Arnulf Stefenelli CDV 805.0-3: 807.1 Passau DAL LESSICO LATINO AL LESSICO ITALIANO Con questo contributo in onore dello stimato collega Pavao Tekavčic tentere­mo un panorama sommario, ma su base sistematica, dei rapporti storici fra il lessico latino e il lessico italiano. Concentrandoci sulla prima tappa di questa storia lessica­le considereremo soprattutto alcuni aspetti trattati o accennati anche dal Festeggiato nel terzo volume ("Lessico") della sua magistrale Grammatica storica dell'italiano. Un problema metodologico fondamentale della storia lessicale e quello dell'oggettivita e della rappresentivita > della semantica alla strutturazione fanno si che in questa terza parte del manuale di grammatica storica italiana ci concentrere­mo sulla formazione delle parole e sui prestiti lessicali" (p. 12). Tuttavia nel capitolo ventesimo intitolato 'Elementi di lessicologia' (p. 167 ss.), it. ant. avento, AMITTERE > ant. amettere, ANIMUS > animo (semidotto, cf. LEI), ATER > ant. adro, CONSPECTUS > cospetto, CONVIVI­UM > .ant. combibbia, FIGERE > jiggere, FLUCTUS >jiotto, IMPIUS > em­pio, NECESSITAS > ant. necista, PONDUS >pondo, REDIRE > riedere, SOL­LICITUS > ant. solecido, TUMULUS > tombolo, inoltre, con spostamento se­mantico, CLASSIS > chiasso, STUDIOM > ant. stoggio "lusinga, moina, cerimo­nia", e, nei dialetti, ACCIPERE (mer.), CARERE (sic.), COGERE (mer.), DUX (ven.), LITUS (ven. > it.), PRAECEPS, SAPIENS (mer. > it.), TEGERE (lucch.).8 L'individualita tutto sommato conservatrice dell'italiano nel mondo neolatino risalta in modo ancora piu evidente quando effettuiamo l'analisi contrastiva del nu­mero complessivo di lessemi tradizionali conservati nelle singole lingue romanze. 1 risultati di un tale confronto sono certo da relativizzare di fronte alle divergenze in parte notevoli di ampiezza e di inizio della documentazione e non valgono veramen­te che per le lingue paragonabili sotto quest'aspetto. Con siffatte riserve risulta pero chiaramente che l'italiano cons.erva una parfe molto piu grande di ogni altra lingua del patrimonio lessicale latino. Riferendoci al corpus menzionato dei mille lessemi latini piu frequenti, otteniamo soltanto nel dominio italiano una quota di continuita ereditaria superiore al 50 percento (cioe 527 unita, o senza i dialetti 447)9 , e se ci li­ 7 Per le parlate sarde il numero rispettivo einferiore se ci limitiamo agli arcaismi esclusivi, ma legger­ mente superiore se, per ogni lingua, consideriamo anche le affinita arcaiche con altre aree isolate. 8 Al di fuori del nostro corpus dei lessemi piu frequenti vi si aggiungono fra l'altro ACERVUS, CLE­ MENS, FURIA, FURIOSUS, GREMIUM, MENTUM, MUNDITIA, NEGLEGENS, NEGLEGEN­ TIA, NIMBUS, PECORA e soprattutto la conservazione specificamente italiana e friulana di OM­ NIS, sottolineata e discussa nella Grammatica storica di P. Tekavčič (II, p. 167 s., III, p. 173). Cf. in­ oltre B. Migliorini, Storia de/la lingua italiana, Firenze 5 1978, p. 20 ss., e M. Cortelazzo, in lexikon der Romanistischen Linguistik, vol. IV, Tiibingen 1988, p. 407. 9 Seguono l'occitanico, il francese e lo spagnolo. mitiamo al lessico rispettivo moderno delle singole lingue, giungiamo in ordine di conservativita· decrescente ai valori numerici seguenti: 10 italiano portoghese occitanico catalano spagnolo sardo francese romeno 410 363 351 339 334 300 288 230 Tuttavia, e ovvio che il lessico italiano non si caratterizza solo per quel tratto ge­nerale di relativa conservativita e vicinanza al latino, ma anche per una serie di inno­vazioni piu o meno tipiche dell'evoluzione regionale di questa varieta romanza. So­no in parte innovazioni semantiche come gli sviluppi di CAPERE "prendere" a "ca­pire", CAPTIVUS "prigioniero" a "cattivo", . DOMINA "signora" a "donna", IUNGERE "congiungere" a "arrivare, pervenire", SENTIRE "percepire" a "udire", SALIRE "saltare" a "salire", in parte neologismi forinali come per esempio i nuovi verbi italiani dimenticare (<*DEMENTICARE) e scordare (<*EXCORDARE) di fronte al tipo di denominazione interromanzo *OBLITARE (cf. P. Tekavčic, Grammatica storica, §1164, G. Rohlfs, Romanische Sprachgeographie, Miinchen 1971, §53), o infine influssi stranieri specifici (ad es. longobardi, come schiena). -Queste innovazioni specificamente· protoitaliane pero -benche non siano ancora state riunite e studiate in modo piu sistematico -risultano certo quantitativamente meno importanti di quelle tipiche ad esempio del protofrancese o del protospagno­lo, come si puo concludere dalle quote rispettive di conservativita sopraindicate. E tale caratteristica della storia individuale dell'italiano viene corroborata inoltre dal fatto che nel quadro del nostro corpus dei mille lessemi latini piu frequenti non esi­ste un solo esempio che manchi unicamente nell'area italiana. 11 [I latinismi ripresi dal superstrato culturale] "Si puo dire senza esagerare che il latino e presente negli idiomi romanzi, sin dal primissimo inizio della loro vita autonoma, in due filoni, o strati: quello autoctono e popolare, e l'altro, dovuto ai contatti tra iI latino scritto, medievale, e le giovani Iin­gue neolatine. [ ... ] Da quando esistono, gli idiomi neolatini occidentali attingono al latino -e tramite iI latino, al greco -ogniqualvolta hanno bisogno di un nuovo termine, religioso, filosofico, artistko, scientifico ecc." (Tekavčic, Grammatica sto­rica, III, p. 174).12 -Esaminando gli esempi concreti di questi prestiti dotti, osser­viamo che tramite iI latino medievale si riprendono anche una serie di voci del lessico tradizionale classico e che oltre ai nuovi termini specifici si tratta pure di lessemi di 10 Anche W. Manczak, su base dell'analisi comparativa di un testo biblico, giunge al risultato che "quand on tient compte de la totalite des faits, c'est-a-dire des textes, il est indubitable que c'est l'italien qui est la langue la plus archalque" (in Actes du XVII" Congres lnternational de Linguistique et Philologie Romanes, Aix-en-Provence 1985, II, p. 111-130), e M. Cortela2zo, /. cit., parla di una "eredita massiccia [ ...] che rende l'italiano molto pili vicino alla matrice latina delle altre lingue ro­ manze" (p. 401). 11 Mentre per esempio il francese ignora continuatori di DARE, INCENDERE, MENS, SOL, lo spag­ nolo di ARGENTUM, CANIS, NEPOS, VELLE e il romeno si caratterizza per un numero partico­ larmente alto di tali lacune specifiche (cf. ad es. C. Th. Gossen, in Vox Romanica 41, 1982, p. 13-45). ' 12 Cf. fra l'altro anche C. Tagliavini, Le origini delle fingue neolatine, Bologna 6 1972, §61 'II superstra­ to culturale Jatino'. carattere piu generale come i gia menzionati NATURA o AETERNUS "eterno" (mutuati da quasi tutte le Iingue romanze, ad es. dall'italiano fin dal Duecento). Sono dunque in gran parte parole che il latino parlato (almeno di tarda epoca) aveva abbandonato come piu o meno dispensabili (si veda sopra), ma che per le nuo­ve esigenze di una comunicazione colta e scritta, tenuta all'espressione piu differen­ziata, precisa ed esplicita, si rivelarono di nuovo utili se non necessarie. 13 In tal mo­do -per farci un'idea dell'importanza quantitativa del fenomeno -fra i lessemi latini del nostro corpus che, sul filone popolare dell'evoluzione ereditaria, non sono sopravvissuti affatto o appena, due terzi circa sono stati ripresi per via colta da una o parecchie delle lingue romanze. E benche all'inizio appartenessero soprattutto a certi ambienti specifici (ad es. natura al Iinguaggio filosofico o eterno al Iinguaggio religioso), i latinismi potevano spesso estendersi, secondariamente, al lessico comu­ne delle Iingue moderne. Cosl, fra le voci storicamente 'dotte', nel quadro del nostro corpus, piu di cinquanta figurano oggi nel lessico fondamentale delle .mille parole piu frequenti dell'italiano14 (ad es. animale, caso, causa, concedere, condizione, dif­fici/e, dividere, f acile, Jelice, gen ere, immagine, immenso, tibero, modo, natura, ne­cessario, occasione, occupare, permettere, prejerire, principio, ripetere, silenzio, si­mile, spirito, utile). Dal punto di vista comparativo, l'italiano, a confronto con le altre Iingue neola­tine, si caratterizza per un numero particolarmente alto di latinismi e percio per una vicinanza, anche su quest'aspetto dotto, relativamente stretta al lessico latino. L'ltalia, che in quanto alle condizioni esteriori era, secondo C. Tagliavini, "il paese che si trovava piu esposto a subire l'influsso del superstrato culturale latino" (/. cit.), attingeva difatti ben piu parole al latino che ogni altra Iingua: riferendoci di nuovo all'analisi del nostro corpus, fra i circa 630 dei lessemi latini che sono piu o meno ab­bandonati ereditariamente, l'italiano mutua in totale 390 forme (il francese 296, lo spagnolo 323, il portoghese 342) e se ci si limita alle parole tuttora viventi, la quota per l'italiano rimane piu del 50 percento (324), mentre.nel francese moderno si ridu­ce a un terzo (200) e nello spagnolo al 45 percento circa (292). Tre dozzine circa delle parole latine rispettive vengono riprese unicamente o quasi solo dall'italiano, fra le quali, per dare qualche esempio, DESIDERIUM (desiderio), EXPERIRl (esperire), FAX (face lett.), MITIS (mite), REPERIRE (reperire), RUPES (rupe). 15 13 D'altra parte, il movimento latineggiante si manifesta anche nella sostituzione di deriominazioni tra­dizionali da nuovi sinonimi dotti (ad es. esercito in vece di osle, cf. F. Maggini, in Lingua Nostra 3, 1941, p. 76-97) o persino da varianti rilatinizzate dellastessa parola (ad es. invidia in vece di inveg­gia, superare in vece di soprare, virtit in vece di vertit). 14 Si veda A. Juilland /V. Traversa, Frequency Dictionary oj ltalian Words, Den Haag -Paris 1973. 15 II numero totale di corrispondenza sia ereditaria sia dotta col lessico Jatino piu frequente del nostro corpus ammonta per l'italiano moderno a circa 730 (sia 410 piu 324) e si allarga est~nsivamente, se includiamo i dialetti e la vecchia lingua, a piu di 900 (su 1000). [II lessico latino classico e la lingua di Dante] Sintetizzando i rapporti sia ereditari sia dotti fra il latino e la tappa dell 'italiano antico, consideriamo infine i dati quantitativi quali risultano dal lessico individuale concreto della lingua di Dante. L'ampiezza e la diversita del vocabolario dantesco16 riflette certo una larga parte del lessico italiano tradizionale della sua epoca e illu­stra d'altronde in che misura l'arricchimento dotto per mezzo dei latinismi lessicali si faceva gia valere all'inizio del Trecento. · Prendendo per base il corpus dei mille lessemi latini piu frequenti, notiamo che Dante valorizza nei suoi testi italiani pressappocol'intero patrimonio lessicale eredi­tario, vale a dire quasi 420 lessemi, il che corrisponde a piu del 90 percento del totale delle unita sopravvissute in italiano. II 5 percento al massimo di quei lessemi tradi­zionali utilizzati dal 'padre della lingua' spariscono nel corso dell'evoluzione poste­riore e sono sconosciuti dall'italiano moderno (ad es. donno "signore", ducere "con­durre", /ecere "essere lecito", manere "rimanere", oste "esercito", soprare "supera­re", spazzo "suolo", suora "sorella").17 Per quanto riguarda i latinismi, pressappot:o due terzi di tutte le forme mutuate dall'italiano al superstrato culturale (cioe 240 circa di 390 )18 si trovano gia in Dante, e la stragrande. maggioranza di loro si e durevolmente integrata nella lingua. 19 Ma l'importanza fondamentale di Dante per la costituzione del lessico dotto italiano ap­pare soprattuttonel fatto che per la quasi meta di quei latinismi la sua lingua ci offre la prima attestazione italiana.2°Citiamo fra queste voci dotte attestate propriamen­te a partire da Dante (in totale circa 110 nel quadro del nostro corpus): accedere, astro, cedere, differire, egregio, esperire, Jelice, frequente, genere, immagine, im­menso, ingrato, inizio, liberta, mesto, mite, noto, ottenere, ufficio, ozio, perpetuo, potenza, principe, principio, pudore, regione, ripetere, resistere, rupe, simile, spa­zio, tacito, tenebre, to/lerare, ulile, vittoria, volutta. 21 E nella prospettiva compara­ 16 Si veda soprattutto la Enciclopedia dantesca, ed. da U. Bosco, Roma 1970-1976. 17 Piu numerosi sono i lessemi appartenenti oggi al solo vocabolario Ietterario comefiotto, mirare, rie­dere. 18 Fra i latinismi ancora assenti nel lessico di Dante menzioniamo fra l'altro ambizione, assiduo, avido, esito, difficile, facile, ignorare, mole, occasione, omettere, premio, supplizio, terrore, valido, vasto. 19 Come esempi di prestiti dotti isolati che non riuscirono a imporsi si confrontino fra l'altro crebro (CREBER), cupere (CUPERE), curro (CURRUS), igne (IGNIS), /udere (LUDERE), muno (MU­NUS), relinquere (RELINQUERE), ruere (RUERE), tuto (TUTUS), vincire (VINCIRE), viro (VIR). 20 Si vedano per la datazione soprattutto M. Cortelazzo / P. Zolli, Dizionario etimologico de/la /ingua italiana (DELI), Bologna 1979-1988, e G. Colussi (ed.), Glossario degli antichi volgari italiani (GA­VI), Helsinki 1983 ss. · Una gran parte dei latinismi anteriori a Dante si trovano per la prima volta in Brunetto Latini. Parec­ chie forme attestate anteriormente non diventano correnti che nella lingua di Dante (ad es. onesto, cf. DELI). 21 S'intende che il valore stilistico e talvolta anche semantico dei latinismi nell'uso di Dante poteva di­vergere dall'uso moderno. Cosi, rispetto al valore per esempio di egregio B. Migliorini (cit. in DELI) precisa che aveva ne! linguaggio "dantesco un tono molto piu alto, secondo l'etimologia, che non sia quello odierno", e riguardo a mesto l. Baldelli (in Enciclopedia dantesca) scrive: "Evidentemente la parol~, che oggi in italiano ha un valore piuttosto tenue, o almeno non particolarmente drammatico, e sent1ta da Dante col valore originale latino, cioe «disperato» , «tristissimo»". tiva romanza colpisce che molti di questi lessemi latini ripresi da Dante (o prima) vengono mutuati nelle altre lingue neolatine nettamente piu tardi (ad es. CEDERE, INGRATUS, PUDOR, TOLERARE, VOLUPT AS)