ANNO VII—N. 16. ..'e., ni Ti'.;/., Sabato 17 Aprile 1852 i ii . w} Esce una Tolta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestrein proporzione. L'abbonamento non va pagato nd altri che alla Redazione. Chiesa di S. Michele in Monte di Pola nella quale era la tomba DI SALOMONE RE DI UNGHERIA. Nell'anno decorso al N. . . avevamo annunciato il rinvenimento della lapida che copriva la tomba di S. Salomone Re di Ungheria morto in Pola, e la notizia ripe-tevasi in molti giornali, forse non meno di noi desiderosi di avere altri risultati dallo sterramento della chiesa di S. Michele in Monte. Altre notizie di cose rinvenute oltre quelle già per noi pubblicale, non giunsero a noi, e dobbiamo per ciò ritenere che con quelle si chiuda ogni speranza di ricuperare anticaglie. Alle quali volgendo il pensiero per quello stato nel quale si trovavano, diamo incisa la pianta di quella chiesa, come la troviamo segnata nelle memorie raccolte in gioventù nostra. Due erano le chiese sulla sommità del colle di S. Michele di Pola, abbinate per modo che dall'una all'altra vi era comunicazione interna. Di chiese binate non è raro l'esempio, per tacere di altre provincie e città, e rimanendo entro i confini della provincia diremo che in Pola il duomo era binato, 1' un corpo di chiesa essendo su quell'area ed in quelle dimensioni nelle quali si vede l'odierno duomo; l'altra chiesa alzavasi su quell'area che oggidi è occupata dalla cisterna; separato l'un corpo dall'altro da non largo interstizio. Ancor oggidì la sacrislia del duomo corre quan- to il corpo della chiesa che ju lolla; indizio che la stessa sacristia servisse a tutti e' due j',-corpi di chiesa. Il duomo di Pola è sotto l'invocazioné'toella Beata Vergine assunta in cielo, come anche deve essere delle chiese di cattedra vescovili, matrici di tutte le chiese dell' episcopato. Il santo patrono di Pola si era come si è 1' apostolo S. Tomaso, ed in onore di questo Santo alzavasi la chiesa che stava sulla cisterna diroccata dopo il 1600. Noi propendiamo a credere, che si ergesse a lui apposita chiesa, perchè l'altra volevasi riservata alla Beata Vergine assunta in cielo. Anche in Trieste il duomo era binalo; allato al corpo principale di chiesa, e che era il più antico, esso pure in onore della Beata Vergine assunta in cielo, alzavasi altro corpo in onore di San Giusto, di S. Servolo, destinato ad accogliere le spoglie terrene di altri santi martiri: corpo di chiesa che suppliva a quella cella sotterranea che esisteva nel duomo di Capodistria, che esiste nel duomo di Cittanova, che esisteva od esiste nel duomo di Pedena, ma che certamente non fu mai nel duomo di Pola, nel duomo di Parenzo, nel duomo di Trieste. Anzi la mancanza di siffatta cella sotterranea, che dicevano martirio, confessione, ed in lingua volgare, lo scurolo, manifesta perchè altre chiese sorgessero allato ai duomi in onore dei Santi protettori. Il duomo di Parenzo non ha chiesa binata, non ha martirio; ma ha contigua al duomo cappella che dicono di Santo Andrea, foggiata a mausoleo, ricco già di mosaici nel piano e nelle vòlte, già destinata a raccogliere li avanzi di Santi Martiri patroni, ed accoglie ancora l'arca decorata nella quale si custodivano. Così di Parenzo medesimo può dirsi che il duomo fosse binato, sebbene il secondo corpo fosse piuttosto di cappella anzi che di chiesa. Non taceremo che presso al duomo di Parenzo altra chiesa vi era foggiata a mò di basilica ora incorporata all'episcopio, e convertita in usi profani; ma del duomo di Parenzo abbiamo desiderio e bisogno di parlare altra volta. Delle due chiese le quali stavano sul colle di S. Michele quella a mano diritta dello spettatore, era diroccala, nel tempo in cui la vedemmo, cosi che duravano soltanto le tre absidi, e le fondamenta delle muraglie. La disposizione era a mò di basilica in tre navate separate da colonne che secondo calcolo dovevano essere quattro, e da afehi che di conseguenza sarebbero stati cinque; le colonne non più esistevano, bensì qualche tronco, che era di marmo. Le absidi, della forma che diamo nel disegno, mostravano indizi di essere state ricoperte di mosaici; l'esterno delle absidi non era a rettangolo come fu delle basiliche più antiche e per fino del secolo Yl in Istria, non erano a semicerchio come di molte altre abbiamo veduto, ma a tre lati ; l'opera di muro era quale usossi nei tempi bizantini a piccole pietre regolari quasi fosse a grandi mattoni. Le quali cose ci guidano a ritenere quella basilica opera dei tempi in cui Pola fu sotto il governo degli imperatori bizantini fra gli anni 539 a 789, nell'intervallo di 250 anni; però nella seconda metà di tale periodo, posteriormente all'edificazione del duomo di Parenzo che è dell'anno 540, della chiesa di S. Giusto di Trieste (non della chiesa della B. Y. Assunta contigua che era il duomo) egualmente di questo tempo, della sontuosa chiesa della B Y. Formosa, o di Caneto di Pola alzata dall'arcivescovo S. Massimiano nel 546. II colle sul quale s'alzava quella basilica fuori della città di Pola, era uno di quelli che più prossimamente circondavano ia città murata; il colle medesimo nella china verso la città era coperto da abitazioni che formavano le borgate esterne di Pola; così che dalla basilica posta sull'alto del colle libera era la vista sulla % aliata posta fra il colle e la città, sull'anfiteatro e sul teatro, sul porto, sul campo marzo dall'altra parte del colle; e di contro la basilica sul colle, surrogata forse a tempio pagano, posta frammezzo ed in altura fra l'anfiteatro ed il teatro, era di bel ornamento ai dintorni di Pola che in giro di colline la cingono. Fu detto di Pola romana, che coprisse sette colli al paro di Roma, e sarebbero stati questi, il castello o la città, il Zaro a' cui piedi stava il teatro, la Rena a' cui Pianta del Duomo di Trieste abbinalo alla Chiesa di S. Giusto. piedi stava l'anfiteatro, S. Michele in Monte, S. Martino il Mondipola, e S. Giovanni del prato grande, ove era il Campomarzo. La quale tradizione è fallace se si volesse che tutti questi colli stassero già entro la cinta della città; è vera se ridotta a ciò che le borgate di Pola s'estendessero sulle pendici di questi colli che guardano la città. Così la tradizione che Pola ad imitazione di Roma avesse i sette colli, è vera; altre città in colle avendo avuto altrettanto, e le colonie avendo voluto imitare la madre patria non solo nelle istituzioni civili; ma anche nelle parti materiali precipue che ricordavano la patria originaria; Pola fu antica colonia romana. Gli avanzi rinvenuti di antichità romane anche sulla sommità del colle non lasciano dubbiezza che vi fossero edifizj a tempi romani. - La basilica sul colle che per ignoranza del nome più antico dobbiamo dire di S. Michele, non era chiesa parocchiale, o plebanale, chè nel tempo di sua edificazione non vi erano parochie, nè poteva esservi plebania in parte sì prossima della città, nella quale al capitolo incombeva la cura delle anime. Nè pensiamo che fosse chiesa di monaci basiliani, e per essere quasi per entro 1' abitato, e per aversi notizia certa di altra abbazia che stava sull'isola di S. Andrea nel porto di Pola, e perché allorquando nel 1015 vi prendevano stanza i monaci ca- maldolesi duravano in Istria i monaci cassinesi, e due famiglie religiose non sarebbersi collocate in un solo chiostro. Anzi il vedervi due chiese binate, 1* una costrutta nel 1015 l'altra più antica, fa credere che la basilica fosse piuttosto titolo di qualche canonico di Pola, chiesa per quel suburbio, rimanendo tale anche quando i monaci ve ne costrussero altra in contiguità/che era veramente la chiesa claustrale. A//orquando vedemmo quella chiesa molte erano le rovine, ma in tale condizione da non poter si facilmente riconoscerle; v'era una cisterna che non ci sembrò allora romana. L'anonimo autore dei dialoghi sulle antichità di Pola, che pubblicammo nel 1845 in appendice alla guida di quella città, vissuto nel secolo XVI, dettò alcune linee su S. Michele in Monte che ci piace di ripetere — Ma non è manco ragguardevole fuori della città, S. Mi- chele in Monte, poiché così la chiesa per la maggior parte marmorea sostenuta da bellissime colonne dal mezzo e dai fianchi, et egualmente doppia di corpo e di cappelle colonnate anch' esse in bella foggia, come anche Io monastero di onesta capacità distinti in beli' ordine di chiostri, et altri luoghi alla vita monastica accomodati, hanno del maestrevole et grande, riscedendo a meraviglio bene sopra il vaghissimo colle della sua portura con la veduta di mare e di terra. Tacio li cortili, logge, appartamenti secondo le stagioni, et altri luoghi ci appaiono. esservi stati, et della bella cisterna che fin' ora di marmo in bel vaso vi si vede nel primo ingresso dei chiostri. Cotesto luogo è veramente stato bellissimo, poiché nello stesso scempio et desolatione nella qual hora si trova (per altrui malignità (come a me pare, più pre-stoche per l'antichità) porge ai riguardanti non poco diletto. — Non sapressimo dire a quale santo fosse dedicata la basilica, oltre alla Beata Vergine che è sempre titolo delle eh iese maggiori, il culto a S. Michele l'Arcangelo venne in grande onore in Italia, durante la dominazione dei Longobardi; il culto di S. Michele fu frequente in Istria, ed il nome di questo Santo basta quasi sempre ad accennare antico cenobio ; non azzarderessimo dire che non fu dedicata in origine a S. Michele. Ma certo si è che nel 1015 fu fondato su questo colle un cenobio di Camaldolesi, per regale liberalità, ed a quest' epoca dee ascriversi l'edificazione dell' altra chiesa sì diversa di forme che alzossi al lato sinistro della basilica bizantina, e che non esitiamo a dirla chiesa a S. Michele. La pianta mostra una sola nave le di cui muraglie non corrono paralelle ma vanno allargando come s'accostano alla porta d'ingresso. Della quale bizzaria, ripugnante ai canoni oggigiorno rigorosamente osservati nell'architettura, altri esempi abbiamo anche nell'Istria, non per adattarsi a forma strana di area, non per caso od ignoranza di artefici, ma di proposilo, e non senza risultato di effetto per la vista; non possiamo persuadersi che la forma in pianta abbia qualche significato, od allusione, ed appartenga alla simbolica sia claustrale sia soltanto cristiana. La navata chiudesi in abside a semicerchio nell'interno a trilatero nell'esterno, imitando la abside della basilica, allato all' abside principale stavano due cappelle, absidate pur queste e nella stessa foggia della principale, la comunicazione fra la navata e le cappelle era mediante due aperture larghe ad arco in muro ; eguale modo di comunicazione v'era tra S. Michele e la Basilica; le cappelle, il passalizio erano a volta di pietra. Nella incrociatura Ira la nasata maggiore e le cappelle eravi la trulla o cupola, la quale alzavasi dapprima in forma quadrata, poi ettagona ; a' tempi in cui vedemmo S. Michele la trulla era diroccata, rimaneva soltanto un muro dal lato dell' ingresso alla chiesa che presentava una sola facciata. La porta d'ingresso era a semicerchio; con postale rilevato, a decorazioni, il quale finiva nella parte superiore con due pioventi dal centro ai lati; concordi a queste linee erano quelle del finimento della facciala. La quale semplice all'intutto, per uniformarsi allo stile di altre chiese simili avrebbe richiesto due corsi di archi minori a colonnato quasi ambulacro, paralellamente alle lince che terminano la facciata ; ma cosi non era. All' incontro, e notiamo la singolarità, nel mezzo della facciata verso la parte superiore, sopra piano orizzontale erano collocati sette archetti disposti a modo che il centrale s'alza sse più che tutti, gli altri dechinassero a diritta e sinistra segnando nella sommità due linee paralelle a quelle del coperto che chiudevano la facciala. L'architettura improntata a quella che costumavasi in Italia nei tempi di decadenza fra il cessare dell'arte detta bizantina ed il sorgere dell' arte a sesto acuto era meschina quale i tempi; la santità del luogo soltanto, e l'uso per cenobiti camaldolesi la facevano se non gradita, venerata. In questa chiesa il Re d'Ungheria Salomone il quale deposte le cure del secolo, erasi ritirato in Istria a vita santa, preparava a sé la tomba, 'con quella modesta leggenda che registrammo in questi fogli, e nella quale scese nell'anno 1087, settantadue anni dopo costrutta la chiesa ; scelse l'Istria a suo ritiro, forse perchè un suo parente era allora Marchese. Così Pola vedeva sull'isola nel porto che ha nome dagli olivi, ma che dicevasi di S. Floriano, la tomba di Basparasane Re dei Rossolani venutovi nel 120 a vita privata; vedeva (se è vero il sospetto) sull'isola dei Brioni la tomba di donna uscita dal sangne reale di Cleopatra, venuta moglie ad un liberto di Claudio, ad Antonio Felice governatore della Giudea ; vedeva in S. Michele la tomba di un re, che ebbe gli onori degli altari. ALCCmi PODESTÀ' VENETI DI RO VIGNO ED ALCUNE MEMORIE PATRIE CONTEMPORANEE. RIEMPITURA. (Continuazione). Al 1507. (Donato Michiel.) — Sopra istanze di questo popolo, li Andrea Mocenigo e Lorenzo Orio Sindaci ducali emanavano da Pola li 23 marzo 1507 la seguente Terminazione, approvata dal Maggior Consiglio. Primo. Che i Podestà dovessero riscuotere dai Fon-dacchieri prima il Cavedal (Capitale) e poi le pene a loro spettanti, onde così il Comune potesse conseguir ciò eh' era suo dal Fondaco ; il che veniva trascurato, in pena di D.ti 100 per 1' Arsenal di Venezia. Secondo. Che si potessero esecutare i beni mobili dei Fondacchieri debitori, e poi i loro stabili ; e che non potessero prender frumento senza licenza dei deputati a ciò, in pena di D.ti 10, una metà per 1' accusatore, 1' altra per 1" eseguente. Terzo. Che li Cancellieri del Comune fossero eletti per un solo anno, e non confermati, in pena di D.ti 50 da essere applicati come sopra. Quarto. Che i Podestà non potessero secondo lo Statuto accettare vicini, che non dimorassero in Rovigno a loco e foco, in pena di D.ti 100 per il sudd. Arsenale. Quinto. Che i Podestà non potessero torre in questa contrada di Rovigno animali di nessuna sorta; che pagassero erbatico, come aveano cominciato a torlo per comune consenso gli animali dei fumigli, in pena di D.ti 100 per l'Arsenale medesimo. Sesto. Che quelli, che si fossero dati per vicini e non stessero a loco e foco, fossero dai Podestà mandati fuori di questa terra e contrada, in pena di D.ti 100 da essere applicati come sopra — le quali multe dovevano essere riscosse dagli Avocati e Sindici del Comune. Al 1541-42. (Marc'Antonio Loredan.) — Fece pubblicare, sedendo prò tribunali sotto la piccola Loggia del Comune il giorno 4 gennaio 1542, la Terminazione Gisi, Gerardo, e Barbarigo Sindaci di Terraferma 13 dicembre 1541, che schiariva dietro doglianze di questo Comune il Capitolo dei danni dati, eh'è nello Statuto a carte 12 tergo, circa gli animali da lavoro, i quali dovevasi ritenere più di due introdotti a pascolare nella piccola Fi-nicla, per essere soggetti alla comminata pena. (V. sotto 1554 n. 1.) 1545. (Depenno questo mill, è il Podestà, per essere stato per isbaglio riportato, e q. sotto 1645.) Al 1545-46. (Zuanne Longo.") 1. Con Ducale Pietro Landò dei 27 luglio 1545 veniva approvata l'elezione ed aggregazione fatta li 6 aprile p. p. da questo Comune nel suo generale Consiglio dei nobili (cittadini) -di Domenico qm. Lorenzo Bichiacchi al numero degli stessi. 2. In luglio 1545 accadde incendio nel bosco della Fratta sopra questo territorio di ragione del Magistrato alle Legna e Boschi, come rilevasi da Terminazione del suddetto Magistrato del dì 8 agosto di quell' anno, con cui proibivasi il taglio sino ad ordini in proposito. Al 1554. (Stefano Trevisan.) 1. Sotto la sua reggenza ai 7 aprile 1554 fu emanata in Rovigno la Terminazione Bragadin e Landò Sindaci generali di Terraferma sopra istanza di questi agricoltori, con la quale veniva approvata l'Aggiunta al Capitolo dei danni dati dello Statuto contro animali di qualunque sorta danneggiami i luoghi fuori d'elle Finide, seminati di frumento e di altre biade, ove si condannavano i padroni degli animali al risarcimento del danno, e alla pena di soldi 4 di giorno, e di soldi 8 di notte, ie i forestieri al doppio, j però fino al n. di X, ed eccedendo, di soldi 40 per ogni chiappo (branco), anche trovati nelle vigne, sebben non circondate. 2. Con altra Terminazione dello stesso giorno, confermando quella di Gisi e Colleghi Sindaci preces- ! sori, 14 dicemdre 1541, dichiaravano a ricerca di que- j sto comune, non potersi tor pena alcuna neppur di fa-rine, come in allora riscuotevasi di soldi 4 per lira dai j debitori verso il Fondaco, sotto pena di D.ti 200, come ! in detta Terminazione. /i v. ... Al 1592-93. Lo stesso Proveditore (Àlmorò.Tie- ' polo) da questo Porto (d'Arbe) li 11 novembre';il593 stabiliva sopra istanza di questi pescatóri non' più Adi 10 libbre di pesce per barca potesse avere' il Podestà a un soldo alla libbra, e il Cancellier e il CaValier (sbirro) sei mesi a soldi due, e gli altri sei a soldi uno di meno alla libbra degli altri. . .'"* Al 1597. (dopo provigioni) cioè' arcobusi 100, mo- schettoni 30 con tutte le sue munitioni ordinarie, * e alabarde 50, con altrettanti murioni. 1599 .... (alla memoria prima aggiungasi). Sembra che i suddetti Patriarchi avessero in Rovigno propria abitazione per il tempo di visita come avevano posteriormente i Vescovi di Parenzo a quest'oggetto la Canonica; poiché sopra due contigue case antichissime, ora ai civici n.ri 43, 44 in contrada della Caserma, vi è stemma patriarcale, cioè in fondo dello scudo il Mondo con fascia orizzontale e quatro rose, una per campo, e sopravi la Croce a due braccia. E in uno dei due stemmi vi sono ai lati inferiori dello scudo le lettere A. B. (anzi la linea perpendicolare della seconda è corrosa sì che non si distingue); iniziali certo del nome di qualche Patriarca. 1645. (Giov. Paolo Balbi.) Per le occorrenze di questa Piazza con Ducale Francesco Erizzo 11 agosto venivano consegnate armi e provigioni sopra istanza di questo Comune al Nunzio Venjramin Sponza ; cioè moschetti 200, pólvere migliaja due, piombo migliaja due, stoppa libbre mille, due falconetti, e due petriere. AGGIUNTA ALLA RELAZIONE della vita e del martirio dell' esimio P. Tristano d* Attimis. (V. il N. y. a. c.) La nobilissima famiglia Attemis di Attimis è ora estinta; degli ultimi fiori di quel ramo era la contessa Tranquilla, sposata a un conte Strasoldo di Joanniz, e però antenata ed ava dèi viventi e abitanti in quel villaggio conti Giulio e Marzio, ed essa era sorella del missionario e martire Tristano. I predetti conti fratelli in Joanniz possedono e custudiscono con venerazione due preziosissimi oggetti, da considerarsi quali reliquie del loro santo parente, e sono : una lettera [autografa del medesimo, e la parto invernale pel Brevario di cui si serviva allor che fu preso per essere martirizzato. Questo secondo oggetto, che avvera la narrazione, ove ,dice del suo arresto in Com-ko gli 11 dicembre 1747; fu dal Padre Canonici Gesuita donato alla sullodata contessa Tranquilla Strasoldo nata Attemis di Attimis, affichè ella avesse una santa memoria del suo santo Fratello. N' ebbi or ora l'informazione dall' ottimo Padre Pio-Giuseppe Gasparini ex-Domenicano, Sacerdote domestico presso i nobili Conti Fratelli sunnominati. ->'• i . J: > ' : T •■■■'.: «.i.'sllìttf! «: •• • ••"!./'? .«'h; r !.•<./• • Gorizia, 5 aprile 1852. ' • G. B. Vatla. -,» t: • ■■'■' -'i ... < .: '!' (Vi : •> Anno 1222. Die XIV exeunt deoemb. Indict. X. Pirani. Vendita di porzione di casa e fondo in Pirano vincolata a fondazione di Ospitale♦ . ; (Da Autografo dell'Archivio Municipale di Pirano). In nomine Domini Dei et salvatoris nostri Uni. X. Anno Domini millesimo CCXXII. Die XIV excunte mense X.bri. Indictione X. Actum in Castro Pirano. Scripsi ego Almericus Notarius de Castro Pirano rogatus et petitus. Dominicus filius Petri Murari in simul cura Piliza uxore ejus constat eos ab hodierna die vendidisent et vendiderint atque tradisent et tradiderint vobisque Pirine uxori Manesclavi et a Fiori uxori Mirse nec non Ricarde uxori Venerii de Topga. Atque Vecele uxori Dominici Rosol hoc est medietas de casa et tota caneva cura integritate et duas partes de curia vel de terra que nobis pertinet in Castro Pirano in confinatione que dicitur porta de Campo. De illa medietate solario et tota caneva sine divisione et duas partes de curia vel de terra uno latere via publica. ab alio, et a tertio, et a quarto quoque Iatere terra ostiarii Eccl.e S. Georgii de Pirano de qua vero de illa caneva et medietas de solario et duas partes de curia que superius legitur, et quantumcumque infra in propris designatis lateribus que nobis pertinet pote-state Yobis tradimus a die presente taliter quod dietam canevam et medietate de solario cum duobus partibus curie debet fieri Ospitalem honore Dei et pauperum in perpetuum. Et alico tempore si vo-lueritis transatare alicui istas causas vos prenominatas emtrices vel aliquis de subeesoribus vestris vel aliqua persona tunc dietam caneva et medietatem de solario et duas partes de curia debet reverti in potestate mea vel de meis subeesoribus sine nullo precio et sine nullo tenore nos emiten-tes hec confitemur et nos prenominati venditores liberam hac firmisimam nobis exinde in omnibus tribuimus potestatem tali modo sicut predictum est. Precio enim placito et definito hac de presente coram testibus non profesi sumus quod jinter nos bone pacis nos convenisent et convenerint. Idem precium quod fuit p adpreciatum ad libras Veneciarum VII tantum nam profitemur nos dieti venditores de predicto precio in debitum nichil remansise et si quocumque tempore nos prenominali venditores vel aliquis de propinquis nostris nec non extraneis vel aliqua submisa persona hominum qui contra liane nos re vendicionis cartulam ire len averit aut per aliquod ingenium corumpere voluerit aut molestare vel frangere presumserit aut nos varentare vel difensare non potuerimus vel nolluerimus fiamus coposituri vobis suprasoriptis emtricibus vel vestris heredibus vel subeesoribus auri optimi libram unam. Salvo pacto quod superius scriptum est. Et hec cartula nostre vendicionis in sua permanent firmitate. Actum in castro pirano. Signum manus prenotati Dominici cum consensu uxoris ejus pilice qui liane vendicionis cartulam scribere rogaverunt. Signum manus pelri de vccelo testis. Signum manus Warnerii filii Alberici testis. Signum manus Wallrami filii Aurei testis. Ego Almericus Notarius interfui qui hanc vendicionis cartulam manu mea propria scripsi compievi et roboravi. Anno 1254♦ XIII. exeunt. Sept. Ind. XII in plano de Selula prope l'iranum. Revisione di confini fra Pirano ed Isola. (Da autografo dell'Archivio municipale di Pirano). In nomine Domini Dei eterni anno Domini millesimo dueen- tesimo quinquagesimo quarto. Indictione duodecima» actum iu plano de Setula die terrio decimo exeunle mense Septembris, presentibus Domini Orlando de Monte longo, Bonifacio do Cavazola. Warnerio zilagi, pelro napponis. zanino quondam domini marci. Pappone quondam domini marci, pappone quondam joannis polloni justinopoliUni. Marco CliulTo de Cha-nareglo comito lingni de pirano. pelro matalono de contrata sancii appolinaris Dominico banbriza de chanaraglo, de Yenetiis, Almerigolto de Umago. Andree de cedulo, andree de albiza ejusdem loci. Jo-hanne de cario. Johanne secugla. pe'ro de milisenda. Matheo de sclogla. de bulleis et aliis adhibitis testibus rogalis. aslantibus vero Grimaldo de Stofiania consule Insule. Wecelo de Waldo. Armanno de India. Waltramo quondam zanini. Barono. Venero paysane de Insula prò eorum comune, el Nazario Vicario, noi. Yichario Domini potestatis Joanne mazarolo. petro appollonii. Johanne scorgna. Dominico de Petiogna. de pirano prò eorum comune. Nos quidem Landus de monte longo poteslas Juslinopolis atque pirani judex delegatus Domini G. de monte longo. dei gratia sancte sedis aquilegensis electo se-cundum quod apparebat per cartam Wallerami. nolani factam sub anno domini millesimo ducentesimo. quinquagesimo quarto. Indictione duodecima, die quartodecimo excunte mense marcii. & auctoritate nominati domini G aquilegensis electi et auctoritate potestariarum Justinopolis et pirani. atque auctoritate Rictarie Js(rie coguoscentes de questione uuius territori! que vertebatur inter hominibus de pirano ex una parte petenlem. et hominibus Insule ex altera parte delTendentein. Un de super hiis visis privi-legiis. racionibus et allegacionibus utriusque partis deliberato Consilio quoruodam sapienlum Juslinopolis qui super hoc licentiain dedcrunl illam questione«! de terminandam et finiendam perracionem vel per concordium. Ila dilfinibus pronunciamus et sentenciamus prò bono pacis et concordie, secundum quod lenet concernam a capile pili de Caurigle versus solem orluminquo est arborem unam cum cruce signalam debeat esse de insulanis. et versus occasum solis a capile vinee ambrosii filii Johannis boni vini de pirano debeat esse de piranensibus. et de inde vadit ad arborem crucem liabentein per campum mericii de Adalgerio rema-nendo arborem insulanis apud campum Waltraini de Simono de Insula, et vadit per ipsum campum ad lapidem fictam. el de inde transitetvaditadaliam lapidem fictam, superius, et vadit per campum Dominici de paysana de Insula, el de inde vadit ad maseram campi petri de bena etperillum campum Yadit ad crucem incisam in uno zoco apud mutam el vadit ad aliam crucem incisam in arborem in campo ipsius petri, te vadit ad aliam crucem que est a capile masere a capite campi predicti petri, versus meridies. et de 'nde vadit ad arborem cum cruce signatam que est a capite vince Johannis fdii petri malveci. et de inde vadit ultra supra pilam casarole ad arborem cum cruce signalam in maserato apud aram campi adalgerii Widertamani de Insule, et de inde vadit ad arborem cum cruce signatam in masera campi aldigarde Johannis maroni de Jnsula in aurigo. et de inde Yadit ad crucem arboris fichi in pilo de maleo et vadit ad crucem arboris apudcampum domini andree de degna de insula et de inde vadit ad crucem pirarum in campo Warnerii de adamo, et de inde vadit per campum paysane Wecele de sundo et vadit ad crucem arboris de subtus versus meridies, et de inde vadit ultra in capile pili Baroni versus solis occasum et de inde vadit ad crucem arboris apud fon'anammorticinam et de inde vadit ad zuchumparvum ad crucem pirarum, remanendo pirarium piranensibus. Ita tamen quod dictum territorium secundum quod designatum est et positi sun1 concernos versus solem ortum debeat esse de Insulanis prediclis. aliud vero territorium secundum quod designatum est et positi sunt concernos versus occasum solis debeat esse de piranensibus predictis salvo tamen jus domini Patriarchae et salvo jure proprietatis parcium predictarum "in dicto territorio habencium quo juste monstrare poiuerint. Precipientes partibus omnia predicta ita attendere et obser-vare sub pena tria milia librarum veneciarum. At si quis homo vel perdona specialiter transiret ultra cum laboratura teneatur in pena centum librarum veneciarum medietas cujus pene prediate de veniat Domino patriarche alia vero medietas parti observanti dietam sententiam. Ego Eppo Adalgerus Justin. Auctoritate sac. B (bertoldi) Marchionis not. et tuno comunis Justinopol. cancellarius hiis interfui et ut vidi sicut superbis legitur de mandato diet. pot, ita fideliter manuppa sua Ss. et roboravi