i Soldi IO al numero. L'arretrato soldi 20 L'Associazione è anticipata: annua o semestrale — Franco a domicilio. L'annua, 9 ott. 77 — 25 settem. 78 importa fior. 3 e s. 20 ; La semestrale in proporzione. Fuori idem. Il provento va a beneficio dell'Asilo d'infanzia vrnrn CRONACA CAPODISTRIANA BIMENSILE. si pubblica ai 9 ed ai 25 Per le inserzioni d'interesse privato il prezzo è da pattuirsi. Non si restituiscono i manoscritti. Le lettere non affrancate vengono respinte, e le anonime distrutte. Il sig. Giorgio de Favento è l'amministratore L'integrità di un giornate consiste nell'attenersi, con costanza ed energia, al vero, all'equità, alla moderatezza. ANNIVERSARIO — 27 maggio 1540 — Muore Francesco Guicciardini. — (V. Illustrazione.) PRODROMO *) DELLA STORIA DELL'ISTRIA (Fine V. il N.o 25 gennaio e seg.ti) Desolata l'Istria negli anni 1630 e 1631 da fierissima peste, che fu l'ultima, e ch'era stata portata in Italia dalle truppe del Collalto, si continuò a trapiantar colonie nell'Istria per ripopolarne il contado. Vennero Morlacchi nel 1635 e nel 1647, Serbi-Montenegrini nel 1657 (stabilitisi in Pedrolo o Peroi presso Pola), Trevisani nel 1668, e Veneti-Candiotti dopo la caduta di Candia nel 1669. Di questo tempo, burrascoso per la guerra dei 30 anni terminata colla pace di Vestfalia, l'Istria non fu teatro di ostilità, ma i suoi militi presero parte a quelle eh' ebbe Venezia nel resto d'Italia, e specialmente poi in Levante contro il Turco, che sebben vinto in due grandi battaglie navali arrivò a impadronirsi di Candia. E qui dee commendarsi Biagio Giuliani da Capodistria, che, comandante del forte di S. Teodoro nel regno di Candia l'anno 1645, sostenne da prima l'impeto turco con massimo valore, e poi, quando i nemici avevano già invaso il castello, die fuoco alla polveriera, seppellendo con essi sè e i propri nelle rovine. La guerra col Turco viemmaggiormente divampò. Dal 1684 puguossi per 15 anni con invitta costanza. E gli Istriani vi si distinsero come per lo addietro sotto il comando di quel Morosini, che fu per Venezia 1' ultimo grand' uomo di guerra e di mare, e che conquistate alla patria la Morea, Egina, Santa Maura, e parecchie terre in Dalmazia, si meritò il nome di Peloponnesiaco. Tali conquiste vennero sancite dalla pace di Carlovitz, che segnò il primo decadimento dell'ottomana potenza (1699). L'Istria ebbe in questi anni a combattere non solo in levante, come detto, ma anco alle proprie coste e in Dalmazia. Quelle venivano infestate da pirati, e narrasi fatto di grande arditezza, eseguito da due Fuste dulcignote, che nel 1687 sbarcarono in Cittanova, e ne trasportarono prigioniero in Albania il podestà con 36 cittadini. In Dalmazia poi sostennero militi istriani i maggiori cimenti, e il colonnello Giuseppe dal Tacco da Capodistria comandante all'impresa di Narenta, ebbe la gloria principale nel conquisto di quella piazza, e nel successivo governo della stessa contro le forze più gagliarde dell'inimico. Due anni dopo la pace di Carlovitz scoppiò la guerra della successione di Spagna (1701) tra Francia, Spagna, Baviera, Savoia, Mantova da una parte, ed Austria, Inghilterra ed Olanda dall'altra. Venezia neutrale. Ma non le mancarono imbarazzi. Da prima si trasportarono da Trieste per mare provvigioni di guerra pegl'imperiali di Lombardia, e poscia di riscontro una squadra francese, uscita dal porto di Napoli, entrò francamente nell'Adriatico, per fermare ogni altro convoglio triestino, e presentatasi a Trieste sotto il comando del Forbin la bombardò (1702). 11 veneto Senato che vedeva così leso il suo dominio sull'Adriatico dalle parti belligeranti, si lagnò presso le due corti di Vienna e di Parigi, protestando che, non fatta ragione alle sue rimostranze, avrebbe usata la forza. E ad appoggiare quanto prometteva spedì flottiglia a Parenzo. Francia ed Austria, interessate a non inimicarsi i Veneziani, rispettarono l'impero loro del golfo. Appena assestata la questione della neutralità, tornò a farsi temere il nome esecrando degli Uscocchi, che vista tutta Europa in armi, si diedero nuovamente a predare. Ma vennero tosto incalzati d'ogni parte dagl'Istriani, dai Dalmati, e dai Veneziani, e puniti con tanto rigore che vennero ridotti impotenti a recare alla navigazione nuove molestie (1703). Del resto l'Istria meno questi trambusti fu in pace nei 13 anni della gran guerra d' Europa, nè soffrì quelle contribuzioni, onde le altre Provincie d'Italia trovaronsi aggravate (1705). Unicamente nella contea, a modo feudale più volte venduta e rivenduta (1712), avvennero tumulti contro il nuovo conte Ercole Taurinetto, marchese de Prie, che l'aveva a-vuta in permuta nel 1708, e che s'era dato a gran rigori nello esigere i diritti baronali. Poste le armi pel trattato di Utrecht (1714), l'imperatore Carlo VI rivolse l'animo a Trieste, confermandole privilegi commerciali con Napoli e Sicilia. Voleva egli aprire alle sue provincie tedesche un porto di mare, e Trieste ebbe la preferenza su Aquileja, imprigionata da Grado e dai paduli, e su Fiume, bloccata dal veneto cannone di Cherso e di Veglia. Carlo VI dichiarò quindi porto franco la città di Trieste nel 1717 a suggerimento del principe Eugenio di Savoja, potente nei consigli di Vienna. E il pontefice aveva adoperato della stessa guisa riguardo ad Ancona. Venezia non era più la robusta dei secoli precedenti. Invecchiava, nè reggeva più gli eventi, ma cominciava a subirli. Daltronde in altra guerra col Turco detta di Morea, vedovasi ella impegnata l'anno 1714, nè voleva, minore com'era nei generosi ardimenti, perdere l'alleanza dell'imperatore, che infatti attaccò subito la Turchia. Si combattè per terra e per mare, e non possiamo rimanerci dal ricordare il nostro Antonio Benussi da Rovigno che essendo stato ferito il Flangini, gli succedette nel comando superiore dell'armata, tanto più lodevole quanto maggiore fu il suo valore nelle prove di rilevare una scaduta fortuna. Nel 1718 si fermò la pace, e la recente conquista di Morea andava perduta per Venezia. Carlo VI riapplicò la mente al commercio di Trieste, emettendo ordini per la costruzione di navi da guerra, e favorendo la formazione di una CompagniaOrientale, (1719) la quale nel 1722 aveva già un capitale di 10 milioni e stabilimenti alle Indie : fatti che nel 1726 trassero ad opporvisi le altre potenze, le quali non assentivano all'Austria forza marittima. Venezia invece non impediva il progredire di Trieste sempre pel timore dei Turchi, e così limitavasi a semplici offici diplomatici, allorché Carlo VI veniva di persona a visitare la stessa città di Trieste nel 1728 e ad ampliarvi le presa disposizioni. La flottiglia di guerra invero fu aumeutata sotto il comando del genovese Par-ravicini (1729), si aprì fiera privilegiata, si comperarono le saline per disporvi la nuova città (1730), e la si tolse alla giurisdizione del magistrato per meglio dirigerla giusta l'intendimento di Vienna (1736). Le opposizioni delle potenze per altro debbono aver infinito sui consigli di Carlo VI, se la flottiglia austriaca fu sciolta nello stesso anno 1736, e non si ebbe più di mira da quel tempo che di formare un porto commerciale e non un arsenale di guerra. Venezia intanto restringe vasi a stabilir franchigie pel suo porto e a conchiuder trattati di commercio (1739), concorrente e non più dominante nelle ragioni del traffico. Succeduta poi nel 1745 Maria Teresa a Carlo VI per la prammatica sauzione, e finita la guerra della successione austriaca colla pace di Aquisgrana nel 1748, la imperatrice proseguì riguardo a Trieste i divisamenti di suo padre, animata da inglesi consigli. Durante il suo impero si vide crescere Trieste a novella città, moltiplicarsi i suoi bastimenti, instituirsi la Borsa mercantile, spedirsi consoli in porti forestieri, ed accogliersene altrettanti. Al privilegio della compagnia d'Oriente si era sostituita la libertà del commercio, e questo prosperava. Nel 1749 l'imperatrice sollecitò Venezia a cederle alcuni luoghi che desiderava sulla frontiera del Trentino e del Milanese, offrendole in cambio parecchie terre d'Istria. Ma il Veneto Senato che temeva di rafforzare il potere imperiale in Lombardia ricusò decisamente la proposta. Allora Maria Teresa proseguì con maggiore impegno gli ordinamenti legislativi del commercio, normeggiatisi su quelli di Francia e di Ragusa. E qui basterà riferire il notorio Editto politico di navigazione (1758), che venne poi pubblicato pel litorale austriaco nel 1771. Nell'Istria intanto succedeva da un canto nuova alienazione della contea ad Antonio Mon-tecucoli (1766), e dall'altro il governo veneto poneva opera ad estendere e migliorare le saline istriane (1767). Fu di quel tempo che essendosi levata gran bufera, la quale riversò il mare su largo tratto di spiaggia con tale un impeto da denudarla, vennero a disseppellirsi tra Umago e il vecchio castello di Sipàr le rovine di antica città, accennanti a grande ricchezza e vastità di fabbricati (1770). Quale dei nomi dell'età grecanica le sia proprio, è ancora ignoto. E qui in sul proposito di antichità meritano particolare menzione le ricerche che intorno ad essa venivano fatte anco in Istria da distinti ingegni. L'inerzia in quel secolo del governo locale non ispegneva gli studi, che furono a irti fiorenti, in ispecie a merito del giustinopolitano Giau Rinaldo Carli di faina non meno italiana che europea. In epoca, morta di fatti di vero storico interesse, ci godo l'a- nimo di poter almeno segnar progressi della coltura in terra, già patria ai Vergei!, ai Muzi, ai Santoli, ai Carpacci, ai Tartini. Vi avevano non pochi stabilimenti d'istruzione ed Accademie. E specialmente Capodistria vantava un Seminario, in cui educavasi la studiosa gioventù così nelle ecclesiastiche discipline come nelle umane lettere, altre due facoltà teologiche presso i Domenicani e i M. M. Osservanti, e un collegio di gran rinomanza, diretto prima dai P.P. Sommaschi, e poi dai Piaristi, e che ne' suoi corsi elementari, ginnasiali e filosofici accoglieva alunni fino dalle Isole Jonie. E Trieste dal canto suo sviluppava maggiormente le iustituzioni nautiche e commerciali. Nel 1775 la compagnia delle Indie acquistò privilegi, e si tentarono colonie in Del-lagoa, nell'Africa, nelle Isole Nicobare del Bengala, e sulle coste del Malabar. A questa compagnia si associò la stessa Anversa. L'anno seguente avveniva novello mutamento nella costituzione di Trieste (1776), essendo subentrato all' intendenza commerciale formale governo politico. Morta Maria Teresa nel 1780, Giuseppe II si adoperò invano a raffermare lo stabilimento della compagnia delle Indie, chè questa fallì nel 1782, e le colonie vennero abbandonate. Quasi a compenso all' incontro divenne animatissimo in Trieste il commercio coi Greci, particolarmente dal 1786 in poi. Ma già la rivoluzione di Francia attirava gli sguardi di tutta Europa, e nuove sorti felici ed infelici si maturavano così pegli stati maggiori come per le piccole provincie, destinate a subire i grandi eventi. Con la caduta della repubblica, che seguiva nel 1797, si chiudono questi nostri cenni riassuntivi della storia d'Istria. Diremo solo che maggiori dei governanti furono i governati, tracui gl'Istriani, levatisi a gran tumulto alla notizia della caduta di Venezia. Eglino non s'erano mai intiepiditi nell'aifezioné verso la repubblica tra gli errori e le incuranze di questa negli ultimi anni della senile sua esistenza. E aggiungeremo ancora di volo che passata l'Istria nello stesso anno 1797 con Venezia e Dalmazia all'Austria, entrò nel regno d' Italia l'anno 1806, poi nel regno illirico, ideato a suo modo dal capriccio di Napoleone, nel 1810, e infine, occupata dal generale Nugent l'anno 1813, nell'Impero d'Austria, del quale anco in oggi fa parte, ascritta al governo del Litorale, Nè per avvenimenti nè per uomini, che in essi figurarono, va inonorata la storia nostra. Nello avervi adunque applicato l'animo per quanto da noi si poteva, se non ha vauto l'ingegno, trova l'animo quel conforto, che gli studi patri recano a chi intende, com'essi tornino mai sempre di eccitamento non meno al ben sentire che al ben oprare. Fine. CONCORDIA! Se è sempre utile che la concordia metta salde radici tra gli abitanti sia di una città, sia di una provincia o di uno stato, torna poi assolutamente necessario ch'essa si fortifichi quando la patria trovasi oppressa da costante bufera o quando l'aere, meno buio, fa presagire vicina la splendida giornata in cui potranno brillare i bei colori della, nostra natura rin-no vel lata. L'eccitamento alla concordia sta sulle labbra di molti; spesso se ne fauno oratori quelli appunto che alla macchia lavorano in senso opposto o per indole malvagia o strumenti inconsci di malvagi; e tra questi ultimi primeggiano gli ambiziosi. Fu infatti la passione dell'ambizione, sopra tutto le altre, quella che creò la maggior parte della storia, originando la lunga serie di sciagure che desolarono il mondo. Monti ben dipinse il carattere dell'am-• bizioso; ci lasciò scritto: , . . Fu omo ambizioso è uom crudele: Tra le sue mire di grandezza e lui Metti il capo del padre e del fratello Calcherà l'uno e l'altro, e farà d'ambo Sgabello ai piedi per salir sublime E gli ambiziosi sono gli ostacoli più occulti e più gagliardi eh« si oppongano alla concordia, particolarmente uelle città. Giammai al bene della patria ponno sacrificare le loro personali aspirazioni; nemmeno temporariamente. Non amano quindi certo la patria coloro che invece di concorrere, nei periodi di maggior momento, a ripristinare o a consolidare la concordia, s'agitano, per emergere, in continue combriccole, in congiurette, in opposizioni sistematiche, in puntigli ritenuti fermezza di carattere, squadronando gente scipida e orgogliosa, di natura già avversa alla preminenza dei colti e degli agiati, sempre docile a servire quando di catapulta quando di rocca. In queste giostre essi perdono tempo e dignità, calpestano il buon senso, s'impiccioliscono la mente, s'aumentano le secrezioni biliose, e, quello che più monta, danneggiano la patria, riuscendo fonti iuessicabili di discordia. Cause che predispongono a simile passione o, diremo piuttosto, che concorrono a limitarla al solo campo della vita cittadina (senza che, a ditferenza delle altre ambizioni, insieme al male, o senza questo, rechi utilità), e che la portano ad uu grado massimo di pervicacia per riuscire nell'intento, anche colla persuasione di errare o di danneggiare la pubblica cosa, possono essere o tutte o alcune delle seguenti, cioè : la mancanza di studii filosofici, il vivere isolati, la coltura non vasta ma parziale, il non avere viaggiato; in aggiunta a tutte quelle altre di falsata educazione, di ambiente, di professione sedentaria e obnoxia. Fortunatamente questa specie di ambizione nou conta molte vittime, e con un po' di buona volontà ed energia, i sani, a tutela della concordia, possono e devono — amor di patria lo impone — rendere meno nocivi i febbrili conati. Uuauime, costante sia l'affronta-mento; continuo e geuerale il biasimo e iu più manieiv manifestato. Il tollerare, il transigere, da alcuni reputati farmachi, sono invece stimolanti fatali : una vittoria li inneb-bria, infonde loro baldanza; una sconfitta dà loro certa lena effimera ; una serie di sconfitte li deprime, li fa riflettere, e talvolta li guarisce. Nell'eccitare alla concordia ci siamo intrattenuti sopra una sola delle cause di dis-senzioni cittadine, (le quali possono scoppiare da per tutto, ma che per ora abbiamo la soddisfazione di conoscere solo in paesi lontani dal nostro); nè per questo si giudichi incompleto il nostro breve ragionamento. Abbiamo ominesso le altre cause perchè già a comune conoscenza e tritamente ripetute; questa sola abbiamo preso a considerare, come la più potente e nello stesso tempo la più occulta. Quelli che amano la patria si stringano dunque compatti a combattere i comuni nemici, e comincino dal combattere sè stessi, comincino cioè dall'abnegazione ; lavorino con costanza e serietà, coii disinteresse e ardore onde rendere felice il proprio paese; nè mancherà certo loro una grande retribuzione : a-vranno l'intima consapevolezza di essersi prestati a vantaggio della patria, di averne bene meritato, e ciò li renderà alteri, rispettati, contenti in qualunque evento. Anche nei paesi ora felici non mancarono gl'inciampi: s'abbiano essi qui condegna mercede: agli increduli oblio, ai timidi disprezzo, agli indifferenti obbrobrio. Noi lavoriamo concordi ! u. Distruzione delle patate Il Colorado è l'insetto che distrugge le piante delle patate. Dal settentrione d'America passò l'anno decorso in Germania, al Basso Reno, e nella Lussazia. Essendo probabile la sua diffusione, l'i. r. luogotenenza di Trieste diramò una circolare, suggerendo i mezzi ed inculcando le norme per combatterla. Saranno invitati gli studiosi di storia naturale a voler farsi zelauti osservatori, particolarmente quando venisse denunciata la consumazione del fogliame di queste piante. Stabilita la presenza dell' insetto a mezzo di perizia, l'autorità dovrà notiziare telegraficamente il ministero d' agricoltura, e tosto appigliarsi alle misure finora praticate nei paesi infestati, le quali consistono: — 1.° nel falciare rasente al suolo il fogliame intaccato, inaiandolo cou benzolo greggio e quindi sotterrandolo; e qualora sia breve il tratto della piantagione infetta, nel cospergerei! fogliame col petrolio e abbruciarlo con paglia — 2.° nell' arare nuovamente, in ogni caso, il terreno, poi lavorarlo coll'estirpatore e, inaffiato con bastevole quantità di benzolo greggio, convenevolmente erpicarlo — 3.° nell' arare pure di nuovo iu autunuo, dopo il raccolto, il terreno già infestato, seminandolo nella prossima primavera assolutamente di patate: ciò allo scopo che gl'iusetti eventulmente sopravissuti non vadano altrove in cerca di alimento. Queste le norme, fino a che il governo imperiale non ritenga necessario di modificarle secondo il bisogno o secondo il risultato delle pratiche. UNA QUESTIONE GENEALOGICA definita L'eruditissimo Signor Cavaliere G. B. di Crollalanza nelle sue Memorie storico-genea-logiche della stirpe Waldsee-Mels stampate a Pisa nel 1875 ha messo Ugo od Ugone fra i discendenti dei Signori di Waldsee. Nel 1877 il chiarissimo Cav. D.r Attilio Hortis nel suo volume sotto il titolo "Documenti risguardanti la storia di Trieste e dei Waldsee„ ha osservato che tranne il Nicoletti, gli altri storici annoverano Ugone all'antica famiglia dei baroni Duinati e quiudi a ragione l'Hopf non accolse nell' albero genealogico dei Waldsee l'Ugoue Duinate. Stando così le cose, cioè lis sub judice, per chiarire definitivamente la questione con una risposta precisa ci voleva l'autorità d'un terzo, il quale, appoggiato alla fede di documenti irrefragabili, pronunciasse iu merito l'ultima parola. E questo ora si è fatto col pregiato opuscolo estratto dal giornale Araldico genealogico Anno V. N.° 7, 8 e 9, Pisa 1878, dal titolo "Studio storico genealogico dell'Ab. Prof. Rodolfo Pichler", scritto che mi fu gentilmente trasmesso da S. Altezza Serenissima la Principessa di Hobeulohe e dal chiarissimo autore. L'egregio signor Professore, noto già per le memorie da lui raccolte su Duino e delle quali fecero parola i due summentovati scrittori, non contento di quanto in argomento offrivagli l'Archivio Duiuese, a sua disposizione, per chiarire il punto controverso, fece capo a quelli di Vienna e di Gratz, nei quali sono state salvate le scritture delle provincie litorali e ad altri ancora, ove gli balenasse speranza di trovare materiali di appoggio al suo assunto, e cosigli venne fatto di fornirsi di tal suppellettile che gli bastasse all'uopo. Col sussidio dunque del frutto delle sue diligenti ricerche è riuscito di porre in sodo le parentele dell' illustre Duinate, di stabilire le relazioni dell'Ugone coi patriarchi d'Aquileia e coi Duchi d'Austria, di mostrare le onorevoli cariche da esso sostenute iu Trieste, a Pordenone, in Trevigi, nella contea dell'Istria e nella Carniola, quanta fosse la potenza del suo casato, l'ajuto prestato ai Duchi d'Austria per ampliare il loro dominio di qua dall'Alpi e le ultime sue disposizioni testamentarie, rivendicandolo inoppugnabilmente a quel casato, in cui il nome di Ugone era portato da coloro che sopra gli altri si segnalavano. Chi conosce quali potenti ausiliari della storia sieno gli studi genaologici, non potrà far a meno di annettere somma importanza all'opuscolo sovraccennatò e far voti, perchè l'egregio autore pubblichi quanto prima le sue memorie su Duino ad incremento degli studi storici. c. m. Scuole e maestri Dall'Istria, maggio 1878. Da alcuni anni a questa parte anche nella nostra provincia si lavorò molto a benefizio dell'istruzione popolare. Infatti la si rese obbligatoria per tutti i fanciulli, si eressero nuove scuole, s'elevarono le già esistenti ad un grado più corrispondente al loro scopo, dotaronsi tanto le une che le altre di que' mezzi didattici onde abbisognavano, e si provvide alla preparazione d'un nuovo contingente di maestri educati secondo le norme del nuovo regolamento scolastico. Ciò per vero reca un soave conforto a tutti quelli che ripongono nell' istruzione primaria il fondamento di qualsiasi benessere sociale od individuale, al cui raggiungimento incessantemente aspirano e società ed individui. E il maggiore conforto dovrebbero, senza dubbio, sentirlo i maestri, come quelli che sono chiamati ad esercitare il sacro ministero d'influire più davvicino e più direttamente degli altri sul cuore e sulla mente de fanciulli per informarli al bene e per fornirli di quelle cognizioni che sono necessarie ed utili a sapersi nella vita. Senonchè lungi dal provare eglino tale conforto, sono anzi i primi a far meraviglie ed a lagnarsi, perchè malgrado tanti e sì utili provvedimenti introdotti a prò dell'istruzione, non si riscontri (fatta qualche onorevole eccezione), nou dico un progresso soddisfacente relativamente alla maggiore fatica del maestro, ma neppure quel tanto che si riscontrava negli anni addietro. Si pongano pure i mae.-tri sotto rigorosa sorveglianza di cento superiori che non di rado si urtano nell'esecuzione de' loro mandati; si prendano ad accurato esame e i protocolli delle conferenze e i cataloghi e le correzioni dei temi; si vada prodigando a ciascuno di loro mille obblighi, mille consigli che alle orecchie dell' uditore suonano altrettanti ordini positivi e severi. Ma tutto ciò non è che orpello e superficialità: non tocca l'intrinseco dell'istruzione, e quindi non conduce al vero e solido incremento della scuola, o, se pure, vi conduce per sentieri lunghi, tortuosi e mal sicuri, anziché per una via retta. Ne' tempi addietro v'erau poche prescrizioni, poche esigenze, ma da nessuna di queste era lecito decampare: adesso sono molte e nou mancano mai pretesti per farne eccepire la maggior parte: allora il maestro avea in sua mano la forza materiale in uno colla forza morale; adesso gli rimane solo il nome di questa, e surrogato di quella sono i suoi polmoni ; allora egli ispirava timore, aveva rispetto, obbedieza, docilità; adesso si mostrerebbe ridicolo ove volesse farsi temere; adesso deve ispirare affetto, deve persuadere; ma coli'affetto e colla persuasione di rado si procaccia sufficiente obbedienza. E perchè mai l'affetto della madre non basta a distogliere i figliuoli dal mal operare, e deve ella ricorrere a severi mezzi puuitivi per correggerli? Come mai, se occorrono leggi punitive pei maturi delinquenti, si può ritenere bastante la persuasione per creature in cui appena si va sviluppando la ragione? È vero che il maestro tiene a sua disposizione alcuni mezzi disciplinari; ma io vorrei che si mettessero alla prova coloro che li giudicano opportuni ed efficaci perchè veggano co' propri occhi come gli scolari se ne ridano. E non si creda mica per questo eh' io mi faccia a perorare la causa del già crollato metodo del bi a ba e della bacchetta. Voglio dire soltanto che colle blandizie, coi riguardi soverchi, coi soli allettamenti non s' ottiene dalla tenera età il profitto addomandato dai superiori e reclamato dai bisogni dell' odierno civile consorzio; poiché, vi pare egli che i maestri, legate le mani e i piedi, possano starsene d'animo tranquillo? 11 maestro, perchè non soffra detrimento la sua autorità, deve possedere piena libertà d' azione e totale indipendenza in faccia a' suoi scolari, altrimenti la sua missione piena di cure e di sagrifizi riesce a vuoto.' Nei tempi andati i maestri avevano in mano le due forze sopra accennate.'la materiale e la morale: adesso l'una si tolse affatto, l'altra s'assottigliò in mille guise, mentre si sarebbe dovuto accrescerla tanto quanto era la prima. Dal fin qui detto si dovrà forse inferire che i maestri abbiano ad essere senza superiori, arbitri d'insegnare e di padroneggiare come loro talenta? che sia necessario ritenerli quali piccoli sovrani senz'obbligo di render conto delle loro azioni ? Tutt'altro io penso ; a tut-t'altro fine ragiono. L'indipendenza del maestro è quella dote che il tiene lontano da ogni pensiero, da ogni cura profana e nociva all'incremento della scuola; è quella dote che lo innalza al di sopra degli umani riguardi, che gli ispira rettitudine, imparzialità conscenziosa, che gl'infoude buona volontà, vigore, coraggio; che insomma gli rende piacevole e cara l'esistenza, L'indipendenza lo farà autorevole, gli procaccerà da parte degli scolari affetto, rispetto, ed obbedienza ; e con ciò egli si potrà ripromettere quel consolante progresso, che è il miglior compenso per un maestro indipendente, ed in cui sta riposto il frutto dell'opera umanitaria della pubblica istruzione. q g (Continua) s®> iraiaii di Vini e Liquori in Venezia Stagione balneare 1878 — Il Comitato per una Esposizione e Fiera di vini e liquori da tenersi a Venezia nella stagione balneare 1878, ha pubblicato i relativi Regolamenti. In quello per la Fiera viene fissata 1' epoca nella seconda metà di luglio, e la sua durata in una settimana almeno. Verranno eretti, addobbati ed illuminati per cura del Comitato nel locale del Boschetto al Lido, sede della Fiera-Esposizione, dei Padiglioni, i quali verranno dati ad affitto verso L. 100 anticipate. Le richieste dei padiglioni dovranno esser fatte entro Giugno al più tardi. Ai vini e ai liquori spediti alla Fiera saranno concesse tutte quelle maggiori facilitazioni, tanto ferroviarie, come daziarie, che la Commissione potrà ottenere e delle quali si affretterà a dare avviso. Ogni espositore, all'atto dell'invio della richiesta, dovrà spedire alla Commissione due bottiglie per ciascuna qualità di vino o di liquore che vorrà porre iu vendita: una di esse sarà per l'esame chimico preventivo, 1' altra verrà conservata per il caso di contestazione tra venditori ed acquirenti. La vendita di vini e di liquori sarà fatta solo per intieri recipienti chiusi, di vetro o di legno, non essendo permessa la vendita al minuto. L'esposizione ed i concorsi a premii che avranno luogo contemporaneamente alla Fiera saranno suddivisi così: a) Esposizione e concorso a premii di vini italiani; b) Esposizione e concorso a premii pei vini della regione veneta; c) Esposisione e concorso a premii pei liquori. Il primo Regolamento sul concorso a premii si riferisce ai vini italiani, tra i quali verranno ammessi per ragione di affinità territoriale, i prodotti vinicoli del Trentino, e del Goriziano, e dell'Isaia, e per le ragioni commerciali del luogo anche quelli della Dalmazia. Sarà libero a tutti gli espositori della Fiera il prendere o no parte al concorso a premii. Per i produttori concorrenti, sono stabilite le premiazioni seguenti: Una grand® medaglia d'oro e 500 lire. Due medaglie d' oro ognuno con 200 lire. Quattro medaglie d'argento. Quattro medaglie di bronzo. Il secondo Regolamento si riferisce ai vini veneti (1) per i quali sono stabilite le premiazioni seguenti. Una medaglia d'oro e L. 300. Due medaglie d'argento ciascuna con L. 100 Quattro medaglie di bronzo. Le medaglie saranno accompagnate da appositi diplomi. Resta facoltativo ai concorrenti di presentare i loro prodotti ad entranbi i concorsi oppure a quello solo della Regione veneta. Su questo proposito dovranno fare analoga dichiarazione nella richiesta. Il terzo Regolamento si occupa dei ver-muth e liquori italiani, per i quali sono fissate le premiazioni seguenti: Grande diploma d'onore e premio di L. 200. Due medaglie d'argento ognuna con L. 100. Quattro medaglie di bronzo. La premiazione sarà pubblicata a cura del giurì tre giorni prima della chiusura del concorso. Per le norme tutte, e particolarmente per quelle riferentesi alle quantità di vini e di liquori da spedirsi in fusti od in bottiglie; alle quantità che il concorrente produce ogni anno; alle mansioni concernenti il Banco di Rappresentanza-, ai magazzini di custodia, ecc. ecc. si veggano nella loro integrità i Regolamenti riassunti qui sopra e si chieggano istruzioni al caso, al Comitato per l'Esposizione e Fiera di vini in Venezia. (Dalla Gazzetta di Venezia) (1) Verranno ammessi quali vini veneti quelli prodotti nella regione, chiusa dalla riva veneta del Garda dal corso del Mincio e del Po, dal confine austro-italico e dalla spiaggia adriatica. Come l'uomo diventi biliardo. Uno de' mali, che affliggono la società, èia bugia. Non passa minuto che questo brutto vizio iu qualcuno non si manifesti. Donde la mala fede, nefasta origine di gravi danni, di gravi sciagure. Qui, a mudo d'esempio, un giovane, che offre la sue braccia, i suoi talenti, i suoi capitali, viene respinto e forse gettato sulla via del male, da chi potrebbe formare la sua felicità, perchè egli non può dare sufficienti guarentigie ; là un misero, che langue e forse muore lentamente di miseria, chè non ha trovato un cuore pietoso, che abbia prestato fede a' suoi lamenti ; là un infelice, che spesso si toglie la vita, perchè dalla lingua del bugiardo venne derubato della fiducia de'superiori. Ora la bugia, questo germe maledetto di tanti mali, quando nasce e come si sviluppa nell'uomo ? Nasce nell'infanzia e si perfeziona coll'età. I genitori ne sono i maestri. Sì i genitori. Quando p. e. il padre o la madre stanno per uscire di casa il bimbo, che li ama tanto, si mette spesso a piangere, o perchè lo conducano seco o perchè lo amareggia la loro lontananza. A togliersi dall'imbarazzo i genitori gli danno ad intendere qualcosa e così lo rimettono in calma. Ma il fanciullo, che anche giuocando ascolta i discorsi degli adulti prima, o dopo viene a conoscenza del patito inganno. Un'altra volta egli non crederà così facilmente a chi dovrebbe credere ciecamente; ecco la mala fede far capolino. Non basta. Alia sua volta il fanciullo con una bugia si leva da un impiccio, da un castigo o si procura un piacere. Quante volte i fanciulli per non prestare uu servigio o fare il proprio dovere accusano uu malessere! danno ad altri la colpa di falli da loro commessi, perchè i genitori sono troppo severi nel punire le loro mancanze! chiedono denaro per a cquistarsi cose di scuola ed invece si procacciano ghiottornie! A chiarire l'asserto basti il fatto seguente. Non ha guari un fanciullo, ch'era tre giorni assente dalla scuola, vi ricomparve giustificando l'assenza col dire che doveva assistere il papà e la mamma, ch'erano moribondi e che difatti morirono. Il bricconcello era invece tre giorni a zonzo, ed i genitori godevano perfetta salute! Perchè i fanciulli non c'ingannino ed a tal segno, fa d'uopo che diciamo francamente loro la verità. Ma cominciamo subito quando cominciano a capire. Se commettono qualche fallo e lo confessano ingenuamente, perdoniamo loro s'è possibile, e dovendo castigare puniamo la mancanza con tutta dolcezza. Così facendo, abitueremo l'uomo a dire la verità, ristabiliremo la fiducia, ch'era uno de'pregi della vecchia generazione e toglieremo di mezzo molti mali, che nascono della mala fede, s. V. La Biblioteca della Società Alpina Rovigno, 18 maggio Nel regolamento, or ora venutoci in mano, anche l'uso della biblioteca, l'articolo 5.° limita a soli 15 giorni il tempo pel quale un socio può ottenere a domicilio libri, memorie e giornali ; e l'articolo 7.° non permette che i dizionari, le enciclopedie e le opere voluminose di consultazione, escano mai dall'ufficio sociale. Luigi Bonetti, maestro a Trieste — Matilde Boniu, maestra superiore a Parenzo — Carlo Bosig,- maestro in S. Pietro di Gradisca — Antonio Fonda, maestro a Fiume, per l'insegnamento delle materie linguistiche e storiche nelle scuole civiche, con lingua d' insegnamento italiana — Giuseppe Petriua, maestro in S. Pietro dei Nembi — Giovanni Sadnik, maestro a Trieste — Carlo Scopinich, già anteriormente da altra commissione approvato per le scuole civiche, fu abilitato ad insegnare la lingua tedesca e la serbo-croata in una scuola popolare colla lingua d'insegnamento ultima mentovata, e colla stessa al magistero nelle scuole popolari generali — Giuseppe Udina, maestro a Novacco — Antonio Verla, maestro a Pola — Pietro Vicentini, maestro a Trieste — Francesco Zaratin, maestro a Rovigno. ,T . , ,. , La vaccinazione gratuita al Municipio, Non si può ameno d( osservare (dato ogni martedì alle ore 3 V2 pom., è già incomin-che il tipografo non abbia ommesso uno zero) ciata. _ Nello stesso gi'0r£0 alle g5 nella che il tempo di 15 giorni è troppo breve. I M„Mnor;!1 Hall* sfiatò rw*;n e che riguarda Pubblici ringraziamenti Nella dolorosissima circostanza della lunga infermità e della morte, teste avvenuta, di mia figlia Maria, ebbi replicate attestazioni di affetto e di simpatia da tutti i miei parenti, amici e conoscenti, le quali valsero a darmi alquanto conforto; ed ora profonda riconoscenza mi spinge a rendere ad essi pubbliche grazie, colla dichiarazione che i loro nomi rimarranno indelebili nel mio cuore. Capodistria, 17 maggio 1878. Giovanni Ceruivani tempo di 15 giorni è troppo libri di una Società Alpina non sono romanzi; vengono quindi chiesti non già per mero diletto, ma per studio; e a chi studia bisogna fare le maggiori facilitazioni, tanto più che ne può tornare utile e lustro alla stessa società. Sarebbe stato certo meglio il lasciare alla Direzione lo stabilire di caso in caso, d'accordo col petente, la durata dell'imprestito, e non obbligare lo studioso, qualora gli abbisognasse l'opera per tempo più lungo, di spedirla a Pisino, e chiederla di nuovo, ogni quindici giorni. Per lo stesso motivo non si può approvare la restrizione dell' articolo 7.° I dizionari, le enciclopedie, le opere voluminose di consultazione, sono anzi i libri più frequentemente ricercati, più necessari pel socio studioso; e chi non abita a Pisino sarebbe quindi costretto di andarvi a soggiornare appositamente per studiare l'opera voluminosa. Facciamo calda istanza che quanto prima vengano modificati i due articoli sopra citati, come lo esigono il comodo dei soci e l'interesse morale della società. B. Illustrazione dell' anniversario Francesco Guicciardini, il primo storico d'Italia e principe degli storici italiani, nacque a Firenze, ebbe alte cariche: prima avvocato (esistono nella libreria Strozzi a Firenze i suoi Consulti legali manoscritti), poi ambasciatore, indi statista alle dipendenze di Leone X e d'altri papi ; alla fine trasse in patria a sostenere Alessandro de' Medici, ucciso il quale da Lorenzino, impiegò la sua perspicacia in favore di Cosimo; ma poi da questo quasi reietto si ridusse in villa, ove stese la Storia d'Italia che s'apre colla venuta in Italia di Carlo VIII di Valois (1494), e si chiude coll'anno 1534. Questa storia va celebre per lo ammirabili disquisizioni degli avvenimenti suoi contemporanei, fatte con profondità di sapere e di criterio ; ed è scritta con ottima lingua e nobiltà d'eloquio, sebbene talvolta contortamente prolissa. Mori 13 anni dopo Machiavelli, e, come lui, a 58 anni. — Nel 1857 gli editori di Firenze Barbèra, Bianchi e C. pubblicarono le Opere inedite di Francesco Guicciardini, illustrate da Giuseppe Canestrini e che sono: Le considerazioni intorno ai discorsi di Machiavelli sopra la I deca di Tito Livio - I Ricordi politici civili — 1 discorsi politici — Il trattato e i discorsi sulla costituzione della Bepubblica fiorentina e sulla riforma del suo governo — La storia di Firenze dal gonfaloneriato di Luigi Guicciardini al tempo dei Ciompi, e più distesamente dal ritorno di Cosimo — Gli scritti minori di vario rgomento — La legazione di Spagna — Jjt legazioni, concernenti i diversi governi e cariche tenute dalG.— Il carteggio privato — Le memorie autobiografiche — Il carteggio dei principi italiani e forestieri, papi cardinali ed uomini di stato, più celebri di quell'età con messer Francesco. Nomina. — La II. Deputazione Veneta sopra gli studii di storia patria fece suo socio corrispondente il nostro indefesso patriotta cav. Tommaso Luciani. Lettere Vergeriane. — (Dalla Gazzetta di Venezia). L'illustre professore C. Combi darà quanto prima in luce le lettere del celebre nostro istriano Pietro Paolo Vergerio il giovane. Nuovi maestri abilitati. — Dei candidati che sostennero la prova — giusta il nuovo regolamento emanato coli' Ordinanza ministeriale 5 aprile 1872 — dinanzi all'i, r. Commissione esaminatrice qui residente, nella sessione d'aprile, vennero abilitati i signori: cancelleria della Società Operaia quella pei soci. Monumento a Ria,soletto. — Il 18 maggio corr. venne inaugurato nell'Orto Botanico di Trieste il busto di Bartolomeo Biasoletto, opera del distinto scultore triestino Pezzicar. L'oratore che scoperse il busto fu il sig. Vittorio de Rin; il D.r C. Marchesetti ne pronunciò l'elogio; e al banchetto, in mezzo a patriottici propiuamenti, parlò pure il D.r Sbisà podestà di Dignano, patria del rinomato botanico, ringraziando il cav. Tommasini e gli altri che avevano dirette all' Istria affettuose parole. Bartolomeo Biasoletto nacque a Dignano d'Istria li 24 aprile 1793. Praticò farmacia a Fiume, indi a Trieste, ove fu il principale fondatore del gabinetto botanico. Cinquanta accademie lo annoverarono quale socio, e stette in relazione coi primi botanici d'Europa, con molti dei quali fece escursioni, tra cui col celebre svedese Carlo Adolfo Azardh che gli dedicò l'alga Hutchinsia biasolettiana. Molti suoi scritti sono sparsi nei varii periodici scientifici italiani e stranieri. Due sono i lavori di lui stampati p libro: Di alcune alghe microscopiche (con 20 tavole) ; e il Viaggio di S. M. Federico Augusto re di Sassonia (col quale erborizzò) per l'Istria, la Dalmazia e il Montenegro. Morì nel 1858. Un fancinllo straordinario. — Agostino Pisani di Piacenza è un fanciullo di quat- j tr' anni, che legge all' improvviso su qualunque j libro gli si metta sott' occhio, e legge con ' sentimento, con espressione e con perfetta osservanza dell' ortografia. Conosce la carta geografica dell'Europa come un diplomatico; accenna tutti i paesi, le capitali, i mouti, i mari, i confiui; legge il francese franco e spedito che è un piacere a sentirlo. (Dalla Vedetta Scolastica dell'Arno). J.iltri nuovi: Vita di Vittorio Emanuele, scritta sopra documenti inediti da Giuseppe Massari. — Milano, Treves. Voi. primo; pag. 410; L. 3.50. Guida pratica di Parigi di Folchetto, corrispondente del „Fanfulla" e della ^Perseveranza". — Milano, Treves. Ritratti contemporanei (Cavour-Bismarck-Thiers) di Buggero Bonghi. — Milano Treves. Il Conciliatore e i Carbonari, episodio di Cesare Cantù — Milano, Treves. Annuario scientifico ed industriale (anno XIV): — Milano, Treves. — Pag. 1300; L. 10. Contiene. Astronomia; Fisica; Chimica inorganica ed organica generale ed applicata; Geologia, Mineralogia e Paleontologia; Zoologia; Botanica; Meteorologia e Fisica del Globo ; Agraria ; Medicina e Chirurgia ; Paleoetnologia ; Meccanica ; Ingegneria e Lavori Pubblici ; Industrie e applicazioni scientifiche; Arte militare; Marina ; Geografia e viaggi; Statistica; Congressi, esposizioni e concorsi ; Necrologia scientifica. Versi e prose di Carlotta Ferrari da Lodi. — Bologna, successori Monti, 1878. Iside, raccolta di poesie varie inedite di G. Prati. Un voi. di 400 pag. L. 7. — Boma tipografia del Senato, 1878. Elementi di scienza economica ecc. di Settimio Piperno. Parte I. Torino 1878, pag. VII,-324, in 12.mo L'apoteosi del Re Vittorio Emanuele. Versi di Federico Guercia, Discorsi di Vittorio Emanuele II re d'Italia al parlamento nazionale e proclami di lui all'esercito, raccolti e pubblicati a cura della presidenza del Senato del Regno. 500 copie numerate, iu 4.to, edizione di usso : con ritratto. L. 4. Lia^famlglla Cadamuro Morgante« mentre si protesta riconoscente per le prove ricevute di partecipazione al dolore in lei suscitato dalla perdita dell'amatissimo cognato e zio Pietro, porge vive grazie a tutti quei gentili che ne vollero onorare i funerali colla loro presenza. Capodistria, 18 maggio 1878 Trapassati nel mese di Aprile 1878 4 Martino Krebs d'anni 72 da Mariatros (Sti-ria) i. r. ricevitore del sale in pensione. — 16 Giovanni Cavallich d'anni 54 da Lazzaretto. — 18 Maria Baldassi moglie di Gius, d'anni 64 ; Marianna Co-sang d'anni 71 da Villa De Cani. — 21 Elisabetta Almerigogna di Antonio d'anni 21.— 22 Maria Ma-jer V.a Giovanni d'anni 90. — 24 Andrea Voltolina d'anni 70 da Chioggia. — 28 G. Z. d'anni 20 (carcerato) da Provicchio superiore (Dalmazia). — 30 G. G. (carcerato) d'anni 18 da Tudorovich (Dalmazia). Pili otto fanciulli al di sotto di sette anni. Matrimonio celebrato nel mese di Aprile 27. Marchese Giuseppe Gravisi - Anna Sardotsch. Corriere deil' Amministrazione (dal 6 a tutto il 22 corr.) Albona. Casino di società (IV anno) — Anti-gnana. Felice Depiera (idem). N. 2831 EI>ITTO L'i. r. Giudizio distrettuale in Capodistria porta a pubblica conoscenza che a norma del §17 della legge 11 marzo 1875 N. 19 B. L. I. si destina il giorno 1 Giugno p. v. per dare principio ai rilievi ordinati dai §§. 21-26 per l'introduzione del Libro foudale nel Comune censuario di Lazzaretto S'invitano per tanto tutti i possidenti d'immobili siti nel detto Comune ad insinuarsi nel detto giorno e successivi presso la commissione giudiziale nel locale dell'i, r. Giudizio distrettuale di Capodistria per addurre quanto riterranno utile a dilucidazione dei loro diritti reali. Dall'i, r. Giudizio distrettuale Capodistria 7 maggio 1878 NEL GIORNO 2 GIUGNO p. v. ALLE ORE 6 POMER. sarà tenuta una di beneficenza in capodistria il cui netto ricavato andrà diviso per metà tra l'Ospedale e l'Asilo di Carità per l'infanzia I premi stabiliti sono: Quaderna......fior. 2« Cinquina......» SO I. Tombola......» 1«0 II. „ ......» SO Il prezzo di ogni cartella, ciascuna di dieci numeri, è di soldi 20. I registri delle cartelle si terranno aperti sino al giorno della Tombola nei posti che verranno stabiliti. Cartelle con numeri doppi, od altrimenti sbagliate, non hanno diritto a vincita e saranno respinte, restando libero ad ognuno di confrontarle col libro al momento dell'acquisto. Dal Municipio di CAPODISTRIA, li 7 Maggio 1878. NAVIGAZIONE A VAPORE GIORNALIERA FRA CAPODISTRIA col piroscafo GIUSTINOPOLI Col giorno 21 Maggio 1878, fino a nnovo avviso, verrà attivato (tempo permettendo) il seguente: ORARIO partenze nei giorni feriali: TRIESTE Da Trieste per Capodistria I. corsa alle ore 9 ant. escluso il Venerdi II. „ „ „ 12 mer. III. „ „ „ 7 pom Da Capodistria per Trieste I. corsa alle ore 7 ant. II. „ „ 10i/« ,, escluso il Venerdì III. „ „ „ 5i/2pm. partenze nei giorni festivi: Da Trieste per Capodistria I. corsa alle ore 9 ant. II. „ „ „ 12 mer. III. „ „ „ 81/4 pom. Da Capodistria per Trieste I. corsa alle ore 7 ant. II. „ „ „ 10112 „ III. „ „ „ 7 pom. Prezzo di passaggio Per ogni persona indistintamente soldi 40. Bagazzi sotto i 12 anni soldi 20. Il punto d'arrivo e partenza in Trieste è il Molo S.Carlo, ed in Capodistria il Porto. Trieste, nel Maggio 1878_L'IMPRESA