Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. corogrifia aitica. Lo stesso Autore discorre anche d' Aquileja, di-cendo di lei: (Continuazione e fine V. N. antecedente.) Nulla diciamo poi delle iscrizioni e in marmo, e in bronzo, de'rimasugli di Statue an,che'colossali, de'marmi Pari, Porfirei, Graniti, Neri-Numidici, ed altri rari e pre-ziosi, di bassi rilievi, colonne, Cammei bellissimi, Sar-cofagi, urne, tubi di bronzo, monete, e cento altre an-ticaglie scoperte in Aquileja, o ne' contorni suoi in ogni tempo, e disperse poscia in vari paesi. Nulla pure diciamo de'bellissimi pavimenti ivi trovati, et altri avanzi che manifestano la bellezza di questa Citta prima che Attila la distruggesse. Narsete tento rimetterla, e dopo ancora il cattivo Pepone Patriarca di essa, ma in vano. Egli vi eresse nel XV secolo varie fabbriche, che ancora sus-sistono; ma P aria fattasi oltre misura cattiva, e il terreno diventato palustre impedirono sempre un tale pro-getto. Pochi e giallastri coltivatori vi dimorano insieme con stuoli immensi di corvi, e di cornacchie, che lugu-bri grida mandano in mezzo alla silenziosa solitudine di quel luogo. Quando il Cristianesimo si fisso nella Venezia i Vescovi Aquilejesi ebbero vastissima Diocesi dentro e fuori deli' ltalia, per cui superiori stimavansi a quei di Ravenna. Diventarono i Metropolitaui di tutte le Venete Chiese, e di molte altre ancora, e fecero grande figura nell'Ecclesiastica Repubblica. Per ci6 vari Concilj, e fatti celebri nella Storia della Chiesa accaddern in Aqui-leja, de' quali altrove si dira, come pure di una illustre assemblea, che eravi di Sacerdoti lodata tanto da S. Gi-rolamo. In conseguenza anche decorosi Tempj Cristiani eretti vi furono dopo Costantino, avanzi de' quali ivi vedevansi negli anni scorsi. Istessamente v' erano dei Cimiteri Cristiani pieni d' iscrizioni del V, e del VI secolo, ed anche piu antiche, ma il tutto distrussero uo-mini barbari, e ignoranti. Godea Aquileja di un'aria salubre, come Vitrurio afferma, al che non posero mente quclli che scrissero, che ella era mai sana finchd i Romani con grandi lavori non P ebbero risanata2). Un motto, un cenno di cio non trovasi presso nessun antico, e pur sostennero, che anche Livio lo disse, mentre egli scrivea soltanto, che in- ') Incredibili salubritate etc. Vitrur. 2) Bertuli loc. cit. ferma, cioe debole da principio fu questa colonia per la guerra continua, e accanita, che gli facevano i vicini Barbari ')• Ecco come si fa a travolgere il senso degli antichi Autori quando accomoda il farlo. Dissero pure che un segno deli' aria morbosa di Aquileja sono le statue cola dissotterrate di Esculapio, ed lgia, senza ricor-darsi, che converrebbe credere essere stata da per tutto cattiva 1' aria, perche da per tutto questi Dei della Salute ebbero Tempj e altari. Oltre P aria sana avea poi la nostra Citta un territorio, che produceva quantita dibia-da, e vino. Erodianolodava al sommo il modo, con il quale ne'campi Aquilejesi erano piantate le viti, cioe a filari, e co' loro rami congiunti ad olmi 3) e frassini, dali'uno ali'altro de'quali passavano i tralci, cosi che parevano verdi bende, o festoni come nei Tempj, e Pa-lagi ne' giorni festivi. Usano cid tuttavia in molti luoghi del Veneziano, e tirele dicono le bende, o festoni delle viti tirate da pianta a pianta. Gli Aquilejesi somma quantita di vino davano a tutte le nazioni dimoranti lungo la Sava, la Drava <), e il Danubio. Gia tutti gli Itali allora assai badavano alli vigneti per cui di 83 vini di-versi, e celebrati per tutto il mondo conosciuto due parti almeno se ne raccoglievano in ltalia, e molto se ne portava a vendere fino nell' Indie Orientali. Parla anche Erodiano de' vasi di legno grandi, e rotondi che nei campi di Aquileja servivano a raccogliere [1'uva, usati anche adesso nel Friuli, e nel Trevigiano col nome di Tine 5). Ci ricordiamo poi che Ateneo 6) rammenta una spezie di Pomo che veniva ne' monti vicini ad Aquileja, e frutti dava tanto grossi, che in Roma li compruvano a caro prezzo, di simili non trovandosene, che nell' Asia soltanto, e nella Paflagonia. Ancora preso a Buino le Coloniam, infirmam nec satis munitam. 1. 41. ") Si quidem arborum comparibus ordinibus ac vitibus inter se junctis, ac in sublime tractis ad instar fe-stae celebritatis coronae ete. 1.8. Ferber. lett. sur les volcans de V ltalie etc. 3) Vinum cujus regionis maximus proventus est vicinis gentibus, nec vinum habentibus affatim suppeditant etc. Strabo 1. 4. 4) Plin. 1. 14, c. 11. 5) In Maximin. 1. S. 6) Poma admiratus sum quae ex Pago quodam in al- pibus Aquilejae constituto asportari dicuntur. Bat-tiana dieta ea inferiora multo sunt quae in Paflagonia etc. Alh. 1. 3, c. 14. mela, e le pera vengono assai grosse, e pare che quelle lodate da Ateneo il nome avessero di Battiane. Sessanta stadi al dire di Srabone *) stava Aguileja lontana dal mare, che sono miglia otto. Plinio 2) pero ne contava dodici. Forse il primo calcolava la distanza solamente dalle lagune Gradesi, il secondo dal mar vivo. Sempre pero la Citta stava dentro terra, e nulla avea che fare eolle maremme, ne somigliava alla moderna Venezia3) come sognarono que' che le lagune vollero ivi pure una volta estese dentro terra delle miglia tante. billlta. II direttore del Museo Zoologico di Trieste Sig. Ivocb, ricoglitore altresi di antichita, specialmente di mo-nete venete rare, ci ha fatto teste dono di una perga-mena deli'anno 1418; la quale e un breve del vescovo triestino Giacomo de Laude con cui da investita della pievania di Rozzo al canonico di Trieste Martino di Marco o Manasse, di Silvola, il quale nel 1418 fu pievano di Crussizza, nel 1426 scolastico del duomo. La perga-mena egli 1'ebbe dalle carte del defunto Hattingor; ne in quella oltre la notizia delle persone e memorabile piu che il nome la Nista corrotto poi in Lanischie, che a-miamo notare, e Preparia, ambedue vicarie del pie-vanato. Quel Breve servi di sopracoperta ad una Vacchetta o Scuodarolo delcameraro del comune di Trieste, Federico de Marcatellis nel 1444, ossia di annotazione delle ri-scossioni che faceva. Questo Federico Marcatellis, il cui nome battesimale e pošto sull' esterno, fu rettore degli scolari in Trieste dal 1427 impoi. II Breve era capitato in sue mani, e prima di adoperarlo a coperta, servi a lui di carta per esercilazione poetica, non portata a compimento, per una ballata rimasta imperfetta. Noi vi diamo luogo in questo giornaletlo null'altro che quale documento della lingua letterata che allora usavasi dal rettore degli scolari di Trieste, e delle esercitazioni di allora; della carta diremo che si usava allora anehe la bombacina; pero anehe piu tardi vediamo usarsi la carta pecora per borri, siccome e indubbio dalle prime poesie del vescovo Rapicio, e di pentimenti e eolle correzioni che possediamo. Una donna ma dato bando Falsa ria fredda eruda Perche P ee di pieta nuda Io per lei si vo penando. Aquileja quae maxime sinus hujus infimo appropin-quat in continente recessui Romanis condita mu- nitionis loco..... ad eam ex adverso Natisonis amne navigantur sexaginta stadia etc. 1. 5. 2) Plin. 1. 16, c. 38. ) Silvestri delle pal udi Atriane. Maledetto sempre sia Chi ale done troppo črede Le son piene de folia Le non amano con fede. E quel homo che in lor črede » .......... Io amato sempre a fede Una Donna in cortesia Sperando de aver mercede Del suo amor che m'ha in balia Senza fal.... one caza via Del ben amar i son tradito Io servente son schernito Si che parto sospirando Ayme dolente chi posposse El dolce amore che io portado E non o cor che non piancesse Che me vesse in questo stado Da 1 amor so desleguado piu che neve al caldo sole quest e quel che piu me dole che de rni se va betando. Vatene ballata bella Alli amanti te presenta E piangendo tal novella Da mia parte li ramenta Sospirando te lamenta Che le donne no a fermezza El..... a curta e longa treza Con........ provocando. DISSERTAZIONE DEL CONTE »iihriialdo cirli-rijbbj Cavaliere, e Commendatore del Sacro Ordine Militare de' Ss. Maurizio, e Lazzaro Intorno alt antico (. i VESCOVATO EMONIESE. Antica fra i Popoli della Provincia d'Istria, e i Cittadini di Lubiana, capitale della Carniola, contesa fu intorno ad Emona nominata dagli antichi scrittori, ed Itinerarj; riconosciuta dai primi per Citta, Nuova del-P Istria, e dai secondi, per la stessa citta di Lubiana. Nel tempo pero che si credeva decisa la questione in favore degl'Istriani, in grazia d'una lunga successione di secoli, in cui i vescovi di quella citta, s' assunsero il ' titolo d'Emoniensi, e la citta medesima quelIo d' Emona; nel secolo passato un feroce gladiatore salto fuori in favore de Lubianesi, e questi si fu 1' abate Gian Lodo-vico Scoenleben, il quale ad un suo libro in foglio, in-titolato Carniola Antiqua, et Nova O- premise un ap-parato che si stampo anehe separatamente, a cui diede Labacci 1681. fig. il titolo di Emona vindicata. Percid che spetta al fon-damento di tanta contesa, rinvenuto dagli Scriltori fin daila venuta degli Argonauti nel mare Adriatico, abbiamo noi nel libro IV. degli Argonauti esaminato abbastunza. Siccome pero si fe apparire essere stata la venuta di si antichi Popoli una mera hnzione d' Apollonio Kodio, sos-tenuta pero anehe dagli Storici pitk accreditati; cosi non si vuole togliere a Lubiana il pregio d' essere stata essa 1'antica Romana Emona, nominata da Erodiano, da Pli-nio, da Zofino, e dagli antichi Itinerarj; e dove parti— colarmente Romane Iscrizioni col titolo d'Emona ritro-vansi, pubblicate dal Volterano, dal Grutero, e dal Signor Marchese Maffei. Resta ora un sol punto da dilucidarsi, ed e quello dei vescovi. Dal XII secolo in poi, i vescovi di Citta— Nuova si chiamarono Episcopi Aemonienses, oppure E-monienses. Quindi fu che ad essa Citta da tutti gli seVittori ecclesiastici s'ascrivessero anehe gli altri piu antichi vescovi i quali col titolo d' Emoniesi nelle antiche memorie si ritrovarono. Lo Scoenleben co' suoi Ar-gonautici argomenti, o per dir meglio, visioni, niuna dif-ficolta ha d'ascriverli tutti a Lubiana; per lo che nella storia ecclesiastica non poca confusioue ne nacque. Ne-cessario e pertanto esaminare con precisione ia cosa, facendo vedere quali fossero cotesti vescovi contenziosi, e di che si tratti. Cinque sono essi, giacche uno alPan-tica edizion deli' Ughelli (ch' e P ultimo) ve ne aggiunse il Sig. Abate Nicolo Co tlel ti; e sono iS". Maskirno ;il lieato Floro; Patrizio; Maurizio; ed Eustazio. Incominciamo dali'ultimo, e con ordine retrogrado andremo fino a San Massimo. Eustazio s'e ascritto in cotesto catalogo, per esser egli intervenuto nel concilio IV Costantinopolitano deli'anno DCCCLXX. In fatti Eustachius Episcopus Ae-moniae si legge in tutte P edizioni de' concilj; e '1 padre Ar-duino nella sua, ci nota essere cotesta citta 1' Emona d' Istria. Maraviglia e, che un uomo di si acuta vista, quale si fu 1' Arduino, non abbia osservalo, che i vescovi d'Occiderite nulla in quel concilio aveano a che fare; e che trattine i legati del Papa, niun altro veseovo di que-ste parti vi si e ritrovato. Ho veduto io inoltre, che il suddetto Eustachio, o Eustazio siegue nelle sottoscrizioni i vescovi d' Adrianopoli e di Crazia, e precede Eutimio di Sebasta, e gli altri vescovi di Sinai, Tampsi, Pole-monia, ed altre citta deli' Asia. Come mai un veseovo d'Italia in mezzo a cotesti? Ouindi sospetto tosto mi nacque, ch' egli pure d' Asia fosse, e non Italiano. E per vero dire ritrovo, che Sebasta, e Sind erano nella provincia della Frigia Paiaziana, soggetta nello spirituale al patriarca di Costantinopoli. Ritrovo quindi nella stessa provincia, e sotto lo stesso metropolita la citta vescovile d' Acmonia; il di cui veseovo, intervenuto in tutti gli altri concilj, celebrati cola in questo concilio IV ci man-ca. Se pero il veseovo d' Acmonia dovea intervenirvi, e se il veseovo d'Aemonia non vi doveva essere; chi mai avra difficolta d'asserire, che invece d' Acmoniae, si debba leggere Acmoniae? Correggasi adunque quella tale soserizione cosi: Eustachius Episcopus Aemoniae. Che se seusabili sono gli editori de' concilj, per aver creduto e, quel ch' era X, non lo sono ai contrario quelli, che credettero d' Italia un veseovo, che doveasi ricercare nell' Asia. Maurizio vien creduto Emonieso pel solo supposto che nella chiesa di Citta-Nuova si fossero ritrovate re-liquie d'antico battistero, in cui si leggesse la seguente iscrizione: BAPTISTERIVM . DIGNO • MARMORE . MAVRITIVS . EPISCOPVS . AEMONEN. Egli e pero cosa falsissima: imperciocche monsig. Gasparo Negri, che onoro prima cotesta Sede, ed ora quella di Parenzo tanto degnamente riempie, m' assicuro che nella pietra sta inciso EPISCOPUS POPLI. e non gia AEMONEN. come si credette. Cotesto Maurizio, d' A-driano papa e chiamato soltanto veseovo Istriano, al-lorche raccomandando 1' Istria a Pipino re d' Italia dice cosi: Credimus quod jam ad vestrae a Deo protectae Excellentiae aures pervenit de Episcopo Mauritio Hi-striensi, a cui i Greci Signori allora della Provincia, ca-varon gli occhi. Niuna ragione adunque si ha, onde a Maurizio darsi possa il titolo d'Emoniese, anziche quello di Polense, di Parentino, di Giustinopolitano, o di Tir-gestino. Puo esser anehe cheil Papa, veseovoIstriense Io abbia chiamato, perche nelle persecuzioni, che allora i Greci facevano, non vi fossero altri vescovi nella provincia. Infatti gran lacune ritrovansi, e le Sedi tutte in detto tempo si veggon vacanti. Comunque egli sia, certo e, che niuna ragione si trova, onde Maurizio, come di-cemmo, chiamarsi debba Emoniense. Veggiamo ora cosa possa dirsi di Patrizio. Si ri-trova nel Sinodo di Grado deli'anno 579 sotto Elia patriarca, Ia sottoscrizione di esso in questi termini: Pa-tritius Sanctae Echlesiae Emoniensis etc., e questa sottoscrizione e il fondamento della credenza, che Patrizio sia stato veseovo d' Emona. Ma per disgrazia cotesto Sinodo e falso. Imperciocche per tale fu riconosciuto dal Sinodo Mantovano, e per tale fu confermato dal P. Bernardo de Rubeis '). Col concilio adunque cadendo anehe la soserizione, chiara cosa e che il titolo d' Emo-niese in Patrizio pure sia suppositizio, e non vero. Che diremo del Beato Floro? Non saprei certa-mente veder io la ragione, onde ad Emona sia stato a-scritto. Cio che abbiamo Ji lui, si e una pia tradizione ne' Cittadini di Pola, che ne celebrano Ia festivita ai 27 d'ottobre: del resto ne atti, ne docuifientiritrovansi, onde riconoscerlo Emoniese. E chi non vede che giunti siamo a S. Massimo. senza il contento di ritrovare neppure un veseovo, a cui legitlimamente possa darsi tal titolo? Sicche la questione d e'vescovi Emoniesi da S. Massimo in giu, va tutta in fumo, e svanisce. Cotesto Santo e pertanto 1' unico, ch' Emoniensis autenticamente si chiami nel concilio d' Aquileja, sotto Damaso Papa. Ma di qual Sede era egli mai? Di Lubiana, francamente risponde il Tilemont 2); e la ragione ') Monumenta Ecclesiae Aquil. Cap. 27. 28. 2) Tom. X Article XXIV pag. 33i. ch* egli n'adduce si e, perchd detta citta conserve ancor la Siege Episcopal. Leggiera ragione per vero dire e cotesta. Per provare che detto Santo fosse di Lubiana, non basta il dire, che detta citt& abbia oggidi la Sede veseovile; ma dimostrar conviene, che P avesse a' suoi tempi. Egli e pero impossibile il far cio. Imperciocche Lubiana non ebbe vescovi prima del XV secolo. Ecco la non piii stampata fondazione di tal vescovato, fatta nell' anno MCCCCLXI om-messo soltanto cio, che a canonici, ed ali'ordine capitolare, e alle rendite ancora appartiene. " Fredericus divina favente elementia Romanorum „ Imperator semper Augustus. Hungar. Dalmat. Croat. etc. „ Rex etc. "Ouoniam humanum genus per arbitrium liberae v voluntatis in peccatum, & morlis poenam prolapsum „ ressurgere, & liberari nequivisset, nisi.... Pater Deus a superni dispensatione consilj inter tremendum judicium, „ ubi de omnibus quae in corpore gesserimus reddituri „ sumus rationem, & alias nostras &c. Hinc est quod ad „ laudem supradietae Trinitatis, & in honorem Glorios. „ Virginis M. Beatorumque Petri, & Pauli Apostolor. Chri-„ stophori, Hermachorae, & Fortunati Marlyrum, Martini, „ & Nicolai Pontificum, Sanctorumque omnium pro divini „ cultus augumento nostrorum & Progenitorum, & Here-„ dum & Successorum praefatorum Principatum, Ducum, „ & omnium fidelium animarum salutem CATHEDRAM e-„ piseopalem, seu Ecclesiam Cathedralem, & in EPISCO-„ PVM Praeposilum, Decanum, & X. Canonicos, ac quatuor „ ipsorum Canonicorum Vicarios IN ECCLESIA S. Nicolai „ Oppidi nostri LABACENSIS, nune Aquilejensis Diocesis „ ERIGERE, ET FVNDARI decrevimus, & certa quoque „ nostra scientia praesentium tenore ERIGIMVS, ET FVN-„DAMVS &c. Jus autem Patronatus sive praesentandi „Personas idoneas ad Episcopatum, Praeposituram, De-„ canatum, Canonicatus &.... seu Vicariatus hujusmodi, „ quoties ipsos, seu illas vacare contingerit nobis, & „ Heredibus ac Successoribus Nostris Archiducibus Au-s striae, Ducatum Carniolae pro tempore regentibus, spe-„ cialiter reservamus. Salvo enim Canonicatu, quem ipso T Episcopo, nune Santiss. Domino Nostro Papae, & dein-„ ceps Arciepiscopo, seu Patriarchae Aquilejensi tanquam „ ipsius Metropolitano, & Praepositus, Decanus, Canonici, n & Vicarj praefato ipsi Episcopo Labacensi, qui pro tem-„ pore erit per nos confirmationes suas, & investituras „ ab ipsis recepturi &c. "Datum in Oppido nostro Gratz die VIMensis De-.„cembris anno Domini MCCCCLXI. Imperj Nostri XRe-„ gnorum nostrorum Romani XXII, Hungariae vero „m.„ Ora ritorniamo a S. Massimo. Antica opinione fu, che cotesto Santo avesse avuto la palma del Martirio ;e quindi lo Scoenleben un nuovo argomento trasse, onde farlo credere vescovo di Lubiana. Al contrario quelli di Citla-Nuova alla loro citta donar lo vollero, per aversi quivi ritrovato il di lui santo corpo. Per cio che spetla al martirio, cosi hanno gli alti di esso Santo esistenti in Venezia, nella chiesa di S. Canziano dove pretendesi, che delto santo corpo presen-temente riposi: Sanctum hoc, 6f miraculosum corpus.... ab Vrbe Asia translatum fuit ad Cittanovam, Čf inde per divotum quemdam Nobitem T enetum translatum Ve-netias 6fc. Ingegnosamente per dir vero, s'adopera lo Scoenleben ') per far vedere quanto improbabile sia il credere che S. Massimo sia andato fin in Asia a pren-dere il martirio. Ouindi si fa a correggere gli Atti sud-detti, conchiudendo, che invece di Asia leggersi debba Asisža, e questa citta e da lui riconosciuta, e ritrovata nell' odierno Berbier, due giornate da Lubiana diseosto. Cio secondo lui dimoslrato, passa francamente a narrar la storia della translazione di cotesto corpo, da Asisia, o Ascisia, o Scissia, ove fu morto, a Roma, da Roma a Citta-Nuova, e quindi finalmente a Venezia. Ed ecco, in quai maniera il vindice deli' Emona Lubianese dimostro, che il corpo di San Massimo di Venezia, sia di S. Massimo vescovo Emoniese, e che S. Massimo vescovo sia slato in Asisia martirizzato. Gli atti antichissimi di delta chiesa di S. Canciano, accennati furono dai Bollandistia); e da cotesti* Atti si appara quanto facilmente Io Scoenleben s' abbia ingan-nato. Essi dicono cosi: sub Decio Imperatore apud A-siam Civitatem Maximus..„ passus est IV Kal. Junj, cujus diem translalionis corporis in hanc Sanctam Ecclesiam oetavo id. Octob. commemorare deberemus. Si pubblicarono bensi interi cotesti atti dal Ruivarl; e piu corretti ancora dal prestantissimo senatore veneto Sig. Flaminio Cornaro 3), e cominciano Decius Imperator &c. Se pero cotesto Santo di Venezia soffri sotto Decio il martirio, chiaro e, ch'egli non si fu iLMassimo vescovo d'Emona, il quale intervenuto nel concilio Aquilejese, celebrato nelPanno CCCLXXXI viveva CXXX anni in circa dopo la inorte di Decio stesso. II corpo adunque di Venezia e d'un altro Massimo. In fatti piu Santi antichi con nome tale ha la Chiesa, e fra questi due, P uno Laico, e fu martire; 1'altro vescovo, e non fu martire. Ouindi equivocando lo Scoenleben gli confuse in uno, francamente dicendo che il vescovo fu martire, e che il martirio ebbe in Assisia. Sicche il corpo di Massimo Laico martire, riposa nella chiesa di S. Canciano di Venezia; e tanlo piu francamente lo asserirenio, quanto che il corpo di Massimo vescovo, fu da Citta-Nuova trasportato a Genova, e nella chiesa di S. Mattia vi riposa. 'D Annal. Carniol. P. III. pag. 191. ») Tom. VI. pag. 361. 3) Ecclesiae Venetae. Dec. II. & III pag. 206. (Continua).