ANNO XXVI. Capodistria, i Novembre 1892. N. 21 LA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Od numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati Q\2.estion-i d.el gricrrxo (Continuazione vedi Numero 12 e seg.) Ciò premesso, tornando alla prima domanda, vediamo se le condizioni attuali della società in Italia siano tali da farci sperare un miglior indirizzo delle lettere nel secolo futuro. E se quelle appajono oggi a molti più tristi che liete, udiamo prima i lamenti e le profetiche nenie delle importune Cassandre. L'Italia, dicesi, è oggi esaurita, stanca, apatica. La questione finanziaria la preoccupa: e le tronca i nervi a tentar nuove imprese degne d' una potenza di primo ordine. Le vien meno perciò ogni giorno la fede nelle istituzioni : il Parlamento un'accolta d'avvocati che si perdono in questioni bizantine ; quindi una politica di mezzi termini, di personalità senza larghe vedute, un fare e disfare, tanto da sbarcare il lunario : vivere alla giornata, ecco lo scopo, al futuro ci penserà la stella, la fortuna d'Italia. Agli entusiasmi dei tempi eroici è subentrata la sfiducia, e una grande apatia. Se vita c' è, questa si manifesta tutta in una smania incessante di feste più o meno rumorose : smania bottegaja di esercenti che tirano l'acqua al loro mulino per affittar stamberghe e vendere vino. Anche le cittaduzze di provincia, perfino le povere borgate inventano centenari, erigono monumenti di stucco e di cartapesta, spolverano pergamene per dare a credere a chi vuol cre4ere, avere avuto un celebre uomo la fortuna di nascere all'ombra del loro campanile. Che cosa volete aspettar di buono da una simile società? L'influenza esercitata sugli spiriti non può essere che deleteria. A tutto questo si aggiunga un altro, gravissimo male. Il giovane regimila il nemico in casa ; un pretendente che aspira ogni giorno, ogni ora a riacquistare il trono perduto, con tutti i mezzi (e sia pure platonici per ora) propri del suo augusto carattere e dell' altissima sua dignità. E il Sommo Pontefice, capo di milioni di credenti, sparsi su tutto il globo, non è uno di quei comuni pretendenti, che dopo aver tentato quà e là resistenza, messo il cuore in pace, va a condurre lieta vita altrove. No, giustizia a tutti ; egli è rimasto saldo al suo posto, all' ombra del sepolcro del maggior Piero, di cui si dice successore prigioniero, come crede, e solitario nella reggia più artistica del mondo, solitario, ma visitato a un suo cenno da pellegrini senza sarrocchino e bordoni, ma col marsupio ben fornitole una fede inconcussa, Perciò jP Italia deve star sempre al guardavoi e seguire una politica d'occasione e di mezze misure, avendo di mira non la propria grandezza, ma l'esistenza stessa la quale potrebbe essere quando che sia, posta ad un serio pericolo il giorno in cui 1' angelo sterminatore, invocato da molti anni invano a piè degli altari, avesse ad incaricare di questa bisogna, dei battaglioni stranieri (e non sarebbero certo i primi) chiamati in danno dell'indipendenza e dell' unità della patria. Conseguenza di questo ordine, o meglio disordine di cose è la scemata riverenza nel popolo alla legge e a suoi esecutori civili da una parte, e alla morale e alla religione dall'altra; due mali gravissimi che travagliano la società attuale, e serio pericolo, dal quale è tuttora oscuro assai come potrà guardarsi la nuova generazione. E per dire del primo, si ha un bel predicare che il cittadino deve- obbedienza alla legge e rispetto al Monarca; ma se alla lettera non risponde lo spirito, se i fatti distruggono le parole ; se questa legge dell' obbedienza imposta dal Vangelo è più teorica che pratica e solo annunziata così in concreto, ben poca anzi nessuna influenza può esercitare sul popolo. Quale trista impressione non deve produrre sul popolo per esempio, la costante omissione in tutte le pratiche del culto del nome del Principe che ci regge ! E che dire di quelle distinzioni casistiche e ridicole, per cui un atto d'omaggio concesso al principe in un dato luogo, gli è poi rifiutato a pochi chilometri di distanza in un altro, e nello stesso Regno a seconda degli umori bellicosi, 0 pacifici, intransigenti o tolleranti di chi comanda? Secondo alcuni fanatici di fatti Umberto I sarebbe sempre Re della Sardegna : i trattati, i plebisciti di tutta una nazione non sarrebbero nulla, e con questa ridicola, e costante negazione dei fatti compiuti, si tenta distruggere la storia, per rifare poi la carta d'Europa. Così nelle campagne specialmente si educa la nuova generazione, e si preparano i futuri amministratori della patria che a suo tempo soffocheranno il sentimento nazionale, e penetrati nelle scuole getteranno fuori della finestra i testi prescritti di storia, e imporranno al maestro (storico) di non insegnare quelle birbonate. E l'autorità ed il paese non se ne preoccupano intenti a feste e a cantar inni alla Stella confidente. E vi ha di peggio in secondo luogo nell'ordine religioso morale : sono sempre gli sfiduciati, 1 pessimisti che parlano. Visto essere impossibile conciliare questi due nobilissimi sentimenti del cuore umano : Dio e patria, si è creduto di ricorrere al mezzo pericoloso e violento di sradicare del tutto il sentimento religioso. Il clero stesso poi, adattandosi ai tempi, alla teatralità, alla smania di chiassi e feste, per tener viva come che sia un' aura dell' antica fede, più che ad un'istruzione che insegni ad adorare Dio in ispirito e verità, bada ad organizzare, comitati, a sostenere il partito cattolico ('due parole che fanno ai pugni ; il nome distrugge 1' epiteto) a celebrare, imitando i liberali, centenari; a diffondere la moda dei pellegrinaggi già condannati nel libro più santo e cattolico dopo il vangelo dalla sentenza del Kempis -- Qui multum peregrinantur raro sancti-ficantur. Tutto ciò, conchiudono, non può produrre che tristissimi frutti; e apparecchiare quindi una letteratura sempre più frivola e immorale, degna di una nazione apata, fiacca senza carattere, senza ideali civili e religiosi. Ma finiamola cou questi tristi presagi dei pessimisti ; e udiamo un po' anche l'altra parte, alla quale ci gloriamo benché vecchi, di appartenere con tutto l'entusiasmo dei giovani anni. Una nazione che nel breve volger di quarant'anni ha operato prodigi, se può anche concedersi il lusso e il piacere d'una voluttuosa dormitina, non può durare al lungo nelle molli piume ; e nell' ora del pericolo saprà balzare in piedi tutta, ed emulare l'antica virtù. E sia pure che troppe sono oggi le feste ; ma quando sono carnevali a scadenza di calendario, quando si celebrano per ricordare le glorie più pure della nazione ; o per riposare dopo il lavoro, inaugurando opere colossali ; quando come a Cremona recentemente si apre un ponte che costò milioni, trovati in questa Italia, che gli stranieri, e un po' anche noi stessi chiamiamo disanguata e fallita ; quando gli uomini illustri festeggiati si chiamano fra Paolo Sarpi e Cristoforo Colombo ; celebrato il primo in campo Santa Fosca sul terreno ove cade ferito di quel tal stile troppo bene da lui riconosciuto, col concorso di tutta Venezia, e dei sindaci rappresentanti le primarie città italiane ; salutato il secondo dal rombo fragoroso dei cannoni delle navi di tutti gli stati civili del mondo alla presenza di Umberto I. re d'Italia, tutta intangibile ; quando insomma le feste hanno questo scopo di mantenere vivo il sentimento nazionale, e si celebrano con 1' espansione, con la vivacità propria del nostro carattere meridionale ; allora anziché subirle mormorando, bisogna accettarle, e incoraggiarle come il mezzo efficace a vincere l'apatia di un momento e a preparare giorni migliori alla nazione, allo stato, alla letteratura ed all' arte. Ed alla morale ed alla religione pure. Perchè non si ha a temere troppo tle^-li sforzi de' nostri nemici, i quali vengono tutti paralizzati, soffocati da questi scoppi di vita nazionale. Giovano se non altro ad educarci* alla reciproca tolleranza, che è P espressione di un' altra moralità. Che danno volete ne abbia a risentire la patria da qualche cagnara rossa o nera non importa? I bianchi e gialli stendardi, i celesti e mistici gonfaloni alzati da mani imbelli, atte più a reggere smoccolatoi che vessili ; le sbandierate di tutti i colori, se traggono per un momento la gente iu piazza specialmente nei luoghi piccoli si eclissano tutte, al comparire di una sola bandiera nazionale, portata iu giro nel giorno di una festa civile ; e il popolo che si accalcava pur jeri a veder passar quelli, correva festante dietro una banda militare e ai battaglioni della patria. Si grida, si bestemmia contro governanti e amministratori, e e' è chi soffia nel fuoco, e manda la parola d'ordine; ina fate che si presenti un ministro solo di questo governo disanguatore che molti a parole detestano ; un deputato solo di quella camera che tutti deridono, e vedrete i buoni terrazzani andargli incontro gridando osanna e per poco, staccati i cavalli non ve lo trascineranno in carrozza. Se poi il capo dello stato, se il figlio del re galantuomo viene a visitare una città, allora non ci sono più partiti che tengono, allora tutte le voci si fondono in un grido solo : Viva il Re, viva Italia ! E tutto questo avviene, perchè la memoria di quanto si è fatto è sempre viva nella nazione ; perchè la patria ha un culto domestico, e i padri narrano ancora ai figli intenti le vicende delle battaglie a cui presero parte ; perchè i monumenti pubblici, e privati, i libri, i canti dei poeti, le storie, le canzoni popolari, le arti, l'aria stessa che respiriamo è piena, è satura, dirò così di vita nazionale *) Ben vengano adunque anche le feste instituite a conservare nel popolo queste sante memorie. Un solo pericolo c' è, e serio ; che il popolo, specie nelle campagne, dove vive il nerbo della nazione che lavora, ed è chiamato a difendere colla forza del numero la patria, abbia coli' andar degli anni a crescere dimentico di quanto si è fatto ; o peggio ancora che il popolo nelle città per la mancanza di sana educazione religioso-morale abbia a crescere corrotto, amante solo dei piaceri, e quindi egoista e pessimo cittadino. Ma a scongiurare questo pericolo ci pensano gli stessi nostri nemici, o per dire con più giustizia, quelli che pur troppo siamo oggi costretti a credere tali, giudicando tutti alla medesima stregua. Ed ecco i nostri asiliari : Gli intrasi-genti, e i sinceri credenti. E per parlare dei primi, finché ci saranno fanatici, i quali, invece di annunziare al povero popolo la buona novella, ricanteranno la stessa canzone del Papa re, e declameranno contro gli usurpatori sacrileghi, ed i rivoluzionari, finché la grande opera dell' unità e dell' idipendenza d'Italia voluta dai plebisciti si presenterà come il risultato di una seLta e di pochi congiurati ; finché, dico, quest' opera mostruosa e insieme ridicola di tentata dist.uzione del presente ordine di cose offenderà il sentimento nazionale, anche i semplici, anche gl'ignoranti, che dopo tutto sono pur forniti di senso comune ed hanno buona memoria, e furono testimoni del fatto, protesteranno, e sapranno benissimo distinguere, tra sermone e sermone, tra la parola di Dio, e la parola del prete gazzettiere. Certo tutto ciò è brutto e può recare delle tristi conseguenze, e scuotere in qualche debole mente le fondamenta della morale. Ci pensi chi deve, e non è qui luogo trattarne. Solo mi limito a dire che la cecità di ') La letteratura tutta porta questa impronta da Dante al Carducci ; perfino nei secoli più fiacchi. Anche nel 600 non sono rari i poeti che ebbero inspirazione patriottiche. Escludere il sentimento patrio vale quanto distruggere la letteratura stessa. Ne ho una prova recente in un catalogo di libri per la gioventù, edito da una tipografia salesiana a Roma ! Mio Dio che miseria ! Pellico e Bresciani, Bresciani e Pellico ; e pochi altri ridotti ad sum Serenissi JJelphtni alcuni intransigenti è tale e tanta, da far loro desiderare, orribile a dirsi, che il disordine si faccia ancora più grave, affinché 1' edifizio sorto, con tanta fatica, con tanti sacrifizi, con tante lagrime e sangue, vada tutto in sfacelio, e sia loro concesso di riconquistare sulle rovine della patria, il perduto potere. Buono per noi che a contrabbilanciare l'azione del farisismo rimane sempre l'efficace parola di tanti pii e sinceri credenti : parola timida, oggi, non ripetuta in aito; nè diffusa nelle colonne dei giornali; ma sempre efficace, se anche mormorata in segreto, perchè conforme allo spirito del Cristianesimo e alla coscienza dell' umanità : timida oggi, lenta, prudente forse an che troppo, ma che sarà un' altra volta proclamata sui tetti o nel giorno della sospirata riconcil azione, o quando col tempo, lentamente sbolliti di qua, e di là gli ardori, tutto riprenderà naturalmente il suo posto per la forza storica dei fatti compiuti e l'alterna vicenda delle umane cose. E allora se ne vedranno dei volta faccia ; allora chi più avrà gridato a sinistra, si sbraccerà a declamare a destra e con tanto più foga per guadagnare il tempo perduto, e perchè troppo era violento e con-tra natura l'antagonismo tra due sentimenti tra due amori che Dio stesso ha diffuso nel cuore dell'uomo: patria e religione, Dio e umanità. Ed ora è tempo' di tirare le somme. Spero non si dirà che mi sono dilungato dal segno. Come nell'eterna questione della lingua (e il nostro Ascoli P ha detto benissimo) la lingua sarà quel che saranno gl' Italiani, anche in fatto di lettere, con poche riserve, si può ripetere — La letteratura sarà nel socolo futuro, quel che saranno gl'Italiani. Pesate poi prò e contro le adotte ragioni parrai si possa conchiudere,, che, migliorata la società, anche la letteratura nè sarà condegna rappresentante. Forse si farà, come temono molti, e come un po' temo anche io, qualche passo indietro, forse saremo ancora incalzati sull'orlo del precipizio ; ma l'Italia ne ho ferma fede, saprà a tempo ritrarre il piede. E in ciò mi cresce fiducia la fede nell' umano progresso. La mia generazione ha assistito, ai più grandi avvenimenti del secolo, è stata testimonio di fatti strepitosi, ha aperto l'animo ad ardite speranze, ha traveduto la pace universale ed ha sofferto poi dei grandi disinganni. Non importa, l'umanità cammina, cammina sempre ; fa talvolta due, anche dieci passi in dietro, ma poi rinfrancata ne fa sei, ne fa trenta in avanti ; guadagna il tempo perduto, e si trova sempre più innanzi nel cammino, simile all'acqua di ampia e maestosa riviera che talvolta s'insinua fra terra e terra e forma dei fondi gorghi che girano, girano, avanzano, indietreggiano, finché una corrente più forte scioglie le spume, rompe i gorghi, e gli spiana siili' azzura ed eguale superficie per correre alla foce nell' infinito mare. Perchè così succeda alla società nostra, perchè non si abbiano a fare troppi passi a ritroso, perchè la società e la letteratura siano degni del paese provveda la nuova generazione. E una cosa le stia a cuore anzi tutto : la conservazione del sentimento religioso quale mezzo efficace pel miglioramento della società, e quindi della letteratura. Si distingua per amor del cielo tra uso ed abuso ; non si prolunghi il malinteso, non si confondano i sinceri credenti con gli uomini di partito. Il cristianesimo a chi 10 studia con animo retto e col sincero desiderio di pervenire alla verità, apparisce puro e splendido di luce propria, sradica inveterati pregiudizi e s'impone, alla umana coscienza. Quale fatto più ammirabile nella storia! Sorto da umili principi conquista prima la plebe e la rialza dal fango ; vince i grandi e i sapienti, e rileva loru verità travedute ; si organizza e prudentemente si adatta ai bisogni e alle costumanze sociali; il mondo romano l.'ajuta ad espandersi, l'ellenismo gli presta la sua dottrina filosofica, non perchè il vangèlo ne avesse bisogno, essendo tutto compreso* come in germe nella primitiva istituzione, ma a rendere più facile più adatto lo svolgimento di un' altra dottrina. Così la mente e 11 cuore di tutti trovò in questa riposo : la mente illuminata, il cuore sicuro per la speranza che sanziona le nostre aspirazioni; così furono rilevate verità travedute solo dalle menti più nobili, o timidamente e sotto il velo di simboli oscuri annunziate prima alle caste ; così la terra ebbe pace col cielo e l'umanità si maravigliò di trovarsi naturalmente cristiana. Fu una divina armonia un accordo perfetto di tutte le facoltà : l'arco baleno dopo la tempesta si svolse ampio sul firmamento, e parve riunire la terra al cielo ; e voci arcane ne piovvero in tutti i cuori : Gloria a Dio nell' alto dei cieli, e pace in terra agli uomini del buon volere. Ed è un caro saluto ; una voce che non viene mai meno, e desta simpatie profonde anche oggi nei cuori. Dopo diciannove secoli è sempre fresca risonante, come sotto il limpido cielo della Palestina; testé la scienza l'ha mandata sulle ali del telegrafo, attraverso l'oceano dal nuovo al vecchio mondo ') come la parola più bella, la novità più degna di essere divulgata anche dalla società bottegaia, prima dei listini di borsa, perchè in sé come in germe comprende tutte le altre novità, frutto della scienza e dell' umano progresso. Tutto ciò rammentando si sente il desiderio di esclamare in un impeto di sdegno : E che cosa ne hanno fatto gli uomini di questa sublime dottrina ? Come l'hanno conciata! Quindi ne viene l'apatia, la confusione delle menti, e peggio ancora l'arrabattarsi di molti per trascinare 1' umanità su nuove vie. Certo sono a condannarsi certi lampadini portati in giro di qua; ma non minore il danno dei triangoli e pentagoni adorati nelle mistiche loggie di là ; per quanto il frequentarle rechi oggi improvvise e immeritate fortune! Questa è adunque, senza altri discorsi la questione urgente. Rialzamento del sentimento morale e religioso per migliorare la società e possedere quindi nel secolo nuovo una ricca letteratura, senza pregiudizi di scuole e di chiesuole, solo intenta ad innalzare il tempio del bello, quale uno slancio sublime dell' a-nima verso l'ideale e la conquista del buono. (Continua) P. T. _'s'-i^SgJS57®----- INDICE «ELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 8. Lettera al governo, di Pinguente 13 novembre 1558. Il capitano Giovanni Corner informa che il suo predecessore Angelo Malipiero, nel suo ritorno a Venezia, porta con se il conto "del scosso per lui delle dui per cento spettante all'offitio di quella per conto di cap.i di campagna tratti dalli datii affittadi nel tempo del regimento suo et di quarti delle condenason per lui fatte quali dice esser 1. 456.5., Lettera ai provveditori sopra le fortezze, di Pinguente 13 novembre 1558. Il capitano Giovanni Corner partecipa di aver mandato l'inventario delle munizioni a lui consegnate dal predecessore, il quale nel tempo del suo reggimento non riscosse alcun denaro spettante all'ufficio di detti provveditori alle fortezze. Lettera ai provisoribus salis della stessa data. Il detto capitano informa che Pinguente non è luogo ove si faccia sale per esser posto fra terra, e" che il suo predecessore non riscosse quindi denari- spettanti all' ufficio di quei provveditori al sale. Lettera ai gobernatoribus introituum della stessa data. Il capitano non ha trovato denari per conto del clero riscossi sotto il capitanato del predecessore Malipiero, non avendo il reggimento di Raspo tale carico. Lettera della stessa data. Il capitano annuncia non esser meato officio alcuno spettante a Napolitani (?) durante il governo dei Malipiero. Lettera con la stessa data ai patroni dell' Arsenale. 11 capitano informa che il suo predecessore non fece alcuna condanna in materia de roveri e però non ha lasciato denari per quel conto. Lettera della stessa data. Il capitano rende noto che il suo predecessore porta seco a Venezia lire 273.6 per lui scossi delti datii et affitti di Pinguente. Lettera della stessa data. Il capitano scrive al podestà di Dignano che nella cancelleria del capitanato fa presentara l'appellazione contro una sentenza da quel podestà pronunciata. Lettera della stessa data. 11 capitano accompagna l' inventario delle munizioni che rimette ai Capi del Consiglio dei Dieci. Lettera del 22 novembre 1558. Il capitano officia il luogo _ tenente di Lupoglao a invitare certo individuo della sua giurisdi. zione che debba presentarsi nell' ufficio del capitanato per essere udito in certa questione. Quattro lettere, 24 novembre 1558, del capitano al podestà di Dignano risguardanti le appellazioni di quella città. Lettera del 26 novembre 1558. Il capitano prega il luogotenente del Friuli che voglia invitare il fabbro-ferraio Artico di Tarcento a presentarsi nell' ufficio del capitanato entro breve termine a cagione di certe differenze cou un tale da Verch. Lettera del 4 decembre 1558. Il capitano di Pisiuo Moscon doveva al contestabile Antonio Luguani certo deuaro che uou si decideva mai di sborsare. Se non che, trovandosi a Roviguo certo Galaso debitore del Moscon, il capitano di Raspo officia il podestà di Rovigno che ingiunge al Galaso di non pacargli uu soldo, ma di tenere il denaro presso di se sino a che i tribunali non abbiano giudicato. Lettera 10 decembre 1557. Gli abitanti di Sovignaco si dolgono che Giovanni Antonio Scampicchio tagliò legna uei loro territorio senza pagarle. Il capitano di Raspo lo invita di pagare veramente ovvero di presentare quelle eccezioni che egli sarebbe per ritenere giuste. Due lettere, 13 decembre 1558, al podestà di Dignano ri-sguardanti le appellazioni. Lettera del 14 decembre 1558 a Giovanni Lencovich generale (?). Giorgio Radolovich, suddito veneto e stipeudiario di Raspo, narra al capitano che conducendo undici cavalli carichi di biade furono trattenuti dal conte Nicolò Terzacens Francapano a conto di preteso credito che lui dice di vantare da un corvato abitante di Zara, come appare da lettera scritta al capitano predecessore del Corner. Il quale prega il detto Lencovich a restituire quegli animali, come ricersa la giustizia, visto che il Bado-lovich non è tenuto di pagare i debiti altrui, tanto più che simili rappresaglie non sono certo conformi alla mente dei Serenissimi Lettera ai Giusdicenti di Lubiana e al podestà di Rovigno ■circa il debito accennato del capitano Moscon. Citazioni varie a individui pertinenti ad altra giui'isdizione che non fosse il capitanato. Lettera ducale Lorenzo Priuli al capitano di Raspo Giovanni Corner, 2 gennaio' 1558, con cui rimette una copia della convenzione stipulata col duca di Ferrara circa il trattamento dti banditi, acciocché sia publicata auche nel capitanato e venga registrata fra gli atti della cancelleria. Altre citazioni come sopra. Lettera al capitano di Pitino, 23 febbraio 1559, che lo prega di restituire un cavallo tolto a Giorgio Iuanich di Draguch durante una rissa avvenuta in territorio dì sua giurisdizione dove il Iuanich non ebbe parte nè fu trovato colpevole. Lettera al zupano di Lanischia, 1 marzo 1559. Essendo bisogno di proveder di guardie da quali si possi esser avisati in ogni occorrenza che Turchi di nuovo uscissero fora, per conser-vation di sudditi, comandamo a vui Zupano di Laniscyia che debbiate comandar a tutti li vostri vicini et altri di tutte le ville del Carso in nome nostro che per rodolo debbano tutti un al giorno far diligente et buona guardia sul monte di raspo, ove e fatta la mieda di frasche per discoverzer se detti Turchi u-scissero fora, et vedendo ditti Turchi in qualche loco debbano immediate dar fuogo a ditta mieda, accio tutti li sudditi et vicini siano avisati, ad,vertendo però che non se dia fuogo in quella se turchi non fossero visti. Lettera ducale Lorenzo Priuli al capitano Giovanni Corner, 22 febbraio 1558. È data facoltà di spendere cento ducati cavati dai danari delle condanne per la riparazione del palazzo capitanale. Citazioni varie e citazioni occasionate dalle appellazioni presentate dai Dignanesi contro sentenze pronunciate dai loro podestà Lettera ducale Lorenzo Priuli al capitano Giovanni Corner, 27 febbraio 1558. Lo informa che li X savij ordinarij estratti dal senato nostro et altri XV aggionti iuxta la delegatone fattagli per esso senato . . . hanno laudata et approbata la sen-tentia fatta sotto di 5 agosto 1556 per il nobel homo ser Anzolo malipiero prossimo precessor vostro come giudice delegato dalla Signoria Nostra in materia della recognition delli confini posti dal 1461 dal precessor suo similmente delegato per divider el territorio de Dignan da quello del castello de S. Vincenti. Che tale terminazione egli faccia osservare, debitamente registrandola nella cancelleria capitanale. Lettera ai sindici di Trieste, 13 aprile 1559. Poiché Francesco Michez di Pinguente, debitore di messer Cattarmi Burlo triestino, fu condannato senza essere stato aitato a difendersi, il capitano chiede che venga sospesa I* esecuzione della sentenza e che sia permesso al Michez'di presentare le sue ragioni. Lettera ducale Lorenzo Priuli al capitano Fiovanni Corner, 13 marzo 1559. Della diligentia per voi usata in avisarne di quelli moti turchesehi vi laudamo. Consegnerete agli abitanti di Draguchio, Sovignacco, Rozzo e Colmo, che ne fecero richiesta, un poco di polvere per i bisogni che potrebbero avvenire. Il provveditore poi alle artiglierie vi spedirà dell' altra polvere per lire quattrocento e anche quattro archibusoni da posta per gli abitanti di Racizze. Vi saranno similmente spediti due stendardi destinati per Draguch e Sovignacco che li dimandarono. Diverse lettere del capitano di Raspo al podestà di Dignano (a. 1559) le quali chiedono atti relativi a processi contro le cui sentenze venne insinuata 1* appellazione. Lettera al podestà di Montona, 10 luglio 1559, incaricato di invitare il capitano della Valle a presentarsi nell'ufficio capitanale per dare spiegazione in merito a danni recati alla valle stessa. Allo stesso, 20 luglio 1559. Poiché egli ebbe a procedere contro taluni di Segnach sottoposti alla giurisdizione di Raspo, viene invitato a smettere non appartinendo essi al comune di Montoua. Citazioni varie e insinuazioni di appellazioni dignanesi per le quali si chiedono gli atti e le sentenze pronunciate. Lettera ducale, 22 giugno 1559, Lorenzo Priuli al capitano di Raspo, ai podestà di Montona, Grisignana e Portole nonché agli altri rettori, officiali o ministri della Signoria in Istria. Dna parte presa dal Consiglio de' Dieci affida a Giannantonio Scampicchio il carico di far far legne da fuogo in ditta valle di Montona per li magazeni del preditto conseglio ogni anno. Li invita di far conoscere il detto Scampicchio e di impedire che alcuno tagli legna in quel bosco, perchè invention nostra è che esso bosco per esser il principal della S.a N.ra sia conservato. Il podestà di Montona in ispecie è tenuto di sorvegliare che a-dempiano il loro ufficio i saltari del bosco Lettera ducale, 24 ottobre 1558, Lorenzo Priuli al luogotenente della patria del Friulil al podestà-capitano di Capodistria e al capitano di Raspo comunica la seguente parte presa in consiglio rogatorum. Si come le operationi fatte in servitio elei stato nostro nel tempo delle guerre del 1509 et dopo dal strenuo et fidelissimo nostro Gian Battista de Castro cittadin di Capo d'istria indussero questo conseglio prima del 1532 a conciederli provisione di ducati dodese per paga e paghe otto all'anno son due tasse, et poi del 1554 a confirmar essa provisione et tasse dopo lui a Domenico e Vincenzo (?) sui, figlioli, cosi hora il caso dell' immatura morte di ambedui essi figlioli successo ultimamente nela peste di Pirano lo diano mover a pietà della miseria del padre el per conseguente ad essaudir in quel che sia conveniente V humile supplication sua, et pero V andara parte che dela pro-visioae de ducati dodese per paga a paghe otto all' anno che ha il soprascripto strenuo et fidelissimo nostro Gioan Battista de Castro ala camera nostra di Raspo sia con V autorità di questo conseglio et esser s'intendi dopo la morte sua conferita et confermata la mitta insieme con una delle due tasse che egli parimente ha nella patria del Friuli nell' altro suo figliolo nominato Ottaviano il qual douerà haver V obligatione di tenir un buon cavallo atti nostri servitij et di mostrarlo due volte all'anno al Capitanio nostro de Raspo et sarà tenuto a far con esso le fattioni occorenti. (Continua) G. V. — Portole ----—— —----:- o t i z i e 1 CARLO DORDI Suoni soave, suoni terribile ne i desideri da le memorie .....il tuo nome .... Nelle gioie e nei dolori della vita che si alternano con trama fatale, si riconoscono gli amici ed hanno sfogo gli affetti fraterni; fratelli, con sentita profondo dolore da un capo a 1' altro di questa provincia fu accolta la notizia della morte di Carlo Dordi, e il lutto della sua patria si fece lutto nostro. I vincoli di fratellanza sempre esistiti si fecero più stretti tra le popolazioni delle provincie, quando convennero a Trieste i rappresentanti del Trentino guidati dal compianto Bertolini e da Carlo Dordi, testé rapitoci. Sono due nomi questi che non dimenticheremo più, e nel racconto delle vicende fortunose della lotta nazionale, raccomanderemo ai nostri tigli, indicandone le rare virtù di cui rifulsero ; e ricorderemo il commovente episodio del congresso della società Pro Patria, ch'ebbe luogo in Trieste addì 18 novembre del 1888. Ignoto ai più salì alla tribuna nel teatro comunale Carlo Dordi, e cominciò a parlare tra il bisbiglio generale delle solite curiosità, ma subito si fece silenzio e tutti gli occhi si fissarono su quella testa di senatore romano; non occorreva domandare chi fosse, bastava sentirlo parlare ; ognuno sentiva esprimere i propri sentimenti puri e semplici, sentiva alzarsi potente il grido di protesta che covava nel petto, e le note più vibranti dell' inno nazionale ; uno scoppio d' applausi frenetici e di grida commosse si ripeterono insistenti, come 1' eco fedele di tutti i cuori. Caxdo Dordi da quel giorno ò divenuto popolare fra noi, la sua memoria fu scolpita nei nostri cuori, col nome suo furono ribadite molte virtù e una scuola intiera di patriottismo fu confermata. Ricordiamo soltanto questo momento trascorso tra noi, della vita di Carlo Dardi, dopo che tutta la stampa ne descrisse la lunga carriera che si può riassumere in poche parole: dedicò tutta la vita alla patria! Trieste anche in questa occasione fece gli onori di casa; fu rappresentata ai solenni funerali in Trento dal vice presidente del Consiglio comunale on. avv. Dompieri; il podestà Pitteri nella seduta della città del 27 ottobre, commemorò degnamente l'insigne cittadino, e tutti i presenti assorsero per onorarne la memoria. Molte furono le manifestazioni di cordoglio anche da parte di tutte le città e corporazioni della nostra provincia. 11 giorno 12 ottobre fu tenuta in Parenzo una seduta della commissione provinciale contro la fillossera, sotto la presidenza del barone S. Conrad in sostituzione del Luogotenente che presiede por legge la commissione; la quale è composta degli onorevoli signori Avv. Gambini delegato della giunta provinciale; prof. Hugues direttore dell' istituto agrario provinciale, Nicolò Corva Spinotti e Tomaso Fonda, nominati dalla Luogotenenza; P. Madonizza delegato del consiglio agrario provinciale; e Pf. Giovanni Ursic dirigente tecnico governativo delle operazioni contro la fillossera. Il presidente ha comunicato : che fu levato il divieto di ripiantare le vigne distrutte col sistema estintivo, nei comuni di Buje e Verteneglio; che fu piantato per disposizione ministeriale un vignette sperimentale nel comune d'Isola, per lo studio specialmente delle varietà che si adattano ai terreni bianchi calcarei; — che il ministero di agricoltura non potè far luogo alla domanda della giunta provinciale per l'introduzione degli ibridi vitis Berkndieri, per tema di importare con le viti il Black-rot; che lo stesso ministero concesse la distruzione di piccoli focolai fillosserici a condizione che il proprietario rinunci a indennizzi, e che la provincia sostenga metà delle spese; che al consorzio agrario di Capodistria fu assegnato 1' importo di fior. 400 e 10 mila barbatelle americane per l'impianto di un vivajo; che furono piantati due vivai di viti americane a carico dell' erario dello stato nei comuni di Lussingrande e Ossero, e proposta l'erezione di un vivajo nell'isola di Veglia; — che fatte le pratiche con la giunta provinciale per 1' applicazione della legge 28 marzo 1892 risguardante le antecipazioni per ripiantare i vignetti distrutti dalla fillossera, la stessa giunta si è riservata deliberare di caso in caso; che il ministero di agricoltura rifiutò il prestito di fior. 1000 al comune d'Isola non essendo la domanda corrispondente alle disposizione della stessa legge 28 marzo 1892; ne avere potuto accordare lo stesso importo dal credito per combattere la fillossera, perche il relativo fondo era esaurito. L'on. Dr. GambinT deplora"che il giornale ur-ficiale l'Adria abbia pubblicato un articolo favorevole al sistema di innesto „Candeo" in Isola, malgrado in seguito lo stesso giornale pubblicasse una rettifica, e propone coli' appoggio della commissione che viste le tristi condizioni nelle quali si trova il comune di Isola: „la commissione fa voti perchè l'eccelso i. r. governo e la provincia abbiano con la più sollecita procedura possibile ad accordare agli interessati contemplati dalle leggi 3 ottobre 1991 e 28 marzo 1892, in generale, ed al più presto al comune di Isola in particolare: i prestiti infruttiferi che fossero per richiedere allo scopo di ripristinare i vigneti distrutti dalla fillossera; e che questo deliberato sia comunicato alla giunta provinciale" Quindi il signor Ursic riferisce sullo stato attuale della infezione fillosserica, e partecipa le nuove infezioni di Grisignana, Belay, e quelle nelle isole di Cherso e Veglia. Furono piantate durante l'anno circa 500 mila viti americane; nel comune di Pirano vi sono 15 ettari di piante madri, e circa 10 ettari di vigne ripiantate con viti americane innestate. Furono distribuite dai vivai erariali circa 160 mila talee, e i soli vivai di Pirano sono in grado di fornire 80 mila talee ; inoltre esistono vivai sperimentali con riguardo ai diversi terreni, in Pirano, Capodistria, Isola, Lussingrande, Ossero, nell'Istria; e in Samaria, Tomay, Dornberg nel Goriziano; e nel territorio di Trieste in Santa Maria Maddalena inferiore. Nel vivaio di Isola, con un terreno eminentemente calcareo (65 % di carbonato di calce) dove non potè vivere la Riparia comune, furono piantate altre varietà di Riparia e Rupestris, il Jacquez, York Madeira, Huntigdon, e Vialla, e saranno piantate le Berlandieri. Y. Cordifolia, Monticola e Cinerea. In generale le viti americane promettono buona riuscita, eccetto nella vigna sperimentale d' Isola e nei terreni marnosi in quella di Samaria (goriziano) su ceppi di Riparia selezionata. Il sistema curativo venne usato da trenta proprietari di vigne infette nei comuni di Capodistria, Pirano, Buie, su di una superficie di 5 ettari e mezzo. In fine merita di menzionare gli esperimenti con le capsule Iamain eseguiti per cura della società agraria di Trieste in una vigna infetta nel comune di Longera. I trattamenti con queste capsule diedero buoni risultati; e qualora si trovasse un modo più economico per 1* applicazione pratica di queste capsule, si potrebbero adoperare con profitto Su questa relazione prende la parola 1'on. Gam-bini, e fa la proposta, che viene accolta: che in seguito la relazione del dirigente tecnico sia distribuita almeno otto giorni prima della seduta ai membri della commissione. Riguardo agli esperimenti con le capsule Iamain, il prof. Hugues osserva, che il rimedio è conosciuto già da parecchi anni in Francia, e che fin ora non ha potuto trovare diffusione quale mezzo pratico di difesa; ma elio la speculazione se ne è impadronita con estesa reclame, arrecando, con le illusioni di un rimedio facile, molto danno agli interessati colpiti dalla invasione che trascurano in conseguenza il più sicuro impianto delle viti americane. In seguito a discussione su questo argomento, la commissione prende il deliberato „che le capsule Iamain vengano esperimentate per cura degli organi governativi per ottenere dati positivi per l'avvenire; e che la commissione quale organo consultivo si trova indotta di preavvertire la popolazione e specialmente quella di Isola di non dar retta alla reclame fatta per 1' acquisto di tale rimedio, non ancora debitamente esperimentato per poter essere raccomandato quale mezzo di difesa contro la fillossera." L'on. Gambini aggiunge e viene accolta la proposta, che la stessa comunicazione venga da parte della luogotenenza fatta non solo al comune di Isola ma anche ad altri comuni infetti dell' Istria. Sulla riferta del dirigente tecnico riguardo l'osservanza dei casi di clorosi su alcune piante di Riparia nella vigna sperimentale di Samaria nel goriziano, il prof. Hugues partecipa che nel terreno tas-selloso di Pisino, la Riparia dell' età di 7 anni si trova in uno stato rigogliosissimo di vegetazione senza sintomi di clorosi. Sopra domanda dell' on. Madonizza, il dirigente tecnico riferisce in particolarità sulle varietà di viti piantate nella vigna sperimentale di Isola. In fine viene nominato 1' on. Gambini quale delegato alla commissione centrale fillosserica. Oose locali Nell'ufficio comunale sono esposte fino dal giorno 23 ottobre le liste elettorali per la elezione della nuova rappresentanza comunale; per la presentazione degli eventuali reclami venne stabilito il termine dal 20 novembre a tutto 27 dello stesso mese. ■ — 1 * ■ Appunti bibliografici Atti e memorie della Società istriana di Archeologia e Storia Patria. Voi. VIII Fascicolo I. IL Parenzo Coana 1S92. Parte prima. Il volume contiene prima di tutto i — Documenti ad Forumjulii, Istriani, Gordiani, Terge-stum spectantia, raccolti dal defunto professor Minotto, e qui editi per cura della Direzione, a vantaggio degli studiosi di cose patrie, benché in parte già pubblicati in opere straniere, ma a pochi accessibili. Sono in tutto 160 documenti; ed i pubblicati nel presente volume vanno dal 908 al 1B26. Alcuni si riferiscono a questioni feudali e a rapporti di vasallaggio ; altri assai più importanti trattano delle donazioni degl' Imperatori alla chiesa d'Aquileja o di concessioni papali ; altri regolano i rapporti delle città istriane con Venezia e tentano di frenare la naturale tendenza dei nostri a San Marco, contrariata dai Patriarchi d' Aquileja ; ed è su questi che maggiormente richiamo P attenzione dei dotti : tutti però destano un vivo interesse ; e da tutti può uscire un qualche sprazzo di luce. Accennerò ad alcune conseguenze subito, ed ai giudizi che vogliono essere rettificati; perchè nulla vale lo studio della fredda lettura nel documento, ! se non è vivificata dallo spirito, dalla conoscenza dei tempi a cui quelle vecchie carte si riferiscono. Così nel documento 2 del 963 si legge di Leone Vili Papa mandante con le solite forinole autoritarie il palio, a Rodvaldo Patriarca d'Aquileja, in segno di comunione cattolica, e di sudditanza della chiesa aquilejese alla romana. Se non che ecco nel 1250 un singolare linguaggio dell'Imperatore Federico II. nel privilegio concesso al Patriarca Bertoldo la chiesa del quale viene dall' Imperatore dichiarata come la prima su tutte le chiese soggette al Romano Imperio, — preminet universis Ecclesis que Romano subsunt imperio. Ma non occorrono troppe parole a spingere P evidente contraddizione. Basterà rammentare qual fosse Federico II, scomunicato cioè dopo il concilio di Lione, e in violenta guerra con Roma. Ed è perciò che, non riconoscendo il Papa, saluta il fedele suo vassallo Bertoldo quale vescovo della | prima chiesa dell' Impero ; chè il supporre in Federico l'opinione essere Roma non soggetta al suo Imperio, non è ad ammettere neppure per un momento ; nè in lui, nè in nessuno degli imperatori di quei tempi ; neppure in Carlo Magno, che fu il donatore. Quali fossero poi i costumi e le tendenze dei prepotenti signori germanici tramutati in vescovi, anche si sa ; onde non è temerario giudizio il credere che Bertoldo, più soldato che prete (e l'Istria tutta ben lo provò) abbia senza scrupoli, accettato di buon animo il saluto del suo Imperatore; ed abbia veramente creduto di essere il vescovo della prima chiesa dell' Impero.. Rimane la questione della data. Non credo che il privilegio sia del 1285; anno in cui tra l'Imperatore ed il Papa le cose non erano ancora agli estremi: la scomunica di Gregorio IX è del 1239; il concilio di Lione del 1245. Ben fece adunque la Direzione ad apporre un punto interrogativo, e di assegnare la data del documento nel 1250, anno in cui morì Federico; seguito dal Patriarca nell'anno 1251. Richiamo anche l'attenzione degli studiosi sul documento del 1210 in cui i Tiranesi giurano fedeltà al Patriarca Salvo honore regali et Venetiae frase della massima importanza per la nostra storia, (pag. 26) Così dicasi del documento a pag. 43, 44 relativi alla pace tra il comune di Capodistria ed il Patriarca Per la conoscenza dei costumi e le condizioni del paese recano pure non pochi vantaggi queste carte. Yeggasi perciò a pagina 8 il decreto di Corrado li che nel 1029 proibisce di cacciare nel bosco del Friuli senza il consenso del Patriarca. Reca maraviglia oggi l'estensione di detto bosco; tutto il Friuli, si può dire, era nel secolo undicesimo una selva selvaggia. Come dal documento infatti si stendeva dall' Isonzo al mare da un lato, e dall'altro toccava Pordenone, l'abbazia di Sesto (tra Portogruaro e San Vito); si stendeva sulla rive della Meduna prima e della Livenza poi fino allo sbocco di detto fiume in mare. E dire che per questa regione erano tracciate le strade romane e che Aquileja, Concordia, Opitergium città e colonie poste sulla medesima linea ci provano fiorente e coltivata, nell'epoca romana, tutta questa regione ! Fino a pochi anni or sono rimanevan qua e là ancor molti boschi vestigia di questa selva; e frequenti specialmente tra la Metuna e la Livenza, come il bosco della Mantova nel comune di Azzano distretto di Pordenone, estesissimo. Ma in questi ultimi anni furono tutti recisi, e ridotti a coltura coi fondi incolti vicini, in gran parte di ragione comunale. E fecero benissimo ; perchè senza tante declamazioni e geremiadi per la conseguente frequenza della grandine, i boschi in pianura sono sempre indizio di barbarie. Quanto a rispettarli sui monti, d'accordo ; e pur troppo il taglio ha già recato, e recherà sempre più gravi conseguenze. Tornando alla selva del Friuli, narrerò un fatto che dimostra la tenacità del popolo nel conservare le tradizioni ; e consiglia ai dotti di andar cauti nel negarle. Nel 1846 o giù di lì, nel comune di Azzauo si divisero per ordine del governo i beni incolti, posti ai lembi di detti boschi, e dove per antichissimo privilegio, o donazione, o consuetudine era libero il pascolo a tutti. I contadini insorsero armata mano, gridando che quei luoghi erano di tutti, e che il Patriarca li avea loro donati. Fu un prodromo del quarantotto insomma, un saggio dello spirito pubblico, solo che invece — di Pio IX la parola d' ordine era il Patriarca. Quei poveri villani, furono messi in bujose nell' antico castello di Pordenone, i beni incolti furono spartiti alle singole famiglie del comune, ma in pochi anni, come è naturale, caddero tutti in mano dei forti possidenti. Tutto questo c'entra un po' come il cavolo a merendar nn^ voluto dirlo per mostrare 1' utilità di simili studi sui vecchi documenti, in cui ci è data occasione di costruire il passato di una regione, e (Ti trovarvi la spiegazione di frasi e parole ripetute anche oggi dal popolo. E quello si dice del Friuli, vale anche per l'Istria. P. T. --------------------—-- PUBBLICAZIONI Elda Gianelli. Incontro. Racconti e Bozzetti./ Trieste. Balestra 1892. Nelle auspicatissime nozze della signorina Irene Candussi-Giardo col sig. Dr. Tullio Sbisà. — Versi di Andrea Davanzo. Trieste. — Stab. Art. Tip. G. Caprin. Il bravo maestro, nostro comprovinciale, signor Giacomo Vidotto, ha pubblicato un nuovo opuscolo dal titolo : La scuola pedagogica italiana e la scuola di Froebel (Benevento. Tip. Martini e figlio 1892).