II. ANNO. Sabato 31 Luglio 1847. M 46 — 47. Del capitano di Trieste conte Leonardo Nogarola. La serenissima Casa d'Austria ha avuto in costume di mandare al governo di Trieste cavalieri distinti per sapienza di governo e per doti dello spirito, perchè, anche in tempi nei quali Trieste non contava più di 6000 abitanti, grandissima era l'importanza di questo scalo austriaco sull'Adriatico. Accenneremo le pochissime cose che sappiamo del conte Leonardo Nogarola, vicentino, del secolo XVI. Fu questi figlio del conte Girolamo Nogarola, bandito dallo Stato Veneto perchè, forse, aveva dato segni di favore a Massimiliano nel tempo della guerra mossa contro la repubblica dalla lega di Cambrai, allorquando la terra ferma cadde in potere di Massimiliano. Il conte Girolamo era coltissimo ed elegante poeta, dotto nelle lettere, per cui l'imperatore lo fe' suo secretano, e lo arricchì di doni ed onori. Leonardo, figlio di Girolamo, venne compreso nel bando, e seguì la sorte del padre. Fornito esso pure di rara dottrina e di somma valenzia nelle lingue, delle quali parlava il francese, il tedesco, lo spagnuolo, 1' ungherese, il turco, e lo slavo; fu altresì filosofo e teologo. Postosi sulla via dei pubblici servigi, fu accetto a papa Clemente VII ed a Massimiliano imperatore, dai quali fu impiegato in ripetute ambasciate. Frequentava le corti di Carlo V e di Ferdinando I, il quale ultimo lo pose alla testa di legazione inviata al sultano Solimano. Nel 1532 era consigliere di giustizia in molla estimazione, a segno che Ferdinando medesimo lo raccomandava alla Repubblica Veneta, perchè era in disgrazia di questa. Nel 1540 venne mandato al governo della città di Trieste, e fra le titolature che aveva allora oltre quelle di Conte e di Consigliere, figurano le altre di Cavaliere di S. Giacomo, e di Signore di Belforte. Durò sei anni nel governo della città, mentre erane vescovo quel Pietro Bonomo che fu uomo anche di corte, e di importanti carichi, stato ambasciatore a molti principi, Cancelliere della regina Bianca Maria, Gran Cancelliere e presidente dell'Aulico Consiglio in Gratz. Leonardo Nogarola precedette in morte il Bonomo di pochi mesi; passò da questa vita in Trieste il dì 19 febbraio 1546. Le sue ceneri riposano insieme a quelle di tanti illustri nella Basilica di Trieste, nella quale fu sepolto anche il Bonomo. Nello stesso 1546 veniva sostituito al Nogarola lo spagnuolo Giovanni de Hoyos. Dell' agro alimentario di Trieste. Narrano le antiche istorie, che essendo stato da ingegnoso architetto presentato ad Alessandro il grande piano di città grandiosa e singolare da costruirsi novellamente in sito precisato, ne avesse per tutta risposta : "dov'è il territorio per dare alimento a tanta città,,, cosa alla quale l'architetto non aveva posto mente. Così di Trieste fu detto allorquando si dispose ad emporio mercantile, perchè le balze dirupate del Carso, le scarse colline sembravano insufficienti, e lo sono, ad alimentare città anche mediocre; nè fu allora considerato che conveniva lasciare qualcosa anche al futuro, e che le condizioni delle regioni circostanti non erano poi sì stabili, sì irremovibili da non cedere a quel movimento che avrebbe dato una città abbondante di popolo e di mezzi. Allorquando, or sono 130 anni, la maestà dell'imperatore Carlo VI decretava che Trieste avesse a divenire emporio austriaco delle provincie cisdanubiane, come già lo era Aquileia 1700 anni prima, la città contava 6000 abitanti, ai quali l'agro tergestino era sufficiente mezzo di sussistenza, anzi abbondante se terre rimanevano da dissodare o da porre a migliore coltura. L'agro, ristretto assai, era chiuso tutto all'ingiro non da altri comuni, ma da altre provincie; imperciocché di là della Lusandra dominava S. Marco, fra la Lusandra e Corniale v' aveva la provincia del Carnio, da Corniale a Repen la contea principesca di Gorizia, tra Repen ed il Timavo novellamente il Carnio; poi di nuovo terra di S. Marco. Lo stato estero e le provincie stesse austriache vedevano con gelosia il novello emporio; queste ultime, non già perchè pensassero dovesse andarne priva l'Austria, ma perchè pensavano di doverne ognuna di queste avere la preferenza, ed il bene pubblico era considerato entro i limiti di provincialismo, se non di frazioni ancor minori. Lo stesso comune di Trieste non andava esente dal gretto pensamento dei tempi; si era desiderato assai l'emporio, le speranze erano rivolte unicamente a questo, e se ne attendevano fortune, ricchezze immense, repentine. Ma questi desideri e speranze erano di menti che non ne conoscevano i modi di giungervi, aborrenti dalla faticosa operosità; e quando si venne all'azione, non uno vi prese parte attiva, pochi vi concorsero, tutti ricorsero al facile hiasimo, quasi sapessero fare di meglio o l'avessero fatto; e l'attività e l'agiatezza furono il retaggio degli stranieri, i quali, divenuti figli novelli, composero la novella città, senza raccogliere l'eredità lacera dell' antica. Noi non seguiremo le vicende del novello popolo nè esamineremo per quali vie esso si compose a quella famiglia che è di oggidì, nè per quali vie l'antica andò scompaginandosi lino a sparire del tutto; ma ci trasporteremo all' invece nei tempi moderni, nell' ultimo trentennio, nel quale gli elementi si fissarono sopra base ampia o duratura. I tempi precedenti furono di oscillazioni, di cangiamenti, guerre ripetute, cangiamenti di dominazione nelle regioni circostanti a Trieste; queste dominazioni medesime disparate, oscillanti, di breve durata, 1' emporio per conseguenza oscillante, incerto nella sua esistenza, nel suo operare. Al terminare dei grandi stravolgimenti europei nel 1815 Trieste trova vasi composta a città mediocre di 30,000 abitanti; le spiaggie di mare che la circondano a molte miglia, erano soggette allo stesso scettro cui obbediva Trieste; quel litorale istriano che le sta sulla via naturale di navigazione, era riunito a perpetuità coli' impero austriaco, ed a perpetuità formava con Trieste una medesima provincia amministrativa; le gelosie, le grettezze delle antiche provincie erano sparite dinanzi alla legge, erano anche in buona parte sparite dalle menti, e confinate nelle tradizioni storiche; e v' aveva fondamento a credere che fossero per cessare anche nella niente di quelli, che l'isolamento del vivere, facendo supporre il mondo com' era per lo addietro, li manteneva uomini di altro secolo e di altro paese. Trieste era già a tale stadio di consistenza che le sue due condizioni di emporio e di città, si facevano sentire distinte, distinta l'attività che ne è naturale e di debito; il bisogno che l'una venisse in sussidio all'altra era manifesto, e meglio si sarebbe sviluppato quando l'emporio, che doveva averne l'iniziativa ed il merito precipuo, avesse favoreggiato le condizioni di città e portatele a quel punto che si addiceva all'importanza e dignità dell' emporio. Allorquando il commercio veniva introdotto nel secolo passato, si era desiderato di formare dell'emporio un corpo inorale da sè e distinto per leggi, per ordinamenti, per amministrazione, per lingua dalla città; ma la saggezza del governo, che fu superiore alle meschine gelosie ed agli egoistici pensamenti di alcuni, seppe fondere 1' emporio nella città con vantaggio del pubblico non meno che dei singoli, seppe vedere che 1' uno dall' altro non potevano per persone separarsi; gli interessi, quantunque distinti, erano però strettamente collegati e riferivano in estremo alla medesima persona morale. Al riordinarsi dell'Europa nel 1815 gli interessi dell'emporio erano regolati secondo l'indole sua che è quella di unire i paesi transmarini remoti, colle Provincie mediterranee al Danubio per i vincoli di commercio, di essere modo di comunicazione fra regioni lontane. L'attività dell'emporio dipendeva dall'estensione del territorio mercantile, questa da peculiari condizioni non sempre costanti che il genio mercantile sapeva riconoscere e porre a profitto, e per le vie dei mari e per le vie di terra; quindi sebbene il naturale territorio si riconoscesse da un lato l'Egeo, l'Arcipelago, il mar Nero, il mare di Natòlia e di Egitto, dall'altro la Germania; in ogni tempo si tentò di estenderne 1' ambito, e furon rivolte in sul fine del secolo passato le cure all' India ed alla Cina, poi alle Americhe e ad altre regioni remote. Anche da terra si cercò di ampliare il territorio colle regioni contermini alla Germania, senza dimenticare quelle altre che potevano, fosse anche temporaneamente, porsi a profitto. E nei tempi recenti vidersi pure rivolte le menti ad ampliare grandemente il campo di attività dell'emporio, ed a fissarne le basi sulle condizioni naturali e sociali di altre regioni e stati, disimpegnando l'emporio con mirabile sollecitudine ed attività il debito suo, che è quello di promuovere gli interessi mercantili della monarchia, disimpegnandolo con lode ben meritata dacché l'incertezza delle condizioni di estere provincie e regioni ofTre ben altro che facilità o spontaneità di combinazioni. Anzi le gelosie di esteri, il niun debito o sentimento di assecondare i movimenti ai quali si vorrebbe dare impulso, fa tanto più risalire il merito del genio mercantile triestino, il quale con mezzi attinti unicamente alla propria indefessa solerzia, con quella prontezza ed arditezza che son proprie di giovanile età, seppe far sì che l'emporio in meno che una generazione si raddoppiasse, e potesse surrogare novelle risorse a quelle mancate dei tempi precedenti. Ma questa condizione di emporio di popoli transa-driatici e danubiani non è l'unica, nè la crescente civiltà potrebbe tollerare che lo sia. Le persone morali, i grandi corpi, seguono la legge delle persone fisiche, dei singoli individui, come l'uomo non può isolarsi in una professione rinunciando alle essenziali condizioni di cittadino e d'uomo; come l'uomo è naturalmente spinto a consolidare almeno in parte le precarie fortune, e l'instabile frutto dell' industria ricorrendo alla terra, alla gran madre, della quale promosse gli interessi; così gli empori hanno necessità di attaccarsi alla terra, e di suffragare il commercio colla possidenza, perchè l'uno giovi all' altro, e ne sorta quel vantaggio che è di ben ordinata società. L'emporio ha il proprio territorio dal quale trae alimento, e questo in vero fornisce i mezzi pecuniari di sussistenza all'intera città; ma ciò non è ancora il fornire la materia medesima, la quale se alcuni generi primi si tolgano, nè può sempre, nè con quella sollecitudine e convenienza che si addicono, fornirsi coi mezzi pecuniari dell' emporio. Il fare del territorio mercantile il territorio alimentario di una città, è scusato soltanto dalle condizioni fisiche di luogo che non permettano altrimenti; e poteva volersi quando Trieste, stretta assai da vicino dalle terre di S. Marco, vedeva tolti per motivi di stato i naturali e spontanei contatti con quelle; non sarebbe oggidì tollerabile dacché vi ha possibilità di formarsi sifTatto territorio, dacché la condizione di città popolosa esige che adempia l'officio suo, di essere cioè centro naturale al quale s'avviino i prodotti tutti del suolo, e dal quale si diffondino i prodotti delle industrie urbane; nel quale si concentrino e si diffondino quelle necessitudini, quei benefizi che sono di civile consorzio. Questo debito che hanno le città e che hanno le provincie chiamate ad essere agro di città, non è scritto; non pertanto è naturale, è necessariamente sentito pei vantaggi che ne ridondano, la trasgressione ne è punita col sofferire quei disavvantaggi, quei pregiudizi che ne sono conseguenza; non è debito di costringimento, ma è debito morale, è debito cittadinesco, perchè ogni cittadino come ogni corpo cittadinesco ha obbligo di pro-movere a proprio potere la pubblica prosperità. La formazione di un agro alimentario non soltanto darebbe materia agli affari che sono di mercato, non solo darebbe facile occasione ad affari che sono di commercio, ma darebbe altresì altri e gravissimi vantaggi vicendevoli. L'agro comunale di Trieste è incapace per la ristrettezza sua ad alimentare, non già l'odierna città, ma città che sia superiore ai 6000 abitanti; lo stesso vino, che basterebbe al consumo annuo di 10000 abitanti, non compensava il difetto di altri prodotti; già nella prima metà del secolo passato all' assoluto divieto di introdurre vino dal di fuori s'era surrogato il permesso individuale alle persone esclusivamente dedite al commercio, od in sussidio di questo, di introdurre vino dal di fuori per proprio consumo ; poi il divieto d'introduzione fu ristretto a parte dell'anno, poi ad alcuni mesi, poi finalmente tolto del tutto, e lasciata libera l'introduzione da qualunque parte. Già nel secolo passato qualche parte di agro non remoto da Trieste, e che era austriaco, ebbe esenzioni per mandare i vini, poi cessarono anche queste, chè i provvedimenti erano insufficienti. Trieste è in necessità di cercare il proprio agro alimentario fuori dei confini del territorio politico non solo, ma fuori di quel terreno che le sovrasta più prossimo e che meno per asprezza di suolo di quello che per malintesa coltivazione, sembra non portare aiuto, intendiamo cioè del Carso triestino. Naturalmente si offre agro alimentario l'Istria, colla quale Trieste ha comuni il suolo, il mare, il clima, ed il reggimento doganale. Meno pronto e facile si mostra il Friuli, perchè separato da non breve tratto del Carso, separato piuttosto che unito da mare non frequentato ed importuoso, di diverso reggimento doganale, in gran parte di altro regno e provincia. La quale diversità di reggimento doganale, se non è di ostacolo per le cose che si recano a Trieste, dà occasione a processure e dazi per le cose che vi si estraggono. L' agro alimentario di Trieste si venne a formarsi in quest' ultimo trentennio, non per atto di governo (che in siffatte cose sarebbe di poca o niuna efficacia), ma per quell'impulso spontaneo che dà l'intelligenza guidata dal materiale interesse. L'Istria si è mossa; non solo Capodistria, Isola, Pirano prendono parte attivissima al mercato, ma il raggio s' estende fra terra fino al Quieto, e per qualche articolo, siccome il vino, giunge a tutta la costa istriana, non così di altri prodotti, perchè regolata l'agricoltura piuttosto secondo le idee dei producenti, di quello che secondo i bisogni del consumente. I dirupi del Carso non sono di ostacolo; la vallata di Castelnovo serve al mercato di Trieste, così la vallata medesima del Yipacco, ed il Carso. Nella pianura del Friuli da Palma in qua, il movimento è continuo, abbondante di ogni prodotto, non arrestato dalle difficoltà della comunicazione. Questo movimento per l'uso del mercato è certamente di vantaggio all' agro alimentario, ma nè dappertutto in quel grado cui potrebbe giungere, nè in ogni luogo calcolato sui bisogni del consumo, perchè spesso 1' abitudine si spinge fino a dispensare da migliori ponderazioni, e la sconoscenza dei parziali elementi, cui spesso avviene di sostituire condizioni giudicate colla fantasia, toglie di provvedere a quei mezzi i quali mediatamente condurrebbero a migliore utilità, e che non si giudicano sempre con giustizia. Da cui ne viene che le varie parti che concorrono al mercato di Trieste non tutte procedono di pari passo; ma quale migliora la propria utilità, e 1' aumenta con prudente riconoscimento degli elementi; quale è restanziaria, non di quello che è arrestarsi per non progredire come altri, ma di quello che è non porre a profitto le doti naturali o spontanee del suolo, o peggiorare anzi che migliorare nella produzione; o, quello che è peggio, non avvisare a' mezzi di promovere il bene generale, lasciando invece che l'egoismo individuale pregiudichi alla generalità. L'affluenza al mercato e la varietà dei prodotti non s'accrebbero dappertutto in proporzione dei mezzi attivati a promuoverle; la navigazione a vapore alle spiag-gie del Friuli, che potentemente avrebbe agito, mancò per l'importuosità della spiaggia più prossima; la navigazione alle spiaggie dell'Istria non promosse gran fatto nei primi tre anni, dacché i luoghi che hanno contatto frequentissimo col mercato di Trieste, non son tutti toccati dal vapore; la spiaggia che esso frequenta non vi si dedicò come potrebbe; l'interno della provincia non si pose peranco in contatto col mare, sia ribrezzo di lasciare le antiche abitudini, sia scarsezza di mezzi facili e pronti per recarsi alla marina. Il tempo mostrerà quanto possa attendersene negli anni avvenire, se nel frattempo non fosse per aprirsi via d' altra parte, siccome è possibile o verosimile. Le relazioni di mercato non sono le sole che possono unire l'agro producente alla città consumente; dacché essendo questa emporio, è facile che in prossimità trovi quei prodotti che sono di commercio, e che si traggono di lontano: ciò vale precipuamente dell'Istria, la quale per fisica posizione e per qualità di suolo ha la feracità di provincie più meridionali. Ogni commercio pone in movimento i prodotti del suolo, e vale meglio il porre quelli del proprio, dell'austriaco, di quello che dell' altrui, chè quanto al produrre tanta pena v' ha a produrre articolo di mercato che articoli di commercio, quantunque non eguale ne abbia ad essere il profitto; almeno le spese di trasporto sarebbero in gran parte risparmiate. Numerosi articoli potrebbe somministrare la provincia non solo del regno vegetabile, ma di altri ancora, i quali se posti in commercio gioverebbero alla prosperità materiale, e sarebbero mezzo potente a migliorare ancora altre condizioni con vantaggio della provincia producente, e dell' emporio che li porrebbe in commercio ; quella coli' accrescere e col meglio utilizzare le proprie attitudini, questo col trattare un ramo di commercio che potrebbe dirsi proprio, e col diffondere i benefici del traffico a provincie che naturalmente vi sono chiamate. Nel quale commercio non sapremmo dire se la 5 penisola sia progredita; avremmo anzi motivo di credere che gli articoli di commercio da mezzo secolo in qua vadano piuttosto diminuendo e pel numero e per la quantità individuale, e per la qualità, e che la penisola sia retrograda tanto paragonata a ciò che era, quanto a provincia vicina (Dalmazia) che va progredendo. La mancanza o la pressoché nullità di un commercio di propri prodotti mercantili, toglie di necessità ogni altro genere di commercio, dal che ne viene che il porto precipuo di Rovigno figura nell'anno 1843-44 con una cifra di f.ni 450,000 posta in commercio, mentre la sola Chiog-gia nell' estuario veneto comparisce con una cifra di f.ni 2,536,000, siccome apprendiamo dal bel lavoro del diligentissiino nostro Lowenthal, autore di ottima operetta suir Istria. Il genio mercantile non si svilupperà da sè nella provincia, meno per l'indole di quello che per le abitudini del popolo, alle quali è tenacissimo, l'attività di singoli individui o di un luogo, pressoché svanisce in mezzo alla massa, e non è proficua che per gli individui. Non è che il genio mercantile non possa naturalmente nascere nella penisola, sentite che ne siano generalmente la convenienza e la necessità, nè possa svilupparsi per ripetute serie di errori, di pentimenti, di e-sperienze; ma il procedere è lento, e nel subitaneo muoversi delle provincie intorno l'Adriatico è facile a temersi, che l'Istria non giunga tardi, ed in tempo nel quale debba essa cedere il passo alla Dalmazia, la quale simile di terreno, ha migliori condizioni di clima e di attitudini al commercio. V' hanno di quelli i quali ascrivono all' azione diretta operosa del governo pubblico ogni svilupparsi del commercio, e da questo attendono ciò che essi medesimi non prestano; senonchè un'azione tale è contraria all'indole di pubblico reggimento, contraria a quel naturale desiderio e bisogno che ha ogni uomo di muoversi senza impedimenti nelle cose di propria economia, a segno che ogni autorità paterna, tutoria, curatoria cessa al raggiungere di certa età del tutelato; e quei vincoli di tutela che le antiche leggi perpetuavano, sono aborriti, perfino nelle donne, quantunque per naturale bisogno perpetuamente destinate a cercare appoggio. In ogni tempo l'azione del pubblico governo fu desiderala in ciò che possibilmente vengano levati gli impedimenti, le restrizioni non assolutamente richieste dal benessere generale, e ciò fu fatto con misure libéralissime. Imperciocché alle restrizioni del governo veneto che ogni comune trattava come fosse provincia da sè, straniera alle altre, tributaria alla dominante; alle restrizioni del sistema continentale, alle onerose procedure e percezioni del governo italico e del francese, l'austriaco sostituì totale franchigia di movimento, maggiore che non ne abbia 1'emporio triestino, l'estese a tutta la penisola, e lasciò liberissimo il campo alle attività mercantili, tanto più facili quanto che libera è la comunicazione della provincia coli' emporio, pronta per la pace e sicurezza dei mari. Nè gli effetti sono a sconoscersi da per tutto, chè v' hanno comuni i quali, tratto profitto da condizioni sì miti, sì propizie, dieronsi ad attività agricola straordinaria, e n' ebbero compenso in agi migliori, e maggiori commodità del vivere, ravvisabili anche in mezzo all' abitudinario piagnolare, quasi altrove piova la manna anche a quelli che tengono la bocca chiusa, ed altrove non cada gragnuola, non vi sia siccità, nè l'attiva intelligenza s'adoperi a togliere o mitigare i mali effetti. Ma questi effetti sono lenti, incerti perchè passare devono la trafila della propria esperienza da farsi, anziché dell' altrui già fatta. Migliori e più solleciti effetti se ne avrebbero se 1' emporio fosse talmente accomunato colla provincia che nell' emporio fosse rappresentata la possidenza provinciale e vi avesse nella provincia rappresentanza dell' emporio; chè così gli interessi si fonderebbero con comune vantaggio; il commercio meglio conoscendo la possidenza saprebbe trarne tutto quel vantaggio che è possibile; la possidenza meglio conoscendo il commercio, si presterebbe più facilmente alle esigenze di questo, e tolto verrebbe quel mutuo non intendersi, quel supporre cose ben diverse da quello che sono, impedimento continuo ed efficace di affari. Ed altro grandiosissimo vantaggio ne verrebbe, che cioè le condizioni sociali si farebbero comuni, e la città principale darebbe alla provincia ciò che può realizzarsi soltanto in una città; la provincia ciò che soltanto può a-versi da un agro sia alimentario, sia commerciale; l'isolamento vicendevole non vate a promuovere gli interessi che possono essere comuni, nè giova a versare danaro facile ad unirsi ed a muoversi in una città, od a ritrarre prodotti che soltanto la campagna può dare. La possidenza consolida l'emporio e ne fa più stabili i destini; l'emporio e la città consolidano i destini della campagna; ambedue facendoli comuni vanno ad immedesimarsi, seppure non arrivano ad identificarsi. Fino a che la provincia era divisa fra diverse dominazioni, impossibile si era un' amalgamazione; ora che il benefizio dello stesso governo e delle stesse leggi il concedono, facile dovrebbe sembrare l'effetto; pure non si è mostrato dappertutto eguale nè grandemente efficace. E per cominciare dalla ponisola istriana dirassi che la possidenza ed il domicilio di proprietari provinciali nella città sono tali che la possidenza è di pochissimi, il domicilio di meno ancora, del che crediamo causa principa-lissiina non già l'assoluta deficienza di mezzi ad acquistare, sibbene le consuetudini di vita impaziente della monotona eccessiva laboriosità di un emporio. Il quale impedimento non sembra plausibile, dacché la vita cittadinesca non è esclusa da un emporio, può formarsi col-1' affluire di possidenti, nè mancano del tutto questi elementi in Trieste, comunque non generali; nemmeno altrove sono generali, ma piuttosto di classe; l'emporio di Trieste ha poi mostrato come sappia operare per formarsi a città, più assai che altrove, con moltissima alacrità, con non comune intelligenza. Questi elementi di società cittadinesca sarebbero suscettibili di grandissimo sviluppo e darebbero alla città quel rango a cui si trova i naturalmente chiamata, di centrale della spiaggia orientale dell' Adriatico e potrebbero con grande giovamento dif-; fondersi quasi da centro potente alle provincie. Non mancò desiderio in Trieste di avere possi-! denze nelle quali versare quel lucro che dà il traffico, in capitali; ed era questo naturale desiderio perchè le instabili fortune mercantili volentieri si convertono in stabili da quelli che o per stanchezza di attività desiderano requie nell'età progredita; o per eredità di sostanze desiderano porsi in altra condizione che non il com-! mercio. Sarebbe parso naturale che uomini o nati o vissuti al mare del quale non sanno facilmente fare senza, ! nati o vissuti fra colline, avessero prediletto l'Istria e le marine assiduamente solcate da navi; avessero prediletto quella spiaggia sulla quale il movimento marittimo e la possibilità di affari per vie di mare richiamavano le abitudini o della vita o della patria, pure avvenne altrimenti; nessun latifondo è posseduto da' triestini, se la possidenza di antica nobile famiglia s' eccettui, la quale l'ereditò dai suoi maggiori; possidenze minori sono rare assai e queste pure soltanto nelle prossimità di Trieste. Del che crediamo poter accagionare la poca o niuna frequenza della provincia, le abitudini assai diverse del vivere, la mancanza di quelle commodità ed a-giatezze che divengono necessità, la mala fama della sicurezza e della salubrità, la difficoltà delle transizioni nelle quali si cerca più spesso che non convenga subitanee fortune nel venditore, l'infelice esito di più acquisti fatti che tornarono fatali sempre congiunti a litigi ostinatissimi, il reggiine dell'agricoltura non facile ad attivarsi nelle forme modernamente usitate; la sconoscenza delle vendite annunciate soltanto nei distretti, la difficoltà, la mancanza di comunicazione, il deplorarsi continuamente degli indigeni la povertà del suolo, l'inclemenza delle stagioni, per cui le terre stanno in discredito. Vi ha chi accusa la deficienza di libri tavolari per la proprietà fondiaria, l'irregolarità nel tenere i registri delle ipoteche manifestala da quelli stessi che dovrebbero rispondere della regolarità, per cui ne viene discredito certamente non tolto dal dire di quelli che vogliono le notifiche parificate alle tavole, rimedio questo che è testimonianza anzi del male. Ma questo instituto non è certamente da sè solo capace di portare gli effetti che si deplorano, dacché eguali effetti non porta in quelle parti del Friuli ove vigono le notifiche, od in quelle I parti del Lombardo-Veneto ove mancano le tavole, provincie tutte e due nelle quali Triestini sono abbennati, l e fanno transizioni sicure per gli effetti. Le comunicazioni aperte coi vapori non hanno peranco portato effetti, nè li avranno fino a che le comunicazioni di terra non sieno più frequenti, più facili, più pronte, e quando verrà il giorno che gli effetti si mostreranno, si vedrà che vi ha assai terra in Istria da dare altrui senza minorare 1' attuale capacità produttiva come è nei possidenti d' oggidì. La possidenza dei Triestini prese direzione da altra parte, sul Carso, nella Valle del Vipacco, nel Friuli austriaco, nel Friuli veneto, e più lontano ancora; vi hanno latifondi, vi hanno possidenze minori, vi hanno stabilimenti industriali, vi hanno concambi di relazioni sociali, di relazioni famigliari. Nè furono ostacolo all'acquisto di latifondi, la distanza, 1' aere febbrile nelle basse del Friuli, chè erano di gran lunga compensali questi difetti dalla agricoltura generalmente in progresso, dalla facilità dei movimenti per istrade frequenti, ottime, da abbondanza, da commodità, da prontezza dei mezzi di trasporto, dalle abitudini sociali, dai centri cittadineschi frequenti, dagli agi della vita. Dalla quale frequenza di contatti ne viene come nel mercato di Trieste i prodotti friulani vengono in sempre migliore credito e smercio, e per qualità non meno che per abitudine tornino più graditi; ed è per ciò che molti credettero assai conveniente per formare l'agro alimentario di Trieste nel Friuli, 1' attivazione di mezzo sollecitosissimo di comunicazione. Pure siffatti vantaggi non poterono togliere quegli altri che vengono all' Istria dalla facilità della comunicazione marittima, dalla prematurità e spontanea squisitezza dei prodotti, dalla facile produzione di articoli da commercio, vantaggi questi che è possibilità di estendere e moltiplicare. Per togliere alla provincia del Friuli ed a Trieste quell'ostacolo potentissimo che viene dalle distanze di terra e dalla importuosità della costa, si è fatta recente esplorazione delle acque marine del Friuli, e, grazie alle diligenze usate dall'ingegnere circolare sig. Ducati, si ò potuto verificare che 1' antico porto di Aquileia, scavalo ad arte or sono dieciotto secoli per l'uso di quell'emporio, era ancora accessibile a navigli maggiori, che dell' antico canale attraverso la laguna, già solcato dai navigli dell'antica Aquileia, poteva ancora trarsi profìtto; le opere degli antichi che seppero resistere al muoversi dei secoli, appalesano ancora la dottrina che le diresse, ancora oggidì tornano di vantaggio non per la scienza soltanto, ma per 1' utile che se ne può trarre. Non vorremmo prevenire i fatti con giudizi inconsiderati, ma se il canale ed il porto sono per la profondità comodamente accessibili senza opere maggiori di ristauro, pensiamo che quel porto giustificherà il pensamento de' dotti del secolo passato che credevano possibile e facile la restituzione della navigazione su quella spiaggia per la sicurezza del porto esperita da secoli. La comparsa di un vapore sotto le sterrate mura dell'antica colonia destò il giubilo e le speranze di quei possidenti, ai quali il sollecito contatto coli' emporio triestino è sentito per grandissimo beneficio; è mezzo desiderato per giungere dall' emporio con sollecitudine alle possidenze triestine, per estendere da questo lato la possidenza ed i benefici che ne provengono. E se la navigazione periodica potesse avviarsi, essa gioverebbe ad estendere per le pianure del Friuli l'agro alimentario di Trieste, al quale certamente sarebbe propizio. Gli avvenimenti futuri mostreranno quale delle due provincie chiamate a formare l'agro alimentario di Trieste avrà prevalenza; se le doti naturali preponderanti dell'Istria cederanno il passo alle condizioni progredite del Friuli. » SUIil/ ISTRIA. Frammenti cronici della dominazione dei Patriarchi. (Estratti datf opera di Prospero Petronio, comunicati dal nob. sig. Marchese Francesco de PolesiniJ 1207. Neil' Istria erano insorte difficoltà considerabili: Pretendeva la Repubblica Veneta, con giusta ragione di Stato, essere padrona del mare Adriatico, ed in conseguenza di esigere il tributo di molti popoli, perchè confinando le regioni de' loro paesi con lo stesso mare, aveano dal medesimo benefizi inestimabili. L'Istria particolarmente era quella fra le altre provincie, che per mercanzie, pescagioni e sale godeva dell'Adriatico utili immensi, nè ricusavano gli Istriani di riconoscere i Veneti per legittimi signori di esso mare, e perciò di corrispondere volontariamente 1' addimandato tributo. Ma al Patriarca Volchero parve che molto pregiudicasse alla ragione della sua chiesa quell'aggravio, pretendendo che gl'istriani non dovessero riconoscere altri superiori, che l'autorità patriarcale, investita di questo marchesato; e per effettuar egli i suoi pensieri, spedì nell'Istria il conte di Gorizia con molta gente. Ma ritrovando questi sudditi fermi nel loro proponimento, senz' altro operare, chiamò Volchero le sue truppe, e deliberò civilmente maneggiare questo interesse, ancorché per sé stesso fosse deciso, non ricusando gl'Istriani pagare anco alla chiesa di Aquileja le ordinarie contribuzioni. Quindi esso patriarca destinò suo ambasciatore il vescovo di Concordia al sommo pontefice, ed Engelberto, uno dei conti di Gorizia, all'iinperadore, e nello stesso tempo con troppo rigoroso termine pubblicò scomunicati anch' essi Istriani. "Nova itaque mari Adriatico navigantibus tunc „primuin vectigalia, et ut certiore dicam vocabulo fraena „imposuit. Lex enim tunc semper inde lata in hanc diem ^servata, ut intra Ostium Fanatici ad Polam, Promontorium, „et Ravennatiam plagam, navigantes ad vectigal solven-„dum, mercesque et onera, si Magistratibus collibuis-„set deponendum Venetias se conferrent.-Blondus„. 1208. Capitò il suddetto Volchero in Germania avanti il re Ottone, e mosse lite al duca di Baviera, perchè gli rilasciasse parte del marchesato dell' Istria, che egli teneva occupato, e fu esaudito. "Valterus, seu „Valcherus, Patriarcha Aquilejae a capitulo etc. cui Otlio „111, et Fredericus II Superiorum Imperatorum privilegia, „teste Candido confirmarunt, pulsoque ab Istria Lodovico Bavario Duce in Marchesalum, a Frederico II resti-„tutus.— Ughelli„. Eletto da principi della Germania Ottone IV di questo nome, non tantosto questi fu assunto all' impero, che investì parimente il detto patriarca delle provincie della Carintia e dell'Istria, con tutti gli utili e ragioni imperiali già per avanti esercitati. Regolò perciò esso Volchero, in virtù di tali investiture, anco il governo di questi stati. Neil' Istria particolarmente stabilì che fosse retta, come prima, da un sopraintendente per 10 patriarca nominato con titolo di marchese, la qual carica venia esercitata da ciascuno per lo spazio di due anni, nò a questa potea esser promosso alcuno che non fosse per nascita (come scrive 1' abb. Palladio) o del Friuli, o dell'Istria, della quale ritroviamo essere stato un Alcaudii, ed un tal Pietro di Pola. Era in que' tempi 11 palazzo patriarcale nella città di Giustinopoli; ma pervenuta essa città sotto il dominio veneto, fu trasportata la corte in Pietra Pelosa, indi in Albona. 1210. Fu destinato dal patriarca al Governo dell' Istria coll'ordinario titolo di marchese, Hermano di Arcano; ma pretendendo li Giustinopolitani che il marchese fosse eletto dal corpo della nazione Istriana, si risentirono in modo, che non vollero permettere ch'entrasse nella città. Per sedare il tumulto dichiarò allora il patriarca, che infatti non potesse alcuno godere della dignità di marchese, se non traeva 1' origine dal Friuli, o Istria. Raddolciti così gli animi, giurarono avanti al loro rettore, com'erano pronti di fedelmente riceverlo, ed assistergli. 1217. I Veneti in questo tempo scorrendo l'Adria- tico, danneggiarono i confini dell'Istria, e Marano in Friuli, nè sapendo il patriarca Volchero, come resistere alle forze loro, risolse di corfederarsi, essendo allora principe Pietro Ziani, e si obbligò ogni anno prestargli un tributo oltre toro e porci, XII pani di uno staio di formento 1' uno. "Cum Petro Ziani Venetorum Duce Fo-„roiulienses infestarent foedus sanxit ut quotannis ex „penu Aquileiensi panes XII Sextarii singuli, pariter „porcos Duci Veneto persolvantur„. 1216. In Capodistria conchiuse accomodamento di pace fra li Trevigiani ed Istriani, i quali ultimi alla scoperta si erano per lo passato aderiti al patriarca contro i Trevigiani. E perciò n' erano seguite rappresaglie ed ingiurie scambievoli, con patto che le cose tolte in tempo della guerra fossero restituite. (Giov. Bonifacio Istr. Tre-vig.; Nicolò Manzioli, Descriz. dell'Istria.) Poco avanti fu parimenti conchiusa in Capodistria la pace con i Tragurini. 1218. I popoli dell'Istria ricorrendo al doge di Venezia, lo chiamarono (come nota il Sansovino) illu-strissimo-illustre, essendo stato per lo innanzi così intitolato il suddetto Pietro Miani da Federico II imperadore. 1231. Si portò il patriarca Bertoldo (fu questi figliuolo del duca di Merania - Moravia) verso l'Istria accompagnato da nobile squadra di feudatari, dov' erano suscitate alcune gravi differenze tra la città di Giustino-poli, e la terra di Pirano. Al suo arrivo non volle egli tenere la norma del rigore, stimò che la piacevolezza fosse il lenitivo proprio per riconciliare gli animi esacerbati. Ebbe anco fortuna di conseguire con tal mezzo l'intento; fu rimessa in lui la direzione di quegli affari, ed egli invigilando all' universal quiete, gli rese non solo aggiustati nei loro litigi, ma placò gli animi ancora. 1237. Dopo molte discordie e contese viene conchiusa la pace tra i Giustinopolitani ed il patriarca Bertoldo , la quale fu anco confermata dall' imperadore Federico. 1238. Con tale occasione, oltre molti privilegi che concesse alla città, concesse parimenti il suddetto patriarca facoltà per sempre alli Giustinopolitani di poter eleggersi il rettore, purché fosse nativo o del Friuli, o dell'Istria, ed in grazia di esso patriarca. Pretendeano in questo tempo i feudatari delle provincie del Friuli, o dell' Istria, che i feudi concessi fossero colla suprema autorità, perchè nelle investiture soleasi porre la clausola di concedere essi feudi in ogni ragione : così in-tendeano escludere la sede Aquileiese, onde convenne a Bertoldo portarsi avanti l'imperadore Federico, da cui ebbe determinazione favorevole contro quell' abuso ; ma ritornalo alla sua residenza, ricevè lettera dal pontefice Gregorio IX, colla quale veniva ammonito a non voler tenere corrispondenza con Federico imperadore, nemico della chiesa e scomunicato. 1239. Per allora non si portò il patriarca a Roma, sebbene eccitato colla premessa lettera; ma continuando il governo del suo patriarcato, sedò colla sopraccennata imperiale deliberazione quei tumulti, che fra i suoi vassalli originati erano. Frenò particolarmente quelli dell'Istria, mentre la città di Giustinopoli ricusandogli la debita obbedienza, procurava sottrarsi di soddisfare gli | ordinari tributi. Fu necessitato in tale occasione portarsi I sotto, ed usare la forza, che respinta niente valse. Do- po molte discordie e contese fu concliiusa finalmente la pace tra esso ed i Giustinopolitani, la quale fu anco confermata dall' imperadore Federico. 1251. Morto Bertoldo, fu fatto Gregorio da Mon-telungo patriarca Aquileiese LXX1I, che passò in diligenza nell'Istria, ove erano i Giustinopolitani sollevati, e gli abitanti di Pola ricusavano di obbedire al capitolo di Aquileia. (Abb. Pallad.) Sedò tuttavia ogni mossa e ristaurò le mura di quella città rinforzandole con una grossa torre. Assentì all' elezione in rettore di Giu-stinopoli di Varnerio di Gilaco, originario di essa città, e fecegli privilegi, che potesse mandare al governo di Pinguente, Portole, Buje, Due Castelli, de' suoi cittadini, con titolo di podestà. Creò pure nello stesso tempo Giannetto di Gilasto nob. Giustinopolitano podestà di Pirano. "Gregorius Patriarcha Aquileiensis Ju-„stinopolitanam Urbem obsidens, illorum suggestione a „ Cornile Goritiae capitur, et in ejus castrum recluditur, squem interveniente tractatu Leonardi Dandulo et Marini „Guidon nuntiorum Ducis, et aliorum principum , idem „Comes denique liberavit„.-Dandolus, de Gregorii captivitate. 1254. Ritornato Gregorio in Istria, concesse in feudo a Vertio di Giustinopoli, suo agente in questa città, alcuni beni posti sul territorio, come pure ad altri patrizi vari feudi nell'Istria, e levò a Yarnerio de Gilaco la podesteria di Pirano , com' eletto contro la forma de' statuti. Ma instando con suppliche gli ambasciatori de' Piranesi, che 1'aveano eletto, lo creò (più che confermò) di autorità propria, sulle molte istanze che gli fecero. 1256. Concesse a quei di Muggia, di Parenzo, e di San Lorenzo (Pallad.) autorità di eleggersi i loro Podestà per un anno, ed a quei di Capodistria, anche di nazione veneta, che prima gli era vietato. 1258. Costrinse Vinterio da Pisino a cedergli la i villa di San Vito, ed altri luoghi avuti dagli antecedenti patriarchi, ed a demolire il castello di Sottoneco, molto pregiudiziale al pubblico. Aggiustò i dispareri tra li cittadini e popolo di Pirano, e tra Parenzo e Montona. 1259. Cessata 1' occasione d'impiegare la milizia , destinò esso patriarca una parte di quella dell'Istria contro il re d' Ungheria in soccorso del re di Boemia feudatario e difensore del patriarcato, e ritornò alla patria glorioso per il felice esito di quella impresa. 1262. I Veneti travagliavano in guerra contro i Genovesi. Assoldarono però gente a più potere. Fra gli ! altri che andavano al servizio della Repubblica furono quei di Muggia, soggetti al detto patriarca, onde si dolse in estremo di tali avvisi contro essa terra, e voleva coli' armi provvedere a simili inconvenienti; ma dal parlamento del Friuli fu saggiamente provvisto, che senza strepito militare si componesse la differenza. 1265. Teneva in questo tempo la sede di Aquileia alcune differenze con i conti di Gorizia. Per cagione delle medesime la città di Giustinopoli a quelle aderendo si era sottratta dalla dovuta obbedienza; e perciò Gregorio con altro numero di gente si portò sotto, e la ridusse alla primiera devozione. Di là a poco chiamò alcune truppe di milizia, che si ritrovavano nell'Istria per difesa dei confini, e le spinse a depredare il territorio di Gorizia; ma avvenne eh' egli fu la prima preda che cadde nelle reti de' nemici. 1275. Rimasero terminate nella riduzione fatta in Cividale alcune differenze con que' di Giustinopoli. Aveano i Veneti in questi tempi allargati i confini del loro dominio nell'Istria, e dolendosi perciò il patriarca Raimondo che fosse pregiudicato alle ragioni che la sua sede avea sopra il marchesato dell'Istria, coli'animo tutto applicato all'importanza dell'affare, inviò gente, e pretese che le città dell' Istria nnovassero il giuramento di fedeltà. "Raimundus Turrianus Mediolanensis etc. hic „a Venetis nonnulla Istriae oppida occupantibus grave „bellum indixit, quod per annos duodecim gessit, qui cum „Andream Basilium cum Classe ad expugnandam Juslinopo-„lim misissent, in qua validum praesidium Antislesposuerat, reaque ratione ut frustra oppugnaretur, missoque demum „Marco Cornelio cum maiori classe, et Marino Mauroceno „cum copiis a Continente urbem vi caepissent. Baimundus „viribus non animo fractus ad Rodulphum Imperatorem de „bello consulturus, accessit, a quo adiutus multas „ipsis Clades redactis in potestatem oppidis, insulis, „Tergestinosque fugatis obsidentibus pluribus caesis obsi-„dione liberavit.-Ughelli„. 1278. Unì questo patriarca (cacciati che furono da Milano li Torriani con i suoi aderenti) buon numero di Foroiulesi, Istriani e Trevisani, al numero di 2000 cavalli e 4000 fanti, e li spinse verso Milano, la qual milizia rimase tutta sconfitta e rotta dai Milanesi. 1273. Fu occupata l'Istria da Otlocaro, ovvero 0-doacro re di Roemia, ma Rodolfo imperadore lo costrinse a lasciare i luoghi che nell' Istria avea occupati di ragione della chiesa di Aquileia. — In questi tempi dogando Giacomo Contarini, la città di Giustinopoli, vinta non da forza, ma invitata dalla pietà e giustizia della Repubblica Veneta, spedì a Venezia alcuni suoi ambascia-dori colle chiavi seco della città, le presentarono a' piedi del principe e l'accompagnarono a nome del comune con tutto l'ossequio di fedel soggezione; per la quale secoli interi di imperturbata felicità meritò sotto sì benigni auspici di lietamente godere. Rallegratosi all'incontro il senato della sua spontanea dedizione, volle registrare a perpetua memoria nelle tele delle regie sale 1' acquisto fatto di tanta città col seguente esametro, esposto a' piedi del suddetto serenissimo, e trascritto dal Sansovino: "Fit Justinopolis Venetorum subdita fraenis,,. A riguardo della quale si vede parimenti ancora (come dimostra il suddetto autore nel lib. Vili delle fabbriche pubbliche di Venezia') in una delle otto nicchie, o mandole, che sono sparse per tutto il compimento del soffitto del salone dell' anti-collegio, Capodistria, città, con altre sette principali dello stato della repubblica, in figura di una donzella rappresentante tutta l'Istria, che tiene la corona reale in mano, per non ritrovarsi più in potestà di altre teste coronate. Alcuni autori vogliono che la dedizione di questa città seguisse sotto il doge Pietro Polani, ond'ebbe a dire l'abb. Ughelli de Venetis Palriarchis: "Deditionem „terrae firmae in Italia sic consecuti sunt, Justinopolim „Istriae metropolim Petrus Polanus Ducum XXXV patrio „lmpero adiecit circa annos 1140,. Osservazioni meteorologiche fatte in Parenzo all'altezza di i 5 piedi austriaci sopra il livello del mare. Mese di Grillano 184 3. Giorno dell' osservazione Ora dell' osser- Termometro R Barometro Anemoscopio Stato del Cielo <• o ® S = s 00 S © © s Ora ! dell' osser-j Termometro R Barometro Anemoscopio Stato del Cielo vazione Gr„.jDr: j cimi Pol-I liei 1 Linee Decimi S== S "S vazione j Ora. j Decimi Pollici Linee Decimi 1 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +15 fi 7 +14 3 3 8 28 28 28 0 0 0 8 8 6 Levante Maestro Levante Sereno detto Nuvoloso 16 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +17 + 18 +16 0 ; 3 0 27 27 27 11 11 11 0 0 0 Levante Ostro Levante i Semisereno detto detto 2 7 a. ni. 2 p. in. 10 „ + 14 + 17 +13 5 3 4 28 28 28 1 0 0 0 5 5 G. Levante Ponente Levante Sole e Nuvolo detto Semisereno 17 7 a. m. 1+15 2 p. m. 11+16 10 „ ll+U 2 6 2 27 27 27 11 1 11 H 1 0 0 3 Levante Scirocco G. Levante Poche gocce Sole e Nuvolo Sereno 3 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +141 +15 +13| 3 8 8 28 28 28 0 0 0 8 6 8 Levante M. Tramont. Levante Sereno Sole e Nuvolo Sereno 18 7 a. in. 2 p. m. 10 „ + 151 + 18| +16' 8 2 2 27 27 27 10 | 10 10 1 6 6 4 Calma 0. Garbin Levante Sereno detto Nuvoloso 4 7 a. m. 2 p. in. 10 „ +12 + 18 +13 8 0 2 28 28 28 0 0 0 6 1 2 Levante P. Garbin Levante Nuvoloso Sole e Nuvolo Semisereno 19 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + 17 +16 + 15 0 8 0 27 I 27 27 i 10 9 9 2 8 2 Scirocco detto Levante Nuvolo Poche gocce Pioggia 5 7 a. ni. 2 p. m. 10 „ +14 + 18 + 13 8 0 8 28 28 27 0 0 11 2 2 0 Levante Maestro Levante Sereno detto Semisereno 20 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +14 + 17 + 15 5 5 2 27 27 27 9 10 10 2 0 0 Levante Ostro Levante Pioggia Sereno detto 6 7 a. m. 2 p. m. 10 „ + 15 + 18 +16 2 2 3 27 27 27 10 j 10 10 4 0 0 Levante Scirocco Levante Semisereno detto detto 21 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 1+16 + 16 + 15 5 ' 7 0 27 27 27 10 10 11 8 9 0 Levante 0. Garbin Levante Nuvolo Pioggia Nuvoloso 7 7 a. m. 2 p. ni. 10 „ +16 + 18 + 12 4 4 o 27 27 27 9 9 10 6 6 0 L. Scirocco 0. Garbin Tramontana Poche gocce Nuvolo Pioggia 22 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +151 8 + 18 0 +16j 0 27 27 27 11 11 11 0 0 0 Levante Ostro Levante Sereno [ detto | detto 8 7 a. m. 2 p. in. 10 „ + 13 +15 + 14 8 7 2 27 27 27 10 10 10 8 8 8 M. Tramont. Maestro Levante Sole e Nuvolo detto Nuvoloso 23 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +16 + 18 +16 5 8 4 27 27 27 9 9 9 8 8 8 Levante Ostro Levante Sereno detto Nuvoloso -9 7 a. ni. 2 p. ni. 10 „ +13 + 15 +13 3 5 5 27 27 27 9 9 9 5 1 1 Scirocco detto Levante Poche gocce Pioggia detta 24 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +16 + 18 + 14 3 8 8 27 27 27 9 9 9 8 8 8 L. Scirocco Ostro Levante Nuvoloso Sole e Nuvolo Nuvoloso 10 7 a. m. 2 p. m. 10 „ 1+12 + 15 1+13 8 0 0 27 27 27 8 7 7 0 5 8 Levante Greco Calma Pioggia j Nuvoloso j detto 25 7 a. m. 2 p. m. 10 „ [+17 + 18 1+15 0 8 4 27 27 27 11 H H 0 2 2 Levante Calma Levante Sole e Nuvolo Sereno detto 11 7 a. m. 2 p. m. 10 „ +13 +14 + 13 0 : 1 27 27 27 8 8 8 0 0 0 G. Levante Greco G. 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Scirocco Levante Sereno i Semisereno detto 30 7 a. m. 2 p. m. 10 „ |+16| 4 [+18 3 + 17| 0 || 27 27 | 27 11 11 11 2 2 2 Calma Maestro Levante Il Nuvoloso detto | detto Gio. Andrea Zuliani. Avviso di vendita volontaria. Veniamo ad apprendere dal foglio d'annunzi del-l'Osservatore triestino che nei dì 6 e 7 agosto p. v. verranno esposti in vendita nel castello signorile di Mahrenfels ossia Lupoglau, nell'Istria, 520 capi circa di pecore della razza Merino* verso pronta consegna e pagamento in lotti anche minori. Sono queste della razza che il nobile proprietario della signoria seppe con grande diligenza e dispendio trasportare nella provincia a miglioria di un prodotto animale che è dei più trattati nella penisola.