AMO XIII Capodistria, 16 Giugno 1879 N. 12 LA PROVINCIA DELL' ISTRIA \ L Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso ' Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. EFFEMERIDI ISTRIANE . Giugno 16. 1332. — Venezia. Il senato annuendo alla proposta patriarcale di rimettere nelle mani d'arbitri la questione del castello di Coflaeco (Cosliacco ?) scrive, agli ambasciatori spediti al patriarca a voler interessarsi presso la Contessa di Gorizia, perchè essa pure vi unnisca. - 46,1, 120. — Soppressa in Huguente la carica di podestà, il senato veneto vi trasporta la sedo del Capitano di Easpo. - 26, IV, 510, - e 4. — Dal campo presso Cuccagna. Il patriarca Ottobono notifica al comnne di Cividale la pace stretta con Venezia per le faccende d'Istria e gli ordina di rendere ciò di pubblica ragione. - 18, III, 413. 17. 1344. — Il senato ordina al capitano di S.Lorenzo del Paisinatico di avvertire il podestà di Capodistria a spedirgli 40 cavalli e dei fanti per invadere la terra di Pisino, soggetta ad Alberto dei Conti di Gorizia. - 7, 22-12, 33.a 17. 1609. — Gian Giacomo Zane, provveditore generale in Istria, vieta al Collegio delle Biave di aumentare al numero di venti i notaj in Capodistria. - 49, 265. 18. 1352. — Il senato accorda a Vittore de Orso di Capodistria, confinato in Venezia per la rivolta del 48, di recarsi a Isola o nell'agro giustinopolitano per coltivare le proprie terre, e di fermarsi sino li 11 del venturo novembre col patto però di presentarsi tratto tratto al podestà d'Isola e di non mettere piè in patria. - 7, 26-16, 93.b 18. 1483. — Nicolò Pesaro podestà e capitano di Ca- podistria vincola con odierna sentenza il villico di San Quinzio (ora Socerga) Benco Elia a dover pagar la decima a Pietro e Giacomo de' Vergerio feudatari della decima in essa villa. - 25, 241 .b 19. 1480. — Il doge Mocenigo ordina al podestà e capitano di Capodistria, Domenico Morosiui, di spendere ducati 40 di quella camera per il palio dei balestrieri, assegnandone 30 pe' balestrieri della città, dieci per quelli del contado. - 25, 223.a 20. 1297. — Civitavecchia. Bonifacio VIII delega il primiero di San Marco in Venezia per prosciorre dalla scomuuica il fu podestà di Capodistria Marino Badoer, genero del doge Gnideuigo, il quale trovandosi in carica aveva incarcerato don Vitale che, consenziente il capitolo, aveva introdotto furtivamente in città dei banditi. - 16, I, 115. 20. 1334. — Il senato ordina alla pubblica galera di prendere a bordo il ueoeletto capitano di S. Lorenzo del Paisinatico, ser Luigi Moro e di trasportarlo in Istria. - 7, 16-6, 68.b 20. 1394. — Ducale Venier che concentra in Baspo i due Paisinatici quello cioè di San Lorenzo e l'altro di Grisignana. - 4. 21. 1245. — Lione — Ulrico vescovo di Trieste assiste con altri 139 vescovi alla scomunica lanciata da Innocenzo IV contro Federico II ed alla sentenza che lo diceva decaduto dell'impero. - 45, 60. 22. 1296. — Il patriarca Raimondo della Torre investe di feudo Giovanni, signore di Momiano. - 9, 29. 22. 1490. — Venezia. I patroni dell'arsenale inviano al podestà e capitano di Capodistria, Domenico Malipiero, provigioni da guerra, perchè ne consegni parte alla città, parte al distretto. - 25, 265.a 23. 1208. — Ottone de Wittelsbach, avente a complice Arrigo di Bertoldo duca di Merania marchese d'Istria, assassina il re tedesco Filippo. - 40, 59. 24. 1290. — Venezia. Il Senato vuole che si aggiunga nella commissione del capitano pedestre per 1' Istria che debba verificare la perdita dei cavalli caduti nel servizio dello Stato e darne notizia al doge entro 15 dì. - 46, I, 161. 24. 1310. — Il doge Gradenigo ordina ai podestà in Istria di uon permettere a certi veneziani mandati a domicilio coatto di entrare ne' luoghi di loro residenza e di fermare Marco Zane uno dei capi nella congiura Tiepolo Querini, ove venisse in quelle parti e di spedirlo sotto buona custodia a Venezia. - 46, I, 72, - e 71, II, 215. 25. 1183. — Bertoldo, marchese d'Istria, giura 1* os- servanza della pace, conchiusa in Costanza tra Federico Barbarossa e la Lega Lombarda. -14, XIV, 159. 26. 1347. — Venezia. Il senato ordina al capitano di San Lorenzo del Paisinatico di far scavare due cisterne in loco, una di queste nella casa comunale, abitazione del conestabile. - 7, 24-14, 24.b 26. 1640. — I Gesuiti in Trieste sono obbligati a rinunciare al Comune locale diversi privilegi loro accordati da Ferdinando II con grave danno dello stesso Comune. - 26, II, 365. 27. 1377. — I Veneti fabbricano il castello di San Giusto in Trieste, vietano ai due castellani e ai pagatori di abbandonare il lor posto senza un permesso del podestà e del capitano. v- 23, II, 274. 27. 1385. — Il doge Venier ordina al podestà e capitano di Capodistria, Nicolò Contarmi, di restituire al Duomo l'atrio bruciato dai Genovesi nel 1380 verso 1' obbligo però della Cattedrale di impiegalo le rendite di certe botteguccie, erette su quel fondo, ad utile della chiesa e per la riparazione dello stesso atrio. - 25,45.a 28. 1284. — I Veneti si accingono alla costruzione d' un castello sopra un isolotto presso San Giovanni di Duino, cui danno il nome di Belforte. - 14, XXIV, 453. (*) 28. 1289. — Venezia. Il maggior consiglio delibera di fare un imprestito per intraprendere la guerra nel Friuli e nell' Istria. - 46, I, 159. 29. 1132. — Papa Innocenzo li, conferma il patriarca d' Aquileia qual metropolita dell' Istria. -48, 1, 143. 29. 1301. —Arrigo conte di Gorizia e capitano generale del patriarcato aquileiese affida al capitolo d'Aquileia l'amministrazione dei diritti patriarcali in Istria, sino alla venuta del nuovo patriarca o del suo vicario nel Friuli. - 14, XXXI, 159. 30. 1345. —Venezia. Il senato delibera di raccomandare al papa e ai cardinali il connine di Capodistria nella questione che aveva col vescovo di Trieste. - 7, 23-13, 20.b 30. 1491. — Il doge Barbarigo ordina al podestà e capitano di Capodistria, Marco Morosini, la riparazione del castello di San Servolo, l'esca-vazione d'una cisterna e 1' aumento della guarnigione in esso castello portando il numero dei soldati da sei a nove, oltre il castellano Giovanni Ducaino. - 25, 263.a (*) Il Muratori "Scriptores Rerum ltal. ecc.,, Tom. XXIV, col 1195 dice li 27 giugno. LA DOGANA .... l'Istria col mare chiuso in faccia, ed inceppato, può assomigliarsi ad un vascello in secco...... Fin ora, che si sappia, alle vive lagnanze, ai propositi di serie proteste, di pronta ed energica azione non tennero dietro i fatti, e tutto quanto possiamo registrare oggi si riduce alle due notizie che il lettore troverà in seguito. Ma da questo silenzio non ne traggano argomenti, quelli che sono incaricati di predisporre il terreno perchè si spenni il pollo, onde andar dicendo che le lagnanze delle quali ci facciamo eco sono esagerate, e che la dogana non sarà quel malanno che andiamo predicando, tutt'altro anzi risveglierà le industrie ! — che in ogni modo le facilitazioni a noi della costa — si sente la necessità di studiare fin d'ora le facilitazioni — ridurranno per fin più piacevoli o più sicuri i i viaggi, lo sbarco e l'imbarco, sotto gli occhi e la controlleria delle guardie daziarie! Il silenzio piuttosto è conseguenza di apatìa, e l'apatia è venuta negli animi di molti a forza di vedere le cento volte frangersi ogni volontà onesta che abbia tentato di ottenere niente più che 1' esecuzione di patti stabiliti dalle leggi sulla nostra provincia. A che agitarsi se già prima sappiamo che nulla si otterrà ? ecco come la pensano molti. Ma se questi sono compatibili non per ciò bisogna seguirli, e noi non lo faremo per certo, ma insisteremo perchè sia messo in pratica ogni mezzo onde scongiurare il pericolo della dogana. Nell'anno 1856 fu il Municipio di Capodistria che prese coraggiosamente l'iniziativa, e secondato da molti Municipii della provincia, lottando ostinatamente contro ostacoli di burocrazie ignoranti e nemiche, e di piccoli interessi offesi, terminò col vincerla e la dogana fu tolta. In quell' occasione, a gara, tutti i Municipii presentarono memoriali dove si dimostravano le vere condizioni della provincia, e si faceva risaltare il gravissimo errore della linea doganale al mare. E poiché abbiamo avuta maggiore facilità di procurarci il memoriale del Municipio di Capodistria ne riportiamo le conclusioni, le quali meno qualche cambiamento per le mutate circostanze di allora ad oggi, valgono per le solide ragioni addottevi a sostenere la stessa causa. Riportiamo : "Stringendo pertanto in epilogo tutto il fin „ qui discorso, e tenendo in buon conto la dataci „ assicuranza, che non per viste finanziali, e molto „ meno per favorire con nostro discapito e sa-„ grifizio altre provincie interne dell'Impero nelle „ loro industrie ed interessi, siasi l'Istria incor-„ porata nel nesso doganale, ma sì veramente pel „ benefico scopo di proteggerla e prosperarla, si „ daranno a scorgere potentissime le seguenti „ conseguitanze : „1. L'Istria nulla ha da esportare per l'in-„ terno della monarchia che esuberi il suo pro-„ prio consumo. E qui si enumerano i varj prodotti, i quali nella prima parte del memoriale sono presi in esame rilevandone la somma netta ; e sono olio, vino, legna da fuoco, granaglie, pesce salato ecc. ecc., dei quali in parte si fa smercio pronto e sicuro a Trieste e Venezia. "2. L'Istria ha nulla da importare che le „ abbisogni di andar ricercare nelle provincie „ della monarchia, perchè già trova da poter i-„ sciegliere ed acquistare più prontamente alla „ ricorrenza dei bisogni, e più economicamente „ dall'emporio mercantile di Trieste, deposito non „ solo di tutti i generi nazionali, ma mondiali. E toccando della tanto ripetuta possibilità, quando l'Istria fosse chiusa nella linea doganale, di gettarsi alle industrie, ecco cosa troviamo scritto nel memoriale : "Che se pur si potesse fingere la possibilità „ di attuar fabbriche fra noi, dovrebbero però r smettersi, come ne abbiamo avuto esempio re-„ cente, appena introdotta la dogana qui a Ca-M podistria, ove una fabbrica di tela da vele di „ cotone, richiamata dall'opportunità dei cantieri, a fiorenti per ben sessanta operaj tessitori, fu „ obbligata presto a trasportarsi a Servola, e ciò „ per esser posta nella linea di controllo finan-„ ziario, soggetta ad un maggior rigore di disci-„ pline; linea di controllo che abbraccia pur troppo „ la più gran parte e la più animata dell'Istria.,, "In questo miserando vacillare di una com-„ promessa sussistenza,, — così dopo aver de-„ scritte le condizioni economiche della provincia ~ „ vien più facile ad imaginarsi che ad esprimere „ il mortale effetto che deve produrre un soprac-„ carico di circa f.ni 145,000, annui, introito „ medio doganale dei due primi anni di annessione „ esasperato dai rigori delle pratiche discipline „ in questa zona di controllo, e talvolta anche „ d'angherie delle guardie di finanza, con perdita „ notevole di tempo, che pur si traduce in perdita „ di denaro. È Sen naturale, che per chi già „ vacilla per Sostenersi in piedi basta una „ spinta ad abbattere. Nella supposizione pertan-„ to che si accalora ad infondere, che l'intro-„ duzione delle Dogane non abbia avuto che il „ precipuo scopo di favorire e proteggere, costereb-„ be ben cara ai miseri Istriani una tal presunta „ protezione, ed ecco il perchè è entrata nel „ volgo e va sempre più radicandosi un' opinione, „ che le Dogane sieno state introdotte per spe-„ calare sulla sua povertà! Ed in fine: „Non si può passare sotto silenzio un altro „ massimo inconveniente che deriva dall'introdu-^ zione della dogana, cioè l'illegalità del traffico „ detto di contrabbando, incoraggiato in guisa „ dalle proibizioni e dalle elevate tariffe daziariè, 9 specialmente sui coloniali e stoffe di cotone, „ da sottrarsi ad ogni più oculata sorveglianza „ sarà dunque giocoforza convincersi che l'in-„ troduzione della dogana, già tanto all' Istria „ nociva in tutti i dimostrati riguardi economici „ diverrà per soprappiù un incentivo d'immoralità „ anche tra un buon popolo qual è l'Istriano, „ perchè troppo immiserito e quasi direbbesi posto „ alla disperazione. Così chiudesi il memoriale in data 27 Luglio 1856, e pur troppo le condizioni della provincia sono tali oggi, che la stessa chiusa si potrebbe ripetere senza esagerazione. E faremo punto coli' ego autem censeo che 1' Inclita Giunta Provinciale a capo di tutti i rnu-nicipii, la Camera di commercio, la Società agraria, senza esitazione, senza perdita di tempo, che potrebbe essere fatale, debbano produrre insistenti reclami perchè la nostra provincia sia conservata nelle stesse condizioni di libertà commerciale del porto di Trieste. SOCIETÀ' DI NAVIGAZIONE ISTRIANA Diamo luogo alla seguente corrispondenza, inviata dalla provincia all' Indipendente e che verte sopra un argomento già trattato da un nostro egregio collaboratore, nella lusinga che dall'attrito delle varie idee sorga quella che meglio risponda ai nostri interessi: Il comitato eletto por la compilazione e presentazione dello Statuto della Società, di navigazione i-striana a vapore ha compiuto il suo operato, ed oggi lo Statuto fu rimesso alla Luogotenenza per 1' approvazione. È da lusingarsi cho verrà approvato, e quindi il comitato si accingerà subito a raccogliere le sottoscrizioni, che non devono essere in numero minore di 1500 azioni a fiorini 50 v. a. l'lina, perchè la Società si costituisca. Checché ne dicano gli avversari di questa nuova impresa, essa generalmente fu ed è ben accetta nella provincia, per cui nei promotori c' è la sicurezza che le azioni verranno sottoscritte, avendole rese accessibili a tutti colla esiguità del loro valore. Nè altro il comitato era in grado di stabilire, quando si osservi che il motore di questa nuova Società fu il sentito bisogno di concorrere contro la carezza dei noli, cui ogni negoziante dell' Istria deve corrispondere alla privilegiata Società del Lloyd e all' altra dei piccoli vapori. Ora se il generale divisamento si è quello che i noli vengano ribassati, come è possibile supporre che anche il piccolo negoziante non concorra alla sottoscrizione? E quando vi concorra, come è presumibile che T impresa non sia profittevole, avendo tutti i commercianti dell'Istria, almeno della costa, interesse che essa avvantaggi, usaudone esclusivamente pel trasporto di quelle loro merci, che prese tutte assieme in un anno danno o diedero del beli' utile e al Lloyd e ai piccoli vaporetti, che attualmente percorrono la linea Trieste-Pola e viceversa? In ogni modo mi sembra fuori di luogo in oggi il farla da profeti sia per la buona come per la mala riuscita; è un tentativo che fa la provincia, il quale poi in ogni caso, anche se fosse il peggiore, non potrà essere di nocumento alla popolazione, uè di scoraggiamento ; perchè a conti fatti è certo che se l'annuo bilancio non darà un forte dividendo, presenterà per lo meno un attivo da iucoraggiarne la continuazione nella speranza di miglior avvenire. È vero che alcuni fanno temere la concorrenza dei piccoli vapori che in oggi percorrono la linea, ma questa tema cade del tutto quando si riflette che la loro esistenza si renderà impossibile per 1' unione appunto degli interessi di tutti i negozianti della costa quali azionisti della nuova Società. Anche la dogana c' entra quale spauracchio. Ma fino a tanto che le tariffe della nostra ferrovia saranno all' ocjierna altezza non c' è nemmeno da questo Iato motivila scoramento. Ma se pure queste tariffe venissero ribassate, credesi forse che non vi sia modo di caricare le merci a Trieste senza che queste a Trieste e nell'Istria paghino dazio? Non c'è la caricazione por transito, e quaudo questa si avvera, anche di merci venute a Trieste da paesi compresi nel raggio doganale, non è il ricevente qui in Istria franco dalla corresponsione della gabella di dogana, che pur troppo per l'Istria fu un regalo fattole nel memorando mese di aprile p. p. e che diverrà altro fattore della rovina cui giornalmente si va incontro ? Ma se tutto ciò pur esiste, ritengo lecito e commendevole uu esperimento. Molte altre imprese s'iniziarono sotto più infausti auspici e in onta a ciò arrivarono felicemente allo scopo. Coraggio quindi e costanza : 1' avvenire è iucerto ed oscuro, e quindi non facciamoci profeti di sventura e non precorriamo gli eventi, ma speriamo! Nou nego però che questi ed altri motivi addotti dagli avversali della nuova impresa nou sieno di qualche rilevanza e degni di tutto riflesso. Ottimista d' altronde, e visto che i' ostilità si basa sopra le risultanze dell' incerto, ritengo che si debba fiduciosi andar incontro >11' avvenire e lasciare che il tempo decida l'ardua questione. Non convengo in ogni caso sull' eccezione avanzata contro la sede della Società iu Pola, pei motivi esposti in un buon articolo dell' ultima Provincia "Gì' Istriani sul mare„ riportato anche nelle colonne del vostro giornale. L' articolista è male informato, e sono sicuro che quando avrà attinte più precise informazioni da sè medesimo si rettificherà. Egli teme che la sede in Pola abbia a suscitare le gelosie di campanile. Ma tal piaga (pur troppo fra noi istriani generalizzata!) esclude egli forse che non possa riaprirsi se la sede venisse fissata o a Parenzo o a Rovigno o altrove? Ma in questa circostanza non è a temersi; e quindi ogni idea di piecole linee fra Rovigno-Parenzo, Parenzo-Umago e via discorrendo, è un volo troppo lirico, anche se si riflette ai mezzi delle nostre città, che da sole nulla possono fare e per fare anche poco, abbisognano sempre del concorso di tutte le altre. Dissi nou è a temersi, e ciò in vista che tutte le città interpellate aderirono che Pola sia la sede, perchè il maggior numero dei trasporti è per Pola: che Pola è l' ultima stazione della linea partendo da Trieste, e la prima dirigendosi per Trieste; e quindi che a Pola il vapore deve pernottare e far tutte le altre operazioni di conteggi »e bilanci, che sarebbe impossibile effettuare iu altra stazione durante il viaggio, quando non volesse impiegare un' intera giornata per un'ordinaria corsa di sette ore, o quando arrivato a Pola e compiuto lo scarico non volesse p. e. riedere a Rovigno per poi la mattina seguente salpare per Pola, donde intraprendere la corsa Pola-Trieste. Da ciò risulta che i Polesi non chiesero per vanagloria la sede presso di loro, ma lo consigliarono invece 1* opportunità e la maggior mole degli affari che giornalmente le attuali società viaggianti hanno per Pola in preferenza di tutti gli altri porti dell'Istria. Di più 1' articolista teme che la società non abbia il suo voluto sviluppo pel motivo che la sede è fissata in un porto di guerra. Che in un porto di guerra non si sviluppi gran fatto il commercio, comprendo; ma che il porto di guerra di Pola sia contrario all' indole della società che vuoisi costituire lo nego. E difatti la società in fieri non ha lo scopo di padroneggiare pei mari, di imporsi come un consorzio privilegiato alle altre nazioni. No! La futura società tende a migliorare i mezzi di trasporto tanto dei pas-seggieri, quanto delle merci per la costa istriana, e presentemente solo da Trieste a Pola. Ora questo trasporto deve giornalmente aver luogo, e perciò il porto di guerra non fa ostacolo a guadagnare sui noli e sui passeggieri, inquantochè se anche scoppiasse una guerra, 1' accesso nel porto sarebhe sempre permesso, eccetto che negli ultimi estremi di un blocco o meglio di un bombardamento. E che questo movimento non sia stato inceppato dalla guerra, lo dica il 1866, quando ferveva quella fra 1' Austria e l'Italia. Da ciò riassumo che la sede in Pola non osta al progresso ed utile sociale; che la sede in Pola non è contraria alla volontà delle città che aderirono al progetto e di cui si fecero iniziatori negozianti polesi e rovignesi ; che la sede in Pola infine non può suscitar le meschine gare di municipalità, perchè 1' opportunità dell' essere Pola 1' ultimo punto della giornaliera corsa da Trieste a colà, la fece scegliere di preferenza alle altre città e perfino a Trieste, per la qual ultima militavano gli stessi motivi, ma, accettandola, la società veniva a perdere 1' esclusivo carattere d'istriana. Spero che 1' articolista della Provincia converrà con queste mie vedute, e rasserenato, ecciterà meco gì' istriani all' opera, rammemorando ad essi che il più delle volte "volere è potere!. GLI ISTRIANI SUL MARE in Ora che gli istriani s'ingegnavano a costituire una Società di navigazione a vapore per l'Adriatico e lo Statuto ne era all'approvazione dell'autorità competente, il governo austro-ungarico è uscito colla deliberazione (non p eranco pubblicata) d'incorporare l'Istria, a datare dal 1 gennajo p. v. nel territorio doganale dell'Impero. È questo un colpo di bastone fra capo e collo ai poveri marinari della costa orientale adriatica, tale colpo che non può a meno di renderli sgomenti, non già per il danno materiale che ne possono ri entire, ma per le intenzioni che in questo momento vengono loro da tal fatto manifestate. Io non so quale criterio abbia indotto il ministero di Vienna a sì inconsulta deliberazione. Non può esser certo quello di aumentare i cespiti della finanza, imperocché chi conosce l'Istria per teoria e per pratica sa benissimo che le importazioni estere in Istria sono talmente esigue che non possono coi dazi compensare le spese del mantenimento di un cordone daziario. Si vuole valersi forse di sì strano mezzo per favorire l'interesse della strada ferrata dell'interno a pregiudizio della navigazione costiera, che dalla dogana verrebbe neccessariamente e grandemente impacciata? Se ciò fosse, io non esito a dirlo, il criterio non sarebbe meno sbagliato, oltreché ingiusto. Gli inceppamenti ai trasporti per la via di mare, quali sono quelli che prevengono da un cordone daziario, non possono mai essere argomento sufficiente perchè i viaggiatori e le merci approfittino della via di terra, quando il tempo impiegato a percorrerla e la spesa conseguente non la rendano all'altra preferibile. Ora, vantaggio siffa to la strada ferrata istriana non presenta davvero sulla via di mare. Anzi ci sarebbe molto da registrare in contrario. A quale scopo dunque il cordone daziario? Forse per chiudere l'Istria agli sfoghi delle merci estere a beneficio esclusivo dei prodotti delle fabbriche dell' interno dell'Impero ? Ma chi non sa che i mercati Istriani sono provveduti anche oggidì dalle fabbriche austro-ungariche, e che quello che ricevono d'altri paesi è così inconcludente da non valere non solo la pena di un cordone daziario, ma neanche la spesa di un ufficio che lo registri. Nè valga il pretesto che dinanzi le leggi finanziarie tutte le provincie devono essere uguali. Codesta uguaglianza nei pesi come nei diritti io la comprendo per quanto il bene generale e la giustizia il richiedano; ma imponendo all'Istria e alla Dalmazia il cordone doganale nè la giustizia nè il bene generale dello Stato vi possono guadagnare. Non è giusto infatti impoverire maggiormente popolazioni che lo sono anche di soverchio, non è utile il mantenere la spesa di un allargamento di confine daziario quando codesta spesa non è, evidentemente, nè in modo diretto nè indiretto compensata. È dunque una misura draconiana, vessatoria questa che si vuole adottare e che in nulla trova la sua giustificazione. Ma dessa non è ancora pubblicata, per quanto io sappia, e non esito a sperare che non lo sarà neanche per 1' avvenire. Un errore di tal fatta non può essere commesso da persone intelligenti, che conoscono le condizioni dei paesi che somministrano. Ma ammessa l'ipotesi peggiore, che l'Istria cioè venga inclusa della rete doganale, a me pare che la società di navigazione a vapore che gli istriani si sono proposti di attuare non dovrebbe per questo rimanere sospesa. La percorrenza da Pola a Trieste sarà tutta lungo il cordone daziario, e qui danni od inceppamenti non ne e-mergono. Le condizioni si muteranno soltanto pel ritorno fino a tanto che la carissima Trieste sarà mantenuta porto e città franca, e ciò solo per le merci acquistate in questa città. Ma alla medesima stregua verranno trattate le partenze per la via di terra, per cui i termini rimangono inalterati tra la ferrovia e la linea di navigazione. La dogana sarà dunque un inceppamento al libero esercizio dei vapori di mare, ma non un peso da non potersi superare. Eaccomando di nuovo lo sviluppo delle industrie che devono dare ricchezza al paese ed alimento alla navigazione. L'Istria è atta alle industrie meglio assai di tante altre provincie. A dimostrarlo basta ricordare V ingegno degli Istriani, passato fino in proverbio, e il fatto singolarissimo della fabbrica di pane e paste della ditta Giardo e Cecon di Rovigno. Codesto stabilimento rappresenta il fenomeno di una industria non naturale al paese, e che tuttavia si mantiene passabilmente vitale e rivaleggia co' suoi eccellenti prodotti tra i consumatori d'oriente. Le macchine, il carbone e i grani usati dallo stabilimento Giardo e Cecon sono importati dall'estero, e i rovignesi non mettono che la mano d'opera nella fabbricazione. Ora, se un'industria non naturale al paese attecchisce e prospera, che non faranno quelle che dal paese stesso ritrarranno le materie prime ed ogni altro elemento ? Yi sono città intere nella Liguria, e non poche borgate che conducono vita agiata colla sola fabbricazione delle sedie comuni e mobili di poco costo. Codesti arnesi domestici di fabbricazione ligure forniscono le abitazioni di buona parte d'Italia, sono spediti in America e nel Levante. I legni dei quali si vale codesta industria (faggio, larice, ciliegio e noce) gli istriani li hanno sul loro territorio, o alle porte di casa loro, e anche vicino il Levante, così buon mercato ni i pello smercio dei prodotti genovesi. 0 perchè non ne approfittano? Oltre che la loro provincia e la Dalmazia, gli istriani potrebbero provvedere di sedie tanti altri paesi più o meno vicini. Tra mobili e sedie i fabbricatori italiani esportano annualmente un materiale di oltre tre milioni di lire. Non è un ricavato da disprezzarsi. È questa un'industria che non richiede poi grandi mezzi d'impianto. Nelle borgate genovesi ho veduto delle fabbrichette con un direttore e tre o quattro o-perai, che lavoravano tutto l'anno ed erano felicissimi. Naturali in Istria sarebbero altresì le fabbriche di fiammiferi. Tutta la parte orientale dell'Impero Austro-Ungarico è provvista di fiammiferi da quella d'occidente, e quando gli istriani non avessero altri vantaggi sulle fabbriche austriache, che spediscono i loro prodotti in levante, avrebbero quella della maggiore vicinanza ai luoghi di consumo e i mezzi propri del trasporto. L'industria dei fiammiferi ne farebbe nascere di conseguenza delle altre da tenersi in moltissimo conto, quali sono p. e. le raffinerie di zolfo, che troverebbero sfogo per la solforazione delle viti, la produzione della cera, che in Istria, a torto, è affatto sconosciuta, e quella dei lavori in cartonaggio per le scatole. Il legno pei fiammiferi comuni gì' istriani lo hanno, per così dire, sotto mano, e la cera non tarderebbe molto ad essere prodotta, quando si spingesse la popolazione a-gricola ad adagiarsi nelle campagne, e fosse ammaestrata all' impianto degli alveari, che sono una vera ricchezza spontanea e non richiede nè capitali, nè mano d' opera. Un alveare ben costruito con pochi pezzi di tavola rende ogni anno all' incirca 20 lire italiane. 1) Naturali in Istria sarebbero pure le fabbriche di carta da scrivere, dei cartoni e delle carte da giuoco. Cartiere se ne possono fare di economiche, con motore a mano, come ve ne hanno dappertutto. E poiché la carta migliore si fa cogli stracci, la canapa e i cordami vecchi, le fabbriche istriane potrebbero valersi della materia prima raccolta nel paese stesso, che oggidì va in parte dispersa e il rimanente ad impinguare le tasche dei fabbricatori d' altri paesi. Quand' anche gli istriani non osassero alzare voli molto alti in codesta industria, la sola loro provincia, la Dalmazia e il non lontano oriente basterebbero a procurare sfogo sufficiente ai prodotti delle loro cartiere. È strano, molto strano, che l'Istria, così largamente provvista di viti, non abbia neppure 1) Qualche sperimento d'alveare tentato specialmente nel ' territorio di Capodistria ebbe buon esito. N. d. R. da tante materie, in Istria poco naturali e poco abbondanti, ma spirito di vinaccia, che è il più apprezzato,§l'Istria potrebbe produrne in quantità rilevante, tanto più che ha legna a buon prezzo per riscaldare i lambicchi. Io non saprei trovare un paese ove la fabbricazione dello spirito possa riuscire più naturale che in Istria, e dove Je buone qualità abbiano vie e mezzi migliori onde salire prontamente in altissima fama. In Istria le piante aromatiche pullulano spontanee, e credo potrebbero essere utilizzate nella produzione dei liquori. Non v' ha paese vinicolo che non abbia la sua specialità rinomata in qual che liquore. L'Istria sola è quella che non ha niente. 2) Si applichino un po' le menti studiose, fredde e calcolatrici sui vantaggi che la posizione e il bel sole creano all' Istria e vedranno che il paese non è affatto privo di risorse come a torto si ritiene. In Istria poi non vi è una sola tintoria, da quanto io mi sappia. A tintorie di lusso io non voglio neppur pensare. Ma pei bisogni della vita modesta istriana, una o più tintorie non potrebbero a meno di fare ottimi affari. È singolare che un abitante dell' Istria che voglia far mutare di colore un oggetto della sua vestimenta, od un pezzo di stoffa qualsiasi debba inviarlo a Trieste o a Venezia onde raggiungere il suo intento! 3) Io credo che anche i lavori in pelle potrebbero in Istria prendere lunga radice e rendere ottimi frutti. Il nuovo trattato di commercio fra l'Italia e l'Austria-Ungheria ha quasi arrestata l'importazione dei guanti di pelle che l'Italia meridionale mandava in grandissima quantità nelle città austriache, talché i fabbricatori del Napoletano innalzarono in questi giorni vivi lamenti contro codesto trattato, che rovinava quasi per intero la loro industria. I guanti migliori si fanno colle pelli di agnello e di capretto, le quali subiscono la tintura specialmente col sommacco. L'Istria agnelli, capretti e sommacco ne produce a sufficenza. O perchè gli istriani, almeno nell' Impero Austro-Ungarico, non procurano di occupare il posto lasciato forzatamente dai fabbricatori dell'Italia meridionale? Anche la fabbricazione dei guanti, che sembra cosa da poco, presenta il risultato di bei milioni alla fine di ogni anno. Io capisco che tutte codeste industrie che 2) Se si eccettui la fabbricazione di ginepro a Pinguente e Montona, e quella di acquavite della ditta Giardo e Cecon nel canale di Leme, dei fratelli Visintini a Capodistria in qualche altro luogo. N. d. R. 3) A Capodistria ce ne sono due N. d. R. V, V una fabbrica di spiriti e di liquori. Non è da pensare allo spirito ordinario, che oggi si ricava, ho accennato a sommi capi non si possono esercitare così su due piedi, ma si studino, si maturino, s'inizino. Da cosa nasce cosa, e volere è potere, quando fermamente si voglia. Pensino i miei conterranei quanta ricchezza potrebbero ricavare da tutti codesti rami di lavoro quando se li sapessero rendere domestici, e quanta materia di trasporto somministrerebbero alle loro vaporiere. G. M, NOTIZIE Nella seduta della Rappresentanza comunale di Capodistria 6 giuguo p. p., la deputazione comunale venne interpellata sulle pratiche che per avventura avesse già fatte, e per quanto avesse in animo di fare in colleganza con gli altri municipii, per tentare che sia sospesa la inconsulta decisione ministeriale di portare la linea doganale al mare, mentre ancora Trieste resterebbe porto franco. La deputazione rispose che si sentiva preoccupata del grave argomento e che era dietro a prendere intelligenze cou la Giunta provinciale per un'azione comune. La giunta provinciale nella penultima seduta pren- ; deva la seguente deliberazione: "Dirimpetto alle dichiarazioni fatte da S. E. il signor Ministro del Commercio neila seduta del 26 aprile a. c. del Consiglio deli'Impero, riguardo all'incorporazione del territorio ora franco di questa provincia nella linea doganale, si richiama su di ciò l'attenzione della Camera di Commercio e d'industria di Rovigno, interessandola a voler comunicare i passi eh' ella crederà d'intraprendere in quest' argomento nell' interesse della provincia affiue di farvi intervenire a suo tempo anche la Rappresentanza provinciale colla manifestazione del suo voto.» Il 16 del corrente si aprirà presso l'i. r. Istituto bacologico di Gorizia un corso di istruzione nella bachicoltura e microscopia, che avrà la durata di tre settimane. Le lezioni orali si terranno dalie 6 alle 7 pomeridiane. Appunti bibliografici P. Faufaui. Novelle e Ghiribizzi. Milano, Carrara, 1879. Che cosa ha fatto il Fanfani per l'educazione del popolo? Kappresentano i suoi libri la vita nuova delia nazione? Sono domande che aspettano da quindici giorni una risposta. E la risposta, ci duole il dirlo, uon può essere dubbia. Nullo ben poco, ha fatto in questo senso l'egregio filologo; e non già, siamo giusti, per dispetto al nuovo ordine di cose; che anzi il suo biografo dovrà pure ricordare come tra i Toscani che presero parte alla guerra del 48, ci fu anche Pietro Fanfani; ma per indole, per noncuranza, per abitudine; e, lo si dica pure chiaramente, per difetto di quei nobili e generosi propositi che solo accendono le anime elette, e a cui con- sacrano non solo qualche ora, qualche giorno in brevi sfuriate, ma tutta quanta una vita di sagrifizio costante. Le poche volte che il sentimento nazionale appare nelle opere del Fanfani l'autore lo manifesta in un modo così goffo, e spesso anche con un risentimento regionale, e in mezzo a tanti battibecchi linguistici, da togliere ogni buon effetto, lasciando solo nell'animo del lettore il disgusto e uno sterile disinganno. E di ciò non si deve dare gran carico al Fanfani ; il bravo uomo era alla fin fine un filologo, e la botte dava del vino che aveva: piuttosto sono a riprovare i panegiristi, gl'interessati che hanuo voluto fare di lui uno scrittore coi fiocchi; gli scrittorelli di terzo e quarto ordine, e che il Fanfani avea l'abilità di lasciare per servirsene come di minuti botoli nelle sue guerre o aperte o nascoste contro i migliori ingegni della nazione, che, come è naturale lasciavano abbaiare e gli aizzati e l'aizzatore. Davvero che per tutti i libri del Fanfani, sotto questo aspetto considerati, si può ripetere l'epigramma del Giusti: Il fare un libro è meno che niente, Se il libro fatto non rifa la gente. Si aprano pure le opere dell'autore in generale, e questo nuovo libro edito dal Carrara in particolare, e stimo bravo chi ci trova un'idea generosa e grande, un sentimento nobile manifestato con uno stile caldo, efficace. Parole, parole, e battaglie per le parole: ecco tutto. 0 meglio, ipercritiche, sconcezze e personalità, ecco le tre faville che accesero il suo cuore. In tutte le sue ultime opere fa capolino l'eterna e noiosissima questione sull' autenticità della cronaca di Dino Compagni. Era questa negli ultimi anni una specie di monomania del bravo uomo. Diuo nelle Novelle, Dino noi Ghiribizzi drammatici, Dino nello baruffe cogli accademici della Crusca: Dino iu tutte le salse. Ora, che fra i letterati si possa disputare di ciò, e che ognuno abbia a dire con creanza le sue ragioni, va benissimo; ma che tutta una nazione abbia ad essere interessata per una così futile e antipatriottica demolizione ; e che un autore, che si vuol passare per celebre, abbia ad introdurla nellaletteraturapopolarecome se non ci fossero altre questioni ardenti ed urgenti che interessano, per Iddio! l'onore, il ben essere, la vita d' Italia e la sicurezza e felicità dello stato, questa è cosa che passa la parte, signori Fanfanisti o Fanfanici, o Arcifanfani, come meglio vogliate essere chiamati. E non mi venga a dire l'editore di questi Ghiribizzi, nella prefazione, che così facendo l'illustre autore fece lenissimo e attese al savio precetto del ridendo dicere veruni ; e che fu sincero e devoto amico della verità. Le sono novelle cotesto da raccontare ai bimbi. Come se non si sapesse che nella nota questione su Dino Compagni il Fanfani ne disse e ne fece di crude e di cotte, togliendo spesso efficacia alle ragioni con la violenza o la leggerezza del linguaggio. Per dirne una, l'egregio autore usciva ogni tanto in spampanate e promesse di centinaia di franchi a chi sapesse dimostrargli, che il tale costrutto e la tale locuzione sono proprio del trecento: strana pretesa, perchè le parole non hanno la fede di nascita; e una locuzione, che appare nuova in uno scrittore del 400 può essere stata da tempo immemorabile usata nella lingua viva, e per un qualche accidente per non essersene prima sentite il bisogno, trascurata dagli scrittori. Ed al Fanfani rispose stupendamente l'egregio abate Giuseppe Reberti — Apologia Dino Compagni (Milano, Yallardi, 1876) con un libro poco conosciuto, ma che i nostri antidinisti, che giù- rano in verba magistri, dovrebbero leggere e meditare. E a chi gli dimostrò con evidenza matematica che nel suo Dino vendicato si cangiano le carte in mano al Compagni, e gli si fa dire tutto il contrario, il Faufani, messo tra l'uscio e il muro, non ha mai risposto una parola. È questa buona fede, amore della verità? Un altro difetto, e gravissimo, sono i doppi sensi, le bassezze, le scurrilità di cui sono lardellati i libri dell'autore. Tutti sanno che il capitolo della carità pelosa, che insozza le pagine del vocabolario dell'uso toscano, e che l'autore immagina letto in un refettorio di cappuccini, è roba di ben altri refettori e parlatori; e io non so come il signor Garzolini nel Mente e Cuore (1 Maggio 1879) possa scrivere "che il libro ha trovato grandissimo favore presso i giornali, le scuole ed i privati.» Per l'onore della scuola italiana dichiaro che nessun educatore lo ha mai proposto, che io mi sappia, a' suoi allievi ; e spero bene che a Trieste e nell'Istria non ci sarà nessun maestro che abbia il coraggio di metterlo in mano ad un giovanetto. La stessa pecca hanno molte novelle, ed anche questi ultimi Ghiribizzi, come a pagina 168 nello sciocco dialogo tra Colombina ed il Compilatore. E dico questo non già per la manìa di fare il moralista, o per denigrare alla fama dell'autore: il Fanfani, un po cinico e buon tempone tirava giù alla carlona, dicendo pane al pane, come si usa nelle liete brigate ; la colpa è di chi gli cavava di mano quelle scritture per fare una speculazione, acclamando al grande educatore ; ed io ribatto il chiodo, affinchè nessun maestro si lasci ingannare dal titolo — Libreria d'istruzione e di educazione ! Parrà anche a taluno che dopo tanta licenza degli Elziviri e delle muse sgualdrine non metta conto pigliarsela tanto calda coi morti. Ma gli si può rispondere che le licenze di moda in versi hanno almeno una qualche scusa nell'impeto lirico, nella smania di feste e di tripudi della nazione uscita di pupilli, nella reazione fino ad un certo punto spiegabile contro i belatori d'inni sacri senza la fede del grande maestro, e le intemperanze del bigottismo che vorrebbe distruggere l'Italia coi rosari e coi pellegrinaggi ; e che nei migliori, nel Carducci per esempio la licenza è temperata dalla classica venustà delle forme. Nulla di tutto questo nel Fanfani. È la vecchia licenza della novella e della commedia del 500, rappresentanti una società cinica e corrotta ; non sono gì' impeti erotici e lo starnazzare delle ali di candido cigno, che pur erge maestoso tra i canneti il bianco collo, e mira o-gni tanto i cirri vaganti sul fondo azzurro del cielo; è la licenza borghese, scamiciata, sbottonata, brilla, ciarliera: sono brevi voli e saltaccchiare d'anitre tra le erbacce e le giunchiglie dei fossi e delle paludi. E quando queste novelle non sono lubriche, dite pure che sono sciocchezze; vi faranno ridere un momento, ma di un riso nato e [rassegato sul labbro. —Le pillole bachicche. La discrezione dei frati. Il sarto raddi-rizzagobbi. Del frate cambiato in asino. Il diavolo scolaro dei Gesuiti ecc. ecc. ecco bei temi da intrattenere gl'Italiani; goffaggini tutte e sciocchezze che abbiamo sentito raccontare tante volte da fanciulli sotto la cappa del camino, o tra il vespero e la compieta intorno al caldano delle sagrestie. E tutto ciò ora che la novella ha preso un altro indirizzo, e segue il romanzo intimo, e racconta brevemente sì, ma con passione un fatto conseguenza di altri fatti e vuole lo studio del cuore u-mano. Certo un genere non esclude l'altro; anche il riso nella novella è utilissimo ma con altri intendimenti, per gettare un po il ridicolo, e mettere in caricatura la società che freme, che langue, che posa co' suoi vuoti, con le analisi chimiche della passione. Nulla di tutto questo nei racconti e nelle novelle del Fanfani; e quando ha l'aria di mettersi sul serio come nella novella della casa fiorentina e nel Fiaccherajo, allora sì che fa ridere davvero ; e gli tocca come a quell'attore, famoso brillante, che quando, per difetto di personaggi, dovea adattarsi a sostenere una parte seria, a forza d'ingrossare la voce, invece di eccitar al pianto, suscitava le bizze del popolino; tanto che anche un fanciullo gli potea gridare: smetti, smetti, che non è la tua beva. E non aveva ragione di dire che il Fanfani fu un filologo e uno scrittore d'altri tempi? Se ne vuole un'ultima prova? Adesso nelle critiche, tra autori che si rispettano, si usa sempre un linguaggio da persone colte o almeno almeno sempre si rispetta la persona. Yeggansi le opere del Bonghi, del De Sanctis, del D'Ovidio, dello Zumbini ecc; veggasi per esempio come quest'ultimo abbia recentemente trattato coi guanti il Bartoli a proposito di un suo giudizio severo e ingiusto sul Petrarca' s Leben und WerJce del Kòrting. 11 Fanfani invece, da vero grammaticopulo olinguajodi vecchio stampo, quasi ignaro dei nuovi studi critici e della vita che si agitava intorno a lui continuò, fino all'ultimo, a stampare libelli contro la Crusca e contro i suoi creduti avversari ; disdicendosi spesso, biasimando e lodando a seconda degli umori e delle voci che gli si su-surravano all'orecchio. Chi ne vuole una prova non ha che a leggere alla pagina prima del vocabolario dell'uso toscano dove l'autore dichiara „ di essersi riconciliato col Tigri e rincrescergli di avere usato parole acerbe contro di lui, pregando il lettore che vi s'imbattesse a te-nerle come non scritte. Or bene dopo questa solenne ritrattazione l'autore ritornò alla carica con maggior violenza contro il povero Tigri e specialmentein modo veramente indegnonelle novelle e nei Ghiribizzi. Si dirà che fu per causa dei soliti mettimale ; ma è veramente da deplorarsi che uno scrittore si lasciasse così facilmente rigirare e influenzare con danno evidente della pubblica moralità, e di quella fermezza di carattere che la nazione ha diritto di esigere da' suoi educatori. Conclusione. Gli ammiratori stessi del Fanfani ammettono che ne' suoi scritti non c'è sentimento, e che il cuore rimane sempre freddo ed impassibile. Parole d'oro del chiarissimo Garzolini (nel "Mente e Cuore„). E che farne adunque di novelle, di romanzi, di racconti senza sentimento, e perciò senza stile? E' lo stile che fa vivere i libri; e quindi di tante opere così dette e-ducative dell'autore da qui a qualche anno non se ne parlerà più. Ma rimane e rimarrà il Fanfani filologo, sempre vivo ne' suoi vocabolari, e ne suoi lavori linguistici.,, e la storia letteraria, riepilogando con un motto tutti i suoi difetti e i suoi pregi, lo chiamerà l'ultimo dei filologi, un anacronismo, un'eco lontana d'altri uomini e d'altri tempi tristamente famosi; e che per l'onore del paese, speriamo non abbiano a ritornare mai più. P. T. Abbiamo ricevuto le seguenti pubblicazion i : Le Aurore, dramma in versi di T. Mammoli. — Di Pietro Fanfani e delle sue opere, cenno di 6. Garzolini. — Il Verbano periodico di Novara. — Francesco de Sanctis e Michele Coppino di V. de Castro.