SUI BENI COMUNALI. — (Contìn. e fine [del num. 40J Anno I. N. 8. - Agricoltura. - Mezzi di mettere a valore i beni comunali. Molti sono e furono e saranno questi proposti, secondo l'opinione dei diversi scrittori. Credo però che questa dipenda da particolari fatti ed applicazioni, o per regni, o per provincie, o per distretti, o per comuni. E tale riflesso deve guidare i rispettivi Consigli Municipali dell' Istria nello scegliere uno di quei mezzi che più convenga al diritto ed al fatto. N. 43. - Economia pubblica. - Beni comunali. Ha ragione l'amministratore in questo ed in altri argomenti.... non hanno i contadini tutta la colpa di ciò che fanno, perchè sono illusi nella loro ignoranza, e ne ha più colpa veramente chi male li consiglia, e che essendo in dovere d'illuminarli e di raddrizzare i loro torti giudizj, non se ne cura punto nè poco. Anzi li fomenta, aggiungo io, per vantaggio particolare. E conclude benissimo ".....ma noi sappiamo che «nessuna legge ha spogliato i comuni delle loro proprietà, e che anzi il sovrano non ha fatto che confermarle loro esclusivamente rinunciando al suo diretto «dominio. Quest'è d'uopo che intendano i contadini, e «si cavino di testa il sogno ridicolo che Sua Maestà li «abbia ad essi donati. Lo stato dei beni comunali ha «destato la paterna sollecitudine dell'Augusto Monarca. «Vedendo che da per lutto questi beni abbandonati al «vago pascolo rimangono quasi affatto sterili, e che nè «l'agricoltura, nè i comuni ne ricavano i vantaggi che «sarebbe facile ottenerne, egli volle provvedervi, e a «questo fine emanò la sovrana risoluzione 16 aprile «1839.... L'intendimento di quella legge è manifesto. «Niente d'incolto deve più esistere fra i beni comunali, «ma i beni comunali che sono incolti e non dànno alcuna rendita al comune che li possede, devono essere «rivolti a tutto profitto del comune medesimo. Due mez-„zi si presentano al conseguimento di questo fine, e «sono la vendita e il riparto. Se un comune ha debili, «è ben chiaro che vendere una parte di questi beni «per pagare i debiti sarà pure un modo di rivolgerli a «di lui profitto. L' altro modo di trarne profitto sarà di «dividerli tra gli abitanti del comune per trarne una ^rendita livellarla o enfiteutica. Forse con questo mezzo «si potrebbe anche pagare i debiti senza alienare i fon- „di, nè parmi che ciò si opporrebbe allo spirito della «legge; ma non ispetta a noi decidere fino a qual punto «si adempia lo spirito della legge scostandosi dalla let— «tera. Però secondo 1' espressione della legge la vendita «deve precedere il riparto per quei comuni che hanno «debiti, e si dee vendere quanto occorre per estinguere «i debiti. Sopravanzano beni al pagamento dei debiti? «Allora avrà luogo il riparto. Questo è ciò che le am-«ministrazioni comunali sono tenute di eseguire. Ora le «arbitrarie occupazioni (in qualunque modo) di questi «contadini non impediscono forse P esecuzione dei so-«vrani voleri?... E non è questo un fare, per dir poco, «da insensati? Credono essi che le leggi protettrici del-«la proprietà si lascieranno imporre dalla loro insolen-«za? Badino di non aver a piangere un giorno sulle «conseguenze del loro matto procedere. E poi, se Dio «li aiuti, che vantaggi sperano di ottenere, quand' anche, «poniam caso, venisse loro menato buono l'usurpo (od «altra violazione della, proprietà comunale) e perfino ac-«cordata la proprietà del fondo usurpato? Finché il co-«mune non avrà pagato i suoi debiti, affeddiddio che sen- «tiranno anch'essi il peso delle comunali gravezze..... «Ma le passività del Comune non vanno a gravitare «anche sopra di essi? Quanto più crescono i debiti del «comune e tanto più di fondi converrà vendere per ob-«bedire ai Sovrani voleri, e tanto meno (anzi i peg-«giori) ne avanzerà per dividere.....«. N. 24. - Economia agraria. La risposta che veniva opportunissima al quesito primo dello scrittore della lettera, lo è pur qui a quelli, che dissenzienti ed opponenti, per vie palesi ed occulte e per motivi particolari, alla divisione dei beni comunali, vi cacciano in faccia sotto il manto d'ipocrita filantropia, ma invero per puro egoismo, "che farà il posero quando avrà perduto il diritto di tagliar legne, e «di pascere gli animali?« Si convertono queste in altre-tante biade che pascono molti individui e molte braccia addimandano. Nè ciò basta, che vi si possono aggiungere viti, ed olivi, e bosco in parte da coltivarsi meglio assai dai privati, tutti divenuti possidenti, e per 9/io coltivatori colle proprie braccia. N. 33 e 34. - Economia pubblica. - Dialogo sui beni comunali. Se il Rizzolali scritto avesse questo dialogo per Dignano, non avrebbe potuto farlo più acconciamente. Convien dunque ritenere che i giudizi nei contadini, dipendenti anco da un principio d'inerzia e di malizia, sono comuni a questa classe in ogni luogo, i danni che ne risente l'agricoltura sono generali e generalmente riconosciuti, e li vantaggi risultanti da una divisione di beni comunali utili pure ad ognuno. Riportiamo il più importante di quanto sta detto nel dialogo. Dice il paroco al compare contadino : "Se la cosa „non entra subito nella vostra testa voi senz' altro accoppate, squartate, mettete a cuocere senza gettarvi »sopra un gran di sale. Flemma, flemma ci vuole..... Il »mulino dei consorti va sempre male; la cosa del co-»mune è di nessuno». Proverbi che con altre parole sono anche qui usati, e significano lo stesso. Ascolta, egli dice al compare. Ascoltate, diremo noi, o distruttori che da voi stessi vi fate il male. I beni comunali non sono il mulino dei consorti, »poiché essendo in proprietà di tutti, niuno al certo si »dà il pensiero di coltivarli e di trattarli con qualche »pietà? Non sono alla misera condizione di una città »presa di assalto dove chi più può mena le mani senza »badare a tenera età, a speranze future per arrappare, »insaccare? Beato è quello che più invola e distrugge, »essendo il detto di tutti, se io perdono a qualche cosa »è lo stesso che lasciarla in balia di chi poscia giunge. »Ai tempi dei nostri avi, che non si aveva ancora me-»nato a tondo e si disperatamente, questi beni erano in »qualche parte adombrati da cespugli, coperti da boschi, »ed il gregge trovava di che pascolare. Ora per quella »maledizione che tutti hanno in corpo, dopo di averli »snudati da cespugli, da alberi, si fanno a cavare le ra-„dici non avendo altro, e l'erba rasa intisichita non »mette appena le prime foglie che la pecora affamata è »sopra a strapparla con le barbe.... Quei ritagli alla »spicciolata usurpati alla comune non erano alla mede-„sima condizione di tutti quelli che sono in presente e »forse peggio? Fatti proprietà mutarono faccia e natura »in modo che giuraresti che non sono quelli di prima.... »sarà sempre vero che ogni qualvolta questi luoghi, »esposti alla rampa, al saccheggio, saranno costretti a »darne un prodotto, si accresceranno i mezzi nostri per »sussistere.... lavorando quelli che sono alti alla colti— »vazione, e gli altri lasciandoli a sè stessi, perchè su »crescano i cespugli e gli alberi, avrai un prodotto che »a prima vista non si conosce, ma che poscia è un ri- »storo, una consolazione..... voi altri in ogni cosa met- »tete una fatale diffidenza alta solo ad inasprire gli a-»nimi e a rendere abortiva ogni provvidenza.... saranno »divisi con annuo censo fra famiglie o fra individui, co-»me crederanno più conveniente.... coltivati questi ti »daranno un prodotto maggiore di quello che con tanto »stento traggi dai beni comunali. La tua vitella, la tua »agnella non vi troverà più pingue pascolo che fra quei »spini e in mezzo a quei sassi? Il tuo fuoco non avrà »più alimento negli alberi e cespugli cresciuti e matu-»rati che in quei virgulti Tonchiosi e strappati a forza, »e dal ginepro che ci sfuma fra le mani?... Supposto »anche che tu avessi ad esborsare un qualche danaro »di più, i tuoi campi coltivati sarebbero sì ingrati di »non darti le mille volte di più?... gli agricoltori e i »pastori sono una più eletta parte d'una popolazione.... »Questa proprietà individuale va a mettere la più salda | »pietra all' edilizio della religione, della morale.... par-alando di agricoltori e di pastori, se queste proprietà »eccedono alla loro condizione, il superfluo va a met-»terli a sbalzarli fuori della loro condizione, e riescono »il più delle volte fomite di discordie, di vizi. Beato è »quel padre che lascia ai figli tanti beni e quanti bastiono a tener occupata la sua prole nei lavori e nelle fa-»tiche... quando è la fatica ed il timore santo di Dio, la »casa non s'impoverisce ma si accresce...» ed il compare conchiuse: "Vedo che io non pescava a fondo in queste »acque. Vi dirò, compare, che se fossero stati istruiti in »maniera quelli che menarono tanto scalpore quando »venne questa provvidenza sovrana non avrebbero a »piangere tante disgrazie attivate sul loro capo dall' o-j »stinazione... Se tanto può in questi paesi sterili la di-»visione dei beni, qual vantaggio non attenderanno »quelli che hanno più comunali e di più buona tempra »dei nostri?....». Che questa lezione serva per il presente e per il futuro quando seguirà anche tra noi la divisione dei beni comunali. N. 36 e 37. - Economia pubblica. - Sui pascoli comunali. Quale argomento più interessante di questo per l'Istria, e quale più per Dignano? Ognuno procuri di avere l'interessante memoria del conte Falzacappa, di cui il signor Pasi non potè fare che un piccol sunto, od almeno legga questo piccol sunto. Noi qui non potremo darne che qualche brano fra i più opportuni. "Il signor Falzacappa combatte con tutte l'armi »possibili, a tutta oltranza, questo antichissimo peccato »dell' agricoltura italiana, citando le opinioni dei miglio-„ri economisti europei.... la saggezza dei governi fu »compresa e convinta dell'immenso danno che all'agri-»coltura ridondava dai pascoli comunali, e si decise di »toglierli. Non v' ha più che qualche ostinato ignorante »che disconosce 1' alta utilità di questo saggissimo prov-»vedimento; il quale essendo per fortuna irrevocabile »vedremo, siccome vedesi, tutto dì svanire quei grandi »pascoli in comune, ed entrare a coltivazione dopo tanti »secoli d'inutile riposo...». Sia pure, e così vedessimo anche noi a merito del saggio nostro Governo che 1' a-doltò per l'Italia! Sotto il nome di pascolo comunale comprende un altro abuso pernicioso alla coltura delle terre, cioè il diritto di pensionatico. Questo è quel tributo, cui sono sottoposti i pastori alpigiani, ossia dei monti, fra noi detti Cranzi che scendono co' loro armenti nel piano nella stagione delle nevi, tributo che voi, o Dignanesi, conoscete sotto il nome di Erbatico, ma con una specie di diritto. "Con rara erudizione cita (il Falzacappa) moltissi-„me leggi in proposito emanate da' tribunali italiani e »stranieri, colle opinioni di dottori, economisti, e legis- »latori avversi tutti al pascolo in comune..... e conclu- „de che in oggi dopo stabilite e riordinate le società, »dopo conosciuti i tanti sistemi di migliorazione e di »coltura, oggi ravvisar conviene il vago pascolo per »inammissibile, per ruinoso al ben essere delle società »stabilite.... V'è sfoggio di lunghe citazioni che l'auto-»re non credette inutili, volendo avvalorar l'assunto suo scolP appoggio dì quasi tultì coloro che avversarono il -pascolo promiscuo.... che sradicato una volta nella sua »totalità questo vizio del pascolo, ne risulteranno le più »felici conseguenze, prosperamento d'agricoltura, spezialmente nelle piantagioni, miglioramento nell'aria, ristabilito e accresciuto il coraggio e la fiducia nei possidenti, incremento industriale di pascoli, di bestiame, »migliorato il ben essere generale e la popolazione au-»inentata.... I pontefici con leggi particolari vollero togliere e ristringere l'abuso del pascolo in comune ; i »Granduchi di Toscana riuscirono forse i primi ad abolirlo alfatto nei loro stati; poi i regnanti di Sardegna, „di Napoli, il governo Italico, la repubblica di Yene-„zia.... che proibiva in tutte le provincie del Friuli i ,pascoli delti di erbe morte sopra i beni altrui. Fra le ,estere nazioni che emanarono leggi a toglimento del .pascolo promiscuo, nomina in primo luogo la Francia _ed i brevi ma chiari e positivi ordinamenti del codice »Napoleone.... il governo nostro sciolse ogni controversia coli' ordinare la vendita o 1' aggiudicazione ai pri-„vati per livello od enfiteusi di tutti i beni comunali in-„colti e soggetti a Comunale di pastura. L'utile di questa »saggia legge le popolazioni comprenderanno in seguito, „e molto compresero già, perchè se si ottiene, siccome -dicesi, un danno cessante, e un lucro emergente.... a -dimostrare come siavi la possibilità, la convenienza di »tutti e il diritto anche di togliere questo pensionalico, „ch' è in fin del conto un vago pascolo conceduto a chi -non è neppur del paese. 11 vago pascolare l'erbe morate dei campi del piano, siccome praticasi dai pastori -alpigiani, è dannoso? Io credo che non sia più alcuno »che ne dubiti, e se mai fosse, il consiglierei a leggere „per disteso, la memoria di cui ho fatto un cenno di „sopra....„. E inconcludente di ripetere le ragioni ch'egli enumera. Aggiungerò solo, per conto nostro, i furti degli animali che passano in quei branchi alpigiani, o in quei luoghi mediante i loro pastori. "Tutte queste ragioni richieggono ad alta voce che „sia levato ancora quest'ostacolo ai progressi dell' agricoltura, questo avanzo di barbarie dei secoli trapassanti.... Dire che togliendo i pascoli comunali verrebbero »a diminuirsi le pecore nostrane, è dire un errore com-battuto già tante volte anche in proposito d'altra specie di bestiame. Si sa che donando all' agricoltura quei „vasti terreni incolti, si migliorano d' assai i pascoli, e »in conseguenza s'ottiene aumento e vigorìa d'animali »domestici.... se non avremo pascoli abbondanti e magre „pecore vaganti, avrem gelsi e vigneti, e sarà meglio». Vi aggiungo cereali, olivi, ed altro. Possibile dunque che si tengano chiusi gli occhi a tanta luce, di cui un benefico raggio fece già splendere il sapientissimo nostro Governo ne' suoi stati d'Italia ! N. 45. - Economia pubblica. - I beni comunali. Anche in quest' articolo vien detto che tutti unanimi convengono sulla necessità di mutare il modo di godimento di i/uesii beni.... Dunque tutti lo riconoscono dannoso al generale. E ciò che nuoce al generale, non può fare a meno di recare pregiudizio, e l'orse più anche, al particolare. Viene altresì detto: "Tutti convengono che bisogna far produrre questi beni che ora »sono improduttivi, o producono un miserabile e stentato alimento a pochi animali.... Non sono poi d'accordo gli agricoltori quale sistema debba ad esso ve-„nire sostituito.... Si dovrà venderli, affittarli, o dividerli?... Parecchi consigli generali in Francia si sono »decisi per la divisione dei beni comunali incolti, altri »si attennero alla fittanza, la vendita non trovò che pochissimi partigiani.... noi pensiamo che la questione non »è suscettibile di una soluzione assoluta, e che secondo »le circostanze, la natura dei beni, lo stato della popo-»lazione, i bisogni generali della comune, devesi variare »e praticare la vendita, o l'affitto, o la divisione...... Unisco il mio voto, e dico che, a debole mio parere, in questa comune conviene la divisione per famiglia con un discreto canone fisso alla cassa comunale, ed altre insti— tuzioni; in quella di Pola la fittanza e forse la vendita totale ; in quella di Albona, nulla la prima, ma bensì le : due ultime con adequate proporzioni. Il perchè non occorre che io '1 dica. La parte sana dei volenti e chiaroveggenti lo conosce. Ai nolenti, indifferenti, oscurantisti non importa di conoscerlo, e molto meno serve di perdere il tempo con essi, che sarebbe troppo. Certo che dalle divisioni dei beni comunali in piccoli appezzamenti.... non si fa che produr i ai male generale aW agricoltura, e questo male qui lo si prova, ma non si emenda, con tale divisione delle proprietà private. Intendo però per piccoli appezzamenti dei beni comunali, quelli minori di un giugero che toccassero a ciascuna famiglia, e qui sarebbero ben maggiori almeno per tre volte. Ibidem.-Brevi cenni ecc. ".......ond' è da desiderarsi che si pongano solle- »citamente in pratica le saggie regolazioni che furono »già emanate dalla munificenza Sovrana per l'alienazio-»ne o spartizione de'beni comunali». E tutti cantano così! Ibidem. - Varietà. - Corrispondenza. Tutti cantano e nessuno viene ascoltalo tra noi. Sapete perchè? Perchè il benemerito Zanon cent'anni sono andava ripetendo.... Le più grandi verità sono le pia contrastate. Anno IV. N. 32. - Economia pubblica. - Delle terre comunali. Converrebbe trascrivere tutto 1' articolo per sentire, come il valente autore discute le questioni, come le divide, e conoscerne le ragioni. La mia opinione propende, non arrossisco di confessarlo, alla ripartizione non per testa nè per zona, ma per famiglia, verso alcune istituzioni parziali che assoggettate, sancite fossero o modificate dal Sommo Imperante da cui sortì la sostituzione air infinito, e che solo può scioglierla. Conclude però l'autore che "l'esame successivo di tutte le que-»stioni conduce necessariamente alla vendita delle terre »comunali, e quanto più si studiano i fatti o il diritto, »tanto più si rafferma la convinzione essere dessa il »solo mezzo di sciogliere la questione, conciliando i »diritti del comune coi nuovi bisogni del paese». Non posso andar più oltre colla copia de' miei estratti in proposito, perchè non ebbi l'opportunità di farli dopo il numero 18 dell'anno V. Quando li farò, e j se vi sarà alcun che di relativo glielo comunicherò come j adesso. Forse che fino allora la questione avrà presa P iniziativa presso qualche consiglio municipale dei più I intelligenti e desiderosi del comun bene. Tanto meglio j per la fama e per la condizione d'Istria nostra! Trovo I però nella Storia della sollevazione, guerra e rivolli- i zione di Spagna del conte di Torello, tomo II pag. 762 col. 1, che le Cortes con Decreto del gennaio 1813 nell'ari I abbiano determinato: "Che si riducessero i «terreni di dominio..... ed i comunali..... a proprietà particolari.... che il progresso e la perfezione di questa «(coltura) non consistono precisamente nel dividere e «suddividere le proprietà, sibbene nel non lasciarle abbandonate...,,; e nella colonna 2da. "....Si dovette abbandonare all'arbitrio delle deputazioni provinciali di «stabilire il tempo e i termini nei quali si potesse mancarle ad effetto, poiché così solamente ed adattando i «provvedimenti (come si esprime il sapiente autore della «legge agraria) alla situazione di ciascuna provincia e «preferendo per ciascuna i più convenienti, si possono «trarre dei vantaggi dalla alienazione delle terre incol-„te.... dei comuni«. Prima di chiudere questa mia, e queste mie copie, penso di farlene un' altra dell' osservazione ai nura. 42 e 43 dell' Anno III dell'Amico del Contadino medesimo. Eccola, perché 1' articolo fa al caso nostro. Varietà. - I pregiudizi dell' ignoranza. Mutato nomine de te fabula narratur, voleva dire, ma vedo che la Gazz. di Pav. dice lo stesso, e sembra che V Amico del Contadino riporti questo racconto perchè adattato al generale. Infatti ignoranti ve ne sono dappertutto, perchè dappertutto vi è volgo, e volgo dicesi, secondo i buoni dizionari, la parte meno istrutta di qualunque classe. In conseguenza non si creda che tali sieno soltanto quelli i quali vestono lana e filo grossolani, ma quelli anche che ne usano di più fini. Poveri i William Ross, che in ogni luogo trovano i Jame, gli Eduardi, le Ketty, i Dunat, la massa della popolazione, e non sempre i Lord Rolling. Fra costoro che vestono lana e filo più fini ve ne sono di quelli che marciscono in un ozio vituperevole, fuori di quei momenti che pretendono di dare all'economia rurale e domestica, guardando nel lucignolo e non nell'olio, nè pensiero alcuno si dànno d'istruirsi, nemmeno di occuparsi colla lettura, da cui pur trarrebbero qualche profitto, fosse quello almeno della previdenza, come faceva il povero gobbo Ross nell' ore che gli avanzavano dalla scuola del villaggio. Sono anzi i più fervidi sostenitori dei falsi loro principi, i più feroci istigatori palesemente, e di soppiatto meglio ancora, del volgo loro simile contro qualunque opera che tenda al pubblico bene, i più sfrontati derisori dei William, se anche non sono gobbi come quello. Eli' abbia in questa mia una novella prova di vivo amore per la patria comune, nonché di stima e sentimento per lei di cui mi onoro di essere affettuosiss. amico Gio. Andrea dalla Zonca. Distretti feudali e reggimento di Raspo. ("Continuazione. Vedi il n. antec.) Il feudo di Piemonte appartiene da gran tempo ad una famiglia Contarini patrizia veneta. Anticamente questo distretto apparteneva al consiglio di Capodistria, che vi spediva un cancelliere. Poi nel 1530 per ordine del governo fu venduto all' incanto con le sue ville e castelli che vi erano annessi, ed erano: Visinà, Castagna, S. M. di Campo, Bercenegla, Medolin e Rosara; ville tutte comprese nel distretto di Piemonte, il quale comprato dalle suddette famiglie Grimani e Contarini fu diviso in due feudi di egual natura; e sotto quello di Piemonte restò la villa di Castagna. Piemonte, che anticamente era circondato di mura ed aveva un castello o rocca spianata dappoi colle mura stesse, è posto poco lontano dal fiume Quieto verso ponente. Il feudo di Momiano è posto fra il fiume drago-gna e Quieto, e confina coi distretti di Grisignana, Buie e Risano al quale fu assoggettato un tempo, dopo che per ragion di guerra fu conquistato dai Veneziani sopra certo Bernardino Raunicar nobile Alemanno, al quale poscia fu restituito, e lo tenne per alquanto tempo, finché lo vendette alla famiglia Rota per 5555 ducati veneziani, la quale lo possiede tuttavia a titolo di contea. Contiene la villa di Berda, oltre il luogo di Momiano, castello antico sopra una grotta di forte situazione, posto in vicinanza di un piccolo confluente del fiume Dragogna. Il reggimento di Raspo, viene così chiamato dalla terra di Raspo, antica capitale di tutto il distretto, ora distrutta. Questo reggimento è uno dei più estesi e dei più ricchi della Provincia, indipendente dal reggimento di Capodistria, anzi governato da un patrizio veneziano dell' ordine senatorio. Sotto la giurisdizione di questo rappresentante stanno 13 villaggi e 7 casali che formano quella parte dell' Istria Veneta, che internandosi fra gli stati austriaci si stende in mezzo al contado di Pisi-no ed al territorio di Trieste fino a quello di Fiume. In questo distretto ha la sua origine il fiume Quieto, ed il terreno è la maggior parte montuoso, ed in alcuni luoghi vi sono piccole diflerenze in materie di confini col contado di Pisino ed il territorio di Fiume. Pinguente, terra capitale di tutto il distretto e residenza del rappresentante veneto, è un antico castello situato sopra un monte, e cinto da una bella campagna. Vi si fa gran traffico di grani, di vino e d'altri prodotti della provincia. Pietra Pelosa, dei marchesi Gravisi, è poche miglia ad occidente di Pinguente, e si crede che questo luogo fosse 1' ordinaria residenza dei marchesi d'Istria. Raziza, feudo dei conti Bollrestaia, due miglia incirca a mezzodì distante da Pinguente. Raspo, luogo distrutto nelle guerre cogli Austriaci ove una volta risiedevano i rappresentanti Veneziani, è situato verso i confini della Provincia.