Original scientific paper Izvirni znanstveni članek DOI: 10.32022/PHI32.2023.124-125.1 UDC: 130.2 La crisi dell'abitare L'ethos dell'occidente Alfredo Rocha de la Torre Universidad Pedagógica y Tecnológica de Colombia, Avenida Central del Norte 39-115, 150003 Tunja, Boyacá, Colombia rochtorre@yahoo. com The Crisis of Dwelling. The Ethos of the West Abstract The paper attempts to describe the fundamental features of the cultural ethos of the contemporary world, which within humanity causes the crisis of dwelling. Referring to the Heideggerian diagnostic of Weltzivilisation—as characterized by the prevalence of calculative thinking and thus by the demand of the availability of all entities—, we Phainomena 32 | 124-125 | 2023 underline the features of thoughtlessness and emptiness of the technical civilization tied predominantly to calculation. Upon the basis of these features, one can conclude that the ethos of the current world has a banal and nihilistic character, which is linked, in a very general way, to the comprehension structure of today's man that constitutes the way of the latter's opening to the world and understanding of the disclosure itself. The prepositions of such a deliberation allow us to recognize that the crisis of dwelling resides, ultimately, in the crisis of thinking already indicated by Heidegger. Keywords: crisis of dwelling, current cultural ethos, calculative thinking, Weltzivilisation, banal nihilism. Kriza prebivanja. Etos zahoda Povzetek Prispevek skuša opisati poglavitne poteze kulturnega etosa sodobnega sveta, ki povzroča krizo človekovega prebivanja. S sklicevanjem na Heideggrovo diagnozo 6 Weltzivilisation - zanjo je značilna prevlada računajočega mišljenja in potemtakem tudi zahteva po razpoložljivosti vsega bivajočega - poudarimo potezi brezmiselnosti in praznine tehnične civilizacije, vezane predvsem na kalkulativnost. Na njuni osnovi lahko sklepamo, da ima etos sedanjega sveta banalen in nihilističen značaj, kakršen se, na zelo splošen način, zrcali znotraj razumevanjske strukture današnjega človeka, ki konstituira način njegove odprtosti za svet in njegovega razumevanja tega odstiranja samega. Predpostavke takšnega razmisleka nam omogočijo pripoznanje, da kriza prebivanja, navsezadnje, leži v krizi mišljenja, kakor jo je naznačil že Heidegger. Ključne besede: kriza prebivanja, sodobni kulturni etos, računajoče mišljenje, Weltzivilisation, banalni nihilizem. Alfredo Rocha de la Torre Introduzione L'abitare e stato affrontato tradizionalmente da una prospettiva limitata dalla concezione dello spazio nella sua caratterizzazione parametrale: come stare in un luogo determinato dallo spazio misurabile e calcolabile, nel quale si sta quotidianamente e regolarmente e, innanzitutto, nel quale si pernotta. E, in altre parole, stare in un luogo in cui si vive, benché questa delimitazione spaziale sia geografica-regionale, come il caso in cui si afferma l'abitare di un gruppo umano in una zona determinata del pianeta o in una regione specifica. Questa e la concezione propria dell'uomo comune e del costruttore tradizionale (architetto e muratore), i quali, come indicato da Biella (2000, 53-77), rappresentano la versione "fattuale" dell'abitare (faktisches Wohnen), centrata sullo spazio geometrico-matematico, cioe, quantificabile e misurabile, e sulla concezione sociale del benessere del luogo in cui si vive: si spera uno spazio illuminato, ampio, vicino al luogo di lavoro e nelle vicinanze di luoghi di divertimento e vendita di alimenti, silenzioso, fra le tante altre caratteristiche della comodita e del confort (Führ 2000, 19). Questa accezione dell'abitare 7 segnera anche con il suo marchio, ovviamente, la definizione dell'esperienza dello "stare a casa", concepita sotto il profilo dell'"incontrarsi in un ambito privato" che serve da riparo di fronte ai pericoli del mondo esterno e come spazio per riposare. Pero ci si puo anche riparare dalle intemperie, dai rischi e dalle minacce esterne, e tuttavia si puo passare la notte in un luogo in cui non si abita nel senso gia menzionato, cioe, in un luogo nel quale si rimane regolarmente usufruendo di tutto quello che configura liberamente la propria vita nella sua quotidianita: non sempre lo stare in un luogo delimitato e protetto a livello spaziale significa, quindi abitare, cosí come succede, per esempio, in un'esperienza di reclusione carceraria. Si puo anche pernottare comodamente in un luogo visitato regolarmente ed in buona compagnia senza arrivare, tuttavia, a sperimentare un autentico abitare; questo e il caso, conosciuto da tutti, del soggiorno in un hotel o in un ostello. Con un primo tentativo per superare questa prima concezione fattuale dell'abitare, Bollnow si domanda sul "come" dello stesso (Führ 2000, 20) e risponde, conseguentemente, con una serie di lineamenti che caratterizzano, Phainomena 32 | 124-125 | 2023 alla fine, nella parte fondamentale, semplicemente il "come" vivere bene, cosí come lo evidenzia Eduard Führ: Bollnow wird sogar zum Einrichtungsberater, der in neun Punkten Ratschläge für die wohnliche Wohnung gibt, eine Wohnung müsse u. a. abgeschlossen sein, warm, hell und freundlich, mit Liebe gepflegt, weder zu große Ordnung noch Unordnung zeigen, die Möbelstücke müßten ebenfalls mit Liebe ausgesucht und gepflegt sein, nicht auf einmal gekauft, sondern Ausdruck einer Lebensgeschichte sein, Gebrauchsspuren besitzen, um dadurch Dauer und eine sichere Stetigkeit des Lebens zu demonstrieren. Wohnung müsse vor allem Ort einer Familie sein. (Ibid., 19.) Una prospettiva che va piu in la di queste due concezioni fattuali dell'abitare segnalate da Biella (2000) e Führ (2000, 9-29), e quella di Martin Heidegger, chi in testi come "Bauen Wohnen Denken" (GA 7, 145-164), "'... dichterisch 8 wohnet der Mensch ..."' (GA 7, 189-208), "Brief über den Humanismus" (GA 9, 313-364) e Hölderlins Hymne "Der Ister" (GA 53, 1993) tratta l'abitare iniziando da alcune coordinate di carattere esistenziale, che cercano di descrivere la sua struttura ontologica a partire dalla domanda sulla sua essenza.1 Non si tratta piu, quindi, di indagare sul "cosa", - la sua definizione di come stare in uno spazio determinato che fornisce un "riparo" - né tantomeno sul "come" dell'abitare - i tratti di un confortevole rimanere in un luogo sicuro - ma sull'avvenire di quello che e proprio a esso in quanto abitare. In questo contesto iniziale e possibile sostenere che a partire da nessuna di queste due prospettive e possibile sperimentare (erfahren) l'abitare nella sua essenza.2 Al contrario, Heidegger proporra, come e tradizione nel suo procedere riflessivo, la domanda sull'essenza dell'abitare, cercando in questo modo di delucidare il modo in cui l'uomo (Mensch) puo sperimentare autenticamente 1 Un'approssimazione all'esperienza dell'abitare lungo tutta l'opera di Heidegger - non solo a partire della conferenza nel simposio di Darmstadt (1951) - puo essere veduta nello scritto Per una fenomenología dell'abitare. Il pensiero di Martin Heidegger come oikosophia (Cesarone 2008). 2 Per il significato heideggeriano di essenza cf. Heidegger, GA 7, 5-36, soprattutto 33 ss. Alfredo Rocha de la Torre il suo rimanere libero fry) sulla terra (GA 7, 143).3 Alcuni dei presupposti di base da tenere conto per la comprensione della lettura heideggeriana di questa esperienza, sono i seguenti. a) Troviamo il senso originario dell'abitare, il modo in cui esso si dispiega in quello che è proprio (eigen), attraverso la delucidazione "linguistica" della sua origine. Pero questa delucidazione non consiste semplicemente in un chiarimento etimologico del termine citato, cosí come una lettura frettolosa del procedere heideggeriano puo lasciare intendere, ma, fondamentalmente, in una mostra dell'esperienza inerente al dispiegamento del linguaggio. Si tratta, pertanto, di concepire l'analisi heideggeriana della fonte "linguistica" dell'abitare a partire dalla considerazione del linguaggio come un "lasciarsi manifestare" (Erscheinenlassen) e, in questo modo, come un "portar lí davanti" (Hervorbringen); come un lasciar comparire (Heidegger, GA 12, 188 e 196). Il monitoraggio "linguistico" heideggeriano non indaga, quindi, semplicemente sul significato dell'abitare, ma sul modo in cui esso si manifesta nella parola; sulla maniera in cui esso appare nel "Dire" (Sagen).4 b) L'abitare non deve essere identificato con il semplice fatto di possedere 9 un'abitazione. Questa è precisamente la novità introdotta da Heidegger di fronte al gruppo di architetti riuniti nel simposio di Darmstadt (1951) per discutere sulla crisi dell'abitazione successiva alla seconda guerra mondiale. Abitare non è, chiaramente lo segnala il filosofo tedesco, pertanto, avere ed occupare un domicilio dove vivere. Questa prospettiva sfocia, ovviamente, nella considerazione non spaziale-parametrale né fattuale dell'essenza dell'abitare e, con cio, nel bisogno di presentare la sua accezione strutturale attraverso il vincolo di essa con la quaternità mutuamente dipendente (Zusammengehörigkeit) di terra, cielo, mortali e divini. c) Malgrado l'importanza che rappresenta per Heidegger la quaternità, ed il modo in cui descrive la sua mutua dipendenza in relazione all'abitare ed al 3 Schirmacher concepisce questa interpretazione come una possibilita di lettura etica della filosofia dell'abitare di Heidegger: abitare la terra non significa distruggere (Zerstören) o dominare (Beherrschen) le cose (Dinge) (1982, 407 e 409-410). 4 Cf. questo senso del "Dire" (Sagen) come uno scoprire in cui il fenomeno si manifesta nel linguaggio, per esempio, in Heidegger, GA 7, 193; GA 12, 188, 202, 207, 224 e 233; GA 8, 12 e 201 ss. Phainomena 32 | 124-125 | 2023 costruire (GA 7, 151 ss.), questo lavoro sara concentrato esclusivamente sul fenomeno specifico dell'"abitare la terra", senza entrare, pertanto, nei dettagli circa i legami stabiliti dallo stesso Heidegger fra il costruire e l'abitare, o nella descrizione di questa mutua adesione dei componenti della quaternita, né nella spiegazione di ciascuno di essi. In questa maniera, si pretende riflettere sul modo in cui l'uomo "sperimenta" attualmente la sua permanenza sulla terra, e circa la crisi dell'abitare che deriva direttamente da questo modo. d) Questa focalizzazione sull'esperienza dell'"abitare la terra" permette segnalar e il primo tratto della crisi nella car enza di terra natale (Heimatlosigkeit), frutto della preminenza del pensiero calcolante e dell'essenza della tecnica come esigenza di disponibilita di tutto lente come riserva (Bestand). Questa suddetta preminenza culmina nel predominio di un pensare estraneo alla domanda sul senso e, pertanto, vuoto, quello che significa in ultima analisi la caratterizzazione di un modo di pensare - andando oltre Heidegger - banale e nichilista. Questo secondo aspetto della crisi dell'abitare non solo porta a sostenere che al di la di una semplice carenza di alloggi - la posizione chiave 10 del Simposio di Darmstadt - o di un deficit nel livello del benessere prodotto da essi - una lettura vicina a quella realizzata da Bollnow -, la crisi dell'abitare radica, alla fine, nella crisi del pensare segnalata dal filosofo di Meßkirch, specialmente nella sua lezione del 1951/52, Che cosa significa pensare? (GA 8). Questi quattro presupposti per la comprensione corretta dell'interpretazione heideggeriana dell'abitare, che simultaneamente permettono di arrivare a derivazioni filosofiche che eccedono i limiti stabiliti dalla propria riflessione di Heidegger, possono essere sintetizzati attraverso le stesse parole del filosofo tedesco: Per quanto dura e penosa, per quanto grave e pericolosa sia la scarsita di abitazioni, lautentica crisi dell'abitare non consiste nella mancanza di abitazioni. La vera crisi degli alloggi e piu vecchia delle guerre mondiali e delle loro distruzioni, piu vecchia anche dell'aumento della popolazione terrestre e della condizione dell'operaio dell'industria. La vera crisi dell'abitare consiste nel fatto che i mortali sono sempre ancora in cerca dell'essenza dell'abitare, che loro devono anzitutto imparare ad abitare. (Heidegger 2019, 108; GA 7, 163.) Alfredo Rocha de la Torre L'esperienza dell'abitare La domanda di Heidegger, contraria all'indagine realizzata dalla posizione fattuale dell'abitare, per esempio, non e diretta, quindi, verso la stessa cosa che architetti e costruttori propongono oggigiorno come fondamentale nel processo che porta a costruire ed abitare un'abitazione - il calcolo degli spazi e dei costi, ed il loro legame al benessere soggettivo del potenziale "abitante" -, ma al modo dell'accadere lo stare dell'uomo sotto il cielo. In questo senso, l'abitare non rimane circoscritto all'ambito delle faccende architettoniche, ma si apre, a partire da una prospettiva ontologica, all'esperienza di abitare la terra in quanto espressione dell'essere lanciato dell'uomo verso la liberta e, in questa maniera, verso la cura di ció che gli e proprio. Heidegger mostrera questa relazione ricorrendo al "Dire" (das Sagen) del linguaggio che presenta l'esperienza stessa dell'abitare. In primo luogo, segnalera che tanto la parola sassone "wunon", come la gotica "wunian", uguale a "bauen", significano (bedeuten) "rimanere" (das Bleiben) e "risiedere" (das Sich-Aufhalten); evidenziando che "wunian" significa 11 (heißt), a sua volta, "essere soddisfatto" (zufrieden sein), "essere condotto alla pace" (zum Frieden gebracht), "rimanere in essa". Sfruttando la vicinanza terminologica, asserira, quindi, in un secondo momento, che "pace" (Friede) vuol dire anche "il Freie" - das Frye, fry -, che significa "essere tutelato dal danno e dalla minaccia", quello che conduce ovviamente all'esperienza del "aver cura" (schonen): l'abitare in questo modo, quindi, e una cura (GA 7, 150). Alla fine, il filosofo sosterra che l'autentico prendersi cura e solo un lasciare accadere qualcosa nella sua essenza (ibid., 151). Un'altra parola per designare questa esperienza dell'abitare concepita sotto il profilo del "aver cura" "in" y "per" "il Freie" e quella di "salvare" (retten), che Heidegger definisce in "La domanda per la tecnica", per esempio, come "[...] andare a cercare qualcosa e condurla alla sua essenza, con il fine che cosí, per la prima volta, possa portare questa essenza al suo risplendere proprio" (GA 7, 29). In questo modo si puó sostenere che abitare veramente la terra consista nel "aver cura" del dispiegamento di ció che gli e proprio e, pertanto, lasciarla accadere liberamente nella sua essenza. La liberta e, perció, un "aver cura" che conduce verso l'essenza. Phainomena 32 | 124-125 | 2023 Pero con questa riflessione Heidegger non pretende realizzare una semplice analisi etimológica che ci indichi la provenienza della parola "abitare", per, a partire da cio, avere chiarezza circa il suo significato originario, ed in questo modo portare a termine le derivazioni semantiche del caso. In questo contesto non si deve ignorare, quindi, il molto importante chiarimento fatto da Heidegger nelle sue lezioni del semestre invernale 1951/52, Che cosa significa pensare? (Was heißt Denken?), circa il senso ontologico, e non semplicemente linguistico, del verbo "significare" (heißen). Tenendo conto la pluralita della domanda che costituisce il titolo delle menzionate lezioni, il pensatore tedesco evidenzia tre versioni di "heiben": "chiamare (si)" (Ich heiße ...), "dire" (das heißt) e "significare" (Was heißt Denken?). "Heißen" e "significare", pero anche "chiamare". Chiamare in quanto espressione del nominare (nennen)5 vuol dire anche "richiedere da questa parte" (herbeiverlangen) e "affidare" (anbefehlen), quello che rinvia a "incarico" (Geheiß) e, con cio, a "interpellanza" (Anspruch).6 Il "significare" si riferisce, pertanto, per Heidegger, non esclusivamente e nemmeno fondamentalmente 12 ad una categoria semantica in cui si esplicita il significato di un termine, ma ad un tipo di interpellanza, un appello, che proviene dal fenomeno stesso che interpella e chiama. La domanda "Cosa significa abitare?" non indaga, quindi, sul significato dell'abitare, ma sul modo in cui l'abitare stesso ci chiama ed in questo modo compare di fronte a noi in quello che gli e proprio (eigen). All'interpellare dell'abitare corrispondiamo (entsprechen) lasciandolo nel suo libero accadere, cioe, prendendoci cura del dispiegamento della sua essenza come salvazione (Rettung). Questo modo di considerare il senso delle parole, che ormai non e solo etimologico nell'accezione comune del termine, né semantico in quanto delucidazione del significato di un vocabolo, coincide ovviamente con la concezione heideggeriana dell'essenza del linguaggio in quanto "nominare" (nennen) e "dire" (sagen), che trattati in rapporto al manifestarsi di un 5 Cf. il senso del "nominare" (nennen), per esempio, in Heidegger, GA 12, 18 s.; GA 8, 123 ss. 6 Cf. Heidegger, GA 8, 128 s. Una simile struttura è segnalata da Heidegger in rapporto all'interpellare del linguaggio ed al corrispondere della lingua umana in Unterwegs zur Sprache (GA 12, 29 s., 149, 203 e 251). Alfredo Rocha de la Torre fenomeno facendo presenza, si esprime come un "lasciar manifestarsi" (erscheinenlassen). Quello che pretende portare a termine Heidegger è, pertanto, un accompagnamento dell'accadere stesso dell'essenza dell'abitare e non, semplicemente, il chiarimento del significato di un termine o il riferimento alla sua origine linguistica: si tratta quindi di fare l'esperienza dell'abitare nella sua essenza; l'esperienza del suo modo proprio di accadere.7 Questa peculiare maniera di procedere di Heidegger, permetterà esaminare il modo in cui una forma determinata di abitare la terra compromette nella sua totalità l'esistenza dell'uomo8 e, con ció - andando alla fine al di là dello stesso Heidegger -, l'esperienza della nostra relazione con sé stesso, con l'altro e con la natura, che caratterizza il mondo contemporaneo. Pero qual è il luogo (Ort)9 che "nel libero" ("das Freie") conduce attraverso la cura fino al proprio? Cioè, il "luogo" che lascia accadere l'abitare nella sua essenza? Facendo attenzione a quello che sostiene Heidegger nella sua ormai canonica concezione del linguaggio nella "Lettera sull'umanismo" (GA 9), e non ignorando quello che evidenzia Führ (2000, 13) con riferimento alla concezione dello spazio nella filosofia de Gaston Bachelard, si deve rispondere 13 che tale "luogo" non è niente più che "la casa". La definizione heideggeriana del "linguaggio come casa dell'essere" deve essere capita, di conseguenza, come la più chiara espressione del superamento della determinazione "spaziale-parametrale" dell'abitare e, dunque, come la manifestazione del "luogo" primigenio del dispiegamento della sua propria essenza.10 È "nel" linguaggio in quanto "lasciare manifestarsi" (Erscheinenlassen) dove si presenta quello che è, ed in questo modo compare in ció che gli è proprio. Questa è la ragione per 7 La domanda sull'essenza nel suo senso non metafisico tradizionale caratterizza il procedere heideggeriano. La prova di ció la forniscono le domande sull'essenza del linguaggio, della tecnica, della poesia, dell'abitare ecc., tra le altre cose. 8 Cf., per esempio, Heidegger, GA 7, 189-208. 9 Heidegger concepisce "il luogo" (Ort) come cosa (Ding) che conferisce (verstattet) spazio (Raum), e perció essenza a esso (GA 7, 156 ss.). Cf. anche "Heideggers Thinking on Architecture", in cui Norberg-Shulz (1983, 61-68) esamina nel dettaglio la riflessione heideggeriana circa l'arte, l'architettura e lo spazio, tra le altre cose, basato in sostanza nell' "Origine dell'opera d'arte", "La cosa", "Costruire, abitare, pensare" e come sostegno, "Hebel - l'amico della casa". 10 Cf. Rocha de la Torre 2008, 241-255. Phainomena 32 | 124-125 | 2023 cui Heidegger considera il linguaggio come casa dell'essere e, in questo modo, come il "luogo" del libero dispiegamento dell'ente nella sua manifestazione, percio, alla fine, e il linguaggio che si prende cura (rettet) del libero accadere dell'ente nella sua essenza, ossia, in quanto presenza.11 Seguendo questa descrizione di quello che "significa" l'essenza dell'abitare in termini di "stare a casa" e, simultaneamente, della stessa "casa" nel senso di "luogo" del libero dispiegamento di quello che si e, "abitare" sara allora l'esperienza del dispiegamento e salvazione del proprio, cioe, l'esperienza del "aver cura" della propria essenza. Pero si tratta di pensare l'essenza dell'abitare la terra ed il modo in cui questo abitare compromette nella sua struttura l'esistenza umana, per in questo modo affrontare a partire dalla caratterizzazione temporale e spirituale del mondo contemporaneo la crisi dell'abitare. Stare realmente (eigentlich) a casa implica spaziare lo spazio (einräumen), per in questo modo farlo proprio (eigen) e solo cosí abitarlo come "luogo" aperto al dispiegamento libero di quello che si e. E per questo che la "casa" e il 14 "luogo" del lasciar (lassen) essere proprio (eigen) nell'appropriarsi (eignen) dello spazio come forma di dispiegarsi liberamente nella propria essenza. Questa concezione trova fondamento nella relazione stabilita da Martin Heidegger fra costruire (bauen) ed abitare (wohnen) attraverso il seguimento "etimologico" del verbo "costruire" in termini di "buan", "bhu", "beo", e "bin", ormai rinvia direttamente all'esperienza dell'"essere" quello che si e, nella semplice pero profonda espressione "io sono" (ich bin), che per Heidegger "significa" anche "io abito" (ich wohne) e, pertanto, in modo derivato, "io mi prendo cura" (ich pflege) ed "io salvaguardo" (ich hege): Costruire significa originariamente abitare. La dove la parola costruire parla ancora in modo originario essa dice anche fin dove arriva l'essenza dell'abitare. Bauen (costruire), buan, bhu, beo sono 11 Cf. il riferimento di Cataldo Sanguinetti (2007, 217-222) ai due sensi del linguaggio come casa, e il suo legame con l'abitare poetico contrapposto al calcolo e, in questo senso, alla concezione metafisica e umanista dell'uomo. In questo stesso senso, Viviani (2005, 233) evidenziera come il modo tecnico (calcolatore) dell'abitare restringe gli altri modi dell'abitare (come il poetico). Alfredo Rocha de la Torre infatti la stessa parola che il nostro bin (sono) nelle sue varie forme: ich bin (io sono), du bist (tu sei), la forma imperativa bis, sii. Che significa allora: ich bin, io sono? L'antica parola bauen, a cui si ricollega il "bin", risponde: "ich bin", "du bist" vuol dire: io abito, tu abiti. Il modo in cui tu sei e io sono, il modo in cui noi uomini siamo sulla terra e il Buan, l'abitare. Essere uomo significa: essere sulla terra come mortale; e cioe: abitare. L'antica parola bauen, secondo la quale l'uomo é in quanto abita, significa pero anche, nello stesso tempo, custodire e coltivare il campo (den Acker bauen), coltivare la vigna. (Heidegger 2019, 97-98; GA 7, 149.) La cosa piu rilevante della precedente citazione di Heidegger per il proposito di questo testo e la seguente: 1) la considerazione dell'abitare come custodire e "aver cura" nel senso di coltivare; 2) il legame dell'abitare con l'essere dell'uomo sulla terra, dato che cio apre alla possibilita di mettere al centro della riflessione la domanda sul modo specifico in cui stiamo abitando nel mondo di oggi, segnato dai principi di un modello politico ed economico particolare, che 15 incide in modo determinante non solo sulla definizione dei principi e delle regole sociali, culturali e morali che reggono un'epoca, ma anche, e questo e fondamentale, sullo stato d'animo da cui ci apriamo al mondo ed esso compare davanti a noi; e 3) il nesso inerente tra l'uomo e l'abitare,12 ammesso che questa relazione essenziale implichi che il fatto di essere uomo (Mensch), e con cio la propria essenza dell'esperienza umana e, in un certo senso, determinato dal modo stesso di abitare la terra.13 In questo contesto quindi possono essere sollevate le seguenti domande come linee guida. Cosa sta definendo il modo di abitare la terra nell'epoca contemporanea? Quale incidenza ha questo modo di abitare sull'esistenza dell'uomo e sulla maniera di aprirci al mondo e sul modo in cui questo compare davanti a noi? Le risposte condurranno - al di la di quello sostenuto da Heidegger, pero appoggiati sulle basi dai suoi presupposti - al modo del pensiero calcolante, al nichilismo ed alla banalita, considerati come 12 Cf. anche Heidegger, GA 7, 193. 13 Cf. Pedregosa 2011 ed Acevedo Guerra 2017. Phainomena 32 | 124-125 | 2023 fondamento - il primo - e conseguenze epocali del "capitalismo spirituale"14 - i secondi.15 Il modo contemporáneo di abitare E possibile riassumere la caratterizzazione del modo di abitare contemporaneo a partire da tre conferenze di Martin Heidegger, dettate nei primi anni 50 (GA 7, 5-36, 165-187, 189-208); dalle lezioni impartite all'Universita di Friburgo im Breisgau durante il semestre invernale 1951/52 (GA 8); dalla raccolta che comprende conferenze, articoli ed un dialogo interculturale realizzato fra il 1950 ed il 1959 (GA 12); cosí come da una varieta di testi corti, la maggior parte dei quali provenienti da discorsi commemorativi che furono portati a termine nell'ultima fase della sua vita accademica (GA 13 e GA 16). Pensando al di la di Heidegger, tuttavia, si puo sostenere che l'ethos culturale ed economico del mondo occidentale attuale e, ovviamente, del mondo occidentalizzato contemporaneo, permettera di fare il passo di 16 _ 14 Cf. dell'autore: a) "El Otro y el capitalismo espiritual de occidente" (III Simposio internacional: memoria, conflicto y paz) (2023, in fase di pubblicazione); b) "Capitalismo espiritual: una introducción a la estructura comprensiva de occidente" (2023, in fase di pubblicazione). Questo termine fa riferimento alla "struttura comprensiva" dell'uomo contemporaneo nel suo rapporto con la natura, con sé stesso e con gli altri, da cui tutta la "relazione" si converte in transazione a favore del guadagno e del consumo. Tanto il carattere transazionale del legame con la natura e con l'Altro, per esempio, quanto l'ansia dell'usufrutto e del consumo, si convertono, pertanto, in valori supremi, interiorizzati sotto forma di "disposizione comprensiva-costitutiva" dalla quale l'uomo si apre al mondo. Una riflessione che cerca un altro modo di essere che rompa con la logica che governa il mondo attuale, e sviluppata da Michele Borrelli nel suo testo "La historia de la humanidad interpretada de manera humanista" (2020, 75-89). 15 E per questa ragione che l'esperienza dell'abitare in Heidegger non puo essere capita a partire da parametri conformi al pensiero che calcola né con forme architettoniche specifiche, disegnate dal calcolo con l'obbiettivo di dominare l'uomo. In questo senso e totalmente errato quello che sostiene Rodriguez Serrano (2015, 153-164). Da una lettura rigorosa di quello che propone lo stesso Heidegger, il campo di concentramento e, precisamente, una negazione dell'esperienza dell'abitare, dato che non implica il "aver cura" (schonen) né il salvare (retten) proprio della casa (Haus), e non potra mai essere concepito come spazio (Lebensraum) omologato frettolosamente alla terra natale (Heimat), come e possibile dedurre con certa facilita cio che e sostenuto, per esempio, in "Brief über den Humanismus" (Heidegger, GA 9, 313-364) e vari testi di Reden und andere Zeugnisse eines Lebensweges (GA 16) gia riferiti. Alfredo Rocha de la Torre queste "previsioni" del filosofo di Mefikirch sulla descrizione dell'abitare oggi a partire del concetto di "capitalismo spirituale", che marchera, alla fine, il culmine (Vollendung) di ció che e possibile segnalare come crisi dell'abitare. I tratti fondamentali del fenomeno contemporaneo della crisi dell'abitare, segnalati da Heidegger - o derivati direttamente dalla sua filosofia -, sono i seguenti. a) La celerita e l'accorciamento delle distanze a partire da una concezione parametrale dello spazio e del tempo, come e segnalato nella sua conferenza del 1950 "Das Ding": "Tutte le distanze, nel tempo e nello spazio, si riducono [...] Lessere umano ricorre i piu lunghi tratti nel piu breve tempo [...] Ebbene, questa affrettata soppressione delle distanze non porta nessuna vicinanza; perché la vicinanza non consiste nella piccola distanza." (GA 7, 167.) I mezzi di comunicazione di massa, i social network segnati dalla fretta e dalla superficialita nello scambio comunicativo,16 lo sviluppo dei mezzi di trasporto massivo ecc., permettono che le distanze siano percorse in dei lassi di tempo ogni volta piu corti e che siano considerate come facilmente superabili. Tutto questo, insieme all'esigenza del sistema economico imperante, basato sulla 17 coscienza del valore dell'uso del tempo, legato alle esigenze della produttivita e del guadagno, fanno del mondo contemporaneo l'esperienza della vertigine e dell'urgenza. In questo contesto in cui tutto ció che e nuovissimo come espressione della modernita, e tutto ció che e superficiale come manifestazione della fretta che non pensa (GA 16, 517-529), incontrano la loro nicchia e la loro ragion d'essere. b) L'occupazione nella produzione, la ricerca del successo e il predominio mediatico come testimonio dell'ethos culturale di un'epoca dominata dai principi del sistema economico che ci governa. La produzione, intesa come tratto del nostro abitare attuale, ha come base quello che Heidegger ha denominato il processo di "oggettivazione incondizionata" dell'ente (GA 6.2, 387), che sostiene il dominio su esso in tutti i campi dell'esperienza umana, attraverso la sua considerazione come mera disponibilita (Bestand) aperta al calcolo e all'uso. Il successo, da parte sua, stimato come progetto congiunto, sociale e culturalmente radicato - mediaticamente promosso e rafforzato 16 Cf. Schuck 2020, 111-126. Phainomena 32 | 124-125 | 2023 -, ed in questo senso come parte dell'atmosfera in cui oggi ci incontriamo immersi, e un aspetto in piu della permanenza nel "si" (man) "della pubblicita" (Öffentlichkeit), che caratterizza il modo massivo di aprirsi al mondo come oggetto di progetti non propri (uneigentlich). Tutto questo configura un ethos che permette definire il nostro oggi come un'"era dei risultati", frutto del gioco di successi e insuccessi nel compimento di cio che e stabilito massivamente come appropriato ed auspicabile. Cio che e sostenuto da Heidegger nella sua conferenza del 1951, "'... dichterisch wohnet der Mensch ..."', sigla l'interpretazione di questo secondo tratto: "[...] oggigiorno il nostro abitare e spronato dal lavoro - instabile a causa della ricerca di vantaggi e successi -, imprigionato dal sortilegio dell'impresa del piacere e dell'ozio [...] Cio che e attuale, a sua volta, e prodotto e diretto dagli organi che formano l'opinione pubblica della societa civilizzatrice." (GA 7, 191.) Non si puo dimenticare in questo contesto, che il successo, come l'accorci amento delle distanze parametrali segnalato nel punto a), ha come scenario la ricerca ed il raggiungimento del guadagno, uno dei tratti spirituali propri dell'essere contemporaneo dominato 18 dall'interiorizzazione di elementi fondamentali del capitalismo economico. c) La considerazione della distanza (Entfernung) e la vicinanza (Nähe) nello stretto e limitato senso parametrale, nel quale la misurazione dello spazio intermedio (ibid., 157 s.) non costituisce di per sé un indicatore valido del livello di riparo e cura che offre un determinato luogo come "abitazione". E per questa ragione che Heidegger sosterra in primo luogo, nella sua conferenza nell'agosto del 1952, "Bauen Wohnen Denken", che alloggiare in un luogo, o avere un alloggio nello stesso, non e uguale ad abitare o a stare a casa (ibid., 147), facendo capire con cio, e dall'inizio stesso della conferenza, che non e lo spazio misurabile cio che determina il vero abitare e, con questo, nemmeno l'autentico "aver cura". Cio alla fine permette sostenere che anche nel caso di trovarci in un alloggio adeguatamente costruito, non siamo necessariamente al riparo liberamente per il dispiegamento della nostra propria essenza, né stiamo alloggiando propriamente nel vicinato che custodisce. Il classico esempio di cio e offerto da Heidegger nelle sue tre conferenze del 1957 e del 1958, "Das Wesen der Sprache" (GA 12, 198), nelle quali descrive l'autentica vicinanza a partire dell'esperienza della prossimita (Nachbarschaft) fra due case di campagna molto lontane fra loro, in contrapposizione a due case di citta - una Alfredo Rocha de la Torre di fronte o accanto all'altra - che non offrono, tuttavia, la possibilita di essere considérate veramente vicine. Ció e possibile solamente perché si e invertito l'ordine della relazione, sostenendo che non e la prossimita (parametrale) quella che produce vicinanza, ma, al contrario, e la vicinanza (non misurabile) quella che fa avvenire la vicinanza (ibid., 197). d) Il carattere calcolante del pensiero (rechnendes Denken) e la disposizione di tutto lente come riparo (Bestand), evidenziato dal pensatore tedesco principalmente nel suo discorso del 1955 in onore a Conradin Kreutzer "Gelassenheit" (GA 16, 517-529), cosí come nella sua conferenza del 1953, "Die Frage nach der Technik" (GA 7, 5-36), e negli schizzi circa la nascita della tecnica moderna, "Abhandlungen und Entwürfe zur Entstehung der modernen Technik" (GA 76, 283-379). In questi testi ce una caratterizzazione dell'epoca contemporanea attraverso il suo fondamento tecnico, concepito nella sua essenza in termini di una "disposizione congiunta di tutto ció che e come riserva" (Ge-stell), cioe, di tutto lente come disponibilita. Allo stesso modo, si presenta in modo conciso il predominio attuale del modo del pensiero calcolante, in cui primeggia la relazione di mezzi e fini a favore di risultati 19 efficaci nei processi di discendenza tecnica-tecnologica e scientifica. Questo modo di pensare si appiglia all'oggettivazione incondizionata dell'ente nella sua totalita, e contraddice nella parte fondamentale il modo di pensare che indaga sul senso e che, perció, potrebbe essere definito come un pensare di carattere meditativo (besinnliches Denken). Apparteniamo, di conseguenza, a un'epoca eminentemente calcolatrice, che nel suo predominio soverchiante e nella sua maniera di procedere unilaterale, avanza a scapito del pensare riflessivo e della sua caratteristica "lentezza". e) Realizzando una specie di diagnosi dell'epoca, Heidegger sosterra fin dall'inizio delle sue lezioni dell'inverno del 1951/52, Was heißt Denken?, che la cosa piu degna che possa essere pensata e che non siamo ancora capaci di pensare (GA 8, 6). Questa affermazione, che nelle citate Vorlesungen ha come obbiettivo quello di segnalare in altri termini l'"oblio dell'essere", coincide con quanto sostenuto in un'altra maniera tre anni dopo in "Gelassenheit", dove si formula il fenomeno epocale della "carenza del pensare" (Gedankenlosigkeit) e la fuga dello stesso (Flucht vor dem Denken) (GA 16, 518-519). Mentre nel primo scritto Heidegger si concentra nell'evidenziare il predominio della Phainomena 32 | 124-125 | 2023 logica e la sua conseguenza piu evidente nella scienza "logística" (GA 8, 23, 167, 242 e 265) - convertita nella "forma di organizzazione planetaria del tutto rappresentare" (GA 8, 167) -, nel discorso commemorativo sottolineera il potere del calcolo nella determinazione del modo comune di procedere della razionalita predominante nell'era atomica. Malgrado queste differenze di enfasi in ciascuno degli scritti riferiti, i due rimandano, alla fine, allo stesso punto: al predominio dell'essenza della tecnica nella razionalita occidentale contemporanea. Lepoca sara considerata, di conseguenza, come l'era della disposizione congiunta di tutto lente in quanto richiesto come riserva o disponibilita (Ge-stell). f) Finalmente, e legato al predominio del pensare tecnico-calcolante, Heidegger mostrera un tratto centrale della crisi attuale dell'abitare "la carenza di terra natale" (Heimatlosigkeit). Pero questa assenza del "patria [terruño]" (Heimat) non significa esclusivamente - come una concezione tradizionale e limitata di questo lo potrebbe sostenere - una perdita del passato espresso nelle manifestazioni folcloriche di un paese o una regione né, ovviamente, del 20 radicamento conservatore nella tradizione, ma fondamentalmente la negazione del proprio (das Eigene), concepito come il modo particolare di entrare in dialogo con l'altro (GA 16, 647) e come manifestazione della differenza che sostiene la possibilita stessa del rapporto aperto con il mondo. "Il proprio" puo essere concepito come un modo di aprirsi al mondo e, di conseguenza, come una forma di entrare in relazione comprensiva con questo, con l'altro, con la natura e con se stesso. Il carattere non conservatore di questa concezione della terra natale (Heimat) si puo osservare, come uno dei tanti esempi possibili, nel rimando che fa Heidegger al poema di Hebel in "Hebel - Der Hausfreund" (GA 13, 149), in "Gelassenheit" e in "Johann Peter Hebel (Göppingen, 9. November 1955, Volkshochschule)" (GA 16, 529 e 530), in cui prendendo come esempio una pianta si vincola il radicamento (Wurzeln aus der Erde) all'apertura al mondo (Äther). La difesa del proprio come manifestazione della differenza (Differenz), e non come incapsulamento in sé stesso, si puo osservare, a sua volta, tanto nel gia citato testo del volume 16 della Gesamtausgabe come nell'acerrima critica di Heidegger all'identita vuota (Gleichheit) inerente alla carenza di differenze Alfredo Rocha de la Torre (GA 11, 55). Di fronte al carattere diverso delle esperienze del mondo insite nell'esistenza del proprio della terra natale (Rocha de la Torre 2012, 37-55), il mondo contemporaneo, attraverso il versante omogeneizzatore della globalizzazione, tende verso la identità vuota e, con ció, verso il nichilismo. La crisi dell'abitare e l'ethos dell'occidente La tesi di questo lavoro supportata nei sei fenomeni segnalati da Heidegger intorno al mondo contemporaneo, e che finiscono per costituirsi in tratti fondamentali della crisi attuale dell'abitare, va al di la, tuttavia, di ció che sostiene il filosofo di Meßkirch nella sua opera: l'esigenza di celerita caratteristica del mondo attuale, che incide in modo determinante sulla sottovalutazione della "lentezza" propria della riflessione e del pensare meditativo, cosí come l'apparente accorciamento delle distanze e la sua limitazione della cura dell'autentica vicinanza che supera la sua determinazione parametrale; il primato del lavoro produttivo, che conduce al successo secondo i parametri stabiliti dalla societa e dall'economia attuale; il predominio del calcolo e la 21 carenza del pensare che configurano la validita epocale della strumentalita in tutto il rapporto dell'uomo con la natura, con gli altri e con se stesso, e la permanenza dell'identita vuota (Gleichheit) sulla differenza (das Selbe) dovuta al versante colonizzatore della civilizzazione mondiale (Weltzivilisation), possono essere intesi come un'unita spirituale sui generis che determina il modo particolare in cui l'uomo (Mensch) si apre al mondo ed esso avviene nella sua apertura. Questa unita sara concepita come la struttura che regge la crisi dell'abitare dell'uomo sulla terra e, dunque, che porta al tramonto ed alla miseria di esso, dal momento che impedisce l'autentico abitare (wohnen) dell'uomo in quanto salvazione (Rettung) della terra come dimora (GA 7, 152). Tanto il calcolo quanto la vacuita propria dell'identita vuota di differenze, che costituiscono i pilastri fondamentali di questa struttura spirituale unitaria dell'epoca contemporanea, conducono verso la irriflessione e verso il nichilismo che configurano l'ethos culturale d'occidente, e delle regioni e paesi cosí velocemente conquistati da questo. Con questa caratterizzazione si vuole sottolineare che l'apertura di mondo propria dell'esistenza umana concepita in termini di progetto gettato (geworfen), di "essere lanciata verso" (Hinausstehen), Phainomena 32 | 124-125 | 2023 con le parole di "Lettera sull'umanismo" (GA 9, 350), è bloccata e surrogata in una vacuità. Il calcolo e la disponibilità di tutto quello che è concepito come riserva (Bestand), non solo genera, di conseguenza, la concezione strumentale di processi tecnici e relazioni pragmatiche come quelle che caratterizzano l'economia e la politica nella sua dimensione attuale, ma anche la forma di sentire e rapportarsi con il proprio (das Eigene) che si esprime nella terra natale (Heimat), nel linguaggio materno (Muttersprache), ed anche nel legame che si stabilisce con gli altri e con se stessi. Riconoscendo il valore della terra ed il linguaggio natale, e con esso della differenza (Differenz)17 nel mezzo del dispiegamento totalizzatore e uniformante della disposizione congiunta di tutto l'ente sollecitato come riserva (Gestell), Heidegger affrontera nel contesto del primato del calcolo e della civilizzazione mondiale, il senso del proprio (das Eigene) e la sua sottovalutazione per la preminenza del pragmatico inerente alla ricerca ormai incontrollata di appartenenza all'universale ed ai valori supremi della cultura occidentale. La questione che risulta da questo 22 campanello d'allarme sarà per il pensatore tedesco indagare "[...] se nell'epoca della civilizzazione mondiale tecnificata ed uniforme ci sia ancora la terra natale" (GA 13, 243).18 Tre idee fondamentali dell'opera della maturità di Heidegger sono presenti in questa semplice domanda, riferita all'ethos della civilizzazione mondiale contemporanea: a) il carattere tecnico di tale ethos, che in altre parole segnala il primato del calcolo organizzato come un intreccio di disponibilità e di esigenze di disponibilità di tutto l'ente, che sposta in un secondo piano quello che sfugge al suo dispiegamento unilaterale e totalizzatore: la riflessione; b) l'uniformità (Gleichförmigkeit) e, di conseguenza, la perdita della differenza a cui essa conduce in un mondo dominato dalla forma unilaterale ed universale di esigere all'ente già descritta; c) la perdita del proprio (das Eigene: consustanziale all'essenza della terra natale e del linguaggio materno come forme di aprirci al mondo, agli uomini ed alle sue opere ed alle cose) (GA 16, 17 Cf. Rocha de la Torre 2012, 37-55; 2021, 207-231. 18 Al riguardo cf. anche, fra gli altri, Reden und andere Zeugnisse eines Lebensweges (Heidegger, GA 16) ed Etica y política en perspectiva fenomenológica (Held 2012, 99-113). Alfredo Rocha de la Torre 495), che si traduce nell'egemonia dell'identita vuota di differenze e, dunque, nella carenza di un'autentica alterita. La descrizione di questo ethos culturale permette concepire la civilizzazione attuale come una civilizzazione caratterizzata dal calcolo generatore di vacuita (identita carente di differenze) e di mancanza di riflessione propria della carenza di pensare (GA 16, 517-529 e GA 8). Ambedue prodotti del pensare che calcola - con derivazioni culturali, sociali, politiche, economiche e spirituali -sono le manifestazioni palesi della banalita e del nichilismo, che dominano il modo piu comune di rapportarsi l'uomo (Mensch) con il mondo, con sé stesso e con la natura. Il calcolo originariamente economico del sistema che governa oggi il mondo, basato sulla transazione a favore del guadagno e del consumo incontenibile, fonda un modo di essere - una "struttura spirituale" - che si converte nel modo costitutivo del comprendere dell'esistenza umana. In questo modo, il calcolo transazionale che guadagna e consuma, si erge come valore supremo dell'ethos culturale del mondo occidentale attuale. La morte dei valori supremi - legati direttamente alla concezione cristiana - segnalata da Nietzsche come l'avvenimento che marca l'esperienza 23 del nichilismo, smette di essere il punto di rottura fra il senso e l'insensato nel mondo contemporaneo, dato che tali valori, pensati con rigore, ormai non sono fondamentali per l'esistenza umana. Contrariamente a quanto ipotizzato da Nietzsche, e dallo stesso Heidegger nella sua accezione ontologica del nichilismo come rifiuto (Weigerung) o sottrazione (Enzug) dell'essere nell'eccesso di ente, il nichilismo del presente si esprime nella forma della carenza di differenza: identita vuota (Gleichheit) nel processo contemporaneo di dissoluzione del proprio, consustanziale all'esperienza della dissoluzione della terra natale e del linguaggio materno, dovuto al passo in avanti pianificato e solido di un linguaggio universale e di una civilizzazione mondiale sempre piu uniforme nelle sue forme culturali e linguistiche di aprirsi al mondo. Identita vuota nella preminenza universale del capitalismo economico divenuto spirituale ("capitalismo spirituale"), cioe, nella struttura di rapporto con il mondo, con la natura e con gli altri, fondata nella transazione a favore del Phainomena 32 | 124-125 | 2023 guadagno e del consumo, convertiti in valori supremi interiorizzati.19 Identità vuota nella supremazia globale dell'azione irriflessiva - o razionalmente strategica -, rinnegatrice del pensare che indaga sul senso dell'azione e del calcolo, portato a termine dinnanzi ai fini strategici nei diversi ambiti dell'esperienza umana. Questa vacuità dell'esistenza umana in tutti i suoi ambiti e in tutte le sue sfaccettature, è il frutto dell'uniformità prodotto dell'imposizione del pensiero calcolante e della sua esigenza universale, unilaterale e totalizzante. È nell'intreccio di esigenze di tutto l'ente come riserva, che la rapidità e l'accorciamento parametrale delle distanze fondano la loro importanza, e in cui i mass media ricevono il riconoscimento come facilitatori di tale riduzione. Pero è nella carenza di differenza (nichilismo) e nella fuga del pensare (banalità) - in cui alla fine si perde la cura e il riparo che fornisce un autentico abitare dell'uomo sulla terra - dove incontriamo la fonte primaria delle crisi dell'abitare: il "io sono", in quanto "io abito prendendo cura e custodendo" la terra, perde il suo senso nella trasformazione di essa 24 in semplice abitacolo in cui primeggia la disposizione congiunta di tutto come riserva, il calcolo irriflessivo e la vacuità uniforme priva di autentica differenza. Dato che il pensiero calcolante da dove alla fine procedono tutti i tratti che configurano il modo di abitare dell'uomo attuale, cosí come l'ethos della civilizzazione mondiale contemporanea caratterizzata dalla sua vacuità irriflessiva, la crisi dell'abitare dell'uomo sulla terra è, in sintesi, l'espressione della "crisi del pensiero e del senso", motivata da un modo dell'uomo di aprirsi al mondo, basato sulla transazione che ha come obbiettivo il guadagno e il consumo, convertiti in valori supremi del presente; trasformati in questa maniera - in quanto "struttura comprensiva" - in "capitalismo spirituale". Traduzione di Salvatore Italiano 19 Cf. rispetto ai nuovi valori fondamentali, ormai non religiosi, ma laici, Maffei 2016, 75 ss. Alfredo Rocha de la Torre Bibliography | Bibliografija Acevedo Guerra, Jorge. 2017. "El habitar como ser del hombre, según Heidegger." Hermenéutica intercultural. Revista de Filosofía 28: 189-197. Biella, Burkhard. 2000. 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Hamilton | Holger Zaborowski | Alfred Denker | Jafe Arnold | Mateja Kurir Borovčic | Kanchana Mahadevan | Alenka Koželj | William Franke | Monika Brzostowicz-Klajn | Julio Jensen | Malgorzata Holda | Ramsey Eric Ramsey | Beata Przymuszala | Michele Olzi | Simeon Theojaya | Sazan Kryeziu | Nysret Krasniqi | Patryk Szaj | Monika Jaworska-Witkowska | Constantinos V. Proimos | Kamila Drapalo | Andrej Božič | Aleš Košar | Babette Babich Phainomena | 30 | 118-119 | November 2021 "Approachments | Pristopanja« Sebastjan Vórós | Aleš Oblak | Hanna Randall | David J. Schwartzmann | Lech Witkowski | Martin Uranič | Matija Jan | Wei Zhang | Dragan Jakovljevic | Martín Prestía | Alfredo Rocha de la Torre | Dean Komel | Christophe Perrin | Mario Kopic INSTITUTE NOVA REVIJA FOR THE HUMANITIES INR 0 phainomena PHENOMENOLOGICAL SOCIETY OF LJUBLJANA 977131833620412425