di douere viuere fé parato. Et come che a ciafeuno difuq<(ire vn tal difetto flap Caualieri partenga, cw principalmente e richiejtoa coloro, f ti di quali per efercitio di arme,& per opere di caualle-ria desiderano di venireglorioft : che basendo effi da difendere la gmftitia,a quella, <& all'officio loro s'op ftmgono ogni volta che fi partono dalla ueritŕ .\La> onde per fuggire un cotal biaftmo, per inuecebiata confuetUdine da loro č fiato mtrodutto, che a qual-bora viene loro appo/lo che effi mentono ) quando per altra via la veritŕ del detto loro non pofěam ni ' PEL DUELLO puflipcare ) hanno da ributtare quel carico con ima.no armata, llche in qual maniera fi debbi* regola re noi come il meglio habbiamo potuto, nel paffato li bro ciftamo affaticati di dimoflrarlo.Et bora la inco tninckta Materia continuandoci mano in mono trai tertmo quali fiano quelle querele, che meritano abbattimento ; & quali fumo l'arme cauaělerefihe, & apprejfo dě quelle altre cofe,che nel co/petto designo ri,i quali danno i campi franchi^ negli Łěeccati}& fuori dě quelli o peffono ěnterueněre.oa loro peffono in alcun modo appartenere. Di che ejjl batteranno a fa pere, che non tanto a caualieri combattenti, quanto d loro farŕ fcrittoquefto fecondo libro^ come a co-fa che a loro fi richieda doneranno poi geriti orec-chic con attentiate^., Della ingiuria, & e'el carico. Cap. I, PiArrŕ forfč fěrana cofa ad alcuno, cbehautn~ do vói giŕ trattato nel precedente libro affai co pěofamtnte la materia delle minine^ & hauendo det to la loro propiia natura tjjere di ributtar le ingiurie, '<& effendo le ingiurie prima che le repulfe di quelle, farro dicoforjt Tirana cofa che hauendo delle repul fé ragionato, bora con ritrofo ordine delle ingiurie temiamo a ragionare • ikbe ancora thč cofěfia, noi non fenica euiačtiffima cagione h abbiamo voluto que 1 fia materia a quejěo libro tiferbare. Ccnciofiacofa, che ifcorgmdo'm peruerfo tosi urne > ilquale intorno a gli L I B % 0 II. 39 gl'i abbattimenti uniuerfalmente fi tiene, doue pojpo-Jla ogni diruta via, &fen?a alcuna leg^e offeruare UaHallierě correno alle fpade> fenica confideratěone hauerefe quelle querele per věa cimleft pafianopro* uare ;ofe elle meritino > o non meritino che per quel' le a battagli* fi debbia venire : ne [perandň nói age-mlmente di potergli ddbroftrabo-ccheuole corfori-uocare y Domndo in que^o fecondo libro ragionar di quelle co fé, le quali co'Signori de'campě» & mila loro prefen^a fi tratteno,habbiamo voluto indugiare a parlare in que fio luogo diftefamente delle ingiurie, per proporre innanzi aglioccbi di efji Signori la nei' turay&laconfěderAtionedi quelle,ricordando loro che ragione veruna non comporta che diano a perfo- &g na alcuna patente di campo .fé prima la qualitŕ del la querela non intendono ; & non conofeono, che ella meriti pruoua di arme ; &fe non fono giuflificati che ella per altra ma non fi pofla prouare. Et a quefle co fesche dette ho, di uni w una č officio loro di riuolger bene l'animo con tutta la intentione ; che altramente signori da facendo fecondo cheueduto s'č far molte volte, efjě nau' non pur non aprono laflrada alla uerětŕ,pergiuflifěca. tione della quale il Duello č Hato inflětuěto ,am\ contra la gm(litia operando ; de' loro campi fanno beccane di carne hnmana.Ma ddlo officio de Signo' n pu difěint amente fi dirŕ nel proceffo dello fcriuer nojlro, fecondo che Ufuggetto ci porterŕ la opportU' nitŕ.Et bora la propofta materia feguitŕdo dico, che tutte le quereleylequalinafcono fra cauallkri nafee-re fogliono per fentirfi altri ingiuriata, o incan- j tato; T> t l DUELLO cato]& perle bocche degli huom'mi fi fentono tutta di quejěc paro(e:& perauentura pochi fonoquell'hche intendano quello,che elle figniftcano, come fi richiede . Di che noi diremo incontanente quanto per la loro intelligenza ci pare efjere necefěario.Ingiuria adě* qut non č altro, fé non co/a fatta fuora di ragiane,o, Carico. come dlc'lamo mi} a tortola onde ingiuriato viene a, dire quŕto offefo a torto;Et carico altro non č, c\h oh ligatione di ributtare^ di prouare, o di riprovare al' cuna cefa.Et quefta noce č co fi detta percioche i giů reconfulti dicono che all'attorefyprafia H carico del prouare^perchenefeguěia che quando udiamo che al tri rimani incaricatoidtra cafa non habbtamo da intendere fé non cheeg'i fia l'attore.Et intorno a que-fte due voci č dafapere, che alcuna volta altri fa altrui ingiuriai & carico infame ; & altre uolte carico sč%a ingiuriaci fi puň ancorfare ingiuria fenz^a cari co. La ingiuria aggiunta al carico č in qttcfla maniera :5 che a me viene apposto da chi che fia alcuno manca mentOyilquale da me non č flato commcjjb;con quefio biafimo colui mi fa ingiuria ; in quanto cantra tut~ te le ragioni del mondo cerca di darmi mola fama:& mi fa caricoůn quanto mi obliga a douer quella ingiů ria ributtare^ rifpondere a quelle oltraggiofe paro le}fe lŕtuperatonon vogliorimanere:& per tanto io rifyodo con la mennta:& ue'ngoad ifcaricare me, & a dare carico a lui; ilche č leuar me di obligationes& obligare lui alla pruoua del fuo detto ; <& ciň č a fare che egli d'menga attore , Do uč č da notare, che io a lui fo folamente carico, & non intimi L I B R 0 IL 4.0 ftrciocht ragicneuolrnente fa io tale rifpofla ,&glil metto addojfo il pefo, che pur diam^ ho detto. La in* a giuria fen%a carico č di due maniere ; cioč di parole, & di fatti, Di parole,comefe altri diceffe altrui, co fa lacuale manifejěo fofje che ella (offe falfa, & x ¦quefta non farebbe neccffariofhr rifpofla : & che il dicitore di quella fen^a alcuna repulfa per bugiardo, & per fklfo accufatore farebbe conofc'wto : an^ di parole cofi rane a me parrebbe, che p'm honoreuolc farebbe il lafciarle fen%a rifpofla ; che rěfpondtndo tnoftrare di farne conto alcuno. Et in ciň lodo la feti-Un%adi Qjtfetello J^umidico, il quale effendofla Qjicttěio to'm prefm%a del popolo Romano di parole lacera-l4uHUdico 10 da vno de' Tribuni della plebe, dtffč che ne per amico lo uokua, ne voleua guardarlo come nimico, ne fare alle fuč parole rifpofta , indegnisfimo riputa, dolo che i buoni diceffero di lui bene, & non attofug*-getto,del quale ne haueffero a dir male,Et quando pii re fopra cofifalfe-,& vane parole dette per altrui on-tataltrift conduceffe a dar mentita, ella farebbe fo* uerchia fi come quella, alla quale abbattimento non fi richiederebbe; che dando fi gli abbattimeli Ł cagio McntItJl r<> ne di dichiaration di veritŕ, poi che la. ueritŕ č mani- uerchia. fcfla;nofi ha da metterla in quiflionenegli {leccati. La ingiuria neramente de fatti fen%a carico č .quando altri 0 confopercbiarěa,o in altra guifa malamete hfa,& che chiara cofa č che tjllo č fiato atto trifta-mente fatto,& da mal caualliero>& q(ěa ingiuria di xo io non meno di quella delle parole effer fervei cari-€O:perc'wcfo fé l'inginriatQtichieder uoleffe colui che queU'ol- D E L D V E L L 0 queir oltraggio [atro gli baueffetcbe potrebbe egli dire di uolergli prouare,fe non che colui gli bauejfe ufa tafopercbiaria>oche tn\ěamete haueffe adoperato ? Et [e giŕ č chiaro che coftfta, (fi come giŕ s'č detto) che fi richiede piů di uenirne alta pmoua f* Et fé altri mi diceffe. adunque donerň io rimanermene con la ... „ H vendetta a mZimia> feniK.a dargli il conueuiente caftigamento ? *A queHorifponderei, che gii Sleccati fono fiati ordě' nŕti per ginjěificatione di iterila^ &non per dare ai- officio de trai modo di far uendetta,& che le punitiom delle co fi fatte ingiurie aPrencipi di darle fi richiede, per matenere in pace i loro fuggetti. Il che quando ejjifa. ceffero, & lo faceffero feueramente, forfč men uolte vendette fare^ono ^ q^txtle, delle quali ft ueggono tutto dě tali quali impaflrěcciatH muni& le colonne. Et per tornare le offefe. aiie uen^ette ^C0) cf,e cjfi a quelle pertfa, dee cercare altra ma che qmlla del Duello & in quella maniera non manca di coloroj quali dicono, che ad una foper-chiaria fi conmene uri'altra foper'chiaria, & ad uno tradimento uno altro tradimento: ne' quali cafi io tor rei an?i a difendere chi fatto l'haueffe, che io defii configlio che sě faceffe. Quanto fia la uergogna di chi fa altrui ingiuria con Coperchiarla, oin altro modo malamente. Cap. 11. IO 50 che a moltij quali uannopiu preffo alcorrot to coftume, che alla ragione, potrŕ parer nuoup quanto io bo detto nel cap.precedemc; Tercbe ho da dire I I B I{ 0 IL 41 dire ancora tanto auanti,che in vna ingiuria trillarne tefkttaMon folamente lo ingiuriato non č egli rincari La ve/S°: cato,ma che Ufttcitor della ingiuria con vituperio ne chi fa i"at-rimane;cbe nelle cofe di caualleria non facendo altro lo biutto' atto verggnofo,o vilejtonfi puň dire, che egli al debito del cauallierofia mancato: & il guardar fi, che altri non gli faccia vnafoperchiaria toun iradimen~ n cauaiiie to,n rnefembra chefia cofa lmpoffibile;et perciň che ™ ^yjjjj altruiimenangi cofa dalla quale egli guardare non fipof[a>non deeefferejěimato cofa vergognofa . Cofa vergogncfa, & vituperofi dee ben, ejftre riputata quando i'huomo non fi guarda da fare di quelle trilli tienile quali in {no podtre č il guardacene. Io poffo guardarmi da fare ingiuria altrui, poffo guardarmi da fare vno atto cattiuotpoffo guardarmi da mancar di fede:poffo guardarmi da fare tradimentoy& guar dar potendomtneě& non guardandomene, trabocco in infamia, & in vitupero tanto grande, quanto non č vergogna maggiore di quella che l'hwmo fi fa a fé medefěmo. La vergogna adunque douerŕ effere di co lui, che hauerŕ fatto l'atto brutto, non di colui, ver-fo ilquale farŕ flato fatto. // che con quell'altro argomento ancora fi puň confermare ; che non precedendo altri caualkrefcamente ; moUra di non effe-re ardito di venire di pari a pari ŕ pruoua con colui s cui egli d'affaffinar e s'affaticaci di qfěa mia opinione ho io auttori antichi plofofanti, da quali č flato detto che la ingiuria non č di colui, a cui ella e fatta, ĄŁ> ma di chi l'ha fatta,Ter che nomir'marrň ancora di fa dire yna altra cofa del mio parere, che in cafodial» JF tra PJ5I D V ELIO tra querela io direi che il facitore della disbonefla in giuria da gli {leccati poteffe effere legittimamente ributtato come colui, che haueffe mancamento com-Ch\ fa rat- mcffó>& che il riceuitore di quella ui doueffe ragione to brutto e ; n , l~ , r -disonora uolmeme epere accolto, presupponendo Jempre non *<>• dimeno che U mancamento dello ingiuriante fta mani fefěo . T^e voglio pajfarc in quefto luogo un peruer-fo cofiume de nofěri tempi, il quale cojě dalla ragione dee effere dannatojome egli č dal uulgo con molta . affettionefeguětato. Et quefto č che come altri fi fen-duei"o° * te ejjčre legittimamente da altrui mentito, cofi egli petcoflc Co per cbfgrauAifi dalla pruouay cerca di fare vna offe' pramenti- C. ,. ,J&a , r . , . J . JJ „. fa di bajtone,o altra malamente%& in qualunque mo do'tfer lui fi puň a colui, che gli ha data la mentita: & molte volte volge lelpallei<& fi mette in fugace-ciochei'ojfefononfene poffa incontanente rifentire; & in tal maniera gli pare di efferfi ben ualorofamente fiancato : & la op'mion volgare i/lima che cofifia &nonsauuedeil cieco mondo in quanto errore egli fi truoui immerfo ; & quanto fěa falfo ilgiudicio di co loro ,-cbe cosě tengono. Che primieramente fé io per tagion di konore mi conduco a fare alcuno effetto» quello ho da fare bonoreuolmente & da caualiero;et non vergognofamentet& da traditore i & crederti non debbo che una opera uituperofa mi debbia hono-Honoreuo texane fiancare ; amj ho da effere fumo che il cari le vuole c[ co fattomi da colui mi rimane adojfo,& che iofopra rimetti.*11 qůeUo cou quella opera biafimeuole mi aggrauoanco radi una maggior uergogna. Voi fé in uno Hecca-io non pojfo fare cofa piů dannabile che fuggire (fi come L I B I{ 0 II. 42 come fi dirŕ appreffojcome debbo io pcnfare fuggen* do di hauere alChonorfodisfattoiEt perche non fi dee tenere da tutto Perdine di caualleria piů honorato colui dal quale io fuggo,che ioilqualefuggo, quantunque io fatto gli habbia ognigraue offefa t che l'offendere altrui non č cofa honoreuole ; & fuggire čver-gagnofo. Ter tanto io non dirň mai, che vno diritta- chi C5 mAi mente mentito perhauer fatto vno atto tale, fi fio. modo of-perciň del carico liberato:& che egli non fia obligato cn c* a pronai e quello, fopra che la mentitagli č fiata da ta:anzifempre lo hauerň io per attore. Et queHa č lafenten%a mia fondata fopra. le ragioni, le quali det toho : & le quali mi par che da caualieri piů fi debbiano abbracciare thč una op'mone di vulgo > dtUtu* quale non fi vede ne legge ^ ne fondamento di ragione. Et con queHe regole douerebbono per mioauuifo i Si gnor'^a quali ptr hauer campo franco fi ricorre sforni officio de nar bene le cagioni,per lequali altri intende di venire signori. a Duel.o. Et torno ŕ dire che concedere non debbono alcune patenti ,fe prima bene non conofeono la nata ra delle querele: & fé elle abbattimento meritano; &fe elle per altra uia pouatfi poffono, che quella della jpada .J^e fi dee alcun fignare muouerea prie-ghi di chi che fu a dare abbattimenti non necefjarij: percioche citta la offe fa, che fi fa ŕ Dio,fi fh gran torno altr uiytirando alla battaglia chi a combattere non č oblěgato:& fi fu ingiuria a qué tribunali, da-uanti a' quali quelle differente diffinire fi dourebbo-no, mettendo le mani nella lorogiuriditticne. Et non non minar baldanza dee altri ricufare di compiacere Fi altrui DEI Df'E L L 0 altrui nelle rnen che honefte domande, che altri a domandare le cofe men che honefteft conduca. Che non fopra ogni mentita fi dee concedere abbattimento. Cap. III. Ni El primo libro habbiamo fatto tino affai lungo ragionamento intorno alle mentite,per moftra re altrui quali debbiano efiere legittime giudicare : Ht'm quejěo habbiamo parlato dellaingiuria, & del carico, dimojlrando che il carico fta quello, che per ohligatione di honore sforai altrui a ributtare, o a pruouareyo a riprouaxe alcuna cofx.Et per quelloyche il'mentito ^e mentiteidelle ingiurie, & de carichi (i č difeor-ě mote, fo conchiudere fi puň, che U mentita legittimamente datta č quella, che fa il carico, per lo quale altri č obligato alla pruoua : & dia pruoux dico io fempticemente, & non alla pmoua delle arme, per-doche C come ho giŕ detto , eJr ridetto , & fono per d'ire, &riděre ) in cafo , che altra pruoua ft ppfla hxuer che quella delle arme, la mentita non fo largente non obliga a battaglia, ma ogni caualliero n5 ad ogni č tenuto lafŕando la pruoua della for^t, di ricorre-menata fi rea quelLi della ragiona. těora qui ho io da aviiun- wchiede *; / l. il ir duello. Zere i"e ne ani:'ye °&al matita , della quale non fi poffa hauere giuflificatime per uia civŕie, merita incontanente abbanmento. Che non vorrei che alcuno fědejje a credere altrui a douerueněre a Duello, come pare che introduca ne jia la opinione : la qua- I I B H 0 IL 45 le non altronde procederete non dalla corrotta u] anta , alla quale ha dato orěgine il poco auuedimento di alcuni primi Si%nori;iqu.ali fuori di ogni legge,fuo- si .d** ri d'ogni ragione, e fuori d'ogni diritto ěěilo di cattai- "j0/ Igno" Uria da principio aperferogli fteccati a perfine infh-tni}& fen^a cagwn legittima vaghi di fa(t frettato ri nelle battaglie de gli buomiritjn quella guěfajhe al trijuol dare a popoli leftjle de* torio di altre faluati-che fiere }& ifuccefforile maniere de'loropredeceffo ri ŕimano in manofeguitandoji troiŕamo iedotti in tal temine .che comunalmente fi titne, che come altri č mentitOjper qualunque cagione eglifěa flato me tito3cofi fen%a altro rimedio egli fěa obligato a leuar-fi quella mentita da dofjo con lajpada,Eta quefěo di* fordine,ilquale č homai paffato tanto auanti, quanto fi vedea'Signoriyche danno i campi}principalmehte fj?5^ de // conmene di procedere:accioche per quella medeft-ma porta}donde i caualieri dal diritto camino ftjono trajmatiy apparino ritornando a rimetter fi in futa ftnarrita flrada. St perche altri fi poffa confano giů dicio regolare, dico che la mentita non č qutlla, che induce abbattěmentoima la capone,per laquale ella č fiata data .Et fé al mancamento, del quale altri La č incolpato, non fi richiede pruoua d'arme, la men- ^ tita non puň altrui obligare a battaglia^ Ter che alla qualitŕ delle ingiurie, e non alle minute fi ha da riguardare, lo fo che ad alcuni parrŕ nucua quefia opi nione:ma quei tali hanno dafapere che piů nuoua č la opinion loro,& la loro vfan%a. *Am^ che antica č la mia,®- la loro nucua;comiofia ccfa che legge alt» F 5 na DEL D V E L LO na non fitruoua, per laqualefi dichiari, che altri]? ef fer metito debbia all'arme mm're.Ma tutte quelle leg gh per le quali abbattimeli fono fiati conceduti, bario ejpreffc le cagioni fpetiali fen%a fare di mentite alcuna. metione.Et que/ěa čia nera & antica cofuetudine approuata per le leggi de Longobardi, & per cofiitu tioni d'imperadori. Et fé perle mentite dar fi douef-fero abbattimenti, uana farebbe fiata la fatica prima de Longobardi, &appreffo de gii altri Trencipi che hannofiatuiti i cafi partkolar'hper liqualifi hab bia a combattere, & efprefji ancora di quelBk, per li quali non debbia ejjir lecito di uenire in prona d'arme, fi come nelfeguente capitolo chiaramente interi' diamo di uoler moflrart-j. In quali cali per leggi Longobarde & altre fěanoflati conceduti & uietati abbattimenti . Cap. 1111. Ohi fono ě cafi nelle leggi longobarde efpref-. fi, per liqttali abbattimento fi cancédct&njoi di uno in uno cercheremo di restargli. Cofi da j# Łf percioche i dottori, i quali in materia di Duella «tacilo. , r • i- / ir r j hanno ferino , dicono che per quale ji determina che per delitto di MaeHŕ offe fa , & per tradimento della patria fi debbia combattere , & in queHa ordinatane non trono in alcun luogo per particolar legge chiaramente efpreffa . 'Ben dico che fé per cagwn ueruna fi ha da concedere battaglia , per quelle pwicipalmente conceder fi dee. Ma Ilo » che in qudtofropofitoho rarmato^ č uni JVL legnatila quale quefěe fonale parole .Se alcuno ha ,> uerŕ accufato chi chefia al Re di cofa}che al Perico- „ lo dell'anima fua s* appartengagli'accufatoria Iccě- „ to di difender fi per battaglia ; €t [opra quella, Ugge „ diuerfe fono le [enterice de'dottori : che altri dicono „ quelle parole ; Di co fa, che al pericolo dell'nimafua s'appartenga douerfi intendere dell' aicufato : & altri dicono del I{e : & quetta feconda par che fu piů di approdare, <& fé bene la chiefa tiene altra opinio ve t dicendo che giŕ di fopra é flato dalla legge ordinato di colui :ilquale ha penjŕto, o configliato con-tra Ł anima del l{e, ciň non fa al propofito, che di fopra fi č parlato>come di diletto prouato,o mamfejěo, & qui fi tratta della fola accufa. Vero č che in un* altro luogo fi fa mentione de gli abbattimenti che fi concedeuano per infidelitŕ fen%a altra etpreffwne, ne altro mi ricorda di hauer letto in quelle leggi, che faccia per queflo cafo. QueHa č adunque una delle cagěon'hper le quali dir fi puň che concedono Duello le conHitutioni Longobarde. 11. Vna altra ne č, Se Donna č incolpata di hauer tenutotrattato di far morire il marito.Et qui č da no tare che per una altra legge ft determina che fé buo-rno č accufato di hauere uccifa la moglie innocente, non perciň fi dee uenire ad abbattimento. Ili, Cafo di battaglia č ancor » Se altri chiama altrui cornuto. / 21 l.Se alcuno accufa perfona, che gli habbia il pa dre uccifo di ueleno,o in altro modo furtiuatnente. F. Se a ueruno niene appojěo che egli habbia uc- F 4 cifo D E L t> P E L L 0 tiofo cclui,con cui egli era in tregua-,. VI. Et ancora quando altrifěa incolpato di battere yccifo,e fatto recidere padretomadre}ofratelio}efo teliamo altro parente per confequire i loro beni. VI LSi ha appreso da venire a battaglia fé altri 'détrŕ nome di dishonejěŕ, o di firega a donna liberai che fa in altrui podestŕ. V111.Se alcuno accuferŕ perfona,che habbia con la fua donna adulterio commeffo. IX. Se dirŕ hauer trouato che altri alla moglie fua habbia pofle le mani nel penoso nelfeno. X. Et fé darŕ alla moglie fua biaftme d'adulterio* X L *A quelle cofe fi aggiungey Se alcuno farŕ accu-fato per incendiario, X L I.Se altri farŕ accu fato di giuramento faifo. XI11. Se farŕ detto che verunohabůu fatto furto di prezzo dafei ducatimfitfo. XI IH- Etfeaferuofarŕ appo fio che egli habbia fattofurto,&ilfuo Signoreloněeghital Signorfuofi richiederŕ di difenderlo per battaglia-i. X V. Se fard negato depofito di piů di venti ducati. X VI. Se il figliuolo negherŕ il debito del padre morto. XVll.Se alcuno farŕ detto pojfeffbr di mala fede di cofa mobile>o immobile,fe per cinque anni la binerŕ pofieduta potrŕ difenderla per'Duello. XV III. Et in cafo di contrarie, & pari teflimo-nian%e fi ha da eleggere vno de'teftimonij delTvna parte, & vn altro dell* altra j & quei due hanno da combattere* XlX.Coth t I B K 0 IL 4J X11.. Contendendofi ancora di alcuna pojfeffw* ne, & producendo vna parte, o amendue inHru* menti * & allegandofi quelli ejjerefalfi, fi dztermi*-na per battaglia-* * XX. Et il medeftmoft fa in controusrfia di chi primo di alcuna pojfejjionefia (iato inueflito . ;.. . %*'* • XXL Et fé altri dirŕ effere flato sforato a fare al cuno in flrumcnto* .... •¦¦:•: '':-&'¦' XXII. Ftyltimameriěe fé alcun feruo dirŕ di effe-re libero.Qucfiifonoicafiifopraiqualiper le leggi Longobarde ( che cofi chiamaremo tutte quelle, le» quali in quel volume fono comprefe) č determinato, che venir fi pojfa ad abbattimento* i. Et Federigo Imperatore in vnafua coBitutione dě mantener la pace, vuole che fé alcuno frantela, pace hauerŕ altrui uccifo>e$endo manifeflo ěhomicidiOyet allegando colui di hauerlo vecifo difendendofi, pofjk prouarlo per Tfwello% 11. Et lo mede fimo Hatuifce ancora,aunenga che ite tifo non l'babbia,mafaritofolamente.Hor da quelle tali ord'mationifě pruoua e far vero queUo,che noi nel capitolo difopra habbiamo fcritto.chene per ogni pa Cafi n3 4» rola [come a noftri dě č vfan^a di fare) ne per menti- ue te>ma per cagioni dalle leggi efpreffe, & approuate ad abbattimeto fi pofěa uenire. iiche anche per vnal travia di contrarie ordinationiintendo di moflrare* I. Ho detto dauanti che per le legii Logobarde in ca fo che al marito fta appo(io,che egli habbia la moglie innocente vecifa^non perciň ne ha da feguir Duelbé I L^i qitefto aggiungo che per quelle amorfi dkhia* U DEI AVELLO ra che fé ferito, o ferita batterŕ feruito trenta ami, & che di queflo ne fia nera contezza* nonpoffa tentar battaglia per liberar fi. Ili.. Se alcuno hauerŕpofftduto beni per ifpatio di trenta anněynon poffa effer per cagione di quelli chiamato ad abbattimento. 1 II /. Et fé ad aleuno da fuoi parenti mene appofte che egli fia batta*do,per ufurparglě ě beni. V. 0 fé altri dir a che le [acuitŕ dell'altrui moglie a lui safpartengono, non perciň fi concede chehab bia a combattere . Onde fi mo/ira manifesěamen-te, che non per ogni fuccetlo fi ha da aerare ad ab* battimento, da poi ibe coloro, itjuali hanno gli abbattimenti infatuiti) hanno fpenalmente efprefji cafi da douerfi per quelli utnire a battaglia ; <& per altri il combattere hanno uietato. Et quelle leggi, per lequJi ntcafi propofli il Duello fu uietato, non per altra cagion furono fatte, fé non perche he da al-cuno duttette efjer tentato Hi condui erft per quelli in pruoua ai arme. Et a quei buoni Re non panie che quella fi conuewffč, & perciň ne fecero quelle ordě-natimi. Et perche altri hautffe in quei taji data al-Mentita. (Una Mentita ; non perdo abbattimento ne \ aria fé» guito:cheft cerne la mentita č una talrepulja d'ingiů riajaqualobliga altrui alla pruoua iella nondimeno nň induce obl'/gation di pruoua fé la coja [opra laijua le ella, č data ,non merita di efjer prouata. Et co fi a noshi dě fi douerebbe uiate ; che combatter non fi douerebbefeno per querele,cheueramente merěiafferň gm'sěifěcation di arme. Et quali quefie pojfano efiere L 1 B R 0 1L 46 effere nel feguenu capětolo ne dirň quale fu la. mia opinione. Per quali cagioni fi debbiano poter concedere abbattimenti. Cap. V. Hubb'iamo uěUe le leggi di coloro, che del Duel lo'm quefěenofire parti furono i primi auttori; dall'ordine delle quali s'č tanto ampliandofi lontana tala licenza moderna : cbeauolerlarejěrignerein cafi particolari farebbe cofa non che malageuole, ma. imponibile . Ut per tantoia dirň quello,che a me parrebbe per regola generale che feruar fi do-uejfe fotto due capi tutti gli abbattimenti raceo-^\\^ gliendo. Dico adunque cofa conueneuole non mi pare che alcuno fi debbia mettere a perěcolo di morte fé non per cagione, che meriti morte . La onde ac-cufando altri altrui di mancamento , alquale per pena la morte ftrichiedejfe, Duello fi potrebbe con-cedere. ^Apprefěo percioche da per fona di honore, Xhmw alla uita fuoleejfere prepofto, quando ad al cuno fojfe appotto tal difetto, che per quello dalle leggi ciitili per fona fojfe dichiarata infame >efo(fe da' tribunali ributtata, fopra tal querela ancora direi che non gli douejfe efiere difdettoil difender fi con le. arme intendendofi fempre nondimeno, che per uia ci" uiknon fene poffa uenire agiuHificatione. Et per querela, che in una di quefle due maniere compre fa. nonf:a,non veggo come Signore, faluo il diritto del- ofgcio h ragionet& con honorfuo poffa nella giuridittion fi >% DEL D V E L L 0 fua Abbattimento concedere, €t quello č in queHd parte il mio parere : il quale fé bene in due capi č rU Sěretti, quei fono tali, che io temo piů tofio di rict-uernebiafimodie/fermitnppň allargato, che altri ragioneuolmentemi poj]a riprendere che io fuori di alcuna conutntuolf^a nafta ritirato . Ma in tanta licenxauniuerfiile,non fono potuto contenermi che anche io alla mia opinione non habbia allargato il freno. Et quella ben uorreuoche sintendeffeintal maniera, che io non tanto dico che per tutti i cafi'i quali fotto i due capi propoli pofjono effer cemprefi fi debbia dar campo da combattere, quanto che per quell'oche comprefě non uifonojn alcun modo non fi debbia lafcěar combattere. Et tantoěntorno a ciň ba SU a me di hauer detto ingenerale, lafciando a Signo ri il carico della piů particolare efaminatione. H Dell'officio He'Signori intorno alle querele. Cap. VI. 0 ^ č da notare ancoraché con tutto che t t{e Longobardi fmmafjěro le leggi, per lt quali E da giudi- era permeffa la battaglia, non baftaua chéja legge !}"lefmr ŕfifofl'ei'HS perche mfoffeltgge altri fetida altro rhing duci pateua altrn'i richiederete non ncorreua al legittimo giudice, Hquale dichiaroffe qmllo efjcre cajo ; per lo quale non fi doutjfe negare di lafaare, che fi uemffe a Dueil o,ht ciň tra dirutamente fatto : per cicche a : ¦.'¦¦¦ tbi intende di douere tffer parte, non dee efftr lec it o il giudicarti & pur giucUciofi richiedere quefla,o quel la- LIBRO II. 47 4a querela per vigor delle leggi meriti abbattimento, <4)nň. Oltra di queHoMejfer Taris fa mentione, che ancorane' tempi fuoi fi ufaua di uenire a Duello con Jiccn%a de' Trenciphiqnali cono/ŕuto chela querela meritale battagliaMoueuano concederla, &non al tramente dicendo pure ancora, il mede fimo che non fi conctdeuafenon per graui(fime cagioni. Terche no- Ł| gl'io dire io,cbei Signori ,i quali danno i campi, fono * ^ ejji giudici delle querele in queHo modo, che a loro fi appartiene di conofcer principalmente feellemeri-ta.no diffinitione di armeno no : Se la per fona čfufpet-ta del mancamento che le č appoHo : &fe inditij ui Jbno. Et non uě occorrendo quette cofe ben prouate,Indm» • '& beng'mfěificatetnon debbono concedere alcune pa tenti, che e/fendo la proua delie arme ordinata come per una tortura da efprimere la ueritŕ ,fe ne' ciudi gmdicijydoue la proua č ragioneuole, & certa, non fi puň metter per fona al tormento fen^a le debite in/or mationii& fendagli inditij conuenientit meno fi dee ciň fare nelgiudicio delle arme; il quale č perauentu* ta cofi poco ragioneuole, come egli č molto dubbiofo, lAppreffo hanno effi Signori da intendere fé quella Quereli querela č fiata altra uolta tentata da alcuna, delle *acaa| « parti di prouare ciuilmente,o in altra guifa &fe čfla ta tentatalo prouata, o non prouata cheftfta, non č piů lecito di riducerla ad abbattimento. rincora, & queflo diligenůffimamente č da inueftigare, fé ella per altra ma fi pMgtu$ifěcare>o no : Et pottdofe- Pmoua e ne ŕuilmmte uenire alla proua, le arme non ui hanno uile • ltiogotcbefe da'tribunali ciuělilequeftěom fon daXEum m " del duello no all'altro r'imejjč,per eonuenirfi le attieni di quelle piů all'altro che ali'vno, maggiormente č da far ciň dalgmdiŕo dell'arme ai ciuileyefitndoui la difeonue-neuůk'ZZé molto maggior e. Et [opra quegli due ritinti articoli debbonoi ftgnori prenderne giuramento da chi il campoloro domandarne fen%a giujlifěcation di quelli uuol ragione y che lo habbiano a concedere Abufo, ad alcuno. Il che tanto maggiormente dico cfler da fare guanto publica cofa č, che delle querele occor-ronojequahfi potnbbono ciuilmente diffimrey& chi alla pruoua delle arme fi [ente chiamare , difcbifhr quella fi vergogna ejfendo nella opinione del vulgot che il ricercar la věa della, ragione a cavalieri non fi conuenga. Tiu dirň>che s'č vifio ne'cartelli far men-těont, che non oliante che conciliili te5ěimori\an%e al si danna- tri potnbbe la fua'mtentěon prouare.pur con le armi ii°GiuSrfrng intende dimoftrarlaEt con tutto ciň i Signori le loro todi caia-patenti non ne?ano a per Cena. Debbono ancora iSi-gnon prendere il giuramento di calunnia ,ao č, non malitiojamente&e con animo di infamare altrui pre dono la battaglia : ma percioche tengono veramente di pigliar le arme per la veritŕ. Et quello giurarne to fu ordinato, & vfato da' Longobardi, & dapoi ancora lungamente č fiato in vfo : ma la neglěgen'^a de'Signori ha ancor quefěo tolto riaiche non hanno miratalo ne a diritto, ne a torto: ne a giuftitia, ne ad ingiuftitiame hanno hauuto rifpetto al douere,& al-Vhononloro'ynealcuna riueren^a a Dw;& cofihanno Sěraboccheuolmente ogni ordine confufo;& hannoitt dmto quefta vitupero/a licenza di aprire gli /leccati ai aia. L I B R 0 IL 48 ad ogni qualitŕ di perfone>& per ogni cagione, etfen ^a alcuna cagione,et fen%x alců ritegno. Di che qua to ne meritano biafimo coloro, i quali ne furono i pri mi auttori, tanto farebbono degni di eterna comrnen dationi quelli, che gli abbatimenti ritornaffero [otto le loro diritte leggi. Che queflo facendo il grado della caualleria nella priflina dignitŕ uerrebbono aritorna re ; & renderebbono i loro [leccati piů rěguardeuoli; & farebbono conofcere fé ftejji per Signori di giů-ftitia, & di equitŕ .Etŕ queflo č ancora da aggiunge re che i Signori con facramento debbono chiarir fi da Giurameli coloro, che i campi domandano, fé quella, che ijpon tOt gonoyč la aera loro querela : percioche non mancano di quelli, i quali chiudono nell'animo quello y di che \č la lorointemione di combatterei una altra cofa di fuori fanno fentire. .Alla qiulfalfitŕ debbono i Signori cercare con ogni induflria di doueruě prouedere. Et quello dico io.perciocbe trouato mi fono lŕ, dotte io ho cosě fatta malitia difeoucrta. Della forma delle patenti de' campi. Cap. VII. SOGLIONO umuerfalmenteiSignori, do alcuna patente di campo fanno efjiedireyufa-re un tal proemio : Che per ejjer flati pregati da per $. d3ntna forte, alle quali cofa ueruna non pojfono negare, fi i: fono condutti a concedere campo franco. // che non altronde procede, fé non dalla poca cura, che han* no di conofcere le querele > che fé di quelle ha* ueffetQ •DEI D r E b L 0 venero conueniente contc^ato le patenti non dar eh bono, ofotto piů honorato tětolo le farebbono efpedi- re: perche he quando a concedere abbattimento fi la fciajjero con ragione inducere, farebbono ancor fede che la querela/offe digraue biafimo,& che meritaf- feinquifition di veritŕ: &fopra quejlo piů che [opra Signori dC ^Altriŕpregbierefidouerebbono fondare. Etquefio farebbe honoratiffimoproemio, per quello comprcn^ dendofi che hauejfero non tanto hauuto rifguardo al" le perfone.quanto alle querele:Uche č proprio officio te querele dě yerogitta"tcei& dě legittimo Signor e.Vfano ama* fi han da fa panar je qutrek con parole venerali, fenra quelle elpnmere f J l , « ° 'J \. l ile Pit n altramente dichiarare: il qual costume non mi par punto da commendare ; che fi come non hanno a dar campo fen'za cagione legittima, co fi quella debbo* no nelle patenti ejprimere, acciň che la loro giufiitia fi conofca,& accioche colui.chc črhběeytoinon poffx effere'mgannato,non potendoft fotto quella patente combattere altra querela, che quella latitale vi fi •vede effere feriti a . Ne ciň dico io fen^agrandiffimo fondamento di ragiorie,pereiochef 'fecondo che ancor nel precedente capitolo ho fatto mentione ) io fo che ci fono Hatě dě colorotche a Signori hanno fatto {porre vna querela, &fopra vna altra hanno combatta toAlche non fo come pofěa paffare fen^A biafimo d\ chi nella giuridittion fua,, & dinanzi a gli occhi fuoi lafcia vcciderfigli huomini fernet, faperne egli il perche,Si doneranno adunque nelle patenti ejprimere le querele : &fi douerŕ pendere \lgiuramento%del qua, biobodifopra parlato; ac dot he il giudicio d'iris^ tammt LIBRO II. 45) tamente proceda; & che a Signori non fia dato a ue-aere una cofa per una altra, ^Appreffo una altra co-fa non men danneuole ueggo io ufar fi nelle piů delle patenti ; che non uogliono i Signori ejfer giudici delle si . cofe,lequali frai cavalieri hanno da pajfdre ilcheda insignorě tutte le parti a me fembra cofa uergognofa per effi debbono SignorkCbe fé coloroj quali domandanoicŕpiycerca, glu icatc * no le patenti tali, fanno ingiuria a cui le domandano, in qitl modo mirando di dubitare del lorofapere, ň della loroftde. Sei fignori fono quelli deffi, che a cofi fcriuere fi muouono, fanno poco honoreuolmente a priuar fé (ěeffi della loro giuridittione;& di giudici legittimi che fono t far fi priuati teftimonij, Oltra che nonfo quanto conueniente cofa fěa, che dinan'zi al loro tribunale sama%7Jno gli huomini, & che effi «o-gliono farfifpettatoYi dello spargimento dei [angue " ' & delle anime altrui, & effere appreffo sě delicati, che loro?/aui di predere il penfiero di giudicar fopra quelle differett7g>che nafeono in prefen^a loro. Onde poi ne fegue quella altra mala ufan^a ; che ad ogniu noč lecito di Hratiare l'auerfario Juo, & di farlo confumar le bore, & il giorno intorno deputando con biafimo, & con d.ifpre%go della caualeria. li-che č anche molte uolte cagione, che tali entrano in querela di arme , che non ui entrerebbonofe penfaffe ro di douer combattere:^ fé non haueffero piů fpe-tan%a nelle penne, & nelle lingue de'Con fui tori, & de'Tadriniy che nel proprio lor udore , & nelle prň-prie loro maniSUoglio io adun que dire, che alcuno no dee ricorrere a domandar campo franco a per fona, G in DEL D V U L LO in cui egli non habbia intera fede. Et qualunque Si -gnor e ft [ente, che altra patente di capo gli richiede, & libera non gliele richiede » non dee una cotale onta cóportare:& intendendole due huomini hanno da andare ad uccider fi [otto Iaft4agiuridittione>non dee la [dargli, procedere a tal diffinitione }fe non fatto il gmihiofuo, & folto la Cita determinatione. Et fé la querela non menta inquifnione di uerita\non dee dar campo ; &fe la merita, dee troncare le difpute, & far che fé ne uenga alla concluftone.Et [e altri non ft afficura di fapereegli giudicare, o di bauere che lo ¦pojfa conftgliarejafciflar di dir campo-yche il mette re due huomini in uno fteccato,non č altro (comegiŕ habbiamo detto) che mettergli alla tortura per trar ne la ueritŕ: & alla tortura non fi dee mettere alcu-i nofen%agiudice, &fen^a giudicio. Ma perauen-nT all'ut- itira dubitano alcuni, che fé effi uorranno giudicare % me eflcr ů fopra loro non cada la fenten%u,<& che altri appref-eiueftt. Jq fopra quella gli debbia alle arme ricercare. Ilche in alcun modo non dee e fiere lecito di fare altrui. Che primieramente coloro, i quali al campo uengono di alcun Signore^ncor che per altro a lui poffano effer party o ancor diluě maggiori, in quello atto di quella querela, & di quel giudicio fono minori & foggetti, & e$ č giudice & Signore . La onde di quello atto perla molta difuagnaglian%a non puň effer e a batta glia ricercato. Voi fé il Duello č una forma di giudi-ciofit Vorarne degmdkij č taletchefe ben'altri fi ap pella di alcuna fenten^i, egli perciň no chiama il gin dice in contradittoriogmdmot né cótta il giudicete L I B ^ 0 IL jo contro. ě beni di lui procede in quella caufa, ma cori' tra la parte fua contraria : J^pn altramente in diffe ren^a d'arme contrail giudice non fi ha da prender la quifiione. Et [e pure altri contra il Signor del capo fi uolejferifentire, altro rimedio non gli rimarreb-beycbe d'andarne a dare la querela ulfupremo Signo tCyilquale conofciuta la ingiufěitia di colui» lo hauef-fe a condennare in quella forma che da giudici ordě-narij fi fhnioi (indie ati.Et quando il Signor deleam pň foffe egli ilfupremo Signor, altro no ci farebbe da fare. Si che per tal rifletto non debbonoi Signori ri-manerfi dal uder liberamente giudicare. Che fra padrini non hanno da nafeerc querele. Cap. Vili. 1?^ tutte quelle cofe, interno alle quali puň nafeer differenza,& contentione.fi debbono gli buom'mi guardare di contentar fi del loro proprio fapere, eŁ* hanno da ricorrere al con figlio de gli amici, & delle perfone prudenti. Et fé in materia alcuna quefěa co fa fi dee Rimare necejfaria, ciň principalmente č da dire che fia in quelle}nelle quali della uita, & dell'ho nore fi ha da trattare : perche ueggiamo ancor da' piů fauif caualieri u/arfě maggior diligenza in prň-nederfi diperfone,chefiano eft>erte> & intelligenti di Siilo di caualeria, gr di ragion di arme, i quali gli habbiano da configliare , & da indirizzare nelle loro fcritture, & al campo gli habbian da gouer» G 1 nare DEI DUELLO tiare in modo,cbe in parte alcuna non perdano delle loro ragioni.St queHi co fi fatti officij tra dite manie' re di huom'mi fono cornpartitura letteratis& Caua-lieri : dequali gli vni Confultori, &gli altri Tadrini uftamo di nominare. Et quando alcuno letterato hi-iteffe dello fiilo delle arme intelligentia, o Caualiero di lettere jm folo a quefěe due opere potrebbe bafěa-fadrini. re. Hot percioche il carico principalmente a Tadrini foprafiaŔe Confultori altro che dir non ci occorrendo (che le co fé trattate nel primo libro a loro principalmente fi appartengono)de' Tadrini parlaremo in que fio capitolo.Et fé di que fio uocabolo habbiamo da di re alcuna cofa^uuifo io cheftano cofi chiamatilo per che i Caualieri, che nelle mani loro fi rimettono, gli habbiano da hauere in luogo di padri, o pur che que-Jěa uoce per mutation di lettere fta uenuta da latini, fatxoni, j quAH chiamauano Tatroni coloro v che prendevano altrui fotto la fede della loro difefa. T^on uoglio . tacere che non cimane a chi non Tadrini, ma T attlni gli tifa di appellare. Ilche fé fi nona concede-re 3 fi dirŕ ejfere percioche effi al campo fanno ipat tiinfieme ; ma comunque effi fi chiamino, o donde che fi fta deriuato il loro nome , molto neceffaria č l'opera loro: & il nero loro officio č il difendere come aduocaů i loro Caualieri : & fi come que fio č ut tornente l'officio loro , coft mi pare ancora che efli Tra *adri- »o» meno debbiano efjerc priuilegiati, che gli aduoca ni non ba ft delle quisěioni ciu'ili. Etfixome nelle quiftioni ciui «iuereU. « ejji non hanno da pagare, ne da fodufare parte al' ima di <[nellota che i principali loro fono condanna'' i ' - ¦"¦¦;; •¦-¦•¦- t- L 1 B n 0 IL 51 »}, ň obligati, coft ragion non vuole, che per querele ; nelle quali effi fono procuratori, poffano effere incari cati, né chiamati ad abbattimento. Le ingiurie, le mentite,& i cartellisi le disfide fono giŕ paffatefra \ principali ; & i Tadrini parlano come procuratori: ikbečtanto quanto fé gbiBeffi principali parla fiero :& fé i principati parlaffero dopo la querelagli ,4 contefia, piů non uě haurebbe luogo a nuoui carichi, né a nuoue mentite;^ fé fra loro luogo non ut hawttb he, meno vi dee fra coloro bauerejquali parlano per loro Mcheft come č ragwneuole>cofě ancora fi ha da feruare per coferuatione del diritto ftilo di caualeria, et accioche altri liberamente il fuo officio poffa esercitare . Et quejěo dico io, percioche egli auiene alcuna rolta, che tali prendono il carico di effer Tadri-Abttfi>' tu, che non tanto lo fanno per difendere i loro caualie rě, quanto per attaccare nuoua querela. Et quesěa č cofa fuori di ogni conueneuolcj^a , fi per quello, che giŕ detto fé n'é, come anchora per effer e la natH ra del Duello tale, che fi dee an%i riftringere, che allargare, non effendo ragioneuole che di vna battaglia yna altra ne habbia a feguitare . Et effendo la co- officio d fa cofi, come ella č ueramente, da' caualieri con in- signori ? /allibile ordine fi dee quefta regola ofěeruare . Et ě Signori de"campi, quando a loro fi ricorra per diffi-nir querela, che fra "Padrini fia nata, quella debbono effě dannar per non legittima, & per non querela, & troncar tutte le vie da poter fi peruenire a cofi di- / shonefteimprefiLJ* C ? De'ma- p VELD VE L L 0 De'makficij & incanti. Cap. IX. la legge Longobarda uien proueduto, che coloro» iquali per combattere fi conducono in Malie. campo\non portino herbe,che a malie s appartenga-noynč altra cofa d'incantefěmo. Et a ciň par che non fenZjaraggionefi babbia battuto rifguardo. Et non fen%a ragione i moderni Tadrini fanno fpogliare i caualieri, che hanno da entrare in battaglia, & ěfcuotere, & diligentemente efaminare i loro panni. Che non mancano di coloro, iquah fi danno a co-tali arti sfacendo una pefěitentiofa compagnia in-fteme co' demonij, ^rfacendcfi in douini, cerne di' te il Toeta, itFanno malie con herhe,& con incanti. Et quefle cofi fatte arti fono da ejjere in maniera fug gite dagli huomini Chnfiiamtche non folamente colo YOtiquŕlile efercitano,ma chi con loro rfa , chi vifita le loro cafe%& in cafa di cui effi riparano, perfenten-Xji di jigofěinoadopera cantra la chrifěiana fede,& contra ilfacro battefimo,& diuiene pagano.apofěa-ta,& nimico di Dio. Et pur tuttauia a quefle cattiui tŕ nano gli hmomim apprtffo.Et quale Ł curiofitŕ, & quale per malitia non cifappiamo nella uera religwn nofira mantenere.Et in tutti i tepi, & in tutte le re/i-gioni, & fuperfiitwni fi č dilettato il mondo di sě fatti (ěudijjche nella antica legge di Dio č regimato.che Sani Re andň a trottar la /emina incantami e:& de Maghi l 1 B K 0 IL ;i Maghi di Egitto fi leggono le marauiglie fatte nelcc-jpetto di Faraone,contra le uirtuofe opcratwně di Mo fé. Et da'Gentilifi teneva che,non che altrotma la Lti nafi potejjkdi Cielo tirare in terra per for%a d'in-canta.menti.Et a' dě noHri non pochi fono coloro, che a cotali infedelitŕ hc.nno rimiti gli animi, & nella materia, lacuale trattiamo di Duello fi ufa difhr di' uerfi malefici]. Et per cioche per rimediare a quel-liy altri fa quella diligente inqtůfittone > la qualio ho detto de panni, & altri fa dar giuramento al ca~ ualiero 3 io non ho per molto profitteuok rimedio quello fcuotere di ueHimenti, che & in quelli fi pop fono fcriuere delle parole fetida che fi poffano poi uedere : & in fu la carne ignudo fo io che fi fermo-no parole d'incantagione la notte precedente al dě del la battaglia ; &fo che ci fono delle altre parole>che i caualierě entrati negli fleccati in fui mouerft, che fanno l'uno contra l'altro mormorando le dicono mirando nel uifoiloro nemici. Lequali tutte fono cofe vnalefiche, & diabliche inuefěigationi.Et io ho cono-feiutodi quelli chefotto la fidanza degli incanti fono andati agli abbattimenti% <& ho parlato co de gli huoměm altramente valoro[i,iquali conficuro animo entrati in campo dicono, che al primo afpetto dell'a-uerfariofono rimafi abbagliati, & ifěorditi. Et ho ui Sěo taleychefi proferiua d'incantar due fpade, che non poteffero ferire, & come fofjero fiate fra i combattenti copartite, di difěncatare(per co fi dire) qua le a lui piaceua.Et altre cofe fi fanno di arte magica infinite. Et per tanto effendo elle cofe, she fccrgcrc G 4 per DEL D V E l t 0 per věa di alcuno pentimento non fi poffono, uorrei an «ěuramen fi far dare al mio aduerfano il giuramento, che egli non ha addoffo.ne č per portarcene per adoperare alcuno incanto. Che fentendofě l'huomo Chrifiiano doue re andare al giudicio di D'io, & aunedendofi di hauer i/corta il dianolo,non fo con qual animo debbia .volere per cominciamento di giornata lafciarft indurre a pigliar un facramento fai'fo. Stfe pure alcuno foffe di poca religione, che egli non fé ne fhceffe punto filma t fappia, che Dio č onnipotente, & che nelle muně fue č la vittoria degli eferciti, non che di vnafpa-da Particolare, & che egli non č da fchernire, an-%1 cantra gli fchernitori fi luole dimoflrare acerbijfěmo uendicatore.Et percioche per le mani de'Vadrini fogliano ordinariamente puff are quefěe malie^ quejle ciancieynon farebbe perauentura malfatto, che a loro ancora fi deffigiuramento, che né effi a caualieri loro hanno dato,nč fattane fono per dare, né per fare incantoalcunomčfanno, che egh,né altri ne hab-bia alcuno da adoperare in alcuna maniera quella giornata : & che rifapendolo,non fono per compor-qfficio de tarlo:an%j che incontanente al Signor del campo, & signori. a^a contra/ia parte ji mtQ faranno manifeflo.Et co fi conforterei io ogni Signore, che ad ogni richieda di qualunque s'č Cuna delle parti,& a caualieri t&ai Tadrlni cofi doueffe far giurare, fé udeffero uentre a. battaglia ne loro beccati. Et percioche nelle fattorie Ti legge di Milane,che egli in tutte le battaglie fu u'm citare per u'vtk dello iilettorio » che egli portaun adofjoŕlquale dicono effere unagioUtChe bajčrnhia» L'I B H 0 IT. 5? Xd dě crěftaUo, laquale fitruoua neuentrěgli degal-Vidi graffetta d'una faua, ancor ch'io non intenda quanto quelio altrui poffa parere ueriftmile, nondimeno d'irň, ebe quando ň queHa , ň altra fintile cofa fi trotta(fe^anc he quella da gli/leccati donerebbe ef-fer sbanditiu. Che non C\ dee combattere fenzaarme ciadifefa. Cap. X. Scritto č nella legge Longobarda,che dapoě che fi poffa uenire a Duello, in ogni altro cafo, che in cafo d'infědeltŕ fi debbia combattere con baftoni, & con ifeudi. Dalle quali parole tornerň io pure a dire,che ageuolmente fi comprende la inflitutione del duello non ejjčre fiata fatta per honore di cauaie-ria, come uogliono tirarla i moderni combattentismo, [diamente per inquifttione diueritŕ, da che non con arme caualerefche, ma con baffoni da coloro fi ufatta di uenirne alla divininone. Et per cioche il voler ritornare le maniere, che hoggi fi ufano, al cofěume de* Longobardi farebbe cofa piů da ridere, che pofjě~ bile da fare, noi pur le arme caualerefche a gli (leccati lafciando, di quelle trattaremo . Et di quelle ragionar douendofi, primieramente č da fapere, che non meno virtŕ é huomo uilorofa čia pruden%ay be fia la magnanimitŕ člafi fia la magnanimitŕ o la forte^ č uirtů laforte'zja, & la grandezza dell'animo » quanto fono dalla prudenza accompagnate,& gouer nate:cht ftn%a quella non ualorofo, ma furiofo piů lofio DEL DUELLO ě efiere l'kuomo reputato. Et magnammo M«gnank non č colui il quale fen^a configlio alcuno fi mette al mo' le grandi imprefe, né chi di ejporfi a pericoli fi ŕtlet* ta;ma quegli, ilquale confano auedimento nelle ope-re genero/e fi governa : & che doue il publico bene fi do ,ol'honorfuo il richiedeva'pericoli non firitrahe, Che(come ben dice *Aftftotele) non č forte colui, il' quale teme ogni cofa,ne quali' altro,Uquale le paure non mifura.Horfi come la grandezza dell'animo ad ajfalir il nimico ci fa arditi ,cofi la prudenza a difender noi ftefii ci ammaeSěra.Terche io veglio dire che io non hauerň mai per ualorofo caualiero coluijlqua lefen%aarmedi di/e fa fi conducerŕ a combattere. Spade fole. Łt con tutto che dal vulgo ftano riputate honoreuoli le fy ade fole in camifciato pugnallo altre tale armi, nelle quali la morte fi uede manifefla^on perciň con correrňin quella fenten%a-, né ifěimerň coloro, che in quella guifa entreranno a battaglia piů honorati che cinghiari, iquali da furore trasportati, ne gli fpie-di vadano ad inueflire. Et di coloro, a cui parco' fahonoreuole non folamente il non ifěimare, mail gittar la vita, ifUmerň io che di poco pre^%p deh' čia ejjčre la loro vita, facendone efji mede fimi co fi foca Hima. E reputata cofa fopra tutte le altre yergognofa ,fe effendo altrui commefja da un Tren-cipe la guardia di alcun caftello,egUjen'^a Ucen'^a lo abbandonai noi le cui anime hanno hauuto in guar dia dal creatore nofěro, c^ dal noftro Signore quefto cofi bel ricetto de'noflri corpi, non habbiamo alcuno filetto} quello gufando, di fard a lui ribelli, & di perde- uno ir. 54 perdere i corpi infume con le anime. Voi fé caualiero alcuno uŕ alla guerra, quegli pare rfftre pili honora-tOyUquale nelle battaglie meglio armato fi apprefen ta.Hor perche nelle publkbe querele fa bene copar'vt coperto di arme,& nelle priuate ignudo,io nonio 'intendo.^PAi par ben ^intenderebbe & qui & qui-uil'huomo babbia parimente da mofirar valore} & da. defiderare Vittoria. €t fé cofi č mede firn amente armati ancor nell'una, & nell'altra mprtfafi dou-rebbono mofirar e. Et fé pure i caualieri uogliwo ha-uerequeflonfguardodiufar ccrtefia al nimico fuo di dargli arme con lequali fi poffa renire alla dijfěni-tione yYĚfpondeYŇ che per dire io che fi debbiano armar e,intendo di dire che fi armino in materia tale, chefěano armati, & non di arme caricati.Che officio iti caualiero č di accempagnarft l'ardire con la prudenza , thč fi peffa conofeer che né egli la uita ha tanto cara che per guardar qui Ila uoglia commettere atto wle, né fi poco l'appresa (hefen-^a legittima (agirne fi iwgtia di quella priuare. Btmhe non batterei io mai per aito dishonoreuole il uenim armato da huomo d'arme,efiendo quelle le proprie arme de* caualieri, <& fotto quelle uccidendo fi degli huomině, & fitto quelle tfftndo ogeuolea Dio dime- «ficne*"" fěrare ilfuogiudkio. Vero č che vorrei ancov che le arme.-arme portate foffero incontanente, & che non fi m» ^^ě tr affé nello fleccato quando foffe ttmpo da yfar ne; tt principalmete che le arme dx offefa foffčro mede-fxmamtte da huomo d'armc,& da guerra. Vt quando altri con fole arme da offeja Holtffe tot ih attere ŕ Sěgno- DEL *D V E L l 0 a Signori de'campi fi apparterrebbe di prouederuě9 non permettedo, che doutfiero folto la loro giuridit- těo combattere [e non come a caualierifi richiede: fé fola V*ltan^° m Cl° gě* efempij da M. Taris recitati, che s* volendo due cobattere con fpade folejl Signore vietň loro la battaglia. Et che il mede fimo fu fatto ancora di due altri, che haueuano da venire ad abbattimen to con ifpade}et con pugnalijquali efempij tanto piů fono da effere lodati,che alcuni altri, iquali in contra rio fi poteffero allegar e guanto queflifono di honore, -& di efaltatione^ quegli altri in vituperioj & ditni nution dell'honore del grado di caualeria-*, Della elettion delle armi. Cap. XI, vantaggi /""^ Kan vantaggio č veramente quello del reo ; né deiiců. \J jenTji ragione č a lui gran vantaggio conceduto : che efjencto egli & accufato, & a combatte» re coflretto.č ben cofa conueneuole che goda di ogni bonetto fauore. Et fermamente non poco fhuore č quello, chefolo che egli non fi a vinto, rimane vinci» tore ;la doue all'attore conuien vincere fé egli non vuoi perdere la querela. Et quefio ancor č di ragione, percěoche aěT vno fi appartiene di prouare>& all'altro č affai fé egli difende . Voi minar non č quell'altro fhuor e, che egli h abbia da elegger le arme j con le quali fi difenda; ikbe čpuraa ragione Accompagnato : che s'altri elegge di chiamarmi per la via delle arme, la elettion di quelle a mefiap-- fartiene.Vero č che in quefla elettione io non iStim* che t i b % o ir. s$ che debbia ejjer lecito tutto qnello,che altri crede che lecitogli fta : perciocbe anche quefla,fě come le altre parti del Duelloydalla ragione dee effere regolata. Et fé noi uorremo far diligente inquifttione con qual uia alla elettěon delle arme fi poffa metter legge, a me fembra che difcorrere fi debbia in quefto modo. Le Regola di pruoue delle armi, alle quali i Caualieri ricorrer pof-clc%get l* fono, in cafo che per altra uia da loro alla gěuflifica-tione non fi poffa uenire ,fono filmate che dal diuin ghdicio debbiano riceuere la fenten%a . Etuolendo . affettare la determinatone di quella ; č neceffario, che ogni uiolen%a>& inganno debbia effere tolto uia, violenza. effondo quelle proprie (come dice Cicerone) Cuna del ltti*nno' Leone, & l'altra della uolpe, & dalla natura del-thuomo in tutto lontane : Hor quelle /č in tutta la ulta noflra da tutte le noflre operatěoni debbono effčr tenute feparate,ciň maggiormente mi par che fi deh _ bia cercar di fare nella inqwfiůon della ueritŕ>& della dirittura de'giudici]. E quanto alla uiolew^a^ d me fembra che affai bene fiaělato dalle leggi proue-duto, dando il uantaggio delle arme al reo, che quando ciň non foffe flato ordinato, ogni huomo robuftofi farebbe afficurato di apporre falfi biafimi, & di tir A re a battaglia ogni men forte, promettendofi per fermodi douerlo potere atterrare.St pofcia che a quella č flato cofi bene proueduto, dapoi che lo ingano č an cora (fecondo il detto del medefimo fcrittorej degno di maggiore odio}a queflo etiadio conueneuole cofa č che fi debbia rimediare.Verche al reo nella elettione delle arme di dare alcuna legge óappariiene.St quei ~'c ' ..... la >ofi COI DUI D V E L L 0 la dee effere tale, ch'egli inganno no ha bbia ad tifare těó d'ff cor ™ V°ff* dare armene quali dalia dityojkione del cor pň. pofuo ragioneuolmente non fi poffano a/pettare.Che fé bene altri puň dire che naturalmente noifiamo for mati taliycbe poffumo adoperar in ogni eferckio cofi Vwna come Ł altra mano,pur nondimeno in queflo ef fere noi dettri, & macini čfermaméte dx tenere che, Manom. ^ ^ 7s(ofěra natura č uinta dal cojiume^j. Et per tantolfe io farň desěro, & per tale farň cono-fciuto>non donerň ualer coftringere il mio nimico a co battere con una arme da mancinoynon effendo quella la difpofittone della per fona mia , fecondo laquale impedirne l'aduerfarěo mio ha con me da combattere. Et fé io ti dipcxfo- non haurň difetto nelle braccia, ne nelle cofcie>ne nel m ' le gambe, non do rň apprefentarmi a battaglie con bracciali, né con arnefi, né confchinieri, che impedě-fcanoil piegare delgomito,odelginoccbio,o il contro, fajfare,che queHů č manifeHo ingano, & dagli ftec catědeeeffere del tutto ributtatoci Tadrinino deh bono tali arme accettare, fé hannogiudicio.o conte^ 'Za di ragion dě caualleria. Se io farň Z^oppo, oflrop~ piato di un bracciolo di una manoso fenica, un'occhio, potrň ben dare all'auerfario mio una arme, che gli leghi fimilmete la gambali braccio, o la manoso che gli a fconda uno occhio. Ma fé colui, che mi sfida fa tŕ fen%a uno occhio, non douerň dargli una. celata, che gii a fconda l'altro occhio, né fé egli ferŕflr oppiato di uno braccio, douerň dargli braccialeychegli ěm pedifea il fano. Et in conclufione mi donerŕ effer lecito di dare al mio nimico arme} che lo impedifea* ;. no L I B % 0 IL S6 nodi quella maniera,che io mi trouerň impedito: mx ¦ feio impedito non farň, non dourň impedir Itti. Di' chiaranio, che [e io farň pr'mo deW occhio deflro>& egli del manco,io non donerň perciň uolere a lui chiudere anche il deflro,che queflo non č uolerlo pareggiti re alla mia difyo fittone,ma prillarlo di ogni difpofttio ne. St queflo,che detto ho degli occh'hintenio mede fintamente delle altre membra. T^on parlo di quella qmfiione di far che altri fi debiliti al pari del richie-ho,ofi lafŕ cacciare uno occhio, o fare delle altre co fi fatte follie ; che quetta č difputufouerchia, & uŕ Gli impe. nx. Bene č da fapere,chegli impedimenti^ quali del dimena nň to habbiamo, che fono leciti di porre altrui > hanno offcndano' da. ejfer taliche impedife ano fatalmente, & non ojfen dano,che le arme ofono da difefajO da offčfa:& quel le da děfefa hanno da coprire colui, che le porta : & quelle da offefa fono per offendere l'merfario: & chi le adopera inguifa, & a fine che elle babbiano da fare effetto, contrario, opera contra natura: Uche in alcun modo non fi dee confentěre * ŁhieHi ritrova Armeauo. tori ueramete di arme nuoue,come di celate}cbt: hab ac# biano la eh ericaydijpade mozge, & dě altre arme lo tane da ogni ufo di cauallieri, non so quanto fiano de gni di molta lode. Che fé pereffere io grande yuorrň quefio uantaggio di ferirei'auerfario mio in fu la te" ftajo combatterň col capo ignudo. Et fé temerň che rarme non mi pungano, mi metterň indoffo tal cora^ Za, che non batterň paura etianděo de gli archibugi ; & non darň da ridere agli fyettatorlEt percioebefi yě. fogliono ufare alcune punte per difefa de deboli, da non del bruito non uenlre alle prefe,quelle par che fumo homai sě ap pr ouate ,ihe piů dir non fi pofja che fi habbuno a ri-\iO- fiutare. Nel rimanente quelle faranno arme piů ho-srmeugua noreuoli, che pm faranno cauaUerefche; & quelle ll' piů faranno cauaUerefche, che pitt faranno da'ca- ualleri ufate in fu la guerra. Et percioche intomo al' le arme da difefa ftfuole alcuna uolta dtfputare dell'armar piu,et meno che il pie dolo portalo effo le ar metno uorrebbe, che il bracciale^ lejcbiniere detl'a* uerfariofoffe piů lungo delfuo ; io mi maramglio co* me alcun Vadrino a dijputar fopra quefta di^hen-%a fi conduca.che il diritto č che le arme del grande armi lui tanto a proporzione del cor pň fuo, quanto č armato il corpo del minorcnčfi debbono le arme.una d altra mifurare, ma adattarle a corpi. Et fé il brac dal e mio arma me infino al nodo della mano> infino al nodo dee effer armatoli mio auerfario. Et fé infino al nodo della mano ho/coperto il braccio, mede fintamente dee effer ancora il braccio del mio nimico, & cofi di parte in parte a proporzione delle membra, et non con pari lunghe^a di arme fi hanno da armare i caualieti;che arme eguali fi hanno da dir quelle y le- -quali armano egualmente. Ma chi mette in campo le cofi fatte difpute,dŕfegno di no uoler combattere^!: il tempotchein quelle fi confuma,dee córrer in pregiti diciodi chi di quelle č autore. Et il mede fimo č ancot da čre di quello chefěfpende in far raflettare arme, bc . fonandone ti reo di nuoue, & inujttate : che pajjando le bore per colpa fua, debbono correre a danno di lui. Ut perŕocbe cefi manifefta čtcbe in poteftd del reo č di I 1 B m 0 Ih 57 ilapprefentarlearme quanto preěěamente piace a lu'hper tanto ogniuolta ch'elle non fono apprefentate tutte tanto in tempo,che l'attore pojja ejjere armato, & habbia tempo conuemente da poter con quelle la fua intention prouare; direi iofempre che il combati tere dal reo foffe tnancatoěEt dichiarerŕ, che l'attore al douerfuo haueffe fodisfhtto. Del dě della battaglia. Cap. XII. IL tempo ordinato alla battaglia fen%o altro dubio per approuato cofěume, č dal tettare al co ricardel Sole; & chi in tal tempo non proua la fua ěntentione , non ha piů luogo da combattere fopra { quella querela. Et fé la giornata trapaffa fen%a gaU \ battaglia, non perciň ft ha da rimettere la pmoua d^* ****** nel feguente giorno, fé non confentimento del reo, il-quale effendo fiato per quel dě ricbiefto, & efiendofi in tempo apprefentato,all'honoYe & al douer fuo ha foděsfatto (fé per colpa fua la battaglia non č man cata ) & da ogni obiigatione di quella querelati' mane affoluto .I^čbafia che il reo confenta;ma č da vedere fé il Signor del campo ui yuole anch'e-t gliacconfentire: che battendoti campo conceduto fer. quel dě determinato, p'affato quello, egli piů a-uanti non č cbligato;ma alla richieda dello attore no concorrendo la volontŕ del reo , & quella del Signo» re infieme , ogni cofache altri tentaffe, far ebbe in vano. Ben potrebbe la patente del campo effirefla? DEI V V Z % l 0 ta ěfiedita con tal forma, che per lo partir fi del Sole la battaglia non fi donerebbe partire , ňilfeguente giorno fi dotterebbe rinouare: ma fé nuoue conditioni non fono ejj>rejjk,per ordinarlo fiilo quello, che di fo-j>ra babbiamo detto ,fi ha da ofjh Delle cofe che ne gli fteccati occorro^ no. Cap. XIII, Duello a y q faiuere nofěro č in maniera di Duello a tut-^uuptjan 1 Ł ^ tQ trm(ět01 fecondo che ordinariamente fi vfa a nostri giorni. Et perciň tutte le fenten^e fiorire a quellofivannoindirixjzzndo. Entrati dunqueinflec tato i Caualieri, fé non hanno altra copulatone tra loro per toccar paloyň corda, ň per ufeire con vn me-toccm pa- yro fuori, non č prigione>nč quel membro gli dee effe ' re tagliato, an%i la battaglia fi ha da perftgmte chi etee infino a morte ,ň fuga , ň difdetta . Se il combat" unte efee tutto fuori di beccato, č prigione, l ccl-candii fi poffono ferire & uccidere; & fé m'arma fi rompe, non ha da renierfene -pn'altra, Et fé arme cade all'uno di rnano, all'altro č lecito di fé* t'irlo cofi difarmatotč lecito dico, percioche atto ho-noreuole farebbe dire a colui che ripigliaffe l'arme fua, & Harfene fen%a offenderlojnfinocti'egli ha* ueffe quelita recuperata . Benché auenendo poi che la vittoria foffe appreffo colui, hauendo egli potuto vincere alficHrOyft direbbe che la fua fojjč fiata feioc che?gai& che gli foffe beneinueftito^uefle cofe di» co io per ordinarie fi hanno da ferirne', ma quandi altra- ITE T{ 0 IL 58 Atramente foffe ne'capitoli, a quelliinuiolahilmente fidouerebbe ttarefotola pena, ch'in quelli foj]e fiata efpreffa;et quando pena alcuna per quelli efyreffa, non fojjefiata, chi contra la capitolatione haueffe co fa adoperato; per traditore dourebbe effer condanna. to.Tanto ho da dire della capitolationeyancora, ch'el la fi fa di ccncordia di amendue le parti : & che uno non puň cofirignere l'altro ad accettare coditione che fia fuori della legge del tuto tranftto, Mi par fuper-fluo ricordare, che all'attore primieramente dimo-uerfi conuenga per andare a ferire il fuo nimico ; che chI -mo kauendo egli da pronare,& all'altro baHando difen iě ha da aio derfě, chiara cofa č, che non fi mouendo colui, quefěi ^'¦>' dlunohcontro caduto^ & l'altro fen^a efěerfene atte ditto, per lo campo fcorrendoy dal fratello /gridata tornň,& uinfe ělfuo nimico : & che [opra questo ca-fo il Signor del campo dichiarňyche chi tanto bavetta, bauefjt la uittoria ; & che il fratello il quale haueua fatto contra il b andň foffe decapitatola il uěnŕtore uolle an%i remmůare la uittoria, che uedere morta il fratello. Etfopra quefto cafoatěegado molte ragio-1 niyUUQl conchiudere contra ilgiudicio delftgnore, che né U uincitore haueua beuinto,nč il fratello di lui me contra m. ritaua d'ejier morto. Intorno alia qual cofa ,ft come ans# in una parte concorro con l'openion del dottore, coft nell'altra lodo lafenten%a del Vrencipe; che a me rii fare che la uittoria debbia ejjer di colui, ilquale uin* te contra la ordinatione, & contra la fede del Signo-re:& parmi che il fratello ammonitore meriti di per, der la uitay bauedo difobedito al bando,nel quale era statuito pena di uita.T^č in quello cafo č da direbbe Vajfettionelo debbia fcufare, potendofi Jlar lontano, & non metter fi a tal pericolo; che da perfone d'Intel letto fi ufa di no fi uoler trottar a coft odioft fpettaco* litla doue perfone a loro congiunte uengono alle mani. Ut in cajo, doue fi tratta della ulta, & ddl'bonore al truitnon ho io per legittima fcufat che altri per ajfet-itone debba inftdiare ali'altrui uita, & aWaltrui ho-nore fen^a cadere egli nella pena a tal fine (ěatuita. 7(č ueggacome faccia a propofěto qllo, ch'egli alle* ga,ch'eflendo alcuno prefo c6tragliflilii& cotragli ordini della Cortesi debbia % giuftitia relaffare. Che qj4ejlq cocedo io, & daqfio ne traggo cqclufione coni tra L ě B i{ 0 1T. S9 tra coliti, cui egli difende; che [e quale čprefo cantra l'ordine dee effererelaffato, quell'altro in ejjecution dell'ordine č'hato bé -ondannato.Et meno no'l rileua quell'altra cofa.cb'tgh aŁgiunge'ychefe alcuno bade liberato di ama%^are unjuo nimico, & io configlio* che uada ad Uccird'rlo.feguedo l'h omicidio, knonfa, rň per quefěo come micidiale cafligato: che ancor thč cofě fta vero,queflo non č cafo fari al cafo nofěro: percioche fé colu^ non č caligato come micidiale, č perciň che egli non ha commejfa cofa,per laqualefta. ordinata pena d'homěcidioi ma colui ilquale contra il bando hadatoin con(ěglio.,aldator del quale čimpO" Sěa la pena della uita^merita in efecutione di quell'or dine, cheglifia tolta la ulta;Et quefěafetteritŕin tali cafi da 'Signori fi dee ufare fen%a alcun rifparm'w; percioche chi una uolta uno atto tale lafciaffe impunito: fi inducerebbe una Ucen%a tale, che aglifleccé ti torrebbe ognifranchejtfat & ogniftcurtŕ. Se denegando, ň interrompendo il fignor del campo la battaglia-., ella fi riabbia pure a perfeguire ; Gap. XV. "! V1?^ 0 altro dubbio propone M.Tathyilquaie ŕ me fembra che habbia bifogno di nuoua i ňfide ratione. Et ciň č, efjendo due condotti al campo, & non udendo il Signore la fdargli combattere, fé fi da uerŕprouedere U'tm'altrocŕpo per diffinitione della r> n t brutto qtterela,& cochiude dě fi.Ma, č da notare, cb'eg la fecondo il uecchio cojěume, quando il reo ordinaria mente il campo mandaua : perche č da d'ir et che buo* na č la fua ftnten%a ; perc'wche ejjendo cofa propria de rei il fuggire, farebbe ueriftmUe,che colui> Uguale reo effondo hauefěe il campo trouato, hauefie ancora quella malitia procurata;laquak cffendoin pregiudi ciň dell' attore,conuenenole e afa. č3 che all'honor di co lu'ifia proueduto.tJHa mandando il campo fattore* a cui fi appartiene di procacciare che ali'abbattimi tofi habběa a uenire, ctffa quella fufpit'wnevonciofěa cefa che fi come non combattendo, il reo col jolo con* ducer fi al campo fi puň tenere d'hauere alChonorfuo jodisfatto}cofi CattoYtjfenon cQmbatte>mn puoyeni re alfine della fua intentione:& per tanto non č da pi 11 kó aft- fare > che colui, ilquale non combattendo rimane con thč non co carico, habběa da procurare di no douer combattere; battendo . c.... „ . ., rii j?uo uince- & quando pure egli il procura]]e, in cw non farebbe XCt pregmděcio ad altra per fona che a fé mede fimosi che non rimarrebbe a- cui di fauoreuole rimedio fi doutffe altramtteprouedere.Et quŕdo egliancor no ne hauef fé alcuna colpa,& che il Signor del capo gli macafjč, dir fi potrebbe ch'egli doueua effer piů diligente in fu correre a Signore,dclla cui fede poteffe efftr ficuro.Et per parte del reo (i potrebbe rifpondere,ch'egii no dee j!>S;Ptfieb* effer agg,M*ato f vna querela di coducerfi piů di vna be'a ;batta- uolta aděfleccato.St peioche non č cofa conueneucle> "Jjefto?"1 c^e Caualieroda Signore alcuno debbia effčr'ingana tojičfotto la fede fua rimanere uitupato, a- colui, cui dal Signore mŕcatofojfejarebbdmto di richieder ql io L 1 Č * 6 11. 6* lo a battaglěaytome mancatore di fede ; effendo que~ fio mancamento takahe rompe i priuilegij delle mag potante, fecondo che poi diremo al luogo fuo; né potrebbe il Signore la battaglia rifiutare, per eh e colui baueffeil carico di altra qHerela,hauendogli efio'm-terrotta la diffimtwne di quella. *Binche il rempirne to della fede fi potrebbe perauhura mofěrar cefi ma tiifefěa.che di proua di arme non hauer ebbe mejiiero. Et per tornare a Caualieri al campo condotti, dico che rěcttfando il reo piů di andare ad altro campo, pa Pagando le j gandogli fattore lefpefe,& mandandogli nuoue pale ^Q fickial ti,nonfo come potefie con honore rifiutar di totnart »iaie* a difendere ilfuo bonore>Et quefěo che detto ho di co-loroiihefffero al campo condottigli o ancor di quel lijquali nello Beccato fofěero entratiti? che alle ma ni tienuti, prima che la battaglia » ň il dě fojft finito ŕalfignorefafferňfeparati, che douendofi l'abbattimento fare a tutto tranfito.per effer dal fignore'intet rottOěnonfipuo dire che finito ,& come che cofi fatti SjjJtto*'' cafi auenir non fi utgganojnč io penfo, che habbiano da interuenireypure bauendouě altri parlato, & auenir potendotnongli ho uoliiti lafciar paffarefenya, ra penarne » hauendo mafjimamente per la uariatiwe de* co fiumi bifognola etŕ nvflra di nucua dichiaratk-nt.Et a*Signori ho io da direbbe ň non debbono paté- Officio CaualiergenerofO)& da Vrenape virtuofo.Et quado egliaueniffeiCbe altri battendo la querela falfamen* te ejpotta con falfe pruoite haueffe al Signore dato non douedopiu potere altrui a Battaglia ri* chiedere, per non batter prouato nero il detto fuot per loqualeegligiŕlearmeprefehauea f1 lo conforterei Pffi«» $• ben eia forno, chefentendofi douer prender ingiufla querela,quella nonfigliaffe>e prima che combattere contra la ueritŕ>chyegli doUeffe allo ingiuftamente offeso dare ogni debita fodisfattioneycome nel ter%o libro diremo piů ampiamente. Ma quefiofi dee far per tempo,& per amore di ueritŕ, & per j^elo di uirtŕ, che il perfeueraretň per dir megliojo Bare ostinato i un proponimento fin che l'běto'mofi troua con le armi in mano, & poi uoler mutar propofitotmi par chefia opera no meno di animo ůie^che di maluagio.Tslč ueg go come quejio pentimento dalla parte del reo pojja uemre,faluófe egli non uuole cedere la querela.^ & con fefsarfi tale, per quale egli č flato incolpato : He he (come dell'attore ho detto ) con men Uergogna potrebbe egli fare prima che egli le arme prendesse, che dapoi chefofse armato.Čt a qual bora fenica, altra fodisfattione tra loro fi uenifse alla pace, non ni ha dubbio alcuno,che all'attore ne rimarrebbe il ultti ferio. Sě che come un tal cafo pofsa auenire, io non l'intendo. Ma pur quado egli auenifsejl parer mio fa tebbeiChefe la querela foffe di cofa,che a Trencipifi appartenefse ,o fofse d'intere)se altrůi, il Signore gli douefse conflringere ň alla battaglia, ň a chiarire la ueritŕ delfatto.Quando neramente fofse di cofn «ciati dči -brutto toro propria & particolare, potrebbe fen%a hattfa gliajna nonfen^a uetgcgna licehtiarglh Bene č uero, che quando ancor la querela abbattimento richiedef-fe>& cb'effi uoglia di combattere non haUefero, non fo cofneafhr da donerň potéfjero effer coflretti:eccet to chi non uolejje alla guifatche giŕ fece oiHiage Re de7Medi con'tra Ciro combattč'do^metter e loro doppo le fpallet che con gli/pedi gli facejfe andare alianti. Se iCaualieri nello fceccato poflňno mutar querela. Cap. XVII* NE queět altra dubitatone intendo io di faf> far con filentio, nella quale fi propone, che combattendo due, l'uno dice ; difenditi traditore, & Valtro rifponde ; lo ti cedo la prima querela, & fopra quefěa feconda combatto bora con te * T^el tjual e a fo non ho io dubbio alcuno » che colui ,acui la querela č rennneiata, di quella non fěa amatore t fistiň *^ c^€ vincendo l'altro la feconda ě non debbia me* dcfimamentt uinŕtoY di quella efi'er giudicato . Mal ben dico, che né l*uno j né l'altro di quello beccato non u farebbe con konore : an%i che l'uno & l'altro farebbecadutoinbiafěmo di mal CaUaliero pet bŕttere atoiendue prefo a combattere per ingiufta qut tela ; ilche dell'bauerel'uno & Caltro perduto fi prt fumerebbe . V.t percioche l'uno, uittoria dall'altra perdita non rileua, fi come chiaramente dimoflrere» rnonilter%o libroycomemali Caualieri in altre quert le potrebbono ejjer rěbuttailMa in fumili auenimen* ti t i é n. ň il €t fi colui,che tiňleffe attaccar la mtona querela non dň uerebbedirejirmuntio la pritna^afolamente; Tu menti ch'io fia traditore; & fopra queflo da bora, in nan%i mi difendo, et uincendo qucfla non fi potrebbe dire dot bauejfe l'altra perduta ;an^jfareb be la prt fontipne infauorfuo ; che haiten do l'auerfario tolto a combatterle il torto in queHa^ haueffe il torto battuto anche nell'altra. *JM-a colui, a cui tornerebbe me* glio combattere fopra la prima querela, non domreb et alla feconda acconfentire, anfirijpondere, ch'egli fn'ifce la prima battaglia, & che del rimanente ap* frejjoft partirebbe. Et dicendo Ů altro di renuntiar- glila prima%egli accettar donerebbe tal renantiat'uh ne, & ai Signor dei lapobaurebbeda domandare le patenti della mttoria > e piů non c<>b attere con colui* T^e il Signore piů gli dotterebbe lafciar cobattere. Et ň di dire altro» acciocbe il giorno feguente fěanopiů efyedi ti per uenire alla determinatone, proiettando', che da lui non manca :& pregherŕ il Signore che facci* uedere,Je egli}ň altri per lui č munto :.& che non battendoli notitia della, uenuta [uŕ, uoglia per un publU co bando comandare che chi č per la cetraria parte, debbia cciparfre, che quandoil richiesto alla batta" gita nonfiapprefentijě procederŕ contra lui come cq tra contumace%& mancatore. Uche il Signor del ca* pň non gli donerŕ negare: Et il dě ordinato alla batta glia donerŕ ad bora conuenienteil Caualiero appre* fentarfi allofteccato, & il Tadrino rapprefentarft al Signore, ifponendo che ilfuo principali al campo co dotto per douer combattere^ facendo nuoua iftan^jt di un motto bando a perfeguirla querela.Et il medefi mo tornerŕ a fare in fui mexogwrno, & uerfo la fé-* ra: & infiemefarŕ moftra di nrme, & di cavalli, co* quali era uenuto apparecchiato per combattere. Et ultimamente hauerŕ da accufare la contumacia del-» l'auerfanoy& da dnmandare che ilfuo principale [ix lafciato correre il campo, & che per uincitor fta rfi-chiarato;& che l'altro per contumacetper mancata re> & per uinto nella querela fěa condannato, & che il dichiarato uicitore poffa tifar determiniti quali co tra cofi fatti contumaci per iftilo di caualeriafono %• mejfi.Lequalicofe tutte dal Signore gli douer ano effet credute. Et il Caualiero cohomreuolpopa di caual ti>et di arme,d'i trobe,& di tabumyentrato nel < h; -Dipintili». popo \i qUai att0 Ł contumace dall'auerfario fuo pň tra ejfer portato dipinto.Et quello,che detto babbitt mo dello attore, potrŕ mede/imamente fare il reo3 co-ducendoft egli ai Campo, & non comparendola fua parte contraria» ě Quando s'alleghino impedimenti dal non comparire al campo , come fi habbia a fare, Cap. XIX, 'Or fé alcun Caualiero al termine fiat ulto al .campo non comparijfe > & mandaffe ŕ fare la\ Jcufu, che da giutěo impedimento fojfe flato ritenuto >č ancora da'uedere quello^ che i quello cafoft hab bia a fare.Intorno alla qual propoli a dirň io primie~ ramente, che quandoloimpedimeto occorrere a tal tepo, che aitanti che la parte cotraria fi metteffe per andare al capo, di quello le fi potč ffe dar nottua, ciň fi donerebbe fare leuando a colui la fatica, & la fpe-fa,& a lui fi douerebbe madare la gufiifi catione del* la fua legěttima fcufa.offerendofi ancora a lui in con-ueněete termine di douergli egli prouedere di altri capi bifognando, & dijodisfare a quello, di che per tal prolungat'wn di termine l'altra parte patifie detttms to.Quando ueramatelo impediménto cofifubitofopra uemfje, che gliele poteffefarfapere auantiildě della gicrnata,non per ciň non douerebbe la fcufa ejjčreap prouata per buona, pur che ella foffč aimpedimeto legittimo',& a colui,ilquale al campo foffe mnuto, fi donerebbe la fpefa riflorare, che fé io mi fono con re come- notati. l I B % 0 II, 64. conuenuto dě effer teco in cotal giorno, nel cotal luo-go.pcr la tal terminat'wne; & io quitti mi apprefento9 & altro interefie ti ritiene ponendo io per tale effeu tOiŕnuouafpefaritornareMneHacofanon č chela, tua commoditŕ ritorni a me incommoditŕ, & dan* no. Ma fcufa di impedimento legittimo farebbe grane infirmitŕ, tempefta, ň acque, che il caminogliim pedtjfero, guerra della patria, ň delfuo Trencipe, jiroPedtmc' 0 contro. infědelii& cofe altre ftmigliantijiequali ogni to iegěrtj. giufio Signore per gin He cagioni poteffe giudicare, pao* Vna prigionia potrebbe ancora ejjere legittima fcu-fat quando ella non [offe tale (he egli uerifimilmen-tefcběfarla potendownl'hauejfefcbifhta, che i Ca- ^těXoii Ct ualieri fecondo i luoghi, ne'qualifě trouano, doucndo iwiicri'ho» querela entrare, fé (ti č fofpetto alcun che il Signore gli habbia ad impedire > efji prima di lŕ fi partono, gir in parte ricoverano, doue penfano di effer ficmě dinondonere effere della lorointentioneimpediti, Che in enfi di bonorijbi non procura per tutte le me di fodisfkre aU'honore, & chi ad altra cofa penfa che aU'honore, contra l'honor fuo commette manca* mento. Tercbe quando altri per uolere flarfi a cafa fojfe dal "prencipe fuo fatto arrestare, io hauerei quella fcufa tanto per legittima,quanto fé egli quel la prigionia fi haueffe procurata. T^č per legittimai tagione di prolungatione di tempo batterei io, fé altri doppola querela giŕ coteHatatprendeffe un nuouo et fico di maeftratOyň altro, che quefěa ifiimerei io che [offe a quefio effetto mendicata}& non da douerfě ap franare j>w bimaipercioche banUoft ob&gafione <# kort9" t> e i p rni i o obiigatěon konore,a quello dee orni huomo fodisfare prima, che andar fi a procacciare nuoueimprefe. Vero e, che fé In quel me^o tempa occorrere che ad altrui,ň perfuc ceffione,ň per altra buona fortuna in manogli cadef-fe alcuna Signoria, & che quella foffe tale, che l'a-uerfariofuo di pari, ch'egli era a lui, non pari uenif-a rimanere, quejio dir fi potrebbe che foffe un ca nuouo &gěufěo impedimento, & non tanto di tirare il tempo in lungo, quanto di combattere con la propria per fona ; che in tal cafo per per fona fuHituita, oucgliamo dire per campione, a determinare non le e- arme la incominciata querela farebbe obligato . Et ''fi f°IJe timoa Et riti-inamente uinto}& prigione č colui, ilqualefugge dello jěeccato . Et di quelli modi di perdere, ciafeono č tanto -piů uergognofo,quanto Vbabbiamo piů baffo in ordine rifpofio.l^on č da tacere ; che fi come il morire nello /leccato da' Caualierié reputata la perdita Morire ěn men uergognofajoft č ella la piů perkolofatS' la p'm lftcccat0« dŕnofaipercioche coloro,che co fi muoiono dalla Chie fa fono ributtati ; & i corpi loro a fepultura in luogo facro non fono riceuutě. Ma potrebbe anche auenire, PrI8Io"« ii • r / tr ^ ' - ě> r perfoisa. che alcuno per urna forxjtfaceffe prigione l auerfa* riofuo, & quello tenere legato^ in altra maniera in tal modo lo haueffe in fuo podere, che ad ogniuno fojfe ma nifrtfo ch'egli u olendo, uccidere lo potreb-be:& cofi (landotfiniffe lagiornata. Hor cofi tenen-Óolo,& facendoijlan%a che difdke[ěe, ň chefiarren defie,& colui ad alcuno di quefli partiti cofentire no ^olendOfCbiara cofa čtcfa lecito gli farebbe dargli U i monti . DEL D V E L L O ptorte.Ma pur quando egli noni'uccideJfe, &Ugior~ no al [ho fine [offe arriuato, dubitar fi potrebbe, che giudicio in cotat cafoft doueffefare.Et quando il reo foffe fuperiore,non č punto da dubitare, ch'egli per vincitore non doueffe effer dichiarato, vincendo egli (come detto habbiamo) per minor pruoua, che que* Uŕ non č, Ma (quando l'Attore foffe egli colui, il qua» ¦ le in fua ma.no haueffe il reo, non coji di leggieri fé ne potrebbe fare la determinatone. Et in questo cafo primieramente a* loro capitoli faria da riguardare, che potrebbono effer e in tal modo formati, che con quelli ageuolmente fi potrebbe, fen^a altro 3fare diritto giudicio .Che quando nella capitolatione foffe cfprejfo y che l'attore non fi intenda hauer uěnto^'egli non uccide, ň non fa disdire il reo, in tal cafo non fotrebbe effer e detto uincitore. Ma fé fi dicejfe, che H reo non fi intendeffe effere uinto ,faluo fé .egli non foffe morto, ň difdetto, io non condannerei giŕ lui fer mito ; ma ben direi, che l'attore al douerfuo ha^ uejfe fodisfattojffendo in fua mano sěato di uccidere il (ho nimico „ & volendo Ureo in altra giornata rin-frefcar la battaglia fopra la medefima querela, ň fo~ •pra lo abbattimento di quella giornata,™ mi parreb becche doueffe effere da giujěo giudice afcoltato, Et quando pur ne'capitolinonfojfero parole a quel cafo appartenenti, tenendo uno un' altro in fua balia (co me di fopra č detto) a me paret che l'altro non farebbe men prigione dell'uno, che fé egli fi foffe arrendu-lo ; & che (tinto & prigione domrebbe effere giudi" cato : Et il limatore di doppia gloria farebbe da effe^ .... , . _„. l I B % 0 IL 6$ re honorato, ft come colui, ilquale della fola tintoria, contentandofětcontra l'altrui tata non f offe uoluto incrudelire. Pi cofe che fuccedono alle uittorie de gli (tee-caci. Gap. XXI. ILumtoěn ifteccato č prigione del uincitore. €t del prigione tutte le armetue(ěe,fopraueHe,caual-liy & altri ameft di qualunque maniere ftfěano, che Arme & ar fiano flati portati nello ^leccato per comparire ho- ^{fno del noreuoletň per combattere fono dě cobi,che ha tanto. Et quefěa č la nera opinione in quejěo [oggetto ; per cioche le fpoglie del uinto fono le infegne del uincitore. la per fona del uintOi per honorato cofiu- č me,uiene da' Caualieri donata ň al Signore del cam- dei ě pň >ň ad altro Vrenŕpe : a cui egli, ň colui fi a fervila le' dorč, 0 raccomandato.Et quella confuetuame% come cheto la commendiy&conforti ciafeuno a douer-lafeguipare , non perciň dico thč quando il u'mrito-re uoglia, non poffa vfare delle fu? ragioni, & tener-loft per prigione, Ne dňcili dee effne negato da ye-runo; conŕofta cofa eh''egli ft puň di lui jermretma non giŕ a udě offici] ynčad altro che a cofeaCaua- paJaine'?'' lieri appartenenti. Iti prigioni fatti in ifteccato/-i^\ii^et paffano efiere co firetti a pagare le fpefe fatte per quella battaglia . Et fi poffono effi rifeattare appref-jb per danari non altramente che Caualieri preft in guerra- Et chi dal fuo uincitore alcuno ne rifeuoteffe, potrebbe farlo guardare, & imprigionare infino che DEI D V E L l 0 lědi fethui *gfěpY0Uedeffe del rifcatto.ma no farebbe lecito diete «. crefcergli taglia altra quella}che egli pagata haueffe per lui. Et chi ne ha da pagare,feruendo cinque anni in opere a Caualiero ccnueniéti>čliberoě& pagamen tode gli alimenti non gli fi puň domddare. Et quando m? al vinto era tagliata una mano, & gli altri compagni le loro mani per danari ricompera. uano.Ł)ueflofiferuaua per le loro leggi.Con talfeue ritŕ efercitauano ejfi igiudkij de loro Duelli. Et dicono i nofěri Dottori, che per effere quella proua incerta, quando ad altrui in fleccato fojjč provato mancamento degno di efěremofupplkio* nonftdoue-tebbe perciň dargli morte, ma parte della penagli donerebbe effere rimeffa,d?ndogli punitěone piů leg-giera. llchefi come ejfi dicono veramente^ lodeuol" mente, co/i č ancorda dannare il cofiume di colore , iquali'm cafo di Duello fanno le forche ' DELDVČILŇ te forche\lperditore fanno appucareimcntanente.Ma pef J ' ccca* pio quale puň effer maggior punitione di quella, che pena de [e [tq^n fa nofĚYĚ abbattimenti vfano di dare a coloro* vinti ne gli , Ai* ¦ -i^rr r '¦ • i ftcccati. che Jorto uvnti ma percioche egli č hauuto per mal Catialěerojlquale habbiauoluto prendere ingiuria querela,& combattere contra la ueritŕ, laquale egli principalmente a difendere č tenuto i Et per tanto confěderata la grandetta del pericolo, al quale fi Mettono coloro, iquali alla pruoUa delle armericor-ronoydebbonoč Caualěeri cfier piů lenti a prendere U fpada in mano, & non mouerfi, fé grande sformo noti gli coHringe, <& fé non fono caft fteuri di combattere per la puHitia t che pojfano hauere fermijfimd fperan%a di douer confeguire il fattore del ditiingité* dicio * Dclk t I B K 0 IL 68 Della giuftitia; che hanno a fare i Signori. Cap. XXIII. IL uoler parlare a Giudici & a signori digiufěi-tia, dotterebbe efser cofa tanto fňuerchia, quanto ella č necefsaria. 7$č di tenerne ragionamento fa rebbe medierň quando efjife tnedefimi conofcefsero, &illoroofficěointendefsero,& a quello attendefse- sě dan«no ro, come fi richiede * Ma effi H piů non fanno che fi1 Slčaoxu fiano,nč che habbiano a fare : & an%i ad ogni altra cofa fonointenti, che a quello, che a loro fi appartiene. Terche io ho da dire a quei tali, che debbono fapere di hauere hauuto da Dio quei gradi, a' quali Z^Su * fra gli altri huominifi trouano inal^atiinon per mag gioran'fa, ma per officio, accioche fiano efecutori della uolontŕ dě lui in premiar i buoni : in caligare i tei ; in liberare gli opreffi ; in foccorrere a bifognoft ; & infomma a dare a ciafcuno quello, che pergiufti-tia,&per equitŕ glifi conuiene. Et quefte co fé uuole Dioyche fiano mefse in opera cofifinceramente, ch*e* gli nella fanta fua legge comanda che nonfihabbia rifguardoa cittadinoiňforefěiero; percioche nonni č differenza di perfine. Che non hanno i Signori, & i Giudici da confiderare che fta né cofěui,nč coluti ma folamente da mirar quello,che alla ragione fia ri chiefěo.Et quel mede fimo giudicio fi dee fare in una conditione di perfone,che in un'altra fi farebbe * Et tale ha da efser la fcnten%a Jaquale fi da per lo citta din o cantra loftraniero ; qualjě darebbe per lo tfra* 1 4 niero y z l l o nitro contro, il cittadino quando quegli fojfeěn quello fěato-digiufiitk, che č quefti;& che co fini in quello di colui fi ritrouaffe.Et in tanto č quefěa legge di giů-děcio dalla diurna legge confermata .che in quella non folamenteft commanda, che non fi debbia ne'giudě-cij honorar la faccia de'potenti, ma e fendo ufata in fin d'un luogo di raccomandare ě poueri^reffamen te commanda che ne'giudicif apoueri nň fi debbia, ha uer compaflěone.Hor efsendoi Vrencipi, <&¦ i Signori, & i Giudki}& i maggiorici minori a tal fine fiati ordinatila quejěo loro officio douerebbono diri^are tutti iloro penfm'ijŕconofcendůfi per offěriali,& per miniflridel fupremo Signore> <& negli animi loro att dar fouente riuolgendo^che di quelle co fé, leqttali effi giudicheranno, le appellationi ne andranno al vero & jempětemo giudice » Et (fecondo che dice lafcrit tura ) tutto quello, che batteranno giudicato, fopra di loro hauerŕ a, ritornare. llche dee effere ad ogniu-no troppo piů che chiaro : che non che le facre, ma ancora le mondane lettere concorrono in quefla ftn* ten%a,<& dice Thocifide; „ Chi farŕ mdgiudkio contro, altrui* „ Farŕgiudicio Dio contro di lui. la onie, fecondo che dice lofaphat/icordar fi debbo no i G'mdici,che no giudicano perhnommi,ma p Dio; & che il timor di Oěo dee effere fopra di loro* in qui-filone adunqideila quale habbiano afŕrgiudicio, no debbono portare né da'letti, né dalle camere alcuna de eofapenf'atOfň preparata loro dalla loro afftttione, che le ragione delle parti habbiano intefe : ma fetori- l 1 Č R Ň IL €<> fecondo quello)cbe batteranno udětotdouerŕnno giudicare.€t per tanto fi conviene che da gli animi loro fimo lontani tema, & ricetto d'ogni perfona t a cui habběanoriueren^ň desiderino di compiacere; che non habbiano defiderio di cofa, laqual penfěno di quel giudicio piů in vno>cbe in altro modo dě douer confe-guire:& che diano bando ad amore & ad odio, che portino ad alcuna delle partijra le quali penda la qui filonefdeělaquale a loro fi rkhkgga č giudicare, [ape do che ŕ ninno fi dee batter piů rěfguardOj né pia fi dee riuerire di effo Dio: & che ricchei^a alcuna maggio re non fi puň acquiHare, che conferuarfě la gratěa di colui, che in quella fé dia di giudicio gli ha pofti > & che di tutte le rkher^%e č donatore ; & che amare fi debbono,&fnuoriregli amiciin quanto l'amore, & l'ajfettione al debito,^ all'officio non ci fu mancarci Et che non debbiamo confi acerbo odio altrui perfe-piitare,checontra nói mede fimi uogliamofhrriuolta re l'ira di Dio. Opera farebbe la mia da altra fcrět* tura,cbe da un folo capitolo, quando io vokffě dirŕ tutto queUojhe mi ditta t'animo iti qucBa materit: & in altri luoghi delle noflre fcrittwe pia cophfame te ne habbkmo ragionate, & alle menti ben děJj.óHt queflopuo effere affai > & alle altre non baflet ebbe •pngrandijfimouolume.Hor quello.cheintendo elidile a quefto propofito di Duello > č che fé nelle cojc ite Ui,& di poco valore;che lieuiě& di poco uaiore fono tutti i danari,e tutte le riebe ^e,per le quali tatto d ě fi viene in contenticne)Comparate con la vita,& con i'bo»ore dell'huvmo:Se in quelle dico g ogni legge di* t> E l 'DUELLO iiina,& bumana, a S'ignori fi richiede efser delle \ef? gě cofi feruant'h& Co fi amanti della gmttitia, quan* to dotteremo nói direbbe fi conuenga loro di efsere im maculati, quanto [inceri, quanto ingiů fHt& quatt-tofeueri, la douefi mettono in bilancia co fi raregio-ie,che theforo alcuno al mondo non le puň compenfa re i In quefti giudici] hanno i S'ignori principalmente da moflrarfě Signor'wn quefěi hanno da [cacciare de gli animi loro cia[cuno affetto ; & non cono[cere né fuperiore, né amico, nčperfona di [angue congiunta; nonmiraread alcun [uo particolare ; né pen[area co[ayche in giudicando piů a quefta, che a quella gui fa ne po[sa[eguire : ma [olamente che giudicano del la uita daWhuorno, che uale piů che tutti gli flati; et che giudicano dell'honorem che ual p'm che tutte le ui-te\ & che giudicano in luogo di Dio ; & che a Dio ne hanno da rendere ragione^* Conclufione del fecondo libro* Cap. XX UH. Q Vette [otto quelle cofe, che & in pre[en%a de* Signoria nel capo, & dopo la uittoria ci *~*pare, che^rdinariamete pofsano occorre^ renelle quali [i babbi ŕ trattare, efopralequali hab biamo filmato efser neceffariodi ragionare : Hor al ter'xp libro pa[sando,pa[seremo infěeme ad alcune^/ qu'i(ěioni alkquali habbiamo giudicato che pili [i con uenga luogo Jeparato, che uolere nel primole in que-Jlo fecondo libro tenerne confu[o ragionamento. LI- fa LIBRO TERZO DEL DVEttC DEL Mudo Iuftinopolitŕnň* H 0 E M I O. Elle leggi de* Longobardi, aricor che molti capi fi ritronino , per li quali da'lcro Re erano gli abbattimenti conceduti , pur nondimeno ut fono ancora di quelle ordinationě) perkquali fimo Ura, che la pruoua delle armi da toro era non meno dubbio/a, che odio fa giudicata : & che ingiufta co fa ii ; Dučllo pareua loro, che fotto vnó feudo fi doueffe venire "A'~c~ alla diffinitione di cofa j iaquale foffe di grande intc-rejfe ; Et qučsěa dichiaratiňnč non in vn foto luogo yien da loro fatta & confermata), & fra gli altri da oprando t{e in -vnafua legge fi dicono cofi fatte pŕ # rote; ISloifěamo incerti del diuino gwdic'w!&giŕ vdi w to babbiamo\che molti per battaglia feft%a gmfla ca 4i giowe hanno lŕ lňrogiufla querela perduta: ma perla ^ confuetud'me della gente nofira de* Longobardi, non „ poffiamo vieta? l'empia legge do nonfo qual piů con- i$ DEL T> V Ł t l 0 neneuole tefiimonia%a di q(ěa douermitendere adutt li,dapoi che da quei medefimijhe gli hanno ordinati, fono condannati : & il giudicio di quelli per vero no č approvato;®4 la legge ,per laquakfi concedono,per empia viene biafwnata.*A qucfla fenten%afi conformano le leggi nofire canoniche^ citali : che da quel-* le in tutto a'Duelli č dato il bando ; & da quefte per molto pochi cafě,& affdimaUgeuolmente fono per-meffi . 7{č natione alcuna č barbara, ň Chriftiana, dallaqualegli Abbattimenti coft ftano frequentati, i « su come Jňnodavlibuomini Italiani. Et quella natione italiani bar , 11*11, 7, , 1 ,. • , baiamente laquale altre volte ha dato allestire le diritte leggi, fi^gouema con p'm \)av]jAte \tgg cjje clIcwěaltra fi vede ejfere contra i si gouernata ^ che per ogni fufcello 1 Caualieri noHrě gnoii. corrono alle battaglie : & ftn%a intendere le quere~ le t iSignori fen^a alcuno rijpar mio apronogliftecca ti. Et questo coflume di combattere č fiato introdot to fatto titolo di honore < quaft altri che i nofěri, & che i moderni huomini di honore non pano fiati, ň non ftano fludiofi.Habbiamonelprimo libro allegato l'e-fempiode\omamjqualnn querele dhonore firimet teuano a dimoflrare contra i loro niměci il lor ualore; di che ne fegwtaua,che le loro conte fé m beneficio del la patria fi ccnuertiuanoila doue lefpade noflre contra le vifcere nosěre ritorcendoftycomra le patrie noflre adoperiamo quelle for%ey j, Che fender fi doitriano in miglior ufo. i« Ma di tutte aueflefcoueneuok%je,nňfipuo dire che duelli i a^tra ne fla ^a cagione Je non la terrena noflra ignora-T^ydallaquale diuerfitŕ d'opinione nafcendo3c6uiene thč I I B % 0 IL 71 che ne feguiti contentěone ; & quefěa alienatěon di mente feguitandone3fi genera la nimifiŕ ; per laquale fra gran Trencipě hanno origine leguerr e, & fra Co. ualieri i Duelli, non fi prendendo da loro le querele in quella guifa, che nel fine del primo libro da noi č flato dimostrato, ch'elle fi douerebbcno pigliare. Ter-che effendo quefta cattiua ufan^a tanto auanti tra-paffata, nčfperandoio che gli huomini nofiri per alcuna perfuafionefe ne habbiano a nmuomre, tanto maggiormente ho da ricordare a Signori, iquali i Łffinc*°. d-campiconcedonQich'ejfi prendano quella nera per fona dŕiudici, che la materia richiede, & che a loro fi appartiene; & che habbiano cenfideratione fopra le qualitŕ delle querele ; fopra l e conditioni delle perfo-ne;& fopra tutte quelle altre cofetche da quelle due, depedono, fecondo che da noi č fiato per dietro dimo~ ftrato,& per innanzifěamo per dimoflrare.Et quelle diligentemente conofcime 3 giudichino, & determinai con quella dirriturai& feueritŕ^he a giudice fi con-\ uienejen^a affettione,& fen^a eccettione di per- \ fone.Che nel uero}io non fo qual cofa piů honoreuole, \ & piů caualerefca da loro fi potejjč adoperare. iJHi danneranno perauentura alcuni, che io pur torni a dir quelloych'ioho detto,etridetto.Et fi dorranno forfč i Signori,ch'io torm,& ritorni pure a ricordare loro il loro officio. Ma i molti difordini, i quali io ueggěa fen%a fine ejjčr moltiplicati, & il defiderio di uedere la religione della Caualeria nella fita prifiina di-gnitŕniornata,fa che non mi pare dě hauer mai detto cofa alcuna, tante fiate, che di piů replicarla nofia DEL J> V E l l O fnefliero.'Nj fo uedere uia per laquale piů commodt mente le fi poffa porgere gioueuole rimedio, che per le mani di coloro a cui le querele hanno da capitare ; i quali quando fedelmente ui fi uogliano adoperare, lofonofěcurOiChefranon molto tempo le apporteranno falutifera medicina. Et tanto in queiěa ma" feria baciandoci di bauer non tanto detto ^ quanto accennato ,la incominciata nojtra imprefa andn-tnofeguitando. Chi non dee eflčr riceuuto alla pruoua dell© armi. Cap. I. E Sfendo il Duello pruoua di arme, che a Caud'ieri fi appartiene : & effendo la Caualeria grado bonoratijfiuto , non č conueneuoles che alla pruoua delle arme fé non da honorate perfone fi habbia a venire ,& per tanto fi come dauantia tribuna" lic'mili non č per mejfo, che perfone infami p&ffa-no altrui accufare , co fi nel giudicio Caualerefco per fona honorata da altrui, che da per fona bonora-tanon potrŕ effere accufata:percioche,come dee uo-lere apporre altrui mancamento di honore colui, che contra l'honorfuo bauerŕ macamento commejfo? Et effendo il miflerio delle arme flato ifiUuito ad honore tiol>fine,& per punire i catůui* come doneranno effe-rea quell' officio riceuuti coloro, i quali fono degni di punětione ? Ver ferma conclufione adunque farŕ di tenere, che alla pruoua delle arme non debbiano entrare coloro f i tjttdi contra il Tremile, ň contra la, •• fatria L I B R 0 III. 71 patria loro hauranno fatto tradimento, ň ancora co* ramici hawanno battuto alcuno intendimento, che in pregiudicio di quelli poteffe riufiire : & quelli » che prefi da n'vmicě, tornar potendo, non fono tornati > ň mandati a ueder che facciano inimici,con loro fi fona rima fi; 0 hanno fatto fpia doppia;ň h attendo obliga-tione dě giurametOsň non hauedo feruita la paga, fono pafiati all'efferato nimico', ň ancora non battendo alcuna obligatione}ui pajjano in quel tepo,che le gerě ti dall'una, & dall'altra parte fono aik mani; che queflo atto ha forma di tradimč~to;percioche moftrŕ-do tu di effere in miofauore, & io di te fidandomi, tu al tempo del bifogno mi rholgi le arme incontra. *An cora faranno da effer ributtati coloro, che nelle battaglie haueranno Moro Signori, ň le loro infegne abbandonate: & qual diděyň di notte malit'wfamente haurŕ lafciata la guardia a lui commeffa dell'efer-ŕtOyň della per fona del Prencipe. *A quefěifiaggiun* geranno abbuttinaton,& tutti quelli, chs per alcuno militare eccefio faranno flati cacciati. J^e lafcie remo di direbbe affafjěnh& ladri,& ruffiani}& ho-fii>& taHermerijcommnnkatijhe retici, & yfurieri , & ogni per fona efer citante mefliero a genůlbuo-mo,& a faldato non conueniente, uiene ad effere do, gli abbattimeli legittimamente ributtata.Et in fom« ma, tutti quegli, che digrŕde mancamento fonoinfa-wati, & che dalla lege ciuěle alle tefiimonian^e non fononemuti, in queflo numero fono compre fi. Et di quegli dico io, che n pon ch'infamia uuole altrui ributtare, dee vedere chs colui di quel fallo fěa fiato condannato, ň thč la cofit fia cofi notoria^cb'egli non la poffa negar e.Che in aU tra guifa colui potrebbe appigl'mrfě alla querela del mancamentOycbe appofěogbfofle; & a chi gli le ap* fonejje fi richiederebbe di farne la pruoua. Et (i co* me alle conditioni de gli huomini di [opra ejprejfe, non č lecito richiedere altrui ; cofi richiedi non pojfo-no poi per cagione di tale infamia ejfer ributtati. ISlč heuterci io per buona lafcufa di chi dicefěe , che prima non l'bauejfe rěfaputo, che chi a uoler chiamare altrui a battaglia fi conduce, dee maturamente con-* fiderare, ch'egli fi obliga a tale obligatione, che poi non ni fi contede pentimento ; 1s(p» dico giŕ, che fé doppo la disfida altri faceffe opera, che ree affé in-* [amia , ň attore, ň reo ch'egli fifone, non potejffe ep-fer ributtato, ficerne appreffo diremo in uno rfecial capitolo . Non lafcerň ancor di dire, che quando) f honorato Cauatierorichkdeffe pur per fona macchia*, ta, ň richiedo, la battaglia non rifiutale, tra*-tandofi in quell'atto nonfolamente di particolare in-ter effe , ma del pregiudicio ancora del grado del* la Caualeria , officio farebbe del Signor e, a cui il campo foffe domandato, di non lafciar paffare auatt ti un cefi fatto abbattimento : & patenti non ui fi ttcitereběrona concedere, - • $8 li b n o ni Se i l?aftardi poflŕno muouer Duello Gap, II. SI fuale ancor cercare fé i baflardi a Duello deh btano effer riceuutě, che per effer nati di non legittimo congiungimento, et dalle leggi nonriceuuti a gli bonori, né alle ber edita par che non fen%a ragia ne dalla pruoua delle armi debbiano effer rimoffi. Toi considerato, che io del non mio fallo non debbo ijjere condannato, ma che colui come huomo mie, CĚr infame dee efiere ributtato, ilquale commette ef fo atto di uUtŕ y ň d'infamia, par che altramente ji debbia tenere , maffimamente che la fenten%a di "Hieronimo č : Che del nafcimento di quefěi tali la col fa č non di colui, che nafce, ma di colui > che genera . Et dice Chrifoftomo, che uergognare non ci deh b'iamo deuitij de'padri, & delle madri noflre, ma fokmente debbiamo noi effere intenti ad abbracciar k tur tu : & che fé bene altri č nato di bagafcia, ň di d. „ adultera, la uergogna chi lo ha generato a lui non honoiad partorifce ucrgogna. Toiefsiper lungo coftume all'arte della gutrrafono riceuuti: & di molto honore-uoli carichi fi fono uifli effere da loro uirtuofamente fiati foftenuti. St non folo aggradi delle arme, ma ŔVrendpati f& a\egni, & allo Imperio de* coft finitamentenatane fonoafceft, & de'loro fucceffo-ri tuttauia di honorati flati fono, poffeffbri.il che fé 4 (cQěm wumtte č ) Par che inmujlamčte l t> E L AVELLO ga ad effere uietato>cbe non pojfano rifentěrfi delle in giurěe t che loro da altrui furano fattele pojfano prč* der la prttoua della imita. b t pure nondimeno č da. dire y che fé bene la colpa del turo nascimento non č la loro, efsi non fono nati nobili: & non ottenendo •per ragione la paterna nobiltŕ, non pofěono né anche que'fio fattoredi honor di arme cofi femplicemtnte confeguire. Che non come infami, ma come non nobili a tal pruoua non faranno rie emů :fi come quel-li altri > che di legittimo matrimonio >& di humile condii {ione fono natitquantunque efsi no fieno in col fa della bufferŕ dtl nafeimento loro, pur tra nobili non fono annoueraů. Et fé degli altri non hone-Slamente nati hanno hauuto degli honor ad gradi, uč rifimile cofa č,che col me%o delle loro uirtŕ glifi hab hiano acqui/iati. Di che efsi ancora fi debbono faticare di aitan^arfi col me%p delle opere mlorofejt degli ttudif uirtuofě. Et coloro, i quali ň faranno di tůtij maculati, ň non daranno fegno d'i ualore, né di lodati coHumiy Uimerhiofempreche poffane effe-re in quella ftima}cheglihuomini di uilifsima condii' itone, come di animo conformi al nufeimento. Quelli neramente, che ň per opera ai arme, ň per altro bonoratoefercitiohauerannodato » ň daranno fegno di nobiltŕ, ŕ che alla Corte di alcun Vremipe tra Co. uaUeriMimamio coftumatamente, ň che perpnuile podi fignore faranno fiati legittimati, quotali dico in ogni atto di Caualeria infime con gli altri gentil* kuQmini doneranno ejfere raccolti* Pe'uin* L I B K O Uh < 74 De Venti, & delle reftitutioni di hono-re. Cap. HI. NE/ fecondo libro habběamo detto, & qui torniamo a direbbe il richieditorejlquale nm v'm ce il nemico fuo nello beccato, rimati egli perditore non battendo prouato quanto douea prouare:& cb'e- Rjch5edjto gli piů non puň richiedere altruhilche fi conferma con ie non vin quefla ragione, che chi il detto fuo non pruoua efjer JJ"jJ° pct •pero ,falfoaccufatare mene ad effere giudicato,, & -per confeguente per mal Caualiero mene filmato, eŁ" ributtato. Et ciň che deltattore auiene non u'm-cendo, auiene di ogniuno ň reo,ň attore^ ch'egli fi fěa% efftndo per foraci d'arme conquiftato, ň fatto ar~ tender e io difdirfi ,ň fuggire ; che piů non potrŕ de* mandare alcuno a battaglia : & domandando nm donerŕ effere ajlottato. Iofo che tra alcuni č una cotale opinione, che fé iohaurň uinto uno'in iflecca- SeiUinci-to, & rimeffolo in libertŕ, occorrendoci mona que habiiit«u che dell* altrui colpa non debbono la pena foflenere : ejjcndo maflirnamente ě batte%at\, per legge diurna,, tiktaů da' ptwti fa' perii DEL AVELLO Se vnouinto, & poi iiincitore poflŕ. altrui richiedere. Cap. I1II. DVbitano alcuni, effmdounouintoin[leccato* & apprejfo a battaglia ricercato , rimanendo uincitore , fé fi debbia dire , che egli Phonor fuo habbia ricotterato , & [e per l'auenire potrŕ, ad abbattimento richiedere perfona di honore . & fate ad alcuno, che con l'honore della feconda bat-taglia, egli babbia levatala macchii della prima» ma pur nondimeno per piů uera conclusone ft dee tenere, che per nuoua uittoria,la prima perdita non ft poffa rěfěorare . Et fopra quella quiftione ne ho io ilgiudicio di *Alfonfo d'^ualos Marchefe del Vaflo Trencipe di Caualierifdal quale in que-fia materia ne ho riportata una tal determinatione. Il douer de Caualieri č anteporre l'honore alla ulta: & colui, ilquale dello Steccato efee perditore itno* fira ch'egli ha fatto piů conto della uita, che del' lo honore : & per tanto fé bene un altra uolta entra in pruoua tfarme , eJr* u'mcey non perciň fi dee dire, che habbia l'honoreracquifiato, poten» dofi prefumere , che ui fi fia condutto con inten-tione di tentar la fortuna, fé la giornata gli potef-fé uenir uinta , con animo nondimeno di uolerfi in ogni auenimento faluar la uita, non potendo deWho nore uenirea peggio di quello ch'egli č, hauendolo una uolta perduto. Et tal cofa di lui prefumer po-ttnd9fi,& doumdoft per fermo tenere, ch'egli entra m LIBRO UT. 7S in campo conintentione di fare ogni cofa prima che di moriret non fi dee dire che in modo alcuno babbia. ilgia morto honor fko rifufeitato: an%i uolendo altra Molta richiedere altruijouerŕ potere efftre dalla bat taglia ributtato» Tale č Hata laftnten%a di quel Si-gnore,& quella ho io per opinione mramente Caua* lerefca; & che da ogni fano intelletto habbia da effe-re approuata, & [esultata. Et č quefta dichiarano nedaeffereintefa non folamente per quelli, iquali perditori fi confeffano Sfuggono del campo ; ma per coloro ancoray quali bruendo hauuto il carie o del prň uarethanno perduto, per non battere alla pruouafo-disfhtto: concioftacofa%che rimanendo efsi per quella, -perdita macchiati di biafimo difhlfi accufatoria per ejj'ere dapoi fulvamente accufati, non perciň fono li' berati dalla colpa della fhlfa acrufa;nč men loro lena tadadoffolaprefontionedidouere ejfer riputati ac-cufatori fhlfi qualbora altrui accufafferoy poicte yna fiata per tali fono fi ati conofeiuti. Si che in qualunque maniera, che altri efea di Steccato perditore, fi dee dire, ch'egli algiudiciogiŕ di fopra dichiarato, fen%a altra contradittwne, babbia da foggiacere. Et quello uoglěo io pur aggiungerebbe cerne altri una uolta č flato u'into in ifteccatoyogni per fona di honore dee guardar fi da entrar [eco in pruoua di arme, fi come con ogni altra maniera di perfone infami Et il me deftmo dico ancoracquando bene da altrui ricercato, la feconda uolta hauejfe uinto. X 4 Che Che dopo la disfida, per nuoua cagióne iě puň ricufar la battaglia; Gap. V; ET per feguitarquetia materia, laqualefumň entrati a douer trattare, dico ancora, che attenendo , dapoi che due fi fu§ero contenuti di uenirč ad abbattimento, ň foffero in qualunque modo entra, Hin-querela i chef un ti loro commettere difetto, per loquaěe egli in tale infamia cadeffe,che qital mac chixione fojfe, non potrebbe altrui a battaglia richiedere; coluijlquale il mancamento hauefte cňmef-fo, potrebbe daU'auerfarió fuo ejftr ributtato, cóme colui, che di conŕitione fojje peggiorato, & che hauejfe mutata natura da quella, nella quale egli era quando fu tra loro dato alle lor querele coměn-ciamento. Ma qui č da intendere, che quefěa nuoua ňccafione, della quale io parlo di uolere altrui daL la battaglia ributtare , noie ejjčre infamia , nella quale per fua colpa égli fu caduto, come farebbe un tradimento, un fagramento falfo, ň altro notabile mancamento , & non di alcuna ingiuria, ňdi alcun carico, che da altrui gii fofie fatto , & del quale riferimento di arme gli fi richiedere : che in tale auenhnento , fi come il primo che hauejfe querela con lui; potrebbe ributtarlo come peggiorato di condizione ; co fi il fecondo non donerebbe rL tttfar diueněre a battaglia con colui, con cui eglifof* fi ... LIBRO Jlh, 77 fé entrato in querela,ancor ch'egli hanefle battuto cŕ fico daaltri.'ě^č ragion vuole, che alcuno da tutte le jj r"°jj^ farti rimanga incaricato,fen'%a alcun rimedio di pň- da combai terft [caricare. La feconda querela adunque doue~tcre* rŕ egli figliare ; & riufeendone con hiěnore, potrŕ, cŁ- douerŕ perfeguir la prima ; QueHo uoglio bene aggiungere , che il voler ributtare altrui per ejfer peggiorato di condětione, fi appartiene a quelli, c\te fono rči, & non a gli attori : che coloro, iquali fono n incaricati,debbono Jbělecitar di fcarěcarjty&non « ěafeiare che altri in modo alcuno lem loro tale occasione . Et a ciň fare pojfonóeflě feruěrfi dě quella regola di ragione^ che quale č primo in tempo, č ŕncora da effere prepňHpm uia di ragione. Et perciocht dall'un contrario, l'altro contrario fi ha molte uolte da regolare, ho io da dire amora ( fi come nel fecondo ličro ho pur fatto rnentione) che fé pendente quk rela fra due, o ancora mandato eftendo la disfida » '& le patenti de e ampi, fuciedeffe che l'Uno di loro faUJJeatal grado di condětione s & di Signoria, che l'altro piů nonfoffeft4o pari,allhora potrebbe egli ri- Ci fiutare di condUcerfi in pruóua d'artHe con la per fona jua contro,coliti ; ma non douerebbe perciň mancare di combŕttere per campióne : che la difagttaliartr >Zjz dellecondětionihon čoccafione> per laqualenori fi babbi ano le querele a dijjjnire,fe non in cafo che il gradofěa di ccclcfiasěica dignitŕ* . \ DEL DUELLO Chi non puň eflčr'a battaglia richie-fto. Cap. VI. HO R fi come molte fono le conděttioně di colo- Cjjeiicj< XX ro, iquali altrui a battaglia, ricercar non poffo no ; cofě ancora non mancano degli altri, che a quella non pofěono effer chiamati. Et i primi fono i Cbieri ci, a quali ancora che da alcune leggi fi a flato per-meffo, ch\fji per campione poffanofhr Duello 3 pur nondimeno quelle debbono effere (come elle fono) ymuerfalmente dannate. Che da poi ch*effi in quel-lordine fono entrati, & che [opra gli altri huomini hanno promejjň di feguitare i configli di Chriflo, <& di efequweifuoi fanti commandamenth a loro non fi conmene caminar per quefla cammune fěrada, tutta lontana dalle arme di Chrijio.Etfe Chriflo vuole>che per la buona & per la mala fama, vadano dietro a luiynon debbono volere con arme ributtare infamiay né cercar'honore. Et [e vuole, che a chi richiede loro la cappaygli diano anche la camifcia.ncn debbono al letterati. cuni beni temporali voler con arme difendere. Si che quelli faranno i principai^che dal dotter richiederei dal potere effere richiesti a battaglia doueranno effe-re in tutto liberuA quefli andranno apprejjň i Dottc-n>& o^ni condittionedi perfonektterateycheper tali fta.no cono/cinte ,& chea gli ftndijt & a gli e ferriti} di quellefiano deflinati, & attendino.Che efsen-do le lettere in tanta dignitŕ t& di tanta riueren^a degne^i quanta die fono fien co/a conuenleme č^che dalle ^ l 1 S K 0 ITL j% dalle leggi Caualerefche debbiano effere liberi, non ef fendo maffimamente conueneuole^che ch'ile corporali for^e non efercita, alla pruoua di quelle debbia ef-fer chiamato. Dee baflare al mondo, che gli bpiomini Lode dell» di lettere fludiofě (per cominciare dal primo princi* ctteIC* pio) ci dimostrino di Diorfuanto per humano intellet lofi poffa comprendere;ci[coprano il mirabile ordine col quale la dminafapien^a ha diJpoHi i corfi celefti, cJr come ella per quelli ci mandilefueinfluente;c\in fegnino la natura delle cofe che fono contenute, ,, Dal Cielotcha minori i cerchifuoi: Informino gli animi noHri di belle éfciplŔney & dito deuoli coturni ; difpongano le leggi, con lequaliin pa. ce & in guerra ci pojjiamo gommate ; preparino a* corpi noHri falutifere medicine : & tengano vi-uěi nomi>& gloriofi fatti de* Caualieri, &di Un* te altre condizioni di perfone mille ,& mille anni dapoi che i corpi loro fono fiati, ň faranno interra, fepelliti. Quefle & molte altre cofe particolare, che di rammemorare hor tutte di vna invna io non interi dojannoglifcrittifě reuerendi, che facri hanno meri iato di efjhr nominati. Et dee affai baflare al mondot cheefsi a quelle attendano, eŁr in quelle &afeftef-fi, & altrui,honorete giouamento partorifcanO) fen-Za che habbiano ad effere obligati a leggi tutte diuet [e dalle loro leggi. Quando adunque alcuno di quefěi tdifoffe da Caualiere a battaglia ricercato, egli potrebbe con la legge della Cauderia rifpondergli, che a lui la elettion delle arme a ppartenendofě,egU con le firme fue intcdo di difenderfi: & che le arme fue fona la t> M L chi ricercato non pu& ejfere, non donerŕ ne anche poter ricercare. Et per tanto quando per fona di lettere richiedere un Caualiere, queWi potrebbe medefintamente ricufar di ventre con colui a diffinition d'arme, e potrebbe egli leggiadramente rifpondere;Dapoicke tu bwmo di lettere richiedi me huomo di arme, appartenendoli a me U elettion di quellcuoglio ufani cortefta, & voglio che mi pruoui la tua intentione con Improprie tue arme delle tus fcritture. Et in que/ěa maniera potrŕ l'uno all'altro rmiere(come volgarmente fi dice) pane per foeac* eia , ejfendo molto conuenknteycbe ,, Ciafcnn fŕccia G[ueU'arte,ěn ch'egli č efpcrto. Ut pemoche quefěa non obligation di arme č da effer. tenuta per privilegio dato alle lettere; quando bene al tri voleffe renun!iarlotnongll donerebbe effer permef fo,per ejfere quello flatoconcčduto ah!'ordine> & non alla per fonaifaluo fé altri non foffe tale, che di arme & di lettere faceffe profeffi Delle di(aguaglianzede'nobili:&prima ^ de'Signori. Gap. VII. ET perche qutlla materia del richiedere, dell'ef* fer riebietto, & del potere, & del non potere ridi far e di aerar con altrui ŕ battaglia č molto ampia ? & ha bifognedi molta confidarat'tone, non ueggo co* me ueněffe ne poffa a nera dewminaŮQnc fi dégta* ' ' ŕi LI B T{ 0 Iti. 79, dě della nobiltŕ non fi fauella. 7sŁo» uoglěo bora in-troducerela quefiione di quale fia la nera nobiltŕ del t'buomOyCbe per ferma conclufione tengo io, che ella, fia la uirtůj& che colui fta tčtramente nobilet il quale č uirtuofo,ňfia nato dě alta, ň di bajja condiůone ; & che quale no ba quffia nobiltŕ di mrtů,fěci nato di quantunquegenerojŕ famiglia fi uoglia, quato piů di chiara ftěrpe egli farŕ Ufcitostanto piů uile iftimerň iů che egli fta, non bauendofaputo feruare lofplHore% che da'maggiorifuoi egli h&urŕ riceuuto:cbe(fi come he dice Ckrifoftomo) che gěouala generatone a colui, che dijporcěn uitij č maculatolo che nuoce il uil nafci mento a quell'altro, che di gitili cofěumi č adornatoě Colui noto fi moflra di tutti i beni, che fi gloria ne* fuoi maggiori Et fentt%a di Seneca č; Che qual uuo* le di alcun'buomo far ueraflima, tfrfapere qual egli fiaydee coftderarlo ignudo, far che metta da parte il patrimonioscbelafci da catogě'henori, et le altre mi %pgnz della fortunat et cbefijpogli del proprio carpa ancora: et che quinci F animo diluě scabbia a rěguav dare quale,et quato egli fin: & s'egli čgtéde delfuoi č ddi altrui. Et ueramete la ucra nobiltŕ nell'animo dimoraci dall'animo fi dimofira.Ma(comlho detto) no intédo bora di difputare intorno a qfěa parte: che bauedogiŕ detto per adietro,cbe i macchiati di infamia poffono efjčre dalla pruoua delk armi ributtati, č stipi e da\mendere%che nobiltŕ non fia fen%a uirtŕ: & il mio ragionammo ba da effere nelfoggetto, ch'io trattohora del Duello, qualifianoigradi della nobil tŕ éelhfercětěQ delle arme,per liqualii Cauatierité T>11 T>V E IL O gatto ad efferc ň pari>ň difegualiě che effendofotto no me di Caualien coprefti Re,&gě*Impcrador'h infěe-me co* gentilhuaměni priu ati, & co'foldati > pur fra laro fi difcerne e fiere tanta difguaglian%cL >the alcuno non č,U quale non intenda, che a gčtil'oucmo no č lecito pareggiarft con un PKe>nč ajoldato con l*i mpe-radore.Et come che quejěa materia da molti diuevjn mente fia Hata trattata,noine parleremo ad un nuo-uo nativo modo particolare, acculandoci al cofiume de*gradi, & delle Signorie della prefente noflra etŕ* Diciamo adunque (per cominciar da alte) che varie fonaletuie, per le quali noi ptjjiamo le diuerjitŕ de* gradi confiderare;cbe quanto a* luoghi della dignitŕ, nel primo coftituiremo que1 Trčiipi,che ad altro "Pr& cěpe non fono fottopofěi, & qfii chiamertmonoi Prl-cipifupremi. vApprefio di quefti metteremo i He feudatarii : i quali riporremo jotto titolo di Serenijjimh 11ter^o luogo daremo aS* llhtZěrifJ. Et fotta queSli faranno in quarto luogo quelli, che llluČěrifono intitolati >& in que fio quaternaria numero comprende remo noi tutti ě gradi delle Signorie. Quefli tali aduni que doueremonoi tener per fermo, ched Canalini fr moti fona fuperiori : & fi come apriuatifonafupe inori, co fi ancora děremoyche fra loro fono difrgualii che&gli llluflnaglt Ulufěrijf. ordinariamente han ma da cedere x & gli lllitHr'i^imi a*Scnniffimi ; & quefět a%rPrencipi liberi hanno da dar luoga : ohm thč fra quelli in vn mede fimo titolo Vi puň ancora ef-fere una gran d>faguaglian%a ; conciofia, che altro č thč unoltuftr* č uno llluftre dependx da. Vrencipe li- l I S 8 0 Ili. So bero,ň da feudatario.T^č minor confideratěone fi dee hauer e alla nobiltŕ de feudi,in quanto altri fi fuole inueftire con intera podeflŕ di Trencipe , & altri non baurŕ molta piů auttoritŕ,chc fi babbia un giudi ce ordinario. Voi non in ultimo lugofi donerŕ hauer rifguardoalte altre qualitŕ, & allegrandiosedelle Signorietfi come fé haurannouaffallinobil^ň nň ; & fé bauranno Cittŕ}& copia difudditiy & ampiofta-to.sA tutte quefte cvfefi dourŕ hauer confideratione, fé faranno Trend pi liberto feudatarii Se far ano Se renifsimifi UluHrifswihň llluftri: Se hauer anno le lo ro inuejlěture da Trencip: liberi, ň da feudatarii : Se hauer anno feudi nobili, &ftgnorUi. Effe poffederan no nobile^ grande flato: &fe troueremo che in tan te diiěintioni di non molto fiano differenti, doueremo direbbe in quiftione d'arme debbiano tffere an%i «-futatipari, che l* uno poffa l'altro rifiutar e. EtpeT' cioche differenza alcuna non puň effer maggiore, che di effer libero &/oggetto, & i fu premi Trencipifoli ^ua fono ueramente liberi^ tutti gli altri in alcun modo cipe foggetti doueremo tenere, che unfupremo Trencipe Vj|ri da Signore di atto %rado non poffa efferea battaglia ricercato.l Seren'ějsimiueramente per effer un grado maggiore de gli lůulěrifsim'hnon douerannoricufar di tieni?e in pruoua d'arme con loroyquando fiano in pa* ri nobiltŕ di feudo, & mile altre qualitŕ non difegua ILEtilmedefimodtcadegli lllufěrifsm^etdegh iIIh ftri,foloihe te altreconŕuioni,ciočIqgraitdt ^a.gr la nobiltŕ degli ftaů no fiano di molta aifftt enti: che fer auň parě% ň non molto differenti, la querela potrebbe far difa+ guaghan1^: Si come fé un Trencipe, con tutto che t* imiza51"" glifoJfcfapKM0* uolefie combatter con l'imperado-unza jjex ^ ^ ^^ ^ ^ imperlo fi appartenerci he in tal cafo egli potrebbe effer legittimamente rifiutato^ VW rjmperadwe perla cMtt'wneddk qufiionů. dmtt l V.B'K' 0 Uh $i diritto giudice, & per confeguente ancora fenica ptp* ragone alcuno fuperigrcs. Delle difaguaglianzc de'nobili prillati. Cap. Vili, IGentilhuotmni, che dě nobili faměglie nafcono, ň fono ferrea alcun grido, onero hanno officio,ň dU gnitŕycome gouerni di Cittŕ, amb-ijiiarie9ňmag* gwan%e di guerra. Et di quefti, che alcuna imfrefa Ipanno da gouermre.ň l'officio č a tempo ,ňč'm vita ; Se č a tempo > occorrendo querela da diffiněr con arme ,/i puň affrettare U fine dell'officio. Se invita, effendoil grado tale, che faceta l'vno all'altro fupe- Macftrato fiore, fi puň combatter per campione. Se ver amen- v*vl*% te non č officio di tal qualitŕ, colui che di quelloha^ Ugouerno, dee veder fé con la buona gratta del Sě» gnor e puň, il luogo non perdendo, andare a foděsfhr all'honorfuo; liň non potendo confeguire, dee ogni tňfaabbandonare,& andarla, doueeglič m que-Xela di arme domandato, ň doue l'honorfuo lo fjnngc a domandare altrui ; che non hauendo l'huomo obli* gatione maggiori al mondo che aUhonore, la minor dee dar Iwgo alla mug^ůve. Hor come alcuno č voto nobile, cvfi č egli pari di ogni Caualiero , chc_s fiadicondition privata. Et ancor che altri foffcs nato di cafa illitftre ; ň di llluHriffima, non hauen-4o egligiuridittione, né appartenendofialuifuccef-fwndi Signoria, potrŕ da igni priuato Caualiero effe (e a battaglia ricercato ? Tofda ejfendo tane delia L guerra )3 d vr DTTrro guma tfercituy nobilitinointanto, cfo da (jneHa ,... ! mo/ri di uile nafcimento hanno le loro cafe vloriofěfh» Mobilitano .... .,, n ¦ . . •• .„ mamente nobihtate,& illuflrate. colui che il minierň delle arme efércita,pur chefen%a ma.cchutěŕ,fen-%a far mie efercitio lo eferŕti,fra nobili, &fra Catta Imi douerŕ ejfere annouerato. Ma. non uorrei perciň 4he altri per effere andato una uolta alla guerra, & perhauer tocca alcuna paga, & fenato due, ň tre me fi, ň Hatofě alle flange un tempo fen^a hauer mai sfodrataJpada,nč uiflo nimico, né udito fuono di tromba, fi penfajje di effere incontanente ingentilito: che queflo farebbe uno efferfi fognato in Tarnafo di diuenir poetay& la mattina ejjčrft poeta ritrouato. ,Auoler nobile di non nobile diuenire , fi conuienela. nobiltŕ con le armeacquiflare:Et č necejjario, che et uolere efferfra i Caualierirkewito, fi facciano opere degne di Caualieri. Si uuole adunque piů di una uolta; hauer fatto honorata pruoua della per fona, & effet lungamente flato in fu la guerra,& effer per faldato* & per buon faldato conofciuto;& in fu la guerra & in tempo di pace couien che honefiamenteft uiua, & in modo che fi uegga che altri inteda pur dino effere altro chefoldato,& di hauer quella per principale m tentione,& efercitio. Et fé negli (ludij delle lettere al trino ŕtquifta grado alcuno di honore,ň di nobiliare no doppo le fatiche y& le uigilie di molti anm\pefi me defimamente chi pSja co le arme di far fi nobile}di fu-dare.& di tremare di molte eftati, & di molti uerni, & di uegghiare di molte notti,& di dormirne di molte armato i fu la dura terratet difparger delfangue, & 1 l ě 2! * O & conmolti pericoli di ulta far e al mondo manifefie ěefue prodezge.Et quando egli haurŕ fatte di quelle cofe allbora potrŕ effer ficuro di effer neramente nobile (per ciocbe nobili fono quelli che per le opere lo-* ro meritano di effer conosciuti ) & eh'gli per difetto di nobiltŕ non potrŕ effer rifiutato. Hor fra foldati, wnag unfoldato potrŕ combattere con ogni conditione di foid,za l* ferfoneycomefonň capi di fquadreyfergenti, & altri da Capitaniin fuori : perc'wcbela loro autoritŕ rap~ frefentafignoria. Ben gli potranno ricbiedere, & ejji rifonder per campione trouandofiin imprefe, & con grado:ma tornati alla conditionepr'mata, non ueggo perche non debbiano rifpměder con la per fona. Et i Capitani potranno l'vn L'altro a Duello ricercare> fai uo che nonfiano in grado cofi di feguale^be l'vno all'altro commandi. €t queflo intendiamo di dire ogtň qualitŕ di faldato cofi da piedir come da calmilo, aggiungendo nondimeno, che l'buomo d'arme per effer e in honorato & perpetuo efercitio dě guerra, & per *ltatm -antico ufo da'GentilhHom'mifrequentatosuiuenrfo come ad huomo d'arme fi conuiene, & richiedendo un Capitano particolare di fantiynon douerŕ effer rifin* tato\nč egli perciň donerŕ unfoldato da piedi rifiuta* Capitani re^Et diré'iOiCbe un Capitano di fantipoteffe richiede dě fanti & re un capitano di caualli,feno che per ordinario que di "ua u fono luoghi,chefi danno a perfine llluflri^ le codut te delle genti d'arme fi danno anche alle llluftrifjimč. Et per tanto in que fi a parte fi baurŕ da cofiderare la condit'wn di qua & di lŕ, & la qualitŕ delle imprefe> '(he kdno.cbc U Capitano di fanti potrebbe haucr grň, * ¦ •"- X 3 do DEL D V t l l 0 do fi bonorcHok, ň egli ancora effer di famiglia fi ho* norata, che non vi baderebbe luogo repulja, €t que-$io, che ho detto tra Capitani di fanti, di candii, & di huom'mě d'arme, intendo ancora che fi babbi* ad intendere de'fanti tra loro, & di quelli > che fati" no il mejlieroa cauallo, ň fiano buomim d'arme, ŕ armati alla leggierat che oltra igradi delle loro mag* gwan%e di guerra , quelli della nobiltŕ de*quali habbiamo parlato trattado de' Signori (fé alcuni ne fpmeranno) vengonoin confidetatione. Et fecondo le fin 3 & meno iifaguaglian%t fiano pari, p difegua-li. LaqualregoUdamedataingenerale, da perfine di intelletto ageuolmcnte a cafi particolari potrŕ) $jjere accomtnodat*->t Con quali perfone debbia il Cavaliere entraref §c con quali non entrare in baccaglia, Cap, IX, NOi fěamo andati affai vagando per quello fpa* tiofo campo di Caualeria : ricercado quali deh biano efitt dalle battaglie ributtati, & quali pofja-no effer rifiutati : laqual materia č cofi ampia *& copiofatcbe chi minutamente> & Carinamente trae tarla voleffč, maggw vilume vi fi richiederebbe di quetloycbe in tutto il [oggetto del Duello mia mtm* itone non č dědouereferiuere, Ma a me balla ai batter qua fi col dico altrui modrata la fonte* dalia qua* le fi poffa, l'acqua attignere. Et per dire in < ňduftonc ilo ^(h'iojento in fttfla fatte dell'offi^odel Ca+ Itero l ě Č % 0 iti. %f ilafieró.*${ei principiň di quefto capitolo ho toccati dite capi frindpali, & ciň fono > di quelli, che deh» bona ejfere dalla battaglia ributtati, & dě queliti che poffono tjfer rifiutati ; che iti quefěi due fi uiene a niěrěngere quafi tutta la quěHěone delle perfine, che entrano, č non entrano in Duello ; condofta cofŕ cheěuitiofi, & gli infanti debbono tjfer da' CaucL-tieriributtati; & rifiutar fi poffbrto colora, iquali fet conditione fono difeguali.Et fé altri itolefit [ape-te perche non h abbiamo dettň, che iti quefii due e a* fifirittringatuttaymaquafi tutta quefla quiflio-tie> quegli fa ppia ciň effere fiatň detto da noi pef quello, che difopra babbiaMň trattato de'cbericig & deletteratij quali da gli (leccati Hanno lontani non come ributtati, né come rifiutati, ma come prě* iŕlegiati; & come quelli alta qualitŕ. & al pregiň* della cui coniitione non fi conuiene né dě chiamaref fi č di efěer chiamati in priioua di arme offendo il lorct fěudia, & il loro efercitěópiu intenta alla cura delle AnimeĚ& alla for^a. de gli animi,che a quelle del cor pň* Et a due capi difopra propofěě ritornandodiedi euw che il ributtare ě mancatorě't uitioft^glifcélefathč tato. di obligatione}et di debito di Catialeriatcbe il Caualie tó č tenuto a co fi douerfaré, per nei ěntrňduceré alno* bile efčrcitio delle arme perfine, che degne non pana di comparirefěa perfine hcnoreuolis tffindňfene $ la. prepria loro colpa fatteirtdegne:T<(č fi dee nella průo ua delle arme dar fede a cňlorojiquati alle cěuili ttfli tnůnian^enonfinarkeuufi t f^čnelle battaglie', che h&norift predónojxanů da entrare ftrfinč éshů* Ł i mais* - , PEL 4) V'« HO ifflatt.'Et quando alcun Caualěero pur fi conducete,, a prender querela con perfona , per mancamento fuo, non atta a Duello ,\ Signori (fi come ho ancor detto) & per diritto di Canalerěay & per nonlafciar dishonorare i campi loro, non douerebbono concedete pofla re abbattimento, il rifiutare uer amente non č di olii ut""fiu" gat'wnedi Cavolaia , ma di uolontŕ de* CaualierU, perciocbefe altri non ttuol conducerfi in ifteccato con perfona di m'mor condition dife, quello č a lui, Igeilo di fare, & legittimamente puň farlo , dando campion conueneuole per diffinithn della querela*,. Ma quando alcuno al grado non uoleffč hauer rW Spettot& conia perfona fua fi uoleffe conducereat battaglia con chi per conditione, ň per difetto dina-feimento a Imnmfojfe da agua^ěare^uefěinonfi p9, trebbe dir di far torto alla CaualeriaěanrQ di piů fotte honore^conciofia cofa che ella, non č pregio di codi* tionejna di Malore. Et nelle difputationi delle arti^ &. dellefcie%e piů honorate^no fi guarda al lignaggio di alcuno,ma a qucllosch'eglittale:i& co fi puň e fiere uŕ larofo l%uorno di humile, come di alto flato. E t l'ho+ nor de glifieccati non č tanto di hauer vanto un nato di nobile famiglia,quanto unoychefia per ualete cono, feiuto. Voi fi cornei maggiori non fiuergognanodi, chiamar fi Caualieri infieme co'minori,cofi non fi deh bono uergognare di uenire infieme a fare opere di €a*. ualeriaé Et fé altri per effer nato děgenerofa famiglia non fi guarda da fare altrui alcuna graue offefaČ non fo perche egli per cagion di c\nare\%a di fangue debbia ritrarfi da difenderla, ň da mantenerla con* w " - " • tra ' 4 tra liojfefo.& in sě fatto cafo, quando abbattimento fcguitdr nedoičejjčr il parer mio farw che ViAgiu-riante, ň l'ojfenditote, che dire lo uogliamo, doueffe con la per fona fua rifondere al minore* Si come adu* que biafimeuole co fa iflimo, che ptrfona honorata a per fona, che per li uitij fudifia abomineHoleydncot' thč ella foffe di nobile jchiatta, condefcenda a ttoler~ fi pareggiare ; enfi ancora reputo, chefěa opera Ca-ttalercfcailnon efferc intorno alle differente della conditioni molto guardiano , quando elle non frano nondimeno tanto diuerfé, ehe fi paia chela rana col bue (fecondo la fauolaj fi tenti di agguagliare. Et quefl1 altra co fa aggiungerň io > chi fi come io loderň chi non tanto haurŕ rifguardo alla etnditicne, quati' Nobili pt« to al ualore di chi ha con lui querela j cofi biuftmerd loRtuolu quell'altro, che di humile fiato effčndo, ad ogni gran-de fi uorrŕ comparare} & non uorrŕ rhonofcerfě,nč contentar fi della fua forte 4 Et ciň dico io ; nonfola^ mente di coloro, iquali d'burnii nafeimento hanno la. generazione, ma di quegli altri ancora, che nati di chiariffimofangue ,fono di conditěon prillata, $" in-quiftion di honore uogliono effer pari alle perfone il* luflriffwit;che fé effě cotanto fi filmano per effer e fin ¦ ti* & per efftre nelle famiglie loro de'grandi Signoriy hano anchor daconofeeě e, thč i Signori hanno quelle cafe nobditate,& che efjě da Signori hanno quella no> biltŕ nceuuta:& fé da Signori ticeuuta l'hanno ifch no tanto da menode'Signorii quanto č da piů coluijl quale da altrui la nobiliŕabe colw,cbe la rutue, L 4 Ł>el DEL J> V E L L Ň Del chiamare alla macchia. Cap. H^Auendo infino ad bora trattato quali ftanň quelle ptrjbne, che dal Duella debbiano tffet Cacciate ,& quali a quello pofiafio effere per difa,-gUŕglian^a rifiutate, & quali non habbiano obliga* tiorte né di domandare altrui, nčtti rifondere effen-dň domandati: in quello luogo ini par dě douer fog-giungere quella quiflěone che tra Caualieri trattar fi, fuole ife efferido alcuno chiamato alla macchia, egli toriducére uifi debbiai t>i che io dicOy che effčndo U • CaUalerěa un grado horěoratojlquale con le fue leggi; &giuftificatamerite dee ejjčre gommato, quefloat~. to di chiamare alla macchia, mi par che fia fuňr dě Ugni lčgge § &fen%ji tale Una giu/lifi catione, & per conseguente tutto lontanň da quelle maniere, lequalě da perfond di honore fi debbono tenere¦. Percioché principalmentedotieridoiCaualieri viuer ne gli occhi de gli buomini, & nella luce ,- accěoche le loro ňperatiňnifianómdnifejiei & conseguire ne pojja-tioquelChonore „ dě che tanto fono defideroft > noti debbono andare a cercare i luoghi folitarij, ^ fuggire il cofpetto de gli htlomini. Sonň i luoghi deferti luoghi da fiere, ň daaffaffinii doue uergognofd cofd č a GentilhUomo condmerft in pruoua dě Duello.-Poi čffendo il Duellň una forma dě gěudicio, con le fue leggi ha da effbr gouernato non meno , cbc_j i giudici] cimili St fene'giudicif ciudi per rionfer-Uar la forma del procedere , fi perdonň bug ě r č a 6 ut. s$ Ht'h perche dotterŕ volére aleuti Caualěčró fen%aJ forma procčdere alia diffěnitiňne delle ŕrmtf Oltre che fé attanii thč ŕ Duellň fi habhiŕ ŕ uenirč, ungi i ragione, che fi conofea lŕ natura della querela ( fé' condo che nel fecondo librň habbiamo partitamčntč dimojlrato) ejjbndň coloro a che ad abbattimento fi conducono, parti contrarie > alcun di loro non puň giudicare intorno a quédubij, thčiti quella, querela poffónň occorrere : che fi uedč dŕpňi che lofi flraboc-tbčuolniente ferrea altra gmfiěficaiione delle arme corrono, che hiuria cofd con ragione fi ha da goucr-ttŕrč, rna il tutto con furore fi ha da méttere iti ifeo-pigliň : €t coftfenzjŕ alcun giUdkěo j & fen%a aU tcun' ordine quel Duellň fi haučrŕ ad éfequire. *Ag* giůnga fi ŕ queHč cefe, che la querčla, potrebbeeffet tale i che uenutd ad orecchie di perfoneintčndenti, ŕgeuňlinenie fi potrebbe acquetare confňdiifaitioné delle parti fen^a métter nědnňŕjpŕdŕ > & in quella, giiifd fi letia ogni Occafiorě di quiete; Et che dirň io, thč douedo čffer la puma intention del CdUaliérň nň fnUóuerfi ad operaiionč alcuna, né di ritirar fi fé noti quanto lagiiiftitialň chiama & lo richědmŕě& l'ho-fiore lo Sfinge & nel ritiene Mandando apprejjň queftč ttaiicič di uoler rifpoderé ad Ogni Uňcč di chi lo sfidi a. jpidŕ, č cŕppdffi lafcia trajportar dallo appčtitojéri %a fdpér mólte Uoltei, perche egli meitd la una t arbi trio di fortuna. Ma pare ad alcuno gloriofd cofd il iěů ntoftrdrfi curante di duella :né č marauiglia [e ci fonň ¦ ¦.. j- ¦-, )• / ^ I r ir J'I Officio ai qitegli,cbe poco predano le cofe,chefonodi poco si ftéyoiEt lŕ doue qnefěe condite ufanfefono fiate in $0 DI l D V E l l 0 maggiore vfo, veduti [e ne fono di memorabili efem$*k. N^Sfi di pij) Che molte volte andando i Cavalieri alla ^uffa * ' accompagnati ciafcuno da vn compagno ,condntů nel luogo deferto, non bafiaua che gli sfidati venijfe-ro alle mani, ma i compagni diceuanotEt noi chef ti" remo t ci Zěaren forfč con le mani alla. cmtura?& ti" rate fuori le. Jpade fen%a alcuna nimistŕ hauere battuta fra loro, & fen^ahauer cagione alcuna di riffa ,adoffofi correvano, &infieme fi vccideuano, Coftume veramente barbaro & fiero , & non fofe hi altra nattone di alcuno piů biafimeuole memoria veruna fé ne poffa hauere. L'buomo animai di ra." gione^fenxa ragione t& fenica cagione difporfi ad •veciien l'buomo ; & fetida riceuere oltraggio, feti-%a parola d'ingiuria, ň di carico, &fen%afapere # fórche, metterji alla morte ; & effer quello Stimato Valoie. yaiore > Ma fé va lore č quello, che č da ragione & da juiore. c-onfěglio accompagnato douerem noiděre, che le coft. fatte opere fiano di ualore,ň di furore? bemhe né con nome di furorea me fembra che fi poffx coueneuolmc te efpnmere vno sě sfrenato impeto,che le beflie , cui freme il furore,& cui porta l'impetot<& cui trafyor -le beflie %a la rabhia,te beflie dico di vna medefima jpetie\i d& tu Shuomi ti Mie unghie contra la lorofpetie non riuolgono fé» nifi gotici %a. alcuna cagione.Hor acciochei Caualierijqudi ňda altrui domandati,uanno a'luoghi dejerti, uo~ gl'io che lappiamo que(ěocoHume non hauere hauutfr in Italia introduttipne alcuna dAlegge,nč dajěil&tň. x ;. Caualfc' ČIE JHfr fi Ł ' 8# tauaHeri}ma da regole di ruffianili quali uenuti incZ iefa in cofi fatti luoghi trabeua.no di accorda a far fc-u^aně hr brighe ; <& da toro parimente hanno battuto wi-ě tegole di gme molte altre coft,che fuori d'ogni ragione ntDUel Jj li dal uulgofňno fiate ricevute ;fi tome č, die per le mentite ficombatta fen%a mirare, ch'elle date fia- ě{ c no fopra cofa alla quale abbattimento fi contenga; ter & thč ilcombatterefen%a arme da difefa fia co fa J*™c d a dt bonoreuole : & che il umto poffa combattere hatten- il dar donelicenza dal uincitore ,* eŁr altrefiměli fconuene- *[[ ac ftotez&e.Et dkeuano quei maefěn di tiuotta difciplt ter nad'armesebetofiricbkdfuailTtmtiglěo delcom- lc] pagnone.Et per battere T^apoli quel ricetto di cofi sn fittta feccia di huomini, olirŕglěaltrě luoghi d'VtaM famofiflimo, qmuibebberoimtio quefět nuoueleg-g; che in ufando tra quelle perfone infami degen-, tilhuomini ; & alcuni quei loro coflnmi notando, & apprendendo, &in opera, cominciando a mettergli, fian piano, come una pefěe appiglundofi, & alle Corti trapaflandorfifiusdutaméte fono flati in mod$ ricettati, che poi opere da Caualieri fono fiati reputa-ěhEt quindi č>che infino a'nofěrigiorni in quei Regno fra Caualieri č (lato itfxto,che cofi firaboccheuolmS^ te alle macchie fi correuat et fetida, alcu rifgtiardo,sé •j^a alcuna cagione, pur ch'altri domŕdatigli hauejjč jen%a domadareil perche-,lŕ s'inuiamno^t il fanone sp doneranno e ůatuiěo fapeucbe in quiHion di arme, che loro occorra di hauer con perfone quantunque primate, faranno debitori di dar campione ,'tlquale per diritta legge efftndo arrenduto, č di/detto, ň in al' tro modo vinto, i'arrenduto, il dijdetto, & il vinto douerŕ ejjer quel Signore, il quale quel campione ha aera dato. €t qui ho da dire io , che fenten%a de* Dottori č > che in cafi di battaglia da douerft fare per campione, quelli che i campioni appreftntano, debbono ejji parimente apprefentar fé flefji, efe%& della taglia conueniente.Le le^gi dei dare i campioni fono quefie. Cbefědouerŕno dar perfone nň maculate dimfamiat et paria coloro, contra i qualihaueranno da combat tere;& quado l'pna parte iničde di dar campione> ai taltra č medefimammte leuto di darlo. Vero č, che quale vorrŕ (truarfi tal ragione, douerŕ nello fcriuer tener tal maweratcb'egli no perda poi efila preroga-tm^giuridutione^he din la vcgliumotchefe altri femendo dh effe, che difenderŕ la querela con la ffo nafua,et poi voleffedarianipiotHyla cetraria parte bbe di razione rifiutailQ»*4ppreJfo č dafapere$ che r?> p J. t t> V Ł 1 l 0 thčlcampioni cofidell' una,cerne deWakraparte debbono giurale, che credono di combattere per gin ¦fla querela : & che far anno co fi il douer fora , come " féloro proprio f offe lo imereffe della quiflione. M x' qual campione ftudiofamente fi lafeia macere, gii deeefftretagliataunamanoě né perciň l'auerfario ha uinto', ma l'abbattimento fi puň rinouart. EH campioni ancora hanno da fare ě giuramenti de gii incanti, fecondo che giŕ nei fecondo libro ptr un par ttkolarecapitvlohabbiamodichiarato. Et come il campione una uolta č flato ůnto , cefi egli piů non puň combattere per altrui, ma fi per fé. Et qm non voglio paffar con ftlentio, che auegna che la nobiltŕ priuilegifi maggiori a dar campioni, peffono nondi-*nenaauenire de'čafi, cěk non che un piů con un men QttMeie dltjobile, ma Signori con fevuidori, & Trencipe con fggetto č tenuto a cob attere con la per fona : che effen do la fede un legame,per lo quale il Trecipe č di egi*a i-- le obligationelegato infierite col foggetto>nč maggior, *" né minore oblěgaiione ha quefti uerfo colui, che quegli uerfo cofěm.Et ogni uolta che l'uno all'altro, a l'altro all'uno apporrŕ titolo di mancamento di fede, non ni baurŕ luogo il Campione,ma la per fona dell'accufato signori hJ con quella dello accufatore douerano la querela diffidi combat tiirCxA quale hora duque il Signore accuferŕ U fuddi dUi" fud~*o,ň U feruidore,di qual condizione ch'egli fi fu ,di fede uiolata>ň per ma di donnajt di tradimento di fla to,con la perfňna propria gliele fjauerŕ a prouare:& il medefimofarŕ ancora quando il fuddito,ň ilferuida , re aQcujt.nUjuQ S%nore^ofnka.nq molti fignori^t ^ 0 jri.- 88 wnbannoconfiderationea quel gěuraméto,& a quel la oblipation di fede, che hanno uerfo i loro jo??etti. signori tra Et ferina battere alcun nfguardo alla fede loro, tutto tiaau dě fanno di moni mancamenti fen%a ritener fi da dě-itenir traditori, che non meno traditori fono afiai Si-gnori molte uohe contrai loro foggetti , chefěfiano. alcuni [oggetti alcuna uolta i ontra loro. Ma a loro perauentura pare che la grandezza loro debbia i lo~ ro mancamenti coprěre:& non intendono, che quanto ejjěfopra gli altri huominifono inalbati, tanto py-no i loro mancamenti maggiori ; che douendo efsi <& Tiranni. conl'efempio, & con le kgqi dare altrui la diritta, ifěětutěone della ulta, esft alle leggi contraponendofi, danno altrui efempij di catůua mta.Tiranno, & non legittimo Signore č colui, ilquale entra in alcuna Signoria fenica dare, & torre con. pari conuentione la fede dal popolo.Etfe altri come Tiranno entra inifla to,non ha il popolo obligatione diferuar quella fede, che egli tir annefc amente č flato corretto di dare. Se neramente co'legittimigiwamenti dati,&tol0dal~ ^g1'!** l'una & dall'altra parte, altri di alcuno Trencipa* gnori c< to diuěen pojfeditore ; egli con la offeruaůon della fé- lo85ettl de ha da tener fi ifoggetti obligati afemargli la fede. Et come egli la fede fua uiene a maculare^cofi incoii' tanente č libero il popolo dalla obligatione della fé* deltd:che colui di Signor erettegli erascol uiolar la fede č diuenuto Tiranoy& ha effo traditi i fuoi fogget~ ti. Et fi come conunfologiuramUoil Signore a tutto Giurarne» il popolo di fčde fi uiene ad obligare, coft mancando a l?3 signo lunaue s'č l'imo del popolo, manca al giuramenti [ico S°S9 t> e i pvni io fuo, & a quello mancando egli, il popolo dal giurai mento fuo, & dalla promeffa fede rimane ajjolutc. Ter che debbono ben mirare i Signori in quale Rata effi putto dě per yn loro appetito mettano i loro siati; & debbono fludiare. di effer amanti, & feruenti de* loro fagr amenti, & delle loro fede, fé vogliono che loro fia attenuta la promejfa fede. Et per non mi fiendere piů in quefto /oggetto, dico, cb'effendo il fnancamento della fede mancamento coft grande ne* Signori, ragionevole co fa č , che privilegio nen habbiamo in querela di fede, Et fé a*Signori conceder non fi dee, molto meno č da conferirlo a per fotte di altra qualitŕ, ň conditione, Et paffando piů alianti m questa materia, č da fi pere, che oltra\ la difaguaglian%a della nobiltŕ, vi fono et'undio delle maniere décafi, che per ricetto delle perfone č lecito dar campione ; come fé alcuno non fard ancora in etŕ di děcěotto anni : Se farŕ decrepito.' Se infera mo,ň in tal modo della per fona impedito, che nonfta gtto a battagliale feruo dirŕ di effer libero, & ror-? tŕ co le arme prouarlo (di che habbiamo fatto menr tione mlfecodo hb.) il sěg.fuogli darŕ capirne. Ma intorno a quello capo a me occorre di direbbe queflo fu ordine della legge Longobarda-^ per la quale fi com batteua ( come sé detto) co ifcudis& co i baftoni^ da qualunque maniera di perfone: & bora chegU ah battimenti fono opere di honore,& di Caualena, nen fo come aferuifi yorrano aprire gli Oěeccati.La onde a'Signori fi coucrrŕ di batter coftderatione alla quali lŕ di coft fatte perfone, incora fé ynjeruo accufatn cjfmdQ l 1 B ^ 0 111. $9 tjjendo di ladroneccio^Signorfuo lo negaffe, a lui fi apparterrebbe di combattere. Et fé « donne accade rŕ batter querela, & effe per campione potranno far battaglia. Et nenfolamente in quefii cafi, iquali hab biamo ejpreffi ,fipoffono dar campioni da quelle per fone ,acui diciamo ciň e fiere dalia ragione concedk- ¦ i • i - \ i in QuereleS» to: ma altri ancora per altrui puň prendere delle que f e pex ai-refe ,• come per amici, per uafJalli,perfamigHarit & Utti • per perfine di [angue congiunte.Ver che il marito per la moglie, il fratello per lo fratello & per la fonila > &il figliuolo per lo padre potranno, & doneranno prender la difefa, quando quelli non ftano atti all'e-fercitio delle arme, ň fěa ciň per la etŕ, ň per indifyo-fitěoney ň per effere efji dallo jlud'w dell'armeggiar lon tatů. Et prenderanno le querele non tanto come cam pieni, quanto come -principali ; che le ingiurie fatte .. . agli vm, a gli altri ancora fono communi reputate, dc'padri of &maffimamente quelle, che fono fatte a padri: che Jjjjjjjjj? * fei figliuoli dell'bonore, & della infamia de3padri loro rimangonoberedi, &fmcefforiěconftguente č ari' torŕ, eh' effi a ributtar le loro ingiurie come ingiurie proprie fiano etiando obliga ti. Et come che alle per* fone congiunte dě muouerft alla difefa de'loro congiu» ti fi appartenga, non č perciň che a colui, la cui per fon a č ojfefa, non ne rimanga libera la elettio-ne di cui piů piacerŕ a lui di mettere in iHeccato, č dac e congiunto , ň Bramerň, che eglifta, pur ch'egli hab te a biaěe conditěoni, le quali da noi fono fiate difopra di nc* chiarate. Et queHo č da aggiungere aticor per pia tbiarctfa di quefto articolo ,che coloro, i quali per D E L 2) V E L L O i[ual fi uoglia cagione ricercati a battaglia dar campioneypoffono ntedefimamente per campione ricercare colui. Se fra due Re fi debbia uenire a battaglia per t querela di flati. Cap. XJI. IO non uoglio lafciar di parlare di una quěfiione, che da glifcrittori dei Duello uien propesa. Se n&~ feendo querela fra due B^e per cagione di alcun l{e-gno, farŕ lecito che per quella fra loro fi uenga ad abbattimento con le loro perfone.Et [opra quefěa fi fa una, tal rifolutione » ck'ejji a tal determěnatione re nir non debbono per via di arme, fé non con gli efer-c'itě ; che cofift potrŕ dire che il uincitore per ragion di arme, per diurna prouideni^a)& pergiuflitia hab loia dě quel Regno fatto acqui(ěo:& che conquěflando-lo per Duello come Tiranno il poffederebbe, & che bauendo que Re figliuoli etiandio in Duello a quelli uerrebbono a pregiudicare ; olirŕ chefen\a, la volon tŕde'uaffallinondouerebbonometterfta tali prua-ue.tAllaquale rifolutione, & alle quali ragioni ri-i Re debbo fondendo, & dalle ultime alle prime ritornando, no^combat ŁlC0 f cfafe j j^e nz'gouerni de'Regni loro, nell'impor P? ' loro le graue^e ,nel trattar le cofe dello interejfe de'fudditi)& nel far delle guerre non fen%a grande Bratio di quelli, non fanno cLeliberationefen%a la uo-luta de'loro uaffallijragloneuol cofa č ancora ebefen* %a il cofentimentQ difmli no defóiamo mettere a pe "............ ricg/o LIBRO II L! pň ricolo le proprie loro perfine : ma fé nelle cofe, che fono altrui di pefo, & di afflittione'fen%a l'altrui parere fi rifoluono t&coft facendo non fi poffňno chiamare Tiranni,non ueggo perche fen^a biafimo di Tirannia non debbiano anche fen%a l'altrui coniglio pň ter determinare di quelle, che fi fanno per afteggia-mento>& per beneficio altrui.Toi non migliore argomento mifembra che fěa quello, dout allegano il prc-giudicio de'figliuoli ; an'fié quefia una regione (per mio parer e)molto volgare, quafě come fi uoglh ar-gumentare, che glihuomini a quali i Re fopraftanno, fiano cofi nelle facoltŕ de'Trencipi, come fono gli armenti , & legreggie de'buoi, degli a fini, delle pecore , & delle capre in podeflŕ di coloro, che comperate le hanno a danari contanti ; la onde allo interejje de'fucceffori del Re,& non a quello de'popoli fi deb- 4 he hauer confěderatione. ?r meno in una, che in moltefpadefiha da affettare U diuinagiuttitia. 7^č men potente č la fortuna nelle battaglie de gli eferciti (fé pur alla fortuna alcuna autoritŕ uogůamo attribuire ) che nelle particolari!, Et fé Dio č il Signor de gli efercitijglijha anche il gommo de'Trendpi : & il loro deflino, & i loro cuori fono nelle fue mani: & č colui (come dice il Trofeta) ,, Cb'ai^edonafalute,&che'lfuoferuo ,, Dauid ricoura dal nocente ferro. €tper maggior confermatone di quefia mia fenten* %a ho ancor da dire, che gli inuefěigatori de'diurni fe« cretidicono,chetoflo chele anime noflre inqueHi noHri corpi terreni fono entrate, coftincontanente a ciafcuno di noi č dato un* ^Angiolo, ilquale ci habbia da reggere > & dagouernare» llche ha egli da far con tanta cura, & con tanta diligenza, che di quello officio ne ha da render ragione nel gmdicio vriwerfa-le : perche uogliono, che di quei tali ŕngioli fi hab-bia da intendere che parli Paolo, quando dice; T^on fapete uoi, che anche gli ŕngioli haurete a giudicare Ł* Hot di conditione alcuna di perfona humana non č, che non habbia uno di quei guardiani $ ma (fecondo che dicono quei facri Theologanti ) come altri entra alla poffeffione di alcun Trencipato, cofi fu-bit amente Domenediogli manda un'altro ^Angiolo di quella Hierarchia ,laquale a'Trencipi č preposta: aedoche quelli a lui tenga compagnia, & ne prenda il peftero.Et cofi l'uno ha diluě cura, come di huomo, Cěr l'altro come di "Precipe.La onde uoglio dire io, che quei diurni gommatori, iquali in Dio veggono la nera - ¦ ' M 3 riufli- DEL & V t L t 0 gmflitió s &il vero gmdicio, ogni -voltackeěTretl* ŕpi a loro raccommandati ad abbattimento veněffč-ro,non č da credere; fé non che al diritto, & algiuflo h atte fiero ad accofentire.Et che quegfadaUa cui par-tefoffe la ragione,inanimafjč ilfuo Caualiero alla pti gna, & valorgliaccrefceffe, & gli faceffe vittoria conseguire. Et che quell'altro, ilquale dal canto fuo fentijfe effere il torto, fa e effe meno ardito il cuore, & men patente le mani del fuo contra il gin fio voler di* tůmidi che altro che verogiudicio no fé ne haurebbe da affettare. EH credo io,che i Vrencipi coftfacendof farebbono opera a Diogratiffěma, foto che per %elo digěufěitia, & per ifchifar il tanto fpargěmento de fangue humano a farlo fi conducefiereliche no dire io cofi ficuramente, fé altra volta fatto nen fi foffe : ma fé noi fappianto, che Dauidgiŕ eletto \da Dio al Regno, & vnto, & pieno dello fpirite di Děo prefe le arme per l'honore, & per la falute del popol di Dio contra l'indi concifo ThUi/ěeoipercbe vorremo noi di re, che piufia coueneuoledir acorre i popoli di amen due le partě alla battagliai che děffinirta con perico* Cotma- lo di vno, ň di fine foli ? Et che dirň che i mede fimi % ori1/1 quali děfputano,chei Re non debbono venire a batta glia, allegano,ma come Ke.Hor come qttefěo pojja eficrejbe qui nonftpoffa rifiutar la battaglia, & che quitti no fi debbia pigliarejo nonio intendo. Btn'intendoy che queHe fono opinioni di per fotte che piů giudicano $ afettione, che per ragěone:dapoi che no volendo che i I{e combattano,per far gli pari alVlmperadoreg gli vogliono far combattere:11 parer mio čsche teni doftjhe fra due I{e per vn Kegno non fi debbia com~ battere, e fia fouerchio il dijj>utare fé fra l'Imperado re,et yn Re per tale occafwne pojjafeguir Duello.Et fé in queflo cafo ft cmcede, che fi habbia a fare, non fo come nell'altro fi poffa denegare, lo.fi come nelle quijěiom che propongono dy lmperadore, &di l{e ageudmente concorro, con le conditimi nondimeno che nel capitolo, doue della nobiltŕ de* Signori ft tratta, habbiamo dimostro; cofi in quella^doue parlano di due I{e, fono di parere in tutto děuerfo ; Et tengo, che le quiftioni de' Trentipi fra Trencipifi debbono, pi» tojto con le lor per fine dffiiire, che fon k disfamane de* fofoli, H 4 nata. D E L D P E L L Q Pelle fodisfaccioni, che fra Caualieri dar fi debbono* Cap. XIII. D*Apoi ch'io ho della materia del Duello detto quanto a me č partito chefta neceffario d'in* tendere a Caualieri, mi pare chefia anche molto con ueneuole , ch'io habbia a dire alcuna cofa di quelle « . . fodisfattiotů, che debbia dar l'uno all'altro, quando • i fifenta di hauerloa torto ingiuriato,omcancato.Et auaniě che a dirne altro mi conduca, non poffňfar, ch'io fommamente non danni una uolgare, & gii invecchiata opinione ,laquale č, che come altri ha fatta > ň detta cofa chefia, ň buona, ň rea eh'ella fi fia, egli per buona la dee difendere, & mantenere< Jlche quanto fia da approuare, a me da il cuore dě dmerloinnon molte parole ad ogni fatto intelletto momĚR. poter far manifefto.St dico, ch'ejfendo l'huomodd in bruti animali dijlinto principalmente per la ragionet ogni uolta ch'egli fuor di ragione, & con impeto aU cuna cofa adopera ,uiene ad operare atto di be§Hat &inbeflěa fi mene a trasfigurare, llche ěntefero gli antichi Theologi, ň Toeti, che dir gli uogliamo ( che "Poetifuronoiprimi Theologi, & Theologi i primi Toeti) iqualidefcriuendogUhuom'miin SeSlie tra» mutati > altro non uolferoftgněficare ,fe non quei tali - bauereadoperate cofé proprie di quelle bettie, delle quali diceuano ch'ejfi haueuano la forma appre* fa. etŕ queHo s'accorda foferittor dello Spirita {amo t dicendo; "' " Vhwm LIBRO UT. pj i> Vbuom in bonore ejjčndo,non Pha ěntefo ě ,, S'č comparato a gli ammali bruti; ,, Et a quegli s%č fatto fimigliante. Uor fé per operar da beHie, gli ěmomhů in heflěe fi conuertono, tanto babbiamo noi a dire ancora, ch*esfi in quella forma rimangono, quanto dimorano in quel la loro operatone, ň opinione, cheto ftare in quella benefia. 7>(č altro me%$ debbiarti dire, cbe trouar fi pojfa ( dirň coft) da disbefliarfi, cbericonofcerl'er rore > pentirfene, & farne l'ammenda . Et fermamente dee l'buomo per principal guida & w^ della tata fuafeguitar la ragione. Et fé egli alcuna io e««ic" uolta pure incappa in qualche errore > poi che il peccare č cofahumana, fé ne dee egli quanto piů tofěo puň ritirare, effendo cofa angelica l'ammenda*ft.Et per parlare nel particolare delle cofe di Cauderk, *Noipur fapptamo l'officio di qucfěo grado ejfere i foUeuargli oppresft, il difender la giujěitia, & l'abbattere gli orgogliofi:& altri il tutto in contrario r'wolgendo, adopera la fluida, infogna, & arme dě giuflitia, ad opprimer la ragione, ad operar le ingiů-/foie, & a confonderla ueritL Et č nfcita qitcfla mal a opiriioney& queHo peruerfo co^ěume3 di cbe io fanello nel uolgo in maniera, cbe dal uolgo č reputata opera uiletche altri proceda con ragione, & confenta al douere,& alla equitŕ.Ma co tutto che molti ftano quelli jquali queila corrotta ufan%a uano fegidtado, nondimeno da piů genero fi (piriti č approuata quella „ „ fenten%a,laquale č da noi predicata.Et mi ricorda ha xaUgS °* mr gii a<&o il Signor Lui$ Ganzjtga, quello dico, il quali DEL D f E L L 0 qttallmorě Capitano di [anta Chiefa, & il cui val<Ł re č fiato tanto conosciuto, che in mente di alcuno non dee cadere, ch'egli per ribadě cuore da alcuna honoreuole imprefa fi fojěe rimofěo : a lui dico •pdě giŕ io dire, che quando egli fi foffe fentito batter detto, ň fatto cofa men che buona, per laqua-le gli foffe fiata propofla pruoua di arme, prima che metter fi a combattere per la iniquitŕ contra il diritto ,& perla falfětŕ contra il vero, egli fi farebbe liberamente difdetto. €t quella dee veramente effere filmata opera di huomo, di Caualiero, & di Chrifěiano,che la ragione a coft douer fare ci induce; tir la legge,et il debito dči grado della Caualeria cofi richiede;^ tutte le dottrine jionfolamentc de' Chri-fliani.ma quelle ancora de gli antichi Thilofofanti, queflo ci mfegnario.Et io non mi Renderň in Allegarne molte autoritŕ;ma farň cotento del tefěěmonio di TU tonejlquale a Dionifto B^e di Sicilia fcriuendo, lo am monifceyche debbia difděrft di quello, ch'egli haueua falfammte detto. Et con la fenten%a d'vn Caualie-re coft valorofoi& d'vn filofofo co fi famofo mi con» tenterň di hauer concbiufa la mia opinione. Che non (ě dee andare appreflo alle opinioni cieluolgo. Gip. XIIII. Oz reggiamo la terra naturalmente producer delle ioft v?knofe,& delle fjŕne, &• delle her« he>et delle piate ň no vtilij) nociue; & qlle, come ma étre,nudrirefen^a alcun'aiuto di artificio bumano;et / ZI Č H Ň tt té Ł» tthttOtěe, & vtili, & gxoueuoli ejfer da quella; da matrigna, con fatica ricčume^ & batter di continua cultura bifogno, & di effer rinouate dě anno in ' unno. Et queUotche nella terra ueggiamo delle femen %e delle coft :fi fente negli huomině delle buone, & Malitia h* delle cattine opinioni:Che queHe per la naturai ma-lina noHra da noi fono concepute, riceuute, $* con yniutrfat confenůmento abbracciate : dotte a quelle altre & ě cuori nofiri ftanno ofibiati ŕ volerle rateo» gliere, & le orecchie fiatino ferrate per non le vdire. Et molio jěudio vě vuole ad intender la veritŕ,& mol ta fatica a fare, che ella cŕp pianelle menti altrui, Euědenti$motefěimQnio della grafferŕ di quelli nň Bri corpi terreni, dapoi che tatiitne no(ěre per loro na tuta atte a fcorgere le cofe nelle loro proprie forme, hanno da penar tanto prima che c$ U loro actěte^a ({Utili pň fi ano trap affare. Et qibantň la fatica č mag-giore, tanto č ancot da dire, che men molti fiamo co* loro, iqualidel vero habbiano véra cónofien^a: per* che fé le vulvari opinioni fono tanto dalla -veritŕ lottatane , non č che alcuno fé ne babbia a tnaramicarti :. tJHa perdoche da huomini dotiiffimi le condttioni t de mortali in tre maniere fono Hate dipinte da colo-tocche da [č fono atti alla inuefligatione della veritŕ, ěcjuali ottimi fono appellati ,ň & di quegli altri, che a coft bella imprefa atti non conofeendofi, obedifeono ŕ coloro, che dirittamente gli ammonifcotio, & quc~ #i buoni fono nominati ; & vltěmaniente di Có~ lóro , che né effi fanno, né vogliono altri porgere orecchie, ŕ quali di cattila connenenolmente č datoli T>tLT>VELLO I cognome ; poi che ad ogněuno non č conceduto dě pň* tereeffer ne primi annouerato , debbiamo almeno credendo a gli buominiy la cui Autoritŕ , & la cui dottrina reggiamo effere approdata, le lor fenten%e feguitare ; & guardanidi non voler per la nofěra ottinatione traboccar nel grado ultimo ; ilquale č de' cattiui. llcheft come in tutte le maniere del uiuer no Sěro y da noi fi douerŕ mettere in opera, coft ancora itegli ordini delle cofe di Caualeria fard conueniente che fi habbia a fare, dalle uolgari opinioni allontanandoci , & andando appreffo le pedate di coloro, iquali per udore, & perifcien\ctfamoft, fa diritta yiacibannoinalcunmododimojlrata, regolandoci] con la legge della ragione, & non fecondo la vanitŕ di coloro > iquali piů a cafo, ň con ěmpeto , che con ragioneuoledifcorfoyňcongiudiciodifano intelletto regolano le loro operationi. Et dapoi che quefto camino in tutti queěli noflri libri ki ftamo affaticati di tenere,ne lapropofěa materia continuando per lo medefěmo camineremo in trattar delle paci, & delle fodisfattioni. Delle fodisfattioni in generale. Gip. XV. I ^trattando la materia delle pad, debbono prh ^-u u.« a mieramete pŁfar i Caualieriyche quelle paci fi deh 4ume. bonofyerare, che habbiano a conferuarft ; le quali fi fanno con quella minorgraueiga delle parti, chcJ fia pofjibile. Et non dee alcuno uoler aggrauar /'«ni, per l 1 B 2* 0 Uh p$ per appetito dell'altro. Che molte uoltefi richieggo^ no cofe tali, che fono piů di aggrauamento dell'offen-ditore, che di rěleuamento dell'officio. Et quello non č NelIe W fegno di uoler far pace, ma uendetta. Ben č nero, da patii d?e quando Cuna delle parti debbia rimanere in alcu- S" •"«* • «4 cofa aggrauata, hontfla cofa č che fia aggrauato colui jchejě troua hauere a torto fatta la offe fa. Ter cěocbe fé turni togli del mio, ogni ragioneuuole che tu di quello interamente mi rifiorě, ancor che tu vi habbia in tal riftoro a metter del tuo. Hor nelle offe- tione dcUe fé, che altri fa ad altrui, due cofe ordinariamente fi offclc • fogliano considerare ; il fatto, del quale altri č offefo; & il modo, col quale č fatta la offefa. Che dalfaU to ne uienelaingiuriay& dal modo ne uiene il carico, . . Efempio cifia; Lionardo da una baronata ad Oliuie ngiU"** ro y non hauendo Oliuiero cagione diguardarfi da luti & quella data, fi da a fuggire. In quefto atto la per coffa č la inginria. il earěcoveramente č, che ad Oli uiero tocca a prouare che colui con trifto atto lo ha of fefo . Douendofi adunque -venire alla pace ; Lionar* car? o fot do dira che non fi guardando da lui Oliuiero » né ha- mA 4Ě**" uendo cagione diguardarjene, egli gli fece la tale ingiuria : & che darŕ la per coffa ,fe ne fuggě, in modo che colui non potč fare il debito rifentimento : & che eglinonč buomo ad eguai partito da fargli carico, né offefa piů che colui fia per fare a lui. Et con quefie parole venendo egli a far chiaro U modo , col quale ha offefo Oliuiero, uiene a liberarlo dalla obligatione del prouare l'atto effere flato trisěo ; che ptouar non bifogriA quello che č giŕ fatto chiaro* Si che la fola'm i D E L D V E l L 0 giurěa gli viene a rimanere : per laquale ň fta ella gra de, ň piceda, č cofa ordinaria il domandare perdo-no. 'Poi ancora le parole fecondo le conditioni, la etŕ,\ C*r le profeffioni delle per forte fi poffono alterare, & riformare ; e he queflo al giuécio de'me^anifi rimet-^iftf che mi vien da aU^ trui* LIBRO III. 96 ttui. Cbequal reputarono noi che piů bonorato, ň piů fuergognato debbia rimanere, ň quel Caualiero ilquale a tradimento farŕ fiato offefo ; ň quell'altro, il quale batterŕ Umancamento commefjo t Et queUo, che detto ho del tradimento* dico ancora della, foper» chiaria del ferire altrui di dietro, <& degli altri tritěi Ihodi da oltraggiare altrui. Qrě non fembra ame9 che cipojfa ejftre dubitatone alcuna, che maggiore non debbia effere la uergogna, di colui, che ha fatta, che di colui, che hariceuuta l'ingiuria (fecondo che ancora nel fecondo libro habbiamoragionato) Che fé io confeffo di hauer il mancamento commeffo ; & fé tu per la mia coufeffione vieni adejjčr gmUvfěcato di non hauer fatto alcun fallo, perche non ne dei rima* ner fodisfatto, domandandotene io perdono ? Veramente io non fo alcuna cofi atroce inginria magma-re , alla quale non mi paia che vnafi fatta fodisfat- Jj a tionedebbiaeffer*affai, e/fčndomaffimamente fem- generofo. fte fiato co fiumede''piů generoft animi il perdonar volentieri. Ma perciocbe non mancano di quelli, che in cafo di grane ingiuriai vogliono che altri liberamen te fi rimetta nelle loro mani, & nella loro difcrettio-ne ; io non fo quanto quefta fta deftra, né b onorata, via da venire a pace; che felyoffefo con le mani fuefi prende alcuna fodisfanione, pare che faccia, poco cortefemente.& da tali modi dě procedere babbiame yiflononfiněrfi, ma raddoppiar fi lenimicitie &le querele. Et fé fen^a fare altra dimoHratione , fi figlia quella remijjěone per fodisfanione , la cofk non manca dě foretto > che cofi fra lorojěa flato cori' UtnuU dei jprsiio venuto; ělcbečin pregiudicio dell'bonore'deiroffe* fo.Veroč, che fé altri difauedutamente, oftrabboc-cbeuolmente altrui offendeffe, &fubitodelfuo errore aueduto > glifěgěttaffe a piedi ,gli porgeffe lajpa-da ;& nelle mani fue fi rimettere ; &ufaffe ogni anodi humiltŕ & di pentimento ,* & che l'offefo fenzŁaltrolo abbracciale, & lo rileuajfe ; & l'uno &l*altro baurei io per atto di honorathfimo Caua-ěieroMa come la co fa č raffreddata, & che ella per metani fi comincia a trattare, mal pare a me che fi fojfii parlar di concordia per uia dě remiffione.Et per tornare a confermar qwllOycbc detto hoje parole pň ter'ejfer bafiate fodisfattione alle ingiurie defattitDi co che attenendo, che altri da altrui foffegrauementt oltraggiato, <&glifcrěueffe che intende dě prouargli, ch'egli ba fatto atto da yile, & da reo huomo, & da mal Caualiero ; & che colui rifondendo gli dkeffe, wh'eglě confeffa di hauer vilmente operato , &da reo huomo, & da mal Caualiero ; certa cofa čches fra loro non ut rimarrebbe querela, né obligatione di bonoteXtfe ancora codoni allo fieccatonel formaifi i capitoli fra i Tadrini, ilTadrino del reo alla forma della querela confentifie , & confermale effer vero quello, che per tauerfarěofi dicejje, & la querela et deffe; l'abbattimento uerrebbe medefimameie a cef' fare, llchefe co fi č,come uer amente č, non ueggo ptt che quelle medtftme parole, le quali & tic cartellici al campo mi poffonofodisfare3nň debbiano ejjčrmi é fkniffima fodisfattione,quado prefente perfone di ho mre mi fumo dette dalla bocca dello ijiejfo mio auet* farĚQ!& chetali ancora pstdmfln^a midomncft, Łf con quefle ragioni fermamente fi conchwde, alkin.r giurie de fu tti poter fi dě par olefodisfi. Pclla contradittione di .alcune volgari pi in materia di fbcěisfattioiie-' « Gap. XVII. ~^ H ^Abbiamo aděetro moftrato quanto fi ingannino coloro, i quali tengono, che come alcuno, ha fatta, ň detta co fa alcuna, ň buona ŕrea ch'eli a fi fia, per buona la dee difendere, & mantenere. Ł$ «e/ precedente capětolo paěUtohahbxamo della fai? fifa di quell'altra opinione, che con parole alte mgůfc-rie de'fatti non fi poffafodhfure. Tifila quale fen-tenxa coloro, che fi trottano, fogliow diesare auto* ma di Capitani generali, che dir joleuano > Olě ha} dato ? Di ciň che vuole... liqttaěe detto quanto merifjt diejjer approvato, per quello che giŕ detto s'čdf noi, fi puň comprendere. Et. fé io non credo,che perfq nadi fano intelletto, fé fi fentkd conboneflorěfenti-mentobauer con mano >ňcw baflone ¦> 4 alt/unente percofjo altrui veglia per far la pace dire dibauerlo da traditore, & triflzmtnttoffefo. Ma percioche dell'ima , & dell'altra di quefle due opinioni hobhifr tno fé paratamente ragionato affiti, boxa di amendne ěnfime parlando dico. Che da quelle conofaiffi f.HO la falfitŕ delle volgari opinioni':; che que^e, per com\~ mum confenPmento vengono per buune rtieuMte : tŕ fe*<%limfiCQn\.finsirěg»4KW ' trwre- \ p Ł ? trotteremo chel'vnaůll'ŕltrdvieneacontraděre.Che Je io debbo mantenere per ben fatto tutto quello, che batterň fato, no» fotte conhonňr měoděr perfo~ děsfanone , delt'offefonon folamente tutto quello, che egli vorrŕ che io dica , mite pur code vetůha* Et fé io potrň dire cičche egti'vorrd, non'.farŕ vero che io debbia mantenere per beffato tutto quello, che hauerňfatc.Hora da vna cefi aperta contro, idhtěonč mani/čfla contraria Comprekendčndpfě t jj doůejrebbonopurrauuedere't CahelierideLlowJtrrO' re: & rduedendofhfč ne doikrrebono ritirar*; poten* domaffimamente intendere ancoraché fi come que* Jěe due opinimi tra lóro fi contradicono, co/i aU'vna ~& ali'altra di loro contradicčla ragione. Et quella^ éveramente opinione ěodetiole, <& cauakertfcfrě tot quale č [opra le leggi delta ragione fondata* Etap* grejfoa quella hanno da andare leperfonp+dibono-tc,~%r di valore fludiofe ; che operaakuruLnmč da reffere (limata né valňrofŕ, né honorata, fé ella dal-ůram^e non čaccomp.innata, la darli per le ingiurie Cap. XV 1 li. • v>>ii che quale hail* torto , vei° ' deh con fé (Sarto ; & cHbx ragione, in queUa fi dee 1 conjeruare. tt per tanto chi moffo da gm&o fde* 1gi0)& dagiufia cogitine fi jarŕrijintitocontteni&h '' /" temen- temente centra chi che fiŕ, non bavičra ita dare al-. tra fodisfattionCife non dire eh gli duole di haue-} fé hauuto cagione di bauergfirfato quell'atto*:.&<¦> (he quando fen%a cagióne lo haue$efatXoyha-ůen tabefatto male,ň da reo buomo ; ň «b» da geiitUhuomo , né da CaUalěero ; ň parole fiměglěatitě.; Et potrŕ ancor pregarlo che gli fěa aprico yEĚŁ0Ěut\ die ne ha all'altro data la tagkneja juŕ cotfarkň" tiofctendo, douer ŕ cbntmtarfě alquanto dě ragto.*. he gli fi conmčhe;& non voler neuerror continua^ retfenonuonŕ (fecondo che giŕ da noi s'č detto) rimaner fi trasformato in fiera. It quando per fimglia paróle Me mette fiero le mani alle arme; '& l'uno di loro ferito ne rimanefie% non farebbe %a dubitare che fenXa altro non fi potč faro con-~ ducere alla pace; che quel [angue lam ognimacchia da qualunque parte (Ila fiata fi fta ; He ad alcuno fi puň rimprouerare difetto l hauendo l'uno 0- l'altro faittf dimoftrationé'di (mimo-ardito, & da Caůaliero. Et fé egliintcruemffe', che altri of-fenieffe altrui diqual fi uoglia ojfefa: &che l'cffe~ fo meitejfemanoall'arme\ & t'ofendliore fimet" iejfe afu^ire, ancor che l'offe fo giůngertion lo pň-ěčjfójncn farebbe d fi dire fé nonché c2r colui con lŕ fu$a per uěk, &per codardo fi foffe condannato;^ che quefě'altrénč'rimancjjetionorato, albergando Vhonoě'eaualenffo'ndlafaceta:,$nleUŁmani\i~tjjb amene) non conoscendo-pytra loro aueniffe, che alcuno di loro foffe ingiuriato: II rimedio farebbe dire: T^on vi ho cognofeiuto. & fé conofeiuto vi haueffi,non vi hauerti vfato vn*atto ta. le: & quando vfato lo baueffijbauerei fatto ň difeot' tefementc, ň pillanamente, ň atto da, mal gentiihuo* tnOěCbiedendone pur perdono. Il medefimo modo farebbe anche da tenere quando altri Altrui offendere din otte al buio. NŇ la fcerň dě ŕiretchefi trattano ai ě tuna volta delle pati tra perfoneM quali non fi no di accordo delfattotche io dirň che altri mi ha percoff>t & colui negherŕ di hauermi tocco. Douela fodisf.it-tione puň efferef^on ů hjptrcoffo,&' quando io per* goffoti bibbia > ho fatto atto tritěo, ň alta e par oh in que[ia fenten^u. Con quesli tati efempij fi poffono regolare mede fintamente de $li altri caft : Et a que-fih& ad altri jěmili e a fi fi pojjhno aggiungere di quel" le altre parolejche tra Cavalieri comunemente fi vft -no, fecondo che anche di fopra nei capitolo delle fo-jŕsfaitiowin generale dx noi č finta fatta montone. Delle 'Usi r uro ut. 99 Delle fodisfettioni da darfi per ingiurie di parole. Cap. XIX. SE detto qui difopra il fondamento delle fodisfat* noni ejfere mfu la veritŕ: llcbe tornando a an-fermare, Quando altri ha altrui appone alcun mancamento fuori del vero, egli dee ccnfcjfar quella co- sodhfar-fa non cofě ejfere, come egliU ha detta : St puň dire J*°*j. pj? per difefa di fé (fé la veritŕ non č incontrario) che ^SSSl tgli detta la ha ň credendo che cofi foj[e,ňperche al fri dettagliele babbitt, ň ancora per colera.Etfe dirŕ che credeua coft, aggiungerŕ che i ingannano., a che haue a mala opinione ; & che conofee la veritŕ tffer altramente. Se dirŕ e he altri detta gliele habb'ia, potrŕ dire che colui}Uqual detta gliele ha,non ha det to il vero.Se dirŕ hauerlo detto per colera, dirŕ pur che conofee la veritŕ ejfere in altro modo : che ne č pentito^ mal contento^ dolente.Et in quefti caft tue te le parole dette fi potranno ejprimere, &fitr la di* cb'urat'wne di quelle confentenfa contraria ; come, per efempio. Ho detto chefei traditore^ ti etinofeo Caualier di honore, & di fede. Et ogni volta che in cotal modofěfia dimostro, che la veritŕ č in contra* *<>»¦» ?* rio di quello, che detto s'erafoffefo é di fiancato. Et ™f"UQF fé altri ancora non voleffe far delle parole mjwfofe, Woocatěo* f mentione, foto che egli le rtttocajfe nel modo,che dit* «ta. ^ to ho>ŕ fimigliantemente con parole di bcnereuoz ' le teftimonian^a, ilcariconé piů, némenofareů-he tolto via. €t quando altri hamffe altrui data tnen tifa [opra parole di veritŕ-.quella donerŕ egli,ancori rime are * Et' fé alcuna fěfhceffe fihifo di dire Jjo ti ho mal mentiti ; anche in altro, modo fi potrŕ bone' fi amente prouedere: che fi potrŕ dire io corifeffo ejfcr ¦ nere le parňle da te dette, fopra le quali č naia la nŕ-- Bra querela. 0 ancora fi potrŕ ejprimere quella ců-' ftittejfay.&ŕp trottarla per nera* T^on tacer ň^ch ¦iJii'O-.--. - eercandqio de' modi da acquetare delle differente, totmi di a me č tteěwto. fatto alcuna fiata, che hoconduttoct ^a<*' fine deUe Pae* P6* una tel u*a ' Che colui, ilqnale ha datala, mentita j ha parlato al mentito in qučfěa max ěiěera : lo haurei caro intender da uůi con quale ani' tino mi dkefie i pajfati giorni le parole ingiurio fé ptr leqaali io ni diedi una mentita: & ni prego che me ne ; facciate chiaro * Et l'altro bari/po/ěo. Ternon co-lariů il nero itole diffi in colera, & non per altra cagione <>che io haueffi di dirle. Et il primo č tornato a dire : Da poi thč quelle parole da noi furono dette in colerajo dichiaro chela intentione mia non fu di dar ut mentita fenonin cafo, che uoi dette te hauefle con animo deliberato di farmi carico : & dico che quella. mU mentita, non fa carico a voi; an^ ui conofco per huomo di ueritŕ * Etui prego che non habbiate me* vji*"-» moria di parňle děfpiaceUoli che ftanopaffate fra noit " c: & che mi habbUte per amico. Et l'altro ha fog-* giunto : Et io ho noi per perfona di honore:& uipre* iil": gomedeftmamčnte, che habbiate me per amico. Si quefta forma di fodisfhttione a mille eafi j che tutto dě attengono, fi puň accommodare. Et con queftd tifempis delle altre forme, & delle altre regole ftcon* V ZJ'&Hx.p^ Mh ioo do la qualitŕ de cafufe ne poffono ritrouare. Et piů ol$t<\pa$*fldo fuple\ ammttj, che dolendafi alcuno thč din hafck'm detto mal di lmtcolui nega di hauer-hdetto. Et fi fuolcercare fé quella debbia ejftre ^^f tenuta p^K intera fod'hfttttiom : thč altri wnebhe dctomalc. thč fi dicttfe: Io nonj'ho detto :& quando rhauef-fe dette. baiterei detto II falfo t ň altre parole dě fir mile fenten^a. Et fňpra quefta dnbitatione, 4. me acurre ai dire, che qhando per fona, alVuna hauéf\e detto ntalejdi me, per ne%a* di hauerlo dettoyfarebr he benuergogna a fé fteffo; vna non perciň darebbe a me fodisfattione ; & pur fi trouerebbe hauermi cffefŕ* Et pertanto non dee baftare il negar foto ^ ma anche altro ci fi comune, Et ftaltri noqbadef tfiil male, puň dire ogni cofa ifelo ha detto->dee dir? alcuna cofa, per fodisfare ali'effefo * te parole uč* ramente che altri biurŕ da dire faranno; lononl'hq detto & quando ial'bauejji detto ; hauerei dettoli falfo : ň hauerei mal detto.' ň hauerei fatta cofajht ěq non doueua,' ň non da gentilhuomo ; v cofe tali < MagmtUbuomo.non dee conduccrfi all'atto del nega 'La verf re dě hauere dttto quello, che egli ha detto : an%i dee confi ffarloy & dame fodisfattione * 6t quando fi fojfedetia ille che. foffrro peri. &jangumoftě diede a qualile coma ,.a qualHt yne^e a qualile rnghie; accioihe cefi\amot\rfifi-f«?loh>9fatVka. Lhuomo veramente non armo jh ^fru^mcueruno.perloquakfiredefft *hdvuefft emdtltŕalcuna adoperare, h t s i( o iěr. . toi Ł«etie in compo,' mia ; come ad animai fra tutti vii altri fi tnentiffk- j 6 ,-.',.., j . /. - icS J ', » Formato ino y a Ini diede le mani fin^a alcuna armr & atte a za arme. fhbrkarne, a prenderne t&a lanciarne fecondo che [offeMattiliě fuabifogtio'ěactiocbeegli con quelle fi ha uejfe da guardare da gli affiliti delle rapaci fiere : Et . contro, quelle furono trouatv le prime armi;&. quelle appnffcdalla humana mŕluagitŕ centra teieěte no-fěrefono (iute rivoltate. Scritte Thucididephe il co- ŁTme ba fiume del portar le arme e /tato da barbari mtrodnt- mchto. ito, & noi non contenti di battere il barbaro portamen io apprefo, quelle vfiamo non.che barbaramente, rm-o^t.- ^. heftiŔmeněe ancora) ilebe vuoi dir fen%a ragion^» " Vfilettano gli an'ticěn Stoki fetteriffimi Fdofojě, che tutte le co fé r leqttŕliintfrrajbno generate,per bene--fido delllwomo fajfiro fiate create:& che gli huomi ni nafte Gero per far giouamentoa di buomini y ?li Gl'hiiňmě-mia gli ŕitrivtdta porgendo. Et noi col ptruerfo ciň de gě* nofirň reggimento ftamo talidiuenuti, ihealChuomň huoniiBĚ; nň auiene'tnfdicitŕ maggior di quella, laqůal daUfitto' me č cagionata . TSlé ciň altronde procede, fé noty dalnonvohrfi l'huomocon la ragion regolare: che eomeben dice^rifiotile : Si come ottimo fra tutti gli animali čCbuomo , il qualcon legge fi gouerna; eofi peffimo č colui > cěje dalle Uggě, & dalla, giů* ttitiaviue] fé parato ? -jŁt per pio quali tenebre hanno cofi occupati gli occhi delle noflre mentě, che noi la natura noflra)& la noHra eccellenza abband* nando, a bruti ammali procuriamo pur di pareggiar-' gna la ' ci, volendo an^i con la for^a, laqualnon e propria della nofěra naturajnjttme confumarci tcbe con la ra gioncjaquate č propria di noi foli conferuarciěEt pw debbiamo noifaperetchegli buomině tanto fono buo-minhquanto con ragione figouernano: & che retto-ri,& Signori degli altri buomini fi debbono filmare non tanto quelli Squali hanno igradi delle maggiorante , & i titoli delle Signorie, quanto quegli altri Cquantunque priuati ) i quali piů fono alla ragione ob edienti j & che piů fono amanti della giuflitia: & che piů fono feruanti delle leggi.^illa qual fenten%x conformandofi il d'iuln Tlatone, finge che Cioue y*~ &>' tendo infegnare agli bitumini l''ordine delgouernaffi > jiaiu- mandň in terra Mercuriotche doueffe loro portare la *"• vergogna,& la giuftitia, per me^o delle quali dalle cofe děsbonefie fi doueffero guardare^ le diritte h&-ueffero adoperarc;&gli commandň, che queHe do-Meffe dare a fiutigli huomtni;accioche le Cittŕ di loro fi adornajfero:& le ragunanig ciuili infiemefi con finta fiero j facendo una tal legge, che quale fecondo ¦quelle non foffe viuuto, come pefěe della Cittŕ con '^firemifuppHcij doueffe efferc caligato. Ter che coinč donerŕ alcuno perfodisfare alla vana opinione fň huoM'tm vitlgari^ ijcioccbiafemedefimoy & alla propria fua natura ribellando ferrra alcuna vergogna voler la fpada cantra lagiufěitia adoperare*Ma tolga homai Dio delle metěde'Caualieri vna coft per-ětetfa opinione:^- {incordino ejjě,che la fpada činfirtt Stento da adoperare per hecejfitŕ,& non fer a ppetě to; $¦ ih non inetto ledatele tofa éHn$ adoperarla, fi l I B 1{ Q III. .t fé il bifogtto no'l richiede, che adoperarla al tempa del Infogno. Et perŕocbe Cbrijěiano ferino a Chrě" filammo pure aggiungerň vna CbtiHhna p^rola.^l-cimo non č di noi, che non mantenga fra, fé in pace le fue membra^ che quelle ad ogni iuo poter fane>& immacuk te non conferiti, l Iche co fi tffendos& effen-donoi tuttimembra di queic*rpň,del quale Chrifloé JijJJJ il capo\ nonfo qualcofa poffatfftre fra, gli buon/ini cerato" fu bombile, ne piů abomineuole nel cofpetto di Dio> che veder fi noi perla noflra malignitŕ tenere frt,em-hratoii corpo di Gufa Chriflo:&fkrchelemembrx di lui fi yaduno Cvno l'altro troncando* (Irac dando, Cjr lacerando. Ma ben dhrň, che fi come ne corpi no-fin lofio che ci fentia ma battere alcun membro fra-cidoy&guafěoyň confnoco,ň con ferro rfiamodi prň* uedere, ch'egli le parti fané non corrompa 5 T^c» al* tramente in qneflo fantifflmo corpo degnale io parlo, fi dotterebbe fare: che e. loto i quali fetida fondamento di giufěětia corrono a metter le mani alle arme centra altrui, fono quelle membracorrote, le quali fono atte a farne putrefar delle altre che an* cora fono fané.Et pertanto! Signori, a qualida Cbrě fio č fiata datala cura, cěr ilgouerno del corpo fuo, debbono que'talě tome membragnafie ardere>& tagliare; caiěigandolit <& dalla compagnia de gli altri huomini {^parandogli ; icriftruavdo m un mede fimo tempo l'huomo nella fua diritta natura, ridri dola Caualena nell'ordini del vero grado fuo, corpo di oiefu Cbrtjěo manumnao mteroftu o, maculato. Co» JD t h J) V E ILO (pň'nchifěóne dell'opera con vna breire repet& "" ' rione H elle cdfc dette ne' tre ěěěnu ''' • Gap, XXII, »•"> Abbiamo con quella maggior breukŕi & tčff quella maggior chiarina,e he per nolfi i pň* tuta ffare, de ferino in ir č libri quanta ci č occerjň, che generalmente ci fupartito n, eJJario che da Cck uŕ Iteri fi debbia intendere nelia materia del t>tiettň% 51 V nel primo libra da noi fiato affai dtfěBtatnentt trattatoti fuggetto delie mentite\ dimoftrando per quella, u>a quale debbia ejfer l\ittore,& quale il ré*i JLt quěu\syč aggiunto il modo dello fcriueré i cartelli *-. &r dil mandargti:& de*campi antera babbiamo ra-gionŕto, & quantoincafodihovoreiCaualierifieno féntitiadobediréa'ioHSignori. Etvltimamčnte•co ittegotii irtiar fi debbiano per pendere legittima querela ^Jippreffo nei facondo da noi č fiato ferinodi quello, che a* Signori principalmente fi appartiene j Si come'č il conofeere le ingiurie, & i cambi : & éjttali fěxno quelle : quelli che meritino ,& che non meritino abbattimento : Come gommar fi debbiano qtiando- altri domandi da loro patenti é campo .* & quale debbia čfftre la forma ŕi quelle: qua-: H ŕttne ftano da vfare negli fteccat't : & qualvantaggiň ačreo debbia effer legittimamente conceduto. Quindi ragionato babbiamo del giorno della battaglia, & di quelle cefe ,cbe ne gliflecca-ti, Q iti torno a quelli pojfono interuenire -i & che L P #!( Ňr II Lr 104 maniera fi ha da tčnere quando l'wa dčlie partiti di ftatuitóŕl catnponm comparifce : eJr quali debbiano effér rěceuttte per ijcufedi leggitimo impedě-mento.T^č da noi č flato paffuto cohfiUntio in quěm-timodi vincer fi pvjfa.no le querele.' é*Ki/óf0 vintůěl" nimico, quantagiuriděttěonehabbiŁ-J<ěpYa di lutti Vincitore. llter%p libro contiene pňi qěkělematme, ' le quali, non fin deli'vno che'deli1'akfň'de'ditt> pŕ-* tňierě hŕbbianěň filmate proprie} ptrtibi bttn quello -fi tratta quali ftŕho quelle per j6né\le gitali peti agi* ne alcuna di bmfimo, ň di bonňre ncri^půfJětM-iň non debbianor\cbitden>ňt{feY ticbieSlec< Éa qtfŕtmate-ria irattandoft infičme fi ragiona <Łé*g»"adi delta nobiltŕ cofi de Vrčmip'tcome de'prěuŕii Caualierě.Toi * fi dichiara fé altri ejfendo chiamato alla inacchia per diffinir quereta, habbiada andarti;Sě tratta anco~ rada.qualiperfone,&inqttalcafic mpiňrii ftpňf-s fanodare.Eta qučfiecofehabbiamoŕggmntaia qui* filone, Stfha due Re per querela di Reprě fi debbi* venire ed abbattimento. Et finalmente da noi č těa* todifcorfo intorno alle fodisf anioni je quali'•* Catta-Beri fi conuien ttŕfe piů tofěoche ténhatten futuri¦> di ragione : dimoflrando che la ragione debbia efjer quella maeHra vera, &fola, la quale delle vite no* -mé,&dčlle'koftrearnii habbia a teiereil' gouer— no. Stin queftAJtnten'fA babbiamo la nofira opinione conchiufa . Et quefěo č di quanto ci pare chein materia di Duello fi poffa ragionare per domr ne fare v.n trattato vniuerfale. Ł t ani or 1 he detto habbiamnlai'slitutěone del Duello non e fio e ila» DEI 7> r E l l 0 ta trottata a fin di bonore pur con leggi di bmore hab biamo noi quefla materia trattata, che & nel pr'mci fio dicemmo, che conte ad imprefa di bonore vi barn uamo pofto manonč vedeuamo come altramente par landone, potefjimo effere ajcoltati. Et cifiamo sfor-, %aů ancora in alcuni luoghi di dar regole di quelle co ftile quali fentenzji nofira č, thč non tanto fěano da. regolarci quanto da terre del tutto via. ih he bah-biamo fatto con .quella munitone, che fé purei Cavalieri da quelle non fi vorranno ritrarre3almenoflra. boicheuolmmte non vi fibabbiatoa gommare. Jiabbiamo noi ancora per dinerfi caft particolari ferine diuer [e cofe in fumetto di Duello, alle quali habbiamo dato titolo di Kifpofie Caualerefcbe: lequa. li per diuer fi luoghi fono giŕ Jpar/e, & noi cerche» remo di ragunarne alcune infume per publicarle, fenfando chea Cauatieri debbiano effere non ingrate . Et fé ň quelle, ň quefli libri fono Siati, ň faranno ad alcuno di fodisfattione, di piacere, ň digioua* mento, di ciň fi rendano grafie a quel Signore jlqua-le mi ha aperto lo intelletto agli bonoreuoli concetti, & mi ha dato parole da poter quelli efprimere, gr Ululi IL PITIE JD E I Ti* Hi%t del Duello delM»Uo* Le t E RISPOSTE CAVALLERESCHE DEL M V T I O IVSTINOPOLITANO. IN V E N E T I A, Jppreffň la compagnia, de gli M D LXXXVJ io6 ALLO ILLVSTRĚSĚ PRENCIPE SIGNCR Don Ferrando Gonzaga.». HUronimo Mutio luflěnofolituno • Ouendo io mandare in luce děuerfe mie fcritture, al debito della feruitů mia fi richiedeua, che in alcune di quelle (pe-*M cialmčte ne apprefentaffě d voi Signor mio Eccettentifjimo. T^čio delle molte cofehoha-uuta molta fatica ŕ giudicare quale prinůpalmen» te vi fi conuenifje tannila materia della opera, che io vi apprefmto, da fé ReJJŕ fidimoftra ejfer debita a vohquando io ancora di cofa veruna non vifoffi debitore. Che ejjendo voi per valore e Tempio di Caua leria>& perdtgnitŕ'Prtncipede* CatiJieri*U T{eran%a, che alcuna volta in quelle bore, che alla voftra bella 6 0 7\( ZA C *é meno vi troverete occupato (che ditrouaYUiotěofo non č chi poffa fperAre)voi hubbiate ŕ far loro gratin della benignitŕ delle vofire orecchie. "Et percioche iů fo in parte l'amore, che voi portate ŕ quel diletto 0 2 lijfimo ěijjěmo voftro ricetto, fono ficuro, che dipoi che ha» Herete allatti tetti; ampliatele habkationě, difpo/H i portkbi* & loggie; & di marmii& di colonne ador natigli; & finiti, & fornite camere & [ale : & che compartite batterete le campagne, & i prati ; empiuti i giardini di bella varietŕ di alberi fruttiferi; piantati ombrofi bofchi ; formate ampie pefchiere : &con diuerfěrufcelli di acque viue batterete tutto il luogo inacquato, non fenica la Magheyja di larghe lucidijfime fontane : Et in fomma, che la no/Ira di' tetta G 0 T\( Z *A G *4 futa di tutte quelle doti ador nata, che alla nobiltŕ del fuo nome fi conuen-gpno. Dopo tutte quefěe co fé dico, fono io ficuro t che per compimento de gli altri fuoi ornamenti farŕ desinato vn luogo da riporui vn numero di libretti, da potere alcuna volta paffarela. noia delle ha* re fŕflidiofeij. Et fé tra quelli in alcun canto meriteranno di effere riceuute le mie ciance, quefle'ŕ m* dotterŕ effere di ogni mio fiudĚQ,& di ogni mia fhtic4 bonoratijfima mrcedcj* 107 LIBRO PRIMO PELLE RISPOSTE Cauallercfche del Mutio Iuftinopolitano. HlSTOST^i ' M Signor Marchefe del Vafto. Vtte le querele , che nafcono fra Caualieri, ordinariamente efcono fitto quefto titolo, che fino prefi per cagion di honorem * Et le piů di quelle fi veggono ň batter tale ori* t-..... gmčy ň efftr puernatedital pianterŕ, che a ninna co fa meno che aWhonore, p4« re chefta hamto riguardo. llche non altrónde pro-cede,fe non da una corrotta n/fan^a, chei Caualieri tirati dalla volgare opinione, fen%a alcun difcňtfo di tayone,quella vanno fegmtando in maniera thč non hanno memoria d'effer p«r huomini, non che Caua» Iteri. lafcio di dir Chrifliani : che fé altri vdefft metter quefta cofa in confiderationčjarčbbe sbadite O i della éélla congregatěone di cnloro,cbe di bonore,& di Ci malterěa, fanno profejfwne. Taccio ancora lafente%& r'° č di quelli, che dallo vnwerfale confentimfto del modo & dotti, &fauijfono Hati reputatl'dico defilofofi, da quali fi tiene,cbe meglio fta patire ingiuria,che far la. che quando io volefji difendere queha opinione, nonfo quanto poteffi difender me dalle fifchiate.Ver vna piana, & piů aperta via č la intention mia di drixx.ar i Palfi mKl* procedendo con fentew^enon fi* lofvficbejjč cbriftiane, ma cauallarefche, & huma-neffi tali,che coloro, i quali pnncipalmtteintedono di andar preffo all'bonorey & allo efercitio della Ca-ualleria>ŕ quelle principalmčte domranno cojentbre, f * ragione p jCp a(fňqU€ certa cora efftre,cbela ranone č Ha trice del- ta data ali huomo per gouernatnce di tutte le fue rjuiomo. operazioni; & accioche egli con la regola di quella habbia damifurare,& da reggere tutta la vitafua, & tutte le fue operationuQuetěa gli ha da effer mae fěra in cafa% & fuori nelle co fé publicbe, & nelle private, «elle ciuiU,& nelle mHitar'rf&in fomma in tutti i tempi jn tutti i luoghi, & in tutte le fue occorenze con gli ordini di lei fi ha egli da gouernare. Et per lafciare bora di dire che le leggi ciuili da quefla prin cip al maestra fono fiate iflituueydico ancoraché far te della guerra, & il meftiero delle arme della ragione č flato trouato,ordinato, & regolato, Quefla ci ha infegnato che la guerra fi ha da fare per dtfefa , & per conferuatione della Ł2~ tofi concedala datogli ordini delle disfide,delle elet-tioni delle armi; & de'campi ; delle capitolationi del combattere^ ha infino mofirate le regole del vincere,& del perdere piu^ meno honoratamente, e dif-honoratamente. Et fé nelle publiche, eneUepriuare querele fi vede chela ragione č quella, che preferě 0 4 uč Caaallctia fičle leggi; Et fé il grado della Caualleria č vnWdirie iflituito per huomini valorofl,ŕfine che habbiano da figliar la difefa del dritto, & deldouerc, quelle cofe. per fermo dir fi debbono effer fatte honorcuolmente* . nelle qualifecondo la ragione^ con le leggi della Ca\ che opera' Galleria procedonoi Canapieri.Quelliveramente,che no Tenta lontra l'officio CauaUerefco ft trottano operare, $* jagtone. ^ operam conira }a ragione, né Caualieri, né huo* mini meritano di tffere n&minatuEt con tutto che ciň cofifta da tenere, &cbe co fi la ragione ci detti, pur reggiamo noi tutto dě, che feguitando (come detto babbiamo) i Calialieri pěnla corruttela della volga-Honor mal re op'mjon^ che quello fo che per lo vrado loro fanno «ottenuto* r > 1 ' r & / profejjione (otto titolo di honore, fanno delle cofe di» sbonoreuoli, & degne non folamente di riprensione » ma ancora di acerba punitione.Vercbe intorno a ciň io pur mi afficnrerň é dir liberamente alcune cofe > lequati mi occorrono,per dannarle corruttele^ per tornare il grado della Caualleria nella prift'ma fu»j r - • ¦ jioce reychel huomoft puogouernare co ragwne,& da Ca\ ualiero,& p confeguente honeratamete: Et puň amo ra procedere fen^a ragione,& villanameie,& ciňd éshonoratamente. Che quanto al fumo capo,Si come L t B R 0 t. tO9 mi per fuggir nome di viltŕ;& per rilevar fi da ingh* Jehj€°f*Ł riaj lecito altrui di refentirfě contro, chi infatti, ň in parole lo ha vjfefo » cofi ci viene difdetto il volere offendere fen%a cagione; che queffo č contro, ogni diana, & contro, ogni humana legge ; & puň chiamarfi vn tale atto non di Caualiero, non di buomo% ma p'm tojio 4ifieta;poi chele fiere fono non da ragione gouet nate ma da impeto trafyortate&t č queflo atto talet che quantunque Papera [offe efequita con attiin vi* §a bonvreuo!i,nofě puň dir che fio. cofa cauallarefca % nčhonvreuol , mane ndoglid fondamento dttla ragione: che il gagliardamente operare contro, ragione č non magnariirnitŕ>ma temeritŕ Et quefia fi baite- mal ra da ch'untar veramente ingiuria: Lŕ dotte quando nato. altri con procedente, & legittima cagione ftmuoue, quello atto non ingiuria, ma rifenůmento fi ha da nominare* La via veramente di refentmento puň effer & ho noreuole,& dishonortuole. Che fé io da altrui ojfefo fentendomě manderň a chiamar colui, ň gli farň intenderebbe come io lo incontrigli farň metter mano, ň lo richiederň per via ordinaria, mandandogli patéti di campo,& disfiia^qneflo n8fě potrŕ dire che ftafs non proceder da Caualěeroy & da per fona di h onore, -Ma fé io farň in tregua con litiyň gli hauerň data parola di non offenderlo ,ň ancora hauendo mandati i campi,& nel correr dt'cartelle (fendo coft ajficurar to, comefotto publicafedet togli farň offe fa, queflo farŕ, no folamete riferimento non bonoreuokjna in-lianěat ěx ne incorrerň in biaftmo di maca tot DEI'IE T(I SV0ST2. tot difedey& di traditore.Rifčntimento honoreuok i da pari a pari, cofi di arme, come di copagnia, & dd vifo ŕ vifot battendo l'uno <& l'altro me fin mano alle armiydimoHrare la prontezza dellefue mani,& l'or dir delfuo cuore. ?{č č quetto atto cofi honoreuole , che p'm disbonoreuole non fia il proceder dicoloro,che -piů foperebiaria di arme, & di perfone, ň con ferir di dietro, ň con percuotere, & metter fi a fuggire fi inducono ŕ voler prender fi alcuna fodisfattione. pěshon ora or fé (come difopra bo detto) in ciaf cuna delle co to chi di- r J a , ./ ' ,. ' r " shonorata- fe propojie puň il Caualier yergognofamete operare, mente prň quanta dee effere la vergogna di coluiŕlquale aWvno aggiunge l'altro mancamento, operando in tutte le maniere contra quello, che ŕ Caualier fi richiede ? Io non mi dimoro in aggrauar co parole quanto fia quei vituperiotche gliene ha dafeguire ; Ma ben érň, che io non fo come per fona ,cbe babbia intelleto humaw no,fi pofja persuadere di effhrfi honoratamete rifenti to col fare vtia opera děshonoreuole. Si come il proceder honoratamente apporta bonore, cofi da gli atti disbonoreuolěne ba da nafeer vergogna. T\[č dirň mai che altri hauendo obligatione di honore, dishonorata-rnente operando poffa all'honorfodisfare. *An?i che chi ha obligatione di honore, & con atto dishonorato finfente, al carico che da altrui gite č fiato fatto, da fefleffofi aggiunge vna nuoua,& maggior vergogna. Et aggiungerň, che fé bene alcuna perfona particolare par che fi troui effere offe fa, & ingiuriata, quel» la tal ingiuria non merita piů d'effer vendicata dallo ingiuriato) che da'Trencipi, & dalle publiche t I B % 0 I. , no leggi, per eflere quesěa offe fa pubi)e a contro, le leŁ p dittine & bimane, & contro, la dignitŕ cauallere-fca. 8t fi come officio di Cavalieri e il difendere la gmSlitia, coft č officio delle leggi ciudi il conferuare immaculato l'ordine de'Caualieri : al quale ingiuria ognuno, che con mono armata offende altrui, ň ŕ torto, ň con vie non conuenienti, ň con mal modo. Et poi che contra la corrotta openione, la ragione non puň tanto, ch'ella faccia ŕ Caualiericonofcere quel-Uychefi conuenga, a'Trencěpii& ŕ quell'oche hanno la verga della giuHitia in mano, fi appartiene con l* autoritŕ delle leggi dě ritornar la ragione c&fi alla di- officio ŕt gnitŕ del luogo fuo, comeeffa ha dato dignitŕ alle leg- ^SnoM" gi. Et a loro fi richiede di prouederes che colorojqua-iiincorronoin cotali mancamenti ftano castigati de* loro eccefli>& che gli altri con tale efempiofe ne hab» Mano da guardare*lS{e'cafi cofi dannabili^ come fono quelli che io ho propofti,fě donerebbe confěderare che "; l'offendere altrui ŕ torto č vrěoperare a punto contro, la proprietŕ deU'huomo , che a lui principalmente conuenendofi giouare aU'huomo, lo offende, & gli fa ingiuria; & č vno operare contra quelb>che ŕ Caua- M drfj> Itero fi appartiene y ejfendo l'officio fuo il difendere u parola. il douereye la ragione, Si dee confěderare che il man~ Y"r* ^ car della parola č vn rompere propriamente il nodo . della bumana conuerfattone. Et fi dee ancorfargiu-dicio quanta fia la viltŕ di colui, ilquale non ardijce ŕi affi far gli occhi nella faccia di vn*altro buomo* . né con -pn'altro huomo fiafficuradi venire in pruo-ua [e non con male arti, da che uŕ ŕ ferirlo di ée* 'ir DELLE RISPOSTE tro: ň con foper chiaria ; ň non badandogli l'animo & difendere per benfatto quello, ch'egli ha fatto, con* dutto a fine il tritěo effetto, piů fi fida Spiedi, che nelle manv.ciafcuno di quefii atti merita la fra macchia particolarccioč di mal'huomo>& di mal Caua-liero.di mancator di fede>& di codardo. Et atte fio voglio qui dire per dichiaratone della intention mia, che quandoio dico che fonodegnidi effcr notati di qjfefadiquella&diquell'altrainfamiavntendodir di coloro, che malamente offmdonomn e fendo fiati Vendetta, malamente offefi. Che fé alcuna volta altri efjendo con triHiatti flato ingiuriato per la medefima uiafě Tifenteycon tutto che nonfta degno di lode non č perciň indegno difcufa.Et per tornare a Trencipl& co loro,i quali hanno in manol'autoritŕ delle lew dico che fi come una peruerfa volgare openione ha intra-dutto, cheiCaualierifen^a cagione, &per qualunque viaft fanno lecito di offendere altrui, Cofěmi par di uedere anche in loro introducerfi vm tal vfanra, che né eficafliganoicofi malamente operanti né vo ghono che l'offe io della offefa riceuuta // rifenta, non con commandamentiě& con prigionie vietando aWu no,& all'altro il proceder piů aitanti Et lŕ doue per giffttiadouerebbono cafligar l'vno, & dar rifioro ali altroa quel che cafligar dourebbono,porgono fa-uor e,affienandolo dal nimico; & ali'altro fanno op. prelJionedegandogU le mani Sono dalla natura impreffi loTnZ;měnlflc^leggiVniuerkli;& «leggi, prefiche per alcuna legge feruta* particolare,non po/fono 1 / B ^ 0 T. ni fojjňno effer cancellate.Et fra le altre leggěbile qua U la natura ha informati igenerofi cuori, quejlač vna principale, che ejfi per li loro Trencipi hanno da ttyorre lo hauere,& la ulta; ma che l'honor lo voglio no feruarc perfe\ ne intendono che quello ad alcuni bimana legge debbia tffer fottopofto. Hanno in boc-(a quel [acro detto, L'bonor měo non lo darň a něuno: il che ancur che ŕ Dio principalmente fi contenga, fi conuiene ancora ŕ coloro, ě quali fi fentono ejjer formati alla imagine, & ailafimiě\an%a di Dio. Et qual fi puň mojěrare piu uera imagine, & piů certa fimi-glian^a di lui, che il conformar fi alla fua natura ? Quefta le& efaltati. Che come potrŕ penfareaě* tun Signoresche debbiano effer gelofh& gagliardi di' fenfori deU'bonor di lui quelli, che non faranno fiima di confettare il loro proprio?Et come dotterŕ egli crederebbe debbiano e/porre la uita per lui coloroyiqua-li antepongono un poco di utile alla dignitŕ del nome loro?Hannoi Signori da fhrgiuflitia, &da ufareěn quella, ogni feueritŕ in tali cafi.Et la lorogiuttitia ha da effer tale,che debbono coflringere colui che hafat ta la triflitia a dare allo ingiuriato ogni fodisfattio-ne.Che fé de'debiti de'danari fanno che altri renda ql lo č di altrui; & fe nelle caufe criminali, poi che altri č morto,non glifi potendo far reftituir la intana com» fenfano con un'altra ulta ; non fo perche nelle ojfefe dell'honore far non debbiano, che aW'offtfofia refii-tuito ilfuo honore. Effi far lo debbono, & lo debbono fare fen%a hauere rifguardo alcuno aWhcnore di chi ha offefo : che fé egli non ne ha tenuto conto facendo lopera vergogno}a> meno glifi dee hauer rifletto da altrui per fodisfare ŕ chi ad altro non penfa, che al riftoro,& alla conferuatione dell'honorfuo. 'hfč con tutto quejlo direi io che il Trencipehauejfeal douer fuo fodisfatto, ma che egli donerebbe appreffo per fodisfare anche alla giuftitia dar conueněente casěi-gatura ŕ colui,che ha qml mancamento commeffo^ ň punendolo con pene corporali, disonorandolo, & di' gradandolo,procedendoin fi fatti ca[iycvtncfi fa con» tra i ladri,e centra gli affaffmiěa'qua4fi tolgon le co-fé altrui mal tolte ; e poi nella per fona fi punifeono. Et qualfurto>& quale affajfm&mento puň effer mag gior l I B % 0 I. in jrar di quello, ilquale altri cerca di fare ntll'honore altrui} fermatamtnte riiuno ne puň effer ntag^oreyda che & lo hauere, <& la vita all'bonorefě pofyongono» Et per tanto quanto č maggiore il dtlitto, tanto p'm feueramente merita di effer cafligato. Et quando fé ne vedejfe alcun feuero efempio, iofonoficuro che in pocofpdtio di tempo fi torrebe ria fra Caualěeti que-fta corrutela dě procedere dishenoratamente [otto ti tolo di volere al loro honorefodisfire.St tantofěa detto riuerentemente della opinione mi a intorno alla ma teria>cheda voi Sig.Sccelhntiff.mi č fiata propofta. Et in quella tantom aggiorni ete mi confermerň, quan toiofentěrň che ŕalCaut&titŕ voftra venga ad efkr* approuata. I{ijpo(ěa Seconda. Al Signor Marchefe del Vafto. IO vi ho giŕ piů volte ricordato Sign. Illu(ěri[f.cbe vedendo noi i molti abuft,che da*Caualieri fifirue tiOyCome per leggeteli? querele particolari, che tutto di ci occorono, per quell'officio,theuoi tenete in Italia per t Lmperadore, at voi principalmente fi appartiene dě procurare,che non fi lafcino paffar piů auatě; & che con mone cofěitutioni habbianoda effer tolti via, ritornado il grado della Caualleria allercgolt del rem honore* Di che a uoi č piaciuto dě cemŕdarmě e he io debbia mettere iniferittura quelle cofe,le quali giŕ dette vi ho,cbe di riformat'wne hanno misěiero, & le maniere medefimamente ddla riformatione. il che DELIE'KtSTOSTE ho fatto io ridicendo in breuitŕ quello, che dame č Hatodijfufamente trattato altroue : St bollo fatta tetto voietier'^che fé cefi farŕ (a mia buona opinine, come pronta č fiata la měa volontŕ, io non dubita che da tutti i faně intelletti ella non debbia effer ap-franata. Et giŕ fcnoio qua fi fu uro, ch'ella debbia effer riceuuta per buona, dapoi che dal belhljimo giudicio vottro fila č fiata piů volte commendata-., Io ho fatto infino ad bora quello, thč per me fi č po-tuto . Hora, quello, che da far ci rimane č, che l'opera voflra appreffo lo Imperadorfu. tale, che le ftudio, & la infěan^a mia non fia fiata vana : ae-cioche i Caualieri, i quali giŕ ftanno con defěderio di vedere vna tal rinouatione di ordini veramente Ca-uallerefchi, per me%o voflro impetrandola, ve ne babbiano obligatione perpetua, come a riformatore della Camile ' Per la riformatione del Duello. NF.l libro delle leggi de' Longobardi fi troua Sa cratiffima Maefěŕ, che Ňthone imperadori "venuto in Italia riformň alcune antiche cofěitutio» ni y le quali erano conuertite in abufi. Et in tal rě-formazione fece egli alcune leggi oltra quelle, che giŕ da Longobardi erano fiate ordinate , per le-quali concedeva, che fi potejje venire ad abbattimenti . Or fé mai alcune cofěitutioni, ň leggi fo* no in abufi conuertite ; fé hanno in altro tempo battuto bifogno di riformatione, le maniere, che bora m Italia Il B t 0 1. ' 113 Ha fi tengono intorno ŕgli abbattimeti, ne bino trrmati;& le cagionifěano ejpreffe.per lequalifěa* inóconceduti:& in quelli fěano datigli ordinile le ras nkrejbeft habbiano a douer offeruare. tlche far do* uendofi^ mefěiero primieramete di mofěrar quali ftŕ: quelle cofe,lequalě habbiano bifognod'ejjer regolate, & riformate ><&> io il farň incontanente^qutlle proponendo^ foggiungendoui i rimedi) di mano in mano. E prima dafapere^he la inftitutione de'Duelli no inftitwic ifiata fitta per altro, fé m a fine,cbe apponendo al "oc. tri ad altrui cofajhe habbia běfogno di pruoua}et no fiymvfo ciuHmenteviuftificare, quella cole arme fi r pofc DELLE KI5V0STE r pojfa prouare.T^č in tutte le leggi de Lógobardt,che furono de gli abbattimenti introduttori in Italia, ni Leggi di \n quelle di Carlo Magnarne in quelle, che dette ho é Duello di' } ^ ii n- - >• J1, ' , i j Ke & d'ira Othone,ne nelle cojiitutwn di Federigo Impe. (che di jeiadore. qUe>ne y & da quefli Imp. trono efjere fiate fcrittt leggi di Duelli) Da alcuni di quefii dico non trouotche abbattiménti fi concedanole non per Inqu'ifitione di ueritŕ : & per cagioni che meritino inquějhione. Hor il Duello a'mftr't & le Pm dettc battaglie, che fi ueggono negli non č per fleccati, fono non per j nquifhione di veritŕ, ma per tendeua. yendetta;che come intorno da altrui fi [ente offefo,co- fi dio abbattimento fi ricorre ; ilche per mio auifo č fuori d'ogni ragione. Che non fi conuiene alla ulte^ %a Imperialeyibe folto l'autoritŕ de'Juoi priuilegijt iqualifono coi eduli per fitrgiuflitia^t diritti giudici gChuominěfuno co publkifpettacoli coduttialla bee caria, Giufla.coja č,che nelle cofe, delle quali buma- nogiudido non ne puň venire in cogmt'wneyper via di arme fé ne cerchi il giudicio di Dio, il quale č vera giů ftitia; & in fallěbile giuduio. Ma nonjiconukn giŕ » che per la mede/ima via fi apra la porta alle vendei te,hauendo majjimamente effo Dio onnipotente rifet~ baio afe cotale affilio.Che aprendofi gli (leccati a chi cerca di vendicar fi, fi mene a torre a Dio qudlo,cbe č \ fuo. ikhe m alcun modo non fi dee fare>nč e omporta- » re. Et per tanto la M.y.m quefta parte potrebbe (per mio parere) far una tal ordinatone. Che i Trfripi & i Signori fot topo/ěi alla M*V. al (acro Romano Imperioso diano campo ad ale thč preda querela pei ini Elione di vedetta^ipprejjo. di t 1 B R 0 If 114 dě queflo un non minar inconueniente mi fi apprefetfr ta,U qual č, che come alcuno č mentito ("quantunque No.n °Sn* ¦ • r 1 ' j 11 \ V menta obli minima {io, la cagione della mentita.) coji mcontanen ga a Duci-te ricerca la pruoua delle arme. llche nel rero čfuorlo * d'ogni ordine di ragione:conociofěacofa che la natura della mentita non č altra, che di negar quello, che ad altrui uiene,jppoHoyedirepulfar la ingiuria, Je di co fa ingwhfa ci men data imputatione.Nčla mentita égraue fé non quanto čgraue le cagione, perlaquale ella uien data.lě onde per menůte,altri non dee efler oblěgato ad ardinario rifentimento d'arme, ma fi dee hauer rifguardo alle imputaiionuche nengono date, fé elle meritino abbatimonto}ň nň. Le cagioni ueramčte,per le quali ad abbattimento fi pofta renireyda diuerft diuerfamente fono Rate de- Cafi da fcritte,& a me fembra che in due foli capi leggittima Ducll° • mente fi poffano regalare. Et il primo čyche fi poffa, conceder Duello quado ad altrui venga data imputa tiene di delitto,che meriti punitione di morte:Et quei* do nonfěa di quefta natura, non iftimo io che abbati-mento gli fi conuenga, che non fi dee mettere Intorno a perěcolo dě morte per cagion, che non meriti morte. L'altro čy che ogni uolta che ad altrui venga dato T» tal biafmoiche nel gmdicio ciuile i couintidi quello fi ano giudicati infami,& ributtati dal poter tetti-fnomaretihe per ma talgiuflificationefi poffa prčder la pruoua dello (leccate, 1 Iche mi muouo io a dire con quefta ragione, che fé ŕ Canalini č piů carol'hono* teithe la uitanwfi dee lor negare in querela dhono* re quella pruona, che uienlor conceduta in cafo di V a qui- DELLE T{I STOSTE quěfliorie dě vita. Di che non farebbe forfč fé w btfat totchéU Maeftŕ V.facefěevna tale dichiaratone. . Che effondo la rtattira, delle mentite non di far,ma, di repulfar le ingiů rie, ella non intende che per menti te fi debbia venire ad abbattimentoma che atte im-futationi, che ad altrui verranno date, fi debbia rU guardar fé elle meriteranno cotal pruoua. Determinando che non fi habbiano a concedere abbattimenti per querele, che non fiano diimputai tione di delitto, che meriti punitione di morte, onero di tal nota étinfamia,che i contanti di quella nel duU giudiziofěano per infami ributtati. St accioche altriper appetito di combattere nň fi faccia lecito di apporre altrui quello, che gli verrŕ nell'animo Jla Mae fiŕ V.potrŕ ordinare. Che fen%a inditij fofficienti) alcuno non poffa effe» te a battaglia ricercato. Et ciň dico io nonfen%a euidentiffima ragione;chet fé a tribunali ordinarii dou 'č la pruoua piů certa, e fin ficura^lcuno non fi puň mettere alla tortura fen-%a inditij,men fi debbono poter chiamargli huomini fen%a legittimo fondamento a quejla pruoua incerta, & fallace, I^on ho da pxffat cofilentio un'altro difordine, al quale conuemente cofa č, che uifěa fatta prouifione. Molte volte incontrano de'caftfimUi a quefloxhe ha ra dirň, lo dico a Titio,che egli č traditore. Egli mi ri fyonde^b'io meto.Fm^ud cote/lata č la querela. Io » che ho dato nome di traditore a colui, ho da prouare% che egl ilfia;&je effeba da difendere il cotrariot& lo i r b n o h io abbattiménto noftro ha da ejfere, fé egli č. Quejio coflume ancorché fia vfttati§imotame pare coft disboneflo, come altra cofajb'io vegga dishonefta nella materia de' Duelli. Che pnmietamenie con queftome^p altri fiaflěcuradi dare altrui delle imputationi }che forfč non le darebbe >fe non penfajfe di poter per uie torte fuggirne UpuouaWoi hauendo io a colui dato nome di traditore%coi percoterlos fuggo la querela maggio-rei&fo che colui prende U měnore-.&Juggo quella „ che merita inquěfiůone.pet una,che noia merita>Ché non č neceffario a cercar fé io habbia fatto ^ene^ňjna le}a ferirlo ě ma fi bene fé egli babbia il tradimento commejfo. Oltradiquefloejfendola prima querela d'inquifittene di veritŕ)& l'altra di vedetta;ft lafcia quella della quale fi ha da cercar lafenten%a di Dio, per prender quellajer laquale(come difopta ho detto) fi toglie ilfuo officio a DioSi che per tutte queflč ragioni a me pare, chea quefta parte non meno, che ad altra fi babbia a prouedere. Et la prouifwne (pet^ opimo mia ) douerebbe effer taletche come altri altrui de fé imputatěone^be meritaffe pruoua di arme, coft egli inefoaričte doueffe effer l:attore>nč ad altre caute le,ň sfuggimenti fi doueffe riguardare«An%ě che nella ijliQnfteli'atton, & delreofihauefje da proceder* 'P z mll DELIE T^ISVOSTE nella maniera, che fi ^cederebbe trattadojěla caufa ciuilmete.Che qual per uia ciuěle douejfe ejjčr l'attóre, & il reo* tale haueffe ad ejfere nella pruoua della fteccato.Et che in cafo di differe^i Signori de'cam f:-]'S3. pi ne doueffero darfenten%a. Et potrebbefěfarein-tofnoa ciň una tale ord'matione. Che come altri ad al j imi haurŕ data imputazione, che ricerchi pruoua d'arme,ccfi quel talefen%a altra eccetione s'intenda ejfere attore, non altramente, che fé egli cimlmente hauejjč a trattar quella caufa,aggraitando i Signori, che daranno i campif che fern^aguardare adiflan-^a di qttal parte gli concedano, jopra la determination del reo, c5" dtU'attore fecondo quefta dichiaratiouc habbiano da giudicare. ituoua ci- ^[pprefio a quejěe cofecontra egni legge,& cotra ogni buona cofuetudine viene ufato fra Caualieriyche di quelle cofe, le quali ciuilmentefě poffono prouare, lafciata la pruoua cimieri ricorre a quella dalle ar-me.Et ciň non altronde procedere non che i Cavalieri noftri moderni fi vergognano di procedere per la uia della ragione,& iflimano che altra pruoua,che quella, delle armejtoro nóficouega. l^č fanno che coft /o-rofi difconuiene adoperar la fpada lŕtdoue non bifo-gna, come non la adoperar quado il běfogno richiede. Ma percioche no cofě di leggierifono tutů gli huomini capati di quefěe ra$toin*ň [e pur capaci nefonojiŇ $-ciň uoghono partirft dalla' uotgar eoe opinione,par co fa necejfaria che la M.V. facciano folamete buona coflitutioue, che per cofa, dcllaqualft pojfa uenir in fruoua cimimele nň shabbia tM tebatterjna che an cara L I Č.K 0 I. iiŁ ara elU Sa il carico di ciň ŕ SS.che danno ě campi,, con vna tal orděnatione* Che i Vrencipi, e Signori fottopofli alla Maeftŕ y.&al [acro Romano lmperio,non debbiano conce der campo franco, fé prima non prendono gmraméto da chi campo domandale per altra macche per qU la delle arme non fi poffa venire a quella giufěificatio ne,facendo che di ciň ne apparivano atti publici. Dopo quefte cofe, Come i Caualierifono al campo condotti, quitti fi vfano tante cauěllatěom, & armi fi Ei««one nHouej&fi inufitate.efuor d'ogni ragione ut fi appre l *im9' fentanOfCheda molti piů fi mofěra cbevogliano cobat ? t ter con fra udeyche co valore: Sopra le quali co/e tato ' dirňio. Che quefia pruom d'arme čfiataimrodutta no ad altro fine, fé nň che f me^o di qlla il dměn giu~ děcio fi habběa a ricercare. Hor ejjčndo Dio soma gin §ěitia,e fomma ueritŕjl gittdkio di lui né co yiole%a^ né con frattdenon fi ha da procurar e.Et per tato otti věolent* piamente č flatmto,che il richieditorefia tenuto a co, d^ě!* * battere fecondo la difpofitione delrichiefěoiche a que fio modo altri delle fmfor\e fidandofitnon deefperat di potere sformare vn debole,douendo combattere no fecondo la propria fua difpofitione,ma fecodo qlla di coluiyilqualfarŕ sfidato da im.J^č da altra parte dee inganna il rěchieditore effer ingannato, dandogli armiJequali l *tmc* dalla difpofition del rkhufto egli no debbia ragione* udmet0afpettare.Vno.che tutt'il tepo della uita fua č fěatoconofciuto p deflrOěUenuto allo fteccalo vuole sformar i'aduerfario fuo a cóbatter co la man maca, Qkffio dico non mi far che fia da comportare ; per- P 4 iiocbc DELIE RISPÓSTE ribebe fitto quefla elettionediarme vi č quella^fiate-dejacfuale ho detto,che da chicerca ilgiudkio diůio dette ejjěr lontana * Io rkhieggio altrm a battaglia, & debbo combatter fecondo La fua dijpofmone>& la éjpofition fua č d'etfer deHro>& egli mi chiama a c6 batter co taftmftra. Qj*e(ěo>come egli čfaor della fua difpofttione,coft č fuori di ragiona & $ tanto ragione uolmente io debbo poter rifiutar quejto partito. Intor rio a quefla difficultŕ adunque^ a tutte le difficulta delle armena me parrebbe ottimamente fatto \ che la, Maeftŕvojěra faceffivnatal dkhiaratione. Che il reo non pojja impedir l'attore di impedirne-to,del quale effo non fia impedito* < ^ „ Dichiarando che in cafo di impedimenti qpielliftd-no tacche impedivano folament e,& non ojftndanoě Con determinatane che non fi habbia da combatter fé non con arme vfate alla guerra da faldati * Et ordinando che le armi da difefa dal reo debbia no effčr tutte infieme,& interamente apprefentatd %č farebbe perauentura male ordinare,che tale ŕpprefentatione fojfe fatta il dě aitanti il giorno (ia-tuito alla battaglia, per hauer poi quel giorno piů li* bero alla determinationc~> » Quefii fono infomma i principali di [ordini, i quali tutto di occorrono nella materia de' Dnelli:& quegli \rimedu\cóquaěŔ{per opinione mia) fi potrebb & quetti 1,co quali (per opinione mia) fi potrebbon tot uia. Si turamele qua1 do ancor ad vn'altra co fa fi prň Si dinano Wft^ ^ ^}e tHttiěgiŕ detti difordini predono i signori, fondamelo. St ciň non č altrove non il forno, & U ne $}igm%ŕ de'Signori, iqualii campi concedono. Chei 0 _'¦' ěsfrB n 0' li ' ; Ě17 pia ŕi loro le patenti ejpedftono fetida intenderla Qualitŕ delle querele :\en%a conofcer fé elle meritino abbattimento,ň nň\&fen%a cercar fé elle cimlmčté (i pňffanoyň non poffŕno prouare.Toidelle differente che nafeono dinanzi a loro, ejfi da loroiftejfifi priua* no dell'autoritŕ del giudicare* Et di qua pia che altri d€ nafeono tutti i giŕ detti abufi. rŁ)i ebeiofěimo che principal prouedimentofarebbe, chela Maeftŕ V» ŕ faro metteffe.vnd tal legger. • che Trencipe^ Signore alcuno alla Maeflŕy.& al faxro Romano imperw foggetto,non debbia conce dert abbattimento fé prima non intende che la qttere la fia tale* ch'ella lo rkhiegga, fecondo che ŕěfopra č ftŕto dichiarato ; & che ella duilmente non ft poffy prouare; &fedi fofftcietitiinditij contra lo accufuto egli non č prima certificato, facendoj che il tutto ap-parifea per atti publid. \A%giugnendo ancora , che non habbiano a dar tampo je non tolgono il carico del giudicare [opra tutte le differente, delleqnali intorno a ŕutllt querele loro faranno domandatele dichiaratimi. Che 'dapoi che nonricufano che fi venga alle arme [otto la. loro giuridittione, non debbono né anche effi muffare dě giudicarci. 'Dichiarando che non debbia dar campo chi rioii farŕ maggiore,acciocbe altri non fi conflituifca giů* diceauamich'egli (mattoa giudican. Et jpecificando che il loro giudició debbia e [Ter fé fondo le leggi preferine dalla Maeftŕ adequati imM labilmente habbiano da offeruare /otto quelle pene f che DELIE RISPOSTE che a lei parrŕ conuementemente di fiatuěre. . lo ho detto con quella maggior breuitŕyche ante č fiato pojfib'de alla MSU.gli abufinche in luogo di con fuetudine fono ufurpati ne gli abbattimenti fra gB huomim dě ltaiia;& come per querela di vedetta no fi debbia dar campo franco:& che egli abbattimenti fi debbia poter uerůre p diletto, che meriti punitione di mortei& per nota dě graue infamia.Hofoggiunto qual debbia efiere il reo,^r qual lyattore:et che p co fé chepnuarfi pojjano cuulmttc non fi debbia telar la pruoua degli fěeccati. Stdameč fiato fatto vn breue difcorfo della elettione dell'armi:& di qtto che da* Sig.de campi nella quijěion de gli abbattimenti fi babbia ad offtruare. ^ille quali cofe quŕdo di quefla maniera fiaproueduto;io aumfo che gli abbattimeli fra noi [arano molto piů raritet che far ano per quere le legittime\et che di quelle fé ne potrŕ venir alla dif finitione. Et tato mičoccorfo di dire in queftofogget-torěuerenternete alla M.V^llaquale quefla fola cofa. aggiungerň, che tffmdo l'Imperiale altera adorna ta di due gloriofifjime corone,di leggi,& di arme,elU dee con tutto l'animo riuolgerfi a quefla imprefatnel lacuale di leggi,et d'arme ěfiemefi viene a trattare» H AI Signor Marchcfc del Vafto. Ieri Signor 'Eccellentif.kebbi la lettera uoHra. de XXll.conh copia di quella di Monfignor di 1JI1( 0 h iiS il Ot'eans al Papatper lacuale (fé lecito mi č dire il vero) non fo intender quale fi* fiata Uintenthns di quel Vrencipe. Eglifcr'me nel principio di quella. Santiffimo Padre flettere del Vefcouodi Rode^ jtmbafciador del 1{eno/iro carěfftmo signor e^& padre , habbiamo nntefo che Gian di Vega fěmilmente lAmbafciador deWImperadore appreflo di -voRrn Sant'itale ha apprefentato(mentreche collegialmente era infame to' Cardinali della [anta Sedia tApoftolica ) certe copie dě letterelattine,che fi dice ejfere fiate intercette in *A.lemagna,cb\erana portate diparte del I\e noflroal Signore Lantgrawo dě Hej]em,con lequali s'čfěmilmente trouato(come dice il medeftmo ^imbafcěadorejpna lettera di credenjtěL d'un Antonio Maliet nominato in quella noftro fer-tŕdor di camera.Et vna iftruttione per noi diri-sgata al detto Lantgrauio. Et foggiuge.QiielliiChe hanno detto, ňdirannojhe habbiamo date alcune iflrutrioni, ň memoriali [otto-ferini di noflra manotbanno falfamente,& trifěamen ttmentito. Etancor piufalfomcnte,& frittamente menton quelli, che hanno detto , ň diranno, che nelle dette iHruttioniyň memorialhfiano contenuti i propo fui ferini per lo detto ^Ambafdadore. Queflačla fomma di tutta quella lettera : nella quale č da notaresche prima fi propogono parola dello ^mbafeiadore dello Imperadore^Et poi fi cerca di applicar meihe a cofe,delle quali no č flato fatto mt iwnej.be ellefiano Hatedette.VotHo repulfzr le pa- ; ro/c rammemorate difvpra>era necefjarěo che Monfi DELLE RISPOSTE gnor d'Orleans negaffeyche ň Hi{e, ň egli haueffefcrU $o:& dkejfe,cbeň ěfěruttionefiata non uifoffe,ffche ella non foffe fiata tale, quale ha detto Hnoftro ^tm bafciadore-, ň che ella non fůffeindriTgata a quel Lantgrauio. Ma egli non nega né le lettere del f{e, véle futi né che ihruttionevi foffe , né che foffe mandata daini, né a colui ; ma folamente che fofie ¦fottofcritradimano [un ; ilche egli non dice che fia 'flato detto. Et nega che in quella foffero que' prň* fofiti, che ha fcrittol'^imbŕfŕadore ; doue dicendo bŕ fcrětto", intendo V^imbafciadore del Re * Etti voler dar mentite [opra lo fcriuer del fno,& non fopra il dif dell'altro s & fen%a specificarne quali fiano Sěatiquei proposti, non fo come proceda ,fe *" «o» contro, il mede fimo, che ha fcritto,mfěn che altro ^non fěmojira. Che egli potrebbe bene hauere fcrětts di quelle cofe.ch1 altri non haueffe dette. Et perciocbe tutta la děfficultŕ č intorno aU'iflrut itone. Dico che per lo fcriuer e di Monftgnor d'Orleas fi comprendere ella ut č Hata ň del Re, ň di lui. Se tlU era tale,che no patéffe apportar biafimo-, no veg go perche fé ne doueffero far tantiromori.Se poteun fortarlojion fo che importi il dir,che no fia fottofcrět to di fua mano, non effendone fiata detta parola. Se era del Re} non intendo quantolodeuolmente habbia voluto fcaricar feyper incaricare il padrcy * Et fé altri gli appone, chein quella fia cofa che uerarnew te non ut fiUidoueua venire alla fjwcificatione di quel Mentite fojche egli di negare intendeua. hioic. ^ „„„ fae alcuna cofa particolarmente delle metti e* L I Č T{ 0 I. irp těte.T^e Vvn&iěič l%altra(per mia opinione) č teggitti. ma.Terciocbe né Hunajnč l'altra č data generale sč-%a Specificar per fona: Et la fecondatila la generalitŕ della perfona, ha quell'altro difetto ancora, che la querela č formata confufa, & incerta.St infěn>che. que'propofěti ferini daW' ^Ambafciadore nonfifpeci-. ficano,altri non fi puň rifoluere della rifpofia / :iv >. tŁ.u JL qfte cofe non mancherň di aggiungere, che quei doancor quelle mentite hauefierohauuto fondarne» to/e<:andoft Monfignor d'Orleans a carico quelle p& rote dette dife.nonfo come fi poteffe dire, che egli co. quefta lettera alla lege della Cauatleria bauejfe fa-disfatto.Cbe bauedol'^imbafeiadordell'Imperador R.f oft^ dette Collegialmente (come eglifcriue) qlle parole^ xaUau«c-quellefirichiedea vna rityofla cofi publicajome p«.fc* • blica era fiata Caccufa. Et lo bauerne ferino al Va* fa vna lettera particolare non gli doueua bafiare, cb'eglipoteua penfare,che noflro S.uededo lettere co. metite no le bauerebbe manifefiatey efsido piů officia fuo celarle, che publicarle, Et fé bene fé ne ha ha-unta, notitia, non effendo quella peruenuta per atto fublico,& autentico .altri volendo potrebbe pretta derne di ignoranza. Quŕto a cui tocchi di far ribotta a quella lettera mfěn che altro non veggono no mi poffo rifoluere qua k debbia efiere la mia opinione. Del Lantgrauto dico kneyche non mi pare che quefiafia querela fuaicht no effendogli quelle fcritture pervenute alle manit& nofentendoft che egli ne habbia fatto motto>a lui no /appartiene di mettervi mano. Stfe bene per effere , -¦¦¦ - fiate DELLE ^ISTOSTE pateintercette lettere, che da luiandauanoypar che egli fi poffa tenere ojfefo,pur nondimeno la off e fa toc ta principalmente a chi le mandauateffendo fiate td te a fuoi mejJaggieri.Toi ejfendogiŕ Monfěgnor d'Or leans entrato primo in quefla querela,par che ambe a lui di perfeguirla fi ricbiegga. *A queSignori ^4m-bafciadori bene intimo io che fi conuenga digjufěifi-carft col Vapa^uno dihauere detto,& Caltro di hi uerfcritto il uero. Et quando quel di Francia habbiA ferino le cofe dette da quello dell'lmperadore; & quŕdo quello dell'lmp. habbia detto quello,(he egli ha hauutoin commifjěone, la querela potrebbe paf-far tra M-d'Orleam, & l'auttore di quella imputa-tione.St parlandcft diferitture interecette, & douen dofi poter trouare le originali, per quelle fi uerebbe a terminar la differenza, né ui farebbe luogo da do-uer pafiar piů oltre. Se ueramente alcuno di quegli iAmbafc.foffe ufeito de termini della ueritŕ, a lui ne fimarrebe il bhftmo della manifefta men^o^na. Tato mi occorre a dir intorno a que Ho particolar di Marte delquaU (come dite udě Signor miojmi con uienttuttauia trattare alcuna cofa. Etčberagionet che io ftaycontinuo fautore delle cofefue. Chelafcia moftare ch'egli fta figliuolo dě quel padre, di cui fon figliuole le Muffi ma egli fu coluijbe principalmeth te mi introduce nella gratia uoHra. Et dee quejěa ef [ere forfč poca obligationeiToi andando udě pure ap preffo honorandolo con l'ingegno, & con la mano, €he dtbbo io ritrarmi dalfcriuerlo con la penna f ŕi* GěhIěq Cantillo ui nngrana con tutto il cuore del- t I B K O 1. no della tanta uoflra benignitŕ: & io penfochefifenti-rebbe guarito del tuttofando egli uedeffe chefoHc dalle opere aě Martefi Jallappato, che potefle intendere alla compofitione ai una bella comedia, da do» uerfi rapprefentare alla pofttritŕ nelfuo Tbeatro. Bjfcofla quarta-. Al Signor Marchefe del Vafto. VT Ella caufa del Duca di Ferradma,qnanto alla x\ forma delle parole mandate dalla Corte,iofo- Łafo.di **; no della opinione ijěejja, che noi Signore llluftrijjimo honow! * mifcrwete. E t percioche per le altre parole che giŕ madň il Duca,fifaceua metione della fola reftitution di lui all'bonore,fen%a parlar della parte cotrarěatet poi fono flati tanto tepo> & hanno proferte quejěe al tre co quella coda difcorpione,parendomi di comprB aere, che flmperadon nofta per ritrattar la cofa di mania a .che egli non uoglia confcruare l'altro, Jo fono andato penfando qual forma mi partffe piů a prň poftto di cercare, fé ella fi potejfe impetraretfaquale io hi dirň,poi che commandato me lo hauete. In quefti cafi tali,douefono due parti contrarěeiet thč la fenten%a non puň effer in fauor deU'unoyche el la nofta contraria aiTaltrOyOgni uolta che i Trencipi ttogliono dichiarare in funere di amendue le partě, la femen%a di ragione ne puň effirefe non per una parte: & ia dkhiaratione per l'altra ha da effere pgra-tta.Et mite cofe di bonore quanto quejla gratta bah» hi* DELLE 1{I STOSTE běa da rěleuare altrui jo non l'intendo. CbefePlmpé* radare mi condannale per fentexaycheio haueffifŕt to ribellione:& che fuceffe vna dkbiavatione emfir mandola fenten%a :& poi die effe che quella a mt non pngiudkajjčf non'fa qyanto iňme wpafeffi contentare: che fé benel'lmptradore č Signor fupremat non pare a me pere iŕ, cjje pojfa far mutare na tura alle cofe; & che quello,cht č>nonfta;& che unafer.* tenZjZ> che fa fio. ribello non mi vituperi, fatuo [e egli quella non viene a dannare. Ma di quefěa materia w parlo bora piů bveuemente, che fatine ne ho -pn&k-f itolo a buon proposto ne miei libri di Duello. IH queHadichiaratione adunque, laquai dice, chehu da, effere per l'uno d'i gratin, <& peraltro di ragio-iie,& di%wflitia; lo vorrei fempre che quella digiu-ftitia fofjě per me, & quella digratia per Faduep* fariomio. Et quefěe parole propone al Duca fom di forma contraria, che elle fono di quello lenor% Nel partkolar del Duca di Ferranděna,fua Ma* • Ha -é feritila, che per quanto fi diede la fenten^a Ut Spixa-, vifucofa.che tocconeWhonoTy & riputatiti? del detto Ducajncnglě fta pugiudicioi& non ofěanft ta detta fintenxjiy iědcttoMucafiaconferuatonel^ fhonor \uo -, & effondo neceffario vifia reintegrata rimanendo lafenten^ nella fuafor^a, & vigorfa lanterne nel patůcolat % c\k•tocca alta parte, in etŕ fattore ella fu pwnuntiata* Et eftedo la fignlficatione di qlle parote,cbe Pira-dote fa cheta nmoj[attte quella fenten%a,chel l L 1 B I{ 0 I. izi Duca fěareintegrato, fimofěra chequejio č proet» der di fauore,& di gratta,Quelle altre,che la fenten-%a rimanga nella fua forila e vigore,fon dichiarati&-ne di gwSěitia : che quella č la for%a & il vigor delie [emende , intorno a quelle ho penfato io, fé potef fi in alcun modo tramutarle in maniera, chefifacejjQ mentione, che la fenten%a rimanejfe in fauor del Co. raffa per grana: & che il Duca ne foffe libero dira-pone. llthenon č tanto malageuole a fare, quan-toča farlo in modo, che ad egnitmo nm fta manife-§ěa quefla diHintione ( che il tentar la cofa apertamente non riufcirebbe) ma vorrei ben farla takahe ogniuno come gliene foffe accennato, di quella diue-rŕffe capace. Et con que sia intentimene ho formale alcune parole ; nelle quali non fo fé hauerň l'intendimento mio conferito, Vorrei adunque che fi dicejjč cosě, Vlmpcradore dichiara, che la fentenva data in **toěe d* „ • ., ,. ,. * • i. reintegra- Spira contra il Duca di Ferrandina no pregiudica m none di h.Q parte alcuna all'beuor di luuet uuolnodimeno ch'ella noxe* rimanga nel uigorfua in quel partkolar,che tocca al la partejn e tu fauor e ella fu pronuntiata. Che quel dire che dichiara che qilafenten%a non pregiudica a liiiydkendoh cofi affolutamente fen%a parole di fauo re,fa intender che ella di ragion non pregiudica. St lo A^gutger cht vuole cherimaga nelfuo vigore, co quel la parola diucler, viene aftgnificare non tantogmflU tia^uanto fauore, moflrandofi che ciň non é tanto di ragione,quanto di volontŕ. Et a queflo modo(per mia ^pěmonejl'impaadore tacitamete verrebbe a danat Q^ quella, i DELLE RISPOSTE quella [enterica ; & il Duca ne rimarrebbe libero, T>{č fo trottare altro me%p da proporre cofa, che poffa r'deuare il Duca : &¦ la quale fperar fi poffa, che fi debbh ottenere^. Queflo č intorno a ciň il "mio parere, il quale rimettendo allo infallibile uojlro giudicio, vi bacio le ualoroje mani. }wnt*-i. Af Signor Marchefe elei Vafto. Cafo doue fi efamina T L Capltan Gio. Maria da Vadoua mi ha fatto ve SnZ -*-derla finten%a dell'lmpcradore contra il Duca :. di Ferrand'mat&in fauore del Caraffa;& douedone con quella venire al coietto voflro, mi ha richie/io a a douerne fcrěuere alcuna cofa. Di che ftn%a ajpet-> tar nuouo comandamento, continuando a quello, che yltimamente uifirijfirficoxhe io ui mandai qutl mio parere fen^a hauere ancor ueduta talfenten^a, ifli-mando che la dichiaratěone dell'Imperator in fauore del Caraffa douejfeejfer fondata foora il d'ishonore del Duca:fi come ancora mi pare ch'ella fta ,* & che per tanto rimanendo quella di ragione nella fua for-« %a;l'bonor del Duca no poteffe ej]ere reěnugrato.Ma perciň che il mede fimo Capitano mi dice hauer parlato con di eccellenti dottori,iquali altramente Cinti* dcnoynon mi par fé non bene,che intorno a ciň alquanto fi difcorra.hjfi adunque (per quello eh'egli re ferě-jce)dicono;cbe quella fenten^a č di due parrijepara te:Et che l'pna č centra il Duca,et l'altra č infauor del ' l I B K 0 t in del Caraffa ,che cotta il Duca fi dichiara, che egli ha ecceffa la parola fua:<& per lo Caraffa, che rimane bonorato per hauer fatte tutte le diligente del com-battere.Et che la quei eia no meritaua abbattimelo, €t che quefto,che č infauor del Caraffa non pregiudi ca di nulla al Duca.Lŕ onde egli dee contentar fi del Decreto propofto. Nčfolamente contentar fi di quel' lo, ma dire anche al mede fimo fuo auerjario, ( h'egli hi fatta ogni diligeva per uenire a battaglia^ che a quella querela pruoua di arme nň fi richiedeus. Co-fi dice eglijhe dicono alcuni dottori. Stiodico^cheio direi il mede fimo,quando quella fenten^foffe tale : & quando le parole iella reěntegratione fojjčro di quella natura, che fono quelle della confěrmatione dell'honore dell'altra parte. St quado le cofefofěero ěntalmanierayiohauerei per quel Decrctoil Duca, reintegrato^il Car affa,no forfč interamente fodif-fatto. Della natura delle parole ne ho giŕ parlato nel l'altra lettera mia; & per tanto no tornerň a dire te cofegiŕ dette;ma allafenten%a uenedo dko%Che č io quella no intendo^ coloro non l'hanno diligBlemente efatrimata. ^A. me pare che l'Imperador fondi l'ho" nor del Car afa prima /opra Vecceffo del Duca, poi fopra la děl'.geT^a tifata da lui per cobattere.Che ha- u rentézŕ uendo primieramile dichiarato>chc il Duca ha eccefŕtn'iw2e~ Jala parohyaggwge. 11attefo quello, che difopra e detto,& oltra di qfio che Gio.Hieronimo,dapoi che fuccedettel'atto della bachetta,fetetutte le diligere 'Xenectfiarie per cofe/uatione del fuohonore;& che tiafiun bua Cau alierň potejfe,ň doueffefare,dichia- Q i riamo DILLE riamo che egli č rimafoi& rimane co l'bonorfnoi& fen%a carico>et infamia^Et dicedo l'lmperadore\^4t tefo quello, che di [opra č detto;& aggiugedo quella, cbefeguejo no fo,cbe altro negano a figmficar quelle parole,fé non che attefo all'acceffo dtl ůucai&alk diligenza del Caraffa, egli honorato ne viene a rima nere.Cofi intendo io quella fentew^a;la quale,co fi ef-fendo, non ha punto due partě feparate tan%ifopr& due partě č congiunta Ufua dicbiaratione. Et con? giunta effendojionfiŕ come il Duca di quel Decreto fi fojfa contentare. Ma neH" Imperadore patena fhrin altra maniera quella fmten%a, -volendo didxavare ... il Caraffa per Caualiero honorato. Che ad bonorato e Cauah.tr e due cofenelle querele fi couěene difendere : che egli prende Carme- per la ragone>& che č titano da viltŕ, Et dickiarandofi contro, il Duca.fi moHri cbelagiuftitia era dalla parte del Caraffa>& com* rnendando fa fua dilěgenzjz,gli rende la teftimoriian-%a di valore. Et quando vna di quefte due cofe manca fs , eglino» farebbe per quella fenten\a interar mentegiufiificato. Ma che dirň, che quando per quel Decreto fi volejje intendere che fi diebiaraffe, che fer quella fenten^a il Duca non foffe dannato di ht mre ecceffala fua parola, fi potrebbe anche dire, che la querela rimaneffe in piedi ; & che il Caraffa foffe ancor obligato a tornare a richiederlo^ non gli hattarebbe pergiuftificatione dihonore bauer fatti quella diligenza di venire ad abbattimento, non ef fendo mancato dal Duca di conduruifi. Et fé mi ft Yi(^ondejfeě che l abbattimento haueffe dn cejja.re py » ¦ • 11 n\ o 1: fěfpetto che nella mede fintafčnten %a ft diceyche"que* fio non era cafo da permettere, che fi uenga in pruo-uŕ d'i arme; io direi che intendo bene quello, che fi di- ^ Ca,fi iě i e r j- I ,.- a Ducilo. te>ma non fo bene a che fine fi dica. Et piů lofio con-fennrei io a chi diceffe, che in cafo niuno ncn fi dottef fé venire in pruotta di arme, che a qital tenejjč che & quefto non foffe cafo ila tale pruouaXhe ft per que-la. doue altrui čappofto mancamento d'hfs ft dee combŕtteremo* fo per quale ft debbia contbaU tere. T^é credo che in Italia ci habbia Trencipe, né CaualierOyche fenta di altra manitraJVenhe io torno a dirtycbe non intendo a che fine quelle parole fia-no fiate potěe in quella fenten%a. Totrebbe ancora ' dire alcuno, che non ft dee combatter per quei e a fi, che fono in ciudpudich (lati tentati di prouare : & che per tato anche in qmfěo donerebbe ctffar la bat taglia.Et a quefloft rifporěde,che quefla regola ha Ino C;uu ^ go quando le parti, ň t'ma di effe volontariamente ri dicio tea* corre al tremai ciuile: & non quando il giudice per mo* debito dell'officio fuo ne fa egli inquifitione.Et nel ca fo noUro hauendo i Caualteri prefd la via delle arme conforma » & con prigionia fono Hati tirati allauia ^^{^i^, ciuile. Ma fé da altrui mifoffe dettOjChe těmpetador ne di hon* feTtffiel Decreto -vuole che il Caraffa fia interamen- " " tefodisfatto, ft per lo ecceffo del Duca, come per la jua dilěgem^.Et iberno ottante quelloecccffo,vuole che il Duca rimanga honorato;diréi che nell'intelkt* tornio non entralo quellefottihtŕ^he perjona in un medeftmo atto fi poffa dire di ejjtr m acato all'honor* 0 di rimaner co honore. Che a me ditta Un mio pare ' DELLE HISTOSTÉ re,cbe la tentenna del Vrencipe in materia di honore tanto mi poffa offendereguanto ella per ingiů Ha rio •poffa effere condannata. St quando per dishonorato mi hauerŕ giuHamente dannato, per dir non uoglio i manca- chela mia fenten%a ti offendas&aWbonore tiretti-*onll fcv. tuifco,non fo quanto mi pojfa rileuare. Verciocheil téic disho mancarne tornio č quello, che principalmente mi pri notano. ^0^jomre. g. [a fettten%a facendo teflbnonian'^a ytl mio maneamento}uiene non a farejna a dichiarar ^ t me per dishonorato. Et [e il Vrencipe non puň far che io non habbia fatto il mancamento, & fenon rende tefěimonian%a contraria allafua fentcn^a^ nonfo co ^aTi*01^1 me e$ mi V°ffa rbonorrefěituire. Pur io lafcierň di* chiarar quella difficultŕ ŕ Dottorila quali nň man canodi quelli, che dell'autoritŕ dt Vremipi parlari do molte uolte,piu fi moflrano ftudiofi di piacer loro, che di dir quello, che douerebbe loro infegnar la ragis ne.Et per dire intorno a ciň con breuitŕ quello, che io ne fento') Si come io ho l'auttoritŕ,& la podefěŕ dt Trend pi,per grande,per reuerenda:& per tremeda, coft non cave nell'animo mio, che poffano romper le leggi della natura. E t legge di natura č,che due con trarij non pojfono flare infieme in unfoggettoi& L'ho nore,& ildishonore fono contrarii. *Di che tlttneth-eludere, che huorno non puň effere infieme honorato, & dishonorato. Et il Vrencipe puň bene rimettere altrui la pena ma non mandarlo dalla colpa. Et con quefěa op'mion mia a quello,che per adietro fcrittoiŕ ho buonamente mi confermo* ifl-llO I. 124 Al Signor Marchefc del Vafto. NEI cafo del Duca di Ferrandina lo Jiudlo měo č fiato in trottar cofaja qual fi debbia fptrar da attenere dalC Imperudore; Et che pd difender fi pof~ cafo di re* foche all'honor dtl Duca fodisfaccia.Et perciň ho io ft!f,mionft formate quelle parole ai mameraicbe ad ognwno ncn [la agemle intendere la yirtů del loro fentimSto: & che di kggierift pofěa ioprčd(re doue ne fio, dimojěra to ah un lume.lUhe ho fattoio penfando che l'impe radore non fia per venire ad aperta dickiaraticnc di voler dannar la fua fenien%a. Et quando fi propO" neffč cofn di honor del Duca,cbe incontanente anche al vulgofodisfacej]e,& fojfe manifefla* lo nonfo cc» me fi doueffe fperar thč ella paffafie ; per cicche vna cofa tale no auěfo io che far fipojfafen%a manifefla offefa deli 'honordell'altro,non potendo l'vno rimane re apertamčte,& da tutte le parti honoratotch e l'ai tro non rimanga manifeflamente vituperato, dapoi che l'honor dell'vno in gran parte depende dalla ver gogna dell''altro; &l'honor dell'altro dalla vergogna deil'vno.Con quefla confideratione formai io aduque quelle parole. T^J mancherň di penfar{fcccmlo che mi comandate) fé altro mi occorrerŕ, che poffa effe-re al propoftto.lo uifcrijji pur'bieri vna altra lettera; mia in quefla medefima materia, fopra la fenten^a 4ett'imperadoreadiftŕ'%4 del Capitano Gio» Mari* & 4 da, ^ hEtlÉ APPOSTE, da Vadoua,ilquale la ha battuta $ douerla pottarčl Lt percioche egli mi difle di battere mandato aW.AU ciato per confultoyiofcriuň quello, che non mifouen-t'Alciato i ne di dire ŕ lui;che Venendo quel confulto,fe mi farŕ moHrato, potrŕ peruentura ejjčr non\en%a feruigio del Duca. Cbt mi ricorda giŕ che l'jiltiato fcrifjč an che per lo S. Cagnino. Et hauendo io iti quel confěggo '¦•¦•; redutOi& notate delle cofe}che no mi piaceuanogli ..: fu rimandato infime con un poco difcrittura della opinion mia; &eglihumanifjimamenteěltuttorico 1tobbet& ritrattň fecondo il mio parere. Scritti del- Quanto veramente a gli ferini deli'fidato, che l* Aleuto: Mandati mi hanetefivtň breuemčte tutto quello, che fuonanoinftnten%a.Egli tocca due punti;!'uno} che l'attore, fé non pruoua la intentione fuatintende batter perduta la querela, llche cofejfo effer vero, quari do da lui macbi di -venirne a fare, ň di farne lŕ pruo' uŕ. Ma fé dal reo mancherŕ il Cňbattere,nň fi douerŕ dire,fe non che egli per perditore babbia da efiere c5 dannaiOě Si che non tanto dal reo,& dall'attore, qui to dal cercare, & dal fuggir la battaglia fi donerŕ giudicare quale con honore,& quale co dishonore ne rimiga . L'altro č,che dopo le uentitre bore effendo i Tadrinigiŕ tra loro accordati, dal Cardine mancň il tobattere.^A queflo no poffo rispondere: che no ho gli atti fětti al campoM ho di quelli memoria. Ma ben dirň,che parlando di quella bora, & no facendo mtn tione alcuna di tutta la giornata fcorfafčn%a cobattere, per colpa di cui ella trapaffafěe, č da dire,che f opinione diluě, ella feorrejft per difettň di colui, pet QUI J l t É t{ 0 1. iz? Megli fcriuetche fé egli altramente haueffe ferětito* hon lo batterebbe paffatoconfHentio, quindi principalmente dependendo i'honore di itti, lo fono tornato a vedereěl pavčre, cbe voi Signore dato hauete in quello cafo ,* il quale non č da quella fcritta offefo in parte akuna)ani^i dalla vitla di quella la dignitŕ di Quello pia chiaramente rijplender fi vede* 'a Settima. Al Signor Marchefe del Vafto; ? IL Signor Cefirt Caftriotŕ mi ha portata una lette ra del Důca diFerradina\ & douédo uenirea uoi S. Eccettétiflimo, m'ha con ijěan%a richieflo>cbe io al cuna cofa ui ferma in feruigio del Duca . Et io gli bů fatto quella fčde-, thč mi pardi poter fare della pron te^Xa deil'ŕnimo}& delTajfett'wne, che uoi portate ŕi Ducay& alle cofefue. Et pur nondimeno no ho ve luto mancar di fůdiifhrgli di qtiejia lettera. Laqualč douédo io fcriuere,non entrerň nel particolar del Dh- ŕ campendo quatxt malageuolefia il parlar di unafen. fezji data da Un ftiprento Signore cotra un fuojug* gčtto,& uafJalo.Ma bi:dirň,che qtěelěa malageuole^ %a procede da aduUtione dě perfoney che per autoritŕj<& fgramtŕ uogliono efftr uenerabili Jeqttali bau itola/ciato ferino j & uogliono tenere che la uolontŕ del Trend p e dee e fiere tenuta p legge ;& che l'erro? del V recipe fa equitŕ; le quali cňfe nofo come a dirle .. fi funo afficurati ; né cotye le loro penne ifěeffe bah- óortoŕ d* bianoftrittejen^a rojjbfc.Che qnd piů pefěilentiojo nati' b DELLE RISPOSTE morbo puň e(Jeretche una talfenten%a ? Et "porrmi nói dire, che queWi cofi fatti pano dottori di giufěi+ tia?b pur d'iniquitŕ}che fé legge non č altroché vna infallibil raglone,che commanda le cofe b contr'a queHa abhomineuole parola ; Che tfitti & ě dati, eSr tutti i fatti de Tremici per buo* ni i i b n o t. m debbiano ejjere approuati. Che fé vogliamo vii aere quanto gli buomini'm (juefěa parte fi mgarm\noy Gabbiamo da penfaretcbe i padri nofěri hebbcro in quella riueren^a, & quel rijpetto portarono a Trencipi loro, che noi facciamo a noflri ; Et che il mede fimo fecero i noftri attoli, & di mano in mano i noftri maggiori. St pur de'Premipi antichi, che viuendodaogniuno erano lodati, (ibiafimano mol- «op te delle opere loro * Donde č ciň ? vogliam noi fiir* "ěm " ma* fé dire, che quelle infin che uiffero foffer buone i& che morti efjě, diuentaffero cattiueě I^ongiŕ; Ma la morte deVrencipi fcioglie le lingue, lequali men tre che effi viuono, Hanno legate . Ttnheft vede quanto fio. danneuole quella opinione, che la uoloa-tŕ de'Prencipi faccia legge » & l'error faccia equi" tŕjdapoi chela morte ha da dannar quella legge per ord'mationeěngmflay& quella equitŕ per ini» quitŕ. Et fé la morte (come ho detto) fcioglie le lěngue , non mi fo imag'mar perche la loro wta ci bah" b'ia da chiuder gli occhi dello intelleto in modo, che non habbiamo da conofcere il vero. St conojcendo-lo, non fo perche & ragione, & amor di veritŕ non ci debbiano prima che morte tagliar quel nodo, che Je lingue ci tiene impedite. Et ciň dico tanto mag~ giormente, quanto il giudicio di noi fi ha da far molte uolte non tanto da gli huoměni, che bora ci h'wq-no, quanto da quelli}che verranno dietro a noi. Et io fono fumo che Trencipi alcuno ( per grande che egli fia ) non abbagliera la ulfla della pofleritŕ in • maniera, che fé io huomo pr'mxto batterň cofa al* ama Ut SP ŇSTE. ima benedetta, ella non debbia effer per buona ap provata. Et fé efft ne haueranno dette, ň fatte di ree* per ree non habbiano ad effer conojciute . in quefta guifŕ adunque dico io doueft poter fare;Che nelle ope tationi de grandi quando altri adattato fé ne tiene, pofpofta l'autoritŕ della grandezza, & la qualitŕ delle perfone,fi dee con la ragion mifurare,qualifta-no quegli atti de''quali altrifi duole.Et quandoělTti ape fta legittimamente proceduto^ corregger fi vuoile chi fé ne lamenta,& farlo rauuedere delfuofalloč Se veramente il Trencipe ha difauedutamente alcu--iia cofa operata, potendoft per alcun mc^o illumi* ttar la mente di lui,queftóini par che principalmen* te fi dourebbe fare. Et quando egli fi volejfe pur nel* le fue tenebre rimanere, non picchio rifioro dourebbe effere aWojfefo, che il mondo foffe chiaro della uerU X'honoi in tŕ}inaffimamente nelle cofe delthonore*Del quale mi cŁe confi- par ci}€ fa fi poffa^fregH p-iu confitta nella vniuer* [ale opinioneyche in alcuna particolar dkbiaratione* Et tanto fta detto del parer mio in generale di quello , che il Signor Cefarc mi ha richiefio in particola* re. Et fé forfč il mio pareffe troppo libero parlare: lo ědirei cche eglinonč in parte alcuna troppohbero : percěoche io mi credo di uiuer fotto legittimo Vren\ a." cipe;& legittimo Trencipe iflimo effer quelloy fatto ilqual ogni huomo puofentir ciň che la ragione gli dit ta3& dir fidlOfCbe egli diragion [ente. L I B R 0 L 127 Al Signor Marchefe del Vafto. Sopra i cartelli}che mandatimi bauetejo ho da di Cafo di re Sig.lUuflriJfimo,chefper opinione mia)alle par lufcntfě iole di carico dette in preferita fi conuien fare la ri- "• fyofta in prefenzjii & non affettardi farla in manieratile chi ha dato altrui commoditŕ di incontanente rifentirfi,nonfi poffa egliincontanenterifentire.Etfi come ad vna foperchiaria č lecito rijpondere con vna altra foperchiaria.Bt cornea parole dette lontano dal l'altrui cojpettOylontano dall'altrui cojpetto č lecito r\ jpondere:Et come alle cofe ferine fi puň rijpondere in ifcrittura'yCofi alle cofe dette in prefent^aiin prefen\a, fi dee far la rijpofěa, fatuo fé fumetto di foperchiaria, ň rispetto di gran per fona non ci interuienc, Benché. anche di quefto rifpetto io non fta di opinione^ ch'egli ; // habbiaad vfare.Verciochefe altrui č permeffo da» uanti alcun Vrendpe di dare a me imputatione di al; cuna infamia, non fo perche non mi debbia effer piů (oportatoa me di repulfarla, che a colui di (tarlami. Ma pur (come che fio) in quefti due cafifi tiene, che altri non fia obtigato a rifponder di prefente. Or fé il cafo delT^Albarano in alcuno di quelli due cafi č com frefrt la fua prima mentita fen%a alcun dubbio e le* ňttimamente Hata data ; legittimamente dico, la* [dando da parte quelle pruoue, che dice l'auerfario fuo, ch'egli ha dihauer dettoti vero. Quando vera-wntz ella nonfojje contenuta ne cafi, che detti ho fa DELLE A •direi ctictia.fofle pocokgutima:& per tale douereb bcella effere filmata ,fetauerferio fuo nella rifro-fta fi fojfe faputo tenere fra i termini fuoi : ma egli col poco auueduto rifponderfuo, viene in certo modo ad ha vergliele approua ta. €t iofopra la rijpofta di colui ho formata la replica, fecondo che ho pota-iOtěion battendo altra informatione che i/'empiici car telii. T^č informatione potrei io hauere intera in quefěa materia ,fen%a parlare conTifteffo ^.Ib arano . Et quando io da lui fcffi potuto e fiere inferma' tojoaurei forfč pofie delle cofe,che ho lafciate,& la-fŕate di quelle/he ut ho pofte. Et in fomma di quella mia nfpojěa non fo promettermi fěcure^%a niu-na. Tyt5 vorrei ch'ella^er non intendere io piů auan ti, dejfe co fi le arme al nimico da r'moltarle contra di noi, corne ifěimo che egli ce le hahbia date a noi contra di fé. Qiiale ella mi č venuta fatta ,tale la mando, Tyč dirň altro, fé non che per non effere flato ben rifoluto delle dubilationi, che mi fono occorfe, mi pare di batterla fatta fognando. 0 . Io věfcrijfi il primo di Maggio &diedwě ma me t'ita [opra quelle parole i>oflre,che qutilo,cbeio dice Mahějlica UěX W5 era yen detto. & uói in rifhofěa fate vna lunga «on di me . , . /• - i • tite. fenttara con molte mentite, quaji come no la prima, ma te molte debbiano valere. Et io nella prima mia mentita pure infijlendo, vi wgungo che mentite an-cora,dicendo che in quelle parole dicefte il vero. ^lle voflre metile veramente rifpondo ingenera le, che a voi none lecito di proporre parole per me : Z 1 B H 0 h 128 & Poi dar mentita Copra di quelle .che dandoti la me .Mentita • ti n 11 , ,- • 1 1 . ptim) che tita per njpofia, ella non dee vjcire aitanti che altri Ihů caiii farli ; perche io ho cofi da Stimarle per nulle, come voihauete da riconoscerla mia per legittima^ per tanto legittima, che alcuna mentita vojěra a me non dee piů poter pregiudicare. Et in particolar vi dico, che della ěntention mia, eJr dell'animo mio ad altro huomo che a me non fi h dadarfede.Et perciň della mia intentione io non pof-fo ejjtr mentito .Lŕ onde voi hauete mentito che io mentirň polendo dir, che io lafciajji di daruimentita. per ejěer in prefenya del Capitano ^Antonio, & di quelli che erano prefentiu he altri ch'io folo non puň render tefěimonian^qualfojje quel rifyettojhe mi ritenefje da farlo. tAppreffofopra quello,che dite cb"iomento,fe dě' co che non me ne ricordici dico che mentite : né voi, ma io debbo poter render ragion della memoria mia, contra la quale, & contra la intention mia hauerei caro dě uedertefěimonijiCbe potejjčro, ňfapejjero, ň uolejftro teflimoněare. Et la doue uoi dite, che ufai maggiori flrabocca-mentii mali coftumi, uě rifyondo,che mentite. *A quello ancorché dite mi fine del cartel uoftro, thč io fono il mčtitojl mal parlateci il male accoliti mato,ui rijpodo che mente\et meůte) & mentite, & di quefte & di tutte l'altre cofe dellequali ui ho dato mentite ui dko,che tate uolt e hauete metito, mttite €t mhirete-,quŕte le hauete dettele d\te,et le direte» Or vedete fé fo dare anch'io delle mentite ^mi-furate DELLE RISPOSTE forate le me con le vofěre, quali fia.no p'm d & dě pia pefo. Ma percioche mofirate di batter la, prima mia r$ ŕta per nulla>per non l'battere io data alihora, inprt-> J€ttxa,vidico.,cbe oltra che convenienti rityttii mi ritennerojn ifcrittura fi pojjono dare mentite delle cofc dette in preferitami voglio,altra teft'woman%aěcbc quella di uoimede(ěmo,cbe nel e anello uoQ.ro cercata di darmi mentita delle parole, le quali dite che io4ě$ alt'bora,& che voi alihora měri/pondefie fea-^a mi-tua. Si che eoa. la ttflimonian%a di voimedefimo ye tute ad effere il ben mentito :& col vo&W efemvi Rtjpofta Al Signor Duca di di q T y Olmi bauete commeffň S. Uluflri/f che lo deh* tela di mol y yla vedetti punti delle di ferente,che.fono fra, Monfig.di Bcltaguardia, & Mpnfěg.di Scros% & cb$ fópra quelli io vi debbia dire il parer mio> conintcn-tionedi voler metter fine alle lox querele. La quale, imprefaioho tolta volentieri non tanto perche io mi conofea atto a poterla fodisfarex quanto percioebe io, de fiderň di femirtŕ, & ho caro diejfere ifimptentu ad vita cofi Cbriftianaoperatione. Ideila lettera adunque di Monfig.di BelUguardh [t contengono articoli xxi. De quali Monfig.di Scrosěr far che di xuftienga.offefoi che di tanti, fa.menticne C.... . " ¦ nel L I B ^ 0*L \\g j nelfuo cartello.Dě qfli foli adůquetrattero Jafŕŕdo gli altri da parte, poiché da loro qrela no ne rěfulta. J^el quarto articolo della lettera giŕ detta,ji dice 1 fra l'altre cofeLcbe Monfě. di Scros ha contrariato al lafortifěcatione di quefěo camello. *A quefěo rifponde Monfi. di Scros nel cartel fuo* Et Monfě.di Bellaguard'm nella giuftěficationefua dice, che per quelli Signori, i quali erano appreffo Monfi. il Trencipe vofěro figliuolo, & per lettere di Monft.di Scros fi pruoua, che egli gli čfědto cernirŕ" rio. Ma perciochc puň ejfere flato contrario a lui}& non alla fortificatione del caflelloyfi uorrthbe veder pruoua piů particolare $ gtuftěfěcare quefěo articolo, II quinto artěcoloyč ebefe quelli della terra haue-uano riffa co'foldati del cajiello,ancor chefoffero cin quantayo cento contra rno, o due,o trecche Monfě.di Scros prendeua la parte contra ifoldati. Di quesla co fa Monft.di Scros fi tiene offefo. St Monfě.di Bellaguard'm nella gimtificatione df-ce,che Monfě.di Seros fauorě uno contra tre, & che ^li condufie a far pace, llche č molto d'merfo dal fu-uorire c'mquantayo cento contra vno, due,otre, Ut per tanto io ne vorrei altragiujěificatione. T^eljcttime articolo fi contiene che Monfi.di Bo-%limandň a parlare a Monfě.di Bellaguardia perche foffero amici infiemey& mfteme ftaggrandiffero. Et 'Monfi. di Scros di quefěo fi rifente in cafo che Monfi, di Bellaguardia dica, che fi voleffe aggrandire pet ma non bone Ha. Ma Monfidi Bellagimdia qUo no dicesti fi r\ " ' % porta DELIE H1SV0STE porta ai vna lettera. Tercioche non dicendo fé non quanto nella lettera fi conncnejn quejěo articolo non ci rimane né ingiuriarne carico. Et la querela di que- Ter l'vndecěmo artěcolo fi dice che Monftgnar di Scros ba con figliato il C avellano di Interualle di rifondere molto male al fuo Trencipe. Di queslo fi rifente Monfig.di Scros. €t Monfi.di'Beilaguardia fopraque fiodice,che le giuFtificationi fono prefc ; Et che egli a quelle fi rimette, &al riporto di chi portole lettere. Di che fi douerebbono veder quefle giuflificationi, & intendi» ve quefti riporti,come egli dice. T^el terxpdecimo articolo Monfig. di 'Beilaguardia dice cheMonftg.dě Scros gli ha detto,cbe Monfu di Marnň era colpa di quanto egli ha patito. QueHo nega Monfig.di Scros nel fuo cartello. Lineila giufěificatione -JHonfig.diBelUguarSn fa mentione di certe querele de gli huomini della ter-rat& di vna, lettera di Monfig.di Granitela: Et no no mina Monfign. di Scros, perche io non veggo come fi pruom,cbe egli habbia quelle parole dette: Et per ta te vorrei e/ferne meglio giůslificato. Moti .di "Sellaguardia nell'articolo xv.dicet che molti della terra gli hano detto male di Mof.di Bogli, & di Scros,ma che non vogliono tffere fcoperti-.Mof, di Scros rifponde nel cartel fuo, che niuno buomo da bene gliene ha detto male in cofa,cbe tocchi l'honore, Monfdi Beilaguardia non afferma chefiano né da hene, né altro, rimettendoli al dir di coloro. Lŕ onde l t B % 0 f. I^e fuetto artěcolo puň paffarfen%a molta contefa. Monf.di Bellaguardia dice nella lettera allo artico Iodkiottefimo3& conferma nella giuflificationcM» fignor di Bogli ejfere flato a un certo tempo Imperia» le,& bauere battuto prouifwn da Cefare. Monfěg.di Scros di quejio prende querela. *A tJftionfěg.di Bellaguardia par che fi conuengtt producerla pruoua delfuo detto. 'Nell'articolo ventefimo Monfig. di Bellaguardia dice}cbe eglinon ha commeffo crimen Ufg maieflatis. Monfig. di Scros rifponde rifentendofhfe dice per loro>cbe efji habbiano malfatto mancamento aWlm per.o habbiano commej]o crimenUfa maieHatis. Et Monfěg.di Bellaguardia. foggiunge nella fua giaSi/z-cationeěche efio Monfěg.di Scros fé ne puň ricordare. Sopra queftodicoy che io poffo intendere di due co-fed'una č la prouifione, che dice Monfignor di Bella-guardia che ha hauuto Monfěg.di Boglidall'impera-dor.llche prouandofi>& hauendoeffo dapoi fermio il Re fen^a bauere hauuto licenza, farebbe chiaro il mancamento. Valtra čia contumacia, nella quale qiteHi fratelli fono flati vn tempo verfo di fuo Signore lllujěrijfimo, laqualefeft debbia chiamare crimen Ufo maieflatis, o altramente > io lafcěerň interpretarlo a voi. Vvltimo articolo,č che MonfignordiBellaguar* dia dice>cbe il S. Marchefe faiwnrŕ piů i giufiě fen-%$, macebia-tchegli altri. Et Monfudi Scros fi rifente,voledo Monfdi Bella guardia dar loro imputatione,ch'habbiano macchia, R x Monfig. ttLlt ^ Monfi.di Bellaguardia nellagiuflificatlone no toc ta qttefla parte. Et io intorno a ciň quanto all'effere ň non effer macchiato, mi rifoluo che fé fi moftra che Mori fi.ai Boglihabbia comm&jfo mancamento ( come č detto difopra delU prouiftone ) verfo l'impe-radore, eglifen%a dubbio alcuno rimane macchiato. Se quefio ueramente fi dice per la giŕ detta contumacia verfo di uoi S.loro,a uoi lafcierň medeftmame-te interpretar; fé incorfero, in macchia; fé furono re-fiituiti;&fe dopo la resěituůone il nome de macchia ti loro fi conuenga. Et per determinar quefti due vlt'imi articoli fi ucr rebbefapere quello, che Monfi.di Bdlaguardia bah-běa ěnttfo di dire per quelle parole. Dé'noue articoli propojěifcome uoi S.Eccellenti^ hauete potuto vedete) due fé ne poffono lafciarda farte}come quelli,i quali necejfariamčte no contefia no queieia :& fette da dichiarare ne rimŕgono.*Aila dichiaraůone de'quali fé vorremo venire per auetu-ra alla pacete fi de fiderŕ fie fi potrŕ peruenire.La ondefen^a andar piů nnouado le ferite % meglio farŕ uedere di cofolidarle.il S.Marche fé propofe i paffati giorni alcune parole difodisfattione.Et dopo il confi gliofuoyio non farei fi prefontuofo, che ardiffi é proforre partiti nuouiyfe delle altre co fé nofojfero pafftt te dapoi. Benché né co tutti) q(ěo intedo io disporre nuouo partitola di producerne vnoiil quale par che da Mof.di Bettaguardia fta flato propoflo.Et č di tal maniera.Effo Monfi.di Bellaguardia nel proceffo fot moto cotta il Capitano Cefare di *ělhenga dice, che Monfig* t t n n o l i$ \ftg. ŕi Scros č fedeli fimo fnddlto uoěěto * e dello Imperadore. Hor a me parrebbe>che dixpoi che la qrela č nata da urta lettera, co una altra ut fi doueffe metter fine,ftriučdo Mof dě Bellaguardia alSMar-chefe le mede fune paroletcbe egliba dette nel procef foichehauendolegiŕin publiciatti fatte regimare » non mi par che debbia far difficultŕ di dirle anche in una lettera. Et tJMonfig.di Scros hauendo lafodif fanione di tptello, che piů importa, fi donerŕ contentare fen'Qi andar cercando tante parůcolaritLVerň iyché per far la pace come fi dee, ejfendo per quella, lettera vffefo anche Monfig* di Boglěy quelle parole fi douerebbonoferiuere dě amendue. Et ogni uolta che quefta opinione mia fodisfaccia a uoi Signore} & che ni piaccia d'interporre l'auttoritŕ uoflra fra queftl due Caualierě uofirě foggetů,io mi affiewo che il S* Marche fé condefeenderŕ a prender fatica di confot tarli alla pace*, come quelli, ilquale io fo che abboni fee le querele, &%li abbattimenti. Et ciň con ógni r'meren%a fia detto per me in que* fla materia^ qualfia la mia opinione jtaqttale bofem* pre dafottomettere algiudicio della fenten%a Hoflrat & dčlia uoHra amtorětŕi H he ctmiLt i Al Signor Duca di Saiioiŕ* . Unendo uoi Signor Sccellentiff. uolfitointende il gnor acceiientifj. uuicnumtenae re il parer mio nelle querele di Monfěg.di "Bella guardia, & di Monfig.di Scros, Io ho fentito che nm mancano di quelliSquali cercano di leuar la fede alle K ě mie DELIE RISPOSTE měe parole,con dir che io fono piů amico dell'una par officio dě te c]je dell'attraila qual cofa quando io haueffi ha dare pareli uuto rijpettoymal batterei fodisfatto al debito tritoli domandato a dir la mia op'mione,io haucffi rifpoflo rii fecondo la mia opinione, ma fecondo lamia affettio-ne.Verche rifondendo a chi mi danna dico>cbe io fono piů amico alla veritŕ, che a per fona che fia : & che quando io fono ricercato a dir parere Joefamino le caufe,& non le perfone. Et accěoche ogniunopoffa giudicare fé il parlar mio fia fiato per parzialitŕ, o pur per diritto giudicio in quella fcrittura, ho voluto far manifeHo quello che io fentoinqueHo negotio. Mons. di Scros hafuppUcato per determ'matione fra Mons.di Bellaguardia^ luhquale debbia effere Cat tore,& qual il reo.Et mene propoflo,che habbiate da commettere, che le loro differente fiano ciuilmente conofeiute. tt la opinione mia č fiata & čy che non fi debbia in alcun modo fare vna tal determinatione. Et a quefio mi muouo io per molte ragioni. Et prima dico, che effendo paffuti giŕ tra loro piů cartelli, & trouandofi effere entrati nella uia delle arme tanto auanti, che par quafi che non rimanga a mandare fé non i campi, il volere bora fargli tornare indietro^ * stilo dě ar« cofafuor di ogni (lilo, $* di ogni confuetudine di Ca-mCm ualleria. Et nelle materie delle arme non fi dee procedere contra lo Jěilo delle arme, douendo quelle fecondo le loro confuetudini effer giudicate.Et quejěo di co tanto maggiormente,quanto (fecondo che dirň ap pteffo) tra loro uifono differente,che ciuilmente non fi pojfono determinare, ji quefio mi fi rifonde, che quello, LIBRŇ t iii queilo,che'ěo chiamo fěilo,& confuetudine>é abufoyet corruttela ; & che ptr tanto non fi deeferuare. Et qui diro io,cbe(e mi fi dirŕ,che il Duello tutto fio, abu fo,e corruttela, io risponde* ň che egli č il vero, & ui [applicherň,cbe potendo leuarlo del tuttofo habbia» te a leuare. Ma dapoi che qui fio non č nelle voHre mani:& che a voi non fi appartiene il fare ima nuova lewe vniuerfale. & che vniuerfale č la ke?e del' , / honore,per lo quale i Canalini corrono a Duelhydů- ueifale. uendofi trattar materia di Duello>ttoi Signore o doue te yolete non ve ne impacciare, o trattar volendola, trattarla con lo rfatoflilo, & con le vfxte conjmtié ŕěni. Var che fi dica ancora che ne'cartdh pajjati fra que* Cantieri noti fi é fatta ancora mtnthne di arme, & che per tanto non fono entrati ndia ria ca^jj[^ Cauallerefca. l ŕ onde iorěfpondo che fra Caualieri fco& ciui-ft tiene,che le mefite oblighino alla pruoua dello flec ie# cato : & fra loro fi rfa che dalla propofěa dell'vno, & dalla mentita dell'altro fi cmtefěi la querela , o uogliamo dir la lite,& che e ita fi contesi fuor di gin děciOy & che fuor di gěudicio fi děfputila caufa, & che ella fi difpttti affigendo lefcritture ne' luoghi ptt blici}e tra loro fi fanno talbora delle eccetticni di no "poter coparire t giudi ciň fé prima le p affate querele no fono purificate.Outfěe co fé fono paffate tutte fra quei Caualieri,& fono tutte Camile?tjche:.& tutte lontane dal proceder amie.Di che ihiarametefi mo flra, che non jolamentt feno entrati nella ria dettar tn'hma che anche auanti uifono entrati. TS(č č necef fariofarc mentione d'arme ne' Cartelli, ^in%j a non Ł4/4 DEllE KISTQSTČ la fare hanno fatto prudentementeuhe pretendendo 1 Tvno, e l'altro di effere reo, chi di loro haueffe parla-to d'arme, alla eletůone di quelle fi farebbe potuto pregiudicare_j » Quante [cinture (^Signore Eccel-tentijfimo) fono paffute infino ad bora intorno a quelle querele, tanti atti fono fatti nelgiudicio caualle* refcojche chi le voleffe indiri'T^ar nel cimle,non ne fi rebbe fatto ancora niuno* La lettera feruta d& MonfěgJi Bellciguardia fu il libello : II primo Car» tello fu la rifpofia->. Il fecondo,il ter%p>& U quarto, fono fiati repliche : II quinto č flato eccettione t Se nafeerŕ fentenya, chi fia attore, & ehi reo^ň al* tre fopra altre difficoltŕ , quelle farannointerlocu-tori > Le patenti de' eampi faranno le citatěoni a con tludere con termine nella caufa-> ; II Signor del cam fo farŕ il giudice; Lo fieccatoil tribunale ; L'armi gli ěěrumenti, & i tefiimonij ; Et la patente che fa" rŕ il Signore %farŕ la fenten%a-> * Hor quanto fiano entrati nella via cauallerefca » & quanto rimanga loro ancora da andare, fen^a che io ne dica altroiad egniuno č ageuole il giudicare^ • Et piů auanti paffando dico, che fé fi voleua in quefta materia far dichiaratone alcuna, ella fido-uea fare incontanente dopoil primo cartello-, ma da-¦poi che fé ne fono lafciaů paffare, due ,&tre t & quattro,& cinque,fi viene ad battere a quelli per vrt tertomodo acconfennto. Laonde parche piů non fi conuenga r'mocargli dalla ria cominciata-/. kAppreffo,b*uédo l'Lmperadore commefia quefěa taufa al Marchefe, et hauédogliele anche voi Signor rimeffa t 1 B K 0 t. ¦•¦¦*?$ timefla per lo Malifcako voftroje cofe paffete fi pcfi fono dire effere p affate per ordine dell'ini per. & ve* Uro. Ter che non par che fi richieda che le debbiate riuocarc^ » Et battendo il S* Marcbeft conceduto quello abbattimento > con yna dichiaratione di rimettergli al ernie, fi verrebbe a condannar lui, che bauefle conceduta coftiche non [offe fiata da conce* dere^j » St fé Monfig. di Scros con fua buona ficea* %a č venuto t come buon [oggetto al tribunal voflroi perche habbiatt a decidere [opra ia differenza dello attore, & del reo, non douete in vn tratto prendendo altro camino, far torto alms& carico al Signot 'fi lj voglio tacere, che in uno artěcolo děqfte querele fi da imputatione a Monf. di Bogli, ebebauendo tgli prouifěonedaWJmp.habbia tommejfo mancarne to: & quejia č cofa chela inquifitione ne appartiene all'lmperadcre. Et battendola efio commefia al Mar tbefet& hauedone egli conceduto Duello, non mi par chea voi fi rkhiegga di fame nuoua determinatone* Si che per quesěe ragioni, quando ancora fi uedep-fet che le cofe tutte fi poteffčro prouar cimlmente » ŕ me par chela ragion non uoglia, che ui fi metta mono per darui quinuoua ordinationz_j » Ma che dirň che le querele fono tali > thč ui fono di quelle cofe, delle quali non fi uede che per «b ci* tŕk fé ne poffa uenirealla pruoua-»} Et per dire alcuna cofa di tutti quei nuotů capitoliydcféfuart pare che querela rifultijopra quellifommariamčte difeor irň fopra ciaf imo di efji il parer mio, lě DELLE RISPOSTE* 11 quarto,& iundecěmo moilrano che chělmenti 0 prouare,o riprouareft poffano. Ilfettimot& il quintodeómo fono coditionati:& non fi verificando le c6ditioni}battaglia no ricercano» II venteftmo,&H ¦pentefěmoprimo hanno bifogno che MÓfdi Bcělaguardia gli dichiari: <& poi fi potrŕ determinare fé hanno bifogno di D uello. Certo čchei capi fono grauiffim'het fen%a dubbio alcuno fono indi rizzati alla infamia di que'duo fratelli. f 11 quinto č, che hauendo fcritto Monf. di Bella-guardia }the Monf di Scrosfůuoriua i cinquŕta, & i cento contra vno, & contra due, volendo apprejfo giuHificarft, allega che Mons. di Scros fŕuorě vno contra tre; perche io penfo che egli non habbia pr»o-uŕ ciuile, llterxpdetimoč che Mons. di BeUaguardia, dice che Monf di Scros gli ha detto, che Monf di Marnň era colpa di quanto egli ha patito. Que fio non credo che fi poffa prouare, fé non per la bocca di Monf. di Scros : Et effo lo nega. Si che a fargliele confe/fare^ neceffarialafpada. Il diciottefimo č quello,del quale ho detto che Pin quifitione alio Imperadore s a.ppartiene&lqua.le non foca confideratione fi conuiene. Voiintendete Signor llluflriffimo & in generale t et in particolare qualfia la mia opinione.^ilěa quale yoglěo aggiungerebbe fé bene articoli vi fono,cbe ab La querela battimento ancora non richieggono, queflo non fa nul cea. emp l~ lacche tanto čyche uno richiegga pruoua di armcqui to tutti. Terciocbe ogni volta che quei caualěerifi ci duce- t I S % 0 1. 134 duceranno in campo, non batteranno da combatterei fé non per la diffinitione di vnxfola querela. Quando a . Né voglio pafiar confitenti che per ferma con- fuddho nň cluftonedi CauaUeria fi tiene , ebeti fuddito in qui" J^f^J^ Hion di honore non č tenuto ad obeděreilfuo Signore. Et per tanto in cafi tali i Trencipi hanno da guardar fi da procedere con ordinationl& con comandamen-tupercioche neceffaria cofa č,che da quelli ne rifulti-no de'difordinh che obedendo, i Caualieri rimangono con vergogna, & non obedendo fi fanno contumaci & in quefto cafofe da uč fi farŕ ord'matěone,cbe pre ma l'bonore di aU uno di quei Caualieri, io tengo per fermoycbe non obediranno.Et dico nň cbediranno,che come l'uno děfobedifee, l'altro per vblěgo d'honore č tenuto a difobedir feruttando la quereta,& non il co tnandamento.Di che nefeguirŕ^ebefacendoft ordinazione con intentione dě metter fine alle loro querele, da voi fi (terranno a perdere due Jeruědori facendogli contumaci^ difobedientUnč perciň fi metterŕ tran qttillitŕ fralorowziper auttentura fi darŕ cagione a maggiori fcandoli. Dalle coft difopra dette mi rěfoluo i coclufioneja opinionmia ejfere per ordine di CauaUcria,ptr rifpet to del S.Marche fé ,per riuerčtia difua M.per la qua litŕ delle querele, & perferuigio uoflro, che debbia-te laf dar paffare le differente di qmiCaualieri per quel camino che elle hanno giŕ cominciato a pi édere. Et tanto riuerčtemete mi č occorfa di dire per uh di parere a uoi S. lllufiriff. fupplicadoni che uoglěate degnar di accettare il tutto in buona parte,che io n% ho DELLE %I ho potuto lafciar di prendere in mano la penna, fi per che fi conofca H parer mio e per ragione, e per affet* tione,fi ancora per battere in ogni occorrenti da render ragione del mio parere^ * Al S.Corttendador Figtieroŕ Ambafciŕdor del* lo Imperadore in Genoua* E '{fendo io flato dal S.tJUar che feconde io tornai tběerfera, ho trouata Signor mio la lettera uoHr& Atme- infieme ed cartello,ilquale mandato mi hauete^j.Et giŕ Monfig. Inconomomenebauea parlatoyma ejjen doft poi fttbitamente partito per andare a Tiacen%at non potč mandarmelo. Hor al cartello venendo dico, che per mio parere in quello fono di molti errori: Che ' Specifica- prima la mentita č data fen%afpedjěcar le parole, fo id".e ^ *" Pra kqualiella vien data:& le mentite tali non obli* gano altrui a pruoua, né a rifpofla i anyi il piů delle volte fi poffono ritorcete con tra colui, che le ha date} di maniera, che egli ne rimane mentito. tAppreflh il S.Fracefco dice, che l'^ilferei^ ha dee te parole,per lequali penfa di pregiudicare all'honor fuo. La qual cofa come egli fi fia potuto ajjicurare di dire,io non l'intendo; che del mio penfare, & della mia inteměone alcun non ne puň fat fede yfe non io* Et per tanto ŕ chi parla delmio penftero, iopoffoft* caramente rifondergli con mentita- Voi dicendo che quelle parole fono co fi brutte, che da altro che da lui non fi ajpettauano,uiwe a dire,che non ci č per fona p'm pronta a dir male di lui, fi che egli l 1 B H 0 Ł 13$ egU fi fittomene ad una troppo chiara mentita. ¦ *ěnel qual cenate di darmi metěte foprn parole, le fiali uqě nonj^ecificate>& per tanto io non mi poif fi DELLE K1ST0STE forifolttere della rifpofěa. Ma percioche nel mede/imo cartello fi dice ch'io in quelle penfo di pregiudicare al voflro honore,vi rifpondo>cbe & voi ne mentite', eJr ogni altro che lo dica fé ne mente:che quando par lo,penfo di render te5timoma.n%a alla veritŕ, & non di pregiudicare altrui : & del mio penfiere ame,& non ad altrui fi appartiene di farne fčde. Et percioche dite che qlle parole fono brutte,cbeda altra per-fona che da me non fi afpettauano, dandomi in que-fto modobiafimodi ejěrema makdken%a\vi dico che mentite.iApprefěo doue diteschyio meto di quello, che ho detto di uoi,fen%a efyrimemcche cofa,nč doue,nč quando. Vi rifpondo che io ho alcuna volta parlato honoratamente di uoi ; Stfe volete che quelle co fé non fieno vere, lafcerň il penfiero a voi : lo parlaua co fi penfando di dire il vero. Ma vi aggiungo bene fopra quefěa voftra coftgenerai mentitale uoi men t'ite. Et di quefte cofe delle quali con mentite vi ho rifpoflo, vi dico, che uoi hanete mentito, mentite, & mentirete tante volte^qnante le bautte dettele dite, & direte. Hora intorno a quefěe mie mentite, per efjere elle fopra parole efpreffe, & per confequente legittime, & tfpetiali, vi potrete rifoluere del modo da prouar le parole vo(ěre, che io non mancherň di rifponderui. Et quando a quefle hauerete (odif> fatto, fé dichiararetela querela vofěra> & mi chia-merete (ptrciocbehauendo voěpropojěo Duello,a me fi appartiene di eleggere le arme) io vi rifponderň }fe dir agone farŕ conuementc^. LIBRO LIBRO SECONDO DELLE RISPOSTE Cauallcrefche del Mudo Iuftinopolitano. IL Sign. Cefare Fregofo a due di Gennaio del 153 7. fcrweal Signor Cagnino Con %agail cartello che fegue. Sig.Cagrimo quante volte battete det* tOyO fatto dire, ferino, 0 fatto fcriuere in pregiudi-do deU'bonor mio, altrettante volte mentite per la go U:& denegando Jimilmmte mentite^ .né dirň villa." tue in lettere parendomi che tale officio conuenga piů ad huom mtiligno,inuidiofo>& vile,che a Caualiero : tiferuandomě ,/e da voi non mancherŕ, a parlar con l'arme in mano. Il S.Cagněno a xxv. del mede fimo me fé gli rějpon-denella forma feguente : S.Cefare.al primo capo det vojiro cartello non intendo per bora far rifpofia^gm dicando non efj'er nec eftario; ma per offerirmi voi nel fecondo taf o parlar meco con l'arme in manvjo mol~ f DELLE RISPOSTE tovolentěer da noi in,uitato,accetto parlar con uŕ con l'arme minano. Il S.Cefare per lungo tempo non rifonde. Et na-fcendo dubitatione per quefti cartelli qa.il de'due Cx ualieri uenga adeffre attore, & quale reo, II Scagnino [opra quelli ricerca il parere di molti SS.d'Ita lia:i quali in vna conforme fenten%a firifoluono, che U S.Cefare fta tenuto a richiedere il S. Cannino ŕ Duello.Et che al S. Cag.la elettione delle arme fi appartenga . Dapoi il S. Cefare F ultimo a" aprile del MD XXXIx.publka vna fua fcrittura fětto nome dimanifejio:e con quella infieme vna lettera patente del Re Chrifiianiflěmo ,'dquate facendo fondamenta [opra parole del S.Cefare, che ha detto hauer tetti-moni}, che il S. Cag. ha detto mal di {vive fopra vna lettera pur apprenfetaiagli da, efjo S.Celare per lettera del S.Cag. dichiara che il S.Cefare ha fodisfaU to al debito di Caualiero; & che il S. Cagn. č fiato di ragion mentito:& che a lui tocca il douerft rifattura Et publica ancora vna lettera del S. Marche fé dei VaUomeUa quale fidke>che hauédo il S.Cefare ferii tura autenticale il S.C agnino habbia detto mal di lw>egliloha giuridicamente mentito. Dopo la opinione di un f{e> & di tanti Trenňphef fendo io domandato a dir la mia opinione di qutUo, che iofento in quefla materia}uolčdone io par lare, la mia potrebbe parere opera prefontuofa.lkhe confef fo io che cofi farebbe quando l'opinione del Re, & é queVrendpi apparěffhro conformi. Ma e fendo i lor famidiuerftpo mi pur che mi debbia efjer dijědettQ Udire rI 1 B X 0 II. J37 il dire per qual cagione a qual delle due opinioni Cani rnomio fi inchini: Effendomaflimamente l'autoritŕ coft d'wife>che fé dattorno cantovi č piů eccetja d'igni tŕ;dJl'altro vi fi vede il numero molto maggiore. lenendo adunque al cafo propoflo dico » che fra ě dubbij,cbe'mtomoa quellopoffononafcerebellomi ¦par principalmente che fia da conftderare, fé perii cartelli & altre fcrětturefin qua paffate fta conte' Hata querelatila quale abbattimento ftconutnga.. t)i cheto fono del tuttorifoluto non foUmente non ci c ejjčre querelale meriti dijfinitione d>arme,ani%i che ue querela infino ad bora non ci apparisce ninna. Che ^ primieramente dicendo ilfig.Cefare cheti fig.CagJoa mentito quante yolte ha dettolo fcritto,o fatto dire, o fcriuer in prcgiudicio dell'honor fuo, non perciň ejprime cofa,fopra la quale egli intende di dargli me iita: né afferma ch'egli habbia alcuna cofa,nč dettat né ferina. Donde non fi potendo intendere dě che egli di rifentirft intenda jneno fi puň dire che legěttimo fia il fuo rifentimento. Tofcia dicendo che denegando il fig.Cag.mente,& non dichiarando, qual cofa denega do menta M quefle cofč piů che dalle prime non fé w trahe conclusone veruna.St ultimamente col dir che fi riferua parlar con l'arme in mano, nčfponendo co* fa,di che egli parlare intenda, non veggo che per tali parole fi formi querela. Et la cagion della battaglia fi ha da efrrimere auanti che a quella fi venga-». Et non ha Caualiero da condumifi per dover poi con le Spccěfica-arme in mano la cagi6fentire,che ella potrebbe effer \^ dl ^" tale 3tbe abbattimento no le fi richiederebbe :o che fi S altri DELLE %! SVOSTB altri prima [entitŕ la baueffQjion fi farebbe condotto in ifěeccato,potendofi per altra via la querela acquetare , ň determinare. I^e perche il S. Cag, accetti di douer parlar con lui con l'arme in manosi dee dir per-ciocbe querela alcuna fé ne formiche egli non esprime cofa alcuna pia che fi faccia il SXefare.'He quel fuo accettar battaglia altronde procedere non accio che non fi paia che eglifchifi di conducer fi col S.te-fare in prona di arme, llche no dee bajiareafar che due Cavalieri debbiano alle arme correre. Perche io torno a direbbe querela infino ad hor non ci appari-fce:& per confequente non ueggo}che per le cojč infino ad hor pajfatefě induca abbattimento. Ma perocché pure in quefli cartelli, & nelle altre fcritture fi Parla di mentite, & di arme, & di cofe a Duello appartenenti, lo non mancherň di dU re & [opra quesle mentite, & fopra quelle arme quello, che io né fento, qua fi presupponendo che a Duello fi babbia a uenke, dapoi che a cofe douer fa-re fono ricercato. Ter la parte adůque del S.Cefarefi puň dire, che efěendogia confermato fido fra Caualierijhe quale č mentětOiCcluifiintenda ejfere attore }h avendo ils.Ce fare dato mentite al s.CagŔubbio non č che al s.Cag* cornea mentitotnon fi conmnga domandareils.Cefit re a battaglia.Et tato maggiormente, che uedendoft ils.Cag.a quelle mentite nonhauer rifpojěo,per quel fuo filentio pa,r che egli quelle uenga a confermare per Legittimamente date,poi che non ha hauuto chi rifondere per ifcarieafidi quelle. LIBRO II. 138 \Appreffo dichiarando fi per la patente del Rejbe ilS.Cefarehafodisfktto aidebitodi Caualiero}fi rie ne dichiarare,che eglinon ha da far piů auanti: che fé a lui rimaneffe cofa a fare, egli al debito di Ca.ua-liero non hauerebbe fodisfatto,Et aggiungendofi che il S,Cag.č flato di ragion mentitot non fi ha da intendere altro }fe non che > fecondo lo Siilo da Cŕualkri mentiti 5 egli debbia chiamare il SXefare a battaglia ? llche ancor piů chiaramente fi mene ai efpri-mer per quelle parole,ch'al S. Cag.tocca il douerft ri fentire. Che quelle altro no fignificanofe non che egli č l'attore, Et ejfendo quefla determinatione del l\e, CSr ejjě amendue Caualieri dell'ordine di S. Michele, del quale il Re č capo,quella fi puň dire effere una au tentica fentenya data dalloro giudice competente, dada quale non vifia alcuna appellatione. Voi confermadoft cou quella fente^a la opinione dell'EccellemiJfMarcbefejTrencipeprincipale delle arme Imperiali in Italia, non fi uede fopra che fi poffa děfputare, perche al SŁefare non rimanga la ilettione dell''arme'infume con la per fona del reo. Tato par che infauor del s. Ceffi poffa direset an e or che 1 prima wfěa ciň fi poffa altrui parer uerifimi le,pur nodimeno a chi piů dilig$teme'te il tutto uorrŕ efaminar ^donerŕ manifeftarfi la ueritŕ effae 1 coirŕ rio.ilche fperiamo di douer intotanttefar apparire. Et prima č da fapere chef difpofiůon di leggi gli abb aumenti fono conceduti, & da'Caualkri fi debbono efercitare Ł giuftificfitěone del uero:& f> cagio-nitchenecejjaria mente cerchinogtuftěficanone. '^č DELLE I{ISTOSTE dee alcuno conducerftin pruoua d'arme fé non $gra-ue & efpreffa querela.Et cercado il fig. Cefare di dar mentita [opra parole non efyreffe ; non opera nulla-». Mentite gc Terciocbeefěendo la mentita propriamente repulfa di ingiuria, a voler quella nbuttare}č neteJJarto che l'ingiuria apparifcay acŕocbe la rifpofla nonfěa fatta fen^ chefifapp'ia la propoUa.Et dando egli qlla marita fopra quante volte ilfig.Cag. ha dettolo fcrit to,o fatto dire, o fatto fcriuere in pregmdicio del fuo honore, quella viene a dar fopra parole generali. Si le mentite in tal modo dite non diligano altrui ad al cuna rifpoHa particolare. Che potedofi in děuerfe ma specěfica- niereparlarein pregiudiciodell'altruibonore;& pň- tione di q- tendo altri di altrui hauer parlato diuerfe cofe, delle quali altre potrebbono effer yere,e altre falfe;& altre dette ad vno,& altre ad altro fine;& altre potč-4oft ŕmlmente prcuare, et altre no fi potendo:& ad altre touenHofi proua d^rme^t ad altre nň;č necef fario che coluiMqual risentir fi vuole, fi rifenta di eo-fa particolare efprejffayaccioihe l'a duerfarioftpof fa rifoluere,fe egli vuoi preder la pruoua di qllayet in qualmodo di prčderla glifi couega. E chiaUramete fa> ftŕdo in fu la generalitŕ jiq bada afpettar rifpofta fpetiale.^An'zi ehi co fi ferme,fé vuel perfeguire la q-rcla,bx da tornar a fcriuere, & da dichiarare quale fia quella co fa fopra la quale egli intende di dar men tita,fe no uuole che ella rimaga di niun yalore.Di che per qmile ragioni m ho tal mentita per nulla, & di ninna for%a da poter metter caricoaddofjo al S.Ca. Ter vn alerŕ ragion ancoi č nulla quella mentita» . .... :. Che l I B K 0 IL 119 < thč a voler aggradar altrui con mentite:čriecefj'arto > ancora di affermar iheeglě habbia detta cofalaqiia, le dicendo egli habbia mentito, ile he no fu Hfěg.Cefd re;ma il parlar [no č tutto co conditiane* Che il dire: Quante volte hai detto mal di melante hai mento, Mentita co viene a figwficar, (č dieci uolte hai detto mal di me,dmonalCt dieci volte hai mentitole quattro, quattro:fe nulla, nulla* Co le quali parole nň cocludeioftjič affermati doft nulla, la mentita medtfmamete nulla coj'a affer ma,& coft necejjariamente nulla vien a rimanere» Dopo la prima mentita generale, & consuonale né feguita vn'altra pur della mede/ima natura, Et denegando ftmilmente mhite. Cheil dir denegando, & non esprimendo) che fa il parlar generale. Et non •polendo dir denegando altroché fé denegate>o fé de- Mentita ne negherete yqmfěo č parlar conditionale.Oltra che da H^^i do la mentita fopra quella negatmaj fuori d'ogni ra gione ě che aljigXefare tocca di prouare che il fěg. Cag. habbia , & non alfigi Cag.cbe egli non habbia dettojO ferino mal di lui. yjegŕdo HftgCagJi hauer dettoyo ferino mal di luiy non gli fk ingiuria. Et ingiů ria non gli facendo, non ptto ejjčre mentito. Che dandoft le mentite per repulfa di ingiuria, non obliga no altrui a prona fé in tal modo date non fono. »An-%i dando fi altramente dmmtano ingiurie y& con nuo uč mentite pojfono e(ěer ributtate* Effěndo adunque tali le mentite date dal fig^Cefare^et nulla affermati do}& a nulla re(ěringendofě.& dalla propria lorna* tura partendofě,fonodiniun valore;&alfig.Cagn. non pofjono mettere alcuna oblěgationg. S i Xe VELIE Včdeegionaral S.Cefare che il S. Cagn. a quel* te métite no babbi a altramente rijpojěo;che ŕ quella generalitŕ, & incertitudine di parole rio fi couetnwt farjpetial né certa riftofta « Et fé il S.Cefare la «o-Ima tale,douea e(porre}et dichiarar quello.[opra che intendeua di dar quelle mentite.Et fé uoleua che il S» Cag.alcuna co fa negaffe, egli la doueua affermare* Et non hauendo U S.Cefare co fa ueruna affermata, il SXag.rton haueua che negare. Toiil S.Cag. ha n-fpofto quanto fi conuerima,dicendo * *Al primo capo ¦per bora non intendo far rijpofta, giudicando non mi effer neceffario:& dijfe per hora> come uolendo dire, quando uoi efprimerete, o affermar'ete cofa panico-lare,<& lo particolarmente ui darň rifpofěa » Et ben giudicando non mi effer neceffŕrio ; che non ejfendó quelle mentite legittimamente datefifpofta non uifi rkhiedeua » Quello č quato Uomo alla prima parte del cartel itmc' lo del S.Cefare mi occorre a douer dire. Et fé alla fé co da uenčdoydoue egli parla di parlar co le arme in ma. no* lo nofapreě che altro dirmi, [e no che a qualhora. a Duello fra loro fi doneffe ueritreje elettion delle at me donerebbe effere del 5". Cag.et che il SXag.medeft mamente hauerehb-e afoflener perfona di reo.Che no operado nulla quelle mentite:& parlado il S.Cefare di arme,et di uilanie,par che fi oh Ughi a douer gli dit uiilania co learmeinrnanoSPoi efiedodueleuie dU prouare,l'ima ciuileě& l'altra delle ame,certo č che ali'attor fi richiede di elegere qualgiudicio piů gli pia ce.Et chi elegge ilgiudicio č attore;& chi chiama al 11 n \o 11. triti in ftěudicěo č attore. Et cerne altri elegge ilgutdi* ciň delie arme, cofi ali'aduerfario fuo tocca la elet-tion di quelle. Or qui il S* Cefare elegge ilgiudicio , qual piů gli piace : che di arme parlando. Tiene ad eleggere il giudicio delle arme. Et quelgiudicio eleg-gendo,cbiama il SXag.dal diale a quello degli fěec-cati.Et chiamando egli.al S.Cag.fi appartiene di rispondere.€t e/fendo il chiamar proprio dell'attore^ il rifondere del reo,egli viene a far fi attore, & il 5\ Cagn.a rimaner reo:& come reo dee affrettar di ejjčr chiamato; Cheil S. Cefare no folament e nel cartella tnoHra hauereintenůonedi volergli dir villania}ma nel fuo manifefěo ancora dice hauer da dire, & da combattere alcuna cofa di piu.Hauédo adunque egli da dire tante cofe, & da combattere; J^č[emendofi ilS. Cag. battere da fare altroché da vdirlo>da rifpon derglij & da difenderfi, ragioneuol cofa č, che come no procedendo Rabbia da-afpettare,cbe eglilo chiami a quel prima propofěo parlamento, & a quello tiuouamente propofto abbatimento* jrrop Or effendofiil S Cefare (fi come di [opra fi č d'imo Ła^ <*ef flrc) per fé Sěeffo oblěgato di quella cofi euidente oblě t ^ c "" gatione,non veggo di che l'altrui autoritŕ., o le altrui fcritture lo poffano rileuare.Et per dir di quella alcu na cofayTrimieramete f quella patetatla quale egli publica per patente del Bf, fi motěrajhe facendoli Re fondamento [opra parole di effo S.Cefare>che ha detto hauer teHimonif, che il S. Cag.ha ditto mal di lu'h&fopra vna lettcra}che tffoha mtdefimamente apprefentata per lettera del S.Ca^n.fopra totali CO' S 4 fé» DČLIE KISTOSTČ fé, dico facendo fondamento ferina vedere altra effe uere fono le cofe, che dal fig.Cefa.re fono, date efpofte. Et fin che quelle non fi prono.no per veret non fi puň dir che quello fta veramente fuo parere.B'ifognaua che ilfig.Cefare a quella patente fog^iungeffe la proua delle cofe dette da lm,fe voleunfare autentico quel parerci che non ha uendofhtto, non veggo come egli di quella autoritŕ fipoffxferuire. Sentenza, ^č dee al quel io voUtdo alruna r anione tibefent$ %* fi dia ad ifiaXji dell'una parte, fen%a che l'altra. fta rkhiefiaiet nň e (fendo ilfig. Cai no che (iato rkbie fto,ma né pure fattogliene motto, col dire che quella fatele fojfefente%a, fi verrebbe a dare imputatane a quel virtuoftfjěmo [{e,che egli haueffe data vna fen ten%a cantra tutti gli ordini di ragione». Ma né ella č fcnteza& le fue pruo»e: alle quali UfigiCagn* hauerebbe fatte le fue rifpofle.Si farebhono efam'ma ti i teflitnonijě& a quelli fi farebbono fatte le debite oppofitěoni i Si farebbe uenuto alla ejaminationt dě qlla kttera,fe ella fojfeitata lettera del SXag.di ql la mano,fe ella fojfe fiata fuamano;e del figlilo fé fof fé flato fuo figlilo. Le quali coje quando fojj ero bene fiate t I B 1{ 0 th 14 $Ate conofcMte,e confederate, allbora batterebbe p0 tute il E^e dar tanto certafenten^a, quanto queěěo č incerto parere* Ma che dirň iot cht talee k ragione acŕftata dal *WP** ** ftgCag>$ la nferuatione delfěg.Ctfart di parlar con Carme in mano,e per U (uŕ accettatione,che per tut te le vie (tome dijepra s'č dimoftratc}H S.Cag.uiene ad bauer la étttione delle armeěEt in quella patente di quelle nonfěfa metione.St fé bene dice che alfig. Ca%.tvcca di rijentirfi,non perciň incontanente per quello fi uiene a techiuderetcbt eglihabbia da $de-re le armeicbe altri puň bine efftre attorey<&guada gnor le armeno per cortefta ddl'aduerfartOyO per prt giuduioxbe eglift babběa fatto.come detto babbia-trio che ha fatto ilfig. afare. Di qěla rifematěone adn qMe,& di quella accettatěone non ne fa parola il [{e* Et g tato nonftpHO dire che egli dichiari fopra quei la cofa.ddla quale egli no parla.Et per la medefima patente del [{efěmoftra, che egli ha vifloil cartello delfig.Cag.Et qilo bauedo ueduto, no fi puň dir che non babbia uijěo il fondamento delle ragion fue effer qlla riferuathne delfig. Cefare di parlar con le arme in mano.Et di qnellx mentione ne facédotuiene ad ap frouar per buone le ragioni del(ěgŁag.cbe la, dettiti ne delle arme fin di luhChe quado altramete hauej^-fé feniitohauerebbe ancora dichiarato che no oftaté la riferuatione dell'uno^ l'accettŕtione dell'altro* la elettione delle arme atfě$. Cefare fi app artenejfet Vaiolarne'tcil HCimal'[(lelfo fig-.Ccfa. alle ragio ni del StCag'Uiene a cojentěre; Che no bauUó in tato tempo i VELIE HIS1 tempomairifpofto al cartello del S.Cag.<& bora ma» dando fuori patenti,& ifcritture}di quella riferitati*} tte,& acce Mattone non ne dice parola. Ilcbe altro no viene a lignificare, fenon che non ha trottato rifpojěa alla rifpofla dei S.Cag.St nel vero quado effo S.Cefa re volefje be legare il fuo cartello, & hauejfe la métě ta legittimata^ congiungeff"e la merita con la rifer uatione del parlare con l'arme in mano,che potrebbe egli direbbe fi intendere per lofubfcriuereife no che lě S. Cag.ha metito:& che e^U gliele vuoi Łuare?Ot~ fefacedogli buone kfue ragioni, le ragioni del S.Ca* gnino vengano ad effer talit che la elettione delle arme ha da efferfua, Quale debbiiamo noi dir che elle fěanO) ejj'endo le mentite del S.C efare non folamente non legittimatejna nulla? ht per non mi partire ancora dal parlare dě quella patente, dico che effendo il nome di patente nome di co fa aperta , & manifesta, par che il S.C efare la habbia procurata per via a patente non molto con-ueneuole, procedendo piů fecretamente che egli ha potuto, accioche non forfč il S.Cag. fentendolo face fie al Re intendere le fuc ragioni. Et di ciň ne fo io argomento dalla forma della efpedhione di efja patente: che effendo fiata spedita col figlilo fecreto contra ogni Siilo, dimoSlra che il tutto fecretamente fta paffuto. , Quefěa cofa ho lo da co fermare ancora per una al Capětoli tra ragione, che effendo flati altempo di quella pati Aě'n"li- te il $.Cag.& il S.CcfutmSdue caualieri dell'ordine di S.M'ubiele, drt quale č capo il ^e, nt 'capitoli di quella L t Č % 0 -IL 14 quella religione ve né č vno di quefěo tenore > che ni* fcendo alcuna differenza, e conte/afra Cavalieri, 0 officiali dell'ordine, per lacuale dubitar fi poffa che debbiano tra loro venire in pruoua delle lato perfo* neMaendone ilfuperior notitia, egli debbia perfue lettere metar alle parti il paffar piů oltre ; & alla pro]JĚMa prima congregatone infierite co fuoi fratelli Caudieri determinar \opra le loro differente > hauert dogli prima fatti richiedere ŕ douer 0 perfonalmen-ěe, 0 per procuratore fhr intenderele loro ragionilo' ěnadando loro apprefjo,che debbiarlo offeruare quel' lo,chefopra ciň farŕ flato dcterminato.Bt quefla patente č di forma tutta contraria al capitolo della loto religione) che nonfolamente non fi vieta, ma fi m-tita per quella il paffare auantv.Et fen%a affrettare nčragman%a,ne configlio de'fratelli^ ilfuperior e fh dichiaratione da fé : & la.fhfen%a vdir le parti, & fm%a farle richiedere. Di che č da dire quella paten te nonfolamente che ella fěa fiata procurata per me telate,& torte,ma e he in modo alcuno ella non debbia effer del f{e * St quando anche ella purfiafuajo non dirň mai che ella al s-C agnino faccia alcun pre-gmdicio.Chc non hauendohauuto il Re altra auttor't Hfopra il SXag. che quella della Caualleria dell'or dinejl S.Cag.non doueua effer fottopofěo a quelle co /e, che fono contra i capitoli dell'ordine di quella Cd ualeria. Stfe a/lhora non gli poteuafar pregiudiciot mtnoglipuo pregiudicare bora né quella,nč altra ta le dichiaratione', che hauedo rimadato l'ordine & re Mntiato quel grado, egli al Re di trŕcia non ha pia le alcuna foggettione.Et tatofia detto dě quella pdteti Del parer fieramente del Marche fé ,no dirň altro, fé non ch'io ancorfono della medeftma op'mioneŁbt battendo il S.Cefare fcrittura autentica, che il ftg. Cag.habběa detto mal di lui,eglilo ha giuridicamente mentito. Ma quella parola, Hauendoyč condizioni le,& non afferma mila: lŕ onde č dimeHiero al fig* Cefare dimoflrare che egli habbia quella fcrittun autentica, fé vuole che U mentita fuafta conofciutA per legittimamente data. Et poi il Marchefe nonfh mentione ninna di riferuatione> né di accettatone di -parlar con le arme in mano-.per věgor delle qualifco me difopra č detto) ancor che Uft^.Cefare lafua mi iita legittima fie, non farebbe perciň che la elettiont 'delle arme al ftg.Cag.non fi apparteneffe.Et per un to mi rifoluo a dire, che quel parer del Marchefet é 'nulla pregiudica alftg.Cagn'mo. Ma percioche il fig. Cefare dice, che egli ha fatto recapito a Re, &a Vrécipe rimoffi da ogni fujpitio-ne.iA quello rifňodedo dico,che f lo fig. Cag.fi puň di re,cbeegH non fi č curato di andare a cercar pireri fuori d'Itali*', & che egli conte'tar fi puň dě hauer il ¦parere di chi in ftmělě cafi ha co figliato il I{e, & che il l{e ha approuato per buono ilfuo parere. Et eh egli ha pareri dě tali,di co fi honoratěydi co fi valoroft, ér di co fi eccelle ti Trecipi,Cau& foccorfojl Con te Gio.Iacomo col fuo mafcherato uolti i caualli fé ne vanno con Dio. Et queflo fifa in Ferrara, la quale patria del Signor Cornetto, & dotte il Conte Ciouan Jacomo č forefUercs, - U S.Cornelio ferine vn cartello al Conte G'w, Iaca* fno,& dhe,che ciň cheeffofece,eglilofece come pro> uocato da lui,& che lofecefcher^ando.Et che haut io il Conte quelie cofe tolte da fcher^o, & datogli pn, rote di non gli dowrfare altro che piacereji come nt ha, auletica e [ammattonerŕ poi fatto il tale effetto^ & appreffofi č fugito.ancor che egli arme non hauef {. fé,Et che per tanto intende di provargli che fi č por-% tato uilmente,& ha fatto male a fargli quella ingin rid?nonguardandofene egli per lefae parole, LIBRO li. 144 II Conte Ciň. Iac.dice che né le co fé paffate fra lo rofurono dafch&i%p;nč da lui č yfetta parolatper la quale egli da lui non fi douejfe guardare. "< Ora quefěo cartello fi vuoi rifondere y &ft vuole accettar la battaglia; & fi dimanda cerne ciň far fi poj3afen%a alcun pregiudicio di ragione. Sopra qnefle cofe nfpondendo>dico pnmieramtn-%cht per quanto dallo fcrimre delS.Cor. fi conti" prende>tutta la intetionfua č di dare a veder altrui, che egli prende la battaglia pergiufěa querela^ Ia forma in parte di maniera , che ella da fé medefěma fi viene a prouar per giufliffima. che fé č vero che le cofefiano paffate dafcheri%ote cheilConte Gio.lac. gli habbiafotto la parola fatta ingiuria, chiara coftt č che egli ha fatto male; & hauendone egli aulenti' che ejaminationi viene a prouare la fua intentione : di qui nefegue}che prouando egli la intentionfua ci-wěmente, non gli rimane anione di prender querela. per via di armefopra quefla partejicn effendo leu' to di uenire ad abbattimento per cofa,di che per uia ě™°"? .*• uuuefenepojjauemremdicbiaratwne. ^ik patte Et fé mi fi dice fendutiteli Cote GhJac.ftmyi «<»««»• altro cňbattere rimarrŕ couinto di hauer operato ma le;et coir a la parola fuaělo riflodoscbe ancor cbeil ttuoM ^ S.Combabbiafue pruoue)& le approui per dutHi- uile. chetile no $do prouano alcuna cofa in fgiudicio del Conte Ciň. Jacnontffendo fiate j'atte leggitimamen te,per non effere fiata riebiefia la parte.'Se operano altrotfeno cheleuanv la occafione alfigXomelio di min a Ducilo, e/atrio- demm'mat'wne delle leggi, h DELLE K. thč nmfolamente per co fé che c'mělmente fiano fiate prouate^che ciullmente fi poffano prouarefma etia dio che per quelle, le quali purftano fiate tentate <& f>rouaretč Duello non poffa venir e_s . Et dicendo ti fěg.Cornelio che ha autentica efiminatione, mo(ln che ha tentato di prouar cimlmente quejěa caufa:<& hanendo quella pruoua tentatala pruoua dell'armi fiu non gli dee effkre conceduta-,. Tanto fta detto quante al fonc m che adduceilftg. Cornelio perfuagiuflific Or venendo alla forma della querelai ch'egli $ ne>h parole fuefono quefle:lntedůdi prottarni che fete portate vilmece,et hauete fatto male a farmi \* Ba ingiuria fio miguardadoio da voi pie parole vc-She.Dellequaliparole tvn-capo č ch'egli s*č portato •vilmente;Et Faltro,ch'fgli Ixifhtto male ILt lyefferji portato vilmente par cheftriferifca a quella, ch'egli dice poco dauati,che'l Cote Giodac.fuggě da ltůtche no haueua arme. Etl'hauer fatto male rtfponde a (fi lo,chegli habbia fatta igiurěa,nofě guardado. Sopra il primo capahnon difputerŕ fé di vno>chefěraniero vada ad affaltare nell'altrui cittŕ vn nobile di qtla>e fatto l'effetto fi faluift debbia direycheeglififia pot-.tatouUme~te>ňualorofani(ke:ma ciň lafcerň che fi éf **.-,' finifcafra lo>o con l'arme yfe pure a taldiffiniůonefi eleggerŕ di douer mnirefecodo che čfěatopropofto di douerfarex et che del meda di poterle fare fi rijpoda. Jslč del fecaao capo dirň altro alffente, haučdo quei tato detto,cbehofcritto difopra; ma qllo che mi oc-urna čre. intorna a tutta ffla querela č-chetila č -"\ : dě lino n. ti, e dě capi diuerft: & sě fattamente diutr* fi, cbe l'uno puň flar fen%a l'altro, e che l'ima cofa, fuo effer vera, e taltra fai fa. Cbe potrebbe ejfere, cbe il Conte haueffč fatto vilmente a fuggire, e non baueffč fatto male a fare qělo,cfreglifece. St potrebbe effer e, che baueffe fatto mal a fir quello atto, &, non vilmente a faluarfi. 'Di clx ne feggirebbe,che fé in fu {juefla querela fi ueniffe a pruoux di arme, & Xwia parte, & l'altra verrebbe a combattere per la ragione & per lo torto,& centra il torto, & contro la ragwne.Et per tato per fuggire un tal difordine dica , cbe per due co fé di natura cofi diuerfa non fi ha da uenire alla diffinitione con uno abbattimento:*An 2ji ciafeuno di quefti due capi,douendofene venire in ¦pruoua, richiederebbe lafua battaglia particolare ; che gli abbaumenti fi hanno a dare fopra fempiici querele,& che nonimpliebino alcuna cotradittione, Ts^p mi rimarrň di tfaminare ancor una parola di quella qrelajadom fi dice,cheba fatto male a fargli quefta ingmna.Che fé vorremo interpretar quefta uoce ingiuria per lafua uera fignificat'wne, & che il Conte Gio.Iacomo uoglěa cofefěare di hauergli fatto ingiuria>uicne a cofeffare di hauer fatto male.Che in paria non č altroché'cofa fatta a torto.o uoglia dire totra ragwe.Et chiara cofa č,che chi fa torto altrui, fi male.Et ild\re>Tu hai fatto male afarmiingiuria, č come fé altri dkejfeju hai fatto male a far male. Dalle cofe dette di fopra, fi uiene "i quella codufia ricche al S.Cornetto non rimane attiene di richiedere il Conte C'w.lacpmQfopra quelb*dicbeba tet, . . r DELLE K1SV0STE pruoua ciuile:& che la querela formata da luif effe re di due capi di diuerfa natura,non merita chefopra. quelli inficine fi uenga ad ahbattimčJto:& ultimarne te che col cofeffaredi battergli fatto ingiuria fi uiene medefimametea cofcffare di hauer fatto male, tato il cartello Juo,comt impertinente ,& mal to, par che ragioneuolmente debbia effer ributtato. Ma percioche fi ricerca il modo di pure accettare U battaglia, lo no ueggo altro,doue l butmofi poffa co alcuna ragione attaccare, fé non di difendere il Con* te Gio.Iacomo>che egli non ha uilmente adoperato. Cafo di RilpolěaTerr^. mentite co _, _ ,. . . ,. . , ,. ¦ , . r ',. ,. tra métite. Q Ogliono i piu di coloro, a quali da altrui fi ufo. di^ Abufo di ,3ricorrer per eonfwliogenere una cotalmaniera,, chi da pa- . ** ¦ i , , • jcii. che con tanta affettione abbracciano la protettione di quella parte, dalia quale a fcriuere fono rkhiejěi,. che vogliono che ella fola da tutte le parti habbia ra, gione; &ft sfamano con tute le forfč de loro ingegni dimoHrare, che ragwneuoli ftano ancora quelle co», ŕl fet nelle quali euidentiffimo torto fi d'ifcopre ; ilche a me par, chefia non tanto dire il parer loro, quanto fcr'mer'all'altrui piacere. Et per opinion mia doue-. rebhe ogniunoche in alcuna materia nfoonde, non ; ,J tanto mirar di fauorir la parte di chi a rifpondere nel richiede, quanto a quello, che l'honore diluě, &, la ragion richiede;ilchefi come io per adietro ho con-, těnuamente fattojofi al prefente nella quiflion nata j perii cartelli pa fati fra il Conte Tbadeo de' Manfredi , & il Conte Qěo. Thomaffo Vico dalla Mirandola intendo di farebbe quantunque perla parte del Conte 1 I B J{ 0 IL 14 Conte della Mirandola fta Hato ricercato a dover* dir parere, per dir liberamente la opinion mia; non mi rimarrň di dire anche di quelle cofey nelle quali io* fento contra di luě. Et in quefio cafo non formerň altramente il cafOipercioche i cartelli mede fimi lofor-manoiet il uolerglir ecitar qr tutti,far ebbe troppo lunga imprefa,p e fiere & molti,& di parole,et di [ente. \e copiofi.Terche di ma.no ě mano le parti neceffaris, trattando, [opra quelle dirň quale fta il mio parere,, il Conte Thadeo adunque fa affigere vn cartello-delia fenten%a che in quello fi contiene : & il Conte della Mirandola rifponde. Mi fu lettoi giorni pajjati il principio di un uottro cartello, nel quale in fu fianca fi conteneuacbe io mi era faticato ,&faticaua. in calunniar voflro figliuolo morto, & voi, parten-, domi dalla veritŕ: & che io haueua date falfe impu~, tationuilche vdito da me, non permift leggere piů ol tra.Etfopra quefte cofe e fio Conte Gio.Thomaffo dň» mentita al Conte de Manfredi.Et con queiěa cautela di dire che non ha vdito piů auanti di quel cartel" lo pretende di effere primo adhauergli data menti" tattiche a me non pare che di nulla lo rileui:an'^i ifli-mo io che la mentita data dal Conte de'Manfredi in guanto per ragion di tempo,habbia ogni vantaggio: conciofiacofa che come vn cartello č publicato >di quelloychein publico č noto, colui, a cui ciň fpetial-mente fi appartiene3non dee pretenderne di ignoranza ' che quado ciňfoffe lecito,anche degli edittl,che tutto dě fi publicano dalle corti, &fi affiggono, altri, fé ne farebbe ignorante. llche, fi cerne k leggi ciuili T 2 non " DELLE KISTOSTZ non permettonoyCofinon lo permettono quelle dell'ha nore.Anij. come una mentita č pubHcata>cofiinccn tenente fi intende effer incaricato colui,contra cui et la č publicata:& publicandofi da due,dall'uno con-tra lialtro,& dall'altro contra l'uno mentite fi %uar, da qual cartello prima fia Hato affiffo,& pretenfěo-ne de ignoranza non uale,nč dee valere.Che quel tut tocche in quella fcrittura č publicato per affinone, ad un punto cifiapprefentafen^a atema eccettio-ne.Et fé altra uolta altri ha ufato quefia cautelagli fono/iati portati cartelli da mandatarii legittimi^ quegli gli fono flati letti,in quel cafo la cofa č diritta, mente paffata, percioche ildar mentite fopra parole letterati che altri alla mentita peruengay č cafa ccnueneuolmente fattayche quella non č ancora vfei ta né publicata. Ma qui effondo fiato publicato il car tello.nonfiamo in cafo parůet effendo i cafi non egnu li,fono ancora di/eguali le ragioni. Mentite da Vm c^tra cofa mi^° aggiungere io,che delle para te in abfcn le dette in altrui biafimofuor della prefemgjua, le za' rnttite datefuor dell'altrui prefen^a fono di ualore^ Di che dicoiotcheil Conte Thadeo da quelle metile% come per parole a lui fiate riferite, che il Conte Ciň. Thpmaffo habbia dette di lui da lui lontano. Et pet tanto puň legittimamente dar mentite ad effo Conte (jio. Thomajfo ancor lontano ;ilche ha fatto piů cht pienamente hauendo quel cartello publicato.Lŕ onde io cochhdo che per cagione di cautela ufata>quel* U mentita non puň efjčrefchifata. \ -AU che dirň b}che per lo fcriuere del Conte delk •..¦» ,s Mirati- X I S ě{ 0 IL 14? ¦ Mirandola fi comprende che egli ha vdito>o vijio at> cor piů aitanti di quel cartello: eh e dopo le prime njen titejl Conte Thadeo foggnmge che il Conte Cio.Tho maffoft č děmojlrato alieno dalla profejjěone di bona rato Caualiero: Et il Conte Gio>Thomaffo fopra que *§ěe parole gli da vna mentita,Diche non par che pof fa negare dibattere battuto notitia di quelle mentite» Et quando ancoruedute no rhauejfe>et la cautela da lui vfata,gli giouaffe% haurei io per vnaltra cagione il Conte Gio.Tbontajfo legittimamente mentito}qua- do le mentite del Conte de'Manfredi non bauejfero al Fotme «h. tra oppoftt'wne.Cbeleggendofi in quel cartello quelle ucifcdi mi farole vi [et e faticato sfaticate partHoui dalla -ve utc* ritŕ,di darne calunnia, lo non ho dubitatone alcuna* cbe'l dir che altri fi parta dalla veritŕ nonfia menti ta. Et recitando effo Conte Ciň*Thomaffo quelle pa- rolejion puň dire di non batter notitia di mentita* Habbiamo viflo quanto vaglia quella cautela di rifondere, bora reggiamo quanto vagliano le men-*itc^ * II Conte de' Manfredi dice che da perfine * che egli reputa degne di fede, ha battuto nottua deU le tali, & delle tali parole del Conte della Mirando* la; & che di quelle ne mentc^> * Et che negando ha uerle dette, ň fatte dire, mentcj. €t il Conte della tJMirandolarěfpondc, che il Conte Thadco msn* te che egli habbia quelle cofe dette* €t il Conte Tha-deo replica che hauendo quelle cofe dette di notitiatet non affermate, non pm effer tn(nŕto. Sopra kqua* li cofe dette, rijpofte, e^ replkatesiico io primiera" rmmtetChefe il Conte dt'Manfredi non ha quelle cjo- T 2 fc DELLE RISPOSTE fé afferriate, non dee né anche battere affermata U mentita; che la rifpofěa non puň effere certa,no effen do certa la propofia: et non hauendo quelle cofe affer matejion doueua domandar patenti di campo per co battere, non douendofi ad abbattimento venire per querelale fondamento non habbia,& menta alcuna non č legittima., fé non fi moftra prima che le pa« ' role,fopra le quali ella fi da\ ftano fiate dette. Che ef-fendo la mentita propriamente repulfa di ingiurierň puň fare ilfuo officio, fé la co fa, la quale ha da ejjere repulfata non apparifce. Et per tanto a volere il Co te de* Manfredi autenticare lefue mentite}č necefja-rio che proni le parole della ingiuria effere fiate dct-te>non conuenendoft hauer per legittima la rijposěa, -della quale ancora non č Hata intefala propofia. Ut cofi quanto alla prima mentita, Voi che il Cote della Mirandola nň confente di hauer quelle parole dette, al Conte de Manfredi fi conuiene di prouare che egli dette l'habbia;altramente quelle mentite rimangono del tutto nulle,& di niět valore;& poffóno hauer piů nome di ingiurie^he direpulfe.Et alla feconda uenen Mentita ne do,doue dice>che negando di hauerlo detto,mete>dico -andofi di quefla effere vnaimpeninentiffima mentita : che fé tomaie."* ellafoffč autentica,con quefia fola farebbe aperta la Sěrada a chiunque volere far carico altrui jmagina-dofi chefěajche altri di lui haueffe detto>et dicendo tu mentifCh'iofia tale, & negando di hauerlo dettomen ti. Ma né leggere ragione alcuna lo comporta. Cěit negando io di hauer detto, ň fatto cofa veruna,natoc co. a me il prouare di non batterla dctta,nč fatumu U L 1 B ^ 0 IL 148 la plrnoua tocca a chi mi da quella imputatione.Voi effendi) (come detto habbiamo) la propria natura del U mentita il repulfare ,fe altri da a me imputathne di calunniatore, a me tocca repulfarla, &noa lui di běafimar me,e di uoUr prcuenire la repulfa. ^in^i in qfěa maniera la mentita fua.non facendo officio dire Mcm;ta ^ fuifa,diuenta effa ingiuria.et co un'altra metita puň repulfa co tfjert ributtata. Che ad alcuno non dee ejjer tolta la mcnma* ragione di ributtar l'ingiurie. Et di quěfeguetche per / quefta feconda mentitaci Conte Gěo. Thomaforima ne non tato incarkatOyquanto ingiuriato, et puň haue re con lafua}legittimamente ritorta qutlla mentita. Veduto quanto pocofiano legittime le mentite da. te dal Conte de'Manfredi), habbiamo bora da -vedere quanto peftno quelle del Conte della Mirandola, & dico che Cper mia opinione) fen%a dubbio alcuno il Conte Tbadeo rimane legittimamente mentito. Vera. co fa čy che quando egli non haueffe quelle parole affermatela mentita datagli dal Conte Cio.Thomajfo non potrebbe efferfe non conditionale, & per conferente di poco valore^/. Ma a me par che manifefěa mente habbia affermato, che il Conte della Mirando Mem-lU la habbia detto tal cofe,quando egli difte, & negando di hauer le dette mentiti/, llche non dee inferi- ua ' te altro, jt non che non puň negar con veritŕ di ha-uerle dette ; & dicendo che negar non puň, uiene ad affermare che egli te ha dettc^ .€t comt puň dir che mente negandolo, fé non afferma che egli dette l'hab bictt Et quefta pare ame sě chiara affermataney che non ci veggaalcuna1ontradittione. Et hauen- T 4 degli °;* t)KÉLE T[I STOSTÉ dogtlěl Conte della, Mirandola data qaetta méttta, ŕ mefembra cfje nonfolamete l'habbia legittimamele milito jna che ancora haurebbe potuto direbbe mi tiua di nň batter affermatiuamete dette qlle parole* Voi dado il Conte Thadeo imputatone al Conte Ciň. Tbomaffo tteffir macato del douere d'bonorato Caualiero J et qjěe parole non apparendo che fieno fé non affermat'mamente detteě&fňpra di effe hauSdo-gliil Conte Gio.ThomaJfo data la mentita-,non veggo perche quella legittima non debbia effere riputata. Dalle cofe di fopra dette> io raccolgot ciré fi corno to ho per nulla la cautela del Conte della Mirando* la, coft ho per nulla le mentite del Conte de' Manfre-di,non producendone egli certa pruoua delle parole j fopra le quali egli di darle fi affatica. 6t quanto ha quelle per nulle,tanto ho per legittime quelle del Cote Gio.Thomafio;Et per confeguente dko,l'openion8 mia effere che egli in quella querela fu Ureo j & il Conte Thadeo l'attore. Rimettendomi nondimeno fempre al parere di ogni perfonatche di cofe tali bab* bia piů ěnteUigen%jiě& piů ety Ribotta quarta-, * menti:" " Hf^ Ke fi poffono dire effere le mčtitetdeliequali nel Torme di- ¦ J[ cajo efpofloci fi č fatta mentime*L'vna č qlla < titc. Che M. Gio. lacomo děffe, che colui non haueua detto il vero* Che quanto al carico;tanto č dire: Tu non dě il vero» quanto tu menti;& la differenTg č del parla* re piu>& meno modeflamentei La feconda č quandi t ě $ R 0 IL <čŁ- Čolfgojzna fuggendo diffe a AJ. Gio. laccfrno, tte mentina di batterio fatto ftart alle fteccbe Et la ter-%a č quella^bt diede Ai. Ciň. lacomoa M. Borgogna* %he gli baueua detto}cb'egli4)aneua delle macchie. Hor a vokre intendere in qual grado di honore jt troia ciafcuno di ejfě, doueč di meftiere di tfatninar •ciaftuna-ddle tre mentite é fopra efprejjk Dico adttnquejbea voler che alcuna mentita fiŕ legittimamente data,é neceffario che yifiano parole ili ingmnatfyreffe, alle qnaěi la mentita fi pojja ap* flkar€-J. Cbe ejfendo la natura della mentita di ut fulfarh ingiuria, agni -volta cbe ella non fa qtteftň effetto, non^čmentitala ingiuria. . In quello cafo neramente non fi vede pardo, higlu mfa: fopra laqttalt M.Gio.Iawmo douejfe dire a Aio Łorgogna,cbe non die e uŕ H vero.Et parole ingmrioje Iwo» ci cjfendoj.a mentita non ha for%a di mentita. guato alla feconda dko cčfogmuolta & altri di' tt parole di ingiuriala da fermar fi per mantenere il detto f»o;et ofuggendo ,0 nafcondendofi non afpetta-d'olarifpoft-a>le parole fite non fanno carico a ctdtii,a mi elle fono dette^Et medefimamčte qual da altrui fi ferite ingiuriar e,et gli rěfponde co mUtitadee fermar fi dopo quetla^et nioflrarfi di efier buomo per difender-{^altramente non obliga Taŕtterfario a rifentim^to. Cbe la fěfposěa vuole efiere fatta cefi honóreuolmen ie^come č Hata fatta la propofia.faiuo fb colui, cbe ba dettele parole dell'ingiuria, non foffein effere di poter far foperebiaria a colui thč dtfft la mčtita^cbe in tal cafo lecito gli farebbe di falnarft in ?\l miglio* '¦ modot DELLE I{I$TOSTE gufofic pojjěbile, <& tornio qflo il dkětt$ di caiialleria,& di legge di honore}fe M. Gio. la corno fi trottava i effere di poter far foperchiaria ŕ M. Bor gogna;ancor che tffo fene fuggifft^qllamltita fa carico a M.Gio.lacomo.S'eratio ad eguai partitofllač digiuno valore\et M. Borgogna viene ami ad bauer codannato fé medefimo di viltŕ.Dal potere aduquey et dal non poter fare la foper chiaria, fi ha. da giudica refe qfla mentita fia fiata legittimamete datai o nň. Vengo bora alla ter^a, dellaquale dicoyche ella č fiata data in legittima forma,per ciocbe le parole del la ingiuria ci fono, et [opra quelle ella fu dirittamete applicata. Ma fcioche quale č primoětépoj miglio re i ragione^ da mder qualfia la merita data da M. Borgogna,et fecondo queěiaŔi queftafěha da giudica re,Chefe M.Gio. lacomo(come babbiamodettoJpO' teua fargli (operchiarěay la merita di M. Borgogna č legittima,et it carico č di M.Gio.Iacomo:mafen6 ut era foipetto di iopwchiana ,quella č nulla,& quefia č di valore', ejr ;/ carico ne rimane ŕ M. Borgogna. Et tanto mi occorre di dire in quello cafo per via di parere, rimettendomi nondimeno algiudicio di chi meglio intender. Rifpofla quinta-i. querela f T ^ ^aPrtan(> delU guxrS* del caflello di Firen^ iŕ coi fm>c -L viene a morte,& ali*alfiere fuo chiamato Gioita. «ors. ni fa va fa m rjmane tlgouerno.Egli quitti efsedoyiac eia di qlla guardia Viet.ii t\07gas capo di f quadra, come auttor di quadriglie.Voi ejfcndo rimejjo ilcajid lo L I B ě{ 0 IL i$a 10 in altre maně%Vietro cerca l'amicitěa di Ghiti Val k.etl'ottiene yetvfa delta fua dome(licbexz&>Gio.in-tede che Tietro cerca d'affannarlo; et gliele fa [ape-te informa di chiarir fi del uero.Et Tietro publica un fuo cartello cotra lui dicedoyche méte ch'egli fojfe att tordi quadriglieli gli da alcune imputationisallequx 11 Gio.di Falle rifponde co mentite, et fecondo che nel frefente difcorfofarŕ trattato piů particolarmente. In quello cafo fi domanda in qualgrado di (more fi troni ciafcuno di loro. Sopra quella domandarifj>ondendo,potreicomln tiare a parlar del Cartello di Tietro, Uquale eflendo fcritto in nome di vna perfona priuata fen%ateSěi-monijt&fen'za alcuna fede autentica nonfo quanto debbia obligare altrui alla rifpojla. Ma pojěo chefir pur di colui, venendo allafuiian%a della materiali ¦co, Che a voler conofeer quali parole oblighino altrui a riferimentopon tanto č da guardare allafignifica tiene di quelle.-quanto alla condětione delle perfone, che le dicono:et almodo}col quale elle vengono dette. Che altra co fa č fé altri mi dirŕ cofa alcuna per ingiů riarmi, e altra fé per ammonirmi. Et altro č che vn mio pari cerchi di farmi carico, & altro che vn mio fuperiore mi riprenda,& mi caftighi.Chetfi come al-l'vn modo l'honor ci obliga ad honoreuole rifentimen ěe. to, cofi all'altro il dotfere, & la giujlitia vuole che U tutto comportiamo in pace. Gio.di Valle erafuperio re ŕ Tietro di Rozjrns quando gli diffe quella paro-la,& gliele difft come fuo capitano, <& per interejjt dello officio, che egli teneua. Lŕ onde č da din, che Tietro ' Věetre donerebbe andi q»eUo,che fece come capitano.Totrebbe auue-nire che alcuno effendo fuperiore facefěe ad yno infe rior e ingiuria di cofatchefoffe fuori delfuo ojficw;& \ in tal cafo farebbe da bauere altra conftdera:ione;co me per efempio, Se io in maefirato effendo,facefft dar baflonate ad vn mio nimico, a colui finito il Maefira to,fecondo lo flilo de' Caualěen, farebbe lecito di n-fentirft contra me di tale ingiuria per via di abbatti' * mento. Ma fé pergiuslitěa bauejfi fatto mettere al (uno alla tortura, quando egli di qneftofě voleffe rU fentire, non hauerebbe da ricorrere all'arme, ma di fonare la querela al fuperiorey& da proceder f věa ciuile.Et co fi dicoyche efftndo l'atto>del qual Pietro fi lamenta.flato fatto da Gio.di Palle non come da Gio uanriijna. come da capti ano;& non per co/afta par ticdarejna per interejfe deli'officio,con Gio.ii Valle nonftba da prender querela di qttello,che ba fattoi capitano della guardia del Camello.Et hunendo colli ten- Il Blf'O" 17. iji iewtafo di prenderla, ^ da dire che č preveduto cori' tra ogni douere,& cantra ogni regola di Caualleria* Ter quello,chefin qua hodetto,par che chiarame te fi poffa richiudere, che a Cjio. di Valle non r'm une alcuna obligatione, <& che lo fcriuer di colui č flato nullo.Ma pur efsedo tra lor p affate diuerfe parole,fo fra qlle ancora batteremo breuemete cofideratione* Nel cartello di Tietro (i dice, che egli ferine a Gio* di Valle come a priuxto, & che ha querela con ejfo lui fopra le parole che eglidiffe, che era auttor dě quadrěglie. Et Gio.di Valle gli riff>ondetche mfae che babbitt con luě querela. Quefta mentita č sělegitti~ inamente data, che a quella non fi richiede altra giů, Sěificatione-.prima peiochefeome di fopra detto bab-biamo ) ilfoldatocontra il capitanonon puň rifen-ůrfě : & contra il priuato non fi ha da prender quez vela di quello,che ha fatto il capitano.Toi Cjh.di Fai le produce teflimoman^a di chilo ricercň da parte, ŕi "Pietro alla pace, & che fra loro fu fatta amici' tia,& che infteme mangiauano,&beueuano,& animano da torno, offerendo t uno ali'altro Chaiiereyet la perfona.Lŕ onde č da direy che o querela nenfoffč] tra lor 0,0 che Tietro fi confejji per traditore. Et do far che fi poffa trarre anche aa quello altro attofuo, che poi che gioJi Valle gli hebbe fatto faper che ha, veuafentito ch'egli lo uoleua affaffm$,re, effofen%& fare altra feufa fé ne andň,& publicň quelfuo carr tello}moftrando che dapoi che per quella uia non gli era riufcito'l difegno^uolena efferglě nimico palefe. , i n^nn voglio paf/arcófitentio, che qio.di Valle ef fendo DELLE RISPOSTE 1 sedo capitano cacciň colui.Et che ufcito di quelloofjt cioj.0 raccolfe in amicitia.llcbe almo^ra^cbe quello che egli fece fu Ł debito delgradotcbe egli teneua:& che fuor di quello non haiteua da. partir cofa con Itti. Dice Tietro che Gio. di ralle gli voleuamale\ $• ciocbe effo lo batteua ammonito di cofa^heera fico lofa da perderfi il caflello, per bauer leuate due fen> t'melle.Et fopra queflo Gio.gli da métita;etgiujlifica che ne leuň folamčte una,& che ciň fece per U molti tudine de'faldati amalati) et f> quattro,o cinque gior nifolhet poi la rimife.it fditce teliimoma<^aěche ho fa quel cafleilo fi gomma co'medefimi ordinilo'qua li effo lo teneua.Verche č da dire o che falfo fia cfllo, che Tietro appone al fuo capitano^ che fé ql perito lo «i era}egli mŕcajfe del douerfuo non lofhcč~do intendere al Trcncipe, a cui egli era obligato per fede. allega ancora Tietro altre ragioni, perche Gio. di Valle lo odiaua, & e fio lo nega &gli da mentite. Di che ŕ Tietro ne toccherebbe la pruoua quaŕo tra loro duello ne baitefie afeguitare. Ma apparendo la fuafalfitŕ manifefta,& comprendendo fi per lo proceder fmla fua infidelitŕ, & ejjčndo effo dal capitano fuo fiato cacciato dalia guardia del casěeilo per delito militare ,non fidamente da per fona digrado, come č Gio.di Fallejlquale tuttauia in teflimonian' %a delle fue uirtů dal S. Duca di Firenze tocca pro-wfion di capitano, ma da ogni priuato faldato dě bo-nore potrebbe effer ragioneuolmenie ributtato, llche dico maggiormente quando uérefiano le cofe, che di lui mi fono fiate efiotteiCome notorie in Siena, &'m i LIBRO IL 151 s Firenze. Cěočycheeffo in Firenze da un faldato della [quadra di uno detto Caluacciofuferito,& merito ; né mai ne ha fatto dimofiratione di riseiimUo.Che ef iUo nella guardia di Siena fé ne fuggě co le paghe se %a hauer fčruito.Et che il mede fimo ha fatto ultima mete ě Firexe efsédo flato rimejjo in quella guardia. Le quali cofe f> puh lieo infame lo uegono ŕ codanare. Hora fiati le cofe di fopra fcritte, fi puň e0chiude te che a Gio.Di falle con Tietro di Ro^as no rima ne alcuna obligatione,& che il cartello di Tietro per nitllo & di niun ualore merita di rffer ributtato. Et perŕoche Gio.di Valle fentendo forfč che colui non da fé, ma jpinto da altrui per metterlo in di-fgratia delfuo Tremipesfi č ebdutto ŕ publicar quel talefuo cartello: QueBo dico fentendo Gio. di Valle nella rijpojěa fua,cbefi offerěfee a difender cetra ogni fuo pari con qualunque arme,cbefěa,ŕ Ugge di buon foldato y che Tietro ha mentito delle cofe, che egli fi ha oppofle ; Di queTto non dirň altro ,fe non che fi come egli non haueua obligatione alcuna di uenire ad vna cofi larga offerta ; coft quella č da effere ri~ tenuta per tefěimonian%a della mHOcen<%aJuaě& delfuo ualore. Et tato mi occorre a dire di quefěa materia della ma opinione quella fempre rimettendo ad ogni per' fona di piů ijperien^a^ di piů purgato giudicio. titaa ECiSC ifbaHaSefě" ]e& piů purgalo g.««.v«/. tua g Ribotta Seti*-. le & condě T7{tomo al cafo narratomeli/ondo che primiera- | JLmete nel f cedere de gli buon/ini fi ha da guardare aUh lor itst'wm.tt hatiedo colui che dit de la menta, detto, >tche chi diceua tal co fa mentina,?? cneeg urna fatto quefěa mede finta rifrofta ŕ degFakn,vie~> ne a dimoBrarč, che diceua quelle parole per colui, che era lo auttore ai quella fama ,cbe eglifuffe inna*. morato,& non per colui che lo diceua atlhora-; ilcbe-dichiarň medefěmamente dkendo,che diceua per lui fé effo lo vokua dire;& per ogni altro ehe dire lo ?o«. kffe.Et piů chiaramente frfpreffe aggiungendo, che pavlaua in communey& che dkeua per lui,ji da fedi cena děfaperlo : & fé diceua di bauerle intefo da al* $rt4Ě,parlaua per-chi dettogliele banca a. Et l'akroji ff>ondedo,che parlaua per batterlo udito dlre.nč afet mandola da fé,fi vede chiaro che (ale mentita non et defopra dilui,nčta intention di cbi la diede fu di darla alni. Clyefeegliŕ luidjaueffe minia dare, kaue* rebbe detto.Tu menů, fentcndo che colui in-fua pre* fen^a lo diceua,& fap^do-ebeěo diceua allhora. Ma egB riSpofachi lo dice rnente^come dicendo; lo non di co cěn m%ti tUycb&fo thč non lo dici da te\ma per ha tterlo foUmente vdito din; ma chi da fé le dice\m§tet "Poi lafciŕdo-(lare qualfofe la. intstione di coluiy chiara cofa. č che queha ménta č dě forma tale, che ella no obliga alcuno ŕ rifentimeto p ejfer generale* St fé ella alcuno hauefle ad obligare> prima farebbo no obligati ŕ risetirfi cohro,i quali primi foJJ'eroflati metitiyfec&do-che egli difjedi hauer fatta a- degli ab trija medefima rijpofla.Ma ne e$fič (gli ŕ riseůml to alcuno fono obligati,non obiigando la mentita pet la generalitŕ fua alcun particolaretanccr chelaintt tiee di cbi la da ad alcfypartkolar hawffmfguardox • . Et l t B R 0 IL f/j "Et percbche fi potrebbe direbbe la mentita [irti firinfe al particolare in qlle parole, Ter te lo čco , fé vuoidirlo ; Et in quelle altre,fé dite $be lo fapete Voi come voi pur lo eoa uoitft rifpňdc che quejiefona parole dette con conditione. Łt non fi venficando I4 (ondjtionede mentite che cofi fattamente date fono* non piů aggravano, chele gencrali.Et quell'altre «a parlado da fe^la conditione non viene a verificarftxef •per confeguente la mentita uiene a rimaner nulla. Voihauendo vltimamente dichiarato colui, che diede la mentii a >che dň non hauma detto per fargli carico,moftra che quelle parole haueua detto non f luě .ma per altrw»penfandot come anche di [opra de$ to s'čiCb'egli da altrui haueffe tali cofeintefe ? $i che per tutte queflecofe io mi rifolnoycbe $ p4 ter mio,fi per Cintentione di colui, che diede la menti tadorne per la generalitŕ>& per la codiatone di quei, lajh'eHa nafta di carico alcuno a coluta cuifufat* U tal rifpofta : & che confeguentemente non cifm querelarle occaftone alcuna di rifentimcnto, Bjfpofla fettimtu* P affano akune differ$xfset cartelli tra'l S, Cai* lo,et ilS.Vicino Qrfimiet il S.Maherb ale jr atei io del S,Vicino d'mulga che'l S Vicino a Monterň/oli ha data vna mentita al S,Carlo, 11 S.Luca Cerua.ru Cugino del fignor Carlo, il quale infteme col fěgnor Carlo fi era trouato a tJHonterofoli, fcriue al fignor Mahtrbale, e he fi come fen%a fondamen *> > & fwTg cagione ha fumicata, la d D'ELLE H1SV0STE tnentitŕ,cofi fen%a veritŕ vanamete parlando mete. €til S.*Jfyliber baie gli rijponde, ch'egli mente, che effo habbia vanamente parlato. Hot a fi domanda quat di quefte due mentite fěa fegittima,& per conferente qualde' due Caualie-rě con carico ne rimanga-,-, Trima che io alla propolla domanda faccia altra rifpofla>auwfo che fu da confederare je verifimi le fu che'il ftg.Vidnoal fig.Carlo habbia dato men tita;& fé appreffoil ftg.Maherbale habbia talcofa detta. Et quanto alla prima conftderatione dico, che dapoi che que'Sig furono [iati a. Monterofoll fra lo-ro paffano alcuni cartelliy& effendo tra ejji differen %e d'attore,et direo;nčapparendo parola di carico, quando il figliano bawfie data altra mentita al S, Carlo,non č da dubitaretche egli fatta non ne hauejje meniione;pcrcioche chiara cofa t?, che con vna mentita il S'.Carlo farebbe Jlato dichiarato attore\ma no nehauendo ilfig.Vicino detta parola alcuna ,par che fěa da conchiudere che mentita non fta paffata tra lo ro. lAn'Zimoflrando perii cartelli fuoi ilfig. Vicino che egli credeua che il fig Carlo votejjč briga colui, invn cartello fatto dopo Ufferfi infieme trouatiŕ Monterofoli,dice,che per quello,che ha viflo a Mon-terofoli.et per lo fuofcriuere,gli pare che t'animo fuo fěa děuerfo da quello>cbefi credeua.llcbe unol dir che il parlar del fig.Carlo fu tutto lontano da parole in-gmriofe: di che nefeguita, che diede occafione da do* uergli effer rijpofto con mentita>& non ci effendo tt* tu QccafjQnetQnfegttents č che non fěa fiata datati non l 1 B R 0 lě. TJ4 non ejjendo fiata data, quado altri habběa detto che ella fu datajionfi puň negare che egli non habběa va namente parlato. Se veramente il S,*JMaberbale habběa dmttlga-to,ň nňyche il S.Vicino diede mentita alfig.Carlojio mi par che fia da dubitare : che dandogli fopra ciň mentita il S, Luca, né negando egli in alcuno de* fud cartelli hauer tal cofa detta:an%i per lo fcrmerefuo facendo dimofiratione di voler fi valer piů toflo d'o* pi altra rifj>ofěa,che di negar quello, che gli č appo-ftojl filentio fuO) & il fuo fcriuere poffono effere ri~ ceuuti per vna tacitatan^ipur qua fi effreffa confef-fwne,€t cofa raponeuole farebbe fiata, non battendo egli detto cofa takahe la douejfe hauer negata, che in tal modo ficuramete fi farebbe rileuato d'ogni carico^ poi beerebbe potuto o ritorcerlo dare vna, altra mentita all'aduerfariofuo fen%a metter fi fuor di ragione a dijputar fopra il vaiorddle mentite, Da quello > che fin qua s'č difcorfo ci par di poter paffare alěeffeminaůone delle due mentite.Sopra le quali ci occorre a dire, che'l S.Maherbale nonfenten dofi perauuentura poter negare di hauer dette quelle parolejha voluto disputar fopra la forma della mentita Rimando che quella fojfe tale,che potcffefe no in tutto>almeno in parte efjer ritorta.Et per tato>co» me tal rětor cimento fia dirittamente fattoci contiene confiderarlo; né quefio fi puň far compiutamente^ fé non fi intende che figriificbi quella parola > Vanamente; Lŕ onde quefla cofa habbiamoprincipalmen te da wueftigare. Tre adunque muoio effer lefigni* ? 2, ficationi DEILB RISPOSTE 4 gli fcrhtor'n che Fano č quanto voto, Fano "viene a, dire flotto, & Vano č quel medefimo, che č bugiar-4o.Et con qmfěa vltima fignificatione puň direitfig< Luca, che Uftg. Maherbate bugiardamente parlata ha mentitole altramente mentir fi puň,fe non bn-gwdamente parlando, Di che fi vede quanto male fopta quelle parole mentita fi poffa accomodare, Che tanto č dir in quello lnogo,Tu menti ch'io habbia va namente parlato> quantoyTu menti ch'io habbia me iitoiilchenon fň come qui fi pojfn applscare.Et vn'aL tra cofa dirň k ancoraché le tre fi%nifěcationiělequ& li ho pur dianzi dettejn vna fi pojfono ancora riftrin geret& tutte infieme riducerfi [opra la mentitaiChe voti di Cenno, fan»gli fěolti:&gli flotti dicanole men, togne che eonfifléŕola fapič^a mila cognition dell* ver'tfŕM floltkia come contraria allafapknza,ba p fuo oggetti la fita falfitŕ » Nčfo come huomo pofla dirbugia,che noparli uanamčteichecoloro mčtono, I quali dicono cofevote di vera fentim&oi coloro me ěono, che dicono- co fé fěolteiet coloro ancora metono, che dicono cofe faife,e(ěedo la vanitŕ, la jěoltitia, & la falfitŕ sě fattamele infieme cogliente >ctiio no intt do in qualmodo l'vna dall'altra pofia, effere fepara' ta.Hauedo duque fcrittoM S.Luca alSMaberbale% ch'egli fen^a veritŕ vanamente parl$do ha metitoM non ha detto mete pm che fé egh haueffe [crino fem liceméte.Foihauetenaetito.Che'lděreyoinanamČ V te parladometitejč cerne fé altridkcjfe.l mélUe.Ma quello cheti S.LucipQttxa djre. m pochi * a Pafd : i l s no ttě t;s parole, lo diffe in molte ; llcbe per mio parere» non č dtroy fé no bauere detto il mede fimo per diuerfe uie. Et č ancora da notare, che battendo detto il S.Luca, Ve uanamčte parlando bauete mentětojutte quefte parole fono pronunciate fottň Una fenten%a\ Etil S. Maherbale que$ŕftMvn%a intera in parti fmembra do,ne piglia aria partiiella;& non nega hauer menti to,ma dice non batter nanamente parlato.Et ciň č co me fé altri diceffč, mentendo non batter parlato uand mente : o nero mentendo non hauer mentito ; le quali toje in alcun modo non pojfonoflaré infieme* Et per aggitigere ancora alcuna cofd di quefla ma1 \ teria.Dko Stando in fu lŕ diuiftone delle tré ftgnifica- rr* tioni, che puň alcuna volta ttuucnire, che altri parli Vanamente ftn%a mentire: ma che menta fen^a par lar vanamente % quefěo non credo io che fi poffŕ tro. Uarejbe altri potrŕ dir la veritŕ^ ma per poco aw&- dimento dirla in luogo * o in tempo > che ella fi doue- rebbe tacére i %Altri dirŕ dčlie cofe che faranno futi fi del juggettOyche fi tratterŕ^ altri dirŕ in coment datione > o in biafimo di fé quello, che, cori tutto che fta nero, meglio'farebbe fiatň tacerlo. Le quali co* fefacendofi per mancamento di prudenza, no fi putě Aire che nonfiano per uanitŕ ; che uoti di fennň fona gli imprudenti. Eicofi uanamenté fětterrŕ a dite il vero. Ma che altri menta fen^a parlat uanameri* ět i queflo non ini fo io irnaginare come fi poffa fare* 'Perche hŕuendo il $* luca dato al S, Mŕbérbaěe mH t'ita,)/ SMaberhale non la puoritorcere contra di lui perbauere egli'detto , che effo ha parlato vana- V 3 mente, DtLtE % U non potendo la menzogna effer feparatd dalli uunitŕ. Quanto a quelle mentite adunque io mirifol uo,quella, che č fiata data dal S. Luca, ejjčr legittimamente data; & l'altra non ejfer di alcun ualore* Ma percioebe il S.Maherbale par che uoglia poi nel ter%o, & nell'ultimo fuo cartello fondar la fux mentita fopra quelle parole f che il S.Luca dice nel fuo primo> Che eglijen%a fondamento, & caufa ha. publkata qtčlla mentita/inondo che a quelle parole la mentita fua non fi puň accommodare ; che per quelle il S^Lucafignificatche ejfo ha publkata quel* la mentita fen%a esprimere fopra che ella fia fiuta data; & non quello, che interpreta il SMaberbale, ultra che quando bene a quelle mentite applicar fi fotejfe,chiara cofa č chela data dal S.Luca, č prima in tempo,& per confeguente měgl'wrein ragione* "Et l'ejfer quelle parole ferine auanti,odopo la mentita in vn mede fimo cartello nonfh nuUayeffendo ue-nnto ŕ notitia tutto il cartello. T^čft ha da guardare quado altri habbia dettolo fcritto co fa,fopra la quale fi dia mentita jna al giorno che dall'uno,& dall'ai noč (lata data la mentita, * Et dal S.luca la menti" tafu aumentata aX 11* di Febraio ; & dal S.Ma* barbale fHtčtata di dare ŕ XXIUL deldettome-fe,& pofeia ritentata ŕ XV. di ^ěpnlet fi che tanto č prima in tempo la mentita data dal S.Luca,quan*> tofonoprimai XlL chei XXlIIL diVebraio,& ě X P.di ^Aprile. Et tanto č ella migliore in ragione, quanto ella č in tempo primiera. Iste al S.Luca pregiudica quélo^be děceil S< Ma -- barbale „ L 1 B 1{ 0 IL i$6 herbate, che egli $*č ěntromeffo in caufa* che pinci" palmente non tocca ŕ Iucche fi come fé il S,Vicino fi fofje vantato ejjbdi hauer data la mentita al S.Car-lo.atS. Carlo farebbe principalmente conmnuto ru fj>ondere> coft dicendo quelle parole perfonat che non era principale, da per fona non principale gli puň cf~ offcJj^ fcr rifpofěo.maffimamente che participando tutta la che u cóm compagnia di quel carico » ilqual uiene fatto ad t>no Pasma> della compagnia, ad ogniuno della compagnia dee tffer ambe lecito di rijenůrft. Valle ragioni adunque dedutte par chefipofla co cbiudereinfhuordelS.Lucaě&cbealS*Mabetba-' le il carico ne rimanda, " Et ciň fia detto per ma dě parere, rimettendone H giHdkiota chi meglio intende* IL Capětan Ventura ^merini da tucca/iprende cafo dě dar Incoio de gii Vngberijlqualeflŕ alle jpefefui, di ^Jg" & alcuni fuoi mali portameli: &gěi dice che uuole che pratichi con {{ornano Chariti da Luca:&foggiůge'i Se cifojfe alcuna gallina bagnata che uolejfe fattori-re, uenga qui in qutfěo prato,chegli Jofiéterňi che no čbuomodametnč dafauonrtiittfecenč čjalidbaf fo.Et mcflra uno pratiche č dflUatiti vna bofěéria ol tra la ftrada.Remano e in parte, che puň udir quefte parde;& uŕ ŕ trottar il Capitan Pretura, & gli dice Capitan Ventura che ui ho fatto 'to3che no uolete che fěicoh pratichi meco t Et quegli rifonde, T^on mi V 4 fiact. ptlttn,i$?ňŁTÉ piace. Et Romano replica^ ben honejiodadogli il pane uofěrofbe pratichi con chi ut piace i U me non fimi fa niente fé non pratica con mecoXt quefto detto fé ne parte*, Et poco (landň,ejfendofě il Capitati Vemma pofto a pajjeggiar con ungentilhomo Vini* lianů> RoMano tomai & lontano dal detto Capitanň pia di trenta pajjě con alta noce dice, V etura da Lue ca tutte le parole> che tu hai detto, fé cene č ninna che pregiudichi att'honor mio,tu menti per la gola* 11 Capitan Ventura mette mano allafpada, & VA alla uoltŕ di colui,& quegli correndo fi metteafug-gěre;& chiamandolo tuttauěa il Capitati fentarajó j'eguita intorno ŕ ccnto,& qiiafaftta paffitnč uoltan-dofi colutine potedolo ejfo aggiungere Je ne tornai Et dě quejie cofe, fecondo che elle fono narratele ne ath tenuta fede di piů tejěimoniji Horejjtndo quelle cofe pafinte, <& ejtendóne tra loroancot dapoi paffati ale uně cartelli, fi domandi cvfi [opra il cafo efpofloj come [opra icartelli quelloi che ne fia il uiritto di tanalleria. Sopra quella richieda doitendo io rifondere, dico, primieramente. Che hauendo detto il Capita Ve tura quello che diffe3& (ňpra Quelle parole efsedo andata Romano a troUarlo,& detto che era bonefěo che 7V(j-colofaceffe lafud Uolontŕ, <& con quefia conclusoti 'partitoěějnň neggo che gli rimŕga piuoccafione di pre . .der querela cňiuij che [{ornano no fu nominato fé m ' heJ praticar 4'i0colo. Sta que(ěa parte hauendo cč dato, piů noti né ha da parlare. che ciň che gli č uni ita piaciutojpiunoglipuodijfriacere.'Utilealtri parole t ě B X Ů ěh ěě7 fŕfok riňttfuj}>ecifěcata pfona>Mŕ folametč detto ŕfr generale*Se alcuno voleua fhuorěr l^/ro/o,^ non lŕ voledo Romano fauorfrjper mia opinioni egli non dň jteafare altrove tutto quello^che fec'efu di fotiercbio; ^Apprtffo dico,che ejjendň lŕ natura della menti* ěŕ di ributtar le parole ingiůrie fedone nonci fono pa role di ingiuriarla mentita non fa caricoinč bafta di' fé > Se bai parlato ih pregiudkió deltbonor mio * tu bai mentitoěebe ŕ queflo modo ogniuno potrebbe dar didon«ic. mentite ad ogniuno ; Ma č medierň tbefěgiuftifěchi ti) altri babb'ia disbonorŕtŕmhé parlatot altramltt la mentita č nullatche buona rijpojěŕ no puň effergiudicata queiUi Uquait non fi uede come fi accommo-di alla propvfěa : La mentita di Romano č,chefe c'č parol4,che pregiudichi allo honorfuojl Capitan Ve» tura mente. Et perciň e/fendo dŕtafoprŕ la conditio» m, infin che la conditone non fi uerifěcŕ > la mentita tion lega. Olirŕ che quelle parole furono da Romano dette poco aUedutamenieěcke ditendoěTuite le paro* le, che tu hai detto tfe fi č alcuna che pregiudichi ŕi» thonor miň,tu menti) par che voglia dir j che mente ěěon follmente di quelle che ha detto in fuo pregiudi* ciň .ma ancor di tutte quelle altre e ha ha dette. . Tot quado la mUita data da Romano haueffe ha* ttuto alcun fondamelo,))ŕuedola data cóme la diede* & hauendonz fattoli Capita Ventura U rifentěmeto ibefece;efiedofene colai fuggitóěcbc ci č da dir altrůi fé nótcbe egli no č huomo per difenderla^& che cede alla querelai Che bautda dette il Capita Ventura ed fi apertamele quelle parolejet dopo quefte ferntatofi per DELLE KISTOSTÉ per difenderle,fé Romano fé nefentiua offefo doueut medeftmamente rifondendo difender la ftta rifpofta, chei carichi tanto fono carichi, quanto fono fiittiho noratamente :Et chi dishonoratamente gouernandofi arca dishonorare altruiydisbortorafe (Uffa. Si che quanto alle co fé di fopra efpoftejo mi rěfol-uo, che Romano non ha hauuto occajion di querela, che la mentita non č fiata leggittimamente data, e che quando egli haueffe hauuto cagion di querela,& la mentita (offe Hata legittima, egli non batterebbe fodisfatto al douer fuo ,nč carico alcuno ne rimarrebbe al capitan Ventura, Et venendo acartelli,dice Romano, Che egli mete il Capitan VStara di tutto quello ha detto}dhe,& di rd in fuo pregiudicio.La qualtyientita efěedo della for tna>cheidi fopra habbiamo notato.fen^a chiarir che cofa alcuna fi a fiata detta in fuo pregiudicioj di rnu uatorey& p cofeguente per nulla dee effčr riputata. Ut perciň che egli nel cartello fuo primo afferma che il Capitan Ventura ha detto mal diluii il capi ta rěfponde che mente che egli babbia di lui parlato altroché q»etlo,che nelle tefUmoniam^ fi contiene, & in quelle male alcuno non fi legge>qite?ta mentita del Capitan Ventura incarico ŕ Romano ,infin che egh non pro'm che il male fi a fla to detto di luě. Toinončuero quello, che dice Romano nel cartel lo fuofecňdo.che il Capitan Vetura accetti dihauer detto mal di lui, che altro č dire, lo confeffo ha uer detto mal di te,& altrojNon ho detto di te altroché tariffein queft l 1 S f{ 0 TI 15S, iotnaffimamentein quelle male alcuno. Quanto neramente ŕ queUo,cbeil Capitan Venta Métfts ěm udiffe, Se c'č alcuna gallina bagnata, che ti veglia P"tiri*n;e fhmrire,cali ŕ baffo. Et che Romano [opra qfla pa* rota tenta di dargli mentita » io non fife io udiffv mai k piů im pertinente :percioche quella particella, Se, non afferma di alcuno cofa ueruna'>& non afferman do>non puň effer ributtato con mentita. Et fé il Capitan Fetura haueffe detto,Se Romano Chiariti č una gallina bagnata cali ŕ baffo, fopra quefle parole non batterebbe luogo mentita non che emendo fiate prň* ferite in generale. Et queiio non uoglio tacere io>che Romano ifěefjofi uěene egli a condartar per gallina ba gnata^non il Capitan Ventura a dare ŕ lui tal no tne,Chefeio dirň fra molti Chrijliani,oue fta un Giudeo, Se c'č alcun Giudeo fi fŕccia autxnth certo čtche alcu chrifliano no fi mcuera;ma il Giudeo intenderai thč quel parLr tocca ŕ lui,Etfkcedoft auati,fi condannar a g Giudeo. Cofi ha uedo detto il Capita nVen tura tra molte pfone,fe e V alcuna gallina bagnata, & 'mtedefido ^pmanotche quefia parola tocchi a luti per gallina bagnata,fi uiene ŕ codannare- Et per tale condannandofi egli, il Capitan Peritura intorno 4 ciň non ha da prouare cofa alcuna dapoi che colta f k bocca fua medefimafi č giudicato per tale. Et per cioche Ramano dice thč fuggě per li fhuori de gamici che haitea il Capita Petura.fopraiiqual particolare il Capita V'eturagli rifpoie, che mente che quella copagmafoffč piů ŕ fiutare dell'uno,che tfl l1altrotdico che qfěa č ménta kgittimamite data tel: che nniit thč Romano č obligato ŕ prouarei che colorň fojferé fin in fattore del Capitan Včtura^che infattor di lun Or m quello, che Romano dice, Che lafcia quello i che potrebbe dir contro. que'teflimonij,nonfo perciň che co fa egli intenda diftgmfěcare\cbe ilfuodire> lo potrei dire non dicendo nulla, di nulla lo rileua ; & quei teftimonij rimangono fermi,& infuo uigore,non fen%afuomoltodhhonore* Et il parlar, & il producer tefěimonij di nobiltŕj & di viltŕ di [angue in queflo cafo mi par fouerch'io » altra che quelle tefěimonian^e parlando di udita, & Nobiltŕ, non di faenza ,fono nulle.Toi facendo il Capitan Ve tura nobile efercitio>& con grado, chi non fa che egli č nobile^ Et quando foffe nato non nobile^ quell'altro nobile potrebbe peraunentura dirli, La nobiltŕ piia coft comincia da tnetcome la tuafěAifce in te* QueHo č quanto occorre ŕ me di dire intorno al cafo propoli & a'cartelli pajfati intorno ŕ quello*. Donde io měrifolua,che co fi nelle cofe prefentialmen te p affate fra il Capitan Ventura,& Komano,comt nelle fcrětture, il Capitan Ventura ha all'honor fm interamente fodisfatto; Et che {{ornano co cŕrico ni rimane. Et tanto fia detto per ma di parere, Riméttendo-mi nondimeno al giudicio di quale č delle cofe di te* ualleria piů efj>ettňt& fm intendente* Rjfpofta nond->. eteronimo altieri da bajě-matea M. Bruto Ci polacca* Tapino figliuolo di M. Brutto ricbie de Hierommo a battaglia, & egli rifponde,che f bitter l I B J( 0 II. i$? utr Tapino piů fratell^figHuoH del mede fimo padre & per confeguente intere flati egualmente nella me" defěma querela^ffo non intende di venir con lui a baii tagliale gli altri in lui non rimettono la loro anione? & fé la nimicitia delle cafelorononfi fěnifee co vno Sbattimento. Et Tapino dke,Che effo non puň>nč č debitor di fare alcuna di quelle cofe ; ma ch'egli per bonorfuo lo rkhiede,et per fuo interefjč particolare: Et che coluiefiendo richiedo č debitor dirijpondere, & di difendere per benfatto quello, che egli per mn kmente fatto intende di douer prouare. Sopra tal qnifěionefi domanda fé il richiedo fen* %a altra nmiffĚQnc fatta da gli altri fratelli č tenu* to,Q nň a combatter col rkhieditore, s/L quefia richiedi ay&fopr a queflo articolo rě/po-dendo d'tco,chefe taleccett'wne haueffe luogojareb-be cofa molto piů fuma l'offender molti che yn fo* lo ; percioche altrui farebbe tolto il modo da poterft rifentiretno ependo atto di perfona di honore il rimet ter la querela fua ne Walt mi mani, fatuo feetŕyň la inditfofitionc fua non hfcufa}ň la difparitŕ delgra-> $oŕ ciň non lo priuilegia. Voi vn'altro inconueniente ne feguirebbe ancorai che come altri haueffe oltraggiata vn4 famiglia, ň vna natěone, con tutto che gli wraggiatě'mch'maffero a metter la querela in mano ŕi quai che fi foffe di loro,, altofftnditor bafterebbt écorrompereymOiCbeatalremiffione non doueffů Acctmfentireyet cofifi torrebbe quelpefo dalle/palle* ^on fare adunque che quefia rifpofla per ragionem le fobbk efjtr ripunta ; $t fi come non pare cheeU ~ """ k VZllX RISPOSTE la fia di ragione ^oft la confuetudine ne č in cottami che battendo giŕ alcun Caualiero detto parole di biaf mo di tutto vno efercito, da vnfoto di quello efercito gli fu rifpoflo. Et per molte cofe,cbe in tal querela puf Jajjeroynonfu mai dettOjche colui faceffe che l'eferci to in lui rimettere querela. Et effendo tra Caualieri di diuerfe nationi nate querele per honor delle loro nationijnon fu mai domandato che le nationi ŕ quelk kat taglie doueffero dare il loro confentimento. xAd ogni offe fa č lt c'ito rifentirft per fuo interejfe particolare, Et fi come huemo offefo puň far la p4-cefenzAparůcipatione de gli altri offefi, co fi dee an (he egli poter fi perfeguir l'ingiuria; che le ingiurie ad ogni ingiuriato fi appartengono (come dicono i Giure-(onfultij infolidum. Et fé altri dicejfe>cbe tatti i Mn tfj fono cornuti ň altra co fa vergognofay non fo $cbe non doueffe effer lecito a me ributtar queSěa ingiuria ftn%a ragunar tutti quelli, che haueffero quetěo nome>ŕ cognome,&fm\a farne celebrar ynoiflrmnen tot che in me rimetteJero le loro ragioni, 1 duetti fo- gh abbattimenti no fono altro chegiudhij crimě fatortii cartelli delle disfide fono le accufe; le patenti de' campi band'h perii quali altri č chiamato a ccm-par'»e:Ů figdel capo $ il giudice; lo Steccato č il tribů naie ; & le armi fono la tortura, Et per quella via» che nella, tortura ciuHe fi regolano i giudici? , per la, mt4efměa mlia awallertfcagli abbattimenti fi han nq da rtgclare, oueflilo di arme non ci fia contrario, č $MrJ9. Et ŮHllmnte ^cedendo, ai ognuno che "7 -¦ ¦ * • -. - a L 1 B % 0 TI. 160 fta offefo č lecito di accufar l'offenditqre,fen%a cerca re che tutti gli inttrefěaii in quel cafo coronano al-l'accufa. Łt fimiglianttmeme fi dvuerŕ dire che ne* Duelli foto che l'attore nonfěa tale,che per legittima cagione egli dalla pruoua delle arme debbia effer ri-buttato, H ricbiefto \tn%a. altra inquěfit'wne habbia, da prender la battaglia con coluiscbe lo richiede^ fia [oh offe-foto degli altri con effolui. Ne qui ha luogo il dire che non uuol combatter co vna quere vnoyper douer poi affrettar (he ambe gli altri lo hab- [\v™ I°iě bianoydi mano in mano ŕ richiedere^ tbeconforman- p»u fi com-doft anche in quetta partei Duelli co* ciudi giudkijt ogni -volta che altri ha combattuta una querela, eg(i [opra quella non puň piů effere ŕ battaglia ricerca,-to;chefe alcuno duilmentefi conferŕ debitor di cen to dHcati,& al pagamento di quelli fi oblěga itifoMit, a piů perfoneji come egli č tenuto a pagarli a qual dě loro in tempo debito prima, gliele domanda, co fi poi che ma -volta gli ha pagati ad vtio,non č debitor di pagarli a gli altri. Et fé altri č acculato dauanti al giudice ordinario di alcun criminal macamento qual che fi fio. il primo accufatore, colui č tenuto alla giů Sějfica t'wne, &alla purgatone fecondo gli ordini di quel tribunale. Tofciat come égli ne:č vna volta libe tatOiper quel mede fimo cafo non in ha piů luogo ŕ no mila accufa. Non altramente nel giudicio dell'arme non dee perfona per una medefima querela effer piů , di vna volta corretto di andare alla proua dellofiec cato. Se l'altieri adunque fi conduce a combatter con Tapiri©, da alcuno de gli altri figliuoli per tal cagione cagione nan donerŕ per innanzi potere effert a bau faglia rkeftato, Et al primo, che allarme loricHe* fa dee egli con l'arme rifponde»'e{che migliore č in ra, gone.chi č m tempo primiero, Et fi come fatto vn'ab battimento jn cafo che altri volejfe rinouar la batti glia,egli potrebbe legittimamente rispondere di non effir tenuto ŕ combatter p'm di rna volta per vm querela ,co/J il domandare bora che tutti gli iaterejjn ti nella medeftma ingiuria rimettano in mano di una la loro att\meyčda ejjčre ftimatů lontano da ogni r4 gione, <& da ogni legge di cauaUeria. Łt tanto fta detto p via di parere^imettédomi al 'iadicio dtyniperfona piů efperta^t fiu imUmtt< wodě ci- T"Ł S.'Manod^benante richiede a battaglia il S< po;vp ato. J^ Don pran(ef(Q jěandone.Si conducono in campo: il S. Don Francefco ferifee a morte il cauallo del ftg* Mario vicino alle- corde dello fěeccato in paxtey dotte č vn z)a del S, Mario, Hqualfua %io albata la voti tanto che'l SMario puovdire,glictice.Smonta Mi* rio,fmonta%che ti cade il cauallo addoffoXa qual to ce vefitajl fig.Mariofi volta,vede il \io,& difinňtat di che prima non ne faceua fegno, &fukito difmon tJtojl cavalla cade morto, Ilfig. Mario da cauaiU d'fcrfo* ferifee a morte il cattalla delfig. Don Frana fco,nč potendo fi quello piů reggerei da anche al fig< Don Frane e (co tre ferite. La onde egli ; non mderw io al (ho [catp$Q altri} rigara f dke che ft aneti» L I B ^ 0 IL In 2j(ěo cafofi pmoua che i padrini del S. D.Fran cefco erano lontani, & neW altra parte dello/leccato , di che non udirono quella noce, né il S.medefima lolejtngentilbuomo gli fece cenno per fargliele fape-w.& eglifi moffe per andare a quella volta;ffla put continuando coloro il combatterete vedendoli altra, alteratane, fi fermň, facendo fegno ŕ colui, chefieffe cheto.Et finita la battaglia, effendofiricorfo ad effo. S.allegato la ftcure-Qa dello fteccato\effereflata uia lata, fu richiedo che non doueffe dichiarare né il S, D.Fran.umtojič il S, Mario uincitore:aggiungendofi thč a quel fine era fiato domandato. Et eglifi fiusŕ dicendo non hauere quelle parole udite,& conferma doyche uerofu che egli fu domadatojma chenon pen faua chef offe per cofa tale. Intorno al cafo propoflofi domanda fé il S.D,Fr. fia dirittamente prigione del S.Mario,o nň. Trima che io uenga ŕ rifondere fopra qfla richie fla,ho da dire che M.Tarisnellěb. riti, delfuo Duel* b co fi nel latino come nel uolgarejrecita uno abbatti mento feguito nel campo di un Duca di Milano.Et et ne uiene allegato uno altro fatto Federigo J^e di 7ty poll'de quali in quato poffonofhr ŕ quefio propofitoa auuifo chenon mi difeonuenga il ragionarne ? Et da quello di Milano incominiciando,par che il cafo foffe tale. CheefsBoficoduttia battaglia unT^apolitano, & un Fiorentino ěli Fiorentino per uno incontro fu a-hattuto:& no fé neauuedtdo il 7^apolitano:et guŕt dando intorno per lo campo, un fuofiateUo lofgridŕ X thč * DELIE RISPOSTE che tomdffč ,• & urtaffe colui colcauallo, percioche egli era in terra Alche colui fece,et ne bebbe uittoriat & da pm dmadandolo al Trencipe per prigione, & negando i altro di effer prigione per leragionitcbean torŕ da M.Varis fonaddutte,llDuca dkbiarň,cbe'l Fiorentino fojfe prigionst e il fratello [gridatore (ft-condo la forma del bando) doueffe effer decapitato, Sopra il qualgiudicio parche M.Tarisfenta deltut to in contrario. Cioč,cbe né U fiorettino donefje effer prigione,nč decapitato il Napolitano. Et dapoi che grandi fono le autoritŕ de'Vrencipi, & gradi quelle de dottori, la doue fra due gradi autoritŕ fi vede opinionediuerfa, da ogniuno dte effer lecito diaccoflar-fi ŕ tjuella,cbe ŕ lui ditta ilfuo parere. Dico adunque. Che piů tofto cofentiréi io che il Fiorentino no doueffe effer prěgioneycbe non direi che U T^apolitano non do ueffe effer punito fecondo la pena nel bando conte-nuta,che facendo fi una tale trafgreffione contra ifat ui condutů .contrai bandi public'hin pregmdicio dell'altrui honore, & dell'altrui uita, & nella prefen* Za,& con dityre'zjrp del Trencipe,non ueggo che gin fiitia, né che ragione ricerchi che un tot al tranfgref-[ore feueramente non debbia efier caftigato.T^é le rx gioniycb'allega M.Varis mi par cbeftano baflantiŕ difendere la fua openione\ le quali iolafcerň di reci* tarq,& di far loro rějpofěa fi per fuggir lafouerchia, ĚMghe%T^a,no facedo ciň al propofhodelnofěro cafo, come p hauerlo giŕ fatto in altro luogo piů opportuno. Del Fioretino ueramčte, ch'egli no foffe prigione, It ragioni alligate da ql dottore fono approbabUi,& yere: t I B R 0 IL i6z *ere:Et quanto ŕ me,non ueggo che altra cofa poffa fkre in contrario, fé non che battendo colui gridato, fy (come ne libri unipari č fcritto) ad alta noce, pň té ejfire da tutto lo (leccato agevolmente [entitŕ. Et [e fu fentito dal S.& da padrini, non battendo akun intorno a ciň fatto motto, par {nonfo come) che ve~ niffero ŕ confentireyche l'abbattuto non oliate il pre~ pudicio fattogli da quella uoce bauefie d continuare la battaglia: & che per conseguente fofie bene fiata vinto. Di che la fenten%a di quel Trencipe douerebbe in tutto effer approdata. Ma la mia opinione č,che egli la deffč tale,non tanto con intentione che ella do-uefje ejjere efequita.quanto che ne baueffe a [eguitar quello, che nefeguě:St ciň č,che il fratello non douefi fé permettere chef offe priuatodiuita quelfuo fratel lo, il quale per acquijiar ŕ lui uittoria sera poislo ŕ rifehio di perderne egli la fua uita. Et tanto fěa detto del e afa dě que*due, <& delta fmttxa di ql S.llluftr, Et pafiŕdo ŕ Napoli, Si cňta,che fotto H Re Fede rigo combattendo un Romano, & un Spagnuoloy& hauedo il Romano allo Spagnuolo date alcune ferite & mal trattandolo, un'altro jpagnuologridň inlin-guofuatponte,& riuerfi;alla qual uoce leuatofi Uro more fa pofěo fin'alla battaglia, & da quel Re Ser, il Romano fu dichiarato uincitore.Et che poi al grida tare Spagnuolo fu per grafia donatala vita. In ufi fatto giuditio, io nonfo uedere fé non cofe laudabili» Che ragioneuol cofa fu che la battaglia foffe finita ,t& fio che la fede del campo fi trouň ejjer molata. Et r* dmUe fu dichiarato uincitore ibi nel diparti X i mento DELLE mento della battaglia fi trouaua fuperiore. Et demi tiaŕquel colpeuolefi potč vfare,la ctůuoce non ha ueua pregiudicato altrui rimanendo perditore colui, in cui fauore egli baueua il mancamento commeffo. Dalla efaminatione de' cafi di [opra allegati uč-nendo a regolare il cafo noflro dico,che quando il S, del campo bauejje udite queSle parole,ŕ lui fifareb he appartenuto di por fine ali'abbattimento féconr dol'efempio del I{e Federigoŕl cui atto rfatoin quel la d'mifione,fu una dichiaratone, Che quel dě piů, che haueffero combattuto,non farebbe fiata legitů ma battaglia.Et fono ficuroio, che perla uirtŕ, & per Ve/permea che gli abbattimenti, che ha l'Ulu-ftriffS.Sigifmondo da kflejl qualfuil S.del campo, ch'egli haurebbe impoftofine alla battaglia quando bauefie udite quelle parole,ma udite non l'battendo, eJr conf effondo effo di non le hauer udite ne hauendo battuta alcuna tal opinione,fi come mofěrň non andň, do douefu domŕdatoperciochefeome egli tejěifica) non penfando che uifoffe co fa tale, non ne potč fare altra prouifione;nčfipuo direynč prefumere che egli babbia confentito,che non orante laficurc^xa uiola ta,la battaglia doueffe p affare innanzi. Et meno fi puň dire, né prefumere del confentimento de' Taduni: Che effendo ejft dall'altra parte dello fteccato(co me uiene referito)& lantani di lŕ donde rfcě la uoce non la poterono udir piů che fifaceffe ilfig'Et quan do udita la haueffčroje nefarebbono cofi richiamati come fecero dapo\,et hauerebbono fatta la debita in ttche la battaglia non fi hfciajje procedere pili a - > auanti. ŕuŕntlSt cofi di loro fi dee prefumere : che In ciň coti fifleuaěl loro honore,et la tintoria del loro principale^ ejfendo egli fiato il reo 5 et non battendo protiato Pad* nerfario lŕftia intentione. Si che in alcun modo non č da direbbe effi ad un tate atto consentendo al S.Don Frane.babbiano fatto alcun pregiudichi iAn%i il ceti nójfyuale fece quelgennlhkomo yerfo il S.dči capo, fuo'efftre come vna protejěŕ fatta infauórdel S.Di tr. Et qfla fi pud dire che f> lo richiamai'ftne> che sé fatto dapolftaflata approuatai Né del SiD.F.fipuo dire ch'egli bibbia; cňnfilenůo confentilóěckč prima neU'ardor della battŕglia védendofi vincitore, č da crédere cb'egli intendejfe piů ud ogni altra co fa, cbt ad aftoltar ciň ch'altri dicejfe: e che confeguttemeté non uéfěe cefa> ebefóflt detta. Voi battendo Ł ifěru-inento ripofto in mano de'fuoi Vadrini la uitajt l'bů nore>a lui piů fi rěchiedeua il ciabatterebbe piatirei Daqučllo,chefinqua s'č detto.fi viene in quefta, tonclufionejbeal S.DiFrancefcononft pkofar quel la oppofitěone, la quale difopra babběamodetto,che fi potata fare ai Fiorentino abbattuto : Et che per giudicio di Re il fine della battaglia doůčua effer alla voce del "zio t & che quanto č fiato di piu,non me nta approbationcjs « Hor haučdo cofi tegolato il nefěro cafo, babbiamo noi da dire certa cofa efjere che'l S.D.F.ricercato dal SMario s*č cotidutto a battaglia fatto la fede di qllt patentijequali d lui hanno pronteffo capo franco, li-bfto}& ftcuro.Etfe la francbe^a.fe la libertŕ, fé la (kure^a gli č fiata offerkatajlubbio no čtche bau?* X 3 do do egli detto di arrenderli non fia del ftg. Mario leglt timo prigione. Ma quando a quelle fifia mancato^ quando non gli ftano inuiolabilmente (late offeruate, Le patenti chěara' cofatjycbe tutto quello, eh* č paffatodopo tal «U* campi« macamentOy& tale tnojferuAn^a^deeeffere hauuto di ragion nullo;& di niun valore * Sotto la fede della patente mandata>& accettata ft e onducono i Caux Iteri all'abbattimenfo.Et quelconftntimento di com battere Vvno co Valtro in quel campo le claufule nel la patente contenute sforma il contrario della inuiola bile fuure^a : & a quello intercede per pegno & » perittabUimento la fede del S. il quale per far mani- /eHo che la promeffa fu urta č non fatalmente di pň-terfi ojftnderet & uccidere t'vno l'altro ftn%a incor" tere nella giuriděttimc fua in pena di homicidio, col publěco bando dichiara che quella ft intende ancora il bando, per li ciuofěantl €t i Caualieri a quello confentčdo , & fottuta fidi di quello in pruoua d'arme conduce* doft : ft puňdiri'chevengono ŕ flipulare il contratto Col SMel Cdtnp&,cbe fattola fede dě talficure^a uč gano ŕ combattere. Hor a\queftatd.contrattocme l'vna parte manca, certo č che H'altra non vie piů te nuta:che mancado la condiiione\altri non č piů obli-gato a quello>a ch'egli lotto la conditěone (ě ha codut to.ll ritratto tra il S.Mar'w,&il ftg,D.V.celebrato fu di cobattere a tutto tranftto in capo ficu.ro dalla per fona dell'vno ŕ quella dell'altro : & di potere in tal modo conquiste ciafeuno di turo \l fuo aduerfa* rio*et avanti ch'entrino negli fieccati q(ěa tegola fi efferua, molto piů fi ha ella d'offeruare dopo la gri dat& dapoi che i CŕUalieri nel capo fi fono cbiutti t et che fi trottano ŕ difputare con l'arme g la diffinitio ne del vero. I^č qui ha luogo qlla rijpofla che comn* nementefi fuole allegare, che nelle battaglie ŕ tutto tranfito č. lecito ancora con ogni frode\& co ogni uan frode ne faggio uincere il riimicoěebe quefla froderei qjlo vaii & * cccatl-taggwfiimčdedi quello,cb'altri da fé fa adoperare t & accjMiěarfi dalla perforici fua ŕ qutlladell'aduer fariOy & non con la, opera altrui3cbe con quella Ufi-'^adel campo rimane franca, & da queUtt-t X 4 yiem DELLE IV tňene ad effere molata. Et in tanto tengo io effere jffa to molato quel campo>& la francbe'Zjra di quello co Věolatione ^m\[e paro{e )CbeilS> Mario hauejjk uccifo il S. Don * MW*°* fr.egU (al parer mio) di h omicidio batterebbe meri" tato di ejjer condannato* Che la patente nonfatuaud. < piůlui}nvnejfendo obtigatv il S.alla offeruan%a di iii-- quellŕyda che quella y& la fua grida a Itti non erano iěate ojferuate. €tp thč il S. Mario fi ha queHa nittorěa ŕcquiftŕ-ta cmtra ogni ordine, c'óntra ogni patto, & contro-ógni tondinone. Et legittimo pojfcjjore non fi dee dir colui,'che con non legittimi me^i entra in una poffef-fiont.Et tbiarijjitna cofa čjbe il molar le patenti^ te capitoiaěiotii, & foptrareoontragli ordini ornai-krefdrě, & tontra ibandi de'SS.non fono fne^i legit timi ŕ diutnir poffiffňre del fho aduerfario.Voě ama l\ efempěj non fi dee in alcun modo aprir ia porta; né fi dee comportare vhe t Cavaličri in quereiedi honorem con modi meno che honwčuoli conjegttifcano le loro tintorěe. Et quando ad una tal cofa fi cominciŕffe ŕ ůfifentire,ogni giorno fi uederebbom molar le fedi pu-blichč, romperle capitolat'umi, Imar le franchete de'campi)dijprezŁare i badi de^SS^ hauer per ntd la la loro autoritŕ, ^ille quali cofe tatti i Signori ŕzs'camph& per honordel grado della eanalleria>& per tonfcraation'č della loro ghmdittioneJeueraněeH te hanno da prouederč. tt per non ifěendeYrftiěrě efuéfla matčria co piů pA' iole, raccogliendo in una conciti [ione le cofe dijopra • dettVidicoXbe hauedo bene efartiinati ě cafi propoflit la fede dette patentijŕ fórma deitŕ vapitolationeě& la fictirtŕ del capo per lo bando publicata:& da qitt j?e coi* confiaer^to [otto tfital patto>& fotta <[u<ŕ co ditione i CaUalěerififiano alla battaglia condititi'. &' thč banedo il S. Avario uinto per le parole del sjio, ha uinto (ove a % coir atti fHttiié' cohtra cgnirevnta al1 Duello* DELLE H Duello. Et veduto appreffo che né il fignor del capa, né i Vadriniynč effo ftg. D. Franca tal forma di proci der difor dinato non fi pojfono dire di hauere in alcun modo confentěto:& che per non ne hauere battuto na titia,non ui hanno potuto porgere altro rimedio, fé no quanto tentň di far quel gennlhuomo,da cui non ma, co di fare la debita protetta ; Ver quede.&per aU tre ragioni difopra allegate ,& che allegar fi potreb* bono}& per lo publěco honorem intereffe de' Signo ri,& de'Caualien, dicajl parer mio efferejhe Ufine della battaglia nel preferite e afo, proposto fi debbia determinare dai punto,che il %io del ftg. Mario par-lň:& che non fi poffi, né fi debbia di ragione dichiarare che il fignor Don Framefco fio. prigione del S. Marioj fé non come egli era allhora che fu fentitc^di re, Smonta Mario, fmonta-,. Et (juefia č la opmion mia, Rimettendomi nondimeno ftmpre al parere di piů appYouati giudicij. Questo uoglio io pure aggiunger'e, che il S. Mario non puň negare di hauere vdito il ^io, effendoft volto ŕ quella voce. Et quel voltar fi fu inditěo nonfolameL te di hauere vdito, ma che quantunque alle orecchie fue foffero quelle parole peruenute,non fapeuari' foluarft,fe il con figlio dal douer difmontarefuffč bm no,o reo, fé prima non vecieua da chi egli era vfeito : & veduto il 7$o, <& conofeiuto che egli ne era Cauto reputilo accettň tome da perfonx confidente, eJr nel mife incontanente in opera. Di che mamfe diamente fi conchiude,che egli fece quello aito di /montare non dafe>ma configliato da altrui. LIBRO \6é LIBRO TERZO PELLE RISPOSTE Cauallerefche del Mudo ' luitino politane VKIMJ. vifce querela in Trago, alla corte del ňeremfff{e de Romani fra due Catta- fo,fente,* lieri de' quali Vvno č Spagnuolo chia* uss" ' mato fěg.DcnFrancefco Lajfo>&l'at tro č tanghero detto fig.Gio.Balaffatet. il cafo č tale. M Balajfo difttia vno ěiafftere al fig* O* "Pietro fratello di D.Fran.D.Francejco con lui fé ne duole con afpre parole, alle quali IVngbero non ri-fronde:ma fi fatfaycheeglinonbiinduttolQ fiaf-jiere ŕ partir fi ; ma che e fio da [e fi č partito da D. Tietro per venire ŕ feruirlo : e che poi che la loro.. foluntŕ non č>cb'egU lo tenga jton lo terrŕ, tlfeguen te giorno douendo il Re caualcart in tampagna s & ejjendo la corte piena di Caualteri, D.Frane, fattofi advna ftnefira che guarda nel cortile del palagio t vede che il cauallo dell'Vng.č tenuto da vnfěaffiero Vtjlitoti nuouQ , ilqii&l fi jbtnigha ŕ quello di fu$ fratello: '¦ DČLIE H fratello:^ mbftr'alo ackŕltre perfine, bgn'vn rŕfferi ma quello ejjlr deffo ; Ter che alterato va a trouar l'fngberóUhe fietfe ad vnd tamia ; & alenatogli appresogli dice, $alaffo non ut dijfi io hieri, che non douefěe pigliare ilferuědor dimio fratello i Tercbe lo battete tolto} lo uě prometto di fargli dar dugento ba Jěonate in preferita uoflra. Il Balaffo rifonde, Iole voglio teneretfate voi quello che ui pare, D.France» fio repticaiSe lo terreteynon farete da Caualkro> ma da gran villano. Il Balaffo (aggiungereimetile* Et incontanente fi leuano amidue in piedi, fi come erano giunti JpattŕŕfpaUkit>. Ffancefcogli da vnofthiaf-fo,& mette mano allajpadafenxa trame puntň fuo rivangherň non fa altro mouimento:ma rimane cŕ me'mironato.^lmendue efcotto didičtro la tancia,et fi mettono l'vno di qua, & l'altro di lŕ tra Caualie* tuli Re zaualca.VVnghero porta la querela di que* fio atto al Maeflro di cafa del Re. Quegli lo fa interi aere ad efjb i^e, ilquale nianda per fare arrecare Dň* Franiefco: Et egli fentendolo/ugge alla corte dello Jmper.&feruein fu la guerra, affettando che l'ad-uerfarlo fuo fěrifenta; ňche loro fegua pace,paffandň in quel tempo alcun tratto. Dopo fedecimefě ca-mlcando Don Francefco con la corte fra due Caua.-lierij'vngbero galoppandogli vien dietro fen%a auue derfene egli, & come gli č vicino fretto il cauallň con gli (proni correndo con vn baflone lo ferifcein fu la tefta,di che egli ne rimane flordito : & effo tuttavia correndo ft ne fugge i Don Francefco rifentitofr, & raduto fuggire il nimico, glifi mette apprejfo:& per buono L 1 B Kl 0 l'If.- ¦ 167 buono fpatio lo feguita fen^a che colui mai gli udii il uifo:al fine condutto in parte, doue piů oltra paf [andň č da temer che colta non gli faccia fuperchia-rias fé ne ritorna in dietro. . Si domanda hora paffando le cofe in quefla ma* niera ; fé il 'Balafěo č fod'isfatto, & i/caricato dello fchěajfo; Et fé D.F. č incaricato per la baflonata:Et in qual grado di honore l'uno,&Taltro fi ritroui. JL quefla domanda rifondendo dico, Che fé noi uorremo intendere quale fialtoffěcioi& quale l'hono ve del CaualierOy ci coucrrŕ primieramente confettare quanta fta la dignitŕ del grado della caualle-riadaquale non fi puň dire che fěafe non eccellentif-fimo%effendo quella fiata inftituita per difefa della giuftitia, per folleuamento degli oppreffě,e per con-feruatěone de' l{egm : Lequali cofe effendo tutte in manodi Dio, non indegnamente lafcrittura chiama Dio S.deglieferciti'yQuafi come a dire generai Capi uno di tutti i Caualieri. Et di qui čjhe i Trincipit i ddJj Re, <& gl'Jmp. per grandi che effifianoyion ifdegna- i«ia. no di efercitar con le loro perfone la caualleria, cŁ- fi ®{?t gloriano di chiamar fi Caualieri. Or fi come honore- ti. itole č quefto efercitioscofi honoreuolmente fi dee efer do citare:& chi altramente adoperaci adoperare arme dee effere filmato indegno.Et di qui č introdutto>cbe per delitti militari fi leuano per ignominia l'arme a* foldati; & nel digradare i Caualieri per mancameů IC in _ cornetti,fi priuano della,(bada. Orl'honorcauallere- confitta. r • j r • • ě \ 7 ~rn Error gě [co m due cofe principalmente pare a me che cofifta, fti^c««. cioč nella giu{iitia»et ndvalorcEtft come io ho altra Tolta H1ST05TE lo) ŕ quale una di quefleaue uirtk manca, rionali Ciconuiendieffer tra Caualieri annouerato. Che atto non farŕ a difender la giufliůa chi farŕ di itti cuora & uvrtuofamente non adopererŕ la tpada ehi alla giuHitia no hauerŕ rifguardo.Con quello fon damento fé noi vorremo Mentre alla cóftderatione del cafo propoflofhaueremo da uedere qual de*due Cauti lierě habbia giufěami>te>& quale ualorofamente ado f erato, & colui piů honorato dotteremo riputare,?/-quale trotteremo all'officio del Caualiero hauerp'm intieramente fodisfatto. Ter l'Fngbero adunque diremo nói primieramen te,che effendocofa manifefia,che lo fiaffierejlqualt teneua il caualio fuoynon era quello di 0 Tietro, ma-nifeHa cofa č ancor, che Don Francefco hebbe torto a prenderne con lui querela* & che egli fi moffe con-tra il uero;il che vuoi dir cantra la giů flitia ,$}ihe viene ad hauere operato contro il diritto, & contro, ěldouer dě uvrtuofo Caualiero. Mt della mtůta direme, che battSdo hauuto la qm Tela dalla parte di 'Don Francefco faifofondametot qttelUč fitta dal Balaffokgittimam^te,& per cofc gueteviuftimete data.Si dx da tutte le parti fi uedt lYnghero cffer fiuflamentc procedutoci cofi efien do/Don Francefco ne uiene a rimanere ingiuflo. Toi quanto al udore, diremo noi che l'Vnghero con rifondere di altra maniera ŕ D.Fr.hauerebbe potuto fchi far quefia querela, facendogli conofcert (befiingannaua,& cbelolěafficre no era quello,che lifuHuifuha-f Maacc'mU non pareJJe, che egR eie I I B R 0 111. nohaueffe fatto per viltŕ,volle an%t coft rifondere, (he in altra gin fa. Et che appreffo battendogli data quella mentita da faccia ŕ facciaci proceder [ho non č Slato fé non bonoreuole -, T^č in quel luogo fi rtchěe-deua. ch'egli mette fé mono ad arme, né faceffe piů auantiEt bauendogli D.Fran.in luogo doue non fico-geniua, <& permgiuHa querela dato quellofchiaffo\ alia fu lecito in qualunque modo gli potč uenir fatto dargli il caftigamento della fua temeritŕ.Tyčlafuga fua gli dee effere apporta a běafimo, effóndo quelle fiata non tanto per D. Fr. quanto per gli altri Caua-lierijn compagnia de quali egli fi trouaua,che [ente-loft ejfě per quello atto da lui offefijoauerebbono potuto fargli [operchiaria ^Etcofěgiufto, & valorofodi remo effere flato il procedere dell'tanghero; e confe-guentemente lui douerne rimaner bonorato. Ter D.Fr. diremo dall'altra parte,cbe il [rio in fui principio fu bene errortma che l'error fuo $ le parole iell'vnghero prefegiufia qrela,bauedo coluěrifpoflo thč voleua tener lo Jěafjiere:cbefopra qHe parole r'm fdron poi quelle altre,che tenendolo hauerebbe fatto no da Caualěero:etfopra qfěe fu la querela fondata, et [opra quefta fondata e[iendo>et effendofondata co tonalmente [opra le parole delUalaffo&fopa ql k hauBdo co la metita del Balafjo conteftata lite ,ft tede che vie ad hauer prefa ingiufla querela.Che ha, uendo prima difuiato ilfermdore, & appreffo detto no uokrh tenere contra la loro yolontŕ,dir poi di volerlo tenere, chi non fa che quefto č piů tofio atto uillct, mtch caHaUmftQ&QteMfFngbero kgg«rmente fgannare DELLE niST fgaunare D.Fran.& metter fine alle differente ěm% egli con la bugia confirmandolo nel giŕ ptefo errore^ diede catione a lui di mona,&giada querela-,conda\ tódo fedeffo per bugiardot& per mgiuflo.Qbefe noi uorremo confvietar le intentioni dell 'uno, & dell'ai-tro^raueremo dirittatet giuflificata effere fiata quel, L'ěntcntěo la di OonFran. La douedi quella Balaffa farŕ dn «e gvuftifi- ŁlrŁ mtoji contranoipeuhe anche di lui fi dirŕ, che tgti Jm ingmfěamente adoperato, & die per wgiufěo. Qandiero, merita dieffer dannato, Della merita altro nodirŕfena che efsHo (com^, giŕ detto s'č).(ěata datafopta le CQditionalUtgiuflijč tate parole di D.Fr.igiufianičteuiens ad effere (iati. 4ata;ilchemaggkrmete codanna lo Vng $ ingiuHo* , lS{č migliori fono quelle ragioni, le quali fi die ona del valore che ysň U Baěaffb, che «a č da commedau quefěarityofěa fua fhtt a.( come fi allega J per novi moftrare viltŕ;che il parlar contta il u.ero^ il pre* 4ere auuedutamente querela cantra il dcuere ynon, % da filmar, ualore, ma temeritŕ. Et effendi fiata Temeritŕ, tale il cafo,che incontanente fi pottua fhr chiaro Het roreinonera.datemwcheU giiiRificar fé jlefěoptr ěfuomo feru#nte della parola, fua,ŕ u'iltŕ glidoueffe, ejfere attribuitoci che fi come temerario fi puň dire chefoffe il proceder fm^ofi valorofo, diremo eh fojfe.qnellodi D.FrKprimaco parolerifentendofidel fyffe(4,cb'egli pareua méuere; cofě nodoueua egli effer piů ti^enofone'fatthchefoffe^ěaUnelle parole.Ma egli fin pronto di lingua^che di mano dimoHr& no coluta cui egli farŕ fiato malamete vfato. Che quale č colui che non poffa effe" re con malimodi ojfefof E t Uno guardarft da quello, da. che altri noftpuň guardare >kň dee fare altrui uer pgicuMa la vergogna dee ejjer dě colui,che dall'atto bruttň guardar potUofh no fé ne guardalo» come* 11 i T * neniofl piendofi C&iMliero(comegiŕ detto s'č)adoperare le ar me fé non bonoratamente.Et quefle maniere di ferire dopo le]palle:difarlefuperchiarie;di dar bafionate\ & faggirfene fubito; & le altre cofe ftmiglianů fono tutti atti vituperofiy & da mal Caualieroya qualiri-fentimento di honore non fi richiede, condamandoft colui,che ha fatto l'atto dislwnoreuole per per fona ni Jle3e che non ardifce di venire alle mani col nemico fuo ji fronte a fronte ; & in tali cafi Duello non fi richk-4e;che ejjbndo manifesto il mancameatotnon č necef-fario di venir in pruoua di quello*Etal malamente 0/ .fefo, cbe l'huomo da bene non ha daguardarfije Cauahero. nm ^a cmtnetter difetto. €t noi diremo il medefimo .*.!-* che meriti biafmo a dotteregli honorato rimanere. Dalle cofe dette di fopra potremo noi adunque ceri' chiuderebbe Don Francesco cauailerefcamentefifia •¦ _, gonernatotejjendoft prima da faccia a faccia co paro Jlerifentito contra l'fngbero della offefa, che riceuer .gli pareua,et apprejfo hauedo co lofebiaffo rijpofto al Jafua mentita:& vltimamente hauedolo dopo il dif-hónefio affatto per buono jpatiofeguitato.7{č hauen Idoje&tiin punto alcuno fatto mancameto alt'honore, ne nonglirimatie')& obligation no gli rima-», non fi dee direrfcwn che eglififtia con l'honé n "ŔtlBKO Ut. fiió ěmmŕculato. Dell'Vrigherň poi diremo,cbe Uri* pentimento fuo non č flato conueneuole}nč da Caua*> liero: & che per tanto egli dal carico dello fcbiaffo-non č punto rilcuatOé Et percioche chiara ccfa č chi che vno atto disbonorato non puň honorare chi lofaf "^^ efěendo děshonorato fiato l'atto fuo, non fi puň dire ° TempO ch'egli per quello benorato babbia ŕrimanere. Qtŕ fcoifo. fi potrebbe aggiungerebbe bauedo eglilafŕatofcor ter tanto tempo dopo lorkemr dello fchěajfofin^a rifentěrfene, ha paffuta ogni preferittione^i legětti-* mo rifentimento > €t dire // potrebbe che quel riwr- ^ me alMaefěro di cafa del Re non fu punto atto ca* caUallcie-« nallerefco » Ma Caltre cofe giŕ dette ŕ me fimbra- fco. che ballino affai per dimoflrare come egli in tutte le maniere fta pocohonoratamente proceduto. Et tanto fta detto per uia di parere, Rimettendomi {empre al giudicio di ogni perfona piů ejperta, & piů intendente.^. KitpoHa feconda^ * NElla querela giŕ propofěafra ilS&.PrZcefco nd mede* Lajfo>& il a>Cio.Balaf]o fono allegate alcune fimo' cofe infauordel Balaf[o>alie quali hauendo io bauu* ta confideratione, ridonderň quelloycbe mi occorre, accioche daCaualierifi poffafar piů chiaro giudicio di quello,cb'alle leggi dell'honore fi conuenga. Dicefi adunque,cbe due effendo le rie di ^cedere l'vna di querela,& l'altra di brigaci Balafjo ha pre fa U uia della briga,& che per \lla ne rimane fodif fatto^Uaquale opinione quatofi debbia accofenti-retlafcerň giudicarlo altrui.lo dirň belato, che ŕme T 3 non VELIE RISPOSTE f&parefche né i Caualieri la babbiano dafegtŕure§ né i Vrincipi da approdare : perciochefe quejěa per regola cauallerefcafoffe riceuHta.ognmnofi uerr ebbe a fare lecito di far degli atti dishonefii; né dittiti' tione ui farebbe da opera honoreuole,a dishonoreuo» le.Cbe come altri fi fentiffe alcun carico, terchereb-bedtaffaffinarl'admrfmofuo',& direbbe dibatter prefa via di briga : & cofi cofa bonoreuole farebbe tifar le cofe disbonoraté. i kbefefta da due, non i meflier che fé ne fanelli. Ma come fi babbuno ad ini edere qfle materie di ějrele,& di brighe; & di honorc, &• di disbonore, io fommariamece dirň qudloycbe io ne fento.La briga intedoio che fta vna cofd titrnul>umafiella quale se %a ordinario procedere,gli huomini $ cagion di němě citte vigono all%arme:et boggil'una,demane l'altra parte fannonuone uHette fecodo che loro fi offerifeo noie occaftoni.La qrela ueramčte č un tp cedere ordě nano di Cavalieri per cagion dihonore, per lo quale trěgono in prona di arme,& co vna ritinta diffinitio m fi ha honoreuolmete da. determinare. Or qfěo e afa del qitalft trattale egli per via di brěgjifi di querela fi babbia a trattare, affai ageuolrnettfi puň difeerne re. I Caualieri da noi giŕ nominati no $ nimifirŕ fono venuti a quejěa differč~%aJan'zi tfěčdo tffi amici) f> ca gion di honore fono caduti in qjěa nimiliŕiche a D.F. non pareua di poter co bonorfuo compartirebbe co lui haueffe difuiato il fernidore del jratelfuo,& prň nteffb di non tenerlo, & pofeia che egli pur lo tenefje. Il BMfJň riputň che dlsbunoreglifoffe^be D.Fran. con LIBRO III. 17 fon co fi ardite parole a trottare ne'Ifoffe ucnuto, & per ciň d'iffe -volerlo tenere. Et D. Fr.giudicando, che ciň di disbonore effergli douefie,gli rift>ofetche baue<* .; rebbe tenendolo fatto non da Caualierojma da villa* no. Et il Bala/fo jěntendcfi mll'honorpunto, perdi' [carico[itogli diede quella mentita. Et *D.Fran. per likuarfi dx quelta, ?li diede lofchiaffň. Lequali co/č tutte di mano in mano furono Ł gradi couenkntifat* te perrimordimčto di bonore,& fotte eanalierefca* mente.Et ejfendo le co fé in quefla maniera proceda» tejn forma di querela fono proceduteci per con fé* guete per ma di querela fi coueniafeguitare al Balaf foillquale o allbora incbtanenfe domua co mano armata fcaricarfifO dapoi honoratamente rifentirfiy li- confiderŕ (he fatto non hauendoycon carico ne rimane/Perdo- "c°^dl ^ che ne gli atti fimigliati, doue le mani fi adoperano, due cofefono da conftderared'una č la per coffa/al* tra il modo di quella.La percoffa offende la perfona: il modo tocca Chonore: che fi come altri offende, o č ojfefo bonoratamčte,o vergognofamente,cofi la opi-nion deCaualieri dee ejjtre,cbe egli con l'honorem co la vergogna fé ne rimaga.Della percoffa puň ben effe re,cheil Balajfo comedi vedetta nell'animo fuosita fodisfatto. Ma del modo della fcoffa,no hauHo né ai tepo dello fchiaffo a faccia a faccia fatta alcuna di tnoflratione cauallerefca,nč dapoimofěrato honora-to rifentimento,no ha fodisfatto a qlla opinione, che debbono di lui hauerei Caualieriy che egli fia huomo f difcnderfi da pari a pari a D.Fr. La]fu;che cj/ěo č il carico,^'quale egline Viene a riportare. Si che an- T 4 e ora j-, DELLE ^l STOSTE torŕ che egli perauentura itila, percojfa fi tenga ri dkato>non ha perciň fodisfatto all'bonore* Lŕ onde *5.rě8a*f fé bene fi vorrŕ dire che eoli bobina, prefa con D.F\ nttoua briga, questa,non perciň puň tor ma laquere-la:che efiendo piů nobile', & piů bonoreuole la quere la che la brigala briga non puň cancellar la quere-la;ma la querela puň ben mettere honoratofine alla briga. Ter ef]'ere\adunque foprauenuta briga% non farŕ leuata la querela. Et [e fi vorrŕ forfč direbbe tra loro ejftndo qmrtiai& briga,non meno č obligar to D.Frangila briga, che il Balaffo alla querela, Io ridonderň}cbe per ejfere prima (lata la. querela, che la briga,efiendo di ragione, che quale č prima in te» po,preceda anche in ragione, alla querela fi dee pri» ma attenderebbe alla brigaci cheti Balaffo etenu to di fodisfare prima a quella, che D.Fr>mn ha da penfarea quefia.St percioche alla briga non č (ěatui to tempo, né modo,di perjeguir l'ingiuria,D.Fran.in ogni tepOyCt in ogni modo;che fi vendichi farŕ bé uen dicato. €t per effere alla querela prefifio tempo, & modojionfinfentendOiO non fi effendo rifentito il Ba lajfo in tempo eonueniente,né fecondo il proceder ca uallerefco,con carico ne rimane. Et efjendo cofa prň pria della briga offendere^ della querela incarica refi potrŕ dire che D.Fr.fia ojfefo,& il Balajjo inca ricato.Et alla ojfefa conuenendofi uendetta,& al ca vico bonoreuole rifentimento, quella batterŕ da fare D.Fran.fecondo l'arbitrio fuo, & fecondo l'oceafio? ni.Et quefla fi ha da far dal Balajfo honoraiamer* te,& fecondo leleggi,& hftilo dc'Caualieri.. .. . M "firn lm. 173 .. iJMapcrc ioche ŕ uoler dmoflrareibe ratto del Balaffň fia flato honoreuoěeft dice,the egli andň ad Affrontare. affrontare D-.fran.da filo ŕfolcin me^o di molta ^ente,& con pericolo. ě{ifpmdo che io non dito mai, altri asfaltando-altrui dopo tefpaHe, fi poffa dir che Raffronti > effimdo queflo nerbo compoHo da fronte, C^ mn4a fpalle-ě ma iflěmerň io, cěw piů toflo dit fi poffa affannare. Et fi come l'affrontare altrui ad eguai partito dyatto bonoreude, cofi Faffannate in (\uahmt\ue modo che fifŕccia é vergognoso; Et ifi D-.Fran.cbiaratofa ié) che egli affrontň il Balafjb ih folo a foto ; ma che il Balafjň habhia affrontato t>.Fr.queflo per opěnion měa, non fi puň dire. Effe U iialaffofece quello atto in me%o di moltagente;D.'F, non féve il fuo in me<%o di poca, effčndo in ima tittŕ Reale nella corte del Re piena diCauaHeri.jěn%ifi come ail'atto vergognerň dei Balaffomolti furono te ftimonij,cofi piů molti ne furono all'atto honoreuole iti D.Fr.Toi quanto al pericolo, nonminorfu quello di D.Fr.che quello del Balaflb3eJ]čutto quejěi Siato4 camllo,& in vna campagna aperta,& venuto prň ueduto per fuggirei Et quegli ŕ piedi, & in yn pa*-lago di vn Refenda battere bacato particvlar peti* fiero di venire a tale effetto, & effendofi dopo il dat dello fchiaffo fermato, & entrata mila camera me* ŕeftma del Re.com'é r/ianifejěo, che egli fece. Si che quitto al pencolo,maggior fu quello dě D ,fr.<& mag giorfu la moltitudine, in me%o della quale fece Pat* to.Toi D.Fran.percoffe lui da nifi a uěfi, non finirti tfftrfi U Balaffo prima proceduto, come colui, che fer DELLE RISTOSTE per la conte fa in pie s'era leuato. Et dopo la pérceffa D-Fran.fěette fermo, & nel litigo medeftmo per buo no [pŕtio fi riflette ? La doue il Balaffb uenne con in*> tention di fuggir e ,ferě Don Fran. dopo le /palle non fé ne auuedendo egli, &fe ne andň prima che D.Fr, lo poteffe veder e.Or fé que/ěofia attobonoreuolet& rifentimento pari, & al carico conueneuolejo me ne rimetto all'altrui parere. Et a quanto uien detto cbefkaucreil Balano affatilo D'fran.all'improuifo,non pregiudica a lui, né rilcun D.Fran.perciocbe chi ha nimicnia}deeandar proceduto; Dicoinrifpcfta>cheD.Fran.fapeua di hauer querela di bonore ; & credeua di hauerla con Caualier di bonore ; eJr comedi rifentimento hono" reuole andana proueduto affai ; ilcbe egli ben dimo-ftrň,bauendo dopo la per coffa arditamente per buo-no (patio feguitxto il fuo nimico. Ma fi come D. Fran.dal Balaffofiguarda.ua come da honorato Ca* ualiero, cefi il Balaffo doutua guardar fi egli da fare atto, che ad honorato Caualieronon fi conuem'ffe. St fatto basendolo, né ha filmato fé ,nč pregiudica* toalt'honordiD.Fran.non hauendoD.F.commeffo mancamento ; & effendo di colui fiato uituperofo il rifentimento. 7{on voglio mancar di rifondere a quella parte, doue fi aggiuge, che il Balaf/ň,fe uoleua, poteua ammalare D. F.ba uedo l'archibugio ŕ rota carico allo arcione.Et cěk qui ha luogo vna regola, che quando l'ofefo ha ě pode/ěafua il fuo nimico,& ne puň fare iql che vHoletfe bene non gli fa mal ninno, o né pigliti foca l I B % 0 ĚĚU 174 pttifodisfiittione, in ognimodoft intende ejferfi i bilmentc uendicato,& ifcaricato.Q^efla regola fi ců meiolaappruouo per buona, cofidko ebeinque* fio cafo non ha luogo;percioche (per quello che inten do iojaltro č battere uno in fuo potere,& altro poter lo aj]Affinar e. Che in poter mio č uno,che fi rimette nelle mkforzjejbe ŕ me fi arrtde;cHĚ io bafhtto pri-giwejlquale io ho in terra /otto i piedi:& ftmigliati temete.St in tali caft la opiniowmia čycbe anche pia bonoreaole fta il perdonar liberamente,che il pigliAt ne alcuna lodisf'anione,o vendetta . Ma perche iů p€* aJTaJfiniir€ altruiynon dirň di bauerlo in mio pň tere.nč di poterne far quello,cbe io voglio ,faluo fé nÓ dirň di volerlo affannare. Che a quefto modo non č Trencipe^ non č t{e alcuno%cui io non po[ia hauere in mio potcre,& farne quetio,ihe io ttoglio, potendo con vno archibugio ferirlo^oin campag/ia, o da vna fineftra nella fchiena.Et co fi ogni uno, che fi [emiri nffefo,o incaricato, potrŕ.fen^a fare altro rimaner lodhfatto,& ifcaricatoydicencto dibattere il nimico fao in fuo potere¦, ma i he di tato fi contenta di poter far diluě ciň che vuole.Ma la cofa ftŕ in altro modo* In mio potere fono quelle cofe,dtlle quali jěcuramen te fecondo il měo beneplacito^ fcn^i lotraflo io ne pojfofare la mia volontŕ; Et altro č dire, In mio pň-leu č di ammainar D.Fr. Altro D.FJ'tmio potere* Bfe D. Ff.fofiefiato infuo potere , egli non farebbe fuggito dauanti ŕ liůfeguedolo egli comefece.Si che qfa regola a me sebrafeome hogtŕ dettojvhe a que-ajo mal fi pň fa accommodaretet che ella nofae- ,, . VELIE KISTOSTE cUputo'm beneficio del Balaffo. Et quadň il Balaffo hauefie malamente vccifo D.Fr.egli fi farebbe mac chěatodi vna perpetuai irremeděabil nota di infx ma.Becbe,fevoglio anche dir qělotcbe io ne feritolo penfo ch'egli adoperň anzi il battone, chef'arcbibu gonion perche la volontŕ fua non foffe di reciderlo, ma perc'wche temette che il tratto non r'wfciffč va-no,& dubitň di rimanere maggiormčte inviluppato». . Habbiamo detto come non debbia efiere altrui lecito [otto nome di briga voler abbattere le leggi deUhonore: & appreffo dimofěrato děuerfa e/ferela querela dalla brigat& in quelle douerfi diuerfamen te di ragion procedere. S flato aggiunto da noi ancora come in alcun modo di riferimento del Balaffo non č fiato pari al carico, che egli ha riceuuto ; &' thč lecito non gli č fiato di affalir di dietro per fona, con cui egli hauefie querela di honore.Et vltimamt-te habbiamo fatto maniftflo come dir no fi puň che D.F.fta flato in potere del 'Balajjo. Col qual difeorfo ttoftro ci pare di hauere pienamente rifyofio ŕ quelle cofe,lequali contra D.F.veniuano allegate. Di che fi puň ben venire in conclufione, che né il Balaffo č di-/caricato, né ŕ D.Fran. rimane obligatione di hono* re. Et fé in quefěa peruerfitŕ di opinioni, nelle quali io veggo nelle volgari corrutele il mondo efier inuoU tojecito mi foffe čre quello.che io ne fentoy bauen-ŕorifguardo alla nobiltŕ del grado della caualleria, kqttale con honoratiffimey & religiofifiěme leggi dorrebbe effere efercitata, & regolatat io direi che il BMaffo non tanto per lo febiafforicenutot quanto. per I l'-B.R 0 II L 175 tper la percojfa data, attefo al vergognofo modo di quellarimanejfe Vituperato. Et che evlě,fi per puně- Digradar s. 4ione delfuo mancamento, come per altrui efempio chi dhho-da chi baia autoritŕ delle /eeei inmano meritaffe noiataH»é-, i ejjer digradato. ' Et quefěo dico per diritto, & per legge di honote tjjer il parer mio} rimettendolo algiudicio di chi meglio intende. Riftofta Ter%a->. DOn Fr. Laffb mada tre paté ti di campo a Gio. Bala(]oi& lo sfida a battagliai fa publicar cafodichi quefta disfida in Toffonia cittŕ d'angheria, douečil c°nduceal Re, & ad ejjb Gio.Balajfo fa appreftntare la paten- "roŁ* te, Gio.Balajfo né le accettarne le rifiuta,ma fa domi dar \icenya al Re di vfcire a qne(io abbattimento.il H?glirilpodetche per efjer coftitutione di quel Bfgno, & confuetudine,cbe alcuno non efca a cab'attere fuo ri della fua giuridittionetnon vuoi dargli tal licenza: ma che č bB contéto, che accetti tale abbattimento, & che ogni volta che D.Fr.gli domaderŕ patente di capo franco, gliele darŕ; e di quefta rifposěa fé ne fa vna autentica patateideila quale Gio.Balaffo ne ma. da. copia a D.Fran.feriuendogli che procuri di batter campo dal Re,fecondolafua offerta;cbe ejfo accette rŕla battaglia.Don Fran.glirijponde,che hauendogli ejfogiŕ mandate tre patenti di campo, né hauendone colui accettata alcuna, egli non intende di domandar campo al R^e, ma che effo procuri di hauerlo, che e$i lo accetterŕ>pur cheglijěapermefiodi combatte v re a tutte tranftto : ocHejfendo lo abbattimento in- ntttt \x$ toste terrňtto, nrn perciň fia pregiudicato dell'honor fuč% ma che il tutto cada in pregiudicio del Balaflb. EtU Balaffň repticaXbe D. Frati, impetri campo dal fm J{eyňlicenza eňe egli poffa vfeire in luoghi (ir amen a combatterebbe effo non č per prendere altramente tonfai battaglia. Et queHe cofe da loro fono dette ~€on d'werfe ragioni, lequali da noi [arano tocche qui fotto a' luoghi piů opportuni. Sopra quefěocafo ftdomanda di cfualdedite €«i-Halieri ftano migliori L'ragioni, & quello che di fa fi Effendo quefěa quereU di honore^on le leggi deh Legge d» ^onore mi sferrerň di farne connenicnte rifboftx-,. Et dtt o, eoe ne caft di cauallena per legge ha da ef-fer tenuta la opinione, eia confmtudme de' Caualie-nň fi ha da ri* Et la ormone de1 Caualieri č, che legge alcuni S^f,?5." in nč ^ JMttw > n$ A'rPrencipe>nčinterefiedi hauereyne di di vita ali* honore non debbia efftre antepojěa : e che K non oliante alcuna cofěitutione^ né pericolo dě perdi-tay iCaualieri alla legge del\xbonore debbiano obed'h re:laqual č,chedoue altri č chiamato pervia ordini rw in pruoua di armejŕfene debbia incontanente co prontexX'i $ měmo cammare ; & che quale altramente fa ynonfix degno dě effereannowrato fra Cfc ualierě honorati. Et quetěojche dico efpte di opinione di perfette d'bonore, četiandio dalia confuetudmt tonfermatůx che anche in altri regni fono (tatuitele pene, che allega il Baliffo effer nel regno d*Fnght' ria, per difěttrbargli abbattimenti. et pur, ciň no» QSĚaute, di quelli efcono.i Cerna tieri ptr diffinitelm l I B ^ 0 77/. 176 querele, & da altrui chiamati, & per ebramare altrui; itebe fi č veduto a noflri dě & di Spagnuoli, & di Napolitani, & di Siciliani, & di fudditi de* SS. Vinic'uniy & di altri. Et non che altro fi č vifto da . [^ noi, ma vfeire delle cittŕ affedu te, abbandonar l'itti frefe cominciati ><&• lafciare ilfeiruigio de' loro Tren ciphet feguitar cbi in querela di bonoregli ha sfidati a battaglia.Di che vengo i c'ir ioy chenonfo quanto Le .. bonoreuole fia flato l'atto del Bai. ŕ: voler con quel honoie. fuofouerch'io chieder di licenza Sottomettendo fi alla lecbe fen%j\ hauer rŁ inetto ad altro,che alle leggi dell'hoiswe -> i Camlěefět lŕ fi debbiano conducere^dotie per di fc fa di borirne $ fentono effer chiamatiJl che quato bene dal Těŕkijf& stega offčruato,fen%a altro dirneyad ognuno i.manif*. fio, In qfiafolamete ancor direbbe ě tutti qus luoghi X / B % 0 111 177 fňgKono ancora ftatttir le leggi, & /penalmente che nelle corti de 'Prencipinonft debbianadare,& il Baia jfo nella corte del Re non hebbe rifpetto di dar měe-* tifa a D.Fran.contra ogni legge, & contra ogni ap-prouato cofěumey& contra la dignitŕ del [ho Re> & nčh vfc'tre a battaglia vuoleeffere fottopojio alla leg py<& al Ret& rendergli obedien%a)& riueren^a. II* (he nonfo quanto meriti commendatone. Ma percioche il Balaffo cerca di di fender fi, & dU moUrar cl$e ha volontŕ di combattere,pur che l'ad-uerfario fuo impetri campo dalfuo I{e ; & dice che battendogliele il Re offerto, gli farŕ ageuole ottenerlo : oltra che quefto non ifeufa quello, che giŕ di fo-fn-a fi č detto, pur anche di queHa parte non man* cheremo di parlare, *Dico adunque primieramente, che nella application porta ai Re da pane del Balaf fdffidice^be quelloychefece D.Fr.cotra il Balaffo fu. centra fua Maeftŕ}& contra la dignitŕ della fua corte ! & che ha fatto medefimamente contra la dignitŕ di fua. Maefěŕafare affigger cartelli alle porte dei palagio al tempo,che la dieta ft celebraua fotto il fai. uo condotto di quella. Le quali cofe coftflantě>č da di" re,chel'animo del Re non poffa ejjerfe non mal difpa fio contra D.F.St ancar che di vna tanta lŕaeflŕ non fta da prefumere fé non cofa giufla, pur nonfo come pofaflar quieto l'animo di colui, che fi coduca a coni batter nel campo di Quel Trencipe, ilquale eglifap-piajhe babbil'animo alienato dalu'ullche tatomag giormetetniparda dir e,quanto quella co fi cortefe of /isr^ delRe ame fempre metterebbe fuffritionejl Ba. DELLE RISPOSTE laffo domanda licenza di andare a combattere con D.Fran.Stil Re non da licenza a colui, che gliela do* manda,&fk a D.Fran.ojferta di quello,che egli non domanda. Et fé nelle liti di pochi denari habbiamo per ogniminima e agionei giudici foretti ,ch e douere-mo noi fare in quelle caufe3& dotte la ulta, & l'honorem vn punto fi mettono di bilancia? Et per tanto di co io effercilmio parere, che D.Fran. non folamente non č tenuto a domandar tal patente, ma che quando il Balaffo gliele hauefje mandata, non fo quanta egli foffe fiato obligato ad accettarlayfe da fé a ciň fa re no fi foffe offerto.Ma da poi che egli vi fi č pur prň ferto con le conditioni difopra dette}č da vedere, do-uendoft ottenere quella patente dal {{e, a qual di loro fi appartenga di procurarne la efpeditione. f| Dice D.Fran. che il Balaffo non ha potuto rifiutar di accettare alcuna di quelle patenti, che egli gli ha mandate, percioche ,fi come le leggi danno al reo la eie ttěon delle arme ; co fi danno all'attore la elettion del campo.Ilche fé co fi nonfoffe, Ureo potrebbe fem-pre ditedi non trouar campo, & mai non fi verrebbe a diffimtione.Et che pur nondimeno ancor che egli tenuto non vi fia,accetterŕ la patente del 1{e>fe il Balaffo gliele manderŕ. Et dice il Balafjo, che egli non vuole fuori dello Siilo de'Caualieri mandar patenti a D'Fran. perdendo delle fuč ragioni, douendola egli da lui affrettare: & che le leggi degli ab battimenti fono piů chiare, che fé ne conuenga dire molte parole ; Et conchiude che o D.Fran gli mandila patente del Re; o dal Re gli fŕccia hauere licenza che egli vada « combat- L I B K 0 111. 178 tombattere in paefi forestieri. Sopra le quali prň-poSie, &rifpoHe dico che né le leggi damo allo attore la elettion del campo ; né č contra lo Siilo déCa-ualieri che il reo mandi patente all'attore. *4n'%i legge, & confuetudine antica Sfiata, che il reo mandaf-fe le patenti ali'attore :& era prefcrittoil tempo, nel quale eglimandar le douefie, & pacato quello all'at tore era lecito di mandarle, & co fi non era tolto il venire a diffinitione. Toi i rei per difgrauarfi di quello pefo di cercar campě, hanno lafciato il carico a. gli attori ; & hoggigli attori fogliono ordinariameri" te mandar le patenti, lequali fé fono tali, che al reo paia di eleggerne vna elegge qual piů gli piace.Quan-do non gli piacciano, prende la cura di mandarne altrettante all'attore ; il quale ha da farne effo elettio-ne. E quefěe fono le leggi del mandare i campile quali poi che il Balaffo dice effere cofi chiare, doueua specificarle, & hauerebbe conofciuto non effer fuori dello Siilo de'Caualieri,che il reo mandi patenti all'ai tore:& che mandandole non perderebbe delle fue ra-gioni, anxi in quelle fi conferuerebbe,D.Fran,ha ntan dato a lui tre patenti di campo, dopo le quali il Balaffo da lui non ha da afpettarne altre; ma dee 0 accettarne vna, 0 mandarne effo altre a D.Fran. Con-ciofia cofa che non fi vfa fra Caualieri dapoi che altri gli ha procurati vna volta i campi, dire, Io non voglio accettare ninno di quelli, prouedimi del tale, 0 dell'altrettale: Ma 0 ne accettano uno demandati, 0 veramente ne mandano effi de'nucui. Di che io ho ia concludere, che dapoi che D.Fran. gli vfa que* Z * &a DELLE %IS?O$TE tňmo a mandanti tre patenti di campň, dandoti tet mine faccettarne vna tanto in tempo, che feffanta giorni dopo la publicatione di quefio cartello mi hab aiate mandata la lifla dell'arme, & quaranta giorni appre[fo,che farŕ cento giorni dopň detta publica tionejŕducerui al campo per uoi eletto, ouero in det to tempo di rifoluemi a mandarne tre altre a mefof-ficienti}& a tutto tranfitOyň quella del Sereni/i. Re» che fta pure a tutto trafitoyň con le condhioni giŕ da me propojěe: ch'io quella accetterň ccn ogni rmerert-%a, & piů volentieri che alcun'altra .fidandomi piů nel valore^ nellagiuftitia di fua Macfla\cbe dubitando delle inique uoflre accufe. Et in cafo che fra detto termine non pigliate alcuna di quefle rifolutio-nijnfino ad bora io ut notifico, & protetto che io ac-cettOy & ho per accettata la patente,&c.St nel ter mine de cento giorni giŕa/fčgnati mi conducerň al campo con quelle armejhe parranno a me piů con* uenienti,Et ň comparendo^ non comparendo voi,io procederň alla infamia uofěra per quelle uie>che per legge, ň confuetudine mi faranno permeffe. Et coft lŕ protejěo,et riprotefto. Le originali delle patenti fa ranno in marěot &c. Et io fěarň in Roma affrettando la lifta delle arme in cafay<& e* Quefto č il parer mio in queHo cafo, alquale ag* giungevo ancora, che bifogna bene efaminar quelle -patenti di campo* per veder fé elle fono accettabili: che in quella del Conte di Vitiglěano ut č una claufu* lamella debbia ualere quattro meft dopň l'appre* fcntaůonejlqiid tempo dopňl'apprefentatione fat* ". tane LIBRO III. 1S0 tane al Balajfo č piů che trapaffato.Et co tutto ch'e gli no ne facejfe elettionejiofi puň dire eh''eila non fi fia apprefentata. St $ tato chi hauerŕ qfla cura donerŕ prouedere, che no fi dia occafěone da dijputare. Rijpofia quarta- . AConofcertrail Maygpccoy et il Girando qual Cěfo diat fia reo, et quale attore, bifogna prima uedert [^ Ječn2j qual Jěa la mentita legittima, & a uolere intendere querela di quale ella fia, čmc(ěiero di uedere qual di loro formiaime' dirittamente le parole, [opra le quali ella č fiata da* ta. Et dicendole vn ad vn modo,e l'altro aU'altro}na fi puŕ parlar di ragione, [e non s'intende la ueritŕ di quelle. Dice il Ma%zpcco>che il Girando ha detto di ěuiyche quandoejjo ammainň lacomo limatóre, la amma7^%ŕ malamenteěctl'ajjajjěnň,&[opra ciň gli da" mentita. €t dice il Girondo, che parlandoci della morte del Zimatore,fě dijjč,che il Matgpccóhaue uŕ detto,e he quado ejjo l'ammantň, colui fu primo a dargli una pugnalata : & chefopra ciň egli dijjč t thč il Marocco mentina * Or fé le parole fono fia te come dice il Maxjzoccotchiara cofa čicheilGiron do douerebbe effčr attore. Quando co fi fiate non fict~ no,la cofa hamrebbe da pajfarein altra maničra.Et dapoi eh? le parole furono nell'anticamera del S*DX ca di Ftrrara,douendoui effčrragioneuolmente fiate piů perfine,ageuol cofa douerŕ effere il venire in co-gnitione di queHa ueritŕ. Et fé luogo alcuno ci ha a. coniettura,io per quanto poffo comprendere dal cori tefto de'cartelli, giudico, che quando l'una delle due mentite fia Hata legittimamente data, la data dal Z 4 (jirondo DELLEH Gěrondo fio. legittima, percioche il Giroftdonegati batter dette le parole, che gli fono appofte dal Max^ %pcco ; & il Ma^xpccvnon felamtntt non pruoaa che egli dette l'habbia,ma non allega né tefiimonkn %a, né argomento, per lagnale fi a yerifimile, che egli le habbia dette. Et fin che qutflo non appari-fce, la mentita fua non ha fondamento. Et dall'altra parte dicendoli G'urondO) che la Mentita fua fu fopra l'battere il Ma^ovco dette ché'l Zimatorefu primo a dargli vna pugnalata) il Ma%^otco no par non nega batter detta cofa taleěantxi nel primo cartel Iodice che efěo ammalň il Zimatore}uolendo celai ammalar lui * Lŕ onde č rerifěmile -, che la mentita , laqual dice il Qirondo di batter data al Ma1^-%occo, habbia fondamento di veritŕ . Ma poniamo, che le due mentite o non habbiano fondamelo^ puf legittimamente date non fi pojfano gittjěifi care, il Gě rondo per lo fuo primo cartello da una fua mentita particolare fopra quello che feriueil Maxgocco.cht il Zimatorelo uolle amma%xar ^uu & qut(^a mentita effendo certai&JpetiakiChiara cofa é,chyella uie ne a far carico al Ma^pccot& per confequente dv uertbbe egli rimanere attore, faluo fé non prouaffe j che il Girondo hauefěe parlato nella mamcra,che dm lui č flato dtttOi. Che a quel modo fé la mentita fux foffe fiata legěttimamente data j efkndo prima in tempOyfarebbe anche migliore in ragione, 7{on parlo della mentita generale tentata di da* re dal Maxgpccojěč di alcune interpretaticni di pa*-r ole fatte ne'fuoi canellijcbe quelle non fono altro j '.-. ' chs l I É f{ 0 UT. ě8i oni: & appreso per/me intendenti ttoil "hanno bifogno di cfaminatione. Čo detto foprale mentite quello, che mioccorre, bora aggiungerň yn'altra cofa. Et dico che quando ancora foffe chiarito qud. di loro fojjč il mentito:& per corifequente qual doueffe effer l'attore > non per-xiň fidouertbbe combattete fopraqitefta quefela » Ne Sig.aUkno batterebbe ragioneuoěmeteda dar loro campo. Che'i Mazjzptcoxlice nel fuo primo car-llo. xbe puň ciuilmente prouare come tiafsňil fi' pň. Ctoe'i Ma%T$ccorticenel fuop )> xbe puň ciuilmente prouare come pafsňil fatto tra hi,& ělzěmatore : & che -č noto in Ferrara. Et il Cirondo fcriueda perfine degne di fede effere flato certificato del cafb.Se adunque fi puň ciuilmtn te prouare,& fi puň certificarti č notorh,nv ueg-:go come di cofa > doue ci fin pruoěta c'tuile ,fibabbia da metter manň ad arme}nč perche dalla uh certa fi habbia da difendere alla dubbiofamč perche fcpra ma cofa notoria fi debbia cercarne un giudmoincer tOidetcrminandoft per te leggi di cauaUerěa,cbe dette ti č pruoua ciuik>alle arme non fia lecito di ricorrere . Quefěa querela adunque tra loro fi ha da diffinir per uia di teft'monij:et quando per quelli la cojafiŕ fatta chiara,altra appellatěcne r.6 ne rimane. Se ve rumente ci fodero di quŕ,& di U teflimonij tali, che hfcěafjčro la quisě'wne dubbioff, lŕ differenza cef-ferebbe tra' principali, & fi cňnučrrebbe uemre ad abbattimento da' tefěimonij\ele%gcndofem dall'una parte l'vno}e l'altro dali'altrajecondň die é ordina,- ¦ , to nella Ugge Longobarda fotto il titolo de'teflimotiěj dia. legge decima: & alla yndecima, bauedo dal e- gobardi buiiit DELLE RISPOSTE gobar'děěn Italia i Duelli battuto cominciamento* Et tanto dico effer il parer mio in queHo cafo, rimettendomi femprea miglior giudici]. t(i^o!ěa quinta-,. cafo dě Łi opya il cafcpropofto a me occorrono alcune děffi due che di ^ r. , i f ~ rr> r- * ¦// cono ha . i~J e ulta, g lequalno no pojjo cofuncontančtenfol' u« «atto uermiinfauore del Magnifico Gritti.Cbe primierii-mente quato alle mctitejo non no ne l vna ne l altri j> talejchefaccia carico veruno, fcioche hauendo il Gritti detto, Qualunque ha tratto per farmi carico, ha fatto male, EtU 'Čonfadino rifj>oflo,tofono flato colui,che vi ha tratto, perň fé volete dire ch'io hab-bia fatto malejmčtite, qfěa mentita a quelle parole male fi accomoda. Chel Gritti diffet chi ha tratto $ farmi carico.Et il Bonfadino rijpofefolamente,lo ho trattorie diffe^p fami carico.Et il Gritti uoleua prS der quereli co chi gli hauefie uolutofar carico.et no cochil'hauejjčtoccoacafn. ^ipprefioilBofadiw non diJJe,Voi mentite ch'io babbia fatto male; ma t Mentita Se volete dire ch'io habbia fatto maleyfojpendčdok chod?t\Cdě menttta c° quett* conditioneySe volete >e qua fi afpet ntixfi. tado che'l Cjrittifcoprijfe la fua intetione. Che'l dvt. Se volete dire č modo di parlar\che piů alfuturo,che al paffuto fi puň accommodare.Si che per tutte qfle ragioni non veggo che quefta mentita in alcun modo leghi. Et di qlla del Gritti dico ancora il medeftmo, bauedo egli detto JTumeti di battere fatto bene. Che [e ben il Bonfadino negaua di batter fatto male, non perciň l 1' S % 0 Ut. iU perciň affermatici di bauer fatto bene/ě^č č di necef* fitŕ confequente, che come altri nega di batter fatto maledica di bauer fatto bene; perchche tre fono le ^ maniere dell*operationi,Buone%Ree,& Me%ane. Etaieu d'o* per non efjčr vna cofa rea, non č perciň incontanente P*"1»?1" - » i n> i \- L'ordina» bitonale per non effer bitonale incontanente rea* Et rio dei da* perciň potendo Catto del Bonfaděno effer vna di qlle mentitc-opere'di me%o, ilfuo negar di hauer fatto male non jogpace alla metita dell* bauer fatto bene» oltra che l'ordinario delle mentite č che fi diano fopra parole che altri dica,& non fopra fentimentoscbe da quelle fi tragga in contrario, fecondo che qui č flato fatto « Si che quanto alle mentite, io non ueggo che ne rima ga carico né all'una, né alt altra parte. Né quell'altra mentita data al Bonfadino fopra Pmow ci Sofferta delCarme%opera cofa alcuna in quello cafo* u e* Che hauendo il Bonfadino tentato di prouare il detto fuo per teflimonij, ň prouato ch'egli lo habbia ňnň$ non fi ha per tal pruoua da ricorrere ad arme, non tfěedo lecito di uenire ad abbattimento per cofa che sě tůlmentefia giŕ fiata tentata di prouare. Et fci(h che ft fa fondamento fopra quella richieflay che fece fare il Bonfadino da M* Troiano al (fritti d'andare a far quěftione:&fě dke,chefe non fi fojfe fentito in caricato non l'hauerebbe mandato a domandare: ftj ^ondo cheH mede fimo fi puň dir del Critti^lquale dň mandň licenza alSig.difar quietone col Bonfadino: che fé non fi foffe fe»tito incarěcato%no haurebbefat ta qlla ěfla%a.oltra che poi cercň patate di capo puf ffare quiftione con luuEt il Bonfadino dir potrebbe, Io VELIE KISTOSTE 10 non mandai a domandar eli Cjrittiper carěewhé da lui mi [enti{fi ; ma hauendofentito,cbe egli barn» m volontŕrii far qui ft'wne meco, &chenčhaueni domandato licenza al Signore) iogliene voLeua trar la voglia, & gliene offerft la commoditŕ. La qual rijpofta fua non veggo chepoteffe bauer replica. Si che né etiandio per quefěa cagione io non intendo perclxft pojja dire che eglifěa attore, né che Carmi debbiano effere piů del Grittiy che di lui. Or non e/fendo né per le mentite, né per lo voler far quiflione molto chiaro di cui debbia ejftr l'eletti» ne dettarmeli rejla da dire, ch'ejfendo flato il Grit fi percoffo da quel faffo, & battendo detto il Bonfa-amo di ejjere egli fiato colui, che lo trafje ; & fopra queflo venuti ejjendo effě alle mani, dal [affo fi ha da cominciar la querela^ laqual non puň ejjer jert^ain-, giuria del Gritti. Et dopo le ingiurie de' fatti, U voler parlar di mentite, non fo quanto fta a prň* fofito. Il 'Sonfadino diffe di bauer tratto egli, & 11 Gritti venne ad accettar quella per coffa come da lui, battendo fopra quella voluto mentirlo, che ha-ueffe fatto bene, & fopra quella hauendo meffo manoyfiuic'ne a dinotare, che quello^ che detto ho, č la lor querela. Et del Bonfadino non č da credere che egli fia per dire, che egli t'irň quel fajjb, fé non per fargli carico, dapoi che effendo giŕ ceffate le parole che fopra quello erano fiate fatte, eJr potendo egli flar cheto, renne ŕ dire, che egli lo haueua tratto.Et qualfoffe Ctntentione fua, altri che egli non ne puň far fede. Lŕ onde fi ante le cofe in quefta manieraci yeden- l I B R 0 111. i8j reikndofi che il Bonfadinohabbia fatta cofa dapoi, per laqualefi habbia fatto tal pregiudiŕosche la que rela debbia hauer mutata natura, io non fo come ri-foluermi con ragione che la elettion dell'arme al Crěi tifi appartengalo in queflo cafo prenderei vn camino molto diuerfo da quello, per loquale veggo andare ti Critti:che dalla firma della querela fi comprende* che M.Troiano,& non il Bonfadino tirň ilfaffo}cbefe (gli tratto non l'haueffe>non accadeua a lui dir di batterlo tratto; per volerTene poi fcufare. St per tanta io cercherei per via di efaminatione di chiarir que-Ha cofa ciuělmentei& autentkamente.Et quando io prouaffi M.Troimo effere flato quel deffo per via di w Manifeflo puhl'uberei il cafo}& darei vna mentita al Bonfadino fopra quetto,che effo haueffe detto di hauermi detto,& cofi mifcharicherei di ogni carico. Et quandoio non potejfi hauer queflo fattore digiufti» t'emetterei fuori vn'altrafcritturaj nella quale facendo pur mentione delle cofe p'affate\direi che haue* do detto M.Troiano di hauermi effo tratto quel fa f-fo, & hauendo il Bonfadino detto di effere egli fiata dejfo, ne ejfendo quel fa fio potuto vfcir di piů che di vna manotvno di loro fi ha mentito.Et come tra loro [ia chiarito quefěa veritŕ, io non mancherň da fare quanto mi farŕ conueniente, ihhe prima non poffofk re, percioche potrei prendere ingiuria querela prendendola con lui .da cui io non foffi flato ojfefo.Cofifa-tei io, & miflarei affettando che la cofa fra loro fi (ol uefk >& fecondo che ella foffe rifoluta, cofi appreffo penderei partito. KtfpoHa VELIE HISTOSTE Bjfpofla Sefieu. MEfier Tompeio Conforto va in cafa di M.Fau (lino Lunghena dottore a rimetter fi liberarne-te in Ini per fodisfhttione di vna ingiuria fattagli per ddietro, M^Fauflinogli da vna bacchettata a tratm* fo Uvifo dicendo, che fa ciň per vn certo romore, che fi era divulgato, che tal reminone non [offe libera : & P0lf°g§Jm&e> $e tu ti [enti bora ojfefOfVien fuori ttdeffo adefjo,che io tifare dare vnafpada,& ti darň buon conto di me.M-Tompeio rifpondejofon conten* to', M,FauJěinogli da di mano, & torna a dire, vien fuori) che io ti farň dare ynafpada. Vngentilhuomo yenuto col Conforto fi interpone per interromper tal contrattatone: & vn parente del Lunghena gli dice (he lafci parlare a M.Tompeio. M. Tompeio mito 4 M'Fauflino dice,Sete voi fodisfatto di metEt egli rU fponde non volere altro. Et M.Tompeio fé ne parte, & ima dieci giorni fcriue vn cartello a M.Faufim richiedendolo alla offeruatione della fua offerta, '¦¦¦ Sopra quefěo cafo fi domanda fé M.Faufl'mo fio, obligatoa venire con M.Tompeio alla pruoua delk fpada offerta,come difopra, *4 queflo rifpondojbe pare in prima u'ifla che fu da direffteodo che nel cartel difopra allegato ancor fifcriuejcbe hauUo M.Fauftinofatta,<&- M.Topeio accettata l'ojferta,a M-Fauftino no fui piů lecito riti rarfene;& che anche non haučdcgli fatto dare lafpa, da aUhora,gliele debbia far darebora\Et che troum (lofi l I B T( 0 III. isf doft M.Tompeioin cafa M.Fauflinos il qu al era circo dato dalla moltitudine de'fuoi parenti, non lo poteua sforare a mantenere la jua offerta ;& per tanto ra- , gioneuolmente non pafsň piů aitanti rifemandoj^ŕfa re il douer fuo a tempo, & luogo piů conueněente, le-quali cofe fiatiti in queflo modo, fi viene a conchiude* re,che M.FaufěinoJ'aluo l'bonorfWi non puň mancar di conducerft a difender con vna fpada ratto della bacchettata data a M.Tompeio. Ma poi piů maturamente ognicofa confederando, entro in opinione, che la veritŕ fta in contrario. €t fer lanciare il parlare della ftgnijicatione di quelle pa come Via-role,lofono contento;lequali piunonfě pojfono applicare alla offerta fatta da M.FauflinOy che alle altre cofe paffate auanti>dicocbe l'offertele quali altri fa ferfua cortefia, fi fogliono accettar con le medeftme conditioni, con le quali elle fono propone; né č lecito alla parte contraria re fůngerle da fé né ampliarle* né diminuirle3né alterarle:percioche aflabilire il pat tojl comune confentimento fi richiede. 7{čl'offerta fatta da M.Fausěinoft vede e/fere fiatariftretta fra quel tempó,cbe efprejfero lefue parole, Se tu tifen-ii hor offefo, vien fuori adefjb, adeffo. Et fi come fé M'Fduiiino hauefft detto, Se tifenti offefoymi offerě' fcofra otto dě,o fra vnmtfeyo fra vno anno a difendere con la fpada Catto mio per benfatto » MSPom-pio hauerebbe hamtto termine di otto dě,o di yn me-fé, odi vno anno a richiederlo alla oflerHan^a della fu*offertale paffato quel termine,per virtů dě quel k lo batterebbe piů potuto chiamare con la Jpada, coft, DELIE KI SVOLTE ěojěyefsedcft obligato M.Faufiino nel termine &a• • • « j che le parole debbiano Jtabiŕre i contratti, questo č vero quando la intentěone dčll'kuomo non fi puň prň* uare per altva via- che per parole : ma dcue i fatti bi^ fognanti le parole non bafěano.M.F auHino diffč, S* tu tifentěojfefoi vien fuori, che ti farň dare -vnafpa-* day & gli diede di mano per andar fuori con lui. Hop fč M,Tompeiofifentiua ajf&fo, & voleua vfar dekt fa fpaŕa offertagli, doneua andar fuori,fecondo l<^ offerta. Et la doue i fatti alle paróle fono contrariai 3 a fatti fi attende, & non alle fatole fecondo che dal', la dottrina di Taris fi raccoglie, il quale trattando, il cafo di colui, €})Ł in ifěeccato combattendo dif-fe, Mi rendo-, & nel mede fimo tempo ve ci fé Ufitonimico , conchiude, che all'atto, & non alle parole fi fae hamv riguarda : ma &• maggwmente ma quella feněenxa nel fantiffimo Vangelo, Che in "quello č ferino, che al padre obedě quel fěvfmolojl" quale baueua ricufato di volere andare alla vigna , *& poi vi andň, & non colui, che haueua detto di ělouemi andare, & non ut andň :a M. Tompeio a-"dunque fi richiedeuŕ volendo vfar del beneficio di quella offčrta, accettarla con opere, & non con le fole [empiici parole, & confluendo la accettatane nello vfeire, non ejjčndoegli vfeito al tempo nell'offerta fpecificato, fiorě veggo come dir fi poffa, che quella fěa da lui fiata ueramente accettata. 1>$on lafcerň di dire, ebe quando ambe fi debbia jpwr dire che M.Tómpeiobabbia accettata quella offerta,dalproceder fuo fi moHra,cheegli, non fo come pentito, quella fHa accettatone babbia re-* wnhatA-t « Che domandando a M.Faiift'mo ,fe era fůdisfatto da Ini, diede Jegno di non uolere parlare di offefa, ma di uolere terminare quello, per ilche egli fi era quiui condutto. Qua fi fignificando che fé non era ben bene fodisfatto, era egli per dargli, o per lafiiarche egli fi prendeffe la intera fodif-fatůone, Et che quando haueffe tale officio adempiuto, a luinonrimaneua altro che far e,come a coki, che per aunentura finceueua quella bacchetta-tŕ,& era per riceuer ogni altra cofa cheaM. Fau-fiino foffe Hata in grado,non per ojfefa>ma pergiu-^ fěa retribuitone. Cl)e cofěa me par ebefuomno le pa role di quella fua inmrogation€_j. '• 7^č qui hanno luogo quelle feufe, che non gli foffe data tafyadatbe M.Faufl.diJfe, che egli vfciffe,che haunbb ^ DBllK KJSTOSTE haurebbe fatta darlafpada. Et appreffo gli diede cč mano ritornando a fargli il mede fimo inuito,€t effeti' dogli la fpaia offerta fotto la conditione deU'vfcire, non vfcmdo egli, 0- no» battendo adempiuta condě* rione, M.Faiifl,nonhautHa altra cbligatione. T^ča M.Vompeioera lecito rimltar l'ordine della offerta fattagli, ma fecondo Rutilala doueua accettare, <*r hauma da vfcire}& vfcito che foffe (iato, da do* rnaniare U fpada, la quale quando non gUfQflefia* ta data, bauenbbe poi potato dire quello, che egli fermenti cartello \ Che e (fendo M.patinino circondato dalla moltitudine de'parenti.non lo poteva sfor %are a mantenere la offerta.Łt batterebbe potato a% re ancoraché M.f 'aujimo alla parola fua,ty all'ha nor fuofojfe mancato. Ma battendo M.Faujlinofit ta quella offerta cefi hono'ernie, ^r co fi honoreuol-mente multatolo alla efectttione di qmllaiet appref-fo rinfrefeato Cimatole apparendo in parte alcuna, che di venire a quella per colpa di lui fia mancato ; Łt nonhauendo M.Tompeio mofirato quella proti" te'tga di rifeniimento, che in tal cafo pareua che fi ricbičde/fčfpar t he egli non di Ai,Faufiino, ma di fi fteffo ragioneuolrnente fi poffa dolere. - State adunque che il lepodi quella offerta fia tra paffatu;St che MTopeio o quella no ha accettata, o accettata haueioA quella ha renutiata;T^čin M% Fauftino a pparendofegno di.fufpitionesche egli nel te pň offerto mnfoffe per matenexe lafita offerta a mt detta la ragion.che eglihabbia all'bonorfuo copiuta. mente fodisfatto,& che per occafione di tale offerta con L J B K 0 tlL iU $ M> Tepeio a lui non rimanga alcuna obligatione* Et quello dico effere il parere mio intorno al cafo di [opra propojlo, rimettendomi fempre ad ogni p'm maturo giuditioi Ribotta Settima^. V'VIGNASI f Napoli nel me fé di *A?o- Ca/b 'fio del MDXLVLifce al SXefare Tignatalo ?v fono fiate date bacchettate da yn creato dell' lllu-fires che pernoneffere bene e-fpteffa la querela, non effendofpacificata né la per-fona,nč l'atto fztttojionfi puň rifoluere a fargli fpe-fiat rifpofta : e che per tanto parli chiaro \ che gli rifpondera. 11 S.Cefarereplica che ha Jpeufěcata la qi4erela,dhédogli che gli vuoi prouare che ha fatto officio da malgentilhuómo, & da tritio Caualk-rei Et che gliele vuolmanteneěe^negandolo3 feconda che nel primo cartello fi cotiene.Et ntifine lo rich'it' deadhonorata concluftone, prote(landogli che a ql-la non uenendo, procederŕ cantra diluě in tutto quel losche per iflilo di cavalleria gli farŕ conceduto. Il S. D.Fabntio torna pura dire che fpecifichidnome deli'ojfenditoreyet la qualitŕ dell'offefaje vuole che fi r'ifolua alla rifpofla.St gli foggiunge, che non uole do uenire ad altra fpecificatione;gli propone fopra quel punto^che čm quietone ti a loro, giudicio di Cx ualieri. il S.Cefare non l'accetta: ansigli notifica bauere accettato il campo concedutogli da' Signori Saneftjlquak č l'uno de'quattro propeflu Et gli ma da una citatione di que' Signori a douer comparire il feffanteftmo nono giorno per dichiaratone della que rela,fe č combattibdeyonň'.& il f e tt ante fimo perla dif/initione con le arme. ^.Uaquale citatione non con fentendoil S.U.Fabritioy & rifiutando quel giudicio & per fufpetto allegandolo il Commejjario de'Signori Sanefi procede a fenten%at dichiarando la que rela combattibile ,&ilS.D. l'abruio per convinto* in *;? ?» Quello cafofě rkercain qual grado di honorejt éruoutfuM* l'altro $ Cavalieri di [opra nmmatu Hauendoio rifto il cafopropofto dallo llluflrejfr ReuerendoS.Don Fabritk'Pignatello; & con quello infame U libro publicm dall'aduerjariofw)>a me pareuadě vedere, chequanto fono grandi le ragioni del S~Dmtabritio,santogmnde čl"autoritŕ dico-loro>cbe hanno fcritto perla parte contrariai per* docbe molti piů fono quelli* che fi muouono per aut* toritŕ, che per ragione, penare il diritto gmdmů appreffo pochino lungamente meco penfatofeio do w(li prendere in rnanoU penna per difenderelara*, monecontratante autoritŕ temendo dinonhauere, dallamoltitudine la fmun\a contra.Ma poibauen^ do trouatoche la caufa del S. Don Fabritioč nonfo-kmente dalla ragione fomentata, ma dalla autoritŕ amora accompagnata, per bauere egli pareri de me defmi,& di altriTréciphSignorUCaualierit&pot tori, da quali la veritŕ delle fue ragioni fi mamfefta ( fi come nel difeorfodello fcriuer mio faro pale fé) ho prefo ardire di douere [otto lo feudo deW autoritŕ Lo adoperar l'arme delle mie ragioni l equalife con animo libero da pafficne faranno intefawfon \i* curo,che e dalla moltitudine^ da'pochi elle veranno ad effere approuate. ht per non perder molto tempo in lunvhi proemiisene nello fcriuer mio rn tal ordine, che prima parlerň della forma della querela dal S. Cefare propofta, appnffo del procedere tenuto da, efioS.Cefare, & nel fine della fententy de Sanejt ancora dirň alcuna copu» ^, ^ u i t>ice '¦* "jě>Kč M.Varis nell'ero primo al cap.ix. cheUgk ŕicěo del Duello noti č differente dal gěudicio ordinario fé non nelle pruoue> percioche nel Duello fi fanno conia fpada di volontŕ delle pattuEt conferma que Jla fenteh%a MClaudio Tňlomei fcriuendo per il S. CefaU. Tutto queftogiudicio,dice egliyč formato,et cofnpoflň di leggi, eccetto che la proua% la quale ne rteiii ii- gtudhij c'mili fi fa con lefůrittunrt, & in queflofifa UuuKb " fon l'arme » .Alle quali fenten%e fi come iofni cofu-fermň, cofidko, che il formar la querela č altro chi la pruotidi & perciň fecondo le leggi fi dee regolank Ori cartelli certo č, che fonoi libelli caualleréfcbi: Cjr dice pure il TolotneUcbe nel Sudicio ciuile la demanda col libčllo fi fa al giudice; ma nel militar col cartello fi fd alla parte. Déuendofi adunque quejló giudkěo regolar fecondň il cmile, la domanda caual-lerefta douetŕ prender forma dalla domanda ciui-lei<& effeiido ě libčlli generati^ per cňnff fruente i car* Specifica- tčlll generali feriranno ad effer nulli. "ě^tceffario č Sr di ^ Venire alla ejpnfjěón de' particolari,^ che fecondň la qualitŕ delle caufe fi ftecifěchinň i luoghi, i tem-pUe Coféi & le perfonč ,fopra lequali babbuino da fondar le noHre rkhieflet & le noftre accufe^accio* che il ricbieftOi & l'acctifdto fi poffario rifoluer dal" lerifyófteé Che per difcčndere al particolare delle querele d'arme, tal forma potrŕ haUere l'imputa* tiorte,che mi urna data> che io negherň il fatto : potrŕ anche effere che io mi rifěltierň a confejfarlo, & a difenderlo per benfatto: & potrŕ effer il cafo ta* k&be riconofcedomi hauer malfa 1 ir n n o Uh it$ Kaltňfefo:& potrŕ ambe óUUtrěure, ihe cMtnert* temi offerirň dě giuftiftcar il cdfo mio >ň farň alcuna altra diuerfarifyofta » Et per tanto aicioibe altri fi foffanfutuere t & lenireallariftňfla Retiate t chi intende di muoutr querelaJha da utn'vte alla fletiati* ti dtlcafo, fenoli vuolemofirareb&uetpiů -polontd $ difputate, che di combattere ? Et lécrgpghofa tth fa č% ŕ ibi fi fd attoKiandare a f puffo alla generali* taf & alle difyutt\ cůfne par cbefia andato il S*Ce-fare,non battendo fpecěfěr.ata querela. Mŕpercioche fi dice chauendó egli detto che il S* 'Don Fabrith lo ba fatto afjaltare}& che effendo tafialto offe fa, ef-fendoft di affalto fatto fnetwnejingturěa č efpitffa* Iorijpotědo che il Sě Cefare dice che lobd fatto affai taret & offenderei &fe l*affalto č quella cagione,p lacuale effb intendeua di richiedere il S* D.Pdbfuiót non accade»! far mentiotič d'altra offe fa * Se lňri* chiedeva per altra offefa, per la mentirne fatta dello affaltoMla nen čpetcio efftrejfa.čt quando fifutt nome d'djfaltňftŕbenčtfprefja alcuna intiurUitlc č ffeecifěcŕta pčHiň ingiuria, che ineriti abbatt'imhňt Che per uetiire a battaglia/ingiurěa imote effer grd Ue,& che appňrtidisbcnore, che cefi testificano Pd rěsil'^llůiatň,& tactmo di Cafěilloi Uqualdiič ance fa tale effer e la confuttudintittfe tutti i Caůalkrě * che fono flati affatto ti afěccr t he no habb'wO r'ueuti* ta altra ňffe fa fofiero dishňharatitdi CaUdlkrě disfa fiutati fartbbono te corti pitne* Dice anitra tuomti di Cŕjiilio nel primo e a p.del quarto lib del !UQ trattato Ut PUtltotcbc agl'abbattimhi fi Uiene f> par ňli ěngěurěofe dette inprefm^aiůfaabfenTgiletfadttefy. fmoio per ingiurie di fatti nétta perfonq, & ne'cart tetti del S-. Cefarenonč efpreffa né ingiuria di p.arofó. ni di fatti nella perfonaian^i tfaJupi-Gfj&ftihori db o ¦efpreffa, dafoi che di quella non fi bŕ not'uia. €t il, nome di ojfefa č tantogefietale,cbenm fi pttň inten* dere, sella [offe děfatt'^o di parole > Si fecondo cb% tejěěfka Taris alcxp* r )\dellib.primo,generalmiitir ^ te fi dicey che altri č offtfq dittate qtielky che cotm muoue l'htiomo ad ira. E,tff>effe velie s'adiranogl\ huomini per lo rifa dě altrni^on che per altra cagie-te. Diche io vengoin quella refoli4tmetche nello at* to, per lo qttah,pare che il S.C e far e fia voluto entrare in iuflloijoyifHĚl fňloaffalto, e ai fu altra of* fefa\ &feyiftt UfólQaffalterkk^Herela non č com^ hattibikyfe yjfu^praoffefa, non fi puň d'are che eli la fio. spetěfifata* ; ,./: . \ Si allega in faitwedel,S.Cefare,cbe altri hi cňtti battuto g querela ditraifuga.diabottinatore^di tra ditore, e f altre talis nčfo a cbe$neyche tutte quelli fono querele jpecialiffěme a rifletto di quefla genera* U(f.& tutte fotto nome di qfefa fiaomprendono,cba (#* il transfugati&:l'abbottinatore%& il traditore 0/ fendono cclorosda chi fungono, coir a chi fi abotůnt* no,& a cuifanpo tradimento.Si che per efferft com-battuto per quelle querele fi chiaramete efpTeffti&, fpenficateynon č perciň da conchinder che meritafft, abbattimento qitejla confufa,& generale.Effe b 0 A ^wmeyěen detto) non ft dee venire alfe mentite di Utili particolari; & non fi <Łéedifcendert alkfpetie fpetialiffime^non perciň fi\hek4a fěawin fu igenerige neraliffimo.Nč bifcgna difputnre,fequ€fla efprefjiO-mfihabbh da fare algHidictiCrAHaparte^che a me dee fpecifcare chŕ vuot ffimbatt&r. fon me, fopra tjual cofa egli vuoi combattere* St non il giudice,ma io ho da rifoluermife mifenfŕtolfeuoki o nň ; &fe hvoglio combattere^cederesti?'ghjfi detto, thč H tartelloč libellotaUallerefcot&dicetl folomei>chč le parole fi dirigano alla parte,,& non al giudice i alla parte adunque fi ha anche da jpecificare la querela :& tanto maggiormente xbe (fi tome diremo nel fecondo capo) prima che patenti di campo bah-biano luogo, la querela ha da ejjčr contentata \ T^ort voglio dire io clěenorifi fia alcuna volta comiattuto fm%a la debita efpreffione delle ingiurie ; Ma ad egniuno Ł lecito partirfi dalla fua ragione, cederei dicano. quella, cěr pregiudicare a fi medefimo ; Né perciň ěaltrui temeritŕ dee alterare il vero ordine di estuai ieria+Et il S.Don Fabrith nel primo fuo cartello non éce, thč alcuno non fia mai inconfideratamenfe en-tratoinbattagliamiebenitm Caualkrodee Entrar re in gaggio di battaglia fen%a vero fondamento di certay& chiara querela. Si fono combattute anche delle quereleiche non erano combattibili^ fi č com -hattuto ftn%a querela : Et altri ha efpuffa m'cartelli vnaquerela,& hahauuto intentionedi coni' batterne, vn'altra •. Le quali tutte fono cofe con tra ¦ ikweuontra osniramne,& centra ognidiritr to " -."¦ # DČLIE KtSVOSTÉ tň (ě'do di caualleria « Et dice Varii, che le tati cofi těnotnjni non hanno fa effer e tirate in e[empio, per procedere procedono gli hiioměrii di guerra alcuna volta piů da fiere, che da fi«e. fa an'man rattortali * Et per venire a dire quali ftano te leggii qua* le il dirěm(ilio de'Caualieri ; Recita VĚpiattoCEdH to del Tretore, che chi muoue attěond'inumatici cofa certa .quale ingiuria gli fia fiata fatta,& fog-pungeyche quale muoue anione d'infamia * non dee specěfica- andar vagando con pericolo dell'altrui fam*;ma dei tda.C di *' difegnar cofi certa, & dire [penalmente quale ingiů megli vuoi prouare dě hauerriceuuta* TerqtteftA legge doueua il s*Cefare efpr'mer cofa ccrta>et ifpe tiale;& egli č flato cofi in fu l'incerto^ in fui generale* che non ha pur dichiarato fé lsoffefa č fiata é fatti, o di parole ; come ho rttoflrato per lo detto dd T orniello. Et fé bene altri vuoleche s'intenda cheta fia fiata percoffaiquefěa uariatione de'fuoě confiti» tori mofěra la incertitudine della querelai laqualeft fofft [lata formata certa t efji non [arebbom va* rianti f come fono in queflo, & in quello ancoraché quale forma la querela in fu lo ajěatto ; quale in fu la ojfefa di fatti, quale in fu l'animo di offendere, quale in fu la temeritŕ, & qual fnpra una cofa,& qud fopra altra : fegno mamftjlijfinw della incet-titudine dě quella * Et alle leggi tornando, Varii mi [no libro primo primo al cap< ivj. dice cheto fifa meontanente nel cofpetto dell'offenfore deefpicgart Voffefa,dicendo che egli ha fatto, o procurato la tal aoja particolare trijhmente)& nortgiujlamente:& al lě & ft Ň tth tětŕp.ěudel mčdeftmo libro fcriuet che qHandoi Cduŕlieril<{dpolitanifňtióojfeft d'alcuna ingiuria di fitti, o di parole, dicono nelle toro richkfle, tubai detto, ň fitto il tal particolare > Tu fot hai chiamata traditore,o mi hai data la fede > & fe'i inancŕtofa* tendo la tal cofa ; Et in ogni parte * douegll accada recitar querela formata * la recita fpčcificdta>& efprejja * Et a quefté cofe j che io ho fin qua dette § fi confermano ancora le fenten%e de'Gŕualierě s chi il Signor Luigi Marthčfe di Gňn%agŕ [opra la querela del Signor Gioěian Battětěŕ dallo tufo > & del Sigi thontaffo Cŕrgano fcriue in WfuO paréri iti quefěŕ\fortna ; lv(o» o/te che habběŕ fpecificŕtčal* lune parole, per le quali venga ŕ flabělire ipna querela,ptr non efier lecito che la fpecificki a triodo fuoi ina fecondo che sěa in fatto, itifěn qui il Signor luigi . Et certo č, che il Signor Cefare ha formata ta quercia a modňfuo,& non la ha fpecifěcata fecondň che fěŕ infatto.non hauendo tfpreffd la qualitŕ del Uofftfŕ* EtilS'GiOHan iatomo dt Leonardi Con* te di Montelabbate dice queHe parole ; G'wjěŕ do* mania feceil Gargano di voler faper la querela * Eč fegiufta fu quella domanda fopra querčla di cofe j che erano paffute tra efji querelanti }ghHiffima fu • quella del signor Don Fabritio traitatědoft dell'afa td fatto ad vna ter%a per fona * Soggiunge čffo SU gnorGĚoUdn lacomo ; Se haUeffe hctUuto a combat-tef la infolenxa, era necčfjitato il tufo a chiarir quale é Et [eia querela fondata in fui nome d'in- ¦ denfarichiedeua necejjŕria dĚ6bhratiňne,non reg D11L E % go perche al nome di cjfefa yfortailquale anche la In folen^a fi comprende><& dkhiaratione) & ifyeófica tione non fi richiede(fé. \ t{onlafcierň di dire, che nella querela, laqua-le pafěň tra il Sig. C e fare Fregofo, & il Sig. C agnina Gon%aga per fenten^a di dottori, & di Trincipi fu dichiarato, che mentita gcneralenon obliga aU trui a difefa. Et de pareri di Trencipi ne č ělam* fata vna lunga li fi a : nella quale non ci ha, alci* no de'maggiori Signori d'Italia ,cbe non fěa ccmŔ prefo. ¦ . . \ Ma tra gli altri chěarijfima č U děcbiaratióne ett Cófěmo Duca lllufiriffěmo dě Firenze, in vna lettera ferina al S.C agnino.nella quale quefie fono [uč paro le.Comenelgwdkio ciuile.chečleggieriflěmo pefo/t jpetto al DuellOidoue fi tratta di hvnorejntereffe che ciafeun Cauahero fuol preporre alla rita, par chefs richiegga la efpreffiane dal particolare,che muoue:ac cwcht la parte ppar egualmente dinejjun momfao,attefo che fa che L'ad» uerfario no poffajič fappia deliberar fi per convincer la a valer fi delle arme ň della iflejfa veritŕ, il fonda mento adunque generale della mentita,che il Signor Cefar e fu a V.S.fen^a allegar la caufa particolare, nella quale fi ftnte ojfefo,come non moflra efficacia^ cofi non par thč neiejjiti la Sig. V. alla dejtnfwne, Fin l 1 B 1{ 0 Uh 19 Fin qui il 5. Duca. Da quefěofcrěuere molte concia» fiorii fi traggono, & prima quella, che babbi arno detta della generalitŕ de'cartelli; appreffo che [e nelle cofe citali fi ha da venire alla (pecificatione , THÓlto piu fi ha da venire nelle caualkrefchejer ef-fere l'interefie maggiore; Et fé le mentite perrifpon-dere a proposte generali fono mdle,molto piů debbo-ito effer nulle le propone generali. Et fé le mentite fi hanno a darefopra parole efpreffe,accioche altri in* tenda a che fi rifpondCj non meno dee venire a parti colari chi č primo a parhrey accmhe altri fi poffa rifoluere^a che cofe egli habbia da far rifpofta. Voi regola di ragione č che alt attore non č lecito quello , che non č lecito al reo.Etfeil reo con parole generali non puň obligare l'attore a battagliajneno dee po~ ter e l'attore obligare il reo, efjendo mafjěmamente piufhuorabile il reo>cbe non č l'attore. Si che per tut te le vie fi viene a conchiudere, neceffaria effer e U tfprejfione del particolare.!^bafěa dire, Tufaěbe-ne perche io ti richieggo : che quando ciň baflajfe, a queflo modo fi potrebbe richiedere, & conflringere a battaglia ogni perfonafen%a cagione>& fen\a ra gione>& dirgli, Tu fai di che mi hai offefo. il che č noppo p'm difconueneuole^he fi conumga con mol* te parole dimoftrarlo. •Aggiůgaft alle cofe dette che hauedogli anni paf futi il S.Cjiouan Battifěa da Lofredo ferino al Signor Don Giouan Caraffa fopra la forma di vna querela generale (come apparifee pervn libro da lui fatta {lampare.) Egli dopň alcuni giorni tornň a fpecifi" caria, , dicendo, che era tornato a fcr'mergli per dar* gli occaftone di pia deliberata ribotta, vedendo che (gli non rifyondeua, lidie non č da dir che eglifacef-fe peraltro, fé non thč fi auucdeua che a quella que-la non efpreffaMf%nor D,Qwann\ non era pur q-ijpond nip ^nn voglio pafiar confilenůo Vefempio del S.Cq la allegato in fauor del StCef*re, Uguale richieden^ 4o a battaglia, il Barone di L,ocoměfo per rna ingiuria fattagli da Honjerrato Forma/o, nomina I4onr ferratQ><ůrijj>ecifica la ingiuriai che fu un pugnoi& fu egli offefo nel coietto del Barone, Di che č da dire che maggiormente dwma venire alia efareffiont il S.CefaTS, che richiede uŕ il S.Don Fabritio per of-> fefa fattagli da yn %er%o, non efj'endo egli predente. jLtfe come alcuno dice, il S,Cefare forfč nonfapeua \lnome di colui,che lo offe fé, daueua dire che non la fapeuaj & efpaniere la ojfefay laquale non č da dire thč egli non fapeffe quale ella fiata fojfe. Et tanta mibaflě vaucredettowgenerale fopra quefěa par-tcejfendo le ragioni allegate tali,cbe per quelle (al parer mio ) vengono comprefi tutti gli altri, particolari, che fi allegano infatior della parte contraria. Taffo hoya al fecondo capa» Et dico che il Signor Cefare in qttefla querela non hafemato né leggere fonfuetud'me di Caualieri.Cbe prima egli ha mhiefia H Signor Don Fabritio per vna offefa.dopo la quale (fecondo il tepo allegato da lui) per ottono dieci me fi b<\ conferuata la amicitk con luiftn%afar dimofěrt \ ¦ (ione LIBRO Uh 19% thne alcuna dě ejfěre flato ojfefo.Et fé fecondo il det» to del C'mreconfultoMtri per infěngerft, & per non moUrare incontanente rifentimento^viene ad hauer la ingiuria rimefja, maggiormente fi ha da dire, che la habbia rimeffa chi la ha negatalo dopň quella ha mandato ambafciatedi amUitia ,oha [aiutato, o amichevolmente ragionato con colitica cui egli pretende di effer flato off e fa. Tot ha egli richiedo il Sig.Don Fabritioper vna offefa fhttagli da vn terzo, & non folamente non ha fatto apparir della commiffione, ma non ne ha pur produtti iniitij, quafě come il falň dire, che altri habbia fufpetto di altrui lo fa eia atto con ogni carico, & con ogni macchia a richiedere fen%a altro fondamento ogni honorato Caualiero, Et dice Taris nel libro primo al cap.X X11L che gli in-ditij ft hanno da provare, & che altramente ogni difperato richiederebbe altrui a battaglia fenya cagione . Et m piů luoghi conferma egli la pruoua de gliinditij effere neceffaria, Stnel libro ottano al capo trentčlimo ter^ ferine, che fé alcuno fi con-dticefleinifteccato,& che per for%a, di arme di bocca fua fi confeffaffe colpeitole di quello , che gli foffe fiato appo fio, fé prima gli'mditij nonfof» fero fiati prouati, quella confezione farebbe nu\* l & nelfig. Conte Filippo Torniello, come in Cavalieri confidenti. Et tuttodě fi fentono delle cofi . . fatte remiffioni. Et io farň cotento di ricordarne vna fola, che battendo il fipD. Gio. Caraffa mandato al figlio. Battila da Loffredo patenti di campo con proteftatione che neaccetaffe vna,o che ejfo vna ne hauerebbe eletto. Il S.Cjio.Battijěa rifpondčdoglipro pofegiudicio di Caualisrifopra alcune fue difficoltŕ. lEt ělfig. D. Giouaně ciň vedutoci perfeguir qlla fu* elettionefi rimafe-.nč quefio č da dir chefaceffe f altrove no fioche dňtte giudicio di Camlieri fi propo ne da ejfere eletti da amedue le parti jfia dee effer le- -, cito ad ma né parlar di capi, né formar fi giudici a si * modofuo. Di che fi uiene ě chiara conofce%a,cke fi co me il S.D.Fabritiofi č gommatofecňdo l'tisŕ%a,CQ' fi ilfig.Cefare č proceduto cotra ogni ordine di qlla, €t per ragionar particolarmente di quella elet-tione da lui fatta del campo, & delgiudicio di Siena, ho da dire, €ertiffima cofa effere, che da principio in l tali a i giudici or amar ij dauano Duello in al-cani eafi permcffi, & fyetiali a coloro ti quali non haueano modo di prouar c'milmente la Uro ěntentěo-ne. Toimutandofigli flati, ampliandofi le querele, & battendo fi il Duello per cofa odiofa> negando cam pň ifignori a fadditi loro, fi č venuto da'Caualieri a 'queěěa forma, che l'attore propone tre campi al reo ) che de*propoli ne elegga vno,one proponga ire altri; & in cafo,cbe la querela, ŕ la perfona non patifca eccettione, queflo partito non fi puň ri-iufare, & Ureo ha. termine di feimefi o di ele$* DEZIE RISTOSTE ger cflb vno de'nominatitO di nominarne tre altri: & non nominandone in quel termine y & richiedendolo poi l'attore ad accettarne vno denominati da lui, il reo ha dafhr dě vno di quelli elettione, Et non lo facendo l'attore con le debite richiede, e proteflationi nefk egli la elettione. Quado veramente nafte alcuno artkulo da dijputare 4 il coftume č di rimetter fi x gmdědo di arbitrici come ho dauanti detto.Et dopň la determinatone delle differente hx da cominciate a correre il termine de'fei mefi.. Tsjjfono quelli affé-gnati perdiffinire dttbijě& qmfliom, & articoli, che Termino nafcanofcome par che vogliano dire aicunijche que iě fé» me»'y20 y cmtreL ogttj ragione* & contra la dottrina della fcbuola de'Caualěeri, Che primate ifei mefi corrono per colpa dell'attore,che ricujěilgiudicioftame č nel cafonoflroj non č ragionevole che il tempo trapafli in pregiuiicio del reo. Voi dice Tarn al cap.xix.del libro primo, che di confuettidine č dato al reo tempo difei mefi di elegger giudice. Et il mede fimo replica egli nel lib. iij. cap. if. St il trattato fuo volgare al lib.i.& al cap.xiiij. dice che di conf'uetudine di ca-ualleria č conceduto al reo tempo difei mefi da.pre. fararft, & daefercitarfě;, Non dice egli, cheifti mcfifiano perfhr diffinire artholiyma fittamente per efer citarfh& per trouar giudice, prefupponendofem pre che la querela fěa contejiata. Che fcriue il mede fimo al lib.q.riel capx.cbe hauendo vngentilhuo-mo sfidato vn altro a battaglia, per effergli mancato difedetcolui rifpofe non effer viro, che gli [offe mi tato.fin qua la querela č contejiata: Et dopň tale cg nfěatione L I B R 0 UT. 194 tylatěone II richieditore tornň a fermerebbe in termi He di fei me ft doueffe eleggere armejuogo, & giudi-te competente . >A queflo,che dicoio,conjente ancor '^S.Luigi Marche fé di Gon^aga nella querela del 1ruffo>& del Gargano, che egli dice quefěe parole, II 'fermine de fei mefě non aggraua Hfuddetto S.Tho-ěnafo j ilqual termine fono io di poter di conformitŕ del Varide del To^XP > cj^ki» Ł»f/fo maniera gě L I B I{ 0 UL ě9$ iů che lo ui debbia mandar le mie Rifyofte a {{affla l a \oma ho mandato le patenti originali de* campi, C*r fonoin mano del S. Hktcnimo di Illibato in ca-fa dell'llluttriff.S.Trendpe di Macedonia^ ui^ te(ěo,&riproteffoclxin termine di trenta giorni ca tinuty dopň la publkatione di qfto cartello in Roma, degnali uč ne affegno dieci per prěmo,dieci perfecS do>& dieci per vltěmoě& per&torfa texrmne^che voi debbiate accettarne yn^rěadcne infume la lifla del-tarme\chefiano dagenůlbucmo a coluiy che darŕ lŕ patente.Et ciň facendo rci,io affretterň di conducete miai campo ottata giorni dopň l'accettation uojlrat & non accettandone noi,io infino ad bora accetto^et ho per accettata la patente dell' lllufl, S.Carlo Con* %aga;Lt quel chefeguc.Qwfi vede cbe'l S< Cola ha-* ueua giŕ vna volta mandate le patenti^ che tor* nň a mandarle, & richiede l'auuerfario da capo ad accettarne una,, proteftando in cafň che non accetti di douere accettare^ di hauere per accettata la tu le.Etil S.tD.F.Laj]oipur nominato dalla parte con* trariayhauendo prima m adatele patenti originali al fuo auuerfario, tornň pur a mandargliele richiede do lo,theo ne accettajfe una di quelle fra un certo terminerň negli manciate dell'altre.Et infine conchiu* de; In cafo lietamente che fra detto termine non pi* gliate alcune di quejěe rifolutioniěinfino da hot a io no tifico, & proteflo, ch'io accetto, &hop accettata la patente dell1[lluflre S.Cotedě Sata Fiore. Tale č dunque loft'do deWaccettationi caualUrefchejEt q*. (lo aggiungerebbe le fateti fa''fffflfi rrMate dal $?* DELLE KISTOS-TE D.francefco furono prima apprefentate al fnoad-uerfarioa 17. diFebraio del 46. & Telettione del compo fu fatta alla fine di Luglio del 47. llcbe fu piů d'i 17. me fi dapci; accioche s'intenda che il folo corfo de fei me fi fenya altro non č quello, che doni incontanente l*elettionfen%a femar regolale flilo » Or che il SX efare non habbia feruata la diritta far ma delfelettione, fi comprende dal fuo cartello, che queHefono lefue parole.Toi che vi ho mandati quat tro campi franchi, & che alcun di efji per -voi non č fiato accettato, vi chiari[co che io ho fatto elenio* ne di quello de gli eccelfi Signori Dieci Conftruatori della libertŕ, et dello fiato della H^epublka di Siena* Quefla č la fua accettatone, nellaquale non ci č né nuoua richieftay né nuoua propofta,nč nucua intima tione^o pur notifěcatione de'campijna la fola incom fetente elettione del giudice; oltta che fecondo qUot thtgiŕ s'č dettolo fi puň dire che ě'(campi fiano mai iěati mandatiéVero č che con quejěafua accettalo toe uiera vna citatione come fé propriamente l'ha" uefie richieHo in giudicio davanti il {{eutrenéf. grZ Maeflro della fua teligwne.Ma il Tolomeifuo difen fon confeffa la forma del proceder cauallerefco qua le io ho detto. Che parlando egli nell'articolo nono % dello fcriuere del S.Cefare dicespoteua dir da primi pio nel fuo primo cartello, e non eleggendo noi uno de*quattro camph 0 non mi mandando t vofěri in té*-pň debitojo eleggerň il tal campo,dottefarň;ma non t'battendo fatto da principio, ragioneuolmente lo ha fatto dapoi.Ecco U forma, ch'egli baite ita ŕ tenere* La ZI B ^ 0 ttU 196 Zdqualefé egli bŕbbia tenuta^ nň, credo che ftad* geuok a giudicare.lo in ali u luňgo non lo fo vedere. Se egli poteJfeiO non poteffe far tale elettione nelfuo fumo cartdlo.quě non accade difrutare^j* Da chi nomina infauor ddftg*Cefare i duéCauA Iteri di fopra allegati viene nominato anche un Cefa re da Napol'vnfl quale yper non hauere io mai vifta ilproceffo> non ne parlo:ma effondo & con quelli in-ftemet & dal medeftmonctninsto, č da credere chi di procedere fu flato H medefěmo ejferědo flato il Si gnore di quel campo Caualiero Hlufěre, & di Ualores Ni DEL ME ti{ tgll doueua richiedere colui, che gli baueua fatta ht offe fa che cerne altri č da altriincaricato, non gli č lecito richiedere a battaglia altro Caualtero di honv-rejnfin che con colui, da cui ha mentito il carico^ no fi č divaricato. Ma percioche egli dice che richiedeil fig% Don Fabritio come autore della offe fa : BJ* fiondo che la offe fa per fua confezione č certa : & che non apparifee che il S.Don Fabritio ne fia Ttato autore * Łt certa co fa č} che dal non liquido al liquido non fi fa compenfo. Hauetido egli adunque Macchia di bonore, douea richiedere colui, che tal macchia gli kaueua impreca, fé fi voieua mondate : & contracoluirifentendofi,&aluidandoca-fligamento, era certo di douere hauere aU'hcnor fo-disfatto, o lo hauefěe colui offefo come principale, & fer ordine altrui; ma rifentendofi contra altra perfo na j non apparendo euidentemente del mandato l'of-fenfore puň fempre dire, hauergli effo fatto quel* tatto perfuo interefe particolare, lŕ onde ognifué tentamento viene a rimaner nullo. Oltre di queflo fé il fěg. Cefare prendeua la querela per la offefa3 che fi diuulgň per TSfapoli ejferglji fiata fatta da un Creato dal figiD.Fabritio^olendo egliHare ali'ambafeiata uenne a mentirnel cartello ; & uolendo ftare al cartello, mentě nella amba* . s fciata,di maniera che in ogni maniera egli fi uiene a condannarepermentito,&effendola mentitamac* Mentita cJ}ia di infamia y non fo come egli habbia uoluto rU e macchia ... J r '. ' ** di infamia, chiedere per fona di honorem. . T^on potetta ilfig. Cefare richiedere il fig-®- &*- britěo, t f B nO Ut. * 15)7 faěttň, ftč poteva Hfig.D.Fabrith, effefe a battaglia ricbieflo, che tffendo ejjň retěgěofo, •& frate, certo č thč per gli ftabilimenti della fua religióne non puň •entrar* m'Duello, & che afecolangiudicij nňti fot-4ogěace. Di che attejň alla qualitŕ della per fona, fua, &Ufig* Cefareh bamal ppouocato>&iltribů ¦noi Sanefe ha mal giudicato. Et per piů thč per vn topo fi ueée efferěiulla quella [enterica, che prima ¦ giudice fecvlare ha giudicato del religiofo', pňi ha c<> dannato il religiofo di quello, elěcgli č del tutto mter detto. Et intanto glitinterdeěto-ychequandoigli vů iejje a tal prěuikgio rertuntiare;far non lo puo,per ef ifer quello dato no alla perfcnajua}maaUa dignitŕ, & alla religione.Et quefěň aggiungerň avcora:chefe nitri fecclare e/fendo, bautjfe accettato di venire a. Duellx>i& poi fi facefěerelěgiofo}pur che ciň ěěňfofjt .fattoinfianelelontra di luě per uia cauaUerefca pii* .non fi potrebbe procedere, lědie efjtndo, che fi donerŕ dir d.elfigSD.Fabmiojlqualfi ritrcua in religlo-m per ben dice/ette anni auati quefla prouocatione? guanto veramente die perfbne de'giudici an* tuo prouerbioč; tAdopri vgniim quell'arte in ch'egli č tjperto $ , In materia di querela d'arme fi ha da ricorrere al < giudicioděperjvne>chedě quelle habbiano fcie%a>et efyerien%&, & co fi č lo fitto. Et Varis nel libro primo al ca. 16.dite che igiudici de'Duelli debbono b4 nere efperie%a dell'arte della guerra:& hauer nel! corte loro copia di Caualicri nella militar difeip'' ^gamete ejerciiati. Se tale č uno fiato popolo Hefe,come č (iato quello di quel giuduioJafcierŇ giti» d'icario altrui. St per non dime altro, foLtneme alle ghtrň quello,che effi dicononella loro rifattone: thč fi offerirono di proceder con confulto di perfone no* bilisperite & honorate:llche(al parer mio) vuoi dire che efji tali no fono:& che in quefte cofi fatte ma, terie di confulto hanno hifognoé Vel proceder del fig. Cefare s'č parlato di foprt copiofatnente>che nel formarle nel mandar i cartel U,nč nel mandare i campě, né in quella fua elettěone, egli non ha feruato né legge, né fěilo, & per tanto qui non accade farne altra mentioncs « 7{é il proceder de Saneft č fiato piů legittimo di quello delftg.Ctfare,ihe hanno dato patenti di catti pň fen%a inditij : & battendo dato patente didijfi-niůone di arme a riebiefia di una par te, fi hanno ap-flicata la gimiditiicne a giudicio óuile:& hauendo affegnato per la patintt termine quaranta giornit ad iflan%a pur della parte, contra ogni Siilo la hanno prolungato a Jcffantanoue & fettanta. Oltre di ciň, fé bene ilfig. Dcn Francefco Lajfoi& ilfig.Co la fono andati al campo» & hanno accufata ta contumacia de gliaduerfarij ynon perciň fonň corft i S l-gnori di que' campt a condannar per fenten%a t Ca-ualtm che non uifono ttenuti.Che'lfig.Cola corfe bt ne il campotma non potč riportar fenten^a. tlftg.D* Francefco non ne riportň nčfenten%a, né fu lafciato correre il campO}Con tutto che né l'vnoyné l'altro'di V Signori de'campi foffe flato giurato fc/petto: né ^flatamterpofta appetěatěone. Voto č che quelli fono t t S 1(0 UT. i9 fonoCattaěěerilllufirijfimi, per valore'armenota* bili, & che di leggi dbomre , e di caualkria hanno cognitione^ » Vengo bora alla recufatione fatta dalfig.D. Va* britio. Et dico che l'hauere egli recufato, allegato^ giurato fumetto quel tribunale ^impedita la loro giů-ridittione in mo, che infin chef opra tal fufpitione no *"*% . era dichiarato, a loro era uktatoil pajfar piů auatě* ne .lu **' €t ciň e/fendo di ragwne}tutto quello>che hano fatto flante tale allegatione di fufpitione di ragione uitné a rimaner nullo* Ma percicche da alcuno de'cónfůl-tori del fig.Cefare fi dice che il giudice non fi puň aU legare fufpettojo credo che cofifidica piů perfauO' tir la parte,che per batterne tale opinione* Che fé ne* giudicij ciuiliydoue fi trattano uil'iffime materie a co-paratione deWhonore, hŕno luogo le ncufatiom de* pudici^ rallegationi delle fufpit'wm> maggiormente debbono hauerlo ne*cauaUerejcbitdoue fi tratta di co f»,chefopra i tefori,&[opra la vita č tenuta carat f ptiofa*7^č in qfio cafo naie lo efempio addutto che Ufig.Luigi Co^agay ejftndo allegato fufpetto, prň-cedeffeafente%a: che chi l'allegň fufpttto ChaueuA prima accettato per giudice. Et fi come qlloxch'vnA •pňlta č piaciutolo» puň piů difpidceté,cofi alfigtD* Fabritio č potuto difpiacere qllo, che mai non gli č piaciuto.Et alla quiflionetche uiene allegata di Va-těs d'vn nobile prouocato,rij"pondo, che colui nomi" dň ad allegare né fufpitione, nčincopeten%a di luo-gojič digiudice-}et il giudice nonfifentendo fare op-pofitione alcunasion baucua da fufpendereil gmdU DELLE RlSVOSTE do. Si che quanto il cafo fta diuerfo, č piů mattifefiŕ Coatu sa- che fta meftiero di dijputatione* Serica cbe'l ccmpa* ' rare quefto a quel giuděcio č vn far coparatione da yna ccnfitfa ragunanya d'vn popolo feditiofot al legittimo tribunale d'vn Refuprtmo, &gloriofo.Voi dice Taris nel iib. \ .al cap. 16. per iftilo d'arme do* ver fi elegger giudice copetente,che a niuna delle par • -- tifiafujpetto. Et il Tolomeifcriuendo pur per loftg* Cefare dice, che fi propongono tre giudici dall'ima parte>de'quali l'altra je ne elegge vnoyfegiŕ no han no tutti qualche cagion legittima di poterfi rifiuta-re. Et fé proponendcfcne piů fi poffon rifiutar tutti, maggiormente fé ne dee poter rifiutare vno, ejfendo majjěmamente propostofolo,contra ogniflilo. Ut bt dice ancora il Tolomei, e he fi puň rifiutare il giudice ma non Hgiudicio, che cofi ha fatto il S.D.Fabritio, ělquale ha rifiutato ilgiudice\non legittimamčte elet to,hauendo egli giŕ offerto gmditio fecondo il cof?«-mede'Caualieri. Trulla adunque viene a rimanere qlla fenten%a per e fiere fiata pronuůataftn%a che fopra le cagioni della fujpicationefta fiato giudicato* Ma feioche rifbindono, che non ri haueafufpitione legktima;ancbe a qflofaň rifpcfla.Et dico chefufti tione legittima diede al fig. D.Fabritio ql proemio della patente de' Sanefě, Doue fi dice }c he per far co fa grata all'lUufě. S. Duca di Fioren%a amico}et con federato loro diedero ql cŕpo.7{č con qfto mio dir li" ber amente qllo, ch'io fento, ttmo d'offender ql magnanimo Trencipe^i'quale io non fono menojčruido retche m<)lnMw>iqikUi ne fanno frofeffione. Et p&r dire LIBRO III. 15)9 dire alcuna ragione del tutto měo,dke UTdomei que fie parole, II S. Duca interviene in que Ha caufa, co-meauuocato,etfauoreggiatore.Etquatoall'auuo€a • " to, dico certa cofa effere che gli auuocati difendono molte volte delle caufe di coloro, a'quali quando ejji fedeffero in tribunale ,darebbono la fenten%a contra. Et quanto al fauoreggiatore,Sciocco farebbe flato il fig.D.Fabr'rtio quando non baueffe penfato che il far uor di vn tato Tré" ape doueffe a lui far pregiudicio, & giovamento alla parte contraria.Crŕ differenza č nella per fona di vn Trencipe da confiderarla come di fěg.& giudke,& come di amico, <& parte, che fi come nel giudicare , Vocchio č volto alla giutti-tia, cofi nelfauorire č intento a fare afuoi beneficio. Et iofempre alftg. O.Fabritio hauerei dato per con" figlio,che nelle mani di vno Tredpe cofě věrtuofo egli doueffe hauer rimeffa la cagione di tutto quejěo giudi do : ma che come di parte erti doueffe hauer te- „ , r ' r * / " i Contras*» muto vno aduerfano cofě potete. Et fé mai in alcun nefi. lčpofu da temere il fuo fauore apprefěo Saneftfu al tepo di qfěa protettione prefa del S.Cefarc>chejapé-do quello flato popolar di Siena di quante colpe egli foffe reo appreffo l'Imperadore:& no hauedo Tred pe,della cui intercezione piufěfidafferoy né delle cui for%e piů temefiero,che di quelle del S.Duca di Fke %e,nonfi doueua affrettar da loro fé no vngiudicio tu le,quale poteumo penfare, che nella gratta di lui gli poteffe coferuare.Or fé queflafoffe cagione difufpitio ne legittima,non credo chefia da mettere in diruta. V ridirŕ, cagion ancora difufj>itione legittima čfia ' VULllXlSTOSTE U queUa,Che a richieda della parte fi vede ejfereflt contta s«- ta formata la citatione con nuove forme, con nuoue °e ' p"orogattioni di giuriamone; et fecodo che dalla par te medefimafu prefcritto.la onde fi poteua argomen targhe fecondali voler di quella farebbe nata lafen ien%a la quale io filmo che fu data ferina alcom-tnijfario prima che egli fi part'iffe da Siena* Et ciň dico, percioche nella commijjione fuaHampata* ft fhmentěoneche egli haueua m nota ciň che haue* uŕ da fkre, Et di quella nota non ci č apparita altri UmoHrat'we, Dannati 'Hsn ^fcerň di dire ancora che a richiedi, delfig* Sanefi. Cefare vien citato il fi*. D,Fabŕtio per la dcciftonet fé la querela fia cóbattihěle a comparir perfonalmeti ie.Oel che polche il Tolomeifi č faticato affai per rč> derne la ragione,fi rifollie a dire, che non fata menti dě queSignori, né qttal cagione gli babbi* moflě : U- *zě:-: che honfo che voglia dire, fé non che fi fono mojfi fen ^a ragione. Etfoggmnge egli ŕncora, che ageuol co» fa farebbe fiato fhr moderare tal citatione: ilche{*> gwfica che era ingmfia;che le cofegiufěe non ageuol-mente fi rimaouono. Et fé dalla ingiuftitia incoměn-ciamno ,giujěa cagione bebbe da dubitare il fig.D, 'fabrit'iOiChe con ingiuflitia douefěero terminare\ Lefětfpitiom aduque erano legittime', <& hanno al Ytg.D.Fabritiodata cagion legittima diappellatione, AppeUaup ef zjtia(lfae no doueano pajfar piů ottra ad atto alca no:& epčdo proceduti, ogni a no mene a rimaner nul io.Et piů dirňyche per tale atto nonfolamételafente ?g uiene adeffvt nullajn* to auttoritŕ ddClm$ad$ l l B J{ 0 III. XOO re ne viene ad effer fiata offefa:che la appellatione č vn ricorrer alla protett'wn di collii, a cui fi appella ; San.e*» dan» & quella riueren %a della quale Sane fi fono debitori a tanta Maeftŕ non gli ha potuůritenere, che non fimo voluti pajfure auanti con la altrui ingiuria-Vc ro č che non tanto mi marauigl'w di questa poca rě» uerentadei popolo Sanefe. quanto di quella del fig. C e far e, che per conferuarfi m quello iněquo giuditio a tale appellatione fi appo/e, come a no legittima,m gando la fupenoritŕ MI'imperadoreiqnafi come S<} nefi da lui non riconofcano la libertŕ per priuilegio; o come ad e(Ji debbia effer lecito fhrfi giudici tra due fudditi dell'Im peradore, & eflě all'lm p,non poffono ricorrere;o come al popolo diSiena fia lecito giudicar di cofa di cavalleria, & Vlmperŕdore^ che čfuprů-mo Trencipe di Caualieri\non poffa effň farne giudi tio.CatiaUerefcamentene parla l*llluflriff. Duca dě Vrbino nel parer fuo dato pur in fattore del fěg.Cefa* rtyCbe contra vna ingiufta feiitem^aft puň hauerri-corfo anche ad alcuni de'piu principali Caualieri del la religione dell'honore. Et fé anche ad altri Cana-ěěerifi puň hauer ricorfo ; maggiormente fi dee poti' re bauere al fig.&fuperior legittimo delle parti, & del giudice. Ma et la appellatione delfig.Don Fabri ito da Varis nell'vltimo libro viene approuata>& la opinione, che ho pur dinanzi recitata del fig.Ducf irěene chiaramente confermata* Vengo bora alla fentetynella quale fi giudica l* querela effer cobattibile. Et Ufciado da parte le leg* QucreIjl c5 $i>& cojtitutioni canoniche,$ le quali agli abbatti? bruita DELLE KTSVOSTE iyčdato del tutto ba.nd.Qy dico che io nonfo uarenč nelle leggi ŕuiUfič nelle coftiwtioně di Ftde* f0BBe rigo\nč in quelle diOtkone,& di Corradoynč in tutů di querele., fa Longpb ardalo in altra, legge fcritta^che ne'cartelli paffuti fra quejiidue Caualien vi fia querela ecm-b attibile. Et fe'della confmtudine vorremo patlaret faremo q(la diuiftone.cbe di tutte le qutr.ele,k quali 'vengono in pruoua d'arme, due fono communemen' te le forme, che (i combatte, il fatto, olŕ qualitŕ é quello.lt'fhtto,quando altri nega batter fatto quello •che gli viene appofto,Et la qualitŕ, quadoil fatto fi "confeffa,&fi negabauev malfatto. S/'empio delU contefta- prima fama, č:THbaivtcifo>Antonio?Non l'ho v( xcia.. eifo.Dtua feconda bai fattotnUamete a percuoter» mi; J^enhofattů-trěHamčnte. Sotto queste forme fi comprendono tutte le querele.7s(č ancor fi fa qualfh lŕ ferma dtlla querela propofia dal $.Cefar-e, Che U figl&on Fabntio non ha ancora negata né il fatta, mčla qutfiitŕ di quello ; & a talrifbojta non effondo "vertuto-M cfuetela no č anche cotcjtata;& c&teftatn non-efftn'dojnonft puň dire tra taro combattibile. J^č qui ha Imgo queělo^he alcunidkono.che Ufig.D.Fa britiOittonbauendů negato dě hauere offefo il fig.Ce-farejo ha tacitamente confeffato;the non fi puň dite thč altri tacitamente confeffa quelloŔě che rifponden do ne domanda U diebiaratione. Due querele ha prcr pofloil Sig).Cefare.ChŁĚlftg.Don Fabritiolŕ ha fatto effendmi& che ha fatta male a farla offendere. Et •porreifapere la dal giudice qual delle due fio, la.com battéik*Cenač3 cbefgli nofuŕgiwtwarcfs^» <¦Ł• Ci 1 I B H 0 liti sor ter piů combattibile dell'attra,infěn che'l S.D.Fabri tionon uěene alla cotettatione dell'vna%o del? attrai Ne fi puň dire,che amendue jhno combattibili; che nel contettar l'vnaj'altra vien tolta via. Et che no fi pofja dir che tra loro fia fiata querela combattei left pruom con l'autoritŕ dell'S'ccellentijj. vice Re di 1^apoli,ilquale nel parer fuodato nella querela del S. Cagmno & del Fregofo dice. Che per non baue re il Fregofo ben dichiarate » & fpeafěcate le parole fue,& per non hauereil Cagmno né accettato xnč neg{elquale non bauerido il S. C e far e benejpe-cificata U querela, nčil S .D.Fabritio accettato, né negitojnon fi forma contefa;& contefa. non forman dofi,non fi uiene a contettar querela;& querela non contejěandofi,nonfi puň dir combattibile, llche effen contefta-dňiCome č veramente,per conchiudere anche quetta ^",c * '" parte non mi rimane altro da dir e,fé non che aggiun w*° gendofi a tante nullitŕ,cbe di [opra ho allegato,que-fia ancora di hauer dato fenten^a auanti la conteflt tione della lite>la medefima fenten%a perfejěeflafi dichiara effer nulla,& di niun valore. Dalle cofe di fopra dette io mi rifoluo che fiate la. forma dellofcriuere>et del procedere del S.Cefaretet Siati le tate nullitŕjhe in quella fernet fi veggono effer cofi manifefte,non fi puň dire che né ilS.Cefarc fia rUeuato da offefa,o carico,cbe egli habbia riceuu to;né cheall'honore del S.D.Fabritio fia in parte alcuna pregmděcato.Et q(la dico intorno alle cofe dei tedi fopra ejfere la mia opimone,l{imettédomi>&c. CC XI- LIB RO QVARTO DELLE RISPOSTE Caualkrefchc del Mutio Iuftinopolitano. Al Signor Marchefe del Vafto. caicbdino Ě9gy§. J Ignore 'Eccelkntijjěmo ho ticeuutalalet- hihěm4i ÉISIII tera mfěra de&li *%-& con 1uella l'al' tre fcritturcinfiemeefpeditei dalle quali io raccolgo, che trattandoli pace fra il Conte Hercole da Sarego,& M.Marfdio Lauagni-Éolo fopra le cofefra loro paffate, & ejfendo fiate ' propofěe parole di fodisfattione da douerft dire dall'una parte, & dall'altrayM.MarfiHo uorrebbe che il Conte diceffe, che egli čfuo pari : & al Conte Her cole non pare che di dir lo gli fi conuenga. Quefta ([e io non mi inganno) č tutta la fomma ; &fopra quello mi comandate che io rijponda^. Hor occorrendo tutto dě delle cofi fatte differente , nelle quali dell'ejftr pari, & non pari tra'Caua-Ueůft*fitoLdubitare,Io primieramente dirň alcune cofe L 1 B % 0 II IL 101 tofe in generale a quefěa materia appartenenti; & apprejjň della propofta quijiione tornerň a ragiona* re.Et per cominciar da un capo^co che a me no par molto probabile qlla opinione\laquale quaftper vni uerfale confentimento mene adejfer confennata^che come alcuno č nato dinobile famiglia, f priuato che eglififěa,cofi vuole ejjer incontanente tenuto pari di nobiltŕ anche a coloro che feggono nell'alte^ de* Trencipati;& dkefeejfer tanto gentilhuomo,quan to il T\e#t quantoV imp.Quefla jčnteja^come ch'el laftfia aftaĚTulgatatetda pinatigHilhuomiriiuni axilimsD uerj'almHe abbracciatalo perciň io (ancor che pU nato) mi rimarrň di dire che $> nera non la pojj'oap* ^u proiMre.Tercioche nófo con qual ragione dirfipoffa che feffer alcu natog^tilhuomo, debbia ejjere tato gHilhuomo}quato que'Signori,iqualidŕno altrui pri ttUegij di nobilta\& titoH>et gradi a'quali i nobili tŁ gono ad effert fottůpofěliSloi reggiamo in q(lo noflro viuer citate molte ejjer le conditioni ,& i gradi delle pfone.Cifono i contadini^ ci fono gli artejěci;ci fono i Gradi dui-ůttadini\et ci fonoigttilhuomini.Et ditutů qfl'hcbe ho nominati^ gentilhuominhfenxji alcun dubbiateti gono il p'm alto luogc.Et quŕdo alcuni de' piů baffi a toro fi uogliono agguagliare, effi hano molta ragione di no lo douer esportare. Ma dall'altro canto hanno da cdfěderarejche ejfi no fono nelfommo grado della nobiltŕ cŇHituti;ŕ7J fono come un melano flato fra : gli ofeuri, & gli lllufěrĚA& di quanto uogliono che a loro fta ceduto da gl'inferiori, d'altrettŕto debbono j Anche effi cedere a'fuperiori. Ma ppaffar un ¦•¦ CC 2 pia DEZIE piů aitanti Jo farň natogenůlhuomOi& co'mičiflu* dijtO col mio valore mi baurň acquiftato il grado del dottoratolo della cavalleria, Con quelli titoli dotterň io dire ch'alia, mia nobiltŕ naturale fi fia fatto aure fcimento,o che io fia pur rimafo fra que'termini nt .tiho'ok qUan -lQ era pr\ma ch'io gli hauefjě conseguiti? lo fermamente mi ijlimerŕ di effere molto piů nobile con quelli, che fenica . Che fé vno non nato nobile con que' gradimene a nobilitar fi > non fo perche io con quelli alla nobiltŕ del mio najcimento non debbia ag GentUhuo giungere efaltatione. Et per uenire ancora a pia certa determinatione di quejěa quifiione ; Chiara cofa č Nobile. cbe altro non chiamamo noi gentiluomo,fé non quel io,che latinamente č detto nobile.Et nobile altro non uuol direbbe degno di effere conofeiuto. Hor cĚk diranno quěinofěrigentilhitomim ? Diranno forfč che ogniuno č tato degno di effer conofŕuto come ogniur fio.Quefěo non potranno ejfi diretebe pur č piů degno di effere conofeiuto colui, il quale effondo nato nobile -jab ik-o co» le opere uirtuofefthauerŕ acqui/iato honorey& -uhso pregio, & ilquale con gli efempijfuoi rifueglierŕ de gli altri al bene operare, che quell'altro, il cui nome non farŕ mai ufeito fuori de'domeftici p&renůjič al tro hauerŕ di nobilesche7 nafeimento. Se adunque ne gar non ft puň,che uno piů d'un altro pa degno di effere conofciutOyfarŕ confeguente ancora, che chi farŕ degno piů di effere honoratamente conofeiuto, fa*. rŕ piů nobile, & piů gentiluomo. €t perche non dee egli effer cofii Noi 1 tutte le cofetche di altrui ufiamo 4i dire con loderň con bujimogabbiamo per ufan%$ ... VI7^1 0 il IL 205 Sfarle 0 maggiori, 0 minorile condo i meriti di colň" ioj't cui parliamo.Che diremo di uno,ch'egli edotto & di altroché egli č piů dotto. Dirň di cofiui3che egli č piů ignorante di colui. *Altri bauerŕ pregio di va-\tnttyf& altri di pia valente. Loderň vno come liberale , 0 lo dannerň cerne auaro : Et di vno altro dirň ibe egli č piů omeno liberale^ piů 0 men auare.Et cofě degli altri di mano in mono, llcbefe č veramente detto3& conueneuoěmente detto;non intendo,per-the non mifia lecito di dire,cbt unhuomo d'un'alvfŕ buomo fta 0 piů 0 men gentile : & che quefta voce no patifea né alteratone}nč diminurkne.lo d'irň pur quefloliberamete,cbe con tutto che io non fta de'piů a mbitioft buomin'i del mňdo, purft come per la gran de7^%a de'titoli, per la dignitŕ de'gradi, per la chia-re%ga deile famiglie\& per le molte loro virtů io'mi wnofeo a molti effere di nobiltŕ inferiore) coft ad altra parte io fogliofentire confolationejHimando che non men molti fiano quelR, a quali, fé io mi credo di effer fuperiore, non forfč douerň efier biafimato di alcuna temeritŕ 0 prefontione, hauendo io viHo per pruoua,che molti per nome hauendemi conofem to, vedendomi apprejjo hanno mofirato difentir-ne confolatione. Et J apendo ancora, che molti feti-Zjl hauermi veduto mi amano., & midefiderano. il-che altro non č, fé non effere filmato degno che altri lo conofca.T^elia qual cofa il nome del nobilk viene ; ad effere adempiutoci il propofio ragionamento fé* grufando, con fumo animo ardirň io di affermare > thč non tanto fi debbono contentar gli burnirŕ CC 5 di DELLE KISTOSTE di ejjernatinobiliy quando hanno da faticarJi non fa lamente di matenerfi talijna dě accrefcer la nobiltŕ loro con le loro virtů. Che pur deuerebbono fapere, Nobiltŕ che la nobiltŕ non č cofajlaquale in alcuna fpetial fi mutabile. m^na fjaj ^ come vn carattere impreffa, & che da quella non fi pofja cacelUre>& in altre nonft pof fa imprimer e.Che noi pur reggiamo molti nati nobili per li loro difetti effere come non nobili ributtati, & degh altri dctTrencipi con perpetua infamia di nobiltŕ digradati. Et molti allo incontro vfciti di famiglie non nobili,cofi per la loro Virtů,come per tefti montala.di Signori anchora fra piů nobili effere an-¦nouaratu Et perche non dee poter la nobiltŕ mancare in vna parte,<& germogliare in unaltraě Grande č lafor%a della virtů nella efaltatione della gloria, ejr non piccieěi fono i riuolgimenti della fortuna. La virtů & natura da prlmipio tutti eguali ci produce.Et l'a vir fortuna ha tůfu quella >che di nobili^ & dinonnobili cominciň a ?a°nobi?tL fa diflintione. >A quetta fi aggiunfe appreffo la fortuna vfurpandofi la Signoria delle humane profferě-& copiofe,& bora effere abbaf-fate,& diftrutte;& molte fignoreggiare,cbe giŕ fer-uirono;& molteinalz^arfi ebegiŕgiaceuano. Et ciň non follmente per quelle ragwni,cbe dette fi fono, fi ' .^ puň prouare,ma con quella ancora,con laqualeft co ~* ftderano tutte le alterazioni, & tutte le mutationě delle cofet che da'Cidi fono contenute. Che e (Tendo i Mutatone r 1 ci' ' 1 ¦ / 11 j >i ¦ • ri delle cofe. corfi celem arcolarijeconao le rote de loro gin Jt tc-uano,falgono,s'mchinanOy & vanno in mina tutte le cofe elemm tate. Con quei mouimenti hanno primi' fio>me%oě& fine le citta\y& i regni: con quelli le religioni j con quelli le feien^ccon quelli le lingue ,& con quelli tutte quelle altre cofe,che piů al mondo fo nň tenute in pregio. Terche ad alcuno non dee parere cofaflrana,fe la nobiltŕ delle famiglie a quella leg gefottegiace, alla quale tutte le cofe, che fono nel mondo,& il mondo iflejfoft truoua fottopoBo.Ter-cioche anche egli ogni giorno fi varia ^ft altera, sin-uecchiaigr alla fine affretta di douere perire infieme con tutte le altre cofe mortali Ma io perauuentwta in queflofuggettoměfono di* flefo uie piů che la quijěione propojta no riebiedeua. Benché non tato perla, propofla quiflicne(come difo fra ho dettojfonoioentratoin^uefloragionamento CC 4 ' DELLE RISPOSTE quanto per dire quello, che io ferito di quella volgare opinione di voler fi c'ufcuno ift'mare nobile al pari di ogni nobile.Voi allargandomifi nonfo come il campo della materia,bo lafciato laquanto correre la penna a fuo diporto. Douendo bora venire al trattar della pace, Dico che dalle co fé, che in queflo mio difcorfo fono fiate tecche,qutlla fra l'altre ft raccogliere per efter al-trigentilhitomo,e& cofa,che al Conte Hncolcfkre non fi con mene, né per bonor fuo, né per non pregiudicare a, iicgli altri, che di titolo di Conte fono illu firati. St , quefto voglio io aggiungerei Che o M.Marfilio tiene che vn gentilbuomo fia pari di Conte, onň.Se tiene di sě, gli dee buttare che il Conte dica che egli čgen- i i s h o ini. zoj těfbtumo.Se tiene di nň .non dee cercar cofa,la quale tgli iSě'mi non conrtemuolt* Ma forfč M* Marfělěo fi mmm per quelle parole, che tgiifcrěfje al ContetChe effbgli haueua mandata yna lettera da non madame ad yn pari fuo, <& che poi il Conte mfla rityofěa diffe,the yolendo dir di ef-ferfuo parine mentina, & per efferfia loro paffate qutfie parole, egli par difentirne alcun carico » JLl-chewrijpondo thč per batter e fio detto che quella non era kttera da mandare ad vn parifttOy non b& perciň detto di tjjer pari del Conte. Che effendo le qualitŕ & le canditimi de gli huomimdimrfe3 non tbegliaitri,mcL i SS.ancora feriamo a feruidori n qual con piů rě?p€tt<>,a qual ton meno. Et potrŕ me-nire cbe'lferuidor fi dorrŕ che il S. fuo gli ferina non erme a pari fuo farebbe c&mememe. Né ptrciň fari da dire che colui dica dieffer pari al fuo Signore.Vo-•glio io adunque dire-, thč M. Marfilio non ha detto di tffer pari del Contet& mn battendolo dfttc^non puň tffčr mentito:^" mentito non efftnd-onon nefentt ca rko: & carico non neftntendv, non dee cenarne fo-disfattone. Et fé bene il Conte ha detto, ciré fé uuol dire diejfcr fuo pari,něentey amfta mentita č .nulla* che le mentite non fi danno né fopra la uolontŕ, né auanti che altriparli.Et quando le parole del Conte foffero legittima mentita,nelle parole della fodhfht-ticne uerrebbe a riuocaria,et mttiirfe tnedefm&jkěu-mando M. Marfiiiogentilhuomo bonoratotn4 US.Gio.Battifěa dallo Tufo,&il S.Thth tht°s^dTdi JL/maffo Gargano nafee differenza per cagione ŕi sfide. giuoco,Se né domanda il giudicio ad ynferuidore del fig. Paolo dallo Tufo intendente digiuoco, & egli dice che la ragione č delfig.Gio. Battift. Dapoi meglio mformato4ice cheil S.Gio.Battifta ha torto}etil S. Taologliele torna a dire.Qiůndi paffate alcune para leil Garganodomada i danari delgiuoco:& il Tufo non gitele vuoi dare. Et dicendo colui, me li darai> o yogli, o nňy l'altro rifonde, cercameli: il (jargano f rěde lo Tufo f lo braccio-fi éce andiamoci uŕ fuo fěM Tufo nň lofeguita:il Gargano torna détrojl Tufo dice ricordateci bene di quello,che hauete detto-fi •¦¦¦¦'¦*. {fronde l I B ^ 0 11 IL 106 /fonieil Garbano quando vomte.Cometnon fonňid buomoda battere ilmio da uoiě& da quduque altra per fonai Et voi hauete detto non me lo voler dare.ll TufofoggiungeyNon ho detto cofi;& il Gargano. Se uuoi dir che non hai detto coft, menti per la gola: & offeru di il Tufo diceva quello, che prwarfi puň, non vi vai ufcixe. mentita,& dapoi richiede il Gargano, &glimanda, patenti di campo}dandogli termine di venti giorni di accettarne vna, o pigliar egli il carico di mandarne delle altre,& il Gargano rifponde che rifpondera in termine conueniente a cofe tali. Horafě cerca di conducer que(ěi dueghilhuomm dia pace t& fi domanda il modo, che fi batterebbe da tenere. Sopra queflo cafo rifpondendo dico,cbe primiera mente fi dee per parer mio jonfiderar la qualitŕ del la querelai et apprejjb in qualgrado di honorem di dishonore fi truoui l'uno, <& l'altro per uedere fé di que(ěo,& di quello fé ne poffafar compenfo. Dico adunque, che quanto alla caufa principale, éffendňfi ejfi vna volta rimeffě nell' altrui giudkio*, altra via prender non fi conuiene; percioche dopo il gmdicio ciuHe.quello delle arme non fi concede. Ouato veramente alla mentita.ejfentjlo la natura Non ognj di quella diributtare leingimie,quella di ragione oh- méůta ob-liga tanto altrui alla pruoua delle arme\quato čgra i'os.a a Dut uč la ingiuria, & quanto a quella, pruoua di arme fi couiene.&qui noci č parola di alcuna euidete ingiů riardi che no ci dee né etiŕdio effere oblěgatěone di ve nir a battaglia.Tótrei io dir quache ella fu data ari' '¦¦* cor DELLE KISTOSTE corfopra quella M%atione, & non condit'wneě& fo-pra il verbo volere ;le quali cofe tutte le leuano la fot %a> ma ciň laj dando, dirň folamente, che effendo di ragione,che quelle cofe, le quali ciuilmente prouarfi poffono,non debbiano riducere in pruoua d'arme:& battendoli Tufo allargano fatta quefta mede finta rifpoliěa ; & potendofě affai ben giufěificar (fecondo che il mede fimo Gargano confermajcon teflimonian %efe il Tufodiffe quelleparole,non veggo che inmo 4o alcuno quella mentita debbia obligar altrui ad abbattimento. Oltra che non douendofi combatter fé non per quelle cofe> alle quali neceffaria pruoua fi richiedere il Tufo babbia o non habbia quelle paro» le dette non ci č veruna necefjitŕ} che cotěringa a. cer Tiu dirň io ancoraché della mentita in quefloca-foč fouer ch'io parlarne, cheiliufo non richiedeil Gargano come mentito; ma folamente fopra quella promeffa di vfciré ad ogni fua richiefěa : & quella fu prima che la mentita . Et fé eglifopra la mentita haueffe hauuto intentione di richiederlo, non bifogna uŕ che facifjementione della prcmeffayche qlla non obligafopra quello.che č paffato dapoi.Si che haul-do egli la ménta paffata, come qlla laqualeegliha per nulla (fecondo che ci moflra la rifpofta che fece a quellajnč da noi dee ella effčr pofla in cofideradone. it per tanto pafferemo all'altre cofe3 che poffono pa Yen di alcunointereffe di honore in quefta querela. Sono adunque da e onftderare quelle parole del do mandare i danari;? atto del chiamar eglino andanti dir *Ł-l B R 0 II IL 207 dir che fi ricordajfe, l'obligarfi aW altrui r\chie(ěa:& che parendo al Tufo che in quell'atto ui andaffe del rhonorefuOift č condotto a richiedere il Gargano. Et [opra quejěe co fé tanto dirň io,cbefe colui fi fentiua ObIěeft-°* ebligato a douere vfcire, fentendoft chiamare ,no do- ne ueuatrouare- fcufa perliŕrconHantk che quefloč vn voler effer fauio la dotte bifogna effere animofo; Egli vfcir doueua; et fé nonfoffe nato impedimento, perloquale alla diffinitione nofofftro potuti venire,, tgli nondimeno all'bonor fuo hauerebbe fodisfatto : & al Gargano farebbe rima fa obligatione di tornare a domandarlo a tempo, & in luogo piů commodo: la doue non effendo vfcito, la obligatione venne a rimaner fopra di lui. Or a quefla ha egli del tuttofo* disfatto hauendorichieflo il Gargano, &richiefiolo Uberamente come egli ha fatto. Di che mi par che fia da conchiudere t che a lui altro carico non debbia rimanere^. Hor fi come alla chiamata del Gargano par che'l Tufo non interamSte fodisfacejfe al douere}cofi alla rhiAefta delTufo no par che'l Gargano fi fia rifoluto come douea}cb'ejfendofi obligato d'andare a richieda delf attucr[artosnidandogli colui patenti di ca-pi,et prefigendogli termine di včti giorni a rifoluerfi, egli non doueua rifondere,cbe in termine conueniete^ a gli ordinarii abbattimenti gli hauerebbe rifjtofěoy che quefěo no ha da andar per termini ordinarij,da- di ufcix«.ne poi che ha da andare alla richiefla altrui;ma nel termine de'veti giorni preferuti doueua 0 accettare una delle patenti a lui maiate,o prometter di mandarne : DELLE f{I$T-OSTE egli dell'altre. Ikbe no hauendo fattoci efféndo puf fč confeguentemente paffuto il termine d'ogni obligatione, che foffe tra loro di venire ' alle arme:cbe il Tufo non č pia tenuto a richiedere il ' Cm.rgano.Et quando il Gargano uolcffe bora e accet tare alcuna delle patenti de'campi fiatigli madati x 0mandarne di nuom\il rufy.nonfarebfó pwobliga toa perfeguir la querela^ che come č pacato iitčpo prefcrittoallaobligatiomycoftč paffatalaobliga-tiow.&tf? di queHůperakuentwra. il Qitrgano alcuno caria) fé ne fmů{fe> & rijentir fé ne doueffe, né Quello gli fi dotterebbe concederebbe ad altrui č lecito rifentir fi di que'caxhhi che altri gli fay & no di, quelli^be fi fa egli mede fimo; Et fé egli in tepa non ha fatto quello, che gli fi conuerima> a lui dee ejffere imptttatňfperche io dieotchedi quello il Tufo non ha da rijj>ondergl\>nč 4a dargli fodhfanione. Stando adunque il cafo propodo, & le ragioni dě /opra dettCi&vedendofi chela dicbiarationedel giuoco fu fatta prima infauor dell'vno, & poi dell'altro^ che l'vno tiene i danari>& l'altra ha data, quella menůtacquai cbe eěiafifia : & cbel'vno n né di ingiuria alla quale rifentimen-todiarme ficomienga'. .. • LIBRO ěllh Io boinfino a qui Signore Eccellentifftmocon fide rato le cofe paffute fra que' due Caualieri, fecondo che da voi mi č fiato comandato : Et mi fono tifo-luto , co fi dittandomi la ragione, che tra, loro fi pof-fa venire a quella pace, che fi de fiderŕ, della quale prima che io venga a dire altro particolare, dar poi che la benignitŕ uofěra mi č cofi larga in uedere, & in commendare le mie fcrittwe,non intendo in alcun modo di douergliene io effere aua.ro. Et per tanto io dirň alcune cofejequali a me occorrono degne di tonfideratione in generale nelle materie delle paci : lequali poi che da me faranno fiate e(pofěe,rě" tornerň al cafogia propoflo. Et in ciň farň io quello , che fi fuole affai fpeffo fare, che altri potendo riducer fi all'albergo per vna via brieue, & battuta y vago della verdura ft prende duetto ŕi dare vna, volta per torti, & herbofi fentieri. Si come molti fono quegli abufi, iquali per regole di honore fono flati introdotti, & in gran parte fi ufano fra Caualieri in diffinvr con tarme le differen %eloro>cofi non poche fono quelle opinioni, che nel trattar delle paci per cauallerefche fonoriceuute, ancor che in loro fondamento nonni fiadi alcuna ragione^. Et ciň non altronde proc ede, fé non percioebe quefle cofe lungo tempo fen%jt alcun configli*) , & fen%a la fuperioritŕ di alcuna grande alt» toritŕ col giudicio del vulgo, il cui parere le piů delle volte č mganneuole, fono fiate gouernatcj. Et ancor che & quegli abufi, & queHe opinioni fieno in frefea offčruatione, non perciň iflimerň io mai che VELIE ft iftimerň io mai che da perfone intendenti a quelle fi Gti abuG debbi* andare appreso : fatuo ferio vegliamo ancor ' l direycbe accorgendoli chi che fia in vn viaggio, che perfine, le qmli aitanti di Ini ftam pacate, bab-bianotafiradafrnamta, & conofeendo egli la buona , debbia dietro a quegli altri &niaruidij}erfione. io fi come fempre direi cte coloro jidonerebbono fiu ttěiio nettanti ire, che fagmeure, cojě nelle cefe dett'hónote $imo effere molto piů lodeitoie. co'l lume della ragione dimoflrare a'Caualkn ix nera uia^ che Le alma fallaci pedate fé¦guitjwdo>slarfi infume con gli altri inuoltoin vna. perpetua notte di et-rorc^s. Ter quejěa via ho io adunque m quefte ma, tene meco propofio di voler caminarc^ . Et ancox thč piů volte in quefio proceder mi&miftano venu? tetronitealcune flrade p-crauuentura non cofibat* tute da ogniuno:pur mifembra di hauer fempre fcot to> che quanto piů da eccellenti intelletti fono fiate efamnate,tantomdggh>rmčte fonatile fiate appra uate/Poi tanto piů volentieri mi pano io dalla com ¦pagnia del vulgo, quantaiattouo, che quello, che la ragion mi ditta effer piů bono/euole, la confeien1^ tni moftra tffer pii* da Cbriftiano. tior pereioebe la •pokar opinione č da ogniuno intefa ; ma della ragione forfč ogniun non č capace : o fé pur altri la inten de, vuole atf^i errar co' molti, che tener co' pochiil diritto fentieroper tantoio ho detto alcuna voltaci gnore iUuftriffimo,cheintrattandQle padelle parti non fi debbono dir tutte quelle cefe, che nelle loro dif ftnn%e fi yeggQno:an%i che benfatto č talhora L'in? gan- 1 1 B ^ 0 Hit 109 gii. Che fé io verrň configlěare altrui a dover fare contra quello , che comunalmente fi tiene, con tutto ch'io gli moflri,chela ragione il porti, egli per-fio non vorrŕ co fi di leggieri acconfentire, come fé io farň buone le fue ragioni, & fortificherň quelle i» ptodot ch'io gli dia a uedere, che per la comune opinione egli fio. in fu l'honore : che queflo fé bene č va mcdo diingannare,č lodcuQĚe)& falutifero inganna non altramente che ftfěa quello del dare le medicine A fanciulli vngčdo U bocca del vafo con alcuna cofat dolce t né fo qual miglior comparatone di q-nefia a que(lo prepofttofi puffo, adducete in me%p\che molti quantunque graul di anni in far difl'mtion del bene dal maletdell'honeflo dal disboneHo?et delgiufto dal l'mgiulěoyfono cofi pocogiuditioft^he veramente dir fi poffono fanciulli. Si come adunque in darla falu-tiferŕ medicina a coloro, pur che ella fi dia loro, non fi ha da fare differenza del modo, cefi per riducere quefli altri allafamtat non dee l'huomo rimaner fi da fare loro ogni piaceuole inganno: che queflo č vntraf uěargli dal ior cattino camino, & riducagli a buono albergo.Ideile materie cauallerefche io nonfo veder cofa veruna di piů fatica,che'l trattar delle paci;& fi come in difendere una parte in Duello per annerita ra mi affi curerei di douerlo far fm%a lafciarla perdere punto delle fue ragioni, cofi in trattar cocordia, confeffoliberamente, che io non ho quella bilacia, la quale in tale opera vien richkfla:doč di farebbe /'o-pinionedell'honore deU'vno}& dell'altro uirimanga fguale. Ma fé bene io mifento tale fonerň io fciň rj-V D minami DELLE RISVOSTE ntanermi da trattar delle pacifT^on veramente; che Nelle paci prima quefta č Cantai honoreuole fůtica;po(cia ho chi habbia * a r » l ě ě /, • re r j ě i • j " da patir ny•<*co/^ eJc"e ^«fl/f 0a d/fr«j offefo,debbia dar co grauezza. ueneuolefodtsfhtttone:<& diritta cofa č, che a coluis il quale tSfiatoingiuriato, fi habbia piů rifletto, che alfacitor della ingiuria}accioche}ln giufla parte la fenten%a cada . Et quando iofo quelt che la ragion mi mojěra douerfi farejo fonofteuro di far piů il do-uer mioy che fé io cercajji di proceder pur fecondo la opinione del vulgo;ělche nafofe in cento anni io il mi fapejfifkre ; giudicando che honoreuole fia all'huo-tno non quello, chela plebeifěima chefia benfatto, ma quello che la maeŮra ragione ci prefcriue.^An^i dirň io piů.che molto piů ageuolmentefi pojfono trat tar le paci ad honor di amendue le parti con le leggi della ragionerie con la comune opinione. Comunalmente (i tiene che come alcuno ha detta, o fatta co-fa,o buona, o rea che ellafifia, egli dee aw(i con ar-matajnano mantenerla%chereuocarla. Et con que-fia legge chi hauerŕ fatto oltraggio, no douerŕ uoler dare alcunafodisfatt'wnei& per conftguente non fi Opinione potrŕ venire a pace.Et la ragion ci infegna^che il Ca tutteTe'^- Ha^ero dee far proftfficm di difender la veritŕ, #¦ ci. lagittftitia ; & per tanto fentendefi hauer detto, a fatto cofa rea^douerŕ pia totto riconofcerfiě& rima officio dě nerfeneyche voler nella inala opinion continuare. Et coji dotte il vulgo mima cofa dishonoreuoleu Jodif-fare attruija ragione ci dimojěra il contrario. Et la ione io loderň per atto honoreuole che altrui voglia ammtdurt il fuo fallo, da altrui verrŕ tenuta opera di I z i b n o itti; no IR viltŕ.Fra quefle due vie adunque voledofi cantina re>cifa mefliero di effer bene accorti,& a "voler per-uenire [ternamente al destinato fine, non fi conukne andare con la faccia [copertala mafchetato ricoprendo la ragione fotta la mafehera della op'mion noi gare :& con ragioni di fuori apparenti perfuadere altrui a quello, che veramente fi richiede. Et que-80 che dico t ho da applicare io alla differenza del Tujfoy& del Gargano.iyella quale fé fi volejje dire; La quiftion vottra č per cagion digmoco ; &. fi co-me delle cotali differente il tribunale ciuile non fé ne impaccia, cofi non fé ne dee venire alla děffinitio' ne per uia di arme j & per tanto potete liberamen' te venire alla pace. Chi cofi diceffe loro, & delle altre cofe che in tal materia fi potrebbono direy an-cor che loro fi dicefěeilverOieffi perauuentura nefa-rebbonole rifa. Bifogna adunque metter fi la ma-fchera> & all'uno s & ali'altro feparatamentemo~ ftrare> che l'honor č dalla parte fua: Et che egli puň venire alla pace.Che al Tufo fi hauerŕ da dire quan to alla remijfwne fatta, che ejfendo una uoltaJěato dichiaratoinfuofauore, eglinonerŕobligatoafla-re alla feconda fentt%a. St oltre a ciň,che hautdolo il Gargano domandato fuor'h&dapoi obligatofi ad ufeire ad ogni fua richiesta, non poteua con nuoue mentite alterare la quenla\fm%a che quella mentita non č di ualore per le motte ragioni che giŕ, trat-tandofiil cafoMbběamo toccate. Toit che tenendo' gli egli i danari, mentita non ha luogo di carico ; & apprejfo fi douerŕ aggiungere, thč hauendo egli *"#-D D a chiejio' thěeslo il (jargano, & quegli non fi ejjindo in tempi rifolttto, egli non ha altra obligatione ; & per tanto con honor fuo alla paee puň acconfentire. JŮ Garbano pňi fi potrŕ direbbe dapoicheil giudice meglio informato fece la dichiaratone per lui, fi vede chia-¦ r amente la ragione effere'dalla parte fua: &• che ha ttendo domandato fuori il Tufo, & non effendo egli vfcito,efjo honorato ne rima fé. Voi che fé bene colui tiene il danaio, egli ha ancora il pefo della mentita, la quale battendo egli data al Tufo, il Tufo non piu fopra la chiamata, ma [opra la mentita doueua ri-¦cbiederlodlchtfatto non hauendo,cjfo non č obligato a prendere altra refolutione; <& puň honotatamente ymire alla pace.& co fi a eiafettno facendo canofetr te ragioni fue, & quelle dell'auuerfaria nafeondedo, fi puň co lodeuole inganno venire all'effetto della ma fcherataylaqt4ale k ho di fopra propofla * Et quefla per parer měo fi dee fm%a rifrantolo vfare in cofifat te differendone no č atroce ingiuria, né cofa,a cui inquifition di veritŕ neceffxriamčtc fi richiegga.Che in quelle fi ha non da vngere linaio di mele\ma il fua co,o U ferro č mefiicro che ui fi habbia ai operare* Rěfrofěa terxtu. Al Signor Gouernador di Comň. cafo di Co. T-Tlert ^)e^'1 '* lettera v0^ra M xx'ixM paf' l>eichi«ia. JiJLfato, & hauuto diligente confideratione fo-fra il cafo mudatomiJm da dire prima>cbefc di qflc v . ferfone, 1 I B H' 0 tilt. Ut perfine, tra le quali la cofa č accaduta, vnofacejie profejfione di-arme^ l'altro nňyfě donerebbe bauer rěfguardo alla diuerfětŕ delle loro cwditioni, battendofempre piů rijpetto alla qualitŕ di coluiMi cui co-fa propria fofft ě'tferthioddle arme t Et dapoi che quello non č mtfěieronč dŁll'vno,nčdell'altro^fi dee. h'muen vna fimit confideratione, come fé fňjjero ŕmendue faldati* Che fecondo che altri dice, che pet non e(fere haomt) d'arme, lo offefo non dee cercare cofi jottilmente la intera fodisfattione;cofi dir fi puň che l'offenditore per non ejfere egli buomo di arme > non dee afiottigliarft Cttantoin dargliene: Che effen doin pari grado ^quello che d'ir fi pno dell'uno, fi puň anche dir dell'dtio**Appnffo a tne, par et che non in vltitno luogo fin da cwftderare il principio, & fondamento di tutta la querela ¦. Che fecondo che altri ha cognitiotie della gmfiitěa}& della ingluHitia delle parti i & che fta l'autore della difcordia, cofi jt <_ viene'a piů giuftificaia deliberatione delmodaliqua iefihabbiaatenere'mfardarelafodisfattione,dan , dofauore a colui^dalla cui parte fi troua tfftrela ra '" ""* gione.Di quejěo puntonon ne hauendo io particolare infor mattone,non puffo cofi ficwamente rifoluerm^ N-iie pad come io vorrei, ma pur rifondendo fopra le parole 1it \'[^%l°' fropoHe dicojhe per fodisfattione di ^ilfonfo a me-lĚ3Lto-parrebbeyche douirebbono efftr piů gagliarde. Et o diceffero con qm Ile molte rifpofěe,o in vn tratto falň* io non ne farei molta differem^a, ma vorrei che in fommafójferotali. Mi^**Jxkt^tŕtralfaia&ě&bauerei fatto malamente.Et fé noi cifofji tno trottati nell'effere che ci troviamo al preferitela farei fiato huomo dafhrui offtfa. Hora come di cofa malfatta dolendomi,vi prego che vi piaccia riceue-re qucfla mia cňfefjione p fodisfattionc>& perdonar mi.Et quando di quefla non vi contentiate,mi offerě' fco dirimettermi algiudicio del S.tale,perfŕre quan to egli mi ordinerŕ. Quefle parole vorrei almeno che fidkefferojequali quantunque portino alquanto piů difodisfattione all'off efo^non perciň fono tat'hchei'of fenditore non lo pofia dvrefen'Xjz dishonorc^» i quarti, ba- *pv V E fonóleeondit'wm a Cauallieri principale mčte appartenenti, & qmfie fono la giufiitia, métka p« -"—' wctc appartenenti, <& qttelte fono la giufii *• acŁ . , &U magnanimitŕ. "Né valorofo Caualierodiritta-mente fi puň chiamar colui,nel quale vna di qfie uvr tu fi Tenta macare:che efěedo Hata la caualleria infů Caualieti, mente// puň chiamar colui,nei quale vna di qf\ vaiorofo. (u ftfenta macareuhe efěedo data la caualleria infů Cauallcna» / J t.r . , , , J, . „ . , ~ . tmta a difefa del douere>& della ragiomě& effendo l'huomo animai di ragione^ come fi potrŕ dire che no machi al grado del Cauuliero coluiyělquale contra la ra.gioney& cotra il diritto prede le armi in manol Et richiededofi molte uolte per difefa della ginflitia ado perar lafor%ascome fi douerŕ direbbe habbia fatta l'officio fuo coluit ilqua'e per viltŕ di animo di porre wtano allaftada no farŕ fiato ardito? jLrme digiuni tia, & di fortezza, č lafj>ada; lŕ onde č da dire, che sin Rutila ingiu/tamenti', o ytfmettie adopera^ont l'honor l I BO liti. thonottauaUerefco commette difetto. Co queftofon aumento č il parer mio che di tutte le operationi dt'Cauallierifi poffa fare diritto giudicio.Et fcioche ifiqttenle d'ingiurie fono ricercato a douer nfponde-rdidirň con breuitŕ quello, che in altre mie fritture bogiŕ détto piů copiofatnetespur in conformitŕ della Tre r [enterica,la quale difopra ho propojěaDico adunque Jj* c^ che č da cofiderare quale fěa colui'dquale habbia in-puflamčte, o vilmente adoperatotele potrň io in alcun modo bauere battuto ragione, & effermiémo-flrato vile;& potrň da altro canto bauere bauuto il tortOy & bauer datofegno digenerofo cuore; & potrň anebora bauere rfato tale atto>cheper ingiuHo» & per vile meriterň di effer condannatoci come altri in uno d'i queHi mancamenti č caduto il voler difender l'en or fuo per co fa benfatta dee ejjcreiflima ti opera di iniquo, & di mal Caualiero, & di colui, ilquale non fi ricordi la ěflitutione della caualleria ef-[ereflata fatta per difefa della giuflitia, dapoiche MaI C*ua< tgli contra la giufěitia intende di prender l'arme. *An ifi come l'hiiomo per viltŕ non dee rimaner/i d egli contra la giufutia intende dip %ifi conte l'hiiomo per viltŕ non dee rimaner/i da di fender le cofegmHe, cefi per i $kr moflrarfě corag-gěofo non dee combatter centra legiufte; che quello * che altrui forfč potrebbe parer magnanimitŕ, č temeritŕ manifefla; conciofia cofa ibe la magnanimitŕ contra la giufěitia non cpera^on eflendole virtů -pria ad altra contrarierŕ piů lofio infume congiun te, & catenate » an^j pur vna cofa ifěeffa * Come adunque altri hauerŕ alcuna cofa o v\lmete,oingw* fornente adoperata 3 fgli dotterŕ volere an%i con-OD '4 fefdndo " DEtLĚZ ti il fallo fuo rimaner gmflcyC he in quitto ro.EtiagmJlma vuole che fé dotěěěn iohauerň alcuna co fa vilmente adoperata, io non la :•. debbia cercar da altrui fodisfattione del mio mancamento. Ma ft altri a tortolo con mal modo mi ha* r .; uerŕoffefo, di queflonndowerŕbenegli darla con* • -rj ueniente fodisfatiione. Or percioche nelle querele del le ingiurie;dae fono le co fé,che poffhno ventri» confi-ŕcraůont,& tě^eHe forniiearico,& l'offe fa panche di quello diremo alcune poche parole Jbauendone co-p'wfamente ragiomtt altroue. Ogniuno fa che fi* ňjfefa;chefiii carico non forfč č coti wtefo da ciafen-no^t'w il dirň in due parole. Carico i ingiuria dě fatti Č obtigathn di prouaxjbe altri altrui offendendo he filatamente adoperato ; Et coluta cui č fatta l'offe* fa y dee prender L'arme per mofěrare che effbnmt b'č, mancamento commefio, an%i che Fauerfartofuo h& fdtto atto cattino. Et ogni volta che cofa manifejfa č, che eglincn ha adoperata cofa degna di b'iafimo'i et che l'altro non č cauallerefcamente procedutole* rico alcuno,cioč oběěgation di pruoua no rimane. Che il voler venire alle arme per cofa chiara farebbe ve ler prouar la cofa prouata. llche in alcun modo non deetfer comportato che fi habbia afar%.^Adunqttei douefopra altrui non cade fufčitione che egli habbia commeffo mancamento, né atto vile, carico alcuno non gli rimane: & carico non gli rimanendo, non gli těma'nevbligatione dirifenůtfi p cagione dihonore; " nictfqlamtte gli rimane la femplke offefa.Della qm Uiň foglio direbbe fé Domenedioper tate ofě LI Č 1( 0 ětlU •' #oě vtlijfimi vermini tutto dě gli facciamo, fi a ta che noi pentendoci gliene domandiamo perdono* non veggo perche noi tra noi domandandoci l'uno all'altro perdono,di quefio attódibumittŕ non debbia,* ino rimaner fodisfatti. Questo mi octoiredMir fom* tnariamtnteininateria d'ingiuricdi fatti ingenera* k. Et al cafo partěcolar venendo de1'due cttgini, da quali l'uno aěl* altro ha fatto affronto dib&flone^dk» thč per rileuardUarko'l'ůffefo, l'offendiforefaa da dire in qual modo lo ha offefo>& appeffo domadar-gliene perdono, aggiungendoci di queUe parole, cěěé per iftělo di CaPtatterifijoglion dire in fňmigliann ed* fi. €t ver ŕocheil capo č flato contato ame>tbeefi p/0,*!*^" fendo ira loro pŕfjait akunimotti alquante -acerbi, itone. non hunendo alcun di toro fatto di moflr*thme di feti t'irne carico, ejj'tndo per adietro flati cogiutěffimi dya.x more-, no me chedifafigue^ l'uno di efli vridtrogwr ito ben a tattallefect all'altro l'ojfefa,cbe detta s'čg non fi penfando colui cheegli gli foffe nimico:& che fvffefu non mancň difarditnoiiratione di cuore. ~D> rei io che Poff'endttordQuefie dire3 lo ccnfef]b3che non hautdoměo fatto fegno,Perloquaie voi da meguar-darmdoueftejo vifčcila ingiuria che fatta uibQ:& ' thč quando come da nimico da me ri fůfte guarda» dato.fartfie fiatonomeno per offende! me^h'io mi. Et per tanto conofcendoui Caudier dihŕnonMpůe go cht mi perdoniate. Etjlando il cafo, fecondň chi io lo ho qui formatOjchi in Duello conducerloifotef-/e> far tbbe pertiteitarl'offefoda fufftition di viltŕ, & ptr moftrar chel'offenditQrewnf&ffe fcamen- DELLE % fcamente proceduto.Et le parole da noi propone um fono a rileuare l'offefo da. ogni obligation di pruoua ; Terche quelle etiandio par che a baftan^a facciano per quefta pace.che ěoffenditor né in queflo jtč in altro cafo non ha daritirarfi da confeffare il uero. Et dell'offefo il parer mio č, che egli debbia di tal fodif-fattione contentar fi, effóndetegli in tutto liberato da ogni oppofttion di mancamento ; & efiendogli della ojfefachiefto perdono. Et quando ancora per pia intera fodisfanione delCoffefoft rieercaffč che Vof-fenditore aggiungere. Etui priego che udě di quefta fodifattione fiate contento'. & quando queHa non ut bajěisni ojferifco di dami tutta quella, cke da hono-rati Caualieri farŕ giudicata conueniente.Quefte parole fi come ali'offefo poffono effer di conforto y co fi al Voffenditore non debbono efter dě noia, il quale quando fopra quelle faceffe dijficultŕ ueruna, parrebbe che fuggěffe la ragione, né farebbe perciň neceffario dě ricercarne altrogiudhio. €p queflo č fopra queflo cafo il mio parere,rimet' Undomi nondimeno fempre a piů purgatigiuditij. <5afo di me 7{eU'altro cafo ueramčte,doue l'un Caualiero ha ww* detto alt'altro che č per eaflěgar lui, & cento pari di hn:&"jopra quefte parole l'altro ha data menůtaiE fi uorrebbe colui,ilquale data ha la metita diceffe no hauerla data: & che l'altro poi gli deffe fodisfatůon di quelle parole, lo riftondOiChe no darei mai parere, Uon fi idee c^e altri fem^a macchia di honore potč ffe mtiédo ne negare ilgar la fua mentita: che ogn altra cofa a me par che *ei°* far fi debbia da Caualieri^rima ebe parlar cotra la veritŕ. LIBRO liti. 114 ě. Et quado io hauefli data metita altrui uorrd fin tofio dir di hauerla data malerbe negar di batter la data.Ma pur per no pajjar queflo cafofen%& ale» *" rimedio,dirň qUotcbe mi occorre; llcbe fé parrŕ ap-probaběle, fi potrŕ ofeguitare, 0 da quefto prendere vna miglior forma. Il dator della mentita per via di SodiiŁ4|. domada potrebbe dire all'altro, lo baucrei caro d'in těoat. tender da uoi con qual animo mi dke(ie i pafiatigwr ni leparolejopra le quali io vi rijpoft con mentita. Et colui batterebbe a r'ifjwndere, Iole diffi trafyvrtat* dalla colera, & non p intetione che io baufffi tňfana carico. Et il primo donerebbe tornare a dire, Dapoi che quelle parole furono da uoi dette m colera » io di chiaro che la imfoion mia non fu di dar ni mentita,fč non in cafo che uoi dette le hauefie con ummo deliberato di farmi carico-.Et dico che la mentita mia no té gat& che ella č nullaye di mtt ualotece che quado ha ueffi faputo che uoi no hauefie battuto animo d'ěncarě carmiybauedomi data mč"tita%ui haueréi mal merito» Co queflo fcabiameto di parole fi potrebbe perauue-tura peruenire alla pace,cb( fi cerca, fen%a che cari co ne rimaneffe ad alcuno. Et intorno a quelle non penerň a far lungo děfcorfo per no hauer piů tepo:& f cioche il pefo dell'uneyet delle altre mi par che da in' tendeti Caualieri ageudmente pofja ejfer comprefo. M Oěěa quinta^. Cafo di se Effer Ciň.Batti Ga^aroporge al S.Marche-fé unafupplkatione di accu/a cotra il Capi' tatto K tatto Gb.Battěfta Cruciano.Se ne forma prňceffo,et aitanti che fi venga a fenten%a, il Ga%aro vuoi dit di batter fa tto male,& domandar al Capitano Gio. BattiflaSi domanda fé egli con bonorfuo poffa per* donargli^ far con lui la pace. •• ' - *A quefěorispondo, cheefftndo certa* & ejpnf* fa Vaccufa tfi come nel proceffo č manifesto, pet dire il Ga%aro femplkemente ai bauer fatto male * & domandar perdono y non perciň il Capitan Gio* tu male. Battila puň con bonorfuo venire alia pace, fé prima contra di effo accufatore non ne najce fenten^ 0 che effo perla confeffion fua non fi condanni. Ter* cěoche altri puň ben dire di bauer fatto male,hauen-do detto alcuna cofa% ancor che ellafta iterai che ci fono deYtfpettl, ěqualifhnno che anche la ueritŕ di» tendo fi puň far malc.Et altri nelle altrui for<%e tra-uandoft puň per timore domandar perdono. Tcn he nefegue che il dir di batter fatto male, &il doman-dar perdono non č fermo argemeco,che vere nonfěa-no le cofejeif itali fono fiate appofie altrui » Et per tanto a gin fěificatione deU'accufa to, č neciffario che yifta (come detto s'č) o la fenten%a delgmdkeyo la libera, & ejpreffa confezione dello accufatore. Et €&giuridicamente confefji, falfe effer quelle accufe, che nel proceffo fi leggono ejj'ere fiate apportate contra ejjo Capitano Gio. Bat tifta,& vere quelle cofe,cbe contra effo Ga^aro fo* no fiate addutte, Et fatta quefla confezione ,& domandandone perdono/ opinione mia č, che il Capita no Gio.Battifěa pojfa conbonor fuo perdonargli non meno, che fé in vno Heccato lo baueffe condutto a difdirft, & a chiederne perdono. Lyciano venuto a differenxa co Hortenfw,glě da gjJ^J vna metitayet mette mano dicedo che gliele vuo tira , & di lefoflenere.Hortenfio allhora non fa altro motto;ma baftw>*» dopň pajfati alcuni giorni, effendo Luciano co tm*al-tro gentilhuomOiUiene con alcuni altri in compagnia et di dietro gli da una ba(ěonata>et fenefugge.Sopra qfěo cafo fi cerca fé fi poffa venire alla pace; et eoe. Ter hauer io in altro luogo copiofamente trattato di qlbyche a qflo propofitoft puň accommodarey con breuětŕ mirifoluerň in quel ch'io fento in coclufiont* Et dkoycbe l'officio ddL'buomo da bcne,delgétilhuQ" DELLE B,I STOSTE Caualiero č di guardarfi da commetter ' mancamento^ che vergogna non gli puň venire fé non da quelle cofe, che egli malamente adopera. Et dico che č in me il potermi guardare da fare alcuna '- opera vergogno fa ; ma non č giŕin me il guardarmi * thč altri con foper chiaria, o in altro modo trijiamen- 'attenti- lAppreJJb dico,cheejfendo fatto altrui carico per menu- conto di honore, a voler l'honor fuo fcriuere, hono-reuolmente fi dee rifentircj. €t chi con vno atto Gli atti di- vergogpofo penfadi difcaricar fi di carico, che ho-shonotatě noratamente gli fia fiato fatto, dě gran lunga fi in-xicanol.fCa* gann* •* percioche egli con quello non folamente non ganna : perciocne egli con q firileua dal carico > che gli č fiato fatto ; ma fopra. quello fi aggiunge nuoua vergogna. Con queěii fondamenti uengo io ad inferire, che Luciano nella differenza propoftanonfěuedey che bt alcuna parte babbia fatto cofa,onde dishonor gite ne poffa venire.Cbe prima (fecodo lafcrittura a me> produttaj ragioneuolmente fi mojje a dar quella me tita;& appreffo potendofene fěar di tanto con fuo ho nor foděsfatto, mife mano alla jpada, per uolere in-contenente, &Jen%a cercare altro uantaggio difender la fua parola-». Di che fi dee dire che egli non folamente non ha cmmeffo cofatche meriti biafimo, ma che ha adoperato ancor piů di quello,chegenti-Ihuomo fia tenuto di operare per cagion a"honore, Dapoi hauendo egli quella baronata riceuuta nel modo detto difopra, quella a luinon puň far vergo-gpa,per non barn egU mrgognofamente adoperato, s * ' " " Che L 1 B R 0 lllir Che la vergogna č d'i colui,che fa l'opera vergogno* fa, & non 4i quell'altro, verfo ilquale ella č fat- La ?**&•: ta;potendoil facitordell'ingiuria, & douendotanto opera u«I guardar fi da farlay quanto in arbitrio dell'altro non g°gnoi»- č il poteiferieguardare^ ? Stadvn Trencipe, non che ad un priuatogentilhuomo^in podeftŕ di ogniu* no di fare una cefi fatta offefa. *A qucHe cofe aggiungo, che hauendo Luciano RifenU-data ad Hortenfto quella mentita cofi legittima, & menti* bauendogli offerta commoditŕ da poterfene bonora-tamente rifentire: & bauendo apprejfo Hortenfto di dietro data a lui quella b,a?lonata1& poifuggitofe-ne, non fi puň dir che egli di quella mentita fi fta di- So crchia fcaricato. Che con uno atto malamente fatto fi yčn- ria per fo* dica bene vn'atto fattomalamente, & convnafo- Peichiai»-per chiaria fi vendica vna foper chiaria¦': ma ad vn carico fattobonoreuolmente, & adeguai partito, vna opera bonoreuole, & di partito eguale vi vuole adouerlorileuarc-J. Da quefle co fé tutte io mi rifoluOy che per quello % che čpaffato fra i due gentiluomini difopra nomina, ti,a Luciano non nerimane né carico) né obligatione di honore. Non dico giŕ che egli ingiuriato nň fta:md dico che per cagione di honore egli non č tenuto ad al cuno rifentimeto. 6t fi come l'ingiuria č quella offe* falche fi fa fen%a ragione;coft il carico č quella ohli gatěonejhefi mette altrui adoffo. Che tra twgiuria> & il carico quefta differenza uič;ckc runa porta of fefa>& l'altro porta vergogna; Ut ogni Camltereŕ, honore,uorrd pimarimanm offtf^chemaricatQi "'..... te gwia fen%a biafimo &con laude fi puň perdonate» la dotte del carico per legge dě cauaŮeria3al-tti fen%a efferne [caricato non puň venire a pace » ned com pofttioncs • Etnei trattar di concordi a^ /oprateingiurie quantunque grani, bafta confeffar h qualitŕ di quelle, ^r domandarne perdono. Et percioebe opinione di alcuni č, che di ingiuria di fati* ~ ti non fi poffa dar fodisfattiene di-parole, colora per opinione mia molta s'ingannano* Che [e btne far che kabbiano piů pefo i fatti che le parole , •nondimeno altri piů fi dee vergognare dě bauer malamente operato, che di effere malamente fiata effefo. Poi humiliandofi l'ojfenditore > & cenfeffando U fito mancamento, quefěa humihŕ, & confezione*? eancella., & leua via tutta, quella macchia, che de gl'i animi altrui poteffe cadere opinione, che all'offa-fo rimanejje per cotale offefa~>. Io foche ne trattamenti di pace per conto di ingiurie dě fatti' fi fud domandate che l'ingiuriante fi rimetta Itberamite nelle mani deWingiuriatůjlaqtial remifficne ogni volta che fi a libera in maniera che Reměffio- non vi fu [ufyitione>che frale partinonfia promejfo iCd *¦ di mn ne fare altra vendetta>ella č cofi compiuta fo disfattloneyche non vi č ingiuria cofi bombile>d)Ł co éjuefia no» fi poffafodisfarčMa come a tal nmiffio-ne fi poffa venire, io non fi) di leggieri imaginarlo . Ben č il parer mio che anche fen^a quefta reminone Porma di ^ Paeefl t^f^^ cke dicendo Hortenfio di hauer data quella baronata a Luciano dě dktrox & non fé ne t 1 B R O il FU 217 ^ teauuedendo effo>& confopercbiariai& che peti a, toglierle domanda perdono:per parer mio egliftpttQ venire alla pace. Conciofiacofa, che confejjandp ejfo il mancamento fuotrileita Luciano di ognifufphione dimaricamento:& domandandogli perdonotcont0r le humittŕy-viene a compensar la offe fa. Ma perciň/che fatta, la jbdisfanione dell'laghaěa, non perda č rileuato H carico, di Hovtenfio t#nche a, quello fi dee batter rifguardo ^Ŕcciftche nuQuaque* reta non ne babbi a resultare. Et perciň Alanti le cq fé nel modo, che ŕ me fono fiate pradulte, HvrteftQ donerŕ pagare l'intero debito>conféfrando di batterti battutoli torto; che in cotalguifa fidifcarieherŕy di? moflrandodi volerean^ dimoflrarl'error fito-,che perfetterare in ingiuHa querela. St Luciano potrŕ di re,chegli rincrefee di battere battuto occaftone di battere data quella mentita!i& che loriconofce pergen tUhuomo da bene.'Uč fopraquefta parola fi ha da , , r j- ě-rr 1 \ r ¦ 1 ? r da bene. far punto di difjiculta,che nonmmndo alcuno fen%$ 4ifettostelli fono da benebbe de gli errori loro mm dittane fanno la ammenda. Et tanto mi occorre di dire fbpra qtteflacafo^on chiudendo tale effer la opinione mia, & rimettendomene al giudkio di qualunque altra per fona e* pili everta* & pi» intendente. Kijpojěa fetůneu, L^incilottoftŕ appoggiato ad vnafineftra d'vna bottega co le fratte notte verfo la Łěrada:Trifla cafo di fé.* nq ukne di dietro^ & co lafpada loferifee in fu la te- J0.di 4ie" ŁŁ Sěa. LE 1(1ST'OSTE fla, Sopra quello cafo fi cerca di far la pace^ domanda il modo* iA quefto ridondo che l'honore del gentilhuomoč L'honorc \n luiflefiot& non in altrui. Et ciň dico io per fieni* e in fui. pcare, che ogni gentubuomo mene ad efjer tanto ho-morato, & tanto fuergognato, quanto egli fa opere honorenoli,o uergognofe. Et fé iofo vn'atto vitupero fo cantra di alcuno, il vituperio č miot& non di co lui,a cui egli č fatto ; Terc'wcheio mi po{fo henguar dare da farlo, & non guardandomene jpero verga gnofamente : ma egli perauuentura non fi puoguar darei che io non gli vft quell'atto brutto, & per tan to a lui non dee ejfere ver gogna,che gli internenga co La vergo, faMallaqůale. non fi poffa guardare, l o fotta la fede;ó niaěe ^p!-- con iwdimento fo altrui vna ingiuria. Qui vorrei ia. fapere da ciafcwo, quale egli volejfe an%i ejferet il mancator di fede, & il traditore, onero l'ingiuriato* Certo fono ioycb'ogni per fona honorata nona) prima ricevere l'mgiuria,che- ejjer uituperaia di nomi di co-tal biafimo. La uergogna adunque č di colui jlquale fa la maio. operat & a lui ne rimane infamia;& allo altro lafemptice ojfefa. Dicofemplice, peioche no ut č carico, né obligatione di rifentbfi chiamando colui ali'or me.Che, quefěi riferimenti fi hanno da fare nel le co fé di4bhiofe>& che hanno bifogno di prona. Et co me chiara cofa hcnore.Etlagiufiificationefua č,chefi intenda Umo {™amc* do,nd quale egli č ftato ojfefo ; che quello intefot come difopra babbiamo detto,egli č libero di ogni ver^ gogna.Vorrei adunque che TriSěano diceffe non dě ha iter fatto triflamenteyma Che Piando Lancilotto}co-me detto s'é,egli lo ferě fu la te fia. Et confeffondo il modOyCol quale egli i'offefeyCgmuěioconofcefen^a al trofei'atto fu bello-fi brutto, Et Lancilotto non ha- Forma uendo commeffoatto alcuno vergognofo, & hauen- ^lsfatti do quefta confezione perla bocca delfojfendětore, LE x egli DULIE RISPOSTE egli fen%A alcuno carico ne rimane : & quello accte fiere di batter fatto tritamente,non accresce giufii ficationea Lancilottoi ma carica ben di vergogna TrifUno,. ^i quella diclnaratione del modo,che det tubo* vi fi puň,dire appreffo, che gii nncrefce w/z» no all'anima : & che ne č pentito, & che fefofie a farlo,non lo. farebbe ; <& che fé rhauejfe incontrato a, faccia a, facciamoti furia flato per offčnderlo ,fe non come ejjb Ita, & delle altre paroleco fifatte- Et tanto puň baHare all'honor di Lanciotto. Aia qua» do alla fodisfattione deU'offefa, io direi che doueffe e{fer affaijbe Trittano folamente gliene domandaf fé perdono, che quejlo č vn'atto di immilla tale, che č baciate a, placare l'ira di Dio Lontra di noi per\měl lě perdona ^ Ojf^^k gli facciamo ognigiorno.Eti piů, valo-r xeč dagc- r ofi Cavalieri fono fempre flati al perdonar pronti. neioio. i ' r r t • i r i i- Et le piu generofe fitrex chi a loro Ji bwmwa, non gli fanno alcuno oltraggio. Si che vedendofi queflt •prontezza di perdonare in Dio, & ne gli animali rationali, e^r ne'bruti, č da dire, che per ogni legge 1 ¦ - " di natura debbiamo rkeuer per foésfattione, che altri ci domandi perdono. Di Trillano veramčte dico, che l'efircětio deWar me č tato honorernie, quanta egli č honoreuolmente efercitato:& virtuofamentel'efercita 3 cbi.f difefa del eUritto,deUa gwftitia,della veritŕ,& delia, equitŕ officio di adopera la Jpada.Et pcioche la terrena nofěra natur chi jia fat- ra e" pure inchinata al maU,et al far de gl'errori;coe 5fa;014 "v cifentiamo hauerne fatto al curiosili honoreuol'atto non pojjěamofare che pentirfeneirmrarfenet& am? men- Ti i č k 6 ini. ftrendarfcne,& condannar noi mede fimi dibatter et rŕto.& chi co fi ftiyfŕ opera di animo finterň, & innocente, woflrando che la inttntěon fna per innanzi č di dňnerfene guardare. Et ch'i -vuole ofěinato mantenere, che tutto quello che egli ha detto, &fatro,č ben detto, & benfatto, fi moftra di effere di natura in(oyy'evgibik;&fh officio di mal Cattaliero, contro, la giuH'tiiŕ adoperando la fpadajaquale čy arme di giufěitla. Et per tanto Trinano měi dee punto ritirar fi da riconofcere ilfuo errore, & farne la ammenda conueniehte ; effendo ficuro, che quanto egli ' darŕ pin piena fodisfatticne aWoffefo, tanto l'hcnot fuofarŕ maggiore. thč il confejfaire la qualitŕ dello errore, •& dannarlo per ertore, & cime di erro~ te domandarneperdonoělauaě& lena tutta la Macchia di quello. J tanto occorre a me di dire intorno ŕ ciň del mio parerei ilihe ho fatto piů breuemente,per hauere al tre -volte,& in altri luoghi piů a pieno difcorfo in fi* tnilimaterie. il tutto rimettendo ad ogni meglio rifo* lutoriuditioě '¦ | ttifyoflŕ ottauju. PAcdaca da Teranift apptčfeniŕ In campagna cafo di dauantiŕl S.Tpcdň Sécco Luogotentte dello il ^"Jj" luftriffimo S. VabntiO Colonna, & dice, Tojfo io dir™ due parole co licenza di V.S.iAlquale egli rifponde. Ditene quatrotchi ut tienelma parlate honefěo.Et re plkado coluiipofjh io dir con licenzii Luogotenetč torna a dire, Diieětna ŕuueriěěč al pari are.'Et figgiti E E 3 V, BELLE RISPOSTE gejo non hojpadaj&fe ne fa dare vna;poldke.Hot dite,et auuertěte a czfi vofěrl^Allhora Tacciaca ěn-cominciňyQui č un gentilhuomo,che ha banuto a di-re,che io ho hauuto da far con vn Vaga%got et ciň dif fé con parole dishonefěc. Glirijpofe il Luogotenente\ chi ve lo ha detto ? Diffe Tacciaca, Me lo ba dettň ceftniimofěrando vn M.Camillo TifcianfantiSt M* Cannilo battendo confejjato di baiargliele dcttoy do-fnadato dal Luogotenente chi ? batteffe detto a lui, rijpojje che l'haueua vdito da Incoiň da t\eggio.Vn tapitŕno Bartolomeo Spirti ?io di Nicolo čffe a M* CamiUotTtyn bautte fatto da buon gentilhuomo ari portare,&metter quefle T^ame.Et M.Camillo gli rijpofe, Tu menti per la gola t& tnife mano allajpa-da:Etil Luogotenente fubitc ancor egli pojč mano a ¦quella^ che fi bauea fatto dare»Et voltandofě M. Ca titillo verfo un Trŕto (che erano in campagna J cor-tettdogliilluogotenete dietro^gli diede una coltellate nel collo,o nella fpalta. Et nel mede fimo punto}chefu data la mentita, anche il capitano Bartolomeo pofe mano allafua fpada, &fu appreffo a M.Camillo, é gli diede un1 altra ferita. Et correndo M.CarněUo^e di cendoě%Ah Signor Nicolo> che In tutti coloro jqualiJcftengono CŕYitqŕěMaefltŕ ^uč perro to,o di alcuna fuperiontŕ, & mag^oraxa^be da ai re ne' mai trui fia fiata loro cor/imeffaidue conditiom di perfonp ftiau ' Uengono in cónfideraiione : & Cuna čia propria lo* Yo, & Caltra quella dello officio, laqualifono tra fé molto diuerjeě& differenti. Che fé io farň da alcuno Trencipe pofio ŕgouerno di cittŕ, ň diflatojni trouč tň nonfoiamete procedere>ma effer fuperiore di mol- E S 4 'lě, ' ^ DELLE %l$f Yi,iquali a me>come al Mntio,fcederebbono di molti Sgradě. Et nondimeno fé ben prendo la per fona del maeftratojion perdo mifpoglwdi quella di me pri^ vato,feri6 coinč-fhreiftioftiffi mafcberato, chi fot to la forina di un Kc^od'urs udlano.od'tmafeměriaŕ fareipur io né ě{e > né villano, né femina. Or fi come ětello officio effendo, w fofitngodue perfone, cofifo ancora due maniere di operazioni: percioche quel1.?, ěequali algoěierno flappaYtefipnoj.e opero comego neriiadore, & cofnepublka per fona, i& le bifogne mie privatele opero come it Miittoi& come per fona friuatŕ.Et fecondo che $ran diffefen%a č dalia pubblica ammimflrationealla pattata operaůom^č me dt fintamente diiterfó il mňdo del render ragione di ~qiiella>& di quefta.Cbedi quella mi ballerŕ affai ti purificarmi col Trehcěpe: e di qrtffla farň debitore difodisfhre anche a coloroyco'quali hauerň fatto al-tun cmtraětofi pŕttOěO couentlonejhe dir la uo^liU ino. dibe flemme č veroitel te^gimeto cimierofttie^ te offeritami de'Caualienba da effere apprňuatót •tiouendóioftilo di cavalleria efjer fecondo le leggi, & co forme alla ragion ciuile, & naturale. Che quŕl bora auuemffe in vna compagnia di foldati,Čt iofo fra quefta regola fondandone imo efempio,dicó che alcun commetteffe delitto militare;® che il Capita noconfattiyO co parole gratti lo caftigaffe,artcof che a colui pareflecbeilcafěigamento fótte flato maggior del peccatolo perciň gli farebbe lecito diriebit (kre il fuoCapitano a Duello, bauedo egli fatto qlto atto come fnpmoUjtr $ coferuaůone della fŕthrat difei L ě b ě{ b Hit. Ma dotterebbe colui offefo tčnendofě, r\~ ifuperiort, & ahi domandarne giu-Sěitia.Ntperciň farebbe da dir?, che il fotdato fofje xlishonoraio t fatto fe'ě defětto non fcffe tale, cifegli per (fuetto ne renifJea rimanere infame. Se ucrmté "ěe un Capitano inefiofi agiuocar con alcuno dt'fuoi foldati,per cagione digttooco lo offendeffb di fatti, o ^ "4ě parole offendo qitefěa operŕibrie ftior dell'officio pe liei Capitanato, ofniragi&ikdrrebbe cěieU'Capitano ne 'ŕěfaldato deffeia'd'eb'ttŕ-fo4'ŕfŕtioneěo che da lui ri-thičHo per via diŕrtne $ihaueffea rifpondtre iti 'Quella fórma,cioč Ł legge étětietto $ifofte preferii-ěo;Che qui non (artiybtxlŕfhr compir atione da Capitano a foldatoma da girneatorc a gmocatWe ;. Et facendo le carte , & i dadi pari le ragioni di qtiefět) & di quetlo,non é da dir e,fé non che anche pari deb-'biano ejfere tra loro te attkni delle ingiurie. 6t tanti) 'fta detti) in gmeraěe per le cofe che tutto dě ci auuen i Pcffo Hora al propofio e afa tiifeendčdo dicoXhlarŕ'co i Ja efferejhe le cofe in quello narrate paffatxmo daua. il al Secco}e con lui,ccme to Lufgattnmte del S.Fa tritio Colonua-,ettme ci fitperwn di coloro,tra qua ltifi cotendetta. hi č in quelle coli fi vede che il Sedo ne baucjjč adunointe\effe particolare an%iera pur quella cognitione dello offi(io.,cbe eglitcmuajt prň pria del Ltiugotenente,^" non del Seceoiělquateati-thliaueim prottftato che fi parUffe boneftamete:et baiteua tolta la fpada in rnano pet cafiigar chi altra yiKcnttfht to haueffe.delle quali cofe ninna fi apparte mha DELLE RISTOSTE ueua a luic.cme a pcrfona firmata. Et per tanto ha* Carico fu- nenc[0 come Luogotenente caligato colui,che in pre-fenr^afua Imucua vfata tjlla libertŕ di lingua^et mef fo mano allarme, quello atto fuo non Viene in nome di caricOifna di punitione: della quale fé egli fi tiene inaku modo aggraitato,al Trencipefuo ha da ripor tarne la querela,& da domandarglienegiuftitia. *A queflo intendo che da Camillofi rifonde,ch'egli era gentilhuomo del S. Fabritio, & non [oggetto al Secco: & che perciň le ragionile della jua mag<-gioranxjifidicono.non hanno luogo contra di luu la.~ qual rifpojla nonfo quanto fia da approuar per buo* jna. Che io non credo che la intentione di alcun Tren-cipefia, che i gentiluomini fuói poffano andare pet 10 flato fuo,& viuere licentiojamente\<& non render honoreafuoigouernadoriy 0 officiali fenica paura, diejfere da loro cajěigat'h Che quando ciň fi permet-tejfe, ogniuno che fojfegentilhuomo di -pn Trtnópe^ potrebbe nello Sěa to di di quello far fi lecito il libito. Ma molta diffcren-^a č dal gentilhuomo al Luogote-nenteiche quegli č perfona priuata, & quefěi publi-ca.Et colui fofliene perfona di gentilhuomo t& coftui di Trencipe.Et per tanto mi rifoluo io pur a direbbe quella č querela da portare al Trencipe> & non da richiederne il Luogotenente. Ma percioche dapoifono pafiati cartelli, j> liqua 11 Carnŕio ha nchlcjlo il Secco a battaglia (lafciado «emiihuo hora da parte il di?putar di cui debbia effer la prima «io del Si i - *s -ni -j i" a r -• querela co Cannilo, hauedone egli in quello cafopiu ili vna)Dico ancora che que/ěo non pregiudica qllo., che MB H-6 UH. 2 tbe h děfopra ho detto, per effer la querela fondata [opra il ca/bě delquale la cognětione dirittamente al Trhipefi appartile* Né č lecito altri hauHo un gin dice ordinario,& legittimo, uokr tirare una cauta p duello di ma ftraordmaria}& dannata dalle leggi:'efsedomaf proue. [imamente il Duello dato in difetto di giudice, & dě prouerfelle quali cofe niuna ne maca nelcafonojěro* *Al Tnncipc adunque fi conuiene di giudicare intorno ŕ quefěa differenza. Sopra la quale cgni volta che egli voglia hauer dUiotte efaminatione.a me pa* */,oce(*et * , P,. ¦ • V6 i ,, .7, militare fl te che habbia da conofcere che quello atto del fuo «uilc. Luogotenente j in caligar colui fu piů da capitano di guerra, che da giudice ch'ile » Che fra gli tJir citi, doue non fono ě tribunali ordinar^ č lecito al Capi* uno per offeruan?a della militar difciplinatcafligat con manoifuoifoldati. Ma tra le congregationidel* le cittadinanze, & de'popcHyOUe ětribunalide'giu» dici fecondo le leggi hanno da effergouernatit & doue fono ordinate le prigioni, i ceppi, le funi,i fergen-ti > & gli altri miniHri di giufěitia per punire i no* centijcgittimamente)& co maturo giuditio fi ha da procedere. L a onde n on ueggo} cerne difender fi pof-fa, che egli in quefla parte non habbia trapaffati i termini deWofficio fuo> & che egli dal Trencipe non meriti correttione * *A queflo fi aggiunge da parte di Camillo,che ha-uendo il Capitan Eartolomeo detto a CamiUoyche no haueua fatto officio da buon ventilhuomOinonfifa Alefttit* ja i » I- r i /Ł • preseza de1 con qual ragione eglifidouejje an%i mnouere contra iup«io«. Cannilo, che rityofe alle ingmriofe parole, che co tra il 1 ' \ SELLE t^ISTOSTE il Capitano Bartolomeo3ělquale preferite effo Luogo-tenente fi volle far giudice con offe fa di efěo Camillc. Che fi come effo Capitano fatuol'honorfuo potata ftarfene ferrea parlare,coft Camillcfatuo thonorfuó non poteva ftarfene fen^a rifpňndere.Et da che il Ca pitanoBartolomeo facendo ingiuria a Camilěo non fi* punětotmeno douea effer punito Camitlo.cheta n-bttttaud ; & che non era primo ad offenderei an%i 'JJ che offefoft difendeua. llche par chefia con ragion detto.Cbe quantunque qučjěo nome di mentita paid altrui cofa cofigrŕue, non č ella perciň perfua natura parola ingiuriofa, an%i č ripnlfa di ingiurie, €t per tantOytanto č piů ifcufabile colui,che con matite rifonde a chigli dice ingiuria, di colui,chegli dice la ingiuria, quanto č degno di maggior fattore chi fi difende\che quale cčrea di offendere altrui Di che far quafi che fi poffa dire \ che il luogotenente fid ancor cadutoin un altro errore, che haučndograue^ inente punito Camillothon ha cajiigaio coluijlquale non meritaua minore cŕfligamento di lui Ma qui fi puň rifondere che Camillo, nori (blamente rijpofe c3 la mentita, ma tněfe ancora mano alla fpada, ilebe fu forfč anche quello, che indujfe il luogotenente a metter mano alla fua piů che la mentita. Bene č vero,che hauendo effo giŕ caligato Camil loynondoueua comportare che il Capitano Cartolo meo nel cofpettofuo lo affalt affane ferine. Che doue uŕ ben baftare la punitionč che egli data gli haueuat fen%a che colui di fua mano fé ne haueffe a pigliare altra fodisfhitione. Olirŕ di qjěofe f hauer Cdmillo data LIBRO 1111. 213 MU mentěta,& mefio mano alia, (patta, fu dal tuo* gotenente feritojionft uede perche d T^icoloda Reg gio debbia effere flato lecito di dar mentite a Carmi» lo,&di provocarlo all'arme nella preferita di ejfo Luogotenente ; Ne parche il Capitano Bartolameo, & Nicolo non doueffero effere anche efjě incarcerati, dapd che pur Camillo fi incarceraua. In tante maniere adunque parche fi poffaděre che il Luogotenente habbia dato occafwne a Camillo di querela, llche fi come non fi nega>cofifi důce che al S. Fabritia fi appartiene tutta quefia cogni-tione, Et fé il Luogotenente fuo ha errato, a lui fi richiede di farne contra di lui giunta dimattratione;. Qucile veramente ella habbia da effere, non ho io da. farne giuditio. Ben dirň che due uie per mio parer tener ut fi poffonp;& l'ima č ciuile%& l'altra caual-lerefca. Bt la ciuile č, che con confulto di Gwrecon-fulti cotra il Luogotentte fi proceda per quella via » che fi trouerŕ conuenirfi per leggi, o per Ftatuti,La cauallerefca, che ejjo dia a Camillo quella fodisfat' tione, che per confulto di Caualieri farŕ determinato, che iti tal cafo fi richiegga. Nolafcerň giŕ di dire per tornare alla difl'mtěone delle due ^fone,dellaqude difopra ho parlato,che ef sedo l'atto del Seccfydelquale jětrattafiato fatto co. me da Luogotenete, la perfona priuata di Itŕin qHo cafo rio entra in cofideratione, ma quella del Luogo» tenente.Et come Luogotenente ha dafodisfare a Ca-nůUo'.Jč pur quefia uia piacerŕ di tenere al Trecipe. Et quatunque děfopra detto habb'iamo^VefsUo U offefa DELLE RISPOSTE 'offe fa fatta dal Luogotenente, quella a Cantillo non mette adoffo carico di honore, & per confeguente paia che fodisfattione non le fi richieggaAico queHo ejfer vero,quanto per cagionedelrifentimento di Ca millo: Ma dando ilTrencipe al Luogotenente fuo quefěa punitione > tale atto ha da ejjčr pofto per e fé catione digiuflitia^lquale il Luogotenente .che fi tra uŕ hauer errato, non deericujare di douer foggia- Et tanto fia detto per ma di parere fopra il ca-fodi fopra propoHo, rimettendomi ad ogni miglior giudic'w,& principalmente di chi per ragione ne dee battere tutta la cognitione* CJ - I L F I 7^E.