ANNO VII. P ' Capodistria, ad») » aprile 1881 N. 18 Soldi 10 al uumero I/ arretrato soldi 20 L'Associazione e anticipata : annua o semestrale Franco a domicilio L'annua, 9 ott. 80 — 25 sett. 81, importa f. 8 e s. 20; La semestrale in proporzione. Fuori idem Il provento va a beneficio dell'Asilo d'Infanzia I CRONACA C APODI SIRIANA BIMENSILE si pubbKca ai 9 ed ai 25 Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Pavento è l'amministratore. L'integrità di un giornale consiste nell'attenersi, eon costanza ed energia, al vero, all'equità, alla moderatezza. ANNIVERSARIO - 14 aprile 1518. — Nasce a Firenze «iiovan Maria Cecchi. — (V. Illustrazione). Effemeridi di città e luoghi marittimi dell' Istria Aprile 1. 1445. — Ducale Foscari al podestà e capitano di Capodistria, Andrea Leoni, di assoldare con un mensile di lire tre di piccoli il barbiere Giovanni del fu Ambrogio per legare i colpevoli alla tortura. U defunto ne aveva sei al mese per lo stesso servizio. - 18, 108\ 2. 1150. — La città di Pola. vedendosi stretta da ben 50 venete galere, giura fedeltà alla Repubblica e 1' osservanza degli antichi patti. - 17, I, 241, - e 13. 3. 1238. — Viterbo. Papa Gregorio IX de- lega il vescovo eletto per Trieste, Giovanni, e Gerardo vescovo di Cittanuova a voler esaminare come e quanto sarebbe opportuna la traslazione del vescovato di Pede, in Obernburgo, come lo proponeva il patriarca Bertoldo. - 1, 9, - 1, XXI, 211,-e 8, Vili, 402.*) 4. 1355. — Antonio ,Nógri, vescovo di Trieste, dà l'investitura a certo Giovanni del castello di Verino in Istria, col patto che debba servirlo in caso di bisogno con un elmo. 20, V, 209, - e 13. 5. 1177. Venezia. Papa Alessandro III conferma a Pietro vescovo di Parenzo tutte le donazioni fatte a quella chiesa e quelle ancora che venissero fatte. - 13.*) 6. 1522. — Frà Antonio Marcello da Cherso, de' minori di S. Francesco, prende possesso della sede vescovile di Cittanuova; prima era arcivescovo di Patrasso ; muore nel 1526 in patria. - 12, IV 243, - e 20, VIII, 757. 7. 1300. — Trieste. Pietro Foscarini, delegato dal doge, chiede al podestà Nicolò de Budrio l'estradazione dei quattro omicidi banditi, Gabriele Sabadin e Copedela di Capodistria, Guozolo Prenesto e Andrea Iiaverico di Pirano. 7, I 48, - 40, - I, 285, - e 50, I, 2.a 8. 1692. — Pirano. Nascita di Giuseppe Tartiui, celebre violinista; il padre suo, Giovanni, era da Firenze. - 3. ***) 9- 1424. Cittanuova. Il cousiglio delibera che ogni pecora debba pagare annualmente al civico erario la tassa di un soldo, per lo contrario esenta da ogni dazio il vino del luogo, ancorché si venda al minuto. - 27, 88. 10. 1662. — Rovigno. Il consiglio prende la parte, che nessuno del luogo possa occupare il posto di medico comunale, uè chi in luogo contasse consanguinei o affini. - 25, V, 293. 11. 1626. —Trieste. Il vescovo Rinaldo Scar-lichio accorda ai Minori di S. Francesco la chiesa di S. Maria in Grignano, distante *) Tkainer. Velerà Monumenta etc. To. I, pag. 75 riporta la notizia sotto l'anno 1237, li 2 aprile. **) „L'Archeografo triestino". To. IV, pag 391, sbaglia notando questa conferma all'an. 1178. ***) L'onera : Biografia Universale, To. LVI, pag. 227, erra, dicendolo nato li 12 aprile. poche miglia dalla città, e tutti gl'immobili spettanti alla medesima. - 24, III, 228, - e 13. ! 12. 1304. — Papa Benedetto XI ordina al vescovo di Parenzo, e a quello di Veglia, di chiamare a sè i canonici di Pola, don Candio e don Odorico, rei di profanazione della chiesa cattedrale e di insulti fatti al proprio vescovo il giorno primo dello scorso ; novembre, e di mandarglieli a Roma. - 2. 13. 1359. — Il senato ordina al podestà e capitano di Capodistria di detrarre dai beni confiscati al fu Pasquale de Vitando, uno dei capi della rivolta del 1348, lire 550 di piccoli e di consegnarle ad Azone de Tetaiasinis di Bologna, domiciliato in Capodistria, perchè qual tutore provveda ai minorenni del suddetto Vitando e della defunta Giovanna nata Tetaiasinis, sua sorella. - 15, XXVIII, 102.11 14. 1350. — Aquileia. Frà Marco, collettore delle rendite della chiesa di S. Clemente degli Ospedalieri presso Muggia, delega Giacomo di Bertuccio strazzaroli di Venezia per riscuotere in Capodistria certi arretrati, e quanto dovevano le chiese di S. Pietro (in Barbano?) e di S. Tomaso, situate nell'agro giustiuopolitano. - 2. 15. 1653. — Capodistria. Il maggior consiglio delibera, che il podestà di Due - Castelli, il quale doveva essere un nobile giustinopolitano, sia tenuto a contribuire al doge l'annua regalia dì dieci paia di cotorni e debba farne la spedizione per le feste del Santo Natale. - 51, 204. VITA DIGIANRINALDO CARLI ■'CAPODISTRIANO dettata da GIAMMARIA MAZZUCHELLI trascritta dalle Schede Vaticane da Salomone Morpurgo (Continuazione. cedi il N~.ro prec.) Il Conte Carli era principe dell'Accademia de' Ricovrati di Padova a' 24 di Gennaio del 1749') e pensava sin da'22 di Marzo del medesimo anno d'abbandonare la Cattedra per la moltiplicità de' suoi affari in Venezia. „In una sua lettera — così scrisse da Venezia a nostro padre a' 22 di Marzo del 1749 — ..ritrovo una ricerca a cui non so se abbia mai sodisfatto ; cioè se io sia iu deliberazione d'abbandonare la Cattedra. Le dirò sinceramente di sì. La moltiplicità de' miei affari in Venezia mi toglie la libertà di fermarmi a Padova, onde sono in necessità o di mancar alla Cattedra attendendo a' miei interessi, o di mancar a questi esercitando la professione, oppure, volendo soddisfare e là e quà, pregiudicare altamente alla mia salute." ') »Ora è anche Accademico Ricovrato* — così scrisse a nostro padre da Venezia a' 24 di Gennaio del 1749, iu occasione che fu ascritto all' Accademia dei Ricovrati di Padova, il siguor Francesco Ganassoni nobile Bresciano — »avendomi prevaluto dell' Autorità che ho come Principe, nell' ultima riduzione che vi ho tenuta." Ma dopo la perdita d'una moglie sì rara, i avendo intrapreso un viaggio per cercare al 1 suo dolore, se non un rimedio che lo risanasse almeno un inganno che lo fortificasse, ritornato a Venezia a' 3 d'Ottobre del 1749, espose candidamente i suoi pensieri a nostro padre sul fatto della moglie: „Jeri mi sono restituito — così egli si espresse ->- in Venezia. „Ho fatto un giro per Ferrara e Modena sino a Piacenza, e per Cremona e Mantova a Verona, cercando, se non un rimedio che mi risani, almeno un inganno che mi fortifichi e mi renda atto sintauto che renda sicuro l'interesse di chi spero sia per restare dopo di me. Io la ringrazio del cordial sentimento ch'ella mostrò per chi non è più e per chi tuttavia esiste; e mi son consolato nel vedere in lei quegli atti d'amicizia dei quali non è stato capace chi m'era assai più vicino e eh' era in debito preciso di farli. La serie delle mie disgrazie è stata ed è tanto grande, che diviene un miracolo la mia esistenza. La ingiustizia de'parenti, l'enorme ignoranza e '1 vero tradimento de' medici ne hanno tutto il mento. Le prime accrebbero in quella sfortunata l'ammasso della bile, a cui s'accompagnò una violenta viziatura isterica cagionata dalla soppressione avuta in grazia d'importuna applicazione nel tempo dell' aborto malamente curata da' Medici di Venezia, i quali a fronte d'insoffribili ratti al capo, e di febbre ommi-sero l'emissione del sangue, contentandosi di soli pediluvi i quali calmarono l'esaltazione e la febbre ma non minorarono la copia del sangue ; per cui dovette finalmente soccombere a un male acuto in Quaresima: e la seconda voglio dir l'ignoranza de'medici di Padova, vedendola ricaduta nelle esaltazioni alla testa per un infausto incontro avuto in Venezia nella sua perfetta convalescenza dell'acuto, con qualche stillicidio di sangue e qualche tinta per bocca, che cadde visibilmente dalla stessa miniera cioè dalla testa, sempre aggravata da riscaldamenti e per conseguenza da distillazione; battezzarono per male acuto e male cronico quel eh' era isterico e bile; e qui sconsigliatamente con frequenza di pediluvi le promossero il sudore, coi tentativi del latte le ruinarono il prima perfetto ventricolo, e con la frequente sanguigna la indebolirono e la svenarono affatto. Non le dico altro, nello spazio di quaranta giorni, computate tredici once di sangue estratte in Venezia, gliene cavarono quarantacinque. Computi il sudore de' pediluvi, la perpetua dieta e la debolezza di quel delicato temperamento e veda se poteva mai reggere. S'accorse anch'ella e mi accorsi pur io della cura malfatta ma non fummo a tempo. Pur col suo coraggio e con la forza grande che godeva nel sistema nerveo combattè all'estremo, a segno che, partiti da Padova ci ridussimo a Pademo con ragionevole aspetto di salute; ma da che il sangue uscì dalle vene la natura mancò ne'tributi, e quando fu il tempo menstruo s'è fatto un esto tremendo, e s' espresse ciò ch'era di più copioso, e questo fu la bile che travasò nel ventricolo e venuta una diarrea di dissenteria accompagnata da dolori mortali si consumò interamente e finalmente perì. Appena accortomi del pericolo, con una staffetta, invitai al riparo dell' effetto chi ne aveva formata la cagione, ma si nascose, non venne, e dopo dieci giorni mi scrisse una lettera di scusa mal consigliata e non vera. Intanto mi hanno rubato tutto ciò eh' io poteva perdere e dall' uomo più felice e più contento che fosse al mondo, mi hanno ridotto il più infelice e '1 più miserabile. — È grande il vincolo di marito amoroso, pure quest'era il minimo ch'io avessi per lei. Amore, amicizia vera, stima, gratitudine, allegrezza continua, delizia, piacere, vanità, tutto ritrovava ed aveva riposo in lei. Ora sono da questa scala precipitato. Dio mi dia forza almeno ancora per un poco di tempo." Trovandosi iu Modena nel 1749 fece parte il nostro autore delle notizie intorno alla Geografia ed alle Tavole Geografiche degli antichi al signor D. Domenico Vandelli in presenza del Dottor Vitaliano Donati, e l'Ab. Vandelli ebbe poi la compiacenza di servirsene non però senza mancanze e difetti,J) nella sua Dissertazione sopra tale argomento. 2) A' 13 di Novembre dello stesso anno 1749 essendo il Conte Carli ritornato da un secondo viaggio a Veuezia, ne palesò i suoi sentimenti ed i motivi che l'aveano richiamato con premura a nostro padre, assicurandolo che la cattedra era finalmente riuuuziata. „Mi trovo in difetto di risposta alla cordialissima sua ricevuta nello scaduto mese, perchè in giunta delle mie fatali disgrazie s'aggiunse un male pericoloso da cui fu per molti giorni tormentata la donna di governo da tanti anni pratica della casa ed assistente del puttino, il qnale neppur egli andò esente da replicate febbri, scoperte poi come prodotte da 3 denti canini e mascellari fatti in un tempo stesso. — Ora, grazie a Dio, e questo e quella si sono restituiti iu salute. Questi sono i miei divertimenti. Nel teatro della mia casa è ancora aperta la scena della tragedia. Io sona stato sino a Piacenza, e 1' assicuro che mia intenzione era di passar a Milano per indi venir a Brescia e fermarmi qualche giorno j con un amico il di cui cuore m' è noto : ma ingenuamente glielo confesso, il timore di trovar in patria l'omicida di quella innocente e povera sfortunata, mi fè risolvere di prendere la via di Cremona e per Mantova trasferirmi in Verona. S'aggiungeva anche a darmi stimolo al ritorno mio iu Veuezia, le nuove avute d'un impetuoso male sopraggiunto all'Ab. Tamagno mio cugino, iu mano di cui stavano le cose mie, unitamente alla cura del figliuolino; onde non fu caso di soddisfare al mio desiderio. Io formo appresso di me, per mio privato conforto una raccolta di lettere della povera mia Paolina. — Mi pare ch'Ella, o il Sig. Francesco Maggi, da me riverito, ne abbia qualcuna, onde la prego a mandarmene copia se pure si ritrovano in essere. La Cattedra è finalmente rinunziata." *) (Continua). LA POESIA DEL VERO Disse una volta il Lessing : „Se l'Onnipotente, con la verità in uua mano, e l'indagine della verità nell' altra, mi dicesse: Scegli, io risponderei : O Onnipotente, serba a te pure la verità, e a me ne lascia l'indagine, che mi sarà più giovevole." E poteva beu dire, più gradevole, più dolce, più bella. La bellezza che nasce dal vero, conquistato dopo lungo studio e pazienti ricerche, io chiamo poesia del vero. Abbozziamone la genesi. ') Carli, Velia Geografia primitiva nel Tomo X della Raccolta Calogerana a car. 262. e Minerva ossia Nuovo Giornale dei Letter. d'ital. Ottobre 1763. !) La detta dissertazione dell' Ab. Vandelli si legge nel Tomo XLTI della raccolta Calogerana a car. 283 3) Anche il Facciolati nel Vol. II de' suoi Fasti Gymnasii Patav. a car. 328 scrive che il Conte Carli „exeunte anno onus deposuit," e che „biennio post 7 Kal. Dee. schulam ipsam Senatus sustulit," e che rpensum eius XIII. Kal. Mart. 1756 partim reddituali Mtteoris est, partim ad Mathesim translatum." Lo spirito umano nelle sue gite ardimentose non va solo, o meglio non cammina a! bujo, ma ha per compagna la luce : da questa ei prende coraggio, come Dante dal suo dolce Duca. E a punto nella terza cantica del poema immortale troviamo di ciò un'immagine. Il divino poeta, pellegrinando di cielo in cielo dietro gli occhi ridenti di Beatrice, arriva nella sfera lucente del sole, dove è invitato a ringraziare Dio, che l'ha fatto degno di salire a tanta altezza. E l'invito viene dalla sua Donna, che gli dice ; Ringrazia, Ringrazia il Sol degli angeli, ch'a questo Sensibil t'ha levato per sua grazia. Nessun altro è stato sì presto a rendersi a Dio, come il poeta al sentir queste parole. Egli d' un tratto s'è visto rapito nel Sommo Bene, così da dimenticare ogni altra cosa, fin anco Beatrice : Cuor di mortai non fu mai sì digesto A divozione ed a rendersi a Dio Con tutto '1 suo gradir cotanto presto, Com'a quelle parole mi fec'io; E sì tutto '1 mio amore in lui si mise, Che Beatrice ecclissò nell' oblio. Così è fatto l'animo uostro: assorbito in sè stesso, o iu qualche obbietto, che è fuori di sè, non avverte se non questo obbietto che opera potentemente in lui, e gli esseri sfumano, e le impressioni si trasformano, e l'uomo iu questo stato dimentica di essere artista o scienziato, e si sente poeta. Perciò, a significare questo stato, assai a proposito s' è presa la parola estro, che suona impeto, ardore, furore, che suona stimolo alla fantasia a creare ima-gini, che suona movimento istantaneo, estasi, apparizione ; passata la quale s'incomincia a riacquistare le proprie energie, si ritorna padroni di sè stessi. Beatrice a vedere iu quello stato il suo fedele amante, sorride amorevolmente, mossa da un' interna compiacenza. Daute, tocco dallo splendore degli occhi ridenti della sua Donna si ridesta, e la sua mente, per poco raccolta e fissa in un punto, si divide dandosi a cento scintille vivo, così da vincere ogni altra luce, uon che ogni virtù dell' occhio. Non 1« dispiacque, ma sì se ne rise, Che lo splendor degli occhi suoi ridenti Mia mente unita in più cose divise. Io vidi più fulgor vivi e vincenti Far di noi centro, e di sè far corona Più dolci in voce, che ili vista lucenti. Quest'ultimo verso mi apre alla mente un nuovo orizzonte, e mi fa vedere l'interna generazione delle idee; le quali, occasionate da stimoli esteriori, e partecipi delle virtù produttrici dell' intelletto, si formano in noi, e scintillano luce propria: ma quando chiamiamo i segni sensibili a ritrarle, allora quella luce pare venga meno : al primo periodo spontaneo, ne succede un secondo di riflessione; e siccome non sempre la forma s'accorda all' intensione dell'arie, Perchè a risponder la materia è sorda, (Parodino, Canto 1.) così avviene che l'ideato della mente duri fatica a riacquistare quella unità prima di concezione, chè ci è d'uopo sminuzzarlo, per renderlo opera d' arte. Ma se poi 1' artista o lo scienziato hanno la virtù di consegnare fedelmente alla tela, al marmo, alla catta l'imagine della fautasia, il pensiero della mente, allora quella prima idea, specchiata che è nella forma, si riaccende, ed acquista luce più fissa e più viva; e quello che prima era dolce iu voce, diventa dolcissimo in vista. Questa dottrina il Foruari la fa servire d' imagiue a spiegare la verità interiore della risurrezione di Gesù (Vedi : Della Vita di Gesù Cristo, lib. secondo, cap. XII) : e poi scende ad applicarla all' arte e alle osservazioni scientifiche. Ei dice: „Anche la parola interiore dell'artefice, poniamo di Michelangelo, dopo scintillatagli nella fautasia, si rabbuja un poco, mentre il lavoro dura ; ma dato l'ultimo colpo di mazzuolo, balza fuori dal marmo come rediviva, anzi con maggiore e miglior vita, 0 certo più potente." E poi : »Quando uno scienziato si mette a studiare uu fatto o una serie di fatti, avviene che l'idea la quale è balenata un istante e l'ha empiuto di speranza, resti un tratto seppellita sotto il muccchio de' particolari sensibili che egli va osservando; e poi risorga di là improvvisa, e gli si affacci più splendida, e gli si posi avanti all'intelletto vittoriosamente." In questa vittoria sta a punto la poesia del vero. Perciò carattere altamente poetico è quel Prometeo della favola, che per dar vita a una sua creazione, ruba il fuoco al sole, e poi, fiero della sua vittoria, è contento di vedersi incatenato a uua rupe, dove un avoltojo gli divora il fegato. E quando mi raffiguro con la fantasia il sommo Buonarroti che al suo Mose dice: perchè non parli? e gli rompe sdegnosamente una gamba, allora il Prometeo della mitologia mi si fa vivo,doventa un uomoche porta scolpita nell'animo l'imagine del Dio creatore; il quale, come si legge nella Bibbia, dato termine all'opera de' sette giorni, la rimira, e quasi ne gode a vedere che tutte le cose fatte sono assai buone. Questa espressione farebbe parte di quella teologia poetica, di cui parla Giambattista, Vico nella sua Scienza nuova. E dev' essere un momento poetico contemplare un' opera, nella quale abbiamo trasfuso una parte di noi stessi, e intorno a cui si è sospirato tanto. Anche il contadino a ripensare alla sua faticosa giornata, passata tra i solchi della gleba, si riconsola: anche il nocchiero, dopo una corsa ardita nel grande oceano, con gioja ripensa a' suoi timori, alle sue ansie ; ripensa alla tempesta furiosa, e alla calma magnifica del mare, e sospira quella calma e quella tempesta. E la genitrice nello specchiarsi che fa nel volto del suo bamboliuo, deve provare un gran contento, e dimentica 1 dolori sofferti, anzi benedice a que' dolori. E chi sa che non ci sia anche questa ragione nello scorno in cui cadeva la sterile donna ebrea ! È questa, dunque, una legge generale, dentro cui l'uomo vive. Ci vive l'artista, e noi sappiamo che Raffaello da Urbino, quasi fuor di sè, uon trovando modelli reali, si rifugia nella sua mente a cercare una certa idea: sappiamo che frate Angelico, prima di pigliare il pennello, s'inginocchiava, e gli angioletti venivano a fargli festa: e così, in quell' estasi dipingeva le sue madonnine, che a solo guardarle si sentiva piovere nell' animo una gioja ineffabile di paradiso. Ci vive io scienziato ; ed ecco Pitagora, scoperto il quadrato dell'ipotenusa esser uguale alla somma de' quadrati degli altri due lati, non cape in sè dall' allegria, e smanioso esce dalla sua stanza ad annunziar la scoperta. Ed ecco il Colombo, dopo tante angustie, scopre la terra de' suoi lunghi studj, e prima di scendere, s'inginocchia su la tolda della nave e canta a Dio un inno di vittoria e di ringraziamento. A segno di vittoria e ringraziamento Moisè intona quel cantico sublime, poiché uscì salvo col suo popolo dalle mani degli Egizi persecutori (Esodo, cap. XV). E David, a rivedere l'Arca del Signore, ebbro di gioja, esulta e salta di tutta forza (II. de' Giudici c. VI). E questa è poesia. Sono certe illuminazioni istantanee ; è una certa festa dello spirito, per cui 1' uomo si sprigiona dalle miserie della vita, e si sente un altro. Qualche tartaruga umana, avvezza a moversi stentatamente su la nuda terra, non ne vuol sapere di questa poesia, che abbella il mondo dello spirito, come i fiori e gli uccelli allegrano il mondo della natura. E pure e tanto bello esser poeta! Lasciamo dunque le tartarughe. Noi farfalla seguiamo la natura nostra, che è di volare su' petali de' fiori, e succiamo la dolce stilla che ci allieta la vita. Visto come lo spirito sa esser poeta a sè stesso, ci tocca a vedere come la natura esteriore mette 1' uomo a festa. Ma di questo All'altro canto vi farò sentire, S'ali'altro cauto mi verrete a udire. Giuseppe Maria Zampini Cose vecchie istriane (SECOLO XVIII). (Dalla »Provincia") Capitoli berneschi di Nicolò del Bello. — Detti di G-iovanni Battista Manzini. Nel primo lavoro descrive l'autore in quattro capitoli un'escursione fatta per dovere d'ufficio in compagnia di tre amici capodistriaui nella parte montana dell'Istria. Essi visitano Muggia Vecchia, Carisana, Ospo, Gabrovizza, Rosariol, Popecchio, Xaxid, Pinguente, Rozzo, Dane, il Monte Maggiore, Lanischie, Ber-godaz, Colmo, Draguch e Grimalda. Ognuno di questi luoghi è descritto dal del Bello con briosa snellezza, con satira fina, arguta, piccante; doti queste che sono proprie della poesia giocosa, e che meriterebbero allo scrittore dei capitoli di essere noverato come non indegno seguace di quel celebre umorista toscano che fu Francesco Berni (1490-1536). Nicolò del Bello, gentiluomo di Capodistria, venuto adolescente da Livorno, sua terra natale, visse in sullo scorcio del secolo XVIII e nel principio del XIX. Egli ebbe nella nostra provincia fama popolare di poeta lepidissimo; onore non piccolo per un paese, che vantava ormai ingegni sì distinti, da meritarsi l'ammirazione dei connazionali e degli stranieri. Col semplice titolo di detti, Giovanni Battista Manzini, gentiluomo della nostra città, raccoglieva alcune serque di massime, o come altri direbbero di pensieri, le quali dimostrano nell' autore perfetta conoscenza della morale filosofia e profonda coltura nella storia. La raccolta del Manzini, conservata autografa e inedita, non è copiosa, ma accenna nel suo titolo ad una continuazione, che forse oggi sarà smarrita, ma che un tempo sarà stata depositata nell' or soppressa Accademia dei Risorti, presso la quale si conservavano i manoscritti scientifici e letterarii dei consoci. I detti suaccennati, racchiudono bellissimi concetti riguardanti l'anima, l'amore, l'immortalità, la giustizia, la bellezza, la ricchezza ecc. ecc. e sono intramezzati da opportuni esempi, tratti dalla mitologìa e dalla storia. II Manzini nato a Capodistria alla fine del secolo XVII, visse gran parte del secolo XVIII. Fu riputato capitano-ingegnere per la Repubblica di Venezia, e di lui furono loda-tissime le opere di architettura militare erette in provincia, in Dalmazia e in Levante. Cittadino operoso, e de' più stimati, coperse in patria le cariche più distinte ; membro dell'Accademia dei Risorti (la cui sede era nel 1' odierno teatrino sociale) lesse con plauso parecchie dissertazioni di svariato argomento, tra cui primeggiavano quelle della sua nobile professione. Capodistria ha del Manzini la strada che la congiunge al continente, e il parapetto che la difende dai venti nord-nord-est. Il nostro concittadino, benché al dire dello Stancovich, fosse sempre cagionevole di salute, visse quasi centenario, essendo nato nel 1695 e morto nel 1788. T. NELLA LOTTA è il titolo di un nuovo romanzo di Enrico Castelnuovo. Narra esso la storia di un giovane ingegnere milanese, il quale fino dalla nascita fu allevato nella mollezza, nel lusso, iu tutt'i futili bisogni della vita. Sortita una madre, il cui tutto era la toilette, il lusso in casa, i balli, le feste, i passatempi, i pappagalli e niente affatto il marito, direttore d' una Banca, che malgrado la debolezza di contentarla in tutto, non sapeva che sacrificarla com'essa usava dire; niente affatto la vera educazione dell' unico figlio, che fornito di raro ingegno, primeggiava fra tutti gli studenti del politecnico; egli, per la morte del padre, videsi esposto alla lotta colle difficoltà della vita ; alla lotta colle idee stravaganti di sua madre, che pretendeva dover egli sacrificare il suo beli' avvenire per le di lei mire d' ambizione ; alla lotta coli' amore per una giovinetta, che reputava cosa impossibile abitare collo sposo in un villaggio, che riteneva gravissimo sacrifizio l'astenersi per amor verso 10 sposo da un divertimento, da una festa da ballo, in cui trovar dovevasi con pericoloso vagheggino, che pretendeva dover prodigare 11 suo sposo carezze alla sua amabile cagnetta, eh' esigeva dover egli rinunciare ad una posizione lucrosa ed indipendente per appagare le sue sciocche idee. Ma l'ingegnere mercè il senno che dal padre, uomo energico (nella vita pubblica), laborioso ed onesto aveva ereditato, seppe uscirne vittorioso dalla lotta e rendersi felice quanto mai, accompagnandosi a donna, non profonda nelle lettere, non pratica nel cinguettare varie lingue, non destra nella quadriglia, ma dotata di delicatissimo sentire, educata alle virtù domestiche; donna, che non riguardava il marito, come il mezzo di appagare la sua ambizione, i suoi capricci, ma il dolce compagno della vita. Il romanzo è ricco d'intrecci, dettato in uno stile vivo, spigliato e tale da non far deporre il libro finché non si è alla fine. Esso ci apprende quale educazione deb-basi dare alle donzelle per renderle veramente felici, perchè siano buone mogli e madri esemplari ; esso ci apprende che i buoni esempi de' padri hanno una forza irresistibile sull'animo dei figli, i quali, quando ben educati sanno sottrarsi all'influenza delle false idee delle genitrici senza mancar loro punto del dovuto rispetto. Per me, educatore dello stampo vecchio, c' è un puuto nero in una di quelle pagine, che vorrei non ci fosse, per ciò che risguarda la fede. Il lettore prudente saprà evitare lo scoglio in modo che la navicella della fede non abbia a soffrire alcun nocumento. s. Vascotti. UNA FESTA POPOLARE (lettera) Dall'Istria, 2 Aprile 1881. . . . . Mi trovavo di passaggio a liovigno, nel pomeriggio del 24 Marzo decorso. Il popolo s'affollava nelle piazze, nelle vie, e le comari bisbigliavano: ogi i sega la veda c po i la brusa. Chi è la veda? Abbiate un po' di pazienza. Ecco sfilare in bell'ordine il corteo, preceduto dalla banda musicale, cou quattro bandiere. Viene poi la carrozza che conduce i tre giudici e 1' usciere, parti sostenute da quattro giovaui signori della città, dei quali non ricordo più i nomi, vestiti nel costume veneziano del secolo decimottavo ; poi un carro, con sei guardie da ogni lato; sul carro sta seduta una povera vecchia, magra pallida, tremante, la quale attende la sua sorte dalla solita saggezza dei Giudici ; dietro il carro, due carnefici, dalla faccia truce, col berretto rosso, 1' uno dei quali armati di sega a due manichi; fungevano da guardie e da carnefici altrettanti popolani. Segue il corteo grande folla. Muovono dalla Piazza della Biva, e passano per la via che conduce alla stazione della strada ferrata. Sul piazzalo vicino alla stazione dove è eretto un palco, si fermano; e là, corani populo, i giudici pronunciano la sentenza che condanna la veda a morte mediante segatura. Non c' è rimedio di legge, nè si ha tempo di aspettare che la condannata si prepari a buona morte. Detto fatto, è trascinata giù dal carro, è stesa boccone sul palco; e, tenuta ferma da vigorose braccia, i due carnefici si danno a lavorare di sega fra capo e collo, al suono d' una marcia funebre. La è una barbarie ! sento sclamarvi .. Ma non la pensano così i ragazzi del corteo che s' arrabattano a raccogliere i visceri della giustiziata: cioè arauci, carrubi, fichi secchi ecc. ecc. Nè la pelle della poveretta è risparmiata, chè le fanno subire la cremazione. Un j denso fumo che s'alza iu mezzo la folla e le' : ceneri disperse al vento, annunziano agli spettatori che il sacrifizio è consumato. Terminato lo spettacolo, la gente si raccoglie nei locali della stazione, gentilmente concessi per la circostanza, ivi i conforti corporali non mancano. Si canta, si suona; e s'improvvisa un ballo rallegrato dalla presenza di molte gentili signore e signorine. E così ebbe fine, a tarda sera, la festa. Il supplizio della veda è una festa popolare rovignese antichissima, dei tempi della Serenissima Repubblica Veneta, e dovrebbe avere un significato allegorico. Un tempo aveva luogo ogui anno, alla metà della quaresima. Da un pezzo non la si ricordava ; ed ora la rimettono in uso mercè la beuemsrita Società Filarmonica locale. Negli anni avvenire seguirà auzi con maggior apparato. Dirò ancora questo. Durante la festa sopra accennata, io vidi a un vecchio (di quei pochi che portano ancora gli storici calzoni corti allacciati al ginocchio con fibbie d' argento, la calza e i borseghini) tremolare negli occhi uua iagrima .... (Però intendiamoci, quello era un vecchio in carne ed ossa, e nou già di carta pesta).| E quella lagrima ? Era un ricordo, un sospiro forse alla giovinezza ... Ma fu un momento. Riapparve tosto sorridente, lieto della comune letizia. Conserviamo le antiche costumanze, che sono parte della nostra vita, della nostra storia. E poi queste feste popolari affratellano gli animi : sono anelli che ci legano al passato : destano affetti sopiti, ma non spenti. E si sa che gli affetti ingentiliscono i cuori, rendono gli uomini capaci delle più nobili azioni. ... E con ciò vi saluta carissimamente l'amico vostro d. f. Illustrazione dell' anniversario Fu il principe dei poeti comici del cinquecento, sì per eccellenza di lavoro che per fecondità; fecondità sorprendente in lui che mai tralasciò l'esercizio della giurisprudenza; e a tale proposito va ricordata quale esempio di umana fralezza (sia verità o impostura) la sua asserzione, messa in un prologo, di non avere mai impiegato più di diesi giorni a scrivere una commedi». Molte sono in versi, ma privi di ritmo: difetto questo quasi cancellato dall'andatura agile dello stile, dalla frase efficace, dalle immagini, dalle arguzie. In parte delle sue commedie (per lo più in cinque atti e lunghi quanto quelli delle moderne), egli caratterizza egregiamente la vita famigliare italiana del cinquecento (e queste sono ventuna, secondo l'elenco di suo figlio Baccio, che in tutto ne elenca cinquanta in speciale memoria da lui scritta); in parte tratta di morale; in parte prende argomenti dal Testamento Vecchio; e in parte infine farseggia. Alcune poche vennero trovate imitazioni di Plauto e di Terenzio II Barbèra e il Lemonnier soggiacquero a gara stizzosa nel voler fare l'edizione completa delle commedie del Cecchi edite e inedite; cominciò il Barbèra nel 1855, lo seguì l'anno dopo, il Lomonnier ; per l'uno lavorò Giovanni Tortoli, per l'altro Gaetano Milanesi; entrambi valenti linguisti. Ma i due editori fecero punto, come risulta dai rispettivi cataloghi, il Barbèra dopo il I voi., l'altro dopo il 11. Queste commedie che in certi punti paiono scritte da contemporaneo nostro, si leggono con grande diletto anche oggi e con lieve soccorso di note : in esse •- il Negri nella Storia degli Scrittori Fiorentini (Ferrara, 1722 ne nomina 84) — raccolsero abbondantemente i compilatori del Vocabolario della Crusca. Morì poco prima di toccare i settanta. Istituto di Credito Fondiario. — Per iniziativa della Giunta Provinciale, viene ora offerta all' Istria facile occasione di prosperità per mezzo di uu Istituto di Credito Fondiario Esso ha sede a Parenzo, diretto da esperti, sorvegliato dalla Giunta stessa e dalla Dieta. Funziona dal 1. gennaio, e ottenne già la quotazione delle sue «Lettere di pegno" alle borse di Trieste e di Vienna. I mutui vengono accettati verso ipoteca di stabili (perchè è credito soltanto fondiario e non anche agrario), cioè case e terreni esistenti in Istria ; e i mutui non possono essere minori di 200 fiorini ; e se maggiori di 3000, abbisognano dell' assenso della Giunta Provinciale. Tutto compreso, l'ammortizzazione, in ragione del 6:ì0/too per cento segue in 36 anni, a rate semestrali (1, gennaio, 1. luglio); ma, volendo, si può estinguere il debito in tempo minore, e allora l'importo j delle rate semestrali aumenta progressivamente, in modo che in 10 anni (che sono il periodo più breve possibile) lo si viene ad estinguere col pagare le rate in ragione del 13 per cento. Finora vennero respinte quasi due terzi delle numerose domande, o perchè irregolari o perchè sfornite di adeguata ipoteca. Questo fatto ammaestra come sia nell'interesse stesso di coloro che chiedono il mutuo, senza avere in proposito cognizioni complete, l'affidare il procssso delle insinuazioni ad un avvocato o ad un notaio; e come riuscirebbe di generale utilità la larga diffusione dello Statuto per mezzo delle Podesterie. La Stfcietà Operaia, raccoltasi uell' au-nuale assemblea addì 25 del mese passato, approvò il Consuntivo del 1880 (anno XI) e il Preventivo pel corrente, ed elesse, come vuole 10 Statuto, due consiglieri e tre revisori. La società vive prospera: il merito di questo fatto, utile indirettamente a tutti i cittadini, spetta, oltre che alla saviezza dei soci, iu gran parto alla benemerita Direzione, la quale fu solerte sempre, ma iu modo particolare nell'anno decorso, in cui riuscì straordinariamente operosa. Essa infatti, coll'intento di avvantaggiare tutta la città, istituì la Sezione Femminile ; propose all' Inclito Municipio l'apertura di una Scuola Professionale (attesa ansiosamente dai giovani operai); e si fece iniziatrice di una Bauca Mutua Popolare, la cui fondazione è da sperare possa in breve veniro effettuata, — Un po' di cifre. La sostanza sociale, alla fine del 1880, ora di fior. 11560:64. Di questi, fior. 334:52 sono la facoltà mobile ; 126:42 il Fondo Vedove e Pupilli; 94:30 il Fondo Bandiera; i rimanenti fruttano. Vennero, durante l'auuo, distribuiti in sussidio a 59 malati (giornate 1521) fior. 1490:72; e se ne introitarono 2305:08, dei quali 422:50 furono gl'interessi delle sommo investite. Pubblicazioni risguardanti l'Istria. — L'onorevole Redazione della Provincia rende noto che tiene in vendita le seguenti pubbli-zioni. Sono scritti già iuseriti nell' eccellente periodico e per cura di essa Redazione ripubblicati in fascicolo; acconci a fornire importanti e svariate notizie a tutti coloro che, spinti da ragioni di studio o da vaghezza di erudizione, pongono mente alla nostra carissima Istria. Sui dialetti dell'Istria. Studi e Memorie di Tomaso Luciani. 1876. Soldi 25. Note sopra i Castellieri o Rovine Preistoriche della penisola istriana del capitano R. F. Burton ecc. Prima versione dall'inglese di Nicotina Gravisi Madocizza —1877. Soldi 45. Bel decadimento dell'Istria. Paolo Tedeschi — 1880. Soldi 45. Degli Errori sull'Istria. Paolo Tedeschi — 1880. Soldi 25. E sono vendibili anche alcune raccolte complete della Provincia (1867-80), al prezzo di fior 20 l'una. Dibattimento. — Di confronto al giovanetto tredicenne Vittorio Timolini — imputato di correità nel collocamento, eseguito da ignoti, di un petardo che scoppiò con forte detonazione, la notte del 19 febbraio a. c., dinanzi all'albergo Radetshj durante il ballo degli i. r. impiegati e degli i. r. ufficiali — fu tenuto dall' i. r. Giudizio Distrettuale addì 26 p. p., il relativo dibattimento a porte chiuse in esito al quale egli venne condannato a tre settimane di arrosto. Contro questa sentenza 11 suo difensore, avv. Augusto Gal lo,interpose ricorso; ed ora il Timolini trovasi a piede libero, dopo^un mese di arresto preventivo. Alcuni giorni prima di tale dibattimento era stato rimesso in libertà il Pesenti per desistenzad'accusa. Arresti politici a Cittanova. — Uu nostro amico, ritornato giorni fa dall'interno della Provincia, ci raccontò che il giorno 29 del mese passato vennero arrestati a Cittanova, e tradotti dall' i. r, gendarmeria uelle carceri giudiziarie di Buje, i signori Giovanni Millo-vaz, Giovanni Rainis, Luigi Zamarini da Cittanova e Vittorio D'Ambrosi da Buje. Motivo, secondo la pubblica voce, dell'arresto di questi quattro giovani, sarebbero state alcune grida ritenute d'indole sediziosa. Carta geografica proibita. — L'i. r. Tribunale Provinciale di Trieste, in seguito a proposta fattagli dall'i, r. Procura di Stato d. d. 21 marzo p. p., vietò la diffusione ulteriore e ordinò la distruzione delle copie rinvenute e rinvenibili della Carta geografica dell'Italia ad uso delle scuòle del Regno, impressa nel 1875 a Milano dallo Stabilimento di Antonio Vallardi ; e ciò perchè quella carta costituisce gli elementi oggettivi del crimine diperturbazione della pubblica tranquillità (§. 65, A, del C. P.) ina cena scacchistica. — Con questo titolo la Nuova Rivista degli Scacchi di Livorno ci riferisce estesamente, uel suo fascicolo di marzo, una cena ivi fatta l'ultima sera del carnovale da quindici di quei valorosi campioni dello scacchiere. Ad accrescere letizia al bel convegno, vollero tutti, o in versi o in prosa, soddisfare il loro tributo di ammirazione per l'importante giuoco, che ora va diffondendosi rapidamente iu Italia, riuscendo germe di utili affratellamenti. Si può di leggieri immaginare la graziosa lepidezza dei componimenti, quando si sappia che la piacevole brigata era formata da professori di lettere, da avvocati e da colti commercianti. Ve ue furono di originalissimi ; uu sonetto, per esempio, del signor Borgi aveva tutte le rime in acco, senza mai stridere. Quale saggio di tali tributi, riportiamo qui uua parte dei versi recitati dall' avvocato Sansoni. Mi piace innanzi tutto nello spartito agone 11 modesto, raccolto, semplicetto Pedone; Bel tipo di pazienza, intrepido, costante, Che fa un passo per volta, ma pur va sempre avante. Il baldanzoso Alfiere, che guarda di traverso, E crede far paura a tutto l'universo, Il Cavallo che salta, che galoppa e sconquassa, Assale all' improvviso, piglia, ferisce e passa, Son due pezzi terribili, due pezzi da sessanta, E chi sa ben condurli a torto non si vanta. Sta la Torre e non crolla, e tira da lontano, li spesso un forte attacco rende misero e vano : Chi non lia di rispetto l'anima foderata Per la grave, possente, duplice corazzata V Ed anche il gran Signore, che fa piccoli passi, Può nella colombaia tirar di buoni sassi ; Chè al guerriero nemico, se dappresso minaccia, 11 tardigrado llegc a tempo dà la caccia. Son tutti valentissimi costor, son tutti forti, Empiono, battagliando, il terreno di morti. Ma v' ha chi in sè raccoglie i pezzi tutti quanti, E le virtù di tutti, gridando: „sempre avanti" È la Dama il gran pezzo, il pezzo più gagliardo, Al cui ferir da lunge ogni soccorso è tardo. Ad essa quasi sempre dovuta è la vittoria, E dell'ultimo scacco l'imperitura gloria. E donna, e basta: in lei chi non ravvisa e sente Delle ambite speranze la sola che non menteV È Regina, e del grado congiunge la prestanza Alla graziti ed al merto di feimuinil possanza. D'altrui sempre pensosa, Ella previen le offese, Protegge gli altri pezzi, e corre alle difese: Come l'alta e gentile omonima Signora Che di non servo omaggio l'itala gente onora, Amica ai poverelli, ai pargoli, ai sofferei.ti, Ha un sorriso per tutti, tutti sa far contenti. Duce nella scacchistica ed incruenta guerra, Astro che irraggi splendido sopra la nostra terra, Il pensier ti contempla nella schiera gradita, Che da Teodolinda arriva a Margherita .' Miratela sul campo. In tutti i sensi corre, Fa da Pedon, da Alfiere, e perfino da Torre: Ha la grazia e la forza, è uu guerrler fulminante, Il suo colpo è tremendo, il gioco suo brillante. Con l'Alfiere da tergo può darvi l'infilata, Con la Torre davanti minaccia la scalala; Col cavaliere a fianco, che ogni riparo va.ro.1, Vi si pianta dinanzi, e vi strozza il monarca; 0 mentre almanaccate qualche ingegnoso tratto, Con un solo pedone vi dà lo scaccomatto. Sotto lo scacco doppio, fedele al suo Signore, Gli dà tempo a salvarsi e per salvarlo more. Quand'è perduta invero il mal non si rimedia: Il gioco compromesso finisce per inedia. E se c'è uno scapato che se la fa mangiare, E un uomo rovinato, può andarsi a sotterrare. Anche se resta sola, cotanto s'arrabatta, Che può impedire il matto, e la partita è patta. Io son per la Regina: il suo valore è tanto, Che agli scacchi e per tutto sa vincer per incanto. A quel poter gentile la mia mente s'inchina: Agli scacchi e per tutto „evvioa la Regina!" Quel gramo araldo — del Vecchio ed alato dio, nato col sole Ad un parto me-desmo e colle stelle — che vivacchia sulla nostra torre campanaria, stancatosi forse di essere l'orologio più bugiardo della Penisola, si rese d' un tratto immobile nella decorsa settimana. Dopo alcuni giorni fu inviata alle eccelse sfere una deputazione, la quale, sciorinando una rettorica di poderose martellate, che rumoreggiarono fino nella piazza — e più terribili certo di quelle da noi, per amore di novità, regalate tempo addietro ai nostri lettori, nel fare con certi versi due relazioni teatrali — lo persuasero a scuotersi e a continuare il suo officio di segnarci le ore in via approssimativa. Il nostro „forse" è una supposizione abbastanza verosimile ; ma ne corre un'altra ancora più verosimile. Dicesi che l'improvvisa immobilità del vetusto orologio giustinopolitano (0 ateniese, come vi piace meglio) sia stata una sincope, originata dal lungo e profondo avvilimeuto di scorgersi, adocchiando i monti circostanti, superato di gran lunga in precisione e vigore dai suoi confratelli villici. In ogni caso le nostre fronti possono ora spianarsi di uuovo: il nostro buon vecchio si muove. LIBRI RECENTI La lirica scientifica di Giuseppa Re-galdi. Studio del dott. Ettore Stampini. — Torino, Ermanno Loescher ; L, 2. — (\B. Il titolo di questo libro fu stampato nel N. prec. inesattamente). Teste quadre, per Enrico Pauzacchi. — Bologna, Zanichelli. Scritti d'arte di L. Mussini, pittore. — Firenze, Le Monnier. L'uomo preistorico del prof. Carina. — Lucca, Giusti. Caro Nido! "Semplici voti di Laura». — Milano, A. Brigola e C°. Almanacco pedagogico italiano. — Torino, Giuseppe Tarizzo, editore. La parola parlata 0 sull' arte della parola, M prof. Soldatini.— Milano, Paravia ; pag. Vili — 236. Artista e critico. Corso di studii letterarii del prof. P. Ardito. — Napoli; pag. 478. Elementi di astronomia del prof. G. Zantonelli. — Napoli, comm. G. De Augelis, tipografo di Sua Maestà. Diritti e doveri del cittadino (secondo il programma ministriale del 1880) — compendiati da Antonio De Nino. — Toriuo, E. Loescher, 1881. — Cent. 80. Trapassati nel mese di Marzo 1881. S B. P. d' anni 28 (carcerato) da Rovigno. — 5 Antonio Miuca fu Antonio d'anni 79. Maria De Mori, moglie di Cristoforo, d'anni 71. ~ 8 Nicolò Maniago fu Andrea d'anni 73. — IO Michelina Fa-bretto, fu Pietro De Gan, d'auni 81 da Dignano — Giovanna Cociancich, fu Giovanni Urini, da Pinguente. li Andrea Marussich fu Biaggio d'anni 77. — 13 Tommaso Apollonio fu Giovanni, d'anni 75. — 14 M. R. (carcerato), d'auni 42 da Siveric (Dalmazia). — 1« Ventura Predonzani fu Giovanni d'anni 79 da Pirano. — S. A. (carcerato) da Rudani (Istria). — 17 S. II. (carcerato) d' anni 24. da Medvigie (Dalmazia). — 18 Teresa Blasicb fu Giovanni, d'anni 65. — lì) T, L. (carcerato), d'anni 46. da Smocovic (Dalmazia). — 30 Nazario Zucca fu Nazario, d'anni 67. — 31 Colonnello Ferdinando nob. Cavallar fu Giacomo, d'anni d' anni 68. — 33 Giovanna Ortis, fu Giovanni Be-stiach, d'anni 41, da Lazzeretto. — 35 Maria Marsich, fu Gio. Batta Micus, d'anni 65. — 37 Giovanni Pelos di Giacomo, d'anni 22. di Lazzeretto. — 31 Giovanni Gerin tu Antonio, d'auni 69. — Francesco Minca fu Giovanni, d'anni 70 — Maria Marcoliui^d'anni 53. E 17 fanciulli sotto i sette anni. Corriere dell'Amministrazione (dal 22 p. p. a tutto il 6 aprile corr.) Albona Antonio Riosa (anno VI e VII) — Trieste. Vincenzo Gianni (II sem del VII anno); Maria Marsich-Morsan (Isem. del VII anno). — Fienna. Don Giuseppe Bottegaro (II sem. del VII anno). Avviso ai hacliicultori Presso il sottoscritto trovasi in vendita Seme bachi di razza nostrana a bozzolo giallo cellulare e selezionato scrupolosamente al microscopio. Prezzo fior. 6.50 all'oncia di grammi 25 ; oltre le cinque oncie fior, 6. Capodistria, li 7 marzo 1881 Giuseppe Gravisi fu Gianna ndrea.