ANNALES 3/'93 izvirno znanstveno delo UDK 850-087-1 (091 )(497.13 Istra) LA POESIA ISTRIOTA Vera GIAVINIC dr., prof. ordinario, Facoltá di Pedagogía di Pola, 520 0 0 Pola, C R O dr., redni profesor, Pedagoška fakulteta Pulj, C R O SINOSSI Nel presente saggío si cerca di dare una panorámica piu o meno completa della produzione letteraria dei poeti istrioti soprattutto della vecchia (Zanini, Curto - che sono i due piu importanti) e della media (Loredana Bogliun Debeljuh) generazione, ma non vengono trascurati nemmeno i poeti piu giovani (Lidia Delton). LA POESIA ISTRIOTA Istria *) Tre ponte tegno 'nsaradi tre colorí de tera ola i me sentimenti perdo la vos. Sta tera mi jo da la vita e per sta tera la vita daravi se qualchidun vorarao spacame da jela. Romina Floris 1. L'lstria é stata da sempre una térra particolare. Abitata da piu popoli, contesa dagli uni e dagli altri, con lingue e paríate diverse, con una sua vita urbana e un'altra rurale, amata e disprezzata, essa ha saputo conservare attraverso i secoli una grande ricchezza: quella proveniente dalla coesistenza di due culture, la latina e la slava, le quali, nella loro varietá, le hanno dato una fisionomía specifica che la rende interessante a vari livelli, non ultimo quello letterario. Di notevole importanza la creazione poética istriana del secondo Novecento, che vede ¡mpegnati numerosi cultori del verso - italiani e non - nella maggior parte dei quali c'é il bisogno di riallacciarsi alie origini in una poética che nel dialetto della 'piccola patria' trova il mezzo piu duttile e consono della lingua (con tutti i limiti che ció comporta) per esprimere sostanze te- matiche liriche. II fatto che ci siano oggi nell'lstria di lingua italiana poeti dialettali non deve sorprenderé, perché il dialetto qui non sta vivendo, come in altre regioni, alcuna crisi. E se in tali regioni è un paradosso che si scrivano poesie in dialetto, mentre nel parlato il dialetto è sopraffatto dalla lingua standard, in Istria il dialetto si è usato e si usa a tutti i livelli sociali e in tutti i rapporti di comunicazione umana che non siano di carattere ufficiale e pubblico-amministrativo (riunioni e simili) e che si realizzino fuori dalle aule scolastiche. Tanto da poter affermare che gli istriani sono parlanti che non possiedono la lingua "per naturale infusione e debbono conquistarla".1 2. I dialettali istriani, divisi secondo la loro appar- tenenza lingüistica, formano due nuclei: quello di coloro che scrivono in istrioto e quello di coloro che fruiscono dell'istrovento. Qui ci occuperemo dell'istrîoto. Oggi, a poco meno di trent'anni dalla pubblicazione dei primo volume di liriche istriote, il Buleistro /cinîgia/ (1966) di E.Zanini, si puo delineare un tracciato geos- torico del microcosmo poético istrioto. Il suo punto nodale e centro indiscusso è Rovigno, al quale si unis- cono Dignano e, di recente, la località di Valle, tanto da poter dire che ogni isola istriota ha la sua poesia. In dette località è tenuto ancora vivo questo dialetto 1 Cosf G .Contin i (La letteratura italiana Otto-Novecento, Rizzoli, M ilano 1992, p.11) sulla questione della lingua nel C inque e nell'Ottocento, ma il concetto pertiene anche agli istriani del nostro secolo. 31 1 ANNALES 3/'93 Vera G LA V IN IC : LA PO ESIA ISTRIOTA, 311-318 preveneto soprattutto per mérito dei loro poeti. Cosí Rovigno vanta Zanini, Curto e Santin, Dignano la Bogliun Debeljuh e la Delton, Valle la Floris. Non vanno dimen- ticati coloro che si sono dedicad alia composizione di bozzetti adatti alia rappresentazione scenica e alia do- cumentazione del folclore lócale (i Pellizzer padre e figlio), svolgendo un lavoro di ricerca e di raccolta di rime popolari, di modi di dire e di proverbi di queste e di altre localitá istriote (Gallesano e Sissano). Quale sia ¡I numero dei parlanti l'istrioto non si sa con precisione dato che finora non é stata fatta alcuna ricerca statistica; si sa pero che esso é molto limitato, soprattutto se per parlanti intendiamo soltanto gli ¡strioti autentici e non quelli che si servono di un miscuglio fatto per lo piu di istroveneto e solo condito con qualche spruzzatina di istrioto. Quando lo sceglie per esprimersi in versi, ¡ndipendentemente se caratterizza un microcos­ mo molto limitato o se con esso propone la sua personale visione della vita e dell'uomo tout court (é la nota distinzione del Pancrazi tra poesía dialettale e poesía in dialetto), il poeta istrioto lo fa anche a fini pragmatici. Talvolta il pragmatismo supera gli altri scopi e diventa primario in modo assoluto, trattandosi della difesa e della conservazione del dialetto, del suo rilando e della sua valorizzazione. E' diversa la funzione che il poeta istrioto attribuisce al suo dialetto da quella di poeti triestini o milanesi o di altri grandi centri e regioni (di un Giotti, ad esempio, di un Loi o di un Guerra; dei croati Drago Gervais, il cui ciakavo é parlato in tutta la Liburnia, o del Miroslav Krleža delle Balade Petriče Kerempuha, nelle quali si serve del dialetto kajkavo, parlato in tutta la Croazia nord-occidentale). Essi fruiscono di un dialetto parlato da un grande numero di persone, hanno un loro pub- blico consistente e possono fare affidamento su un mer- cato in grado di piazzare la loro opera. Lo strumento del poeta istrioto oggi é un vero e proprio fenómeno lingüístico che sarebbe giá estinto se non ne avesse conservato l'esistenza il núcleo estremamente piccolo di ¡nnamorati di questa parlata fortemente differenziata dall'italiano che abbiamo nominato prima. La poesía istriota ha avuto un inizio difficile. Le ragioni sono almeno due: la prima, l'abbiamo rilevato or ora, sta nell'essere nata, questa poesía, in alcune piccole isole linguistiche del non grande territorio istriano, per le quali gli istriani-istrioti nutrono una specie di "mística", perché la sentono "incubatrice secolare di tradizioni e di folclore antichissimi" 2; la seconda consiste nel non avere avuto esperienze poetiche precedenti da cui at- tingere o, per lo meno, imparare. 3. Delle possibilité artistiche dell'istrioto ebbe cos- cienza per primo Eligió Zanini3 agli inizi degli anni sessanta. Giá da ragazzino delle elementari, questo ro- vignese autentico si sentiva attratto dalla lettura della 'donzelletta /che/ vien dalla campagna', del 'clofete clopete' della fontana malata e di altri celebri versi, ed è d'allora il tormento che lo accompagnera alcuni de- cenni. Sara "sofferenza simile a quella provata da un muto, ma dall'orecchio sottile"4, perché se potra "godere ¡I canto di quella meravigliosa lingua, per lui terza"5, si sentirá "stonato" nell'esprimersi. In quegli anni lontani "capiva, con dolore, che avrebbe potuto dir tante cose, che gli giungevano sino alia gola per ritornare, poi, come un peso sul cuore"6. Questo peso gli cadde dal cuore quando si rese conto che anche la sua lingua poteva farsi canto. E in essa nel 1964 pubblicô due liriche: Moussuli e Scarcaciuo /mussoli e zuppa di po- modori/, dando inizio alia poesía istriota ed elevando ¡I suo dialetto a dignitá letteraria. Le liriche sono molto ¡mportanti per uno studio, di- rebbe Pasolini, di estética dialettale. In che cosa consista tale importanza si puo determinare fácilmente: nella scelta di motivi lirico-intimistici, che l'autore presenta per il tramite di immagmi odori e colorí come recupero della fanciullezza, come ricordo e nell'uso di un verso breve, non rimato ma ricco di un suo ritmo, dove la parola esprime un mondo semplice, arcaico, fatto di mare edi olivi, di ginepro ("zanivaro") e di rovere ("ruoro") - la natura mediterránea - di pane, cipolla ("saúla"), pomodoro e poesía, attingendo sempre ai valori materici del suo dialetto che non ha nulla di vernacolo: 2 C om e Pasolini scrisse, pensando alla Sardegna, nel suo illuminante saggio La poesía dialettale del Novecento, incluso prima nell'antologia di M .D all'A rco e P.P.Pasolini del 1952, poi in Passlone e Ideología, Garzanti, M ilano 1960 e nella collezione "O pere di P.P.Pasolini", dello stesso editore, 1977, da dove cito, p .36. 3 Eligió (Ligio) Zanin i è nato a Rovigno nel 1927. Ragazzo, abbandona con la famiglia la cittadina di S. Eufemia, e si trasferisce a Pola, dove fréquenta l'lstituto Magistrale. II 1948, l'anno del Cominform, travolge il giovane maestro, che per dissenso político viene imprigionato e inviato sulla famigerata Isola Calva (Goli otok, l'esatta traduzione è 'Isola nuda'). Liberato nel 1952, gli è interdetto l'insegnamento e per cam pare deve fare vari lavori di manovalanza prima di essere assunto com e contabile. Nel 1956 riprende l'insegnamento, prima a Salvore, dove riapre la scuola elem entare italiana, poi, dopo una parentesi di alcuni anni trascorsi nella contabilitá di Rovigno, a Valle. L'amore per l'insegnamento e il desiderio di elevarsi professionalmente, lo spingono a iscriversi all'ACcademia Pedagógica di Pola. Poco dopo aver conseguito il diploma, si ritira in quiescenza. 4 Cfr. il romanzo di Zanini Martin Muma, La Battana n. 95-96, EDIT, Fiume 1990, p. 102. 5 A casa favallva, cioé parlava in istrioto, e ai compagni di scuola rispondeva in istroveneto. 6 Cfr. Martin Muma, op. cit., p .102-103. 312 ANNALES 3/'93 Vera G LA V IN IC : LA PO ESIA ISTRIOTA, 311-318 Da péicio, ultra i uléi, cul caldo foumo dei zanivaro e dei ruoro, m'aréiviva, purtà dal mar, el proufumo da saùla e pumiduori. Dulso pan brun, più dulso pel sudur, i savivo missià cun louri. /.../ Zanini non ebbe particolari contatti con il mondo letterario italiano, bastí pensare alla chiusura política e dei rapporti culturali tra Italia ed ex Jugoslavia nel dopoguerra, e, se per un verso non trasse beneficio dalla conoscenza degli esponenti della poesía italiana dialettale e dai risultati a cui essa perveniva, dall'altro non risentï degli influssi delle varie correnti poetiche, ció che gli ha permesso di mantenere freschezza e autenticità nel suo canto, evitando ogni conseguente convenzionalismo. Delle varie raccoltedi Zanini quelle che si distinguono per organicità sono: la già nominata Buleistro, Mar quito e alanbastro /mare quieto e limpido/ (1968), liera veda stara /terra molto vecchia/ (1970) e Favalando cul cuca! Fileipo in stu canton da paradeisu /conversando con il gabbiano Filippo in quest'angolo di paradiso/ (1979)7. Nel ventaglio di motivi che creano il traliccio della poesía del rovignese, un posto particolare è dato all'evocazione dell'infanzia, quasi una 'recherche' chefa affiorare affetti per uomini e luoghi che lo hanno visto bambino: la nonna, la madre, il padre, la vecchia casa dell'Oratorio, odorante di un povero fuoco di sarmenti e di "ramasse" /sterpi/: La sienara x¡ ancura calda sul gran fugulier dela viecia casa in Oratuorio; sienara ancura calda par tanto fogo stissà /attizzato/ da ma nuona Fiamita; /Eufemia/ fogo da sarmenté, ramasse, suchi da véide e da uléii /ceppi di viti e di olivi/ /.../. (Buleistro) Quella di fare oggetto di canto i luoghi dell'infanzia è peculiarità non soltanto di Zanini ma degli istrioti in genere. Tutti infatti rimangono nell'ambito di una ge­ ografía locale; il luogo natio, per il frequente uso di microtoponimi, si fa indice di legami affettivi, viene umanizzato e diventa vivo custode di ricordi, di simboli. In numeróse liriche Zanini rievoca l'infanzia per il tramite della vecchia casa all'Oratorio, di Montauro, del brullo scoglio di Figarola, della Grisia, di Monte Albano e di altre entitá spaziali della 'piccola patria', sernpre an- tropomorfizzate. E' un'etá piena di illusioni che la ma­ turité smitizza, eté serena per lui e per i suoi compagni di giochi, quando mettevano in mare le loro barchette di carta, convinti, per il gran dono che è dato ai fanciulli di credere nell'impossibile, che il vento le avrebbe pór­ tate lontano. Ma oggi ai sogni non ci crede più: "I sie (conosco) 'I mar / da siruoco ali Ponte / e i pensó ala fein,/ ca uo fato li nostre puovare barche da Valdabora" (Le barche da Valdabora). Particolarmente sensibile al problema delle liberté dell'individuo, Zanini dedica buona parte della sua po­ esía all'evasione dal grigiore della vita quotidiana, che le rigide norme rendono opprimente e limitante. Sím­ bolo di fuga diventa la battana, la típica imbarcazione dei pescatori dell'alto Adriático. Essa porta il poeta lon­ tano dalla terra, sul mare aperto, dove uomini, pesci e natura vivono in un'aurorale armonía: "Batana miea puortame / su aque alanbastre (sono i versi della lírica eponima),/ da tiepida bunassa, ala miteina;/ mondo in fora: fein / che la tiera spareisso". A questo tema esistenziale costante di tanta poesia del Novecento si unisce quello dell'incertezza della vita e dell'intima angoscia di chi non riesce a instaurare rapporti umani, per cui la vita si riduce alio squallore della solitudine. In questo senso è significativa la lírica No a gnuri /in qualche luogo/, nella quale il poeta si sente délaissé mentre gira senza una meta nelle calli ("li calisiele") tenebrose che rintronano per il rumore dei suoi passi ("pel rabonbo dei miei passi"), quasi in una specie di cosmo privato della ragione. Si potrebbe parlare del dualismo sartriano 'coscienza-mondo', pero in Zanini non c'é una continuazione del discorso poético sulla via del rapporte dialettico 'angoscia-impegno' per­ ché l'atteggiamento del poeta è volto in direzione crepuscolare. Cosí, quando Zanini dice: I sirco oun porto ma radaghi xi nel caleigo /nebbia/ e la batana fa dagno; /imbarca acqua/ 7 La prima raccolta è pubblicata da Scheiw ilier (Milano), le altre dall'U nione degli Italiani dell'lstria e di Fium e e dall'Universitá Popolare di Trieste (per la LIN T di Trieste). 313 ANNALES 3/'93 Vera G LA V IN IC : LA POESIA ISTRIOTA, 311-318 i spiro oun atimo da veita magari cume onbra cul Onbra del mieo Sugno, ripetendo ciö che aveva già scritto in Su aque alan- bastre, è evidente la sua scelta di evadere dalla realtà, il suo desiderio di rifugiarsi nell'irrazionale, nel sogno, nel ripiegamento intimistico. Del resto, nel mondo po­ ético di Zanini, a volte sconcertante, dove gli uomini si identificano con le belve ("E bies-ce, bies-ce,/ da senpro bies-ce / sîgnemo" (siamo), in Parchi?) e dove régna sovrano il rapace ("e su sta tiera doura / paroni xi veipere e falcuniti", in El sul va a li alte), non esistono tra gli uomini la comprensione e l'aiuto. Altri esseri possiedono quell'umanità di cui sono privi gli uomini: le stelle, il gabbiano Filippo, la battana. Le stelle corne entité superumane portatrici di sal- vezza trovano la loro collocazione in più liriche e hanno sempre il compito di sottrarre il poeta-pescatore alla furia degli elementi, all'abbraccio infido del "caleîgo rásente", con allusione alla realté. I momenti di angoscia esistenziale scompaiono grazie alia presenza del gabbiano Filippo della raccolta Favalan- do cul cucaI Fileipo. Con questo uccello marino e com- pagno di pesca, il poeta riesce a stabilire quel dialogo che gli è precluso aprire con gli uomini, riuscendo cosi a pervenire a uno stato di grazia dell'anima, alla sérénité interiore. In fondo, il poeta si accontenta di poco: "ruobe grande / i lasso sta", in La mare /la madre/. Gli basta la compagnia del suo cuca! e la vicinanza del mare che per Zanini è fonte di vita, sorgente di ispirazione. II mare è per lui una forma di catarsi; qui, iontano dalla "spoussa de la tiera", si sente in piena liberté. Da ciö il bisogno di rappresentarlo nei suoi vari aspetti, sia come sottofondo sul quale si stratificano altri motivi, sia corne quadretto paesistico. La Weltanschauung zaniniana si arricchisce di motivi piu propriamente civile-illuministici, come in Dantal lisso /dentice lesso/ e gransivule ruoste, in cui esprime pa- rinianamente una critica a coloro che nel godimento delle gioie gastronomiche esauriscono i valori della vita e, sempre parinianamente, esalta la sana vita del lavoro. L'ultima raccolta del poeta, Cun la prua al vento, per la quale è stato premiato al concorso intitolato a B. Marin (Grado, 1991)8, si apre con alcuni versi em- blematici che potrebbero essere messi in chiusura del suo ciclo poético, una specie di riepilogo della sua vita per ¡I messaggio di liberté di cui sono portatori. Cosí suonano i versi: Quista xi la rniea ruota /rotta/, fra li tante pusséibili intuí pi lago; ciapa póur óuna cuntraria e nu la saruö mai sbagliada, se nu ti ma varié /se non mi avrai/ ubligé d'imbarcame su la batana tuova /tua/. Come dire che ogni uomo deve scegliersi, tra le tante rotte possibili nel pelago, la sua propria, libera- mente, senza costrizione alcuna. Spesso la lírica di Zanini prende l'awio da dati auto­ biografía, ma non è questo il momento essenziale. II núcleo della sua poesia è la meditazione, sono le ragioni ideali, le voci che nascono nel profondo del suo essere e che esprimono tali dati, mediandoli, facendo loro assumere caratteristiche universali, che travalicano il livello intimistico. Si tratti di motivi ecologici, contro l'inquinamento e la profanazione dell'ambiente natu­ rale; politici, dei regimi che cambiano rimanendo simili l'uno all'altro nel non apportare giustizia e benessere al popolo; della coesistenza tra genti di culture e lingue diverse in Istria, dove il poeta auspica si ristabilisca ('equilibrio della vita per tutti i suoi abitanti; della violen- za che gli uomini esercitano sull'Istria-Gea per subor­ dinarla alla loro volonté. Ma questa piccola terra, "cum' el mar e l'aria,/ la xi stada abetierno e senpre la saruö / nama da si stissa" (soltanto di se stessa). 4. L'altro poeta rovignese è Giusto Curto9. Questo profondo conoscitore dello spirito della Rovigno po- polare del primo Novecento, che presenta nei suoi aspetti più plebei, diede inizio alla sua attivité letteraria piuttosto tardi: negli anni cinquanta, se si pensa alla produzione folcloristica, della quale ci rimane un con­ sistente repertorio di commediole e rivistine, e solo alla fine dei sessanta - era quasi sessantenne - a quella lirica. La pubblicazione delle prime liriche, che scrisse spinto da quella verve poética che tanto spesso manca ai poeti 'laureati', è del 1968. Se è vero che la memoria non è l'unica esperienza che vale la pena di essere rappresentata, è pur vero 8 La raccolta com prende anche le liriche che vanno sotto il titolo di Sul sico de la Muorto Sagonda, pubblicate nel 1990. 9 E' nato nel 1909 . D i professione marittimo, ebbe occasione di vedere città e regioni lontane: N ew York, Filadelfia, il Rio delle Am azzoni. Alla capitolazione dell'ltalia, aderí al movimento antifascista ed entro nelle file partigiane. A guerra finita, si dedico all'attivita filodrammatica rovignese, per la quale scrisse bozzetti e com m edie, attività che alterno alla com posizione lirica fino alla morte, che lo colse nella sua Rovigno, nel 1988 . Le sue poesie sono pubblicate nella rivista "La Battana" (41/1976 e 61/1981) e in "Istria nobilissima" (1/1968, IV/1971, VI/1973, VII/1974, VIII/1975, IX/1976, X/1977, XIII/1980, XIV/1981, XIX/1986). In libro, sono le Meingule insanbrade /bridóle sparse/, LINT, Trieste 1983. 314 ANNALES 3/'93 Vera G L A V IN lC LA PO ESIA ISTRIOTA, 311-318 che essa meglio risponde alia sensibilltá di Curto, cosí che la sua poesía puó venire definíta poesia-ricordo. E non solo perché due sue sillogi sono intitolate Racuordi /ricordi/, ma perché nella maggior parte dei versi la memoria é il tema céntrale. Anche quando si tratta di motivi amorosi, di tematiche sociali o altre che hanno per oggetto Rovigno, il suo canto passa sempre attraverso il filtro del ricordo. Contribuisce a daré incisivitá a queste liriche del Curto l'aspetto fonico dell'istrioto particolar- mente suggestivo e adatto alia rappresentazione di stati d'animo elementari e di ambienti plebei, che la memoria rievoca con una punta di nostalgia. Valide come documento ma anche per la loro ge- nuinitá popolaresca vanno menzionate La tonbula de ma nuona, fresco quadretto degli svaghi di un tempo passato; La farata /linea ferroviaria/, quasi pagina di storia cívica che ricorda il lontano 1876 quando Rovigno venne collegata all'Hinterland dalla prima linea fer­ roviaria che con sé portava sviluppo commerciale e progresso económico; La cal da la fan /la strada della fame/, che dipinge la dura vita degli spaccapietre, rap- presentata in realistiche immagini della "cal bunbada da sudure"/strada intrisa di sudore/ e delle mani "caluze, spudade da spudasa" /callóse, bagnate di saliva/. Un discorso a parte meritano le liriche che trattano il problema della precarietá della vita e della solitudine dell'uomo. El poupo de pisol /lo spaventapasseri/, El vieciosimiterio, L'uspedal e La caza da ricovero/l'ospizio/ esprimono in modo particolare questi argomenti, spesso portad con un linguaggio allusivo che raggiunge momen- ti squisitamente poetici. Ho qui in mente la lapidaria Caza da ricovero: Eterno albaro da autouno. Ougni riefalo, li pioun zale caio /ogni raffica, le piü gialle cadono/, fatta di un solo distico con tre immagini autunnali: un albero, il vento, le foglie gialle. Ma queste immagini banali e trite per esprimere la vecchiaia e la morte, acquistano freschezza e genuinitá in virtu di una par­ ticolare parsimonia lessicale (tre sostantivi, altrettanti aggettivi, di cui uno messo nella forma genitivale, e un único verbo) e di una indovinata e felice collocazione delle parole le quali, violando l'automatismo nórmale quotidiano, riescono a creare la novitá. Diversamente da Zanini, per il quale il mare, con la sua vastitá, rappresenta liberta e sicurezza, per ¡I suo concittadino Curto l'entitá capace di offrirgli tran- quillitá é la térra, intesa nella sua soliditá e concretezza, térra dove trova la piü piena serenitá interiore. Alia temática 'terragna' appartengono diverse liriche del No- stro: El mielo logo /il mió campicello/, ad esempio (con essa esordisce nei 1968), o El mieio uorto. In esse il poeta, oltre a esprimere il desiderio di stabilire quel legame affettivo con la térra, comune a tutti glMstriani, offre la sua visione del mondo. Un micromondo rap- presentato dal campicello ("seito sansa lagrame"), che le siepi limitano ("La saraja ka geira in tondo / siña i kunfeini del mieio mondo"), e dove respira il fiato-"in- censo" della térra. Il che nulla toglie al suo amore per il mare, sul quale ha trascorso buona parte della vita, come marittimo prima, come pescatore poi, evidente in L'alba del paskadur, la lírica breve ma ricca di un suo ritmo interno: L'alba la stila kunpaña lavur el trasto ka krika, el rimo fa ardur za skréivo l'arijn de la ruzada e la lantiérna z¡ kuazi masada la prúa grukulia, el livánte zbiankiso e kuista alba d'inkánto sparéiso. **) Sul piano fórmale va rilevata la predilezionedel poeta per il verso discorsivo-narrativo e per l'uso della rima che da alia sua poesía una particolare cadenza popolare. Pero la rima non é la costante del verso di Curto, come testimonia la silloge del 1981 (Poes/e), strutturata tutta in quartine, ma senza che la rima faccia la sua apparizione. Ancora un'osservazione sulla detta silloge: la forte allusivitá ai motivi esistenziali, che predominano sull'occhieggiante autobiografismo (/ miei bagni), solo occasione per penetrare negli strati profondi dell'io. 5. Un posto abbastanza notevole nella produzione letteraria istriota spetta a Giovanni Santin (1921). L'at- tivitá di questo arguto scrittore si é svolta nella prosa - narrativa e versioni dall'italiano all'idioma istrioto - e solo marginalmente nella poesía, produzione raccolta nei volume Odore di casa (1972). Essa comprende leg- gende e novelle antiche, racconti di ieri, frammenti di storia e di costume, racconti di oggi, alcune versioni (Daudet, ¡I Tassoni della Secchia rapita e il Verga) e tre lavori in versi, il tutto presentato in un insieme orgánico. II Santin novellatore possiede un fine intuito per tutto ció che ha una matrice nelle tradizioni popolari della sua Rovigno. Da qui il ritorno a un mondo mítico che questo spiritoso scrittore riesce a captare e che ripropone usando un linguaggio popolaresco, sanguigno e senza eufemismi, proprio dei suoi personaggi, ció che da all'opera un particolare colore e profumo di 'casa nostra'. Chi non ricorda le novelle boccaccesche sulla semplicioneria di Calandrino? Ebbene, leggendo El casuoto del dassio /il casello del dazio/ o le Dui storie da feighi /fichi/, veniamo riportati di colpo in un passato remoto che conosciamo ma che c¡ appare nuovo grazie all'istrioto. In versi sono due poesie, Al samier /l'asino/ (nella libera versione dell'autore 'inno all'asino') e Miz da majo /mese di maggio/, e quattro pagine difficilmente 315 ANNALES 3/'93 Vera G LA V IN IC : LA PO ESIA ISTRIOTA, 311-318 definibili, intitolate A// fiste ruvignize. Come spiega l'au- tore, sono "Appuntamenti rovignesi", ossia spettacoli organizzati dal Circolo italiano di cultura, ai quali i detti versi servono come apertura e chiusura. Senza negare ¡I valore estético di questo "acquerello dello spirito popolare", come dice dell'opera il suo au- tore, la maggior validitá di Odore di casa sta nei fatto di aver dato ai lavori una lunga soprawivenza nei tempo, nei corso del quale sarebbero andati perduti, se fossero stati tramandati solo per vía órale. 6. Rientra nella poesia dialettale questa villotta di Sissano, borgata che dista da Pola pochi chilometri, ricordata vent'anni fa da un suo anziano abitante. ***) Questa forma poética poi musicata veniva cantata in coro durante il lavoro nei campi e nelle osterie e, prova ne é la nostra, esprimeva lo spirito bonario e burlesco della nostra gente che nei canto riversava i problemi che l'affliggevano - miseria, lavoro, dolore, tristezza - ma anche il desiderio di evadere dal quotidiano creando scherzi e canzonature e, soprattutto, cantando l'amore nei suoi aspetti piü reali e innocenti. Ecco il testo: Vai ale porte le cati serade /le trovi chiuse/. Buto l'ocio al balcón /finestra/ lo vedo verto. Posi el pié ale mura e vai drento. Vai dal fogo impisi /accendi/ la candelina. Pian pian vai la del leto che la dormiva. La jera destirada sol leto e la jera descoverta al bianco peto. Mi je sbassá son jela e la je basada su la boca. La se je dismesiá disendo: chi me toca? Sin mi /sono ¡o/! el tuo primo amor che per vigm catate son vignü drento del balcón. Za che ti son vignu cussi che pur sia. Butate sul leto e fame compañía. Me je destirá sul leto solo per vardarghe quel bianco peto. Ala matina me je svegliá ale oto quando che cantava el galocio. Amor mió mi devi zi /andaré/ via e no puoi fate compañía. Va pal tuo destin come ti toca ma basarne prima sula boca. E se ti torni un'altra volta ti caterá verta anche la porta! 7. Alia consistente produzione dei due 'padri' della poesia istriota non corrisponde un'adeguata attivita tra i suoi cultori della generazione di giovani, benché desti speranza l'interesse che per questa poesia dimostrano tre poetesse: Lidia Delton, Loredana Bogliun Debeljuh e Romina Floris, le prime due di Dignano, la terza di Valle, come è già stato detto. Poiché un'analisi della poesia istriota della generazione giovane richiede un approccio specifico, mi limito a presentare quella delle tre che segna un punto di transizione tra poesia dialettale e poesia in dialetto. 1 O 8. Lidia Delton (1951) pubblica costantemente in "Istria nobilissima" dal 1984, a quando risale il suo primo florilegio: Dignan e la so zente, seguito da Tra i mouri de Santa Cateréina in quel de Dignan (1986), L'arte de lavori (1987), Atimi de veita (1988), Par judate a ve/V/ (1989) e Tramounti sbiadeidi (1991). Nella prima, breve, raccolta la Delton dipinge la cittadina di San Biagio con la macchietta della donnetta querula, "sempro in- gropada / e piena de afani / de contate le nove" (La Castelicia), e delle immancabili "babe che le orcola / per le cale,/ zuta i volti / e nele androne" (Contrade). Ma accanto a quest'immagine folcloristica, casereccia e pettegola, c'é anche quella del decadimento della cittadina istriana con le "mazere /.../ in grumaso" e le "cazite /che/ pian pian le se zgurba" (Fra le mazere) e dell'assottigliamento dei dignanesi autoctoni. Pero la loro presenza è una realtà, e la poetesa lo afferma con calore: /.../ e domani co ne contaremo di remo, jerimo... No, semo... semo... (Bara Stefano Capeler) Una piccola, realística galleria di scenette locali dai contorni ben definiti, è armoniosamente rappresentata anche nelle altre sillogi: ritratti di fornaie ("le furnere 10 Diplom ata educatrice prescolastica presso la Facoltà di Pedagogía di Pola, attualmente è direttrice didattica per le sezioni italiane degli asili del com une di Pola. 316 ANNALES 3/'93 Vera G LA V IN IC : LA PO ESIA ISTRIOTA, 311-318 /che/ co le so man bianche, / le impastava el pan col leva"), della materassaia ("la stramasera senipro co l'ago in man / e el spago de canepa / in scarsela de la traversa"), del calzolaio ("el caligher /con/ quile man, / che dal dèi chel jera nato / le viva batù le broche / e fato scarpoin de coran"); la tradizione delle giovani di approntarsi il corredo di sposa, l'usanza delle vecchie di sedere "sul sojer de casa, / su scagni consumai del tempo, /a raccontarsi/ i pecati de zoventù". Le poesie nelle quali l'angolo visuale non è única­ mente il popolare, ma si allarga in rapide sequenze illuminate dali' interno, sono quelle della silloge Tramon- ti sbiadeidi, otto liriche di pochi versi, felicemente strut- turati. La poetessa, dopo un lungo esercizio, ha orrnai maturato dimostrando di possedere gli strumenti per costruire un vero discorso poético. Breve nella sua se- mplicità, ma estremamente sentita, è la lirica La me zento, che ri porto completa: I boumbari zi cumo la leilera /1'edera/, tacai a sti groumasi /pietre/ e a sti vedurni /maggesi/, co le radeighe fonde in sto carso eistrian, sempro pronti a lavurà e a favelà /discorrere/, a veivi e a murei fra le canisele de la so Dignan. 9. I poeti qui presentati si fanno portavoce di una realtà collettiva da tanti ignorata e di cui bisogna tener conto. Ne è tramite l'istrioto, antico dialetto il quale, meglio della lingua letteraria, esprime compiutamente la vivacité popolare, in contrasto con la poesía 'alta', il cui preziosismo spesso rende la pagina opaca e fredda, anche se formalmente levigata. La poesia istriota non è mai gioco verbale, divertissement, perché il fine defor­ mante non corrisponde aile sue întenzioni di presentare un premondo di creature semplici e ingenue. *)Tre punte tengono chiusi / tre colori di terra / dove i miei sentimenti / perdono la voce. / Questa terra mi ha dato la vita / e per questa terra la vita darei / se qualcuno volesse / spezzarmi da lei. /.../. (Dalla raccolta El faje del limedo - L'erba del sentiero, nell'Antologia delle opere premiate ai concorsi d'arte e di cultura "Istria nobilissima" XXIII/1990, Unione degli Italiani dell'lstria e di Fiume - Université Popolare di Trieste.) Da notare che i testi originali sono riportati nella trascrizione fonética di cui si sono serviti i vari autori. **)La Stella dell'alba accompagna il lavoro / il trasto scricchiola, il remo diventa fosforo / gia scrive la brezza sulla lavagna del mare / e il faro smuore / la prora borbotta / il levante s'imbianca / e quest'alba d'incanto sparisce. ***)E ' Lorenzo Dobran, vero archivio delle tradizioni del luogo. Cfr. il periódico della Comunitá degli Italiani di Pola, "El divo", dicembre 1974, n. 15, pp. 18-20. POVZETEK Delo obravnava istrske pesnike, ki se izražajo v istriotščini, romanskemu govoru, ki se je ohranil na jugu polotoka. Avtorica je predstavila več avtorjev, od najstarejših (Zanini, Curto) do najmlajših (Lidia Delton). 31 7