ANNO XIX. Capodistria, 16 Febbraio 1885. N. 4 DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSIH'IAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua- driin..stre in proporzione. — Gli abbonamenti ai ricevono presso ih ut'oiuioue. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soidi 15. — Pagamenti anticipati. Ci scrivono : CONCORDIA ? Le invocazioni alla concordia sono oggi un grido di tutti i momenti, e non si lascia occasione, sia che si scriva sui giornali, sugli almanacchi o si parli in ogni convegno pubblico e privato ; tanto che è perfino sorto il dubbio se mai sia stato attenuto o per avventura non si arriverà mai ad ottenere questo supremo bene di ogni famiglia, di ogni paese, che è 1' unione delle forze. Noi non siamo pessimisti ; non sentiamo il bisogno, certo creato dal più puro patriottismo di certuni, di addolorarci per ogni diversità di opinioni tra patriotti, nella tema che possa dare origine a divisioni di partiti ; non sentiamo la necessità di invocazioni fino a perdere la voce, di appelli che finiscono in crescendi rossiniani fuori di moda ; ogni qualvolta si tratta di metterci d' accordo per qualche pubblico affare siano concordi; 10 siamo nelle nostre città, lo siamo quando si tratta di i più larghi interessi provinciali. Ritorniamo sul vecchio ! tèma soltanto per rilevare un pericolo nuovo, che j viene da questa febbre di concordia, ci si permetta | di dirlo così, da questa febbre, che agita alcuni dei ' nostri patriotti e che potrebbe recare qualche danno. Fu già troppo svolto, come abbiamo detto, 11 tèma della concordia, perchè ci torniamo sopra ; ma troviamo ancora necessario ripetere : che concordia non vuol dire pecoresca sommissione ; e che ' vera concordia non è possibile tra persone, le quali abbiano di mira il loro proprio interesse, sia pure a danno del paese. Dunque in nome della concordia non seguiremo le opinioni di chi più grida, anche se le riconosciamo erronee, pur di non destare screzii ; in nome della concordia non transigeremo mai coi principi dell' onesto. Ma quando dagli accennati declamatori la s'invoca-questa concordia? Quando c'è per loro il tornaconto di unirsi ai galantuomini dai quali si sentono allontanati ; tacciono invece o soffiano nel fuoco quando tra galantuomini, come in questo mondo suole avvenire, minaccia quella divisione, della quale i disonesti possono approfittare. Occorre rilevare pubblicamente quest' azione, che potrebbe diventare perniciosa ; perchè, scoperti, i declamatori si sentano meno arditi ; e per mettere in avvertenza gl' ingènui ' a guardarsi bene dal cantare in coro, con tutti, gli evviva alla concordia. (A. R.) CORRISPONDENZE Venezia, 5 febbraio 1885. Abituato a seguire attentissimamente sulle pagine della Provincia ogni indizio che guidi a sempre meglio riconoscere il passato dell' Istria, passato che certo non fu inglorioso sotto qualsivoglia aspetto lo si consideri, lessi con grande piacere nel suo ultimo numero la corrispondenza da Pirano, nella quale, in appoggio alla opinione attendibilissima dell' egregio P. T. che a Capodistria esistesse nel secolo XV e più tardi una buona scuola d'artisti (V. Provincia 16 dicembre 1884), si cita un dipinto tuttora esistente nella parrocchia d'Isola, di un Zorzi Ventura Zaratino che pingeva nel 1603, il quale in altra tela esistente nnlla parrocchiale di Fasana si segnò addirittura da Capodistria. Impossibilitato io a prender parte alla proposta escursione per le nostre chiese istriane, e-scursioue che mi pare desiderabile non solo ma quasi urgente, e desideroso non pertanto di portare anch' io un qualche contributo al bene ideato studio storico-artistico provinciale, mi fo sollecito di richiamare 1' attenzione degli egregi P. T. e G Dr. B. sulla — Descrittone dell' entrata di Agostino Valier . . . Visitator Apostolico . . . fatta in Capodistria l'anno 1580 . . . stampata nella "Provincia, del 1. Aprile 1883. — Da questa evidentemente risulta che a quell' epoca c' erano in Ca podisti- ia e architetti, e modellatoti e iuta- i gliatori e scultori e pittori. Infatti se non ci fossero stati in paese uomini veramente d' arte, non si sarebbero no costruiti gli Archi et Fortoni di proportionata architettura, o in maniera loschana, ; di altezza dì vintisei piedi, con doppie colonne a destra e a sinistra, d air una et dall' altra parte, con architravi e frisi e piramidi e lunghi colonnati, con stemmi ed emblemi dipinti e a rilevo ; nè si sarebbero improvvisati quadri appropriati ; alla circostanza, rappresentanti la Prudenza, la Religione, la Giustizia, la Philosophia, e David Propheta e i! n li atto al naturale del Visitatore Apo j stolico e, corona degli altri, un quadro di composizione i che 1' autore Giovanni Zarotto dice Cellissimo e descrive così : "Nel mezo stava S. Marco, che con „il piede sinistro calcava il Leone, et con la de-„stra mano raccomandava la città a S. S. 111.ma „accennando a S. Nazario nostro Gonfalone et proiettore a far il medesimo del Pastorale da lui „tenuto. Da questi poco discosto era Iustino Im-„peratore, dal cui nome la città nostra trasse l'atletica origine. Eravi anchora Marco Valerio Cor-„vino Preauttore dell' 111.ma famiglia Valiera. „Incontro a questi era, pontificalmente vestita, S. „S. Ili.ma accompagnata da Vescovi con questa „Iuscrittione etc. Nelle brevi parole premesse alla detta De-scrittione dell' entrata etc. fu già richiamata l'attenzione dei lettori e sui Quadri, e sul Mottetto cantato in organo da musicali stromenti, (prova che allora in Capodistria si coltivava la musica vocale ed istromentale), e sui Motti latini (stam- pati veramente con errori non pochi, ma facili a correggersi), e sugli otto Dottori che sostenevano il baldacchino, e sulla esistenza della famosa iscrizione di S. Giovanni di Salvore. Quest'ultimo ricordo mi riconduce col pensiero nelle acque di Pirano e mi fa nascere il desiderio di stringere la mano all' autore della Corrispondenza cui, senza avere il bene di conoscerlo, prego e sollecito ad organizzare la bene ideata escursione, o ad impegnare colleghi ed amici in ciascuna città, in ciascun paesello dell' Istria a portarvi diligente disamina. La Provincia si presterà secondo il solito ben volentieri a rendere pubblici i risultati della ricerca e da ciò il paese intiero acquisterà sempre più coscienza di sè e i lontani che l'amano prenderanno occasione di sempre più raccomandarlo allo studio degli artisti e dei dotti. T. L. RISPOSTA Alla domanda inserita nel Num. 3 dalla Provincia, e relativa alla — guerra fra Treviso e Capodistria, — come so e posso rispondo. Di questa guerra e della conseguente pace parlarono tutti i nostri storici. Vedi — Saggio di annali istriani di Don Angelo Marsich (Capodistria Priora 1881). 1216 — 24 Agosto. La città di Capodistria fa la pace col comune di Treviso; il podestà di Capodistria ser Ambrogio ed i rispettivi consoli, Giannetto di Adalgerio de Giovanni e Ambrogio Belgramoni giurano 1' osservanza dei patti. Molte famiglie trevisane passano in Istria. (Verci Storia della Marca Trevisana. Tom. 1 pag. 55 e seguenti ; e Kandier. Indicazioni pag. 27). Se non che ii Tarvisinus soggiunge : Nulla abbiamo che ci parli delle cause e dei casi di questa guerra; e fa quindi due supposizioni: o il comune di Capodistria si trovò implicato nelle contese per una certa dipendenza dal patriarca di Aquileia od agì per conto proprio, mosso da quella velleità di conquista onde erano allora animati i Comuni vendicati in libertà. Questa seconda supposizione parmi si debba escludere. Il comune giustinopolitano avea altri so-praccapi in provincia, e non è presumibile andasse a cercarne di così lontani ; lo stesso dicasi di Treviso. Rimane adunque la prima ipotesi. Capodistria vi fu da altri trascinata. E qui i nostri storici sono di parere contrario. Il Carli crede rimorchiata Capodistria da Venezia; il Kandier invece dal Patriarca. Suppone il primo che Capodistria fosse alleata di Venezia nella guerra che questa sostenne contro Padova e Treviso chiusa colla pace 21 A-prile dello stesso anno 1216, procurata dal patriarca Volchero per incarico avuto da Papa Onorio III, (Carli. Antichità Italiche V. 4 Libro III). Così leggasi neir Istria — Note Storiche del De Franceschi — pag. 116. Il Kandier, illustrando il relativo diploma, ritiene invece che, anziché dei Veneziani, Capodistria fosse alleata del Patriarca in quell' anno in guerra con Treviso. Questa seconda supposizione credo conforme al vero, e per le seguenti ragioni. Escludo prima di tutto che i Trevisani potessero combattere e pirateggiare quei di Capodistria con navi discendenti dal Piave, dalla Livenza ecc. ecc. ... Ci vogliono ben altro che zattere, barconi e trabaccoli per avventurarsi a battaglie in pieno golfo; rimane adunque la via di terra. Qui e' è proprio lo zampino del Patriarca Volchero. È noto come questi avesse ottenuto pochi anni innanzi (1214) il marchesato dell'Istria da Federico II. L'Istria adunque, dice bene il Tarvisinus, si trovava in certa dipendenza da lui ; già avea il Patriarca esercitato vari atti di potere ; ma l'autorità sua era sempre debole e contrastata. L'Istria era sempre agitata da diversi partiti ; il libero comune, 1' autorità baronale, il protettorato di Venezia. Se poi interroghiamo la storia, vedremo in questo e nel successivo secolo prevalente a Capodistria il partito Patriarchino, come ne fanno fede le frequenti rivoluzioni e specialmente il memorabile assedio dei 1348. Dunque lasciando sussistere tutte le apparenze della libertà, il Patriarca d'Aquileia, desideroso di estendere il suo dominio nella Marca Trevisana, invitò i Capodistriani a seguirlo in questa impresa, avendone così buon giuoco per uniformarsi alla troppo famosa politica divide et impera. Così egli affermava indirettamente la sua autorità nel Marchesato, e trascinava due liberi comuni a combattersi per approfittare poi delle fraterne discordie. In questa opinione mi conferma il fatto di vedere assistere alla pace celebrata in Treviso — Corrado vescovo di Trieste. (Vedi Marsich. Saggio di annali istriani pag. 22). Se si fosse trattato di una lotta tra Venezia alleata di Capodistria e Treviso, il Vescovo di Trieste, città nemica acerrima di San Marco, non ci avrebbe avuto che fare. Tutto adunque induce a conchiudere che Ca- podistria fu trascinata in questa lotta dal Patriarca Volchero, il quale ebbe la fina politica di mascherare i suoi fluì, e di dare alla lotta il carattere di una velleità di conquista, di due liberi comuni, mentre realmente egli non faceva che estendere di qua e di là il suo potere. Questo per ora; ma è argomento che vuol essere studiato di proposito. P. T. 2ST" o t ì z i e La società politica Unione di Gorizia terrà il 18 corr. una seduta per trattare della formuzioae di una lista di candidati riferentesi alle elezioni della Camera di commercio, e per deliberare intorno al modo di rammemorare il X anniversario di quell'insigne patriotta istriano che fu 1'avvocato Giovanili Kismondo di Rovigno; nonché per trattare sulle prossime elezioni. Venne eletto a podestà di Parenzo 1' egregio signor Francesco Sbisà fu Sebastiano, deputato sin dal 1867 por il collegio dei Comuni foresi di Parenzo, Umago e Cittanova alla Dieta provinciale. La sua città natale fece un' ottima scelta perchè è uomo colto, di carattere integerrimo e sperto amministratore. È aperto in Parenzo dalla stazione euopomologica sperimentale un concorso a quindici stipendi da fiorini trenta 1' uno per un còrso agronomico primaverile. I concorrenti devono dichiarare di essere di condizione agricola e possidenti di fondi, e devono trovarsi in circostanze economiche, che giustifichino il bisoguo del sussidio di fiorini trenta. Leggiamo nell' Indipendente 3 corr. : „Oggi ci preme di annunciare che si è fatto un nuovo passo verso Io scioglimento della questione, unione delle tre provincie, e proprio nei termini in cui noi l'avevamo impegnata. La Società dei nostri Alpinisti ha concluso la fusione dei fratelli istriani nel gruppo unico che avrà sede a Trieste. Così, Gorizia e l'Istria per virtù di questo nuovo accordo, si troveranno strette in rapporti più intimi e più cordiali con noi ; e 1' Alpi, che corrono senza distinzione alcuna per i tre paesi, avranno una sola famiglia di alpinisti, che sulle vette delle Giulie compirà quel programma unitario che abbiamo voluto diventasse sicurtà e speranza per le preponderanti popolazioni italiane del litorale. Le nostre aspirazioni, che non andavano tanto oltre da voler prevenire avvenimenti straordinari e complicatissimi, ma si accontentavano di raggiungere piccoli e modesti risultati, vanno adunque realizzandosi. La fusione degli elementi migliori delle tre Provincie, l'aiuto reciproco delle forze dei tre paesi coopereranno a far sì che di fronte al movimento sloveno noi attiveremo un'azione tranquilla, ma gagliarda, affermante la nostra nazionalità, il diritto della storia del nostro incivilimento contro ie insane e turbolenti ed artificiali manifestazioni dei preti e dei maestri assoldati alla propaganda croata. Conviene però che l'attività ili queste sezioni alpine corrisponda agli intenti che le hanno riunite e legate j nell' unico fascio. Aiutarsi, muoversi ed espandersi è la ! vita. E di questa vita abbiamo bisogno, inquantochè è tempo d'insorgere contro 1' apatia avviliente che predomina, coutro il falso patriotismo che chiacchiera ed inganna la patria. 11 primo passo si è fatto; ora senza inutili pettegolezzi provvediamo ad avanzare su questa via, dove possiamo favorire 1' uuioue sotto lo stendardo dei liberi convincimenti di tutto quanto sa d'italiano, dal nostro mare alle Alpi, dall'Istria e da Gorizia a Trieste nostra." Noi speriamo, che la uostra Alpina nel suo prossimo generale congresso — che dovrebbe essere tenuto a Pisino alla vigilia o l'indomani della prossima generale adunanza della Società politica istriana — sanzionerà, riconoscente, una fusione, che corrisponda ai desideri ed alle aspirazioni della provincia. A proposito della questione agraria, e delle maggiori facilità procurate al credito foìidiario nel ßegno i d'Italia, così chiude la Perseveranza un suo articolo : Facciamo voti che buone leggi, e buoni atti più importanti delle leggi, sempre più aiutino a diffondere il credito fondiario ed agrario ad interessi più miti. ; Convertire i vecchi debiti a tassi troppo alti in minori, j contrarile di nuovi a comodi patti, sarà in vantaggio ; j e a costo di parere retrivi, noi diamo anche maggiore | importanza all' avviamento dei vecchi debiti che alla j agevolezza di contraine di nuovi. Credito più agevole vuol dire anche debito più agevole; e come il Bonfadini j notava nelle sue lettere che abbiamo pubblicate, le faci- : lità del credito pesano sugli agricoltori valtellinesi. Però è anche vero che, se invece della malattia che gli affiìg- j ge, ci fosse stata la salute e la prosperità, il credito j avrebbe giovato assai. E anche oggi, chi può non rico- j noscere quanti guai temperi, e quante situazioni difficili ! non contribuisca a lenire ? j Erra in materia di credito fondiario ed agrario, chi j ne riduce a minimi termini la funzione, come chi la esa- j gera in guisa che col solo ordinamento del credito si possa provvedere ai mali dell' agricoltore. I mali dell' agricoltura dipendono da tre ordini di cagioni ; quelli delle nuove correnti delle produzioni, dei commerci, dei noli; bisogna assecondarle e non contrastarle, quelli derivanti dal difetto di astrazione tecnica, di credito, ecc., e bisogna agevolare tutti questi mezzi. Chi si innamora di un rimedio solo sbaglia la cura, perchè il male è complesso ; chi crede di sanare ogni cosa in un giorno, e più che illuso. Quindi, noi cerchiamo tutti i rimedi buoni e possibili, e facciamo modestamente nostri i suggerimenti degli altri, quando ci sembrano buoni. La nuova Associazione industriale per la esportazione di prodotti alimentari, e nella quale entrano a far parte il Cirio, la Banca Subalpina e di Milano, parecchi banchieri e industriali italiani, si è definitivamente costituita col titolo di; Società anonima di esportazione agricola Cirio; avrà la durata di anni 50, e la sua sede principale è in Torino, con altre sei succursali ed agenzie in altre città. Essa potrà occuparsi in partieolar modo della produzione agricola o della importazione ed esportazione di ogni specie di sostanze alimentari, sia naturali che preparate e conservate o manipolate secondo il si- stema Cirio. Avrà cura di impiantare aziende agricole e vinicole, industriali e commerciali, nonché l'esercizio di stabilimenti termali, per esempio quello d' Acqui. Si occuperà dell' affittameuto e dell' acquisto di macchine e vagoni ferroviari utili al trasporto delle derrate; degli appalti per forniture di viveri e foraggi ; potrà inoltre acquistare, cedere, prendere in enfiteusi e in locazione gli stabili che il consiglio d'amministrazione crederà opportuni, ecc.; potrà infine eseguire qualunque operazione agricola, industriale e commerciale o finanziaria permessa dalle leggi. Il capitale sociale è di 5 milioni di lire italiano diviso in 10 mila azioni da lire ;500 cadauna. Il capitale sociale già versato è di lire 1,320.000, rappresentante un decimo delle azioni ; Il Cirio vi conferisce per 650 mila lire in stabili posti a Torino, Stradella e Venezia; in mobili per 50 mila lire, e in merci per 338 mila, nette delle passività accollate in lire 600 mila. Il Cirio poi è nominato per 10 anni direttore generale della Società coli'assegno del 40 per Ojo degli utili netti. L' esempio di altre grandiose Associazioni, come certe vinicole, le quali incominciarono con lieti auspicii e caddero poi in rovina per cause troppo note, varrà certamente a porre iu sull'avviso la nuova Società, la quale ha un campo vastissimo innanzi a sè, e potrà indubbiamente prosperare, mantenendosi fedele al proprio statuto, procurando grandissimi vantaggi non solo agli assuntori e.i azionisti, ma anche al paese intiero, e so-vrattutto all' industria agraria e vinicola, che ne ha tanto bisogno. Giovanni Rismondo da Rovlgno CO apiUMÖK AZIONE Dal „Corriere di Gorizia" togliamo il seguente cenno commemorativo del nostro istriano Avvocato Giovanni Dottor Rismondo, che tanto onorò culle belle doti della mente e delV animo la nostra provincia : Quando i tempi nuovi al principiare della seconda metà di questo secolo ebbero fatto sorgere nei cuori viva la speranza che una libertà saggia, ordinata ed onesta venisse a librarsi sull' Europa, ogni anche piccolo centro si sentì vivificato da quello spiro rigeneratore, e desideroso di uniformare il suo indirizzo a quello liberale che diveniva generale e benedei to retaggio, e Gorizia anch'essa fu tra quelle città che si sentirono vivamente scosse da tale fresca aura rigeueratrice. Anche fra noi, nostri, o quasi nostri, perchè figli di quelle provincie che chiamiamo sorelle, si manifestarono allora uomini preclari, dalle pronte intelligenze, dai caldi affetti, dalla parola brillante e persuasiva, i quali sentirono che il momento era venuto in cui 1' nomo incomincerebbe a pesare per qualche cosa sulla bilancia sociale, non per i superbi quarti di vecchia nobiltà, ma per quello che realmente sapesse fare e valere nel monde». In pari tempo quei cittadini compresero che codesto merito bisognava farlo servire agli interessi della propria patria, colla parola scritta e colla stampata, e coll'appli-cazione ampia e sicura delle nuove leggi liberali per raggiungere quei chiari, vasti, sereni orizzonti civili prima d' allora soltanto intraveduti. Tra cotesti uomini, lustro della città che li possiede, emergeva fra noi tra i più benemeriti l'avvocato Giovanni Dr. Rismondo, istriano, allora in tutta la vigoria degli anni, in tutto il fiore dell' intelletto, in tutta la maturità del seuno. Non è questo uè il luogo nè il tempo di dire delle sue opere a prò di questa città che gli era divenuta seconda patria ; per ora ci basti accennare che questa sua patria adottiva e i concittadini di sua elezione, non hanno certo dimenticato nè lui nè I' opera sua per quanto addì 16 coir, si compiano beu dicci anni da quando egli è seeso lacrimato alla pace della fossa. Ci consta che già da parecchio 1* on. Rappresentanza della nostra Società Unione ha in animo di degnamente commemorar,; questa ricorrenza e i pregi del compianto e benemerito patriotta. Vediamo infarti che codesta commemorazione è contemplata fra gli oggetti posti all'ordine del giorno per la seduta che 1' Unione terrà Venerdì 13 Borrente, e speriamo, se le circostanze seconderanno il comune desiderio, già nel prossimo numero di poter dire che si siauo prese le debite disposizioni per tale solennità. R. Deputazione veneta sopra gli studii di storia patria. Adunanza generale straordinaria del 1 febbraio in Padova. Presenti, il presidente comm. Giuseppe De Leva ; i vicepresidenti, cav. Federico Stefani h cav. Andrea Gloria ; il segretario comm. Guglielmo Bercbet ; i membri ordinarli, comm. Barozzi, cav. Bertoldi, conte Giuliari. cav. prof, l'ertile, cav. Bocchi, cav. prof. Mannelli, prof. Predelli. cav. prof. Bailo, cav. Morsolin; e i socii corrispondenti, cav. Luciani, cav. Favaro, cav. Brentaii, avv. Pietrogrande, prof. Busato. Giustificarono la loro assenza il senatore Lamper-tico, il cav. Bullo, il co. Contin, il cav. Joppi, il cav. Wolf e mons. Bernardi. Il presidente De Leva aprì l'adunanza ringraziando i colleghi per la fiducia dimostratagli, eleggendolo a presidente della Deputazione ; quindi commemorò con affettuose parole i socii senatore Antouini, senatore Cittadella e prof. Fuliu. che mancarono ai vivi dopo l'ultima adunanza generale. Disse che il Consiglio direttivo ha cercato di suplire al vuoto lasciato dal collega Fulin, in modo che sarà certamente sentito con soddisfazione dall' assemblea. Infatti la pubblicazione dei dispacci di Paolo Paruta da Roma, che da qualche anno il Fulin avea lasciata sospesa, ora viene ultimata a cura del socio Stefani e dello stesso presidente De Leva, di guisa che fra pochi mesi essa sarà compiuta, ed usciranno in luce e saranno distribuiti i tre grossi volumi che comprenderanno quei documenti interessanti alla storia dei rapporti esistenti fra la Repubblica di Venezia e la Corte di Roma. Quasi ultimata la prima serie di 12 volumi dei Diarii di Marino Sanudo, gli operosi editori incomincie-ranno subito a mandar fuori la seconda serie, unendo contemporaneamente alle prime puntate i pochi indici che mancano a compiere la prima serie. La pubblicazione periodica P Archivio Veneto, che era sovvenuta dalla Deputazione e diretta dal compianto Fulin, verrà assunta in piena proprietà della Deputazione verso un corrispettivo vitalizio alla sorella del defunto collega, e diretta dalla Presidenza della Deputazione e da un Comitato, all' uopo particolarmente delegato, ove l'assemblea approvi i preliminari accordi cogli eredi Fu- lin e le proposte del Consiglio. Su di che, dopo breve discussione alla quale prendono parte i socii Marinelli. Stefani, Bercbet e Favaro, l'assemblea unanimemente approvava l'acquisto del giornale e la sua continuazione, affidandone la direzione in via di esperimento per un anno ad un Comitato, ili cui furono eletti membri il vicepresidente cav. Stefani ed i socii comm. Cecchetti e comm. Barozzi. L'ordine del giorno recava quindi la nomina di un membro del Consiglio direttivo in luogo del compianto j Fuliu, ed a unanimità di voti venne eletto il comm. ! Bartolommeo Cecchetti, so, raiutendente dei Veneti Ar-cliivii. Poi la nomina di tre membri effettivi della Deputazione, e furono elatti il prof. Favaro di Padova, P avv. Pietrogrande di Este e il cav. Destefani di Verona; e da ultimo la nomina di quattro socii corrispondenti, e furono eletti il prof. cav. Molmeuti. il conte Sommi Piccinardi, il prof. Monticolo e il cav. Portioli. Esaurito così l'ordine del giorno, prima che si sciogliesse l'adunanza, il segretario comunicò una lettera del senatore Lampertico. delegato delia Deputazione veneta al nuovo Istituto storico italiano, nella quale è reso conto delle prime adunanze ora tenutesi in Roma per la fondazione di quell' istituto, e del suo compito, diretto a integrare e armonizzare fra loro le varie Deputazioni e Società storiche del Regno non di sostituirsi ad esse. (Gaze, di Ven.) Cose locali Uscendo il nostro periodico di sedici in sedici giorni, risuscita oggi colla breve relazione d' obbligo intorno alla compagnia drammatica Gervasi Benincasa, la quale venne qui il 3 corrente per dare un corso di quattordici rappresentazioni. Gli articoli pubblicati dagli altri periodici dovrebbero dispensare noi dal parlarne ; tanto più | che oggi viene data 1' ultima recita. Ma, se anche riteniamo pochissima cosa la nostra opinione, la manifestiamo parimenti ; se non altro per seguire la vecchia usanza, e perchè la nostra opinione è una conferma di quanto pronunziò il pubblico. Ab love principili!«; cioè dalla prima donna Virginia Benelli. Lo diciamo senza reticenza : ella si cattivò subito la simpatia e fu compensata di plauso sincero. Altrettanto è a dire di Elena Benelli, giovane assai av-I venente, dotata di ottime qualità, e a cui auguriamo un | beli' avvenire. Il primo attore, Antonio Vajo, fu subito notato per | la sua intelligenza e sentimento; benché la robusta sua voce non sia sempre al diapason dell'ambiente; chè il nostro teatro è stuonato. Il brillante Saltarelli, come tutti i bravi brillanti del mondo teatrale, fu una vera conquista: aspetto, voce, disinvoltura, castigatezza. In una parola un brillante che sa far ridere di cuore, e che conosce l'antico detto foscoliano —il riso aggiunge un filo alla trama della vita. Panna, caratterista della veccchia scuola è un po' esagerato, ma divertì quasi sempre; diciamo quasi, perchè anche ad Omero di qual tratto non spiacque il sonnellino. Non passarono indifferenti, ma anzi divertirono in alcune recite la Duse, la Giacomazzi, il Tareuzi, il Benincasa, e fu trovato buono perfino ... il suggeritore. Si sa, che un suggeritore buono, è un grand' elogio per chi recita, ed è un seccatore di meno pel povero pubblico che paga e ascolta. L'orchestra e la banda eoa diuvarono, com'era da attendersi, al felice andamento j delle 14, diciamo quattordici recite . . . Del resto, guai se la musica intronasse gli orecchi; bondì commedia! Tiriamo la aomtu;\ : la compagnia di Francesco Gervasi Benincasa ebbe proprio un buou insieme ; e possiamo dire che i battimani e i quattrini di Capodistria se li meritò davvero davvero. La domenica 1 corrente nella sala municipale molti nostri cittadini s' accordavano sul programma da teueisi nelle prossime elezioni comunali, ed affidarono a un comitato di 12 persone ogni ulteriore dettaglio. 11 giorno 8 il comitato teneva seduca e combinava in massima la scelta delle candidature con 1' intendimento di costituire un Consiglio delle migliori forze del paese, a tutela e garanzia degl'interessi comuni. Ci viene riferito qualmente i signori i. r. impiegati — qui tanto numerosi da costituire la grande maggioranza del 1 corpo elettorale — vogliano opporsi ed imporsi ai tranquilli e saggi propositi degli elettori cittadini, con una lista composta quasi interamente di proprie candidature. Rileviamo il fatto, non nuovo, per mettere siu d'ora al vero suo posto la respòusabiliià delle possibili conseguenze. Appunti bibliografici G. B. Plini. Gl'Itali. Poema eroico. Borna. Som-maruga 1884. Le filosofiche elucubrazioni di Zaccaria Maver (Gradisca 1884) e gli studi e commenti eruditissimi sui classici latini del nostro Pasdèra (Torino 1885) reclamano da molto tempo uu cenno; ma anche questa volta la mia inquieta natura mi tira fuori di casa a fare uua corsa pei campi dell' arte. Quanto prima adunque dei filosofi e degli eruditi; oggi attacchiamoci ai poeti. L'epica è morta e seppellita; l'hanno detto, ed io non sono qui a recitarle 1' orazione funebre. È morta, perchè le mancò il terreno sotto i piedi, o per dir meglio le nuvole folte, dalle quali scattava a tempo il Deus ex machina a mandare all' aria i burattini. È morta insomma, perchè gli Dei d' Omero passarono un dopo 1' altro nel numero dei più, o cangiarono mestiere. E coti pure è morto il Padre Eterno, quello dei Tasso intendiamoci, e che arieggiava un po' troppo l'Olimpico; e con lui 1' arcangelo usa a fare il procaccio dal cielo alla terra e viceversa. Ma se è morta 1' epica, o meglio quella tal forma dell' epica, la poesia non accenna a morire e non morirà; e in quanto all'epica chi sa non abbia, da uu giorno all'altro, a sorgere un uomo di genio, capace di metterla su di una nuova strada. Prima ha da cessare però questo dannato dis- sidio tra il sentimento e la ragione, tra l'ideale ed il reale. Il poeta nuovo infischiandosi dei filosofi e dei critici che tirano sempre 1' acqua al loro mulino, e fabbricano sistemi sopra sistemi, fuor dei quali a sentir loro non c' è salute, si metterà sulla strada che avrà trovata lui senza tanti discorsi. L' uomo moderno addestrato all' analisi, uso a rendere conto a sè stesso delle proprie azioni, a muoversi, ad agire, senza aspettare sempre il cenno del macchinista, un giorno o 1' altro, interrogando la coscienza, riconoscerà i confini imposti agli umani conati; e sorgerà dall'esame abbracciando con una sintesi potente il sentimento e la ragione, il finito e 1' infinito, la terra ed il cielo. La scienza avrà allora rivelato e avvicinato sempre più i mondi lontani, e il poeta nuovo li potrà popolare con la sua fantasia con più verità che Dante ne' suoi cieli cristallini. La comunione degli spiriti, le relazioni misteriose, le simpatie e antipatie daranno materia a nuove forme poetiche ; senza simboli e allegorie sfruttate si darà veste poetica ai presentimenti, alle voci intime delle cose, alle note profonde della coscienza, ai rimorsi, alle paure. Si u-manizzerà allora il soprannaturale ; ma non come il Tasso sulla falsariga d' Omero ; la nuova epopea sostituirà alla macchina mitologica e medioevale la grande voce della natura e della coscienza ; ministra e messaggera d' un Dio grande, pietoso, puro senza gli antropomorfismi del naturalismo ellenico, e dell' ascetico. Ecco 1' uomo nuovo, ecco 1' epopea moderna. Ma intanto noi come noi viviamo in un'epoca di transazione; e perciò i nostri poeti, i quali, dopo tante nenie di funerali, si ostinano a trattar 1' epica come cosa viva, non sanno più che pesci pigliare, e alcuni rinfrascano le vecchie girandole, altri per amor del nuovo fanno tabula rasa, e buttano giù dal trono il Dio che a tutti è Giove, per collocarsi invece assurdo degli assurdi ! Satanasso, Lucifero, Mefistofele e tocca via, con la scusa di non so che nuovi filosofemi e allegorie della ragione, e della eterna materia : è il vecchio mondo di 0-mero, di Dante, di Milton capovolto; il maestro è cangiato, ma la musica è sempre la stessa. Che la peesia epica non è morta oggi in I-talia è persuaso il professor G. B. Plini, il quale ha avuto il lodevole coraggio di stampare nell'anno della fruttifera 1884 un poema — G'Itali — in dodici canti, di circa 1100 versi l'uno, ciocché, moltiplicato per dodici, dà al secolo bottegaio la rispettabile somma di 13200, diconsi tredicimila e duecento versi i quali, cangiati in tante lire di rendita, darebbero un lieto vivere al bravo poeta. Occorre dirlo? trattandosi di versi e non di lire, il rispettabile pubblico di tutta questa benedizione di Dio non se n' è dato per inteso. E neppur molto la critica ; perchè 1' egregio Plini non ha lusingato nessuna volgare passione atta a far andare in solluchero gli scrittorelli della critica festaiola, sempre un po' in cimbali la domenica e non si è ascritto a nessuna chiesuola. Il suo intendimento, affrettiamoci a dirlo, fu santo : ricordare a una gioventù discinta e ciondolona ciò che i babbi hanno fatto; intuonare con voce robusta il canto dell' epopea italica, rammentare i domestici fatti, pur ieri accaduti, e che paiono già tanto lontani all' Italia nuova. Di più il professore ha il merito con questo poema di conservare le buone tradizioni dell'arte, senza gettarsi ad occhi chiusi sull' orme recenti. Se non che (ci perdoni qui 1' autore una franca parola) con quella sua brama di tutto descrivere e ricordare ci si è messo con troppo ardore e foga giovanile. Già nel titolo dell' opera — GV Itali, Poema eroico — si palesa il difetto, latet anguis. Con 1' epiteto si vuole in certo modo sforzare la mano al lettore, e fargli accettare la merce. Come una tragedia lirica è spesso troppo lirica, così questo poema eroico è troppo eroico ; il Plini ha messo le mani innanzi per non cadere. Si apra a caso il volume, e troveremo descrizioni di battaglie terrestri e navali, sollevamenti di popolo, serragli, scoppi di bombe, rumori di cavalli accorrenti, scalpitanti sugli elmi ai moribondi e suoni di campane. In ciò ammiriamo sì la ricca tavolozza dell' artista che, ripetendosi cento volte, sa trovar sempre nuovi partiti d' ombre e di luce ; ma al lettore ne viene una certa stanchezza, ed egli cerca invano tra i campi di battaglia un angolo tranquillo, dove riposare lontano dallo strepito delle armi. Ci sono sì qua e là degli episodi, come gli amori di Alberto e di Gina e la fuga di Raul ; ma troppo brevi e slegati. A proposito di Raul, perchè un nome così gotico e catarroso (il nome di Sir Raul cronista di Federico Barbarossa) affibbiato a quel buon milanese sfuggito dagli eccidi delle cinque giornate? Negl'idilli poi e nelle scene domestiche 1' autore non smette da quel suo stile battagliero ; anche tra i zeffiri e i profumi „.........un vivo scoppio Di rondini e di trilli al ciel si leva." (pag. 96) E se qualche volta non scoppiano le rondini, 1' autore pentito torna all' usato stile esclamando „Lungi, lungi il pennel, mano alla spada." Al poema manca così il chiaroscuro; quindi (e questo è il difetto principale) nell' epopea del riscatto italico difetta la vita intima ; non caratteri, non la lotta morale ; non le angosce e !e fatiche durare dagli eroi dell'ingegno: i nuovi Goffredi operano tutti con la mano, col senno ben pochi. Perchè non una descrizione del memorabile assedio di Venezia, di quel lungo, ostinato soffrire d'un popolo? L'autore invece da principio batte un po' la campagna ; e detto ab ovo degli eroismi dei Polacchi e dei Greci, celebra il trionfo della libertà che fa traballar la basisca commossa di San Pietro (peccato, così bella!) appunto ailora che tutta Italia gridava: Viva Pio IX; quindi salta alla descrizione delle cinque giornate di Milano, poi alla dichiarazione di guerra del Re Galantuomo „Sotto aureo ciel di porpora fluente Ritto sul trono........... Bel verso, sed non erat hie locus; perchè tutti sappiamo che Vittorio non fu un imperatore bizantino ; nè Satrapi Cavour e compagni. Questo vizio organico, 1' eroico a tutto pasto dà gur troppo una certa intemperanza alia lingua e allo stile; con danno di quella schietta modernità di locuzione, che, serbata nei giusti limiti, può e deve seguirsi anche in poesia, speeie trattando fatti recenti. Dalle unghie dei cavalli si levano iduli e stragi ; i nervosi garretti schiacciano i cruenti corpi, schiattano i crani e le cervella-, i cavalli „Urtan trempando, travolgon la calca." (pag. 21) Non voglio dire con ciò che il libro si abbia a buttare alle ortiche. C' è 1' onestà degl' intendimenti, e questo è già qualche cosa ai nostri lumi di luna. Ma con le opere buone, dicono, si entra nel regno del Padre nostro, non in quello delle Muse. Riconosco adunque nel poema 1' abbondanza, la ricchezza della tavolozza, pregi guastati un po' da quel benedetto vizio dei giovani che è la frondosità, pur regno sempre di molto ingegno. Sfrondi adunque il signor Plini, sfrondi. Questo il mio umile consiglio. Non indarno ho citato di sopra que' due versi famosi del Foscolo : la descrizione della battaglia delle ombre in Maratona è stupenda, ed è così breve. Nel descrivere, messo il lettore sulla buona via, lasciandolo un po' libero di arrivare da sè alla meta. Guai allo scrittore che commenta sè stesso: ha detto bene il Tommaseo. Ed anche rammentiamo di non impicciolire i semplici e grandi fatti con troppo artifiziose parole. Questo meglio di me, intenderà il Plini che dimostra mente e cuore di vero poeta. P. T. VITI E FILLOSSERA. Saprete probabilmente, o lettori, che il Governo francese ha stanziato un premio di treceutoniila lire per chi riescila a scoprir,- un riinodio sicuro e pratico contro la filosseronosi. Or bene questo gruzzolo di danaro ha stuzzicato uua miriade di sedicenti fillosseristi, i quali ogni anno inviano alla Commissione giudicatrice la descrizione delle loro portentose scoperte. Nel solo anno 1883, questa Commissione dovette prendere in esame ben cento e sessantun rimedii (bene inteso tutti infallibili....) i quali uniti ai precedenti, se non toccano il migliaio, poco se ne diseostauo. Ma sapete voi, lettori miei, quale fu il verdetto della Commissione su codesti specifici ? Fu questo ; eh* nessuno merita il premio, e che anzi ■un grande numero di concorrenti dimostra di non conoscere menomamente la vita della fillossera ; ora senza una nozione precisa di tutto quanto riguarda la storia naturale di questo terribile afille, corno è mai possibile trovare un rimedio sicuro e pratico, oppure un preventivo che meriti seria considerazione ? Anche parecchi italiani hanno preteso di avere scoperto questa araba fenice, ed è strano che generalmente lo scopritore non appartiene alle nostre legioni fillosse-rate. ove è supponibile si conosca quanto riguarda il temuto insetto. Adunque se qualcuno vuole accingersi a studiare il modo di debellare ia fillossera, incominci a studiarla accuratamente, visiti la Francia fillosserata e poi vedrà quali e quante difficoltà si oppongono .... a guadagnare le trecentomila lire del Governo francese. Intanto gli studi e le esperienze fatte in questi ultimi dieci anui hanno posto in sodo che colla sommersione, colle viti americane e cogli insetticida il viti-cultore può lottare contro la fillossera ; ecco si nora ciò che si può offrire di serio e di pratico al tanto bersagliate coltivatore della vite. Non vi parlerò della sommersione ; essa è bensì efficace a distruggere gli insetti, ma è solo attuabile in circostanze speciali. Però gli altri due mezzi di lotta sono alla portata di chiunque, ed anche noi italiani, benché i nostri vigneti siano in grandissima parte ancora immuni, dobbiamo studiarli bene e prepararci alla lotta. Riguardo alle viti americane, debbo dirvi che l'esperienza ne ha fatto scartare per le quali anni addietro ti ritenevano molto resistenti ed ora invece sono seriamente attaccato dalla fillossera : ma per la nostra fortuna ne sono rimaste incolumi parecchie parecchie e principalmente le seguenti: 1. Riparia selvatiche— 2. Solonis — 3. Yorch's Madeira -- 4. Vialla — 5. Jacques. I quattro primi sono ottimi porta-innesti ed il quiuto è un produttore diretto di eccellente vino da commercio con schiuma rossa: tutte queste viti danno risultati sicuri sovratutto nei terreni profondi e permeabili, cosa che del resto è stata osservata anche riguardo agli insetticidi. La Riparia selvatiche godono della proprietà veramente preziosa di poter essere ottenute dal seme, cosa che non è guari consigliabile per gli altri vitigni, in-quantochè degenerebbero : invece la Riparia (ed io parlo per la esperienza fatta su vasta scala a Casalmonferrato) riproduce esattamente il tipo, producendo piantine di molto vigore: io consiglio adunque la semina. Intanto (.-Al'ODIS'iKlA, 'iipograliR di Carlo i'riora. possono trovare talee in Italia, scrivendo al signor Giovanni Carosio, tesoriere del Comizio agrario di Torino, al Jacquez (produttore diretto) che gentilmente ne ebbe dal chiarissimo ampelografo conte Giuseppe di Rosaenda. Il Yorch's Madeira si trova pure in Italia e so che ne possiede il dottor Felice Sperino a Lessona : così pure possono tiovarsi il Solonis e la Riparia nei vivai del prefato conte di Rosaenda a Verzuolo presso il dott. 0-dorici Odorico di Brescia. Vediamo ora brevemente quanto concerne gli insetticidi. Due soli sono raccomandati ed usati oggidì in Francia : il solfuro di carbonio ed i solfocarbouati alcalini ma specialmente il primo. Un tempo la sua applicazione era costosa assai, e toccava le L. 300 all'ettare; ora invece che si è studiato meglio il problema e che si è constatato che conviene adoperare quel potente antisettico a piccole dosi ripetute auziccliè ad elevate dosi, il costo della sua applicazione alla vite è diminuito di molto, tanto più che è anche scemato il prezzo del solfuro medesimo. Intanto in Francia si fanno ogni anno nuove osservazioni sul T uso del solfuro di carbonio e dei solfocarbouati, ed io sono sicuro che in un tempo non molto lontano si finirà col semplificare tanto il trattamento delle viti cogli insetticidi, che non si richiederà una spesa maggiore di cento lire ad ettare compresa la concimazione, la quale è indispensabile. (Continua) PUBBLICAZIONI L' Economia Rurale di Torino, annunzia e raccomanda il Vade Mecum dell'agricoltura, manuale del Dr. Edoardo Ottavi ad uso dei proprietari, fattori, contabili, periti, con figure e tavole geometriche. È un buon libro ed anche un bel libro, stampato e legato con eleganza. Costa lire 5 e si trova presso l'Autore in Casale. Abbiamo ricevuto un' interessante Memoria dell' egregio nostro concittadino Giorgio Cobol sulle riforme economiche dalla nostra Socierà operaja. È uno studio irto di cifre, sul quale ritorneremo nel prossimo numero. Coi tipi di Carlo Priora vennero ristampati gli Annali Istriani del secolo XIII, raccolti dal nostro egregio concittadino Abate Angelo Marsich. Siili' importanza di questi lavori storici, frutto di pazienti ricerche e di intelligente dottrina, la Provincia ha già parlato più volte; ora facciamo voti che l'egregio autore stampi qualche altro suo lavoro, che senza dubbio avrà in pronto tra i molti suoi studi di svariata erudizione storica riguardanti la nostra classica provincia. Preghiamo i signori abbonati, che hanno ricevuto l'invito di pagamento delle arretrazioni, a voler soddisfare il loro debito con vaglia diretto alla nostra amministrazione, la quale altrimenti trovereb-besi astretta di sospendere loro la spedizione del periodico. dietro Madonizza — Anteo Uravisi edit. e redat. responsabili.