ANNO XIV Capodistria, 16 G-ennajo 1880 2 LA PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proportione. — Gli abbonamenti ai ricevono presso la Sedazione. EFFEMERIDI ISTRIANE Gennaio 16. 1287. — Il senato ordina al podestà di Montona di prendersi un altro inserviente, e di vietare ai capi degli stipendiarli in loco il mercanteggiare. 6, I, 156. 16. 1461 (M. V.) — Ducale Malipiero che rimprovera al pod. e cap. di Capodistria, Lorenzo Onorati, la poca vigilanza nel blocco di Trieste. - 13. 16. 1556. — Il doge Venier vieta al podestà di Muggia ogni ingerenza nel governo del fontico in loco, essendo a tal fine i rispettivi agenti eletti dal Comune. - 5, 20.a 17. 1420. — Trieste. Il consiglio autorizza i giudici e dodici altri cittadini a scegliere l'ambasciatore da inviarsi al principe per informarlo circa le ingiuste lagnanze che Ruperto de Walsee, signore di Duino, gli aveva avanzato contro il Comune triestino. - 2, 25.b 17. 1584. — Capodistria. Il vescovo proibisce al pievano di San Quirizio (ora Socerga) di consegnare al marchese di Pietra Pelosa i libri delle fraterne; gli permette però che possa fargliene ispezionare. - 12. 17. 1598. — Il vescovo di Capodistria lancia la sco- munica contro que' della villa de' Cano i quali si rifiutassero di contribuire alla mensa vescovile il due per cento sull* olio annuo, - 12. 18. 1330. — Domenico Guelfo e Rigo di ser Marga- rito d'Umago, delegato da Andrea Magno podestà d'Umago e dal Comune, confessano d'aver ricevuto dalla Camera del Frumento in Venezia lire duemila e denari 200 di piccoli per l'acquisto di bovi per coltivare le terre del distretto; si obbligano di pagare il cinque percento sul denaro e di vendere al Comune veneto a sconto del capitale il frumento superfluo al mantenimento della gente del Comune in ragione di dodici grossi lo staio. - 6. I, 107. 19. 1226. Venezia. Artico, massaro di San Giov. Cri- sostomo, si obbliga di numerare al Comune lire 200, ove si potesse rilevare che Arnosto da Pirano abbia venduto al di qna d'Umago le quattro moggia di sale consegnategli in Venezia, perchè le portasse al castello di Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. San Giorgio in Istria. - 18, 18.b 19. 1599. — Albona, assalita dagli Uscocchi, trova nel suo figlio Giam Battista Negri uu prode il quale col suo dire e fare anima i suoi compatrioti a respingere i ladroni. - 19, III, 30, 20. 1289. — Il senato apre uu imprestito per provedere all'armata diretta per l'Istria, ed ordina che la prima metà del detto imprestito sia coperta entro il mese corrente, l'altra entro il prossimo febbraio. - 6, I, 158, - e 7, II, 316. 20. 1306. Venezia. Convenzione stipulata tra i' procuratori del patriarca aquileiese e quello del doge circa il tempo di presentarsi al neo-eletto pontefice Clemente V, perchè dirima la questione sui diritti dell'Istria. - 6, 1, 58. 20. 1347. (M. V.) — Il senato intima a Marino Bosso di Capodistria e a Nicoletto Michele Grirn-berti d'Isola a dover presentarsi entro 15 dì agli avvogadori in Venezia per rendere loro conto degli eccessi che avevano commesso in Isola. - 11, XXIV, 57. 20. 1183. — Udine. Il vicedomino del patriarcato a-quileiese, Federico conte Porcia, notifica ai Comuni di Albona, Fianona, Rovigno, Torre, Due Castelli, Dignano, Moutemarano e Pola l'elezione di Artico da Udine a capitano e rettore d'Istria. - 21, 153, - e 13. 20. 1430. (M. V.) — 11 doge Foscari officia il pod. e cap. di Capodistria, Omobono Gritti, a dover imporre agli ebrei l'osservanza della legge 22 gennaio 1430, la quale vuole che portino al vestito un 0 di color giallo, • 4, 9.b 21. 1625, Ordine sovrano che comanda alle autorità della Carniolia a dover rispettare i privilegi dei negozianti triestini quando si portavano in quelle parti. 24, 85. 22. 1310. Il senato ordina a Nicolò Bettano di Capo- distria di permettere al legno del sopra-comito Stefanoti di recarsi a Venezia, ritornato che ivi fosse il legno destinato ad accompagnare fino a Monfalcone le vettovaglie dirette all'egregio Rizzardo da Camino. - 6, I, 68. 23. 1281. — Il senato delibera che d'ora innanzi il podestà di Montona resti in carica due anni, ed i militi un anno, che questi siano Venezia- ni e percepiscano al tempo dell'ingagio metà dell'annua paga. - 6, I. 144. 23. 1342, (M. V). — Il senato delega i podestà d'I- sola, Cittanova e Parenzo per diri mere la questione insorta tra certuni di Capodistria ed il Comune d'Umago, il quale voleva ingerirsi nel taglio d'un bosco, situato sul territorio di Si par. - 11, XXI, 9.b 24. 1341. (M. V.) — 11 senato esonera il pod. di Ca- podistria, Paolo Trevisani, dall'obbligo di fabbricare i 25 passi delle civiche mura, per saldareidebiti di quel Comune. -11, XX, 29.a 25. 1289. — 11 senato delibera che il doge ed i con- siglieri non possano dar udienza dal primo giorno del prossimo febbraio a persone private che un dì per settimana, dovendo impiegare gli altri giorni a prò del Comune e dell' esercito, diretto per l'Istria, e ciò sino al ritorno della milizia, 6, I, 158. 25. 1371. — Venezia. 11 senato accorda a Sergio Rossi una posta equestre in Trieste, sua patria, iu benemerenza de' servigii, prestati all'armata veneta, quando assediava questa città. - 15, II, 297. 26. 1293. — Aquileia. Il patriarca rilascia a Svarzutto, abate della Beligna, quietanza per marche 44 aquileiesi da lui ricevute in luogo del grauo che avrebbe dovuto spedire a quand'era in guerra cou Venezia; tra' testimouii figura Brisa de' Toppo, vescovo di Trieste. - 27, 43. 26. 2559. — Pedena. Il vescovo Zaccaria di Giovanni Digiti da Ragusa informa il consiglio ed i giudici di Trieste in affari di salute pubblica. - 14 27. 1281. —- Il senato delibera che il notaio il quale ( parte col podestà nei varii luoghi dell'Istria nou possa rimanersi al suo posto oltre un anno; ai podestà poi in Istria permette che possano dare animali in società (facere soce-dalia), purché gli animali non siano del loro distretto. - 6, I, 144. 27. 1342. (M. V.) — Il senato accorda a Giovanni del fu Ottonello de' Vida di Capodistria ed agli altri tre suoi fratelli di costruire per proprio uso due cassos domorum, affrancandole dall'abitazione militare, purché lascino a questo fine le altre sette loro case. - 11 XXI, lO.b 27. 1481. (M. V.) — Il doge Mocenigo scrive al pod. e cap. di Capodistria, Domenico Morosiui, d' aver deferita al consiglio de' X la sua disobbedienza nel mandare le paghe agli stipendiarli di Raspo. - 4, 227.b 27. 1631. — Trieste. Arrivo della flottiglia veneta (18 galee ed otto barche armate), comandata da ser Antonio Pisani, con a bordo Maria, Infante di Spagna promessa sposa a Ferdinando III re d'Ungheria. - 3. 28. 1298. — U senato ordina ad alcuni podestà del- l'Istria di permettere ad altri podestà istriani di levare dai distretti delle loro giurisdizioni gli animali che intendono affidare in società. - 6, I, 191. 28. 1349. — Udine. 11 patriarca Bertrando conferma il neoeletto podestà d'Albona. 21, 113. 28. 1422. (M. V.) —- Il doge Mocenigo comanda al pod. e cap. di Capodistria, Alessandro Zorzi, di esonerare da ogni prestazione vita sua durante Lorenzo Bevilaqua di Autignano, il quale molto si distinse in qualità di capo guastatore nella Guerra contro Tulmentum. - 4, 38.b 28. 1658. — Con odierna ducale viene restituito ai Padri Domenicani il convento di Capodistria. - 28, 257, e 29, 41. 29. 1427. — Trieste. Il maggior consiglio delibera d'incantare il dazio vino almeno per annue lire 6.000 e con 1' obbligo che il deliberatario consegni al Comune li due del venturo febbraio 600 zecchini per darne 500 al conte di Gorizia a compimento della somma perla quale questi gli avea impegnato il forte Castel Novo sui Carsi. - 2, 49.a 30. 1485. (M. V.) -- Il doge Barbarigo ordina al po- destà di Parenzo, Nicolò Marcello, di mettere in libertà la barca carica di frumento, da lui sequestrata, perchè possa passare a Capodistria o a Venezia. - 4, 245.a 31. 1666. — Capodistria. Il pod. e cap. locale, Lorenzo da Ponte, addotta più misure pel meglio del Comune e per sovvenirlo nei presenti bisogni. - 28, 274. Del decadimento dell'Istria11 v. È troppo noto come Berengario II, rinnovando 1' errore di Berengario 1, facesse omaggio della corona d'Italia al re di Germania Ottone I. Ma generalmente non è noto un altro fatto dì gravi conseguenze per l'Italia tutta, e per la nostra provincia in particolare. Ottone nell' atto di costituire re d'Italia Berengario qual suo vassallo; a premunirsi da ulteriori defezioni, e a tenere sempre aperte le porte a nuove discese, staccò dal regno la marca veronese e 1' aquileiese, e ne costituì un feudo a parte per Eurico suo fratello. — Berengarius (così una cronaca di que' tempi) cum fdio Adalberto regiae se per omnia in vassallitium dedit dominationi, et Italiam iterum cimi gratia et dono regis accepit regendam. Marca tantum Veronensis et Aquilejensis excipitur, quae Henrico fratri regis com-mittitur (Continuator Regiuonis Chronicou auuo 932). Così una gemma preziosa veniva tolta alla corona italica ; cioè l'antico ducato del Friuli, comprendentei marchesati d'Istria, d'Aquileja, di Verona e di Trento, come nota il Bartolini nella sua — Storia delle dominazioni barbariche. (2) Giovi qui notare di passaggio che anche il Cautù nella sua Storia Universale ammette compresa l'Istria nel Ducato del Friuli, il che non par vero se s'intende di tutta l'Istria, perchè la marchesale o marittima già vedemmo dotata di una certa indipendenza anche sotto Carlo Magno. Ed è per questo forse che i recenti nostri storici non fecero meuzioue di questo fatto. Ma se anche il dominio di Enrico, in quella confusione di poteri non fu che di nome per l'Istria tutta, o come è certo per la marchesale o marittima indipendente dal Duca del Friuli, pure il distacco della Marca veronese e dell' Aquilejese fu origine di gravi (1) Continuazione. Vedi i numeri 23, 24. (2) Milano-Vallardi (pag. 360) oper. cit. danni. E per vero l'elemento germanico venne così ad estendersi di qua dalle Alpi ; lungo la catena delle Carniche e delle Giulie e sulla pianura friulana innal-zaronsi i castelli di baroni e conti forestieri ; quindi subito un Enrico di Baviera, creato Duca al confine; ed è questa la prima origine di quei conti di Gradisca e di Gorizia nel Friuli, cbe daranno più tardi tanto a fare a Venezia, e dei conti di Duino, di Pisino nell' Istria, e di tanti altri conti e baroni sorti in quella frazione dei grandi ducati e marchesati in comitati minori, la quale fu uno dei principali mezzi della politica di Ottone e de' suoi successori per 1* abbassamento dei grandi vassalli. Certo questi fatti non si hanno a giudicare con una politica di sentimento e con idee moderne. Certo gl'Italiani non avvertirono allora a questo smembramento; l'avessero anche avvertito non avrebbero saputo opporvisi, poiché uon seppero impedire quell'altro fatto ben più grave del vassallaggio del regno. Ma noi che esaminiamo e giudichiamo dopo tanti anni, dobbiamo pure tenere conto di questi avvenimenti che produssero il lento decadimento della provincia. Sono tranquille disquisizioni storiche, e crediamo di essere nel pieno nostro diritto. La formazione adunque del ducato straniero non fu subito tanto fatale per l'Istria tutta come pel vicino Friuli; perchè l'Istria marittima, come vedemmo, continuò a reggersi nelle città a forme municipali dopo il placito di Risano, ed ebbe un marchese elettivo fino al 1026. Però conti e baroni germauici vennero subito a signoreggiare nella campagna: sono infiltrazioni di quel grande canale introdotto nella Marca Aquilejese sul suolo italiano. L'Istria, benché unita per la via di mare alla Venezia, rimaneva per tetra tagliata fuori dal corpo della nazione; e per quanto si voglia ammettere nullo o quasi nullo sull'Istria il potere del duca bavarico istituito da Ottone, pure le conseguenze ni faranno sentire più tardi ; e in queste schede verranno poi a ripescare i patriarchi d" Aquileja; e per due secoli c'imporranno più o meno la loro dominazione quei Papi-Re medioevali del settentrione italiano, e il marchesato d'Istria non sarà più elettivo che di nome. Di fatto vediamo subito pochi anni dopo il marchesato d' Istria fatto ereditario nella casa dei conti di Eppenstein (1077) poi dei conti di Sponhein 1127, e nel 1173 dato alla casa degli Andechs duchi di Merau nel Tirolo. È non solo la germanizzazione del Marchesato, ma più ancora della contea d'Istria. Perchè in tanta confusione di dominii sopra domimi, come voleva il stistema feudale, conviene andar lenti e distinguere. Marchese era quasi il capo della provincia, sotto di lui il conte, — "11 marchese estendeva la sua autorità su tutta la provincia, nominale quanto ai non tassati, e reale quanto agli altri; ma questa pure distinta quinci tra città e campagna, e quindi tra le campagne accordate ai baroni, e quelle -a sè stesso riserbate. Se non che anche di queste ultime si affidava altrui l'amministrazione col nome di Comitato o Contea d'Istria, detta così appunto perchè composta di terre non costituenti coutee di speciale denominazione. Sotto la dignità adunque del marchese vediamo quella del conte d'Istria.» (1) Perchè adunque l'autorità del conte si estendeva sulle campagne, e più nell' Istria interna, così la Contea (1) Carlo Combi. Prodromo della Storia dell'Istria nella „Porta Orientale." Anno I. pag. 45. sentì più presto l1 influenza germanica; e più tardi con la solita politica, regnante Arrigo 5°, divenne ereditaria in un Eugelberto ; e così divisa dal marchesato. Quindi innanzi perciò nella storia dell' Istria si dovrà distinguere la contea, che, si andrà estendendo nei monti intorno a Pisino, dall' Istria marittima o marchesale. A capo a tutto adunque 1' Imperatore l'autorità del quale è appena nominale, poi il duca della marca aquilejese, se pur è vero che il suo dominio si sia esteso sull' Istria, poi il marchese, ultimo il conte. Ma più di tutti realmente esistente in atto e non solo potenziale, il libero Comune nelle tante città della costa. E se a taluno sembrasse che abbiamo sviato dal proposto cammino e ci perdiamo in un ginepraio, la risposta è pronta: Una straniera dominazione alle porte della provincia ; elemento feudale e municipale e in lotta nell' interno del paese, ecco altre cause di decadimento. Ma che cosa erano mai gli Eppenstein, e gli Andechs, e tutti quegli altri gotici eroi di fronte ai liberi Comuni? No; il sistema feudale non valse ad arrestare l'azione, la libertà, la vita di que' vecchi Istriani, nelle cui vene, senza miscugli forestieri scorreva il sangue dell'antica gente latina. Qui la vita municipale, come si vide uon mai interrotta, raggiunge il suo maggior sviluppo tra il 1100 e il 1300, contrastata da due forti poteri : di Aquileja e Venezia, e si rafferma più che mai nella lotta. E questo va ripetuto a quegli storici che la grandezza e la potenza delle repubbliche medievali italiane e la forza di carattere degli uomini di que' tempi ripetono unicamente dall'innesto della forte razza barbarica sul vecchio e fracido tronco latino. Da noi non grandi uomini con la radice in brand o in ald; non lldebrandi, non Garibaldi o Aldighieri, ma Muzii, Balbi, Sorgi: l'antica razza latina dal maschio naso, i vecchi Pantaleoui dell' Adriatico e delle lagune I si ritemperano all' aria salsa e libera del mare, e immuni da ogni contatto barbarico, continuano intorno alla seconda Roma le gloriose tradizioni della patria. Passiamo adunque a parlare del Comune. E un brano di storia, conosciuto abbastanza da noi, e, mercè gli studii dell' eruditissimo Kandler, ricco di fatti, ma non così d'osservazioni. L'analisi più minuta studiò gli avvenimenti ; manca sempre la sintesi vigorosa che ne deduca conseguenze basate sui fatti. Lasciando ad altri 1' arduo compito di affrontare con più ingegno e con maggior copia di mezzi la questione, speriamo pure di vedere sotto un nuovo aspetto le cose, e di trovare nella vita stessa dei Comuni istriani e nella lotta sostenuta con Aquileja e con Venezia le cause più gravi dell'attuale decadimento. VI. E qui so di dire cosa molto contrastata, e di trovarmi in opposizione con recenti scrittori, egregi pa-triotti ed amici. Se non che amicus Plato, amicus Cicero, sed magis amica veritas. La gentilezza di que' nostri comprovinciali è poi tanta che uon c'è nessun pericolo di veder perciò menomamente scemato 1' antico affetto ; e ciò mi cresce animo a manifestare liberamente la mia qualsiasi opinione. Secondo il giudizio adunque di questi, i Comuni dell' Istria, prima alleati di Venezia, sarebbero poi passati senza contrasto e per spontanee dedizioni al dominio della Serenissima. Fu un fatto naturalissimo, ripetono i nostri, la pera matura doveva cadere in grembo alla gran madre per legge di gravità. Ci furono sì qua e là dei tentativi di ribel- lione; ma allatto parziali e insignificanti ; brevi sfuriate di popolo subillato dal partito dei patriarchi d' Aquileja. Ai liberi Comuni dell' Istria non rimaneva altra via a salvarsi dall' aborrito feudalismo : italiani erano e si sentivano, e perciò mirarono a Venezia, bramosi di formare con quella una sola provincia (Venetiae et Hi-striae) come a' bei tempi della dominazione romana. E facile comprendere la quali sentimenti fossero eccitati i nostri nel dare un tale indirizzo ai loro stud i i; ma i sentimenti, per quanto lodevoli, non sono ragioni ; e qualche volta anzi ci fanno con giudizii preconcetti fuorviare nell' esame dei fatti. Così si possono scrivere dei libri utilissimi ; libri d'occasione, di un grande valore obbiettivo,e che valgono per qualche tempo più dei freddi studii sub-biettivi. Ma 1' occasione passa e con quella il libro che conserva solo il suo merito intrinseco od estetico. Ora lo spassionato e tranquillo studio dei fatti dovrà condurci a questa conclusione: Gli Istriani lottarono, e fortemente lottarono, prima di assoggettarsi a San Marco; e non per questo appajc-uo nella storia meno italiani. E a dir vero come si possono attribuire ai nostri padri di sette, otto secoii or sono sentimenti e propositi che non potevano avere ? E i criterii dell' oggi sono forse opportuni per giudicare uomini, instituzioui, intendimenti di un tempo così remoto? Badiamo un po' alla storia, e si veda quali erano i cittadini dei tempi dei Comuni in tutta Italia. All'individualismo germanico, alla feudalità era sottentrata la municipalità, cioè la federazione dei cittadini, non dei nazionali contro il dominio baronale. Fu come una sosta, un passo necessario per sollevarsi quindi all' idea nazionale. Si ha un bel gridare contro gli odii municipali e gli amori di campanile: i nostri padri però non potevano innalzarsi subito al concetto della nazionalità: la legge di gradazione non è solo una norma pedagogica, è legge dell' umanità. La patria comune era un gradino adunque necessario pria di salire a quell'altro gradino della nazionalità. Prima cittadino nella mia città, diceva da par suo il Giusti, poi italiano in Italia, quindi uomo nell' umanità. E così avvenne in tutta Italia. Erano i tempi, in cui i Lodigiani si accompaguavano sotto la pusterla di Sant' Eufemia a Milano, in via di campo Lo-digiano accanto a San Celso ; e i Milanesi rendevano loro pan per focaccia distruggendo l'antica Lodi (Laus Pompeja); e i Lodigiani dispersi alla loro volta per riavere uua patria, ricorrevano al Barbarossa invitandolo alla discesa. Storiche sono pure le lotte tra Milano e Como, Milano e Pavia, Crema e Cremona; e così dicasi di tutte le città italiane. E intanto odio di parti ; mentre tutti gl'Italiani anteponevano ad ogni altro, 1' amore al paese, al palazzo, al duomo, a quattro vie serrate da un muro e da una fossa, gì' Istriani soli si sarebbero innalzati al concetto moderno, e per amore nazionale avrebbero fatto quella famosa calata di . . . scudi a San Marco ? No, no; i nostri padri fecero precisamente quello che gli altri fratelli italiani. Non spontanee dedizioni adunque: se si eccettui qualche comu-nello, e per odio della città vicina, non per amor di Venezia, il grosso della provincia, le città più importanti: Trieste, Capodistria, Pola resistettero lungamente, vinte tornarono alla riscossa, e soffrirono aspre vendette. Sono resistenze, rivoluzioni vendette che non offendono punto nella storia il sentimento nazionale, sono anzi la prova e controprova della nostra italianità. Sì, la resistenza degl'Istriani a Venezia, la stessa dedizione di Trieste alla serenissima casa d' Austria, per non cadere in mano dell' aborrito rivale sono la patente netta di germanismo, ci forniscono le prove più evidenti della nostra nazionalità. E i fatti parlano chiaro Ma vediamo prima di tutto quali fossero i rapporti di alleanza dell'Istria con Venezia fino dai tempi più remoti. T. P. (Continua^ COREÌSPOFDMZE Pirano 9 Gennaio 1880 Permettetemi ch'io rompa il silenzio che da molto tempo tiene il vostro giornale sul nostro conto. Non mi presento già a voi con ricco fardello di novità; qui, come nelle città consorelle, sebbene di carnevale, l'esistenza scorre pacata ed uniforme e novità un po' po' stuzzicanti dobbiamo accontentarci di leggerle nella cronaca varia dei giornali; ad ogni caso pegli amici è buona nuova anche il dar segno di vita. — Vi dirò intanto che abbiamo veduto morire l'anno 1879 senza spargere una lagrima e quasi vorrei dire con un principio di sorriso sulle labbra, — Quale infatti si è il triste retaggio del defunto? La miseria che oggigiorno funesta la nostra provincia, carca di tutte brame, come la lupa di Dante. — E miseria, sebbene in proporzioni molto meno vaste che in altra parte della provincia, ne abbiamo anche noi; tanto che verso la metà circa dello scorso mese, la deputazione comunale, costituitasi coli' aggregarsi alcuni eletti cittadini, in comitato di soccorso dovette in fretta avvisare ai mezzi migliori di scongiurare il pericolo della j fame. — Fatto un caldo appello alla filantropia cittadina, posta in questi ultimi nefasti tempi a ripetute prove di generosità, i membri del detto comitato, giravano le vie del paese, battevano ad ogni porta, raccogliendo le offerte dei cittadini, la modesta del povero colla vistosa del ricco; incominciavano poscia col denaro ricavato (circa 650 fior.) una giornaliera distribuzione di farina gialla (vulgo polenta) alle più bisognose, tra le molte famiglie colpite dalla miseria. — Dapprincipio, ci fu gran ressa d' affamati (non dimentichiamo gli assetati) sulle scale del palazzo municipale ove succedeva la distribuzione dei buoni ; ora tale distribuzione (che durerà però ancor breve tempo) procede regolarmente alla Pia Casa di Bicovero — Con tali mezzi, che non sono certo i migliori, però colle migliori intenzioni di questo mondo, i nostri padri della patria, cercarono rendere meno cruda nei momenti più difficili la situazione dei veri indigenti: lenire il male; mentre alienarlo del tutto, sarebbe stata più che ardua, impresa impossibile. — Del resto a quest' ora qui a Pirano, possiamo dirlo, i momenti critici sono superati ; ridivenuta a poco a poco più mite la stagione, dall' una parte i campi dall'altra il mare ridaranno al bracciante ed al pescatore il loro modesto ma quotidiano lucro. — Così, voglia il cielo, sia più propizio i' anno 1880 alla nostra tribolata provincia 1 Ed a proposito di filantropia e di miseria è ormai tempo vi farli d'una istituzione oltremodo filantropica, le cui presenti condizioni tornando di lustro alla città nostra, credo si debbano fare di pubblica ragione ; intendo parlare della Società Operaia di Mutuo Soccorso. — Questo Sodalizio che per dirla senz' ambagi, è una delle migliori cose che contiamo a Pirano, tenne Domenica 4. m. c. la sua solita seduta annuale, rendendo conto della gestione ed operosità sociale durante l'anno 1879, dello stato di cassa alla fine dell' anno stesso ed eleggendosi la nuova Direzione ed il relativo Consiglio di Amministrazione. — Alla seduta tenutasi nel teatro Dragovina, intervennero oltre 400 soci. - Fondata il 7 Agosto 1870, la nostra Società Operaia entra oggi nel suo decimo anno di vita, vita proficua quanto mai ed operosa, contando soci ottocento e uno (quasi il 20 ®/0 della popolazione maschile) e possedendo un capitale di fior. 4700 in carte pubbliche. — Si noti di più che durante 1' anno 1879 ad onta delle 556 insinuazioni per malattia (con o senza giornaliero ^ sussidio) e dei 13 decessi, il bilancio finale diede in civanzo di cassa di fior. 654.39, più un aumento di 80 soci. Queste sono cifre abbastanza eloquenti ! — Come di solito anche quest1 anno la Società di Mutuo Soccorso, colla cooperazione della Filarmonica darà a beneficio del fondo sociale due veglioni mascherati con estrazioni di regali, e siccome con tutta probabilità, quei due balli saranno l'unico segno di vita che quest'anno dirà qui da noi il carnevale, così si spera riusciranno discreti, accontentando soci e ballerini. — Nè qui è tutto ; ricorrendo il dì 7 Agosto di quest' inno il decimo anniversario della fondazione di questa simpatica istituzione, si parla, ancora però \agamente, d' una grande festa sociale per queir occasione. — Ed a tali sorta di feste noi daremo sempre il benvenuto ; esse valgono se non altro a trarci ìa questo stato d'atonia morale che non di rado s'impossessa di noi; rinfrescano il sacro vinco[o l'amor fraterno tra cittadini e ci trasportano infine dalla vegetazione alla vita. — Potrei inoltre parlarvi del progettato teatro, che non so quanto tempo ancora rimarrà allo stato di pio desiderio, 4'una nodesta Società filodrammatica, che Domenica, se fra via non sorgono inciampi, darà ma recita a beneficio dei poveri e forse di molte altre coserelle non troppo atte invero a destare l'interesse ; ma prolungherei di troppo questa mia già prolissa abbastanza. — Fo conto quindi per ora d'aver vuotato il sacco. Pubblichiamo il seguente brano di lettera privata da Parenzo, che ci venne comunicato da uu nostro amico, allo scopo di farci conoscere le terribili condizioni di quella parte della nostra provincia: '• np Jl i«U