ANNO XX. Capodistria, 1 Maggio 1886. N. 9. LA PROVINC DELL'ISTRIA Esco il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione.— Gli abbonamenti si ricevono presso i-i Ueduiioiie. Xjsl -vita. a. Veglia nel secolo XV*) Il fascicolo terzo e quarto di Atti e Memorie, edito testé dalla benemerita Società Istriana di Archeologia e Storia patria, non la cede per importanza di materie trattate ai due primi ; e ci conferma quindi nel giudizio già manifestato in questo periodico. Perciò invece del solito appunto bibliografico, il quale, se anche lungo, non può ordinatamente esaminare i singoli lavori, stimo opportuno di pigliare dal detta libro ,occasione a trattare un qualche argomento di storia patria. Ed oggi della vita a Veglia nel secolo decimoqìùnto, quale si desume dall'importantissimo statuto di detta città, pubblicato con infinita pazienza dal bravo Vassilich. Non intendo già di esaurire l'argomento, e prego non si dia un troppo esteso significato alla parola : desidero semplicemente far conoscere come si vivesse a Veglia negli ultimi anni del secolo decimoquinto (epoca della probabile compilazione dello Statuto. Vedi Vassilich, Vol. I, pag. 52) quali le costumanze, le abitudini nella vita privata. Con ciò credo di fare una strada e due servigi; mostrare cioè come si vivesse anche nelle altre città istriane (chè la differenza certo 11011 doveva essere notabile) e fornire a tutti piacevoli cognizioni di costumi e di fatti che si leggono in un libro scritto in latino. All' opera adunque. Calava la sera. Ad un' ora di notte, come in tutte le città italiane a quei tempi, il Marco della Zatta di servizio si attaccava alla corda della campana per dare avviso ai cittadini di ritirarsi. Mezz' ora dopo dava un altro cenno ; 'ed alle due ore ") Vedi gli Atti e memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria. Fascicoli 3 e 4. — Parenzo, Coana, 1886. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. di notte l'ultimo e il più lungo ; quindi a nessun cittadino era permesso uscire di casa con armi e senza lume, sotto pena di pagare due romani o romanati di giusto peso1). A nessuno venga in mente di credere che questo Marco fosse un messer Marco qualunque, sotto il protettorato speciale del beato evangelista patrono dei Veneziani. Il Marco, ed i Marchi erano ben altro ; una specie di buoni uomini o giurati, che avevano per obbligo d'invigilare sulla osservanza delle leggi e di tassare, secondo queste, i delinquenti giusta il prescritto dallo '■',-tnto. Loro ufficio speciale era sonarfcjft campana del coprifuoco, vigilare di notte, custodire in tempo di guerra le mura della città con la loro Compagnia o Zatta, ecc. ecc. E perchè avessero questo nome ve lo dice lo statuto (Lib. II cap. III). — Come la bilancia Tsenza il marco non segna il vero peso, così la vera giustizia non si può amministrare senza questi uomini che impongono le debite multe secondo scienza e coscienza. ■— Che il romano, o piombino, cioè quel pezzo cìi ferro che scorre sullo stilo della stadera si chiamasse marco tutti sapranno probabilmente. Immaginiamoci l'imbarazzo di qualche cavalier di ventura, e dei don Giovanni del tempo, quando avevano a tentare qualche notturna escursione. Saranno andati zitti zitti, piano piano, nelle tenebre (d'illuminazione notturna per le vie neanco pensarci : le città maggiori si cominciarono a illuminare appena nel secolo scorso) temendo sempre di ') Il romanato era una moneta d'oro dell'Imperatore greco Romano Diogene. (Cosi nel Dufresne. Voc. inf. latinitatis) Romano Diogene poi imperò a Costantinopoli ; vinse i Turchi all'Eufrate, poi fu vinto e fatto prigione. Liberato, fu deposto ed acciecato pei soliti intrighi di quella corte. Tutto questo nel primi anni del secolo XII. I Romanati, moneta corrente due secoli dopo, dimostrano l'antica dipendenza e le relazioni commerciali delle isole con Costantinopoli. cadere nelle mani di quel terribile Marco. Ma il Marco e la sua Zatta saranno, è ovvio crederlo, capitati spesso come i gendarmi dell' Offenbach ; e se non altro le lanterne e i passi gravi gli avranno annunziati un mezzo chilometro lontano ; e ai sul-lodati don Giovanni non sarà stato difficile nascondersi in qualche Galletta, e sgattajolare. Se proibito era pigliare il fresco di notte, peggio poi scalare le mura e uscire di città. Udite con che tuono parla lo Statuto, e con che amabile bonarietà assieme! — „Ascendere e discendere le mura della città nessuno osi nè nobile nè ignobile. Diamine ! le mura ci sono o non ci sono ? E poiché le porte allo stabilito tempo si aprono e si chiudono, che cosa vuol dir ciò se non che ognuno entri od esca per le porte alla debita ora, e non per altro luogo ? " Dunque niente passeggiate e freschi sul mare al chiaro di luna: intesi, alle due ore di notte, tutti a polajo. Ma quelle benedette mura dovevano essere ben facili a scalarsi, e la tentazione forte. A ciò hanno provveduto i legislatori ; perchè, sentite questa : Stabiliamo ed ordiniamo, che nessuno osi scalare le mura della città, sotto pena di aver tagliato il piede, e non per burla, ma ita ut, a crure separetur ; taglio infino all' osso, obbligatissimo alle loro grazie. — E a tutti quelli che per le baliste, le finestre o i inerii osassero introdurre in città carni o roba soggetta a dazio è minacciata la multa di venticinque ro-manati, e in caso d'insolubilità galera o prigione all' arbitrio di Sua Eccellenza (Lib. II Cap. XIV). Ma i buoni cittadini di Veglia hanno dormito i loro sonni tranquilli ; torna il sole e tornan tutti all' opre ......P altro dì non perfette. Le servotte accorrono al mercato a fare la compera pel vitto quotidiano. Apposite buone leggi governano la vendita delle carni. Gli animali si hanno ad ammazzare e scuojare nel macello e non di notte, non prima dell'avemmaria, affinchè ognuno veda il fatto suo ; similmente è proibito macellare in casa o vendere sotto pena di romanati dodici ; di alterare il peso ecc. ecc. Solo che, ben considerata la debolezza umana, e le varie tentazioni alle quali andavano soggetti i macellai, allora, lo statuto si limita a dire che è proibito dare il peso scarso, senza la minaccia dei soliti romanati però. Nei giorni di magro poi le serve, per la compera del pesce, dovevano filar dritte in pescherìa: non permesso aspettar le barche alla riva, e comperarlo fresco fresco, accedere al porto, al molo, sotto pena di pagare romanati tre. E poiché le eccezioni con- fermano la regola, solo agli spenditori delle Eccellenze era data larga licenza di comperare il pesce alla riva ; e si può anche credere che i più bei cefali, e i più grossi brancini erano di quando in quando regalati all'Eccellenza dei Signori Rettori; perchè chiudessero un occhio e magari anche due su qualche taccherella dei pescatori. E naturale poi che in porto di mare, la benemerita classe dei pescatori fosse veduta di buon occhio, ed in ogni possibile modo favorita. Udite come lo statuto prenda alta l'intonazione: — „Pescatori furono a tempi antichi molti uomini santi e beati, quali Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, Apostoli del nostro Salvatore ecc. ecc..... ma essendo l'umana fragilità più volta al lucro che alla beatitudine, ordiniamo e decretiamo ecc. ecc...." Perciò stava a cuore dei sullcdati Rettori di frenare con savie leggi l'umana fragilità dei pescatori; così era minacciata per e-sempio la taglia di tre romanati a quelli che nella stessa pescheria vendessero il pesce migliore, se prima i cuochi delle Eccellenze loro non ne avessero comperato a sufficienza ; e ciò nel caso che lo speuditore non avesse voluto prendersi la scesa di capo di andare direttamente alle barche (Lib. II Cap. XX). Anzi sempre a sostentamento dell'umana fragilità, lasciando libero il prezzo del pesce grosso; perché a danno della povera gente non rincarassero troppo la minutaglia era stabilito che il pesce, netto di squame, si avesse a vendere a due soldi, cioè a ventiquattro oboli alla libra; et quidem Rajas, nette di rostro e coda (granzi ?) a sei bagarini alla lira, loligine a bagarini sette ; sepie e polipi a bagarini sei come sopra. Gli agoni poi perchè minimi a tre soldi al cento e non più. Itern proibito sotto pena di romanati dodici di gettare grippo o tragala, o masse nel porto di Veglia, senza speciale permesso dei signori Rettori. Dopo il pranzo, è naturale, si sente la voglia di far quattro chiacchiere, e di bere un bicchiere all' osteria, se il vino di casa è venuto in uggia ; ed i buoni nostri vecchi vi passavano lietamente qualche ora protetti dalla legge. Guai all'oste che avesse usato misura falsa; doveva pagare romanati tre, per la prima volta, sei per la seconda, e dodici per la terza con l'aggravante della rottura dei boccali. E poi via via un seguito di leggi; si quis.... cresca il prezzo del vino, dopo messa a mano la botte, solvat romanati dodici ; si quis terrà aperto in giorno festivo ecc. ecc....; e se lui permetterà il giuoco dei dadi, o terrà aperto dopo il terzo segno di notte ecc. ecc. et si quis (ecco la legge più importante, ci siamo) si quis vendiderit vinum iìlud Impilando, et aquam in eo ponendo perda il vino e paghi di borsa romanati dodici. E qui permettetemi di esclamare : O gli osti non erano allora osti ; od anche nel secolo decimoquinto si poteva ripetere col poeta: „Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?" Non tutti però frequentavano l'osteria ; ed i gusti son vari. Ad altri piaceva far quatto passi ; a questo giuocare ai dadi, ai fanciulli far girare il pandolo, 1' origine del quale si perde nella notte dei tempi. Ma perchè il passeggiare fosse libero e dilettevole, proibito era lasciar vagare porci e scrofe per la città; (Cap. XXVI) stabilito un luogo apposito fuori di porta per gettarvi scovatiae et im-munditiae; pali per legarvi le bestie sieno almeno sei alle porte della città; vietati pure i giuochi pericolosi sulle pubbliche vie ut est ludus pando-lorum, con che si reca noja alle gambe degli uomini e delle bestie : disposizioni tutte che dimostrano le cure igieniche antiche nelle nostre città, e forse meglio tutelate che oggi. Ed anche antico l'uso delle maschere in carnevale, come dal capitolo XXV. Le maschere veramente non piacciono ai signori rettori, personati idest pagani seu mascherae vel crébronoxii et pe-nenoxii — nuocciono spesso agli altri, e sempre all' anima loro ; ma tanto si ha a chiudere un occhio, specie in tempo di carnevale (carnisprivii) per dare un po' di sfogo alla gioventù; purché si stia nei debiti limiti, altrimenti torniamo al recipe dei romanati. Ed i disordini dovevano essere assai più gravi allora che oggi, lo notino gli eterni brontoloni, i laudatoris temporis acti', se lo statuto proibisce ai pagani o maschere di entrare nelle chiese e di farvi rumore con grave scandalo del reverendissimo clero e dei fedeli, e di attaccare brighe, bastonare e ferire ; e nominatamente proibisce tutto ciò anche ai signori nobili che col loro esempio trascinano il popolo al mal fare. A tutti e singoli i contravventori è imposta la taglia di romanati dodici, e in caso d'insolvibilità prigione all' arbitrio di Sua Eccellenza. Ho letto poi e riletto questo capitolo per vedere se si può cavarne indizio di commedie od altri spettacoli ; ma invano. Forse un qualche cenno molto vago si trova in queste parole „ Coetera autem solatia exerceant in sala palatii, et extra in choreis honeste et sine dolo et damno, vel vilipendio, tam majurum vel minorum utriusque sexus" (pag. 230). Buone anche le leggi per guardare dagli incendi le case ; chi avvertito non faceva pulire il camino entro otto giorni, doveva pagare due roma- nati di multa, chi osava maliziosamente porre in qualche casa, tugurio o camera del fuoco, in modo da far scoppiare un incendio era multato con cinquanta romanati ; e in caso d'insolvibilità gli si tagli la mano ita ut sia separata dal braccio. A chi appicca direttamente il fuoco, non remissione, sia bruciato, e le sue ceneri vadano disperse (Cap. 29 e 30). Ma con tutte le cure e le leggi preventive anche allora succedevano disgrazie, ed o singolare spettacolo allo scoppio di un incendio nel secolo XV a Veglia! Accorrono gli uomini, si grida, si urla, comandano tutti, succede la solita confusione; ma pure un po' d'ordine si stabilisce, e le cose procedono abbastanza regolarmente. E sapete perchè ? Perchè nella mischia pochissime le donnicciuole, che son quelle che gridano di più, e fanno perdere la testa. E qui udite una curiosa disposizione dello statuto. „Quando per caso fortuito esce fuoco da una casa, ciascuno ha da portare aiuto. E affinchè il vociare delle donne non sia vano, ordiniamo e decretiamo che tutte le donne che accorrono a vedere abbiano a portare una secchia o idra piena d' acqua, e se alcuna verrà a mani vuote quella cada nella pena di soldi trenta" (Cap. XXX). Le donne pompiere ! Non vi pare una trovata ? Singolare è la nota comica che qua e là si sente tra i capitoli dello Statuto ; e ciò dimostra nei nostri padri quell'amabile bonomia, quel carattere gioviale che non viene meno neppure nelle cose serie, ed è proprio della gente veneziana. Così al Capitolo XIII contro gli adulteri. „Se alcuno si troverà di notte essere entrato furtivamente nella casa del marito, e ci sarà sospetto di adulterio, pagherà non sei ma dodici romanati : paga doppia, quia in duplici liostio alieno intravit; hoc est in vivo et in manufacto." Provvide leggi e spesso feroci secondo i tempi tutelavano in materia così delicata il buon costume. Allo stupratore si recida la testa ; e se la fanciulla in età minore di dodici anni, sia bruciato. Grave insulto ritenevasi allora in baruffo. o per capriccio, strappare dal capo il fazzoletto o il panno ad una donna (fazzolum vel tovaleam mulieris) insulto da scontarsi con romanati quattro. (Cap. LH) I turpi lenoni cadono nella pena di dodici romanati, ma essendo per lo più persone povere, e non hanno con che redimersi, siano flagellati da Porta Pisana, passando per la Piazza, fino alla Porta Maggiore della città, ed Ahi come facean lor levar le berze Alle prime percosse, precisamente come ai ruffiani di Dante (Canto 18). Ed a qroposito : quasi tutte le pene immaginate dal grande poeta provengono dalla potente sua fantasia; ma qualche volta gli vennero suggerite dal codice penale, come questa. Anche giova rilevare come questo capitolo (il LVI) prenda le mosse da un' osservazione che doveva suonare poco gradita agli orecchi dei Lustrissimi. — „Pur troppo così è fatto il volgo, da non vergognarsi di esercitare tali atti e di prestar questi servigi ai nobili." — Curiose ed interessanti notizie abbiamo dai capitoli dello Statuto che trattano degli sponsali, dei matrimoni clandestini, delle eredità, dei testamenti ecc. ecc. Gli sponsali si celebravano allora, come nelle commedie del Goldoni, toccando la mano della fanciulla o della donna — dare fidem fungendo manum alieni puellae vel feminae. — Ma se il figlio celebrava questi sponsali contro la volontà dei genitori, prima dell'età di anni trenta, perdeva il diritto all' eredità. Il prete poi, che benediceva l'anello senza il consenso dei parenti, veniva bandito, non tenendosi alcun conto del diritto d'immunità; anzi se taluno lo mandava perciò in legnaja, quel prete ritenevasi ben bastonato (Cap. LXVII1). Quindi si vede che i legislatori di Veglia per avere in qualche caso le mani libere non aspettarono Fra Paolo Sarpi nè la legge Siccardi. Buona gente del resto i Vegliani tenera dell' amor proprio, tutelato da leggi minute. E se qualche volta montavano in furore, e si dicevano insolenze, il castigo era bello e pronto. Trascrivo qui la litania delle parole ingiuriose più di moda allora : Ladro, ladra, ladro da forca, bastardo, p........ cormito, roghina (?) figlio di p........ boja, ruffiano, berberius et berberia ') tu menti come un cane per la gola: tutte queste insolenze valevano quattro romanati l'una, (Cap. ('VII). Non è da maravigliarsi finalmente se in quei tempi si credesse alle malìe, ed ai sortilegi, e se lo Statuto di Veglia riferisca leggi in proposito. (Cap. CVIII) Lo Statuto parla chiaro: — „Avviene spesso che certe malvagie donne fanno certi sortilegi per impedire ad un uomo di usare con la sua donna." — Guai a quella povera vecchia che fosse accusata di un simile delitto ; era condannata ad essere arsa viva. Altre cadevano in sospetto del popolino, perchè accusate di procurar malattie alle persone con certi loro sortilegi, incantazioni, et herberie. Allora i Rettori con belle parole e consigli buoni le esortavano a levare l'incanto. Natu- ') Forse è un errore di stampa e deve leggersi herberius, mago, stregone. Talmente l'infelice cascava dalle nuvole, aveva un bel protestare di non saper porre rimedio, dove non aveva recato malanni. In questo caso col solito mezzo si faceva parlare l'imputata, e, parlato che avesse come si voleva, veniva flagellata come sopra, poi bollata e accecata, da ultimo bandita, affinchè co' suoi occhi non potesse più tornare nell' isola. Non mancavano però allora, come non mancano oggi (a Trieste vive Bepi strigon ; donne che gettano le carte ce ne sono da per tutto) i furbi e le furbe che pelavano i gonzi, e mantenevano così nel popolo e nei legislatori viva la fede nella potenza delle magie. E per tali superstizioni e impiastri adoperavano cera liquefatta (probabilmente degli a-gnusdei) olio, acqua benedetta, capelli, peli di cane, unghie, ossa di morti ecc. ecc. Simili fattucchieri e maghi venivano condotti per tutta la città a bisdosso d' un asino, con la nutria in testa, quindi bollati come sopra e banditi dall'isola. E dopo tutto sono zuccherini in confronto di quanto si fece a Milano ai tempi più vicini della — Colonna infame. — Quante lagrime, e quanti dolori della misera comunità, prima che tali leggi sparissero dai codici e che dalla Dottrina Cristiana del Bellarmino si togliessero le parole accennanti — alle streghe ed agli stregoni che hanno il demonio per loro Dio. Così un po' bene un po' male si conduceva la vita a Veglia e nelle nostre città istriane nel secolo XV. Grazie adunque al signor Vassilich, ed alla Società Istriana di Archeologia e Storia Patria che ci hanno offerto occasione di avere così curiose ed interessanti notizie. Rimane il desiderio che il signor Vassilich stesso, completi l'opera con note opportune e schiarimenti, come sulle monete, sui nomi, sulla Porta Pisana per esempio che può dar luogo a molte storiche discussioni. Così fece il compianto Combi, illustrando nella sua Porta Orientale il Rapporto del consigliere di stato Bargnani. P. T. DIGRESSIONI*) Blasone della famiglia Giustinian Altre notizie che lei riguardano e noi E ancora un' epigrafe ad Andrea podestà di Giustinopoli 7) A pg. 338 dell' opera Li pregi della nobiltà veneta abbozzati in un giuoco d' armi di tutte le famiglie ecc., Venezia 1682, Potetti, la sola che potei avere in *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna di Santa Giustina ; 22, 23, 24 an. XVIII; 2, 3, 6, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 20, 22, 24 an. XIX; 4, 5, 6, 7, 8 an. XX — Digressioni. mano anch'io: nessuna delle altre, clie si potrebbero forse con profitto consultare, registrate nel Saggio di Bibliografia veneziana di Em. A. Cicogna, Venezia, 1847 a pgg. 314 sg. E, dopo di avere descritto 1' arma, di cui pure presenta il disegno, di Daniel vescovo Giustiniano a pg. 5t>: "Porta in campo vermiglio un'aquila imperiale d'oro coronata, ornata e linguata dallo stesso, con un ovato in petto della medesima azzurro e traversato con una fascia d'oro», sormontato lo scudo dalle vescovili insegne — dopo questa descrizione, così prosegue il Freschot nelle pgg. sgg. a narrare 1' origine del blasone della famiglia, variata un po' 1' ortografia e la punteggiatura : "Non v'è ehi ponga in dubbio l'origine di questa Casa venire dal soglio di Costantinopoli, essendo ella legittimo rampollo dell'imperiale famiglia di Giustiniano. Uscì dalla metropoli d' Oriente circa il 650, sforzata dalle vicende della sorte e dalla prepotenza d' una fazione nemica, che, dopo rapito 1' imperio, tentava di estinguere le spossessate ragioni con la total oppressione di essa. Navigando a prospero vento, approdò in Istria, dove stimava di ricoverarsi dal patito naufragio delle sue grandezze. Ma la Provvidenza, sempre vigile a raccogliere le gemme sparse ne' più ricchi empori del mondo, per tesserne il diadema alla veneta fronte, andò a cercar questa nelli scogli dell' Istria per inserirvela, conducendo que' nobilissimi fuggitivi nel più interno seno dell' Adria, ove accolti con stima ed applauso furono annoverati fra gl' illustri della più scelta nobiltà di Venezia. Giustifica di quanto pregio fosse questa nobilissima Casa, già da'princìpi che si rese abitante di questa regia, il nome scritto nelle più vetuste relazioni d'un Giustiniano, dato nel 756 con un altro tribuno per assessore al principe Domenico Monegario, e geloso custode della libertà publica contro la licenza dell' autorità regnante. Ma circa 1' 800 l'alleanza contratta dal doge Angelo Participazio con questa famiglia, togliendone una principessa consorte, fu publica ricognizione del merito d' un sangue, cui era dovuto il trono : poiché il figlio che nacque di questo matrimonio si chiamò Giustiniano Participazio e ne portò il nome sul soglio successore del padre. Portarono in questi princìpi per arma un angelo d1 argento in campo azzuro, preso forse per guida della loro errante fortuna, e ancora un' altra d' un Agnello ti' oro nello stesso campo, simbolo della loro depressa innocenza, e ne fu cagione il divieto ricevuto in Costantinopoli di più portar 1' aquile, se volsero asportar seco parte delle facoltà, che ivi godevano. Ma ben presto poterono con altrettanta gloria e senza timore riassumere l'imperiale insegna, quando, resi illustri e potenti per il numero de'soggetti grandi usciti della lore famiglia, meritarono dalla Serenissima Republica protezione e forza per vindicare a dispetto dell' invidiosa sorte questo fregio d'onore dovuto alla gloria dei propri natali. E fu allora, che rialzarono 1' aquila a due teste coronata d'imperiai diadema, vessillo di bipartito imperio, ma vi aggiunsero il globo del mondo sotto i piedi della stess' aquila, per esprimere che sapevano calcare con generoso sprezzo ciò che veniva lore rapito da cieca invida sorte, più stimando il pregio di esaltare il trionfale segno della croce con tolleranza cristiana che dominare con fasto mondano tutti gl'imperi della terra.. E séguita a dire de' più illustri fra gl' infiniti soggetti di questa casa, per i quali è meglio vedere le dieci tavole in foglio del citato Litta. Dove, fuori Andrea del quale s' è per intero trascritta la notizia nella digressione 5, degli altri cinque che furono podestà di Capodistria si dice solo dell' uno dei due Sebastiano eh' ei fu nominato a questa carica già nel 1501 —tav. Il—, di Marco, che la popolazione ribellatasi, nel 1348, gli bruciò il palazzo — tav. IV —; mentre nella tav. I appare nello stess'anno e nella stessa carica sotto il nome di Francesco e gli abitanti lo avrebbero fatto prigione. E così nelle Indicazioni del Kandier, Annali del Litorale, pg. 49 leggesi: "1348: alcuni di Capodistria . . . arrestano il Pod. Marco Giustinian nel palazzo., Il quale fatto della prigionia non appare dal libro citato del Cesca. Appare qui in vece come ad un altro Giustinian, Pancrazio, capitano generale di mare, e insieme a quattro altri nobili viri — v. prefazione pg. 16 e documento XXXIX pg. 79 — si dia il mandato di accettare la resa della città. Il che si accenna pure dal Kandier nel 1. testé c. Poi v' è menzione nel Litta — tav. IV — d'un Leonardo Giustiniani, il quale "nel 1288 fu uno degli ambasciatori spediti a Capo d' Istria a ricevere colle galere della republica Pietro Gradenigo, ch'era stato eletto doge,; d'un Francesco — tav. IX — il quale "dovrebbe esser quegli che nel 1602 fu spedito a Capo d'Istria con qualità di provveditore in occasione di pestilenza,; d'un Gianfrancesco — tav. III — "consigliere in Capo d'Istria nel 1711,. E piacemi in fine toccare di quello che — come apprendo anche dalla Storia documentata di Venezia del Èomanin V 5 nota pgg. 116 sg. t. II — nella Cronaca Magno Cod. DXVI t. IV pg. 79 alla Marciana appare, nominato subito dopo Sebastiano Ziani capitano generale, fra' so-pracomiti che s'imbarcarono contro 1'armata di Federico Barbarossa per venire alla battagia di Salvore — 1177 —: Marco si chiamò egli, e fu detto, secondo il Litta tav. I, da san Pantaleone. Se non che, tornando al blasone, subito dopo le parole da me trascritte sopra nel testo, soggiunge il Freschot: "O detto nel blasonar l'arma dell'illustrissimo Daniel Giustininian qualche cosa, circa questo scudo, interpretando misteriosa pietà le figure che lo compongono. Ora dichiaro, ch'io non pretendo farne relazione eli' abbia storico fondamento, non essendo giunto a mia notizia il motivo e l'origine di esse, cioè della croce e del mondo,. (Continua) Appendice alla recensione sul Tot lei Ferrai SECONDO ELENCO delle famiglie Capodistriane, parenti, amiche ed avverse del vescovo Pietro Paolo Vergerlo, i di cui membri, rilevati negli archivi comunali e parrochiali, vivevano nel secolo XVI con brevi cenni ; compilato da Andrea Tommasich Almerigogna. Bernardo, Pietro, Almerigogna, Nardo, Camillo. ') Continuazione. Vedi n. 1, 2, 4, 5, 6, 7 e 8 a. c. Questa famiglia, uua delle più antiche di Capo d'Istria, è ora divisa in più rami, uno dei quali fissò la sua dimora in Orsera. Amoroso Marco, Leonardo, Pierino. Si è trasferita nel primo decennio del corrente secolo a Venezia. Biagio Amoroso, chiavajo della porta di S. Sofia in contrada Isolana, aperse la detta porta nei giorni 6 e 7 Giugno 1797, della rivoluzione popolare, a fronte del severo divieto, a tutti quelli che s' allontanarono dalla città per trovare nelle case signorili d' Oltra ed Ancarano, sicurezza e pace. Al nome di questo benemerito si aggiungono quelli di Biagio Vascon, dei fratelli Zetto, di Majer e di Bernè, che colle loro barche da pesca, ardimentosi ed avventurando la vita, trasportarono i tremebondi fuggiaschi alle rive della terra ospitale. Apollonio Bonifacio, Isabella, Lorenzo, Brance, Giov. Maria, Bianca, Giacomo. Apollonio, Facha. Esisteva in più rami qui e negli Stati Uniti d' America. — Possedeva la sepoltura N. 58 iu S. Francesco. Barbabianca Girolamo, Matteo (vescovo), Cesare, Natale. L'ultimo di questa famiglia, Giovanni-An-drea, decesse li 28 Gennajo 1782 e fu tumulato nell' arca di sua famiglia N. 62, nel primo chiostro dei Minori Conventuali di S. Francesco. Barbo Bernardo, Giovanni, Paolo, Orazio, Paola. Si estinse nel presente secolo. Possedeva le case attigue al Teatro dalla parte di Ponente colla prospettiva sulla via Musella nella contrada Zubenaga. Baroncini (Baroncini) Sebastiano, Alessio, Giovanni, Maddalena, Marcellina. — Estinta. Belgramoni. Si estinse nel presente secolo. Possedeva le case N. 259, 260 in contrada Isolana sulla via di S. Biagio e la sepoltura N. 36 nella cappella di S. Sebastiano nella chiesa di S. Francesco. Belli Giuliano di Giacomo. „ Dr. Giorgio di Giuliano fù Giacomo, „ Fr. di Giuliano fu Giac., sposò Ortensia Tarsia „ Laura „ » Nicolò „ Giacomo „ . „ Alvise „ Adriana „ „ , disposata da Frane. Tacco „ Compostella „ , sposata con Nicolò Vida „ Pietro „ „ , sposato con Cat. Petronio sposata con Nie. Vergerio disposò Laura Del Tacco, sposato con Paolina Vida Franceschino di Nie. Giac. di Fr. fù Giuliano, Giam. di Nicolò „ Vincenzo „ „ Domenico „ „ Cecilia di Giacomo „ , Giuliano „ fu Giuliano, Lucio Laura di Alvise „ Compostella di Piet. „ Giuliano „ „ Lucio di Giacomo di Francesco fu Giuliano Monfar. Cat. Bembo Nicolò Gravisi Silvia Sabini Belli Giacomo di Vincènzo di Nicolò , [sposò Maria Grisoni „ Giroiamo „ „ fu Giuliano [sposò Caterina Grisoni „ Sigismondo , „ „ Giov. Batt. di Dom. „ „ Antonio „ , v Angela di Giuliano di Giacomo fu Giuliano [sposò Alessandro Tarsia * Cecilia „ di Giacomo fu Giuliano » Giacomo [sposò Suriana Barbo fu Bernardino „ Ottonello di Giuliano di Giacomo fu Giuliano „ Nicolò „ Lugrezia [sposata con Nicolò Pellizzari „ Francesca „ di Giacomo fu Giuliano [sposata con Giov. de Giovanni » Vittorio di Lucio di Giacomo di Giuliano [sposato con Pasqualina Manzini „ Caterina di Giuliano di Pietro fu Giuliano „ Mirabello „ Domenico „ „ „ „ Nicolò » Ottavio , Vivono Nicolò e Laura fù Cristoforo q.m Nicolò. Giuseppe fù Cristoforo, prozio dei predetti, si rese benemerito col dedicarsi interamente per varj lustri a pro dell'Orfanatrofio. Li 17 Settembre 1735 morì Cecilia Belli d' anni 84. Neil' elenco delle ultime monache del convento di S. Biagio dell' ordine di S. Agostino, soppresso nel 1816, nel quale entrarono quelle del convento di S. Chiara dell' ordine di S. Francesco, demandato nel 1806, perchè ricco di beni stabili, figurava la Madre Francesca Belli. (Continua) o tizi e La Presidenza della „Società politica istriana" invita i signori soci al terzo congresso generale, che avrà luogo a Bovigno nel giorno 9 maggio p. v. alle ore tre pom. nel teatro comunale, gentilmente concesso, col seguente ORDINE DEL GIORNO : I. Lettura del verbale dell' antecedente adunanza generale. II. Approvazione del bilancio per 1' anno 1885. III. Relazione sull'attività della Presidenza durante lo scorso anno sociale. IV. Relazione del comitato eletto nell' adunanza generale dei 27 aprile a. d. per istudiare le condizioni economiche della provincia. V. Relazione del comitato eletto nell' adunanza presidenziale dei 28 giugno 1885, per studiare i mezzi di migliorare i rapporti sociali in provincia fra la popolazione di diversa nazionalità. VI. Fissazione del canone sociale per l'anno 1886. VII. Elezione delle cariche: A) della Presidenza a) un Presidente b) due Vice-Presidenti c) sette altri membri. B) di due Revisori dei conti per la gestione del 1886. Vili. Eventuali altre proposte di cui venisse votata l'urgenza. Si previene che da oggi sino al giorno dell' adunanza verranno tenuti esposti nell'ufficio di Presidenza, per l'ispezione dei signori soci, tanto i conti d' amministrazione dell' anno decorso, quanto il protocollo di gestione e tutti gli atti della Società. I signori soci non domiciliati a Rovigno che intendessero colà pernottare, sono pregati di parteciparlo almeno tre giorni prima al Vice - presidente sig. Paolo Ghira avvocato in Rovigno. Approvati gli Statuti della Società di navigazione a vapore Istria - Trieste, e corrisposto alle esigenze del Governo, la Presidenza del Comitato promotore si fa dovere di avvisare tutti i sottoscrittori, che col giorno 22 corr. ebbe principio l'incasso del 1 versamento del 40 % e spese di regia a sensi dell' art. 6 dello Statuto. Interessa quindi i sottoscritti senza indugio alcuno di fare onore alla loro firma presso coloro, che vennero incaricati dell' incasso verso consegna della ricevuta interinale, da conservarsi gelosamente. Nutre poi fiducia, che anche gli altri patriotti che finora non firmarono le prime liste prenderanno parte ad un consorzio, che, oltre ridondare di onore alla Provincia, ridonderà di interesse alla medesima. E quanto più presto saranno sottoscritti i prescritti 100,000 fiorini, tanto più presto verrà indetto il Congresso generale a Rovigno per 1' elezione della direzione chiamata a dirigere 1' azienda e dar vita ad un sodalizio da tanti anni vagheggiato e desiderato. Istriani, mostratevi all' altezza del tempo ; non lasciatevi impressionare da coloro che avversano una patria istituzione accecati dal proprio interesse, da ambizione, e sarete nell' avvenire contenti di avere agito pel bene della nostra terra. Preme però che la sottoscrizione si compia in brevi giorni per poter radunare il congresso nel venturo Maggio, All' opra ! e concordia ! La Presidenza del Comitato Promotore della Società di navigazione a vapore Istria-Trieste. Un lavoro artistico, che merita uno speciale cenno di lode è quello che viene ora eseguito nello studio del valente scultore Luigi Belli, a Milano, ben noto quale autore del monumento ai martiri di Mentana, e quale vincitore del secondo premio al concorso tenutosi pel monumento a Vittorio Emanuele. L1 egregio professore dell'Accademia Albertina ha ideato uno stupendo bozzetto, stato poi scelto da apposita Commissione in Urbino per un grandioso ricordo marmoreo a Raffaello da erigersi in quella città. La figura del sommo pittore, svelta ed elegante, è piantata su basamento di stile della Rinascenza, avendo ai quattro lati pilastrini ornamentati alla raffaellesca, sormontati da capitelli graziosi con trabeazione monolita. La statua raffigura il Sanzio in atto di dipingere; ha nella sinistra mano la tavolozza e il pennello nella destra. Lo zoccolo sorregge due figure simboliche, il Risorgimento e il Genio dell'Arte ; ai due lati posteriori, due gruppi di puttini di quadri raffaelleschi. Due bassorilievi in bronzo alla facciata anteriore e posteriore, con medaglioni rappresentanti i principali precursori e continuatori di Raffaello e della sua scuola. Il piedestallo in granito di Baveno, lo zoccolo in marmo di Carrara di seconda qualità con venature grigio-azzurro e decorazioni di rosso e verde antico in istile del Rinascimento, temprerà la soverchia crudezza dei colori, dovendo le statue secondarie essere di bronzo e l'Urbinate di marmo bianco. Annunziamo con rammarico la morte della signora Hugues, moglie del direttore della stazione eno-pomologi-ca provinciale. Al dolente marito le nostre più vive condoglianze. Ci scrivono : Spettabile Redazione ! „La Perseveranza del 18 Aprile a. c. dà certi dati statistici del Fotsch sui teatri incendiati, e desume la peregrina notizia dell' incendio del teatro di Capodistria nel 1794 con mille vittime! Negate rettificate, secondo il caso. Mille vittime come? E questa notizia ha fatto più volte il giro nei giornali italiani ed esteri." La peregrina notizia l'abbiamo recata in altra occasione, prontamente rettificandola. Ripetiamo oggi quello che abbiamo detto allora : Capodistria appena nel nostro secolo ha ciò che si può chiamare teatro almeno secondo l'uso moderno ; e questo contiene poco più di quattrocento persone. Il teatro nel secolo scorso era improvvisato nella sala dell'Accademia letteraria. La peregrina ed umoristica notizia venne ripetuta in questi giorni anche dall'Adria. Riceviamo e volentieri pubblichiamo: Nel „Corriere di Gorizia" 20 aprile a. c. leggiamo una lettera del signor Carlo Favetti in cui egli si dice, e fu, fondatore del Giornale di Gorizia da lui pubblicato nel 1 gennajo 1850. Il più importante per noi istriani è ricordare che nella brevissima ma onorata esistenza di quel Giornale, il nostro Michele Fachinetti da Visin ada vi scrisse quindici articoli. Se non fosse indiscretezza, vorremmo pregare il signor Favetti di farci conoscere gli ar- gomenti o almeno i titoli degli articoli scritti dal Fachinetti, scritti che potrebbero arricchire la raccolta già fatta, se qualche paziente di buona volontà si accingesse a copiarli. Secondo noi, l'incarico spetterebbe ai figli dell'indimenticabile Michele, veramente degni del bel nome che portano ; sem-precchè gli articoli succitati mancassero tra i preziosi cimelii lasciati in famiglia dall'illustre loro genitore. Egregia famiglia istriana questa dei Fachinetti! Il nonno Giorgio, elegante e facile poeta; poeta, letterato, pubblicista Michele; dotto medico e scrittore Giovanni ; l'uno padre, zio l'altro dei superstiti. Un figlio di Michele è oggi primo cittadino di Visinada, assai amato dalla popolazione per le doti del cuore e dell'ingegno, temprato a sensi di buon italiano. Cose locali Per futili motivi, che lasciamo all' azione penale di appurare, verso 1' 1 V2 aflt- di lunedì decorso, nella birreria „al Vaporetto" si venne alle mani tra alcuni operai e parecchi ii. rr. ufficiali e sott'ufficiali del battaglione di cacciatori qui di guarnigione. Nella collutazione, ambe le parti riportarono leggere ferite e contusioni, ed andarono in frantumi seggiole, lastre e bicchieri. Dalle prime ore del pomeriggio di lunedì si rimarcò da tutti che i militari di presidio giravano, fuori dell' u-sato, per la città iu brigate di 10, 20 e fino a 30 uomini, così da inceppare il passo alla popolazione d' ogni ceto ed età, la quale numerosa traeva ai passeggi, animati straordinariamente per 1' affluenza di oltre ottocento ospiti triestini. Sul tardi, dai forti drappelli di soldati si passò alle ingiurie di fatto ed all' aperta provocazione : s' investirono i passanti, si insultarono le donne, si rincorsero i fanciulli ; si destò in mille modi lo sgomento nella pacifica cittadinanza. Alcuni dei cittadini oltraggiati, fra cui un i. r. professore ginnasiale, fecero vive rimostranze all' i. r. Capitano distrettuale, il quale dopo le 8 pom., vestito P uniforme, si recò dal signor Tenente colonnello, comandante del battaglione. Colà, poco stante, lo raggiunse il signor Podestà, informato anch' esso da varie parti delle violenze sofferte, e particolarmente offeso in una persona di sua compagnia, per reclamare che il militare in licenza per tutta la notte fosse tosto ritirato in quartiere, dacché non poteva rispondere altrimenti della pubblica quiete. 11 signor comandante del battaglione aderì subito alla giustissima domanda, e fu rara ventura; chè la reazione da parte dei cittadini minacciò qua e là di scoppiare nelle voci concitate, negli spessi cappannelli della piazza e di altri luoghi, iu qualche sasso volato per 1' aria, nel fer- mento diffuso in tutta la città. La misura, giunta al colmo, stette per traboccare, quando il signor Capitano distrettuale, ed il sig. Podestà si presentarono alla folla indignata, la quale arringata con nobili ed opportune parole dal sig. Podestà stesso si persuase a miti consigli, alla prudenza, ed alla quiete: lo squillo di tromba che intimava al militare la ritirata, (erano circa le 8 V2) calmò del tutto gli animi dei cittadini, i quali rincasarono spontaneamente e tranquilli. Per le vie deserte corsero dovunque a precipizio i soldati per raggiungere la piazza del Brolo, dove alla presenza del signor Tenente colonnello si procedette all'appello del battaglione, consegnato subito dopo ai quartieri. Tutta la notte numerose pattuglie di militari e di gendarmerìa perlustrarono la città, senza che 1' ordine fosse menomamente turbato ; e non dubitiamo eli' esso per 1' avvenire sarà mantenuto, conservando giustamente la nostra città fama di civile, onesta ed ospitale e di cui andrà sempre legittimamente orgogliosa. Bollettino statistico municipale di Febbrajo 1886. Anagrafe. — Nati (Battezzati) 33 ; fanciulli 16, fanciulle 17; — Morti 29; maschi 11 (dei quali 3 carcerati) femmine 2, fanciulli 9, fanciulle 5 e 2 maschi nati morti. — Trapassati. 1. Petrich Giuseppe (carcerato) da Rovigno, d'anni 30 —~ 4, Quartali Don Daniele da Udine, d' anni 75 — 7. Scher Tomaso fu Tomaso, d'anni 66 — 8. Perich Antonio (carcerato) da Ragusa,-d'anni 42 — 10. Opara Giacoma fu Francesco, d'anni 73 — 12. Sterle Giuseppe fu Giovanni, d' anni 55 ; Rasman Francesco fu Matteo, d' anni 63 — 14. Dobrigna Michele fu Michele, d'anni 69 — 15. Steife Domenico di Antonio, d'anni 31 — 18. Paroveì Andrea fu Giacomo, d'anni 75; Minutto Anna fu Stefano, d'anni 94 — 22. Gasser Giuseppe (carcerato) da Klagenfurt, d'anni 53 — 23. Giani Fortunato fu Francesco, d' anni 45. Più 9 fanciulli e 5 fanciulle al di sotto di sette anni, nonché 2 maschi nati morti. — Matrimonii 10. — Deponte Vincenzo fu Domenico — Mahorcich Gioseffa di Giuseppe; — 14. Decarli Giacomo di Andrea — Grio Domenica di Tommaso ; Cociancich Pellegrino di Francesco — Deponte Antonia fu Pietro ; Martissa Giuseppe di Antonio — Zago Maria di Francesco; — 20. Rasman Giuseppe di Giuseppe — Mondo Filomena fu Giulio: Peccenca Pietro fu Matteo — Budica Elisabetta fu Stefano; — 21. Schembera Francesco di Giuseppe — Maj er Lucia di Paolo ; — 27. Deponte Francesco di Nicolò — Destradi Annamaria di Pietro : — 28. Gamboz Andrea di Matteo — Minca Maria di Nicolò ; Parovel Giuseppe di Giuseppe — Tremul Domenica di Andrea. — Polizia. Denunzie per contravvenzione al Regolamento sul possesso di cani 1 ; per furto 1 ; per rissa 1 ; per eccessi e schiamazzi notturni 1 ; di apertura di esercizi oltre l'ora di polizia 2. — Sfrattati 9. — Usciti dall' i. r. Carcere 11, dei quali 2 istriani. 1 triestino. 1 carintiano, 3 dalmati, 1 stiriano, 1 tirolese, 2 goriziani. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 2 : per ettolitri 78; prezzo al litro soldi 40-44. — Animali macellati. Buoi 40 del peso di chil. 9219 con chil. 674 di sego; vacche 7 del peso di chil. 1156 con chil. 85 di sego; vitelli 24. — Certificati per spedizione di vino 6 per ettolitri 4. — Licenze di fabbrica 1. — Licenze industriali : per vendita di vino e cibarie 1 ; per articoli di salumiere 1 ; per commestibili e coloniali 1. Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria. Ammmalati 0 — Lazzeretto. Ammalati 0. PUBBLICAZIONI Il Palladio — organo dell' Unione ginnastica ecc. diretto da Gregorio Draghicchio. Esso è ricco di notizie riflettenti l'educazione fisica, che devono interessare i cultori delle diverse discipline ginnastiche. CArOniSTElA, Tipografìa di Carlo JPriora, Pietro Madouizia — Anteo Gravisi edit. e redat. responsabili