Anxo IV. Capodistria, Gennaio-Febbraio 1906. N. 1-2 PAGINE ISTRIANE PERIODICO MENSILE Il Tarli a Gioseie Valeriana Yannetti. Che nella Biblioteca Civica di Rovereto si conservassero delle lettere del Tartini a Giuseppe Valeriano Vannetti, ce l'aveva detto con qualche imprecisione, fin dal 1895, Dario Emer l). Ne trasse copia, quatti-' anni più tardi, il prof. Attilio Stefani, il quale poi la passava al podestà di Pirano, col seguente biglietto : Tirano, 2 agosto 1899. All' Illustrissimo Podestà di Pirano, Sig.r D.r Giuseppe Bubba. — Nel carteggio letterario del Cav. Giuseppe Valeriano Vannetti, padre del letterato dementino Yannetti, la civica biblioteca di Rovereto conserva dodici lettere originali del Tartini, le quali, quantunque di poca importanza, potrebbero riuscire di qualche pascolo agli eluc,libratori di vecchie, carte. Oggi, giorno dedicato al grande piranese, ini permetto di offrirle la trascrizione da me fatta delle dodici lettere, nella speranza che venga il giorno, in cui a Rovereto si scopra qualche esemplare delle opere musicali colà spedite dal Tartini stesso. Devotissimo Prof. Attilio Stefani. La copia rimase nella Biblioteca Civica di Pirano fino all'anno scorso (1904), finché cioè il bibliotecario prof. Domenico Vatta la comunicò a me, esprimendo il desiderio di vederla publicata nelle Pagine Istriane. All' uno e all' altro degli egregi colleghi sieno grazie, e per me e per la rivista, d'ogni loro cortesia. M D. Emer, L'Accademia degli Agiati di Rovereto, Trento, Scotoni e Vitti, 1895 (estr. dall' 'Archivio Trentino', A. XII), p. 6 : — 'Fu anche (il Vannetti) in relazione col famoso Tartini del quale sono parecchie lettere scritte al nostro da Padova tra il 1746 e il 1748 (M. S. della Comunale di Rovereto W. 0. — Carteggio di G. Y. Vannetti. Tomo I)'. Le lettere vanno invece dal 1744 al 1748. Eccole dunque date in 'pascolo agli elucubratoci di vecchie carte', queste lettere del Tartini : 11011 proprio come io m' ero augurato, vale a dire imbandite con un contorno di note più sugose, tali insomma da corrispondere anche agli appetiti de' lettori più difficili ad essere contentati. Mi tolse di poterlo fare l'oscurità di certe allusioni; e la mia stessa ignoranza ha forse tradito la fiducia in me dagli altri riposta. Poco importanti le dice lo Stefani : non mi pare si possa dirlo di tutte. Oh dio, già si sa, l'importanza delle cose è assai relativa: mi raccontava, un maestro, d' un suo scolaro, cui non era mai riuscito di mandare a memoria la data della scoperta dell'America e che, seccato dalle insistenze del maestro, un giorno gli rispose di punto in bianco : — mille quattro o mille cinque cento; novanta due o novanta nove, tanto, che importa? per me potevano fare anche a meno di scoprirla! Ma poiché, a questo mondo, gente che non sappia riconoscere l'importanza di nessuna cosa ce n' è parecchia, diremo dunque per stimma capita ciò che dalle nostre lettere si può imparare. S'impara anzi tutto de' preziosi e curiosi particolari intorno alla fortuna delle opere tartiniane. Mancavano, allora, le società per la protezione de' diritti d'autore: ond' è che 1' aureola di musico geniale esponeva il nostro piranese alle ladrerie di qualche editore dal fiuto fine e di spirito intraprendente. Ad Amsterdam si stampavano le sue sonate e per lui era tanta bazza, se poteva trovar da 'comprare la roba sua' in Italia. Che s' egli stesso facevasi editore delle proprie opere, state a sentire cosa gli accadeva: 'Ho presentemente' — scriveva al fratello Domenico — 'un Capitale di 1500 Ducati arenato in un Cassone dietro la porta di Casa mia in tante stampe che non possono esitarsi nè addirizzarsi in altri luoghi a cagione delle guerre presenti. E sopra più ho per le medesime 200 Ducati di debito. Ho creduto di raddoppiare il capitale, lo perderò almeno mezzo' '). l) Lett. da Padova, 14 febbr. 1746, in Attilio Hortis, Lettere di G. Tartini trascritte dalle autografe dell' Archivio di Pirano ('Archeogratb Triestino', Trieste, Lod. Herrmanstorfer, 1884, Nuova Serie, Vol. X) p. 220. — M. Tamaro, G. Tartini, La vita (nel voi. 'Nel giorno della inaugurazione del monuniento a G. Tartini in Pirano', a cura del Comitato provinciale pel centenario Tartini, Trieste, Stabilim. artist. tipogr. G. Caprili, agosto 1896) p. 53, cita la stessa lettera come diretta al fratello Pietro. S'impara poi — per tacere di altre non disprezzabili no-tiziole biografiche e bibliografiche — che le relazioni ideali e materiali fra l'Istria e il Trentino anche nel secolo decimottavo erano assai vive, forse anzi più vive che al presente, poiché il Veneto allora fra istriani e trentini, invece che barriera, era anello di congiunzione. De' trentini contava, a Padova, tra'suoi scolari 'il maestro delle nazioni' e, se tra questi il Vannetti non fu, poten però compiacersi di sapere il maestro vecchio amico della sua famiglia. Chi fosse il roveretano, non giova rammentarlo, dopoché 1' Emer ne ha convenientemente rinfrescata la memoria. Più d' uno sa che, nato nel 1719 e morto nel 1704 a Rovereto, visse la maggior parte degli anni in patria e fu, per il dirozzamento de' suoi concittadini, efficace collaboratore di Girolamo Tartarotti. Oltre ad essere un dilettante non ispregevole in erudizione, in dialettologia, nel novellare alla boccaccevole, nel poetare (e meglio riuscì nel genere bernesco), dicono i suoi contemporanei eh' egli fosse più che dilettante di musica: trattava eccellentemente il violino e compose anche 'varie suonate di gusto squisito' '). Per desiderio d'avere ') 'Sentendosi il giovinetto [Vannetti] una forte inclinazione al suono, ed alla musica, cominciò ad apprendere i principj del Violino, e della Mandòla, e nell' arte di suonar tali strumenti riusci poscia sino a quel segno, che si dirà più abbasso'. 'Nel tempo stesso il nostro Cavaliere ri-creavasi collo studio della Musica, apprendeva le regolo del contrappunto, e condotto da inclinazione, e piacer naturale divenne ben presto capace di comporre in maniera adequata al Violino, ed alla Mandòla, nel cui suono erasi già renduto eccellente. Laonde non di rado prendeva diletto di eser-citarvisi, spezialmente nelle ore oziose, ed in quei momenti, ne' quali sentivasi inquieto per alcuna molestia spiacevole, o troppo dall' applicazione aggravato'. 'Non si tenevano Accademie di Musica senza il suo intervento'. 'In progresso gli piacque (li esercitarsi eziandio nel suono del Liuto, e della Viola d' amore, e compose varie suonate di gusto squisito, adattato al genio di siffatti strumenti'. Così (». B. Chiaramonti, La vita del cav. G. V. Vannetti ecc. Brescia, G. M. Rizzardi, ITtìtì ; pp. 8, 10, 12. — Al suo 'violinetto amabile, | sua delizia, suo amor, mia dolce cura', diceva il Vannetti, in versi : 'Con te io non invidio | a Orfeo la già miracolosa lira' (6. V. Vannetti, Bai-balogia ecc., Roveredo, F. A. Marchesani, 1759, p. 149). E in un sonetto-autoritratto (Chiaramonti, p. 72) : Suono il Violino, e suono la Mandòla, eh' apparai viaggiando pe' paesi, ed il Liuto, e d' Amor la Vivuola'. Cfr. ancora Emer, pp. 5-93 ecc. ecc. ; Memorie dell' i. r. Accademia ecc. degli Agiati in Rovereto, Rovereto, Grigoletti, 1903, p. 281 sgg. alcune sonate a stampa del Tartini inizia egli appunto il carteggio col piranese. E il carteggio poi continuò quale si poteva attendere fra due persone per bene, legate in simpatia da una stessa inclinazione ed avvezze ad avere 'altro confine che le mura della città ove sono nate' : non mai intimo nè molto caloroso, ma sempre schietto e cordiale. Come finisse, non saprei dire, poiché le lettere scambiate fra i nostri due non sono certamente tutte qui, e altre io non ne conosco '). S'impara infine, da esse, a istituire un confronto fra il Trentino ci' un tempo e il Trentino d' oggi : quello ricco d'industrie, famoso per i suoi prodotti, forte di denaro, d'ingegno, d' operosità intellettuale ; questo.... meminisse horret. Se non che la colpa non è tutta del paese. Ora, tutto ciò, per molti, può non essere una gran novità: ma, fosse anche solo conferma di cose già note, non mi parrebbe da buttar via. Ad ogni modo, consoliamoci : di musici, comunemente, non molti sono gli scritti d'indole letteraria; di musici poi come il Tartini non è male che almeno i suoi comprovinciali tengano anche le briciole per reliquie 2). I. Padova, li 19 Marzo 1744. Illustrissimo Sig.r Padrone Colendissimo. — Per meglio servire V. S. Illustrissima ho dovuto sospendere fino a questo punto la risposta alla sua beni.ma e consid.ma lettera1). E superfluo primieramente che V. S. Illustrissima si affatichi per tannisi conoscere. La sua famiglia è nota a me e a tutti quelli che hanno altro confine che le mura della città ove sono nati. E poi ho avuto la fortuna di esser particolarmente servitore, come V. S. Illustrissima si ricorda, dell' Illustrissimo zio in Verona s). Ho 4) Strano è che il Tartini non figuri tra gli Accademici Agiati, del cui sodalizio il Vannetti fu principal fondatore ed ai quali veniva nel 1754 aggregato Gian Rinaldo Carli di Capodistria. Cfr. F. Pasini, L'Accademia roveretana degli Agiati (estr. dalle 'Pagine Istriane'), 1904, p. 22 sg. 2) Faccio seguire le lettera in ordine cronologico, con la data in testa, i titoli introduttivi e la firma in linea col corpo di ciascuna lettera, per uniformità e risparmio di spazio. Delle molte negligenze ortografiche " tartiniane non riproduco se non quelle che siano di qualche particolare curiosità per gli studiosi. 1) Le lettere I, II, IV, VI, VII, VIII, X, XII del Tartini accennano ad altrettante lettere del Vannetti, le quali a me sono del tutto sconosciute. 2) Quando, come, dove il Tartini conobbe lo zio del Vannetti e fu suo 'servitore particolare' ? La frase 'in Verona' allude alla stabile dimora dello zio in quella città o significa che proprio in quella città lo conobbe debito ili genero rli servire a' pari suoi, molto più in ispecie ehi si sia di Codesta Illustrissima Famiglia. Poi le dico che nulla sapendo io.....3) confusamente le mie suonate4) uscite nuovamente alla stampa, ho procurato per mezzo del Sig.r Console d' Olanda5), che è in Venezia, di saperne l'intiero. E verissimo adunque che sono uscite alla luce le mie sonate à solo, ma è altrettanto vero, che ini è riuscito improvviso questo fatto e che io non ho interesse alcuno collo stampatole] delle medeine, che è olan- il Tartini ? — Ecco un punto che, dilucidato, potrebbe forse colmare qualche lacuna delle non poche tuttora esistenti nella storia delle peregrinazioni tartiniane, specie fra il 1714 e il 1721 ! — Noto qui di passaggio che il Tartini potrebbe aver toccato Verona anche in mio de suoi viaggi trionfali per le città d' Italia : Venezia, Milano, Livorno, Bologna, Napoli, Palermo, ci nominano il Fanzago e Giorgio Benedetti, G. Tartini, (estr. dal-'Archeografo Triestino', 1896,) p. 56, ma aggiungono : ed altre molte. Quanto alla famiglia Vannetti e allo zio di Giuseppe Valenano, vedi VAppendice a questo lavoro. 3) Qui 1' autografo sarà stato probabilmente indecifrabile. ') Da questo benché mutilo passo e da ciò che segue mi par di comprendere, che il Tartini aveva avuto sentore,, e di poi conferma dal Console d'Olanda in Venezia, come di alcune sue sonate a solo, già uscite in istampa, s' era fatta senza il suo consenso ad Amsterdam per gli eredi Michel Oliarle le Céne una nuova edizione. Quali erano le due edizioni di dette sonate? — In Hermanu Meudel-Augnst Reissmaiin, Musikalisches Conservations-Lexikon, Berlin, Verlag von Robert Oppenheim, 1878, X 112 sg. vedo citate queste publicazioni : 'Opera prima: Sonate (XII) a violino e violoncello o cembalo dedicate a mia Eccellenza il signor Girolamo A,Scanio Giustianiani [o Giustiniani ?] di [o da f\ Giuseppe Tartini. (Paris, Ledere, chez Mad. Boivin. aneli bei Le Céne in Amsterdam als op. 1). Dan zweite Werk, auch sechs Sonateli fiir Violine mit Violončeli, Basa continuo u. s. w., erschien in Boni, 1745, Paris und Amsterdam, und mit sechs anderen vereinigt unter dem Titel : XII Sonate a violino e basso (nicht beziffert) dedicate al Signor Guglielmo Fegeri da Giuseppe Tartini. Opera terza (Paris, Ledere). VI Sonateti a violon composées par M. Giuseppe Tartini di Padoa, dedié a AI. Paghi (auch init oeuvre 4 bezeichnet). Six sonates a violon seni et basse continue, dedié a Paghi (Paris, Ledere, 1747).' Cfr. (instavo Wieselberger, Gius. Tartini, l' opera musicale, in 'Nel giorno della inaugurazione ecc.', p. 93, ove Giustianiani è mutato in Giu-stinicin e Fegeri in Fegori. 'Soliate a solo' sarebbero le ultime riportate, ma la data non permette d'identificarle con le nostre. Delle altre, 'a solo' è unicamente V opera 4. Ma dove e quando fu stampata? Sarebbe ora di compilare una bibliografia con metodo rigorosamente scientifico di quanto il Tartini ha lasciato scritto o stampato. Vedi un accenno a 'un libro di suonate a solo violino e basso', Roma 1745 anche in P. Ntancovich, Biografia degli uomini distinti dell'Istria Capodistria, Priora 18882, p. 285, ma è troppo indeterminato. Poco e' illuminano anche Frane. Fanzago, Elogio di G. Tartini, in 'Elogi di tre uomini illustri' ecc. Padova, Conzatti, 1792, p. 50 sg., Giov. Tebaldini, L'Archivio municipale della Cappella Antoniana in Padova, Padova 1895, p. 140, Constant Wnrzbacli, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesler-reich, Wicn 1881, XLIII 106 sg. e Benedetti, p. 92. 5) Le ricerche archiviali dell' amico Segarizzi e d' altre benevole persone in Venezia per eruire il nome di codesto console d'Olanda riuscirono infruttuose. Ne siano rese lor grazie egualmente, per la fatica sostenuta. dese. Non le liò dunque nemmen io, e se lo stampatore non manda esemplari in Italia per vendita, non le avrò mai. Se poi li manda, dovrò io comprare la robba mia. Ma intanto Y. S. Illustrissima, che può aver mezzi dove e come vuole, mi farebbe una somma grazia, se procurasse di farsi venir dei esemplari delle medesime da Amsterdam, dove sono stampate per gli eredi Michel Oliarle le Cene°l. Quattro o cinque sarebbero a mio conto ed io rimborserei Vostra S. Illustrissima della spesa con tutta la dovuta puntualità. Ecco dunque la conclusione al rovescio. V. S. Illustrissima mi comandò, perchè io gliele facessi ottenere ; et io ora la supplico, perchè le faccia ottenere a me. Intanto se in altro conto io vaglio ad obbedirla e servirla, si assicuri intieramente che troverà in me puntuale et assoluta obbedienza, perchè conosco affatto 1' onore che me ne risulta di essere infatti quale umilmente ini rassegno di V. S. Illustrissima Umilissimo devotissimo obbligatisshno servitore Giuseppe Tartini. * II. Padova, li 7 Gennaio 174». Illustrissimo Sig.r Padrone Colendissimo. — Infermità lunga e grave-di mici moglie1) ha sospeso finora la esecuzione di ogni mio debito, e il primo, a cui sodisfaccio per lettera, è quello che io ho con V. S. Illustrissima. La ringrazio primieramente quanto mai ho esposto per 1' esito procurato in Olanda degli esemplari, mentre da V. S. Illustrissima non rimane di averlo procurato2). Ma il fatto si è che codesto Monsieur de la Coste3) indica dalla sua risposta e accordo di essere o affatto principiante del Nome che appare in altre publicazioni tartiniane : Sei concerti a cinque stranienti, a violino principale, violino jtrimo e secondo, alto-viola, organo e violoncello, composti e mandati per il Signor Giuseppe Tartini di Padoa. Opera prima, Libro secondo (Amsterdam a spesa di Michele Carlo, Le Cène). Sei concerti a cinque stranienti, a violino principale, violino ]>rimo e secondo, alto viola, organo e violoncello del Sig. Giuseppe Tartini e [at] Ca-sparo Visconti. Opera prima, libro terzo (Amsterdam a spese di Michele Carlo di Cène). Cfr. Mendel-Reissmnnn, X 113; e Wieselberger, p. 94, ove si dice: Padua e Gasparo. ') Elisabetta Premazone, della quale i biografi dissero finora più male che bene; cfr. Benedetti, p. 24 sgg., (>3 sgg. ; Tamaro, p. ó2 sg. Il modo in cui ne parla qui il Tartini, che si scusa di non aver potuto sodisfare ad ogni suo debito per 'infermità lunga e grave' di lei, gioverebbe più a scalzare che a corroborare le induzioni (in fondo non mi pare si tratti d'altro) de' biografi. Ella precedette di qualche anno il marito nella tomba. 2) La sintassi di questo periodo lascia alquanto a desiderare. Con tutta probabilità il Tartini voleva dire : 'La ringrazio primieramente quanto mai di quanto [rimasto nella penna per via dell' altro 'quanto' troppo vicino] ha [il Vannetti] esposto' ecc. 3) Come si rileva dal contesto, un editore di musica, olandese, il quale per mezzo del Vannetti avrà proposto al Tartini che gli lasciasse publicare qualche sua composizione già pronta ('1' opera pi esente è la migliore', è detto più sotto), sembra, a violino solo (vedi più sotto : 'un'altra opera mia a violino solo'). suo mestiere, o nulla istrutto, che io abbia fatto stampare in Amsterdam per Michiel Cari le Cene un' altra opera mia a violino solo4). Se per trentasei miserabili esemplari voglia 1' aspettazione di mezz' anno per pagarli o delle lire 24 richieste per esemplare voglia pagarne solamente 23, V. S. Illustrissima vede meglio di ine che questi sono tutti segni di quanto ho sopraccennato, nò mai un olandese ben fondato e istrutto si ridurrà a tali esibizioni e partiti che hanno in sè qualche viltà e che io stesso mi vergognerei di esibire a chi si sia. Consideri dunque Y. S. Illustrissima se con codest' uomo io possa o potessi mai trattare per fargli stampar robba mia. Con Monsieur le Cene senza replica alcuna di lettere si è fatto e concluso di mia proposizione 1' accordo di zecchini 72 veneziani per le dodici mie sonate già stampate a violino solo, di esemplari 50 per me e della dedica a mio utile e conto ; e, consegnate le suonate mie manoscritte in Venezia al Pomer5), nell' atto stesso furono pagati li zecchini 72. Lo stesso identico accordo ho fatto presentemente in Roma con la differenza che vi è nelle suonate, perchè se le già stampate hanno avuto fortuna, son più che sicuro che queste che si stampano ne saranno infinitamente più7). Sicché sono in necessità di supplicare V. S. Illustrissima di nuovo a rescrivere a Codesto Monsieur de la Coste, informarlo esattamente di quanto V. S. Illustrissima crede che sia necessario e dirgli che nel caso presente s' intende di dargli molto e poi molto vantaggio, dandogli li esemplari a lire 24, ma che questo accordo non si farà se non per cinquanta esemplari almeno, c per denaro pagato immediatamente. Se egli accorda, bene; se nò, si assicuri pure che la stampa qui in Italia non andrà in vendita lino a che preventivamente non si abbia sicurezza dell' esito intiero di tutti affatto gli esemplari che si stampano, così clic si levi a chi si sia la speranza e la lusinga di ristamparle. Se abbastanza poi codesto Monsieur dalla Coste non mi conosce, non ci vuol molto [a] prendersi la pena d' informarsi e ciò in ordine al compatimento che si ha in universale per tutta la Europa delle mie composizioni, tra le quali 1' opera presente è la migliore. Che io 11011 avrei difficoltà alcuna di trattar sccolui per la stampa di dodici concerti8) che anderanno in publico immediatamente dopo la Stampa presente, perchè già son fatti e apparecchiati, ma che la di lui esibizione presente distrugge affatto ogni speranza d' accordo secolui. Che a conto di Monsieur le Cene ho continuato per quattro anni intieri a vendere solamente in Italia le stampe dell' altra mia opera a tre filippi per 4) Da quanto ne dico più sotto (12 sonate a violino solo, con dedica) sembra trattarsi dell'Obera I, cit. in nota 4 a lett. I. 5) O un editore musicale a Venezia o un rappresentante a Venezia di Michel Charle Le Céne di Amsterdam. Nemmeno i miei amici di Venezia, che fecero delle ricerche in proposito, mi seppero dir niente di particolare. 6) L'Opera 2 cit. in nota 4 a lett. I. 7) Cioè : 'ne saranno infinitamente più fortunate' ; ma doveva dire : 'ne avranno [fortuna]' ecc. 8) Il Mendel-Reissmann, X 112 non cita alcun gruppo di concerti del numero di 12 ; no cita parecchi di 6 concerti ciascuno, qualcuno anche di 3 ; i più senza data. Inutile quindi riportarli tutti, essendo impossibile identificarli e neppur riconoscerli approssimativamente. esemplare, e gliene avrò venduto da trecento e più ; e che insomma sarebbe avvilire la robba mia discendendo al partito da lui fatto. Supplico dunque V. S. Illustrissima di questa nuova carità, per cui a tempo debito mi ri-cordarò del mio dovere9), mentre conoscendo l'infinito vantaggio di aver V. S. Illustrissima per buon padrone, procurerò certamente di conservarmelo in ogni maniera. Lo supplico di più in ogni caso di dirmi appresso appoco quanti esemplari si potrebbero mandare in mano di V. S. Illustrissima a suo tempo per esser venduti in codeste parti a lire 24 10). Le umilio i miei cordialissimi rispetti e sempre più mi rassegno di Y. S. Illustrissima Umilissimo devotissimo obbligatissimo servitore Giuseppe Tartini. III. Padova, li 4 Settembre 1745 Illustrissimo Sig.r Padrone Colendissimo. — Attendendo io a momenti le mie stampe da Roma1) in Venezia2), umilio la presente a V. S. Illustrissima per dargliene parte e supplicarla del suo benigno aiuto per 1' esito di qualche piccola porzione in codeste parti, verso cui 1' addrizzarei a mie-spese, quando V. S. Illustrissima concorra a beneficarmi, come io la prego. Il prezzo stabilito in Roma per ciascun libro è di tre filippi. Ma io rilascio la mia porzione a soli due filippi 1' uno : nuli' altro volendo dippiù, senon-chè (quando si possa) il supplemento della spesa per la condotta, che sarà appresso a poco una lira di più per libro. Ma se V. S. Illustrissima può in codeste parti beneficarmi con l'esito di una dozzina di libri, lo riceverò come favore singolarissimo e tale che cercarò in ogni modo (per quanto io posso) di attestarle il mio debito di gratitudine con li fatti, non di musica in stampa, ma di mia precisa e particolare. Supplico V. S. Illustrissima di sollecita risposta, mentre umiliandole li miei prò ondi rispetti mi rassegno di V. S. Illustrissima Umilissimo devotissimo obbligatissimo servitore Giuseppe Tartini. IV. Padova, li 5 Ottobre 1745. Illustrissimo Sig.r Padrone Colendissimo. — Ecco a V. S. Illustrissima dodici esemplari, 1' esito dei quali vorrei a lire veneziane 24 1* uno, 9) Vuole contraccambiare con della musica originale inedita con dedica al Vannetti ('non di musica in stampa, ma di mia precisa e particolare', cfr. lett. Ili; 'musica sì ma non di stampa', cfr. lett. IV e VI). Forse anche poi la mandò : se non che da certe frasi sul finire della lett, X sembra che il Vannetti non abbia voluto accettare nessun contraccambio, nemmeno in musica. Comunque faccio mio di buon grado 1' augurio dello Stefani: 'venga il giorno in cui a Rovereto si scopra qualche esemplare delle opere musicali colà spedite dal Tartini stesso'. 10) Di questi servigi — cioè d' aiutarlo nello spaccio delle proprie opere — il Tartini ne chiedeva anche a Gian Rinaldo Carli, conte appare da Baccio Ziliotto, G. li. Carli, e G. Tartini, Capodistria 1904 (estr. dalle Pagine Istriane) p. 8 sgg. *) Forse quelle di cui parla in lett. II, (cfr. nota 6). 2) Del frequente trovarsi il Tartini a Venezia ecco qui, e nella lett. VII, due prove lampanti. Cfr. Benedetti, p. 56 sgg. se si può, per supplire col di più del zecchino alle spese de' viag-gi. Quando il mentovato mercante *•) voglia interpol-si, basta che V. S. Illustrissima mi avvisi. In tal caso mi manderà quella quantità di esemplari che sarà as-. segnata dallo stesso. Intanto per di lui mezzo V. S. Illustrissima può benignamente procurarmi 1' esito di questi soli dodeei. Disimbrogliato poiché io mi sia di questo affare, il che sarà fra pochi mesi, attenderò precisamente a pagar li miei debiti particolari con musica si ma non di stampa, e V. S. Illustrissima sarà il primo dei miei creditori da sodisfarsi. Le umilio i miei cordialissimi rispetti e sempre più mi rassegno di V. S. Illustrissima Umilissimo devotissimo obbligassimo servitore Giuseppe Tortini. V. Adi 3 Decembre 1745 Lire cento venti ricevo io sottoscritto dal Sig.r Iacob Salon 4) per ordine del Sig.r Iacob Pingherle e per conto del Sig.r Gio. Giorgio di aver di Roveredo. Giuseppe Tartini VI. Padova, li 6 Gennaio 1746. Illustrissimo Sig.r Padrone Colendissimo. — Io son pieno di debito verso V. S. Illustrissima per il favore ricevuto dell' esito di quella portione di stampe, che si è potuto sinora, e di cui ho ricevuto il denaro. Vorrà di ritenere il residuo l) appresso di Lei, perchè mi lusingo che a V. S. Illustrissima o a me verranno occasioni accidentali e inaspettate per 1' esito del residuo. Anzi le suggerisco per questo effetto P aiuto del Sig.r Cristoforo Baroni2) in Sacco (fu mio scolaro) quale certamente concorrerà per sua Probabilmente un libraio di Rovereto, del quale il Vannetti — nella sua lettera al Tartini di cui abbiamo qui la risposta — avrà fatto il nome, consigliando 1' amico a giovarsi di lui per lo spaccio degli esemplari. Cfr. anche lett. V. '"i Questa ricevuta del Tartini si riferità allo spaccio delle sue opere in Rovereto; cfr. lett. VI ('ho ricevuto il denaro'). Il mercante, ricordato nella lett. IV, sarà Gio. Giorgio (nelle parole 'di aver' è forse celato il casato V) che avrà dato ordine a Jacob Pingherle di trasmettere il denaro al Tartini, e il Pingherle passò 1' ordine a Jacob Salon. Persone tutte che non ho il bene di conoscere. <) Intendeva dire probabilmente : 'Vorrà aver la bontà di ritenere' ecc. Il 'residuo', cioè degli esemplari non venduti. 2) Nacque a Sacco, presso Rovereto, nel 1712. Studiò matematica e fisica a Bologna e a Padova. In patria 'sopra tutto pose grande applicazione ed industria nell' architettura delle acque, onde molti lavori propose e diresse sull'Adige e sul Leno ad agevolar la navigazione e ad assicurar le campagne ; ne' quali però non sempre corrispose (forse per la natura de' luoghi) la felicità alla diligenza'. Così dice Clementino Vannetti, Lettera sopra Crist. Baroni (in Opere italiane e latine, Venezia, 1827, II 191-97), e nello sue ultime parole è forse un' eco delle polemiche, che sogliono combattersi fra gli 'specialisti' di provincia, ogni qual volta si eseguisca un lavoro publico. Il Baroni avrebbe avuto anche ricche cognizioni d'economia politica, di commercio, di giurisprudenza. Nell'opera del fratello Clemente : bontà nella mia premura. Ciò che intendo di fare a suo tempo per corrispondere del mio debito 3), è cosa tale e di tal natura che V. S. Illustrissima nè può offendersene, nè può non gradirla. Mi lasci dunque in libertà, mentre con tutto ossequio mi umilio e rassegno sempre più di V. S. Illustrissima Umilissimo devotissimo obbligatissimo servitore Giuseppe Tartini. VII. Padova, li 7 dicembre 1746. Illustrissimo Sig.r Padrone Colendissimo. — La compitissima di V. S. Illustrissima mi ha trovato in Venezia, non in Padova, e però non le ho risposto a tempo. Appéna ritornato ho veduto comparirmi qui personalmente il Sig.r Girolamo ') da V. S. Illustrissima raccomandatomi per scolaro, quando io pensavo di risponderle e supplicarla a soprasedere per qualche mese, sinché qualcheduno de' scolari vecchi dasse luoco. Sono due. anni daehè per li miei anni e fatiche Ito dovuto tagliare per metà il numero de' scolari, cosichè occupando tre soli giorni per settimana nel dar lettione, mi restassero gli altri tre disoccupati e liberi da ogni fatica2). Idea della storia e delle consuetudini della Val Lagarina inserì, anonimo, un proprio Ragionamento intorno ai mali effetti, che V introduzione del nuovo dazio di consumo produrrebbe nella pretura di Boveredo rispetto al suo commercio di seta (1776). 'Molto avanti sentì eziandio nella musica, siccome quegli, che in Padova dimorando, imparato aveva a sonar il violino sotto il famoso Tartini, fra i cui discepoli tenne ragguardevole posto'. Ma non sembra ch'egli poi desse all'esercitazione di quella disciplina più di qualche scampolo d' ozio. Morì nel 1786. L'Accademia roveretana degli Agiati, della quale fu socio, conserva alcuni manoscritti di lui. Cfr. Memorie dell'Acc. d. Ag., p. 309 sg., ove si dice ancora che il Bar. fu amico di Girol. Tartorotti ed autore del libro (anonimo presso (>iov. Cobelli, Materiali per uva bibliografia roveretana, Rovereto 1900, p. 32) : Ordini e istruzioni per la mutazione delle misure nella Pretura di Roveredo da essere aggiunti allo Statuto. Roveredo, 1769, Marchesani. 3) Intendeva dire: 'per corrispondere al mio debito'. Il Vannetti aveva forse scritto di non voler ricompensa dal Tartini, nemmeno in musica. 4) Un giovane roveretano, probabilmente, di famiglia in relazione col Vannetti. E' nominato anche in lett. Vili, IX, X, XII, ma non mi riuscì d'indovinarne il casato. Peccato, poiché di quest' altro trentino, che fu per due anni (1746-48) suo discepolo, il Tartini loda la 'non ordinaria abilità per il violino' e si duole, quando lo vede abbandonar la scuola per sempre, di non poterlo tirar su a maestro. 'Il mio desiderio è di avere scolari perfettionati', dice il Tartini (lett. XII) ; i cavalieri che venivano a lui per apprendere in poco tempo a fregar il violino e poi diffamare il maestro vantandosi suoi scolari, gli davano a' nervi. Egli voleva discepoli, non dilettanti. 2) Intorno al Tartini maestro ci fornisce qualche altro particolare una lettera di lui al P. G. B. Martini (Bologna), da Padoa, 18 sett. 1739. Il piranese annunziava, a proposito d' un giovane che voleva entrar nella sua scuola, come 1' istruzione sarebbe cominciata 'dentro il mese di Novembre'. E seguitava: 'La spesa per la sua dozzina (non in mia casa, mentre non ho voluto mai tener scolari in casa mia) sarà in casa della mia contrada, e il meno che qui si possa spendere facendosi anco da sé stesso le spese, sono cinquanta paoli al mese, mentre in Padoa il vivere è più caro che in Venezia. Ciò, eh' è il meno del mio onorario, sono due zecchini al mese, e Ma in quest' anno (appunto por quest' ultimo sopravenuto) dovrò per forza occuparmi ogni giorno. Me ne dispiace, e mi è danno ; ina danno e dispiacere sacrifico a V. S. Illustrissima a cui son troppo debitore, e per verità (non per farmi merito secolei) se qualunque altro ine lo avesse comandato, non 1' avrei fatto certamente. Le serva il caso presente per vera prova della mia gratitudine, debito e rispetto verso V. S. Illustrissima a cui umiliando li miei ossequiosissimi rispetti mi rassegno sempre più di V. S. Illustrissima Umilissimo devotissimo obbligatissimo servitore Giuseppe Tartini. Vili. Padova, li 2 febbraio 1747. Illustrissimo .? Alessandria d' Egitto. Così pure Egis v' era fra Tenedo, e Chio, che si suppone aver dato il nome al mare Egeo. In Creta pure vi era un monte detto Egeo, il quale diede il nome d' Egida alla città vicina come scrive Esiodo. E conviene però rissalire agi' antichissimi tempi de coloni di Mileto per rinvenire la ragione di tali Grecismi, imperciocché dai tempi dei Romani in poi non sono venuti a queste parti Greci, ne si diede mai alle città fabbricate, Greca denominazione. \ E famoso il tempio d' Ercole, che si ritrovava in Eritra città della Jonia, ed in esso tempio la storia del trasporto colà di tal Nume, in grazia del sogno di Formione, come viene riferito da Pausauia [Lib. 7]. Questo Formione adunque <ì>op|ji7 lag v.oì 'AQ^vata^ v.'ù 'Iwvwv : Dono degli Argivi, Ateniesi, e ,Jonj [Paus. lib. Y c. 10]. Questo era segno sacro tanto presso gli Ateniesi, quanto appresso i Jonj ; quindi saranno .Ioniche memorie 1' Egida, il Formione, e lo Scucio con la Medusa. Appartengono dunque alla provincia d'Istria le antiche medaglie ritrovate dal Marchese Maffei e riportate nella Tavola I. al n.° II. III. IV. e V. nelle quali3) sta il nome de popoli 1STPI1QN Istrici, e parti- la statua sarebbe stata facilmente trascinata. Non vollero saperne le donne d'Eritrea, ma quelle di Tracia che colà abitavano sacrificarono le loro chiome volonterosamente. La statua del dio fu con la più grande semplicità trasportata e Formione s' ebbe, in compenso, ridonata la vista. l) È 1' odierno fiume Risano. 8) Nella citata tavola è appunto disegnata una testa di Medusa. Un codice del secolo XVIII del Museo Correr di Venezia, che contiene disegnati a colori stemmi di città e di famiglie, riproduce quello di Capodistria così: d'argento al sole raggiato d' oro. Il Kandler però nelle citate Indicazioni, a pag. 196, parlando degli stemmi dell'Istria, dice: «Giustino-poli o Capodistria testa bianca di Medusa colle serpi fra i crini, su fondo verde». 3) Il marchese Scipione Maffei si occupò di cose Istriane tanto nella sua Verona Illustrata (Verona 1731-32), che con- colarmente una in cui si vede espresso il Delfino, e quelle delle due teste, e due vasi, così rivolti perchè indicanti le due provincie d' Istria, l'una al Ponto, 1' altra all' Adriatico. Lo stesso viene manifestato da due altri pezzi d' antichità esistenti in Capo d'Istria l'uno indicante il sopra accennato Tiraavo, l'altro l'Istria portante in mano un guerriero con lo scudo fregiato del teschio di Medusa come nelle Tavole IL e III1). Un indizio infallibile di tal origine può essere a mio credere il culto a Diomede, ed a Palla de. Dice Strabone [Lib. V] XelV intimo recesso del Mare Adriatico è il Timavo, ed il memorabile tempio di Diomede. Le medaglie ritrovate, e li rimasugli ci' un' antica fabbrica come nella Tavola IV.2) mostrano non solo esser questo il Timavo, come vederemo più oltre, ma ci fanno dedurre ancora che in queste vicinanze vi fosse il Tempio memorabile a questa divinità consacrato, di cui le adjacenze ponno presumersi le indicate nella sopradetta Tavola. Questo culto si propagò in allora ancora ai Veneti, negli antichi tempi eie quali immola vasi un tiene una Relazione del teatro di Pola, quanto nel Musaeum Veronense (Veronae 1749). Le quattro medaglie riprodotte nella tavola I corrispondono precisamente a quelle ricordate dal Maffei. ') Nella Tavola II è riprodotto un frammento di bassorilievo nel quale scorgesi il dio del Timavo (?) appoggiato alla sua urna presso la quale è ritta una figura mancante della testa e del braccio destro e reggente con la sinistra una cornucopia. Il bassorilievo della III tavola riproduce una figura di donna seduta (l'Istria?) che regge con la sinistra un piccolo guerriero nello scudo del quale pare sia segnata una testa (Medusa?). I disegni sono troppo.... primitivi perchè sia possibile stabilire eh' essi rispondono a quanto asserisce 1' autore della Dissertazione. 2) Manca nel Codice la Tavola IV così che nulla può aggiungersi ad illustrazione del ricordato tempio di Diomede. Cavallo bianco, e te ne vasi razze di Cavalle, avendo dato motivo le Cavalle di Diomede ad ima delle famose forze d'Ercole '). Il culto di Pallade derivato ancor questo dalla Grecia si scorge in Capo d'Istria, il palazzo Prefettizio della quale si ha per tradizione fosse a questa Dea consacrato: di fatto sopra l'indicato Palazzo ritrovasi una statua di questa divinità alla quale fu cangiata la testa, come si vede, e fu determinata a rappresentare la Giustizia, leggesi di sotto l'Iscrizione riportata nella Tavola V 2). Palladi* Acteae fui/ hoc memorabile Saxum Effigie* quondam, clava haec Vrbs dam .Egida mansit, A Capris Dirae sic lam de pelle vacata ; Quae quo aia m reliqaos semper superaverat Istros, Artibus ingenti, semper Caput esse decorarli J'romei •l'i/ Patriae, cui tot i haec praestitit una; Inde a Tastino, mox Iustinopolis altro Principe, et a Venetis dieta est Caput Istria tandem Auspiciis quorum riret per saecula tuta. Essendo però stati questi popoli Milesi Istriani, come si raccoglie dalla storia in Tucidide [Lib. II. Cap. 96 p:a 161] fugati dalle foci dell'Istro, sembra non doversi più dubitare del fatto. Che se a questo s' aggiunga la invenzione de Nomi d' Istria, Istriani, Istro con i chiari indizj della Greca originalità nel nome delle antiche Città, Fiumi, Culto, e ne Simboli ancora, chi non doverà conchiudere aver que popoli del Ponto fatto un tale passaggio, ed aver seco portato Nome, Costumi, Culto, e Favella? ') Diomede, Re dei Bistonii in Tracia, nutriva i suoi cavalli di carne umana: ucciso da Ercole, fu esso stesso dato in pasto alle feroci bestie. 2) La Tavola V riproduce la lapide con l'iscrizione riportata. »Sormonta la lapide una figura coronata impugnante una spada che esce dal manto. Dalla venuta di questi Istriani Milesi '), i quali erano Greci, e i principali della Jonia si può dedurre essersi dato l'attributo di .Tonio al nostro mare, giacché 7 ~ non si ritrova ragione alcuna per cui così dovesse chiamarsi. Tanto più ciò è probabile, quanto dovunque questi popoli fermarono il piede lasciarono il nome di Jonio, tanto al continente, che al mare. Quindi Jonj generalmente chiamaronsi tutti i Greci, e come tal volta si legge in Omero ; e sotto il nome di Java, e di Jaon cioè Jonia viene indicato il regno di Alessandro Magno nella Scrittura santa. Dunque mare Jonio era quello del Pelopponeso, e delle coste dell'Asia. Non si può dubitare che il nostro mare Adriatico non si appellasse ancora Jonio, imperciocché Svida assicura che : Adriatico cliccasi quel mare che dapprima s' appellava Ionio: lo stesso riferisce Tzetze [Chil. hist. lib. 11. cap. 361]. Strabone pure [lib. II]: Ionio è una parte di quel mare, che ora dicessi Adriatico. Finalmente Dionigio d'Alicarnasso [Lib. I. pag. 8] dice : Tutto quel tratto di paese, che è circondato da una parte dal Ionio, dall' altra dal Tirreno, dalla terza dall' Alpi io chiamo Italia :" Tucidide [Lib. I] assicura che Epidammo, o sia Durazzo era situato: A dritta entrando nel seno Ionio. Finalmente si deve riflettere sopra l'antica tradizione accennata da Teopompo presso Strabone [In Aeneid. lib. Ili], e da Archidamo citato da Lodovico Celio Rodegino [Palephat. de incredibil. § 43], cioè che venuti fossero Jonj anticamente in queste parti, ma 4) I Milesi abitavano una vasta provincia della Ionia nella Grecia asiatica: secondo l'autore, furono coloni Milesi, cioè greci, quei popoli che erano passati nella Tracia e di là, per l'Alpi Giulie, nella attuale Istria. Tutto ciò e gli altri fatti in seguito ricordati — come la vera trasmigrazione degli Ionii confusasi con le favole degli Argonauti e dei Colchi — vorrebbero dimostrare la origine greca del popolo Istriano. che per un naufragio loro accaduto lasciassero al mare il nome di Jonio. Dunque erari fra gli antichi tradizione della venuta di questi popoli nelle nostre parti, da che può conchiudersi, che perdutasi la memoria della vera trasmigrazione di essi nell' Istria, perchè confusa con le favole degli Argonauti, e de Colchi, i critici andassero pensando ora una, ora altra cosa, come accade allora quando si perdono le traccie sicure. A noi per altro giova conchiudere, che se Jonio si chiamò anticamente l'Adriatico, e se popoli Jonj sono venuti ad abitare la provincia d'Istria, ninna cosa sia più probabile di quella, che tal nome si comunicasse da questi al mare. Una manifesta prova di ciò si è T Iscrizione ritrovata in Pola, che si può vedere nella Tavola VI : CLAUDIO. CERUONI. JONICI. LIB. C. UECIIUS. C. PEDO F. IN. FR. P. XIII IN. ACR. P. XX. nella quale appunto rilevasi il Cognome Jonico, e questa viene rapportata da Appiano [Pag. CCLXI] e da Grutero [Pag. MXL. v. 3]. Più tra i Milesi fiorì lo studio dell'Astronomia, e della Geografia, cioè dell' arti, e delle scienze, quindi si può dedurre, che essendo venuti in queste parti, come i loro costumi così vi trasportassero la lor favella, ed i loro giuochi v' esercitassero. Tra gì' altri il più proprio di questa nazione si fu il Teatrale, e tiene luogo di costante pruova il canto Jonico nella Tragedia introdotto da Piterino Tej o Jonico Poeta antichissimo. Da ciò ne viene, e ragionevol pensiero sarà quello, che ci determinerà a credere ciò che disse Pompeo Festo, che 1' arte del Teatro in questa provincia si professasse, e che da%essa passando ai Romani acquistassero gl'Attori del teatro il nome d'Istrioni : 11istrione* (lieti [Lib. VI Histriones] : die'egli : quod primum ex Histria verter h 1/. Plutarco anch' egli presume che il nome d' I-strioni derivasse da un tal Istro più valente degl'altri comici. Isidoro pure [Orig. lib. XVIII. cap. XLVIII] parlando di tali attori scrive che erano: Sic dieti quod ab Histria hoc genus sit adductum. Diffatto un tal genere di spettacoli, come Aristotele assicura [De Poet. cap. Ili e IV.] fra Greci ebbe origine, e molto tardi s'introdusse in Roma, vale a dire sotto il Consolato di Cajo Sulpizio, e Licinio Stolone '). Oltre la generale etimologia, abbiamo ancora in nostro favore la particolare. Abbiamo di sopra notato, che Formione fu nome Jonico, dato poi al fiume vicino a Capo d'Istria. Questo Formione fu celebre scrittore di Commedie, rammentato da Ateneo nella descrizione delle nozze d' Alessandro [Deipnosoph. lib. XII. pag. 539]2). Formione pure fu nome comico in Roma, e Terenzio chiama Formione il suo parasite. Il genio dei teatri, e dei spettacoli si mantenne sempre in questa provincia, e il teatro, ed anfiteatro di Pola sono pruove evidenti. Dell' accennato anfiteatro parleremo in line, meritando ben egli una qualche distinzione 3). Le vesti-gie dell' antico teatro di Trieste, e qualche anticaglia ') Vogliono alcuni che il latino histrio derivi dall'etrusco hister e rafforzano tale opinione asserendo che i primi comici comparsi presso i Romani erano d' Etruria. 2) Più propriamente Formo, poeta comico di Siracusa, che scrisse sette commedie. 3) Alla Dissertazione segue realmente un' Appendice Delle scoperte fatte nell'Anfiteatro di Pola, non che dalle altre Antichità di questa Città. Questa brevissima Appendice, che qui non si pubblica, potrà forse in seguito venir su queste stesse Pagine illustrata. eli Capo d'Istria pruovano la medesima cosa. Il celebre Siff.r March.e Gravisi in una sua erudita disertazione intorno alle Accademie di Giustinopoli ') dimostra che questi popoli erano stati i primi ad introdurre una tal specie di rappresentazione in Italia, e comprova ciò il teatro ancora di Capo d'Istria, uno de più antichi di questo Regno. Dopo aver esaminato, per quanto vien permesso dalla pochezza del mio ingegno, 1' origine degl' Istriani, non sarà fuor di proposito esaminare li loro confini, onde da tali premesse siano rischiarati li monumenti d' antichità, e le iscrizioni, che in seguito mi darò il piacere di presentare a V. S. Revd.ma. Molte sono le quistioni, che dagli eruditi scrittori antichi, e moderni si formano sopra gì' accennati confini degl' Istriani, ma se è vero ciò che Fiacco osservò [De condit. Agrorum.], cioè che i territori si dividano, o da fiumi, o da monti, certamente non può dubitarsi che questa provincia non fosse circoscritta da que' medesimi confini, che lo è al presente, come si può rilevare dalla Tavola Corografica, cioè i monti, o Alpi da una parte, il mare dall' altra, cioè dal Quarnaro sino al fiume Timavo. Non potendo gì' Istri reggere alle incursioni, alle quali andavano soggetti, principalmente de Romani, benché gente feroce, come la chiamò Livio si collegarono coi Galli, e Giapidi2), che appunto erano lor l) Lettera intorno alle antiche e moderne accademie di Capodistria, del marchese Girolamo Gravisi. Nelle Nuore memorie per servire alla storia letteraria, toni. Ili, pag. 407. — Venezia, Martini 1760. Si ricordi che la Gallia cisalpina comprendeva pure la Venezia e l'Istria. I Giapidi, che abitavano la parte superiore della penisola Istriana, aggregati alla colonia di Trieste, resistettero con ogni mezzo alia influenza romana. vicini, e da tal colleganza ne avvenne, che adottarono li precisi caratteri de medesimi cioè ferocità, ed eccedente crapula, come pure parte del loro culto, avendo li Galli per divinità Cibelle come si raccoglie nell'esame degli indizj ritrovati principalmente in Trieste corrispondenti a questo culto. Nulla meno però siccome mi professo parzialissimo amico di verità, così credo piuttosto venuto questo culto dai Romani, quando s'impadronirono di questa Provincia, dove fu trasportato il simulacro di Cibelle nella seconda guerra Punica1). Non solo una tal colleganza con questi popoli dimostra i loro confini d' allora corrispondenti a quelli, eli' hanno al presente, ma più ancora rassoda la mia opinione 1' ambasciata spedita a Roma da Cincibale Re dei Galli, dove parlando d' una ingiuria ricevuta sul proprio stato, e sullo stato de compagni dice : Agros sociorum suorum Carni, tìjstri, et J Lipidi: eseguita da Cassio, a cui fu da Romani corrisposto con altrettanti Legati, come si raccoglie da Livio. Per quanto poi s' appartiene a quella parte, che gì' Istri confinano col Friuli, non può nascer alcun dubbio conciosiaeche secondo 1' opinione di Fiacco [De — Sul/' antica geografia della Liburnia e della Giapidia: veggasi il giornale Istria, anno IV, pag. L'01-209, 212: e anno VI, pag. 83-84. — Bell'Almanacco Fiumano per l'anno 1857 (Fiume, Rezza) si parla pure dell'Antica geografìa della Liburnia e Giapidia. — Il conte Gian Rinaldo Carli nel libro I Delle antichità Romane dell'Istria, tratta della situazione degli antichi Japidi. — Il conte Alessandro Danielucci pubblicò — anonima però — un'opera: Memorie istoriehe cronologiche intorno lo stato della Giapidia. ') Vecchie iscrizioni rammentano l'esistenza in Capodistria di un tempio dedicato a Cibele. condit. Agrorum.J che i territori si dividano, o da fiumi, o da monti, apertamente ne risulta,, che gì' Istri avessero in allora que' medesimi confini posti dalla natura, che hanno al presente, cioè come abbiamo detto, dal seno Flanatico, ora Quarnaro sino al Timavo. Anche i prodotti medesimi di questa provincia, che sono Vino, ed Olio, pare che molto contribuiscano a determinare la continazione da questa parte, avvegnaché nel terminare di questa provincia terminano questi prodotti, principalmente quello dell' Olio, encomiato sin da Marziale paragonando 1' Olio di Cordova a quello dell' Istria [Epig. Lib. XII. 64] „ « lindo Corduba làetior Venafro «Istria nec minus, absoluta testa. non essendo il terreno del Friuli atto alle piantaggini degi UliviL). Siccome adunque il Tagliamento è considerato da Tolomeo confine de Veneti, così fu riputato il Timavo tra gli Aquilejesi e gì' Istriani. Strabone stesso [Lib. V. pag. 216] asserisce, che al Timavo comincia la spiaggia degl' Istriani, ed oltre a questo la testimonianza di Servio [Ad Aeneid. lib. I] ove scrive che il Timavo è in Italia fra Aquileja e Trieste 2). Ed ecco appunto sciolta la famosa quistione letteraria insorta tra li due insigni soggetti della Città di Giustinopoli il Nob. Sig.r Marchese Girolamo Gravisi, ed il Nob. Sig.r Francesco Almerigotti sopra la 4) L' agricoltura veramente era in Istria tenuta ili gran pregio : il vino di Pucino (ora Duino) era salito in tal fama da meritare l'onore di ornare le mense degli Imperatori Romani. L' olio, pure squisito e lodato, oltre che da Marziale, da Plinio e da Galeno, era in antico abbondantissimo poiché la coltivazione dell' olivo occupava allora una estesa zona di terreno. 2) A vero dire, Strabone non afferma che al Timavo incominci l'Istria, ma dice che dopo il Timavo è la regione marittima degli Istriani. situazione del Timavo, volendo uno che fosse il Me-tloaco. o sia Brenta appoggiato all' opinione di Lucano, Stazio, e Marziale. L' altro, quello che appunto con tal nome viene appellato e forma il confine tra il Friuli e l'Istria '). . Ma per dire qualche cosa ancora circa questo ce-lebratissimo fiume, prima è d'uopo riflettere a ciò, che ne indicarono li scrittori, onde col confronto scuoprire la verità. Tre cose di questo fiume riferiscono ; la prima che nascesse dai monti superiori, e fosse assorto per voragine ; II che sboccasse da monte, o prossimamente a monte e finisse in mare : III che nell' uscita fosse distinto in sette o nove bocche. Possidonio citato da Strabone [Lib. V] dice: Il fiume Timavo nato ne monti, viene assorbito da una voragine, e fa per essa Stadj CXXX, e poi sbocca nel mare. Da Virgilio apertamente si raccoglie [Àeneid. Lib. 1] che vi sboccasse: Magno cum murmure montis: ecl altrove [Eglog. Eg. 9.] Tu miài seu magni superai saxa Timavi: secondo il medesimo Poeta [Aeneid. Lib. I] le bocche sembrano nove : Unde per ora novem : e secondo Polibio solamente sette. Passiamo ora ad esaminare il Timavo, di cui sono stato occular testimonio, ed osserviamo il medesimo nella sua origine. Lungi dal seno Adriatico per miglia quattordici di distanza, sopra un monte vi si trova un lago formato, secondo le cognizioni, che ci lasciò l'Imperati, e le testimonianze del Bianchini, dal fiume ') Molto fu scritto sul fiume Timavo: basterà per ciò consultare il citato Saggio di Bibliografia Istriana. I due lavori qui ricordati sono quello dell' Almerigotti sull' Estensione dell' antico Illirio comparso nei Vol. XXVI e XXVII della Nuova Raccolta di opuscoli (Venezia, Occhi 1774-75) e quello sull' Illirico Forogiuliese (Udine, Gallici 1789J nel quale il marchese Gravisi sostiene il Timavo doversi ritenere il confine dell' Istria. Recca, che è quello il quale divide la provincia de Cragni, o sia Cragnizi dalla Contea di Gorizia1); questo fiume uscendo da una Grotta, forma il sopradetto lago, il quale sprofondandosi in voragine, e nelle viscere de monti per lo spazio de sopradetti miglia quattordici scorrendo, sbocca finalmente dalle falde dei monti di S. Giovanni, Castello di Duino, da più parti, e va a finire nell'Adriatico, come nella Tavola VII Il Sig.r Bianchini [Osserv. sopra l'orig. del Timavo p. 45] ne annoverò sette, e tanti appunto si scorgono in presente; ne sembrerà cosa dificile a credersi quella d'imaginare, che secondo la scarsezza, o abbondanza delle acque, ora se ne chiudano alcuni, ora se ne aprano de nuovi, quindi possano esser stati nove, quando al presente sono solamente sette 3). Seguendo le traccio di Plinio, celebre scrittore, non si può a meno di non ravvisare 1' anzinominato fiume per il Timavo, e ciò pegl' indizi datici dal medesimo; dice però egli [Lib. II Cap. 102] che i Bagni d' acque calde minerali sono : Contro. Timavum : ed in altro luogo [Lib. Ili Cap. 26] : ante ostia Timavi. Questi bagni a giorni nostri sussistono, e diconsi li bagni di 1) Il Timavo nasce alle falde dellAlbio e a metà del suo corso scomparisce nella caverna di san Canciano per uscire nuovamente presso san Giovanni di Duino. La prima metà del fiume, dall'Albio a san Canciano, chiamasi oggi Recca. 2) La Tavola VII ed ultima rappresenta rozzamente il castello di Duino, le montagne che lo circondano, il golfo Adriatico e il fiume Timavo del quale — in un dato punto dei monti — sono segnate le origini. Il castello di Duino appartiene ora ai principi di Hohenlohe Waldenburg Schillingsfurst ai quali pervenne dalla madre contessa Teresa della Torre Valsassina. 3) Questa abbondanza di bocche trova la sua spiegazione nel fatto che in antico le foci dell' Isonzo e quelle del Timavo erano tutte ritenute come appartenenti a quest' ultimo. Monfalcone, Stato Veneto, consistenti in una penisola bagnata a mezzodì dal mare, ed a levante dal Timavo. La guerra degl' Istri coi Romani ancora apertamente dimostra la indicata situazione di questo fiume; così è descritta da Livio [Lib. XLI]. Partitosi il Console Manlio da Aquileja, die'egli, pose al luogo1) del Timavo gì' alloggiamenti, e C. Furio navale D.° destinato da Ancona sino ad Aquileja per guardar quelle spiaggie dall' armata Illirica, si collocò con dieci delle sue navi nel porto prossimo a detto lago, che era al confine dell' Istria. Ed ecco spiegata la prima delle adjacenze riferibili a questo fiume, vale a dire un Porto, quantunque in allora fosse maggiore di quello al presente ritrovasi. Riguardo poi alle altre due del Tempio di Diomede, e del Bosco, che vuole Strabone situati in vicinanza del Timavo, dirò che il Cluverio vuole situato fosse questo tempio dove ora è S. Giovanni di Dnino; ma secondo le osservazioni fatte è presumibile, fosse piuttosto presso i bagni, come si raccoglie nella Tavola IV. Per il Bosco in fine non sarà fuor di ragione supporlo distrutto, quando si considerino quelle campagne esser state soggette a moltissimi fatti d' armi. Basterà il sin qui detto, riguardo all' origine, e confinazione degl' Istriani, non che per dare un piccolo lume del rinomatissimo fiume Timavo. Averei dovuto temere per verità la taccia di temerario, se senza un qualche stimolo ben grande, m'avessi posto in un mare così ripieno di sirti, ed avessi tentato di valicarlo privo di que' lumi, e cognizioni, che non devono andar disgiunte da un buon Storico-Geo- *) Vorrà probabilmente dire al lago del Timavo, mentre il porto del fiume stesso veniva occupato dal Duumviro (D:°) navale C. Furio. grafo ; ma 1' erudita società degl' illustri Accademici di Giustinopoli, nel cetto de' quali fui benignamente annoverato '), nel somministrarmi lumi, mi lusingò del suo compatimento, ed a stabilirmi nella concepita idea, moltissimo giovò la perfetta cognizione della bontà di V.a S.a Revd.ma, a cui volevo consecrare la mia fatica, sicuro che 1' avrebbe gradita, non che degnata del suo compatimento. 4) 11 Direttore delle Pagine Istriane, Domenico Venturini, richiesto su ciò di notizie, con la consueta cortesia, in una sua lettera, ricorda che «l'ultima Accademia fu quella degli Operosi fondata dal marchese Gerolamo Gravisi nel 1739». A questa certamente deve esser stato iscritto 1' autore della Dissertazione poiché egli appunto accenna, come si vide, a Girolamo Gravisi marchese di Pietra Pelosa come ad uno degli eruditi del tempo a cui per il suo lavoro ebbe a rivolgersi. dott. Ricciotti Bratti. VARCANDO IL RISANO O fi um i e ci, che tra odorosi timi E grigi ulivi ventili 1' arsura, E con munnure lene al mar t' adiini A mescervi il sospir della pianura ; Non chieggo a te chi fur gli uomini primi A intorbidare la tua linfa pura, Onde a la fonte ancor vivo t' esprimi Movendo al corso che sì poco dura. Ma dell' amico mio fluire ascolto Memore il canto fra le verdi sponde Che vider tanto popolo raccolto A la gloria del Placito, ove sacro Un bove bianco or da le messi bionde Nel tramonto del sol scende al lavacro. IL CRISTO DI SCIPIONE BICGI Tacea la Piazza veneta, e la pia Serenità del maggio era divina Nel Duomo donde Capodistria invia Voti a San Marco lungo la marina. Diceva un prete l'umile dottrina A' fanciulletti : in umiltà Maria Dal trono del Carpaccio volgea china L' occhio materno eh' ogni affanno spia. 0 Cristo, e tu dal bianco altare a manca Chiamavi a te 1' anima mia, piegando La testa così bella e così stanca. Ed io guardava come quei che trova L' alta ragione di sua fè, pensando : Dolce è il patire se a' fratelli giova. Cesare Rossi Dna Maccheronica per la catta fella Replica ài Venezia. Quel paziente ed acuto roditore di vecchie carte, eh' è Antonio Pilot, pubblicava or non è guari nel Fanfulla (Iella Domenica il frammento d' una maccheronica scritta da penna anonima per la caduta della nostra Repubblica ; pescato, mercè l'indicazione del chiariss. nostro Prof. Predelli nel mare ma-gnum di questo Archivio di Stato i). E poiché il Pilot medesimo aggiunge, ed a ragione, che 1' arguzia del dettato «ci lascia col desiderio di conoscere anche il resto della commendevole birbonata poetica», ed io ho la fortuna di possederla intiera nella mia modesta collezione; eccomi di gran cuore a soddisfare lui, e quanti con lui sono titillati dallo stesso prurito. Che poi 1' ameno poemetto s'intoni tutto a vero rimpianto pel governo della Repubblica, sotto il quale i Veneziani erano vissuti con ogni agiatezza, mi sembra indubbio; e l'Invitimi che lo chiude, n' è lampante conferma. Storia del resto conosciuta anche troppo, per insistervi con facile erudizione; basti invece, come fece il Pilot, fornire di qualche noterella alcuni almeno dei venezianismi di cui il componimento è ingombrato, e per mio conto ho finito. Dr. Cesare Musatti CARMINA. Cura mihi fìt2) praesens illud fatale momentum In quo crollavit Venetum memorabile3) Regnum Quasi constructum de magna4) puina fuisset, Aut esset pecuduiii de tristo stercore factum, Ex oculis cascant lacrime 5) torrentis ad instar, Atque ego sum tristis, quasi essem a febre cruciatus Nec possum de gusto unum magnare boconem. Tempore quo stabat Venetorum in pede Governimi Haec civìtas paradisus erat repleta quatrinis, Et poteras verum Cucagnae dicere locum. 4) «Fanfulla della Domenica» 24 die. 1905. 2) Nel frammento riportato dal Pilot sta invece nit. 3) E qui, formidabile. 4) magra. 5) lacrimas. Florebant studia, artes, commerciuinque brillabat, Arsenal innumeres buttabat in aequore naves Atque dabat populo civibusque da vivere mult-is Ti vini o ego jam possimi (minimam sine dire busiam) Dicere : quod media haec civitas vivebat in isto. Zecca suo seniper pagabat tempore ratas. Danaros promptos semper Giri-bancus habebat, Et potebas quandocumque elevare denaros. Vivebant travajando in Foro mille Famejae, Dispensabantur civibus salaria multa. Tenebant Notarj suum in butiro cula men, Barcarolus erat de bono cibo nutritus ; In bursa faciens multos cantare quatrinos, Sperabat suum memorabile reddere nomen Vincere si pefeset publicam vogando Regatam. Tempora erant multa occasionesque frequentes In quibus hic contabantur Ducata, Zecliina, Tamquam tantae essent favae, tantique tasoli Aut essent de carta, aut de diramine facti, Scilicet aut hic quando fiebat electio Ducis, Cum Arsenalotti illuni in Pozzetto portabant Gettantes multas, et de valore monetas. Cancellar! quando fiebat electio magni Procurator bellum, quando faciebat ingressum, Atque dabat triduas costosa« publico festas ; Publica quando dabat Dux cum sturione banchetta, Et dabat ad casam quoque da portare cestella». Sed quid dicam de strepitoso tempore SensaeV Quando erat erectum ili Piazza theatrale steccatum, In quo tu potebas caminando tempore noctis Per terain videre pajam, et trovare gusellam? Et cum Dux noster magna comitante caterva In Bucintoruni cum accompagnamento superbo, Gondolarum, Battelorum, Peatarum galantum, Et fornitarum floribus rasisque superbis, Fusta sbarante, et camionantibus undique circum, Bastimentis, Brazzaris l), Navibusque da guerra, Cainpanisque sonantibus in campanilibus altis Ad liduin ibat, et anellmn suum in aequore buttans 4) Brazzera, < speci e di barca da remo e da vela, equipaggiata da sei uomini e un padrone comunemente usata nel golfo di Venezia». (Stratico). Monstrabat cunctis Dominimi se maribus esse. Omnes guadagnabant in occasionibus istis, Et potebant suas alimentare Fainejas. Tempore, quo stabat Venetorum in pecle Governum Fonticuš liabebat sanas bellasque farinas, Quae vendebantur minus currente valore. Fraternae potebant alimentare pitocos Governumque illis dabat suffraja multa '). «Tempore quo stabat Venetorum in pede Governum, Hic capitabant Reges, ac, et saepe Reginae Bramantes bellezzam urbis cognoscere nostrae Quam tantum audiebant decantare per orbem, Quamque Sanazzarus celeberrimus ibi Poeta Depinxit lassando in terzo carmino scriptum: Quoti fnit Jiominibus fabricata Roma superbis, Sed fu.it liaec civitas manibus fabricata Deorum. «Tempore quo stabat Venetorum in pede Governum Haebrei in Ghetto stabant cum capite basso, Et caudam bassain portabant intra culatas. Hosti et botegai setnper tenebantur in Cliristo *) ; Bricones potebant piazzam spassizare per pocum, Ibant in mastellas ad evacuare culamen3). Frustabantur ladri4), erat et sua casa Galera. Sanguinarj truces erant a Boja picati. Omnibus in rebus semper bonus ordo vigebat. «Nunc lieu ! cruda venerimt, et mala saecula ferri. Vivimus liic adhuc, sed de fame morimur; ') Soltanto fino a qui, il frammento riferito nel «Fanfulla della Domenica» ; le strofe che seguono, sono nel manoscritto della mia raccolta. 2) Tegnir uno in Cristo è sorvegliarlo perchè ari dritto. E tal sorveglianza sui bottegai esercitò per tempo il Governo Veneto, onde frenarne gli abusi, mercè l'istituzione dei Giustizieri che risale nientemeno che al 1172, cui nel 1261 vennero aggiunti altri tre Giustizieri detti nuovi. 3) La frase è sconcia, ma corre nel volgo, se anche Boerio non la registra. Cag . . in mastela ed essere in gattabuia valgono la stessa cosa. 4) «Frusta, pubblico castigo, che si dava a' malfattori, e specialmente ai ladri e borsaiuoli, battuti con frusta sopra le spalle e la schiena denudate, e condotti in giro per le vie più frequentate della città : era scelta a preferenza quella della Merceria». (Mutinelli. Lessico Veneto alla voce frusta). Zecca non pagat prò, nec capital in francat, Commercium et Bancus sunt in manifesta malora: Nomine contrabandi liscant undique merces : Paucae sunt carichae, et cum pitocliezzo pagatae : Bella fuit nostri proscripta eloquentia Fori, Erectumque pianum propter desolare Palazzum. Arsenal est languens, existunt solae murajae Et maestranza® vadunt cercare per urbem. Triumpliant Botegaj angariando Paeselli. Comestibilia sunt, mercesque ad sidera carae 2) ; Magazenarj3) semper vinum cum aqua baptizant Hebreij tripudiant bonas stronzando4) monetas Urbis gens liic illuc et sine lege vagantur. «Venetia infelix ! quae cambiamenta funesta!.... Ilierusalem nunc facta et amaritudine piena. Nisi ocidos liabes, ut semper tu piangere possis Una salus tibi spes, et rissorsa unica restat: Caesaris, ut scilicet, veniat praesentia nostri, Qui cautum, et diligens visum faciendo repertum Ipse tuuin possit coniprehendere statum, Atque suis oculis possit videre miserias Quae te Lazarum fecerunt devenire mescliimun. Protinus ille, qui bonus est, et de zuccliaro factus Qui solet ili manibus justas tenere bilanzas, Qui nunquam se in oculis lassat butare sabionem, Omnia distabit quae de novo facta fuere Leges resurgendo tuas et methoda sacra: Sed veniet. credimus? Veniet. Sed tempore quando? Quando Deus nobis velit dimittere culpas. «Si cupis o Lector scire qui haec carmina scripsit Carmina sunt liaec a tristi composita Vate Tempore, quo caput agitatimi a mille malanis. Huc, illuc sbalzane ut rochetta volabat. 1) Taccagnerìa. 2) Caro a le stele, altro modo di dire non registrato dal Boerio, ma vivo e ora e in addietro, che significa costoso eccessivamente. 3) Magazen, spaccio di vino al minuto ; e quindi magazenarj, vinai. 4j Stronzar, definisce il Boerio, operazione criminosa di chi col mezzo della forbice o della lima, o altrimenti, ritonda o taglia sull' estremità in giro le monete, diminuendo il loro valore intrinseco, il che dicesi anche tosare. Perdidit. liic m i sor in Zecca ventimille dncatos, Perdidit in foro quasi omne guadagnum, Deliriumque habuit sicuram perdere litem Perdita quae fecit trassecolare Paeselli. Loga ve rat fllium sicurum ob liabere panetuin Tantis in medio malis, tantisque procellis Despera t us scriptis sed sine offendere quemquam Caesaris adventum implorans ut surgere possit. 1NVITUM Non tantum Morosus amat videre Morosam Quando se sentit crudeli al) amore brusatum : Aeger non tantum mediami videre suspirat Quando timet morbum posse diventare pejorem: Non tantum smaniat Solem videre Pittocus Tempore quo dentes a crudo frigore battit : Non tantum Miles Patriam videre bramizat Per quam mul tam vitam consumpsit in armis : Navita non tantum suspirat capere Portimi Quando ab aequoreis est agitatus procellis : Quantum Ego cupio videre Sovranum Qui mihi Morosus, Meclieus, Sol, Patria, Portus. Notizie storiche di Grisignana (Continuazione — v. A. Ili, pg. 282). A' tempi veneti, nel secolo decimosesto, molte erano le chiese. Il solo Castello ne aveva tre: la maggiore dedicata alla Vergine ed ai santi Vito e Modesto, la chiesa di s. Martino e una chiesuola intitolata a s. Rocco. Fuori della porta la chiesa di s. Cosmo e Damiano, s. Nicolò con cimitero, s. Vito anche con cimitero ; quindi sparse nel territorio s. Floriano, s. Maria della Bastia, s. Antonio, s. Marco e s. Giovanni in cargnelin 4). l) Ci dispiace di non avere rinvenuto nell'Archivio vescov. di Citta-nova la bella visita pastorale fatta, come dice ne' suoi Commentari il vescovo Tommasini, dal vescovo F. Manilio. Erano in essa diligentemente notati tutti i beni che avevano le scuole e chiese della diocesi. Le fraternite, alle quali soprastava il gastaldo, erano quin- ' dici. E cioè : la Fattoria, di s. Martino, del Crocefisso, di s. Nel Fascicolo numero 208 troviamo bensì la relazione di una visita pastorale, spedita alla Sacra Congregazione dal vescovo Daniele Sansoni, di Cittanova 1 marzo 1721, di cui ci piace riportare un brano concernente Grisignana e luoghi soggetti : Parochialis Ecclesia in Oppido Grisignauae satis provisa et ornata de necessariis ad divinum cultuin etiam decorata vasibus argenteis, Divis martiribus Vito et Modesto consecrata, habet fontem Baptismalem, orga-ìiiim atque Turrim culti campanis. Venerantur reliquiae Saucti Modesti inartiris multaque alia fragmenta reliquiarum alioruni sanctorum sine nomine. Tres resident sacerdote« in tali Parochia, quibus incumbit cura animarum. Parochus etenim et duo Cappellani, quorum duo primi eliguntur a l'optilo dicti oppiili et preseu-tantur Episcopatui prò confirmatione ; tertius curatus a dieto Episcopatu, habet animas 400 circiter. Sunt multae aliae Ecclesiae per territorium sufficienter provisae de ornamentis ad divinum Cultum. Alia adest Ecclesia Parochialis in Castello Pedemontis sub invoca-tione B. M. Virginis, ang-usta quidem propter soli et situs brevitatem satis tamen conspicitur prouisa de necessariis ad divinum Cultum. Huic inser-viunt tres sacerdotes, Parochus et Cappellanus prò exercenda cura anima-rum qui eliguntur alternatilo ab Episcopo et a patrono dicti Castelli, est tertius Mansionarius qui est Juris Patronatus mensae Episeopalis. Per territorium octo numerantur Ecclesiae procul distantes quasi exentes et desertae, in quibus vix semel aut bis iu anno celebratur. In tornili extant incolae 500. Accedit alia Ecclesia Parochialis seu Curata in villa Castane« nun-cupata sub Plebe Pedemontis parvula tamen cum solimi sint 80 Animae. Attamen satis provisa et capax ad divinum cultum, sanctis Apostolis Petro et Paulo consecrata habet fontem baptismalem et congruum sacrarium et providetur a confraternitate Corporis Christi atque a pia fldeliuin charitate, unum tantum habet Curatimi electum a comunitate Loci. In territorio adsunt tres aliae Ecclesiae seu potius Oratoria satis tamen ornata et prouisa. Advenit alia Parochialis Ecclesia in villa de Cisterna cuius villae circuitus extenditur per sexdeciin miliaria, quae est principalis inter plures alias Ecclesias dicti Territorii ; et alternatim per Parochum et Curatimi celebratur in dictis Ecclesiis prò Populi comoditate, sed magno cum eo-rundem sacerdotuin incomodo. Transaetis temporibus Cisterna et Cepich erant Patrimonium Mensae Episeopalis a quibus Decimas suscipiebat Epi-scopus, sed a Predecessoribus Episcopis maximo cum detrimento Episcopati^ fuerunt traditae et usque modo remanent possessae a familia Gravisa sicut et villa Gradine. Huius Parochi provisio spectat ad Sanctam Sedem. Habet Animas circiter 600. (V. Vesnaver, Notizie stor. di Portole, Trieste 1884). Biagio, s. Antonio, s. Rocco, Nome di Dio, s. Marco, s. Vito, Carità, s. Zuane, s. Floriano, s. Cosmo, Madonna e s. Nicolò. Da un inventario trovato nell' archivio episcopale di Cit-tanova si apprende che queste fraternite possedevano di proprio case, orti, vigne, olivet.i, prati, le rendite de' quali esse rivolgevano alla conservazione delle chiese non solo, ma ad aiutare anche il paese che ad esse ricorreva nel momento del bisogno. Un apposito articolo dello statuto regolava le attribuzioni del gastaldo, il quale, secondo un decreto di Domenico Morosiui che fu podestà del Castello nell'anno 1539, doveva dare una sicurtà sufficiente prima tli assumere 1' amministrazione. Vedansi le rendite e le spese che avevano queste scole nell' anno 1675 quali appaiono da uno specchio fatto eseguire in detto anno per deliberazione del Senato veneto. Grisignana e Villanova : Scola di s Nicolò.............entrata 305 spesa 265 Scola del Ss. Sacramento..................120 86 Scola di s. Vido ..........................279 190 Scola di s. Rocco..........................166 122 Scola del Ss. nome di Dio ................92 41 Scola della Carità..........................189 156 Scola di s. Zuanne........................97 62 Scola di s. Marco in Carg-nolin............30 20 Scola di s. Biasio ... T..................138 105 Scola di s. Martin ........................141 42 Scola di s. Antonio di Padova ............110 49 Scola di s. Florian ... -................341 168 Scola della Fatoria........................158 107 Scola della Madonna......................281 185 Scola di s. Zorzi di Villanova..............150 55 Scola della Madonna di detta villa .... 244 155 Scola del Ss. Sacramento di detta villa . . 220 162 Scola di s. Cosmo e Damiano di Grisignana 107 61 Piemonte e Castagna : Scola della Madonna del Carmine..........95 65 Scola di s. Primo e Feliciano..............462 355 Scola di s. Andrea........................357 306 Scola di s. Zorzi..........................254 180 Scola di s. Zuane................146 117 Scola di s. Piero..........................158 106 Scola della Madonna......................^95 339 Scola del Ss. Sacramento..................85 64 Scola di s. Pietro di Castagna ............395 309 Scola di s. Antonio di deta villa..........424 292 Cisterna : Scola di s. Michiel........................350 260 Scola di s. Rocco..........................200 150 Scola di s. Cancian........................250 180 La «Provincia», 1 febbraio 1876. Nei campi della scola della Madonna, sulla cima del monte, sorgeva, fabbricato da Agostino Lippomano, un ricco palazzo con intorno orti, pergolati, frutteti. Per il terreno occupato, il Lippomano corrispondeva ogni anno alla detta scola due staroli di frumento, e lo stesso fecero dopo i suoi eredi '). Vide codesto palazzo già mezzo distrutto il Tomasini, ed a ragione giudicò il luogo «deliziosissimo». L'illustrissimo Agostino Lippomano, come è chiamato nel nostro manoscritto, apparisce in Grisi-gnana nel 1600, mentre in questi anni sulla cattedra vescovile di Parenzo sedeva un Giovanni Lippomano, il quale forse era suo congiunto E cosi dopo Cozio fiorentino, fu un ricco veneziano che trovò gradito il soggiorno di Grisignana; mentre altra dimora piacevole dovette essere quella villa presso s. Floriano, di cui nell' anno 1646 vedevansi soltanto le vestigia, se meritò chiamarsi «villa amorosa» s). La cura dell' anime era affidata al pievano e a due cappellani. Il pievano era eletto sempre, e «non è memoria di huomo in contrario» '), dal Consiglio comunale. Il capitolo 100° dello statuto fissava i doveri del pievano e la dotazione che gli spettava. Insieme coi cappellani egli aveva il quartese d' ogni sorta di grani, il quartese dell' uva ed il quartese degli agnelli. Al vescovo il Castello non pagava decima. Nel tempo della Riforma l'Istria non fu certo estranea — la parte più colta almeno del paese — alle nuove idee che andavano spargendo Lutero e i suoi seguaci. Ne fanno testimonianza i tanti processi di luteranismo che seguirono nella nostra provincia, quand' anche si voglia tacere de' gravi fatti del vescovo capodistriano P. P. Vergerio morto a Tubinga, del Flacio d'Albona e del Console di Pinguente. Il clero di Grisignana, per quanto finora si sappia, non si commosse affatto. Tuttavia abbiamo da registrare la elezione di un pievano compiutasi con tale apparato di solennità che sarebbe parso strano se in quel modo si fosse fatto un secolo più tardi; e non sapremmo darne la spiegazione altrimenti che ponendo il fatto in relazione col tempo in cui avvenne. ') Archiv. vesc. di Cittanova, fascic. 11. 138. 2) Agostino Lippomano, come si vedrà poi, fu podestà di Grisignana dal 1561 in poi. 3) I. E. Tomasini. Commentari ecc. •') Statuto ms. Il 2 di aprile dell' anfio 1539 il Consiglio comunale tro-vavasi adunato nella sala del palazzoErano presenti 50 cittadini compreso il podestà. Dovevasi nominare il pievano in sostituzione del defunto Gaspare Melchior. Vi aspiravano Andrea de Medellis grisignanese e un Ingaldeo di Capodistria. Questi ebbe un voto solo, tutti gli altri furono per il de Medellis, il quale fu così eletto. Nella stessa seduta però — ed è qui per noi lo strano — fu nominato ambasciatore ser Giovanni de Torcello, il quale doveva recarsi a Venezia e presentare alla Signorìa il pievano eletto nonché al legato pontifìcio presso la republica Girolamo Verallo, affine di averne la conferma. Il legato infatti rilasciò il decreto di conferma2) al Medellis, ma scriveva in pari tempo al vicario del vescovo di Cittanova di dare al Medellis il possesso della pieve, dopo avuto da lui il giuramento di fedeltà secondo la forinola seguente: «Ego Andreas de Medellis Plebanus Ecclesie sancti Viti Castri Grisignane Emoniensis alias Civitatis nove dioecesis ab liac bora in antea fìdelis et obediens ero Beato Petro sanc-teque Romane Ecclesie et D. nostro D. Paulo pape tertio suisque "successoribus canonice intrantibus, non ero in Consilio aut consensu vel facto ut vitam perdant aut membrum seu capiant mala captione ; legatum apostolica sedis in eundo vel redeundo honorifice tractabo et in suis necessitatibus adiuvabo, possessiones vero ad meam Ecclesiam pertinentes non vendam neque donabo neque impignorabo neque infeudabo vel aliquo modo alienabo inconsulto Romano Pontifice, sic me Deus ad-i u ve t et hoc ad sancta Dei Evangelia.» In pari tempo il doge Pietro Laudo in lettera del 27 di aprile dell' anno 1539 Ind. XII incaricava il podestà di Grisignana Domenico Morosini di mettere in possesso della pieve il Medellis, che fu installato veramente pochi giorni appresso 3). — In altri tempi sarebbe bastata la conferma vescovile. 4) Arch i v. vescov. di Cittanova, fascic. n. 42. Ivi. — Il pievano di Momiano e publieo notaio Paolo Diedo trascrisse il detto decreto «collationis et confirmationis ex autentica bulla existentes penes Rev. D.m Plebanum Grisignane». 3) Ivi. — Sotto la data 15 settembre 1629, fra le deliberazioni senatoriali del «Senato Mare» (Atti e Memorie XIII p. 319) si legge che il Pod. di Capodistria doveva mandare uno de' suoi consiglieri a Grisignana per istruire il processo contro il prete Andrea Medellis. Dobbiamo osservare che codesto prete non poteva essere il pievano, il quale già nell' anno 1591 era morto, come si può vedere nella serie dei pievani ed arcipreti. Il grande interdetto scagliato nell' anno 1606 da papa Paolo V contro la republica veneta, che fu questione a cui presero parte tutti gli stati d' Europa, non agitò gran fatto gli animi nella nostra provincia. La popolazione, affezionata al governo e al suo principe, senza passare all'.eresia, resistette, come a Venezia, con fermezza ai fulmini del Vaticano. Il clero nostro, tranne qualche caso, mantenne un contegno tranquillo. Vegliavasi dal governo che nessuna alterazione tosse portata nell' esercizio del culto, e i preti inobbedienti erano puniti. La republica, che nelle cose temporali non conosceva alcun superiore, scriveva poi ai rettori della provincia e al podestà-capitano di Capodistria, che nel conferimento dei benefìci ecclesiastici la collazione spirituale non basta, che il governo intende esercitare il suo diritto di conferire o rifiutare il possesso temporale. E infatti, mentre il pievano di Villa de' Cani fu cacciato in prigione, perchè dall' altare espresse il desiderio che si muoia su territorio arciducale, per non andare all' inferno, dacché i sudditi veneti erano scomunicati, il podestà Bernardin Loredan ') sequestrò 1' entrate del pievano e cappellano di Grisìgnana, e quelle pure del pievano di Villanova, i quali non potevano dimostrare di aver ottenuto il possesso temporale. Senonchè poco appresso il dissidio fu composto a tutta sodisfazione della republica, la quale continuò a far uso del suo diritto di giudicare i preti colpevoli e a regolare liberamente quanto concerne i beni ecclesiastici, scotendo in tal modo le basi della potestà temporale dei papi. {Continua) __G. Yesnaver. l) Atti e Memorie, XIV p. 222. Vedasi la lettera di lui al principe di Venezia. Serenissimo principe. Ho ricevute con la solita reverenza le lettere della Ser.a Vostra de di primo Zugno passato, et per la debita essecutione della parte dell'Eoe.mo Senato di 11 Zugno 1605 in materia di beneficij ecclesiastici che devono riconoscer nel possesso de' beneficii il Dominio temporale della Ser.a Vostra. Ho fatto sequestrare l'entrate del Piovau et del Cappellan di questa terra, et del Piovano di Villa nova i quali non s' attrovano havere lettere di possesso, et gli ho fatto saper che venghino o vadino a mostrare i loro giusti titoli, et tor lettera di possesso giusta essa parte. Gratie etc. Di Grisignana li 8 luglio 1606 Bernardin Loredan Podestà L'ARCHIVIO ANTICO DEL MUNICIPIO DI CAPODISTRIA (Continuazione; vedi A. I, N. 6-12; A. II, N. 1-12; A. Ili, N. 1-12) N. 776. Fascicoli sei. Podestà Marco Magno, dall' agosto in poi Lorenzo Caotorta. Praeceptorum primus : di carte 132. Dal 18 gennaio al 6 aprile 1713. Seeundus : di carte 87. Dall'8 maggio al 2 settembre 1713. Tertius : di carte 139. Dal 4 settembre al 19 dicembre 1713. Extra-ordinariornin primus : di carte 81. Dal 2 gennaio al 28 aprile 1713. Seeundus : di carte 81. Dal 1° maggio al 30 agosto 1713. Tertius : di carte 107. Dal 3 settembre al 20 dicembre 1713. N. 777. Filza scritture diverse del 1713. Carte scritte 377. N. 778. Registro delle lettere di Trieste da consegnarsi da Deputati sucd.te in sucd.te conforme 1' ordine e regole seguenti. Carte scritte 46. N. 779. Filza lettere dal 19 novembre 1713 al 10 giugno 1714. Carte scritte 276. N. 780. Atti concernenti il trasporto o vendita di sale al confine ed altri luochi. Dal 14 maggio 1713 al 2 zugno 1714. Carte scritte 47. N. 781. Fascicoli sei. Podestà Lorenzo Caotorta. Praeceptornin primus : di carte 134. Dal 15 gennaio al 30 aprile 1714. Seeundus: di carte 147. Dal 2 maggio al 24 agosto 1714. Tertius : di carte 204. Dal 1° settembre al 12 dicembre 1714. Ex-traordinariorum primus : di carte 48. Dal 2 gennaio al 30 aprile 1714. Seeundus : di carte 82. Dal 1° maggio al 27 agosto 1714. Tertius : di carte 96. Dal 31 agosto 1714 al 5 gennaio 1715. N. 782. Filza costituti, stridori, lettere ed altre scritture del 1714. Carte scritte 363. Vi è aggiunto un fascicolo di carte scritte 8 riguardanti ordini per 1' epidemia deg'li animali bovini e 13 stampe (terminazioni, proclami ecc.) di data posteriore. Armadio I. N. 783. Fascicoli sei. Podestà Nicolò Contarmi. Praeceptornin primus: di carte 131. Dal 18 gennaio al 27 aprile 1715. Seeundus : di carte 140. Dal 1° maggio al 31 agosto 1715. Tertius : di carte 103. Dal 2 settembre al 20 dicembre 1715. Extra-ordinarioriiiii primus: di carte 57. Dall'8 gennaio al 30 aprile 1715. Seeundus : di carte 87. Dal 1° maggio al 1° settembre 1715. Tertius : di carte 79. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1715. N. 784. Filza scritture diverse dell' anno 1715. Carte scritte 261. N. 785. Fascicoli sei. Podestà Nicolò Contarmi e dal maggio in poi Francesco Battagia. Praeceptorum primus : di carte 93. Dall' 8 gennaio al 17 aprile 1716. Secundus : di carte 120. Dal 4 maggio al 31 agosto 1716. Tertius : di carte 107. Dal 1° settembre al 30 dicembre 1716. Ex-traordinariorum primus : di carte 54. Dal 2 gennaio al 30 aprile 1716. Secundus : di carte 92. Dal 2 maggio al 31 agosto 1716. Tertius : di carte 98. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1716. N. 786. Filza scritture diverse del 1716. Carte scritte 459. N. 787. Fascicoli sei. Podestà Francesco Battagia, dal settembre in poi Domenico Morosini. Praeceptorum primus : di carte 88. Dal 4 gennaio al 30 aprile 1717. Secundus: di carte 89. Dal 29 maggio al 27 agosto 1717. Tertius: di carte 73. Dal 16 settembre al 17 dicembre 1717. Extraordinario-rum primus: dì carte 65. Dal 1° gennaio al 30 aprile 1717. Secundus: di carte 104. Dal 2 maggio al 31 agosto 1717. Tertius: di carte 101. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1717. N. 788. Filza cedole, scritture di dentro, scritture di fuori e lettere del 1717. Carte scritte 431. N. 789. Fascicoli sei. Podestà Domenico Morosini. Praeceptorum primus : di carte 79. Dal 24 gennaio al 2 aprile 1718. Secundus: di carte 93. Dal 12 maggio al 31 agosto 1718. Tertius: di carte 88. Dal 1° settembre al 16 dicembre 1718. Extraordinario-riim primus : di carte 73. Dal 2 gennaio al 30 aprile 1718. Secundus : di carte 113. Dal 3 maggio al 31 agosto 1718. Tertius: di carte 82. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1718. N. 790. Filza scritture diverse del 1718. Carte scritte 311. N. 791. Altra filza scritture del 1718. Carte scritte 159. N. 792. Fascicoli sei. Podestà Zan Donienego Loredana. Praeceptorum primus: di carte 72. Dal 13 febbraio al 1° aprile 1719. Secundus: di carte 88. Dal 6 maggio al 30 agosto 1719. Tertius: di carte 61. Dal 1° settembre all' 11 dicembre 1719. Extraordinariorum primus : di carte 68. Dal 3 gennaio al 30 aprile 1719. Secundus : di carte 88. Dal 1° maggio al 31 agosto 1719. Tertius: di carte 82. Dal 1° settembre al 31 dicembre 1719. N. 793. Filza cedole, scritture di dentro e di fuori del 1719. Carte scritte 244. N. 794. Filza lettere del 1719. Carte scritte 117. N. 795. Scritture diverse del 1720. Carte scritte 8. N. 796. Fascicoli sei. Podestà Pietro Dolfin, dall' ottobre in poi Pietro Benzoli. Praeceptorum primus: di cartelli. Dal 14 gennaio al 30 giugno 1721. Secundus: di carte 58. Dal 1° luglio al 3 ottobre 1721. Tertius: di carte 46. Dal 20 ottobre al 28 dicembre 1721. Extraordinariorum primus : di carte 109. Dal 2 gennaio al 30 giugno 1721. Secundus: di carte 94. Dal 2 luglio al 19 ottobre 1721. Tertius: di carte 41. Dal 20 ottobre 1721 al 4 gennaio 1722. N. 797. Filza sentenze à legge et esami del 1721. Carte scritte 116. N. 798. Filza lettere del 1721. Carte scritte 92. N. 799. Filza scritture, diverse del 1721. Carte scritte 119. N. 800. Fascicoli sei. Podestà Pietro Benzoli. Praeceptornm priiuus : di carte 88. Dal 7 gennaio al 29 aprile 1722. Secundus : di carte 102. Dall' 8 maggio al 7 agosto 1722. Tertius : di carte 99. Dal 17 settembre al 29 dicembre 1722. Extra-ordinari orimi primus : di carte 105. Dal 5 gennaio al 30 aprile 1722. Secundus : di carte 79. Dal 3 maggio al 31 agosto 1722. Tertius: di carte 81. Dal 1° settembre al 1° dicembre 1722. Precedono 15 carte riferentisi ad atti dell' anno prima. N. 801. Filza cedule, sentenze à legge e scritture di fuori del 1722. Carte scritte 274. N. 802. Filza lettere ed altre scritture del 1722. Carte scritte 206. N. 803. Fascicoli cinque. Podestà Giovanni Battista Zen. Praeceptornm secundus : di carte 54. Dal 6 giugno al 27 agosto 1723. Tertius : di carte 48. Dal 1" settembre al 5 dicembre 1723. Extraordinariorum primus : di carte 74. Dal 2 gennaio al 30 aprile 1723. Secundus : di carte 76. Dal 1° maggio al 31 agosto 1723. Tertius: di carte 61. Dal 1 settembre al 31 dicembre 1723. N. 804. Filza lettere e scritture diverse del 1723. Carte scritte 183. N. 805. Filza cedule e stridori del 1723. Carte scritte 119. N. 806. Fascicoli sei. Podestà. Gio. Battista Zen e dal luglio in poi Giustinian Cocco. Praeceptornm primus : di carte 35. Dal 10 gennaio al 22 marzo 1724. Secundus : di carte 107. Dal 4 maggio al 1° settembre 1724. Tertius: di carte 48. Dal 15 settembre al 22 dicembre 1724. Ex-traordinarioriiui primus : di carte 73. Dal 2 gennaio al 1° maggio 1724. Secundus: di carte 93. Dal 3 maggio al 30 agosto 1724. Tertius : di carte 60. Dal 3 settembre al 31 dicembre 1724. N. 807. Filza scritture di dentro e di fuori del 1724. Carte scritte 112. N. 808. Involto contenente: a) Lettere del 1724. Carte scritte 95. b) Testamenti ed esami dello stesso anno. Carte scritte 70. N. 809. Fascicoli sei. Podestà Giustinian Cocco. Praeceptornm primus : di carte 67. Dal 2 gennaio al 30 aprile 1725. Secundus : di carte 53. Dal 14 maggio al 31 agosto 1725. Tertius : di carte 58. Dal 5 settembre al 31 dicembre 1725. Extraordinariorum primus: di carte 60. Dal 1° gennaio al 30 aprile 1725. Secundus: di carte 75. Dal 1° maggio al 31 agosto 1725. Tertius : di carte 105. Dal 2 settembre al 31 dicembre 1725. N. 810. Filza atti à legge e sentenze del 1725. Carte scritte 122. N. 811. Cedole, lettere ed altre scritture del 1725. Carte scritte 218. N. 812. Fascicoli sei. Podestà Zuanne Renier. Praeceptorum primus : di carte 80. Dal 1° gennaio al 5 aprile 1726. Secundus: di carte 80. Dall'8 maggio al 30 agosto 1726. Nel mezzo del fascicolo è legato il processo Sabini, Fini, Del Bello, Grisoni e Prandis contro i fratelli Rnffini. Tertius : di carte 58. Dal 6 settembre al 18 dicembre 1726. Extraordinarioruni primus : di carte 94. Dal 2 gennaio a/1 3 maggio 1726. Secundus: di carte 99. Dal 4 maggio al 27 agosto 1726. Tertius: di carte 61. Dal 1" settembre al 31 dicembre 1726. N. 813. Filza atti à legge, cedule, stridori, inventarii et esami. Carte scritte 221. Anno 1726. (Continua) Prof. F. Majer. BIBLIOGRAFIA Baccio /Miotto. Codici capodistriani con particolare riflesso a un codice della Batracomiomachia. Estratto dall'«Archeografo Triestino» S. III. v. I (v. 30 della Raccolta). Trieste, Stai). Tip. G. Caprin 1905. In questo suo lavoro il prof. Ziliotto si occupa, come si rileva dal titolo, più specialmente della Batracomiomachia contenuta in un codice greco, in cui si trovano le orazioni di Isocrate irpò? Ayjjióvtxov, jtfò; Nv/.ovXia, Niv.oy.kf^ r; K'j-oo: (frammento) e la Batracomiomachia. Assoggettata questa ad accurato studio, che rivela nell'autore somma scrupolosità e diligenza, parla del codice cartaceo contenente, gli Erotemata di Manuel Moscopulo, alcuni frammenti del quale, appartenenti al codice stesso furono scoperti dall'A. in un corale al quale servivano da rappezzi («Pagine Istriane» I 1903 n. 11-12), quindi dopo aver descritto un altro codice, nel quale si trovano i salmi con brevi scolii accenna acl un frammento rilevante da lui scoperto, che pare tratti della vita di un martire žav.Tj).., e eh' egli non ebbe tempo di studiare. Questo frammento si trova nella biblioteca dei Cappuccini, gli altri codici nel convento dei Francescani di S. Anna. Tratta poi di due altri codici latini, che si trovano pure a S. Anna e precisamente 'Excerpta Liviana e Leonardo Aretino' e 'Frammento di Seneca tragico' ; chiude col codice Miscellaneo (Codice Borisi), appartenente alla Biblioteca civica di Capodistria, il quale contiene fra altro opere di Pier Paolo Vergerlo e di Leonardo Aretino e fu descritto da Tomaso Luciani in una lettera al Dr. Pietro de Madonizza, clie lo donò al Municipio. Benvenuto sia questo studio che dimostra 1' encomiabile zelo dell'A. nell' illustrare tutto ciò che riguarda la nostra provincia, la quale sebbene piccola e di relativa importanza non restò mai addietro quando si trattò di promuovere gli studi classici, che sono la base della nostra civiltà. I codici greci e latini, che si trovano a Capodistria sono la più bella prova che in questi paesi gli studi classici non furono trascurati. E gii archivi nastri sono là a dimostrare quanto interesse prendessero i nostri maggiori per 1' istruzione in ogni tempo. Nella tornata del consiglio di Capodistria 28 agosto 1496 trattandosi della nomina di un pubblico precettore, alla proposta furono premesse le seguenti parole: Sempre questa cità a costumado de contitir in servitìj suj quellj più doctj et excellentj preceptorj che hanno possuto liaver : che sta cossa non mancho laudabile che fructuosci e caxon potissima che molti ne sono reusiti doclissimj cum non mancho honor, et utilità loro de quel eh'e sta: la exaltation de questa cità : (Archivio Munic. n. 536 c. 44). E ciò avveniva in molte altre città. Non è quindi fuor di luogo richiamare 1' attenzione dei giovani a studi di tal fatta invogliandoli a ricerche che illustrino il nostro passato. F. M. Dr. Artur Gavazzi. Die Seen des Kcirstes. Erster Teil. Morphologisches Material. In «Abhandlungen der k. k. Geographischen Gesellschaft in Wien». V Band, N.° 2, Wien 1904. II dott. Arturo Gavazzi, professore di geografìa e storia al ginnasio di Sussak (Croazia), nello splendido suo lavoro che ci sta davanti parla a lungo anche dei principali laghi della Venezia Giulia. Data l'importanza dello studio, abbiamo deciso di far del medesimo un riassunto piuttosto esteso, tanto più che la rivista che lo contiene è accessibile a ben poche persone. E lago di Doberdò1) presso Monfalcone giace in una depressione cinta all' intorno da pareti e colline calcaree. E alimentato da parecchie sorgenti che si trovano al margine Nord-Ovest e da due nel fondo del lago ; 1' acqua che sgorga da queste sorgenti è fresca e potabile. Lo scaricamento avviene per mezzo di una serie di fori («ponori»), esistenti a Sud-Est ; uno di questi à una profondità di 10 m. ed un diametro di 15. Si crede che 1' acqua che in tal guisa viene inghiottita ricomparisca, almeno in parte, nel laghetto di Ferruglio, 1 km. circa più a Sud. Il lago di Doberdò è periodico, cambia cioè di livello a seconda delle stagioni. Esso à un' area media di 0 36 km.2, una lunghezza di 1-21 km. e una larghezza di 0 41 ; à una profondità inedia di 1-7 in. (il punto più profondo è di m. 2-2). l) Slov. Doberdob (= buona quercia). Per la letteratura confronta anche: T. Taramelli, Cenni geol. sul circolo di Gradisca. In «Annali del R. Istituto tecn. di Udine» 1871 e v. Czoernig, Das Land Giirz un d Gradisca. Wien 1873. Il lago dell'Arsa *). Ai piedi del M. Sissol dalla parte di ponente s' estende una vasta conca, con un' inclinazione da Nord a Sud. Corrispondentemente all' inclinazione, la parte superiore della conca è palude, la inferiore è ricoperta dalle acque del lago dell'Arsa o di Cepich ; fra mezzo vi è un territorio «anfibio», di una larghezza di 300 ni. circa. Il fiume Arsa fu il naturai scaricatore del lago, prima chele alluvioni dei torrenti di Pos-sert e di Tupliaco non avessero interrotta ogni comunicazione fra il fiume ed il lago. La valle di Fianona ò la continuazione stratigrafica della «cornila» di Cepich, non già la orografica o la idrografica, che, come dice il Tara-melli2), il dosso di Chersano («la Grisa») non presenta alcuna traccia per cui si possa supporre che le acque del Iago si scaricassero per di là nel Quaruero negli ultimi periodi geologici. L' attuale emissario del lago è costituito da un foro di scaricamento, sito nel suo t'ondo alcuni metri dalla riva meridionale; 1' acque che da esso vengono inghiottite si versano molto probabilmente nel golfo di Fianona ; ad Ovest c' è poi un canale artificiale che congiunge il lago al fiume Arsa. La massima profondità è di ni. 24, la media di 0-9 appena. L'area è molto incostante, in causa delle oscillazioni del livello ; secondo i calcoli dell'A. essa ascende a 8'18 km.2; mentre secondo la carta speciale essa è solo di 6-58 km2. Il lago di Njivice3) presso Castelmuschio (Veglia) giace al confine fra la depressione longitudinale eocenica che solca 1' isola e il territorio calcareo occidentale. Esso viene alimentato da una sorgente permanente e da alcuue periodiche. Il lago è una «cripto-depressione», il suo fondo giace cioè al di sotto del livello marino (circa 55 m.). L' area è soggetta a non poche oscillazioni a seconda delle stagioni ; essa ascende a 0-74 km.2 circa. La profondità massima è di circa 10 m., la media di 3-5. i Ilo scarico del lago provvedono due fori ad occidente, che sono quasi del tutto otturati ; si crede che le sue acque stieno in comunicazione con una piccola sorgente presso la rovina «Caprìcio», alla costa occidentale dell' isola di Veglia. Il lago di Vrana *) è una profonda depressione ovale nel mezzo dell' isola di Cherso. Le nude pareti calcaree che lo circondano da tutte le parti sono ad oriente ed occidente assai inclinate. L'origine della depres- si Confr. anche: T. Taramelli, Descrizione geognostica del margraviato d'Istria. Milano 1878. F. Viezzoli, li lago di Cepich in Istria e il suo emissario. «Riv. Geog. Italiana» II. Dott. Largaiolli, Notizie fisiche e biologiche sul lago di Cepich. «Programma del ginnasio reale di Pisino» 1903-04. Parenzo 1904. li. dott. lìenussi, Manuale di geografia, storia e statistica della Regione Giulia, Parenzo 1903. G. Stadie, Die Eocengebiete in Innerkrain un Istrien. Jahrbueh des k. k. geol. Reichsaustaltes XIV, 1864, II Folge. 2) Descrizione geognostica ecc. pg. 61. 3) Oltre alcuni dei lavori su citati vedi anche L. Waagen, Die Insel Veglia. Verhandlungen des k. k. geol. R. A. Wien 1902, pg. 68-69. 4) Confi-. I. It. Lorenz, Der Vrana-See auf Cherso, Petermanns Mitteil. 1859, e E. Mayer, Der Vrana-See. «Mitteilungen» der k. k. Geosraphisehen Gesellschaft in Wien 1873, XVI. sione è senza dubbio tettonica. Il livello anche di questo lago è soggetto a delle oscillazioni periodiche; il suo livello normale è (li 14 in. sulla media marea. La profondità massima del lago è di 77T) in., la media di 39'2H ; nell' angolo meridionale il fondo si inabissa in un baratro imbutiforme di 84 m. sotto il livello del lago e 70 sotto quello dell'Adriatico. Il lago à un' area di 5'56 km.2 e un angolo d'inclinazione di 5°23'. Secondo il Lorenz ') 11 lago di Vrana viene alimentato da una o più sorgivo esistenti nel suo fondo ; che, se le sole acque piovane a ciò servissero, non solo la sua temperatura dovrebbe essere più alta (per lo meno eguale a quella del mare) ma anche il livello nell' estate e nell'autunno dovrebbe abbassarsi visto che fra il giugno e 1' ottobre le piogge sono rarissime siili' isola di Cherso. Il Mayer2) e con lui il nostro A. sostengono invece che il lago venga alimentato dalle acque piovane, che cadono sulla sua superficie e sulle alture circostanti ; due sorgenti alla riva settentrionale versano anche copiose acque nel lago. S' è anche in dubbi sulle cause di certi dislivelli della superficie, di oltre 3 ni. L'A. ci promette d' occuparsi un' altra volta della temperatura del Iago; forse allora potremo udire il suo autorevole giudizio su tali questioni non schiarite ancora. Nel capitolo che riguarda i «bacini occupati periodicamente dalle acque» 1' egregio A. descrive alcuni di questi, situati nella Cicoria e sul-l'isola di Veglia. Prima di finire diremo ancora che al testo vanno sempre accompagnate delle carte topografiche a scala molto grande, le quali orizzontano molto bene il lettore sulla forma, la profondità e i dintorni dei laghi descritti. Pietro Montanelli, II movimento storico della popolazione di Trieste. Trieste, Balestra 1905. Scopo del lavoro, lo dice 1' autore stesso nella prefazione, è quello di giovare aj>'li studi storici della sua città natale, scopo, che secondo il nostro modo di vedere è completamente raggiunto, che coloro i quali d" ora in avanti s' occuperanno di storia triestina troveranno in questo lavoro abbondante messe di notizie storiche o statistiche. Il lavoro è preceduto da un capitolo sui censimenti di Trieste, dall' epoca romana tino ai giorni nostri; censimenti por lo più imperfetti e non sempre atti a dar un esatto concetto delle condizioni demografiche del paese; il primo censimento regolare e completo venne eseguito dall' I. R. Governo il 31 dicembre 18tì9 ed era informato ai criteri eh' erano stati adottati noi congressi statistici internazionali, iniziati nel 1855 (a Parigi), a inerito dell' insigne scienziato belga Quetelet. A questo censimento ne seguirono degli altri, nel 1875 (municipale), nel 1880, 1890 e 1900. Nei capitoli susseguenti si tratta del numero degli abitanti di Trieste attraverso i secoli ; esso fu vario in seguito all' avvicendarsi di periodi pacifici e periodi di guerre e di distruzione, di anni di pestilenze ed epi- 4) Opera citata, pg. 510-512. 2) Op. cit, pg. 245. demie coleriche e rt' anni relativamente sani ; la popolazione fu però sempre quella di una piccola città di provincia, non raggiungendo mai (tranne che all' epoca romana) le 10.000 anime e discendendo talvolta molto al di sotto di tale cifra (dopo la peste del 1512 Trieste contava poco più di 1000 abitanti !). La popolazione incominciò ad aumentare nel secolo XVIII, sotto il regno di Carlo VI, specialmente per 1'apertura del porto franco; questo aumento fu da principio molto lento, verso la fine del secolo s' accelerò : nel 1800 Trieste contava di già 20.000 abitanti (col territorio 27.000). Nel secolo XIX, durante il quale la popolazione si sestuplicò, abbiamo spesso dei periodi di sosta nell' aumento, talvolta perfino di decrescimento, in seguito specialmente ad avvenimenti politici ed a crisi economiche. Nel 1900 Trieste contava col suo territorio 176.383 abitanti. Interessantissima e importante anche dal iato geografico è l'appendice, nella quale si fa un raffronto tra 1' accrescimento di Trieste e quello dei più importanti empori commerciali europei. Da esso si vede come l'aumento della popolazione terg'estina non va di pari passo con quello della maggioranza delle grandi città europee, giacché mentre essa occupava nel 1870 in ragione della cifra della sua popolazione il 56.° posto, era retrocessa nel 1900 al 75.° posto. Dei principali empori commerciali europei, Trieste aumentò dal 1870 al 1900 solo del 45.7 °/0 la sua popolazione, mentre Fiume del 153.3 e Amburgo del 194.2. Anche delle 10 città maggiori dell'Austria Trieste offerse nel decennio 1890-1900 il minimo contingente d' aumento (il 13.4°/0, mentre Pilsen il 35.6°/0). Questo fenomeno va ascritto, secondo il nostro autore, al parziale deviamento dei traffici del Levante e dell' Eg-itto, che un dì prendevano quasi esclusivamente la via degli scali settentrionali dell' Adriatico e del Mediterraneo, mentre presentemente si dirigono verso i porti del mare del Nord e del Baltico, protetti da noli e tariffe tali da compensarne le maggiori distanze. Il bel lavoro del Montanelli contiene anche 4 diagrammi, 2 tabelle statistiche e 13 documenti inediti. A pag. 143 troviamo la seguente tabella che di certo interesserà i nostri lettori : Città 1870 1900 Aumento popolazione in migliaia proporzionale Roma............ 245 463 89-0 »/„ Milano ........... 262 495 88'9 »/„ Catania........... 85 149 75-3 % 58-5 o/0 Torino ........... 212 336 Genova .......... 160 235 46 9°/0 Trieste (escluso l'altipiano e il presidio)....... 116 169 45-7 o/0 41-6 % Palermo ... ....... 219 310 Messina........... 112 150 33-9 % Bologna........... 116 152 3l-00/o 25-6 o/o Napoli............ 449 564 Firenze........... 167 206 23'4 o/0 Venezia........... 129 152 n-80/o fi. Domenico Ve.ntu uni, direttore — Carlo Priorv, editore e redattore responsabile. Stab. Tip. Carlo Priora, Capodistria.