received: 2008-02-26 UDC 94:618.4"17" original scientific article PIETÁ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO: L'EMBRIOLOGIA SACRA DI FRANCESCO EMANUELE CANGIAMILA Carmen TRIMARCHI IT-98121 Messina, Via Onofrio Gabriele is. 505/a, n. 5 e-mail: carmen.trimarchi @ tiscali .it SINTESI Pubblicata a Palermo nel 1745, l'Embriologia Sacra, a firma dell'arciprete palermitano Francesco Emanuele Cangiamila, trattava il tema del destino spirituale e materiale dei bambini racchiusi nell'utero materno, individuando nella pratica del parto ceseareo, post mortem o su donna in vita, lo strumento piu adatto a salvare il maggior numero possibile di feti dalla morte e dalle fiamme dell'inferno. Per raggiungere l'obiettivo, il Cangiamila, giurista e teologo, interpretava due culture diverse dalla propria: quella dei chirurghi e quella delle levatrici. Opera di grande successo editoriale e politico, l'Embriologia Sacra si poneva al centro di quel vasto interesse religioso e laico nei confronti del "cittadino non nato" che, attorno alla seconda meta del Settecento, accomunava la Chiesa cattolica e buona parte degli Stati europei. Parole chiave: battesimo, Cangiamila, Embriologia, levatrici, parto cesareo, XVIII sec. PIETY AND RELIGIOUS CULTURE IN EIGHTEENTH CENTURY SICILY: THE EMBRIOLOGIA SACRA WRITTEN BY FRANCESCO EMANUELE CANGIAMILA ABSTRACT The Embriologia Sacra, written by the Sicilian Archpriest from Palermo, Francesco Emanuele Cangiamila, and published in the same city in 1745, treats the spiritual and material destiny of the child as a fetus. The caesarian section, performed either postmortem or on the living mother, was deemed the best means to assure the fetus' salvation from dying and thus from hell fire. Cangiamila as jurist and theologian interpreted this situation by using two different schools of philosophy, neither of which he belonged to: that of the surgeons on one hand, and the midwives on the other. The Embriologia Sacra was a successful 287 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 treatise from both an editorial and political standpoint, as it dealt with the issue of "unborn citizen". Around the second half of the eighteen century this was an issue which was shared by the religious Catholic and lay worlds in the majority of the European states. Key words: baptism, Cangiamila, Embriologia, midwives, caesarian birth, 18th century Nel 1745, l'editore palermitano Valenza dava alle stampe L'Embriologia Sacra, ovvero dell'uffizio de' sacerdoti, medici e superiori, circa l'eterna salute de' bambini racchiusi nell'utero, scritto dall'arciprete palermitano Francesco Emanuele Cangiamila,1 direttore degli studi del Seminario arcivescovile della capitale. Opera teologica e filosofica di grande spessore, il lavoro muoveva dal desiderio dell'Autore "di giovare ai poveri Bambolini non ancora usciti alla luce dell'utero materno, molti de' quali furono o per incuria, o per malizia de' Parenti uccisi prima che nati, altri [...] seppelliti insieme colle Madri defunte, o non [...] soccorsi ne' parti difficili, e percio" (Cangiamila, 1745, VII) destinati ad una morte certa. L'intento, al tempo stesso, pedagogico e pio era quello di sensibilizzare i sacerdoti, i medici, le autorità e la gente comune riguardo la sorte cui andavano incontro queste creature, volendo altresî indicare i mezzi più adatti ad evitare loro quel destino sciagurato. Per raggiungere l'obiettivo, il Cangiamila, giurista e teologo, nonché apprezzato autore di memorie accademiche, lungi dal comporre un'opera squisitamente teorica, oltre a rendere le cognizioni medico-chirurgiche "semplici e volgari, e diro cosî po-polari, affin che fossero da tutti comprese, e praticar si potessero [...] da qualunque altra persona" (Scinà, 1969a, 130), elaborava dei piani strategici che ogni parroco doveva attuare servendosi della collaborazione di medici, levatrici, parenti delle partorienti e autorità civili. Lo scopo che l'Autore voleva raggiungere lo portava ad accostarsi a due saperi "altri"; ovverosia a quello erudito, maschile e scritto, dei chirurghi e a quello popolare, femminile e orale, delle levatrici. Nato a Palermo nel 1702, il Cangiamila, dottore in utroque iure e in teologia, doveva molto della sua formazione culturale a quella "grande stagione muratoriana"2 (Giarrizzo, 1989, 377-394; Bentivegna, 1991, 21-136) che, a partire dagli anni '20 del Settecento, costituiva il tratto più nuovo e interessante attorno al quale l'intel- 1 La fonte primaria delle notizie biografiche sul Cangiamila è l'elogio funebre che il Crema, 1764 compose ad un anno dalla sua scomparsa, cfr., poi, Vitello, 1955; Di Gesù, 1995; Giarrizzo, 1989, 437-440; Bentivegna, 1991, 59-63, 65-66. 2 Sui rapporti intercorsi tra il Muratori e gli intellettuali siciliani, si vedano De Stefano, 1951, 102-113 e Fasoli, 1951, 115-120. 288 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 lighentia siciliana, raccolta anche nelle varie Accademie,3 tentava di orientare la cultura dell'Isola verso un moderato riformismo. In particolare, l'Embriologia, si collegava idealmente agli scritti del Muratori, sia al De moderatione ingeniorum in religionis negotio (1727) che al Della regolata de-vozione dei cristiani (1745) che analizzavano le forme della fede per renderle più aderenti e coerenti ad un "sano" e "retto" uso della ragione. Non estraneo restava al-tresî il trattato Della Pubblica Felicità oggetto de' buoni Principi (1749) laddove la tutela della salute pubblica, ritenuta dal prevosto modenese uno strumento indi-spensabile per il benessere materiale e spirituale dei popoli, doveva divenire oggetto di particolari norme sanitarie (cfr. Piccinini, 1930-1931). Sotto quest'ultimo profilo, l'azione pastorale del Cangiamila poteva considerarsi esemplare. Nominato, dal 1731 al 1742, arciprete a Palma di Montechiaro (un possedimento dei duchi Tomasi, appartenente alla diocesi di Agrigento), egli scegliendo un modello pastorale "militante", aveva svolto la sua missione stando a diretto con-tatto con la difficile realtà sociale che lo circondava. Seguendo tale impegno, aveva istituito strutture dedicate al ricovero delle orfane e alla rieducazione delle repentite, si era adoperato affinché ai poveri fosse fornita l'assistenza sanitaria gratuita e aveva sollecitato la nomina di medici condotti. A quest'ultimo tema aveva anche dedicato il suo Della necessità di esservi in Palma Medici stipendiati dalla Università (BCP, 2). Risaliva a quegli stessi anni anche il suo primo interesse nei confronti della pratica dei parti cesarei, che egli, con l'appoggio del vescovo locale, fece eseguire su alcune gravide morte, conseguendo, a suo dire, risultati positivi.4 Proprio, l'utilità, l'efficacia e il valore dell'operazione avrebbero costituito il nucleo centrale dell'Embriologia, che si profilava come una strenua apologia di quella pratica. Suddivisa in quattro libri, l'opera del Cangiamila cominciava con l'analizzare le cause di morte dei nascituri (distinguendone tre categorie principali: l'aborto volon-tario e involontario, il decesso della madre e gli incidenti che sopraggiungevano durante i parti), e individuava nella pratica del parto cesareo post mortem il metodo più adatto per assicurare la salvezza eterna a tutti i feti e, in quello su donna viva, una grande opportunità di salvezza per madre e figlio. 3 Sulle Accademia siciliane del Settecento cfr., diffusamente, Scina, 1969; Alessi, 1925; Aricó, 1935; Maylender, 1926; Di Matteo, 1997, 37-56. In particolare sulle Accademie palermitane cfr. BCP, 1; Re Foti, 1921; Giuffrida, 1986; Giarrizzo, 1992, 9-18; diffusamente, Bentivegna, 1991; 1995, 35-141; Verga, 1999, 453-536. 4 Il Cangiamila narrava che "li 5 Ottobre del 1736 essendo morta una assai povera contadina della mia Parochia di Palma la Mammana [...] e D. Luciano Taibi eccellente Chirurgo, per molti anni ad-dottrinato, nello Spedale di S.Spirito in Roma, attestavano, che la Creaturina era morta da due giorni: ma io volli in ogni conto, che la Madre s'incidesse, e la Bambina trovossi viva, finche la battezzai [...]. Ella morí poi un quarto dopo, ed io feci, che si seppellisse con gran pompa" (Cangiamila, 1745, 139). 289 Carmen TRIMARCHI: PIETÄ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 Fig. 1: Ritratto di Francesco Emanuele Cangiamila dall'avanti frontespizio della Medicina sacra, pubblicata per i tipi di Solli a Palermo nel 1802, 39 anni dopo la sua scomparsa (di Gesu, 1995, 3). Sl. 1: Portret Francesca Emanueleja Cangiamile iz Medicine sacre, objavljene pri Solli v Palermu leta 1802, 39 let po njegovi smrti scomparsa (di Gesu, 1995, 3). 290 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 Lo scritto trattava, altresî, "Della carità di Dio verso i Bambini esistenti nell'utero materno, e degli altri ajuti, che a Sua imitazione debbono dar loro i Parenti, i Parochi, e i Vescovi" (Cangiamila, 1745, 43) per concludersi con un "Sermone, o sia Istru-zione da leggersi da' Parrochi, e poi spiegarsi al Popolo nella Festa de' Santi Innocenti, e ch'è un epilogo dell'opera presente" (Cangiamila, 1745, 273). Per arginare la piaga dell'aborto volontario, il Cangiamila riteneva essenziale una vigile azione pastorale che impedisse alle "Donne, spezialmente zitelle cadute in qualche furtiva disonestà" di ricorrere a un "rimedio sí scelerato [...] per la vergogna, o pe'l timore de' Parenti" (Cangiamila, 1745, 5) o spinte dalla povertà. L'aborto spontaneo, invece, doveva essere frenato insegnando alle donne gravide la condotta da tenere e le norme igieniche e sanitarie da seguire. Se poi l'aborto avveniva ugualmente, il feto doveva essere immediatamente battezzato; per questo il parroco doveva insegnare alle levatrici come somministrare il battesimo, che ri-chiedeva alcune accortezze tecniche. Nel caso di morte della madre durante il parto, egli sosteneva che si dovesse supplire "alla nascita naturale del bambino con una [pratica] artifiziale e chirurgica, volgarmente detta taglio cesareo" (Cangiamila, 1745, 173). Al Cangiamila, pero, non sfuggivano, né la diffusa sfiducia nei confronti delle possibilità di successo dell'operazione, né la presenza di una sensibilità collettiva che considerava "l'incidere una morta" un'azione particolarmente crudele e irrispettosa; per questo motivo non tralasciava di dedicare ampio spazio alla descrizione della validità dell'intervento, illustrando tutta una serie di casi in cui il feto era stato rin-venuto vivo. Si addentrava, poi, nei particolari tecnici dell'operazione, descritta con una accu-ratezza da manuale ostetrico, sottolineando come i parroci dovessero padroneggiare questi argomenti pratici, non solo per poterli insegnare a chirurghi e levatrici, ma per poter praticare loro stessi l'intervento in caso di necessità. Quest'ultima tesi era particolarmente dirompente: il corpo in questione era, infatti, un corpo femminile "da maneggiare" nelle sue parti "più vergognose", parti che "la decenza" - quando non anche appositi divieti normativi5 -, voleva non fossero toc-cate dalla mano maschile del chirurgo, figuriamoci da quella del sacerdote. Cosciente della gravità delle sue affermazioni, il Cangiamila, nel tentativo di persuadere il suo pubblico "Che in mancanza de' chirurghi, barbieri, mammane, ed altri periti, la carità obbliga ogni altro, eziando sacerdote, massime parroco, a fare il 5 Fino al XVI secolo l'opposizione alla presenza del medico maschio durante il parto era cosî radicata che la sua violazione era ascritta tra i reati più gravi. Emblematica, in questo senso, la vicenda di un medico di Amburgo, il dottor Veit, condannato al rogo perché sorpreso ad assistere un parto in vesti femminili. Ancora agli inizi del XVIII secolo, gli Statuti dell'Opera delle Donne partorienti di Torino (1728) vietavano al chirurgo che si recava a compiere un salasso, di indugiare nella sala del parto, una volta eseguito l'intervento. La storia del dottor Veit si trova in Pancino, 1981, 68. Gli statuti torinesi si trovano in Corradi, 1874-1877, 28. 291 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-3C6 taglio cesareo" (Cangiamila, 1745, 152), dedicava un ampio spazio a questo problema, sottolineando come la salvezza delle anime fosse da anteporre a qualsiasi altra considerazione. Nondimeno, per circoscrivere "lo scabroso intervento del parroco" nell'ambito delle eccezioni e superare le resistenze che parenti, medici e mammane potevano opporre a a quell'intervento, il Cangiamila suggeriva ai parroci sia l'applicazione di sanzioni morali (l'opposizione al taglio cesareo diveniva peccato mortale, equiparato all'omicidio) sia il ricorso alla forza pubblica (il sacerdote aveva il dovere, anzi l'obbligo, di rivolgersi alle autorità civili per una applicazione coatta dell'intervento) obbligando "i Magistrati laici [...] sotto peccato mortale a dare il loro braccio ausi-liario per isforzar i congiunti" (Cangiamila, 1745, 147). In questo contesto, la presenza di un'apposita legge dello Stato gli appariva in-dispensabile poiché "tutte le Leggi son belle, e buone, ma restano inutili, anzi si disprezzano, quando non si eseguiscono le pene, che esse minacciano contro i Tra-sgressori" (Cangiamila, 1745, 271). Questo coinvolgimento dell'autorità costituita rivela un aspetto particolarmente significativo dell'opera: quello relativo al rapporto del personale ecclesiastico con il potere politico. Il Cangiamila, infatti, pensando ad una azione di riforma legislativa utile alle esi-genze di carattere spirituale, guardava non solo all'azione pastorale della Chiesa e dei suoi ministri, ma anche a quella del potere politico e alle riforme che questi poteva introdurre nella società. Dimostrandosi, in qualche misura, "uomo dei lumi" egli estendeva la sua proget-tualità ben oltre il proprio settore di competenza, fino a suggerire riforme che ri-guardavano direttamente l'ambito politico, rivelandosi "interessato non solo ad un discorso teologico, ma alla sua traduzione concreta nella pratica; ad una trasfor-mazione sociale e civile più ampia, nella quale l'azione riformistica dello Stato" (Filippini, 1995, 83) aveva grande rilievo. Parallelamente, il Cangiamila affidava al potere religioso, rappresentato dai Vescovi, il varo di un insieme di apposite norme comprendenti "indulgenze" (Can-giamila, 1745, 267) per chi cooperava all'azione di salvezza, e punizioni, per chi le contrastava; ai parroci, invece, raccomandava di diffondere quanto più possibile la sua opera, servendosi, a questo scopo, dell' Istruzione da leggersi da' Parrochi, epilogo dell'Embriologia. L'interesse mostrato dal Cangiamila nei confronti del destino delle anime dei non nati si inseriva nel solco di un dibattito teologico antico, come antica era la raf-figurazione e la pratica, anche se sporadica, del taglio cesareo post mortem. Nel 1658, convincimenti del tutto simili a quelli presenti nell'Embriologia erano stati espressi da Geronimo Fiorentino che, nel suo De hominibus dubiis baptizandis seu de baptismo abortivorum (1658) sosteneva l'animazione immediata del feto dal 292 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 momento del suo concepimento, l'obbligo di battezzare tutti i feti e di praticare, a questo fine, il taglio cesareo sotto pena di peccato mortale. L'opera, nonostante l'ottima accoglienza ricevuta nelle facoltà teologiche di Parigi, Praga e Vienna, non era stata approvata dalla Curia romana che aveva prima censurato e, successivamente, messo all'indice il volume. Solo dopo che l'Autore aveva precisato che il trattato aveva carattere speculativo e che le tesi in esso contenute - prima tra tutte quella che stabiliva l'obbligatorietà del taglio cesareo - erano da considerarsi come una probabilità e non come un obbligo, il volume aveva ottenuto il consenso per una nuova ristampa.6 L'Embriologia sacra, invece, otteneva un successo straordinario, veniva appro-vata dalle autorità ecclesiastiche, fra cui l'inquisitore generale di Sicilia e arcivescovo di Monreale Francesco Testa, e da una parte del mondo laico e scientifico come, per esempio, da Augusto Gervasio, Protomedico del Regno di Sicilia.7 Ma perché opere tanto simili ricevevano accoglienze cosî significativamente differenti? Quali le sensibilità e gli atteggiamenti che il secolo dei lumi aveva visto mutare e che, in qualche misura, si riflettevano nell'opera del Cangiamila? Dal punto di vista teologico, il Settecento, vedeva il riaccendersi delle antiche dispute relative alle tematiche attinenti ai nati morti che, presenti sin dal Medioevo, traevano nuova linfa dalla diffusione delle tematiche filo gianseniste. In particolare, il fatto che il rigorismo giansenista destinasse i bambini morti senza battesimo alla pena del fuoco eterno e condannasse la pratica del battesimo in utero, rendevano la pratica del cesareo post mortem particolarmente cara agli eredi dei seguaci del vescovo di Ypres.8 Nonostante il Cangiamila non si professasse apertamente giansenista, alcuni elementi quali la letteratura giansenista riportata nell'Embriologia e i suoi rapporti personali con Giovanni Di Giovanni, il prelato in "odor di giansenismo" di cui egli prese pubblicamente le difese contro gli attacchi dei gesuiti,9 nonché il fatto stesso che quella agrigentina fosse una delle diocesi più "contagiate" dal giansenismo iso-lano, fanno pensare ad una sua vicinanza agli ambienti filo giansenisti siciliani.10 Il nostro sacerdote-teologo, pero, non condivideva affatto il tradizionale atteg-giamento pessimistico-passivo tipico del rigorismo giansenista; davanti alla perdita di tante anime condannate al fuoco dell'inferno, egli reagiva con determinazione, tentando di trovare i mezzi per salvarne il maggior numero possibile. 6 Questa vicenda si trova in Cangiamila, 1745, 55-59; Gélis, 1984, 504-505; Filippini, 1995, 63. 7 Un'antologia di giudizi positivi sull'Embriologia Sacra è pubblicata dalla stesso Cangiamila nelle diverse edizioni del testo, in particolare nella seconda edizione latina del 1763 (la prima è del 1758) alle pagine VII-X. 8 Sull'articolazione del dibattito in Italia e per approfondimenti bibliografici cfr. Filippini, 1995, 70-77. 9 Su questa vicenda si vedano Scinà, 1969, 189-190; Romano, 1983, 107-119. 10 Sulla corrente filo giansenista siciliana cfr. Condorelli, 1957, 305-386; Romano, 1983, 32-38; Benti-vegna, 1991, 147-160. 293 Carmen TRIMARCHI: PIETA E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 EMBRIOLOGIA SACRA OVERO DELL' V F P I Z I O DE' SACER.DOTI, MEDICI, E SUPERIOR!, Circa J' eterna falutc dc" Bambini racchiufi ncJl'utero. Libri Quattro DI FRANCESCO EMANULLLO cangiamila paler m r t a n o Dottoic in Teología, t ncli' una , e I* ultra l-cgrr DEDiCATI AL CONTE GIUSEPPE EMANUELLO VENTIMIGL J A Principe di Bclmoutc, Pretor di Palermo. Videlc ne tontemnaiit Uttum tu bit PitfilUt, Matth. 18.10. IN PALERMO MDCCXLV. Nclla Siampcria di Francefco Valcnza Regio Itnprefsorc dclla SS, Crociata. Cm Uc£"¿o e'e'Superior!,e I'rivihgg 'u, Fig. 2: Frontespizio della 'Embriologia sacra ...', edizione in lingua italiana, Palermo, 1745. Sl. 2: Naslovnica dela 'Embriologia sacra ...', italijanska izdaja, Palermo, 1745. 294 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-3C6 Il modello di sacerdozio cui pensava il Cangiamila era quello di un apostolato interamente calato nel mondo, che si poneva al servizio della pietà verso il "prossimo non nato" e faceva delle 'culture alte', segnatamente quella teologica e quella medica, uno strumento per tracciare un "ruolo attivamente mondano della Chiesa, intesa come comunità di fedeli e come istituzione" (Bentivegna, 1991, 67). Allo scopo di salvare le anime dei non nati, il parroco, per usare un'immagine cara agli "storici della nascita",11 non doveva stare al di fuori dalla scena del parto bensî occuparvi una posizione centrale sia in senso metaforico che, all'occorrenza, fisico, bastandogli, allo scopo, le istruzioni presenti nel volume. Il Cangiamila, oltre a dimostrare una buona conoscenza delle tecniche ostetriche, manifestava una grande fiducia nei confronti delle sperimentazioni scientifiche. Il rapporto che egli tratteggiava tra il medico e il sacerdote, cosî come tra la scienza e la religione, risultava pero nettamente verticale. La diagnosi e la terapia dettate dal clinico dovevano essere seguite fino a quando non entravano in collisione con le indicazioni morali-religiose: in caso di veto o di parere differente l'ostetrico doveva seguire le indicazioni del sacerdote. Questa po-sizione si evidenziava a proposito del parto cesareo post mortem, ritenuto dal Cangiamila sempre necessario ed obbligatorio, anche contro il parere dei medici. Al sacerdote spettava il compito di consigliare i medici e sorvegliare le levatrici, provvedendo non solo alla formazione spirituale di queste ultime ma anche a quella professionale poiché, annotava l'Autore, "assai spesso le levatrici nulla più ignorano dell'arte ostetrica, per non dire che alcune paiono destinate più a perdere che a far nascere gli infanti: tanta è la loro viltà e ingenerosità. Le quali, se derivano per lo più da imperizia, talora son frutto di turpe cattiveria e le portano a uccidere i neonati senza battesimo e le stesse madri" (Cangiamila, 1745, 2C8). L'atteggiamento del Cangiamila nei confronti delle levatrici era severo, quando addirittura non denigratorio. Egli non esitava ad accomunarle alle donne di malaffare, essendo come quelle disponibili a procurare aborti. In tal senso ne descriveva la superstizione e l'ignoranza, elementi che quasi vanificavano i tentativi di insegnare loro a somministrare il battesimo in caso di necessità. A questo proposito, il Cangiamila narrava di due levatrici della sua parrocchia, osservando come "Con una si fatigo molto tempo indarno. Dell'altra dopo dieci anni non mi potei assicurare, che proferisse giusta la forma. Apprendono talora le av-vertenze che loro si fanno essere dilicatezze superflue ed inutili e credono la lepre e la lebbra, Berardino e Brigantino essere lo stesso" (Cangiamila, 1745, 74-75). L'opera, pertanto, si faceva interprete di quel processo di marginalizzazione della figura della levatrice che, avviatosi negli stati europei verso la metà del Settecento, si concludeva intorno alla fine del secolo, quando, da figura essenziale della società 11 Per approfondimenti bibliografici si rinvia a Filippini, 1995, note 1-8. 295 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 tradizionale, l'ostetrica assumeva sempre più le "caratteristiche di esercente sanitaria controllata, dai compiti definiti," avviandosi "a diventare quella figura" cui compe-teva "oltre all'assistenza "minore" del parto, l'espletamento delle pratiche "illecite" di controllo e di limitazione delle nascite" (Filippini, 1985, 149). Il ridimensionamento del ruolo delle mammane andava di pari passo con l'af-fermarsi della pratica del parto cesareo su donna in vita alla quale il Cangiamila, attento testimone del proprio tempo, dedicava il terzo libro della sua opera. La seconda metà del Settecento, infatti, segnava un punto di svolta nella storia del cesareo su donna in vita, determinando non solo la ripresa del dibattito in sede scientifica ma anche, sopratutto negli ultimi decenni del secolo, l'inizio della sua sperimentazione pratica. Fino a quel momento, a bloccare l'intervento alle soglie del campo teorico, oltre alle preoccupazioni sulla mortalità conseguente all'atto operatorio, stavano ragioni culturali, scientifiche e morali: la presenza di un immaginario della nascita che privilegiava la figura materna rispetto a quella del nascituro; il rispetto delle leggi della natura considerate espressione del volere di Dio; il persistere di una tradizione di assistenza ostetrica femminile in cui la presenza del chirurgo era straordinaria, se non espressamente vietata. Perché il taglio cesareo passasse dalla sfera teorica a quella pratica occorreva che questo insieme di concezioni e sensibilità subisse dei cambiamenti profondi. Era quando accadeva nella seconda metà del Settecento quando, la nascita, da affare interno alla vita privata, diveniva un affare pubblico sul quale cominciava a con-centrarsi l'attenzione di uomini politici, scienziati, medici e filosofi. Nell'analizzare questo fenomeno, gli studi di storia sociale (Gélis, 1984, 57-89; Pancino, 1984, 438) hanno evidenziato come l'affermarsi di un nuovo concetto di cittadinanza occupasse sicuramente un posto di rilievo tra i fattori di ordine culturale, economico e politico che ne costituivano la genesi. A partire, infatti, dal momento in cui con l'Illuminismo si affermava una con-cezione dello Stato come insieme di cittadini e corpo sociale, la sua cura assumeva una valenza particolare, si faceva oggetto di interesse pubblico divenendo segno del valore di ogni buon Sovrano, poiché, come annotava Lodovico Antonio Muratori, "di grande importanza è l'Arte Medica per la Felicità di un popolo" e bisogna "rico-noscere nella Medicina un'arte non solo degna di stima e di onore, ma anche riguardarla come un aiuto, di cui abbisogna ogni ben regolata Repubblica per la salute e vita dei cittadini" (Piccinini, 1930-1931, 5). L'interesse demografico diveniva, cosî, interesse politico: "Un Etat n'est fort que du nombre de ses sujets" (Gélis, 1984, 71) era un'assioma dei Philosophes. La lotta contro le malattie che indebolivano il corpo sociale acquistava un particolare rilievo: intorno ad essa si organizzava la "polizia medica" cui, nell'accezione della politica illuministica, spettava l'elaborazione di una vera e propria strategia di sviluppo de- 296 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 mografico ed economico diretta, oltre che alla prevenzione delle malattie, "al con-trollo dell'apprendistato dei mestieri e delle corporazioni" e all'elaborazione di "piani "formativi" per un comportamento sessuale finalizzato a un aumento della ripro-duzione e dei matrimoni" (Panseri, 1980, 191-192). In questo contesto, nei principali paesi europei, le nuove normative riguardanti le professioni sanitarie e l'apertura di ospizi per partorienti erano destinate a divenire, nel campo della nascita, le iniziative pubbliche di maggior impatto. I nuovi regolamenti andavano a modificare direttamente il rapporto medico-leva-trice sancendo il drastico ridimensionamento del ruolo che la tradizionale assistenza femminile giocava "sulla scena del parto." Stabilendo, infatti, "l'assunzione da parte del medico-maschio della pratica ost-etrica in qualità di operatore più qualificato" (Filippini, 1985, 149), le nuove regole professionali ridimensionavano fortemente il ruolo della levatrice (fino a quel momento unico punto di riferimento per le partorienti) alla quale adesso veniva vietato l'uso di tutti gli strumenti ostetrici e perfino di effettuare le operazioni manuali, tradizionali risorse terapeutiche delle mammane. L'assistenza ostetrica veniva scomposta e divisa nelle due diverse figure del chirurgo e della levatrice: ai primi veniva assegnata l'assistenza ai parti difficili, mentre alle seconde, sottoposte adesso ad un rigido controllo da parte delle istituzioni (cfr. Filippini, 1985, 149-151), veniva lasciata l'assistenza ai soli parti naturali. Contemporaneamente, in tutta Europa, si assisteva all'apertura di ospizi per parto-rienti12 dove, all'obiettivo di prevenire aborti e infanticidi, fornendo alle gravide ille-gittime un luogo dove rifugiarsi, si univa quello scientifico dato che le donne rico-verate erano obbligate a prestarsi agli esperimenti e alla formazione clinica degli stu-denti, secondo un programma di "polizia medica" che, nello spazio riconosciuto all'ostetrico e nell'investimento istituzionale in questo campo, trovava la spinta determinante all'avvio delle sperimentazioni cesaree. Cosî, attorno alla metà del Diciottesimo secolo, l'intervento cesareo cominciava ad affermarsi come una alternativa possibile, anzi preferibile agli abituali interventi di craniotomia ed embriotomia che, sacrificando il bambino, davano, pero, alla madre ampie possibilità di salvezza. Con il taglio cesareo, invece, visto l'altissimo tasso di mortalità materna,13 si sceglieva di privilegiare la vita del bambino rispetto a quella della madre: si decideva di sacrificare la madre al figlio. 12 All'apertura della case di maternità di Stasburgo (1728), Berlino (1751), Vienna (1762) e Copenaghen (1762) seguivano, anche in Italia, quelle di Milano (1781), Cremona (1782), Verona (1800), Brescia (1805) e l'apertura delle cliniche universitarie di Padova e Pavia (1819), cfr. Filippini, 1985, 115. Sugli ospizi per partorienti in Italia si veda Filippini, 1992a, 38-43 e Filippini, 1992b, 395-412. 13 Fino alla metà del Diciannovesimo secolo ca., le conoscenze della scienza medica non furono in grado di fronteggiare le conseguenze operatorie del taglio cesareo che raggiunse, in alcuni paesi e in determinati periodi, una mortalità materna pari al 100%. Cfr. su tutti, diffusamente, Filippini, 1995. 297 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-3C6 Sotto questo punto di vista, la "sperimentazione cesarea" rappresentava qualcosa d'altro e di diverso di una semplice innovazione terapeutica; era una rottura profonda nella tradizione ostetrica tradizionale che considerava la vita del bambino che stava per nascere meno importante rispetto a quella della madre e che, nelle situazioni a rischio, o si asteneva da ogni intervento, oppure interveniva a scapito del bambino nel tentativo di salvare la madre, ritenuta detentrice di un maior ius.14 La Chiesa cattolica, dal canto suo, dopo aver manifestato per secoli un atteg-giamento di netto rifiuto nei confronti del taglio cesareo su donna in vita e di tol-leranza nei confronti dell'embriotomia aveva cominciato, già nel corso del Dicias-settesimo secolo, a rivedere le proprie posizioni. In questo senso, lo spartiacque puo essere considerato il De ortu infantium contra naturam per sectionem caesaream tractatio pubblicato, nel 1637, dal gesuita francese Theophile Raynaud. Raynaud circoscriveva la liceità dell'operazione cesarea alle sole situazioni estreme: solamente quando le altre strade risultavano impercorribili e vi era la cer-tezza della morte dei due individui, il chirurgo era autorizzato a stravolgere l'ordine della natura senza macchiarsi di presunzione. Quanto alla questione più spinosa, quella della scelta tra la vita della madre e del figlio, il gesuita d'oltralpe cercava di conciliare la posizione tradizionale della Chiesa con l'affermazione dei nuovi principi morali. A favore della madre, rifacendosi alla classica teoria di Tertulliano (160ca-t220) egli scriveva di un feto aggressore il cui sacrificio doveva essere interpretato come azione di legittima difesa da parte della donna, iscrivibile al piano della giustizia. Accanto a questa riproposizione del principio di giustizia, egli inseriva, pero, quello di carità: se la giustizia poteva consentire che si sacrificasse il feto, la carità, al contrario, chiedeva che si privilegiasse la sua vita e sebbene la madre potesse, senza commettere ingiustizia, preferire se stessa, essa non poteva farlo senza mancare al comandamento più importante: quello dell'amore. Con questa distinzione tra giustizia e carità, diritto e amore, le tesi di Raynaud, pur non condannando ancora l'embriotomia, rappresentarono il punto di partenza di quell'opera di aperto sostegno del parto cesareo che la Chiesa cattolica avrebbe mes-so in atto nel corso del Settecento e che sarebbe culminata, nel 1884, con la condanna da parte del Santo Uffizio dell'embriotomia. Proprio le tesi di "Francesco Rainaudo" fornivano al Cangiamila le basi teolo-giche per affrontare l'argomento del cesareo in vita: "la salute eterna di questo [il figlio] benché soltanto probabile, preponderi sempre al dolore, e al pericolo probabile 14 I principi teorici che riconoscevano alla madre questo antico maior ius erano quelli della legittima difesa, dell'antichità del diritto e dei gravi danni provocati dalla sua morte. Nel primo caso, il feto veniva paragonato ad un aggressore, dal quale la donna doveva difendersi, gli altri due principi si basavano su un concetto di individuo costruito sulla base di rapporti sociali ed affettivi già esistenti. 298 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 della morte di quella [la madre], se non ex justitia, almeno ex charitate" (Cangiamila, 1745, 178). In questo modo, l'accettazione della pratica cesarea diveniva un obbligo morale per la madre oltre che, naturalmente, per il curato cui spettava "non solo il fare, che le sue Pecore osservino la divina Legge, ma il guidarle ancora a tutte le più fine virtù, e se si puo alla più sublime, ed eroica perfezione" (Cangiamila, 1745, 203). Il nostro teologo, spingendosi, ancora una volta, oltre la soglia teologico-morale, spiegava il mutamento degli orientamenti ecclesiastici alla luce delle scoperte e degli avanzamenti della scienza medica; ció che obbligava la madre "sotto grave peccato a farsi incidere, anzi a farne essa stessa l'istanza per la salute eterna del Bambino" (Cangiamila, 1745, 178) era, infatti, "la perizia odierna della Chirurgia" che aveva mostrato che si poteva "insieme salvare il Figlio, e non uccidere la Madre" (Cangiamila, 1745, 175). A supporto del suo discorso, il Cangiamila, per un verso utilizzava gli studi dei cesaristi15 più convinti, "sopra tutti [...] Francesco Roussetto Francese" (Cangiamila, 1745, 175), per l'altro confutava quelli degli oppositori al taglio cesareo, come, per esempio, Giovan Battista Bianchi (Cangiamila, 1745, 180-194). I progressi della medicina fornivano al Cangiamila un valido sostegno scientifico perchè l'operazione cesarea divenisse un obbligo morale anche per il medico, il quale non proponendo "questo salutare rimedio [...] non solo peccherebbe, ma meriterebbe gastigo dall'autorità pubblica" (Cangiamila, 1745, 207). Al medico e al sacerdote spettava, poi, il compito di sorvegliare l'operato delle mammane, "più atte ad uccidere il Bambino, che a salvarlo" (Cangiamila, 1745, 207). Dunque, anche a proposito del cesareo in vita, il Cangiamila, utilizzando il sapere della medicina, indicava alla scienza itinerari aderenti ai suoi piani e alle sue esigenze, ribadendo quel rapporto verticale tra scienza e religione che, come abbiamo visto esaminando il cesareo post mortem, giustificava anche il ricorso alla forza pub-blica. I desiderata legislativi dell'abate siciliano trovavano attuazione nella Pragmatica unica, De Usu Partus cœsarei promulgata, il 9 agosto del 1749, da Carlo III, Re delle Due Sicilie e futuro Re di Spagna. Decisamente ispirata dal lavoro del Cangiamila, la prammatica borbonica (prima normativa del genere in Europa) non era una "semplice legge" regolante il parto cesareo bensí una normativa, dal carattere più ampio, diretta ad impedire la perdita dei feti. 15 I termini "cesarista" e "anticesarista" utilizzati per indicare, rispettivamente, i sostenitori e gli op-positori del parto cesareo mutuano dall' École anti-césarienne, scuola ostetrica fondata a Parigi nel 1798 che, come si evince dal nome, si contrassegnava per il suo deciso rifiuto del parto cesareo. Sulle caratteristiche di questa scuola e la sua organizzazione cfr. Filippini, 1992c, 49-80. 299 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 Come l'Embriologia, la prammatica si proponeva di rimuovere la "detestabile negligenza" dimostrata dal popolo nei confronti dei feti, liberandoli "dall'immatura morte" o, quantomeno, facendogli guadagnare "l'eterna felicità con la lavanda del Santo Battesimo" (Pragmatica, 1773, 292). I quattordici articoli di cui si componeva la legge dettagliavano, in maniera severa e puntuale, sia i modi e i termini stabiliti per l'esecuzione del taglio cesareo post mortem, reso obbligatorio su ogni donna "di qualsiasi grado e condizione" (Pragmatica, 1773, 293) ed a qualsiasi epoca della gravidanza, sia le misure preventive riguardanti l'aborto, "vietato a qualunque gravida, in qualsisia escogitabile maniera" (Pragmatica, 1773, 297). Oltre che attraverso la previsione di pene severe - l'opposizione al parto cesareo e il procurato aborto erano equiparati all'omicidio -, la legge prevedeva una rete di vigilanza intorno alla donna gravida: dalla famiglia ai vicini di casa, dal medico al sacerdote, tutto il contesto sociale che ruotava attorno alla donna "rispondeva in solido" con essa del compimento della sua gestazione. Nemmeno la difesa dell'onore, cosî avvertita nella società del tempo, poteva derogare il dettato della legge che, a questo proposito, raccomandava agli operatori "prudenza, fugacità, e segreto" (Pragmatica, 1773, 296), ma non ammetteva ec-cezioni. Nel 1750, veniva istituita la "Deputazione dei Proietti" cui, sotto la direzione del Cangiamila, veniva affidato il controllo sugli esposti e sulla pratica del taglio cesareo; i parroci erano obbligati a compilare un resoconto periodico sui cesarei praticati, sugli aborti, sulle gravidanze illegittime. La produzione di norme atte a regolamentare la pratica cesarea non riguardava la sola Sicilia; anche l'Impero d'Austria (1757), la Repubblica Veneta (1760) il Ducato di Milano (1764), la Spagna (1761), il Messico (1772), alcuni stati tedeschi (Württemberg, 1775; Francoforte, 1786; Ducato di Assia-Kassel, 1787; Ducato di Lippe-Detmond, 1788) e, infine, tutte le colonie spagnole d'Oltreoceano (1804) vararono, in quel torno d'anni, leggi dirette ad imporre l'esecuzione del taglio cesareo sulle donne morte gravide (cfr. Filippini, 1995, 109, 140). Attorno alla seconda metà del Settecento, dunque, l'antico sostegno della Chiesa nei confronti della pratica del parto cesareo post mortem incontrava l'interesse legislativo degli Stati che, nell'ottica di un più generale potenziamento demografico, estendevano la protezione riconosciuta al "cittadino nato" a quello "non nato", nell'intento di garantirgli il passaggio da una condizione all'altra. Tuttavia, nel corso del secolo successivo, i risultati ottenuti dall'applicazione concreta dell'operazione, talmente sconfortanti da renderla invisa alla comunità scien-tifica,16 ed un mutato clima religioso, caratterizzato dal rafforzamento delle posizioni 16 La letteratura medica europea ottocentesca registrava una media di feti salvati con il cesareo post mortem pari al 5% (1,3% della sola citta di San Pietroburgo, 2,8%, 12% della Francia etc.). L'ope- 300 Carmen TRIMARCHI: PIETÄ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 gesuite e dall'indebolimento di quelle gianseniste, destinavano questa pratica ad un inesorabile declino. Con particolare riferimento alle tematiche riguardanti i neonati morti senza battesimo, alla tragica visione giansenista che immaginava le loro anime bruciare in eterno nelle fiamme dell'inferno, la Compagnia di Gesu contrapponeva l'assai meno angosciante convincimento che, come annotava il padre della Chiesa Antonio de' Liguori, essi non ricevessero "nell'altra vita né premio né pena" (de' Liguori, 1834, nota 10). In materia battesimale, l'affermarsi di questo principio - che, comunque, non negava l'importanza dell'intervento ai fini spirituali - portava, pur nell'ambito di un piu complessivo mutamento del modello comportamentale del sacerdote, al super-amento del "cesarismo militante" del Cangiamila. Cosí, per esempio, monsignor Pietro Rivarolo ne Il Governo della Parrocchia considerato nei suoi rapporti colle leggi dello Stato rappresentava il cesareo post mortem come una "delle piu difficili operazioni dell'arte chirurgica" che esigeva "somma abilita e perizia" (Rivarolo, 1871, 47) e che, pertanto, era di stretta com-petenza del chirurgo. Ai parroci si chiedeva, ora, di svolgere opera di convincimento e di predis-posizione dell'intervento, ma di astenersi da ogni "iniziativa forte" in caso di op-posizione del medico o della famiglia. Il decalogo del "buon sacerdote" prevedeva predicazione, persuasione, ma nessuna imposizione e, men che mai, l'utilizzo della forza pubblica. L'opinione generalmente accettata che il parroco non dovesse "far da sé una sí difficile operazione e neppure [...] commetterla da persone imperite" (Rivarolo, 1871, 157) veniva sancita da un decreto del Sant'Uffizio che, nel 1899, recitava: "Sua Santita ammonisce e proibisce espressamente, che i missionari in casi particolari si ingeri-scano nel richiedere la sezione [cesarea] e molto meno nel farla" (Filippini, 1995, 339). Dunque, nessun obbligo formale, ma solo un imperativo etico poteva giustificare la pratica del cesareo post mortem, cosí come, del resto, quella del cesareo su donna in vita. Quanto stabilito dal Sant'Uffizio, a fine Ottocento, consegnava al passato l'Embriologia Sacra. Nel secolo caratterizzato dal positivismo, il tipo di sacerdote cui pensava il Cangiamila, pronto, all'occorrenza, a "farsi ostetrico" era divenuto incon-cepibile. La distinzione tra il compito del medico e quello del sacerdote si profilava cosí netta da non lasciare margini di ambiguita; la funzione del medico era, per eccellenza, iscritta nel mondo della scienza, quella del sacerdote era tutta interna alle pratiche morali. Le "strategie laiche e religiose" atte a salvare il maggior numero possibile di razione rivelava, dunque, la sua scarsa efficacia, con il risultato, come registrava Alfonso Corradi, illustre clinico e storico della medicina, di non raggiungere "il proprio fine civile e soltanto in mi-nimissima proporzione il religioso" (Corradi, 1874-1877, 273). 301 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 "Bambolini" (Cangiamila, 1745, VII) non ancora nati puntavano, adesso, sul taglio cesareo su donna in vita che, supportato dalle nuove scoperte della scienza medica e dal definitivo appoggio della Chiesa, entrava ufficialmente nella pratica ostetrica. Del parto cesareo post mortem, destinato a diventare il simbolo di una "barbarie" oltre che di un fallimento della medicina, la legislazione sanitaria emanata dal Regno d'Italia non avrebbe fatto cenno (cfr. Betri, Gigli Marchetti, 1982). Francesco Emanuele Cangiamila, nominato, nel 1753, Inquisitore generale del Regno e Arcivescovo di Monreale, si dedico con passione al perfezionamento e alla diffusione della sua opera, più volte ripubblicata e tradotta in latino (1758), francese (1762), spagnolo (1774) e portoghese (1791-1792). La sua attività proseguiva in-stancabilmente fino alla morte che, lo coglieva a Palermo, all'età di 61 anni, il 7 gennaio 1763. USMILJENJE IN RELIGIOZNA KULTURA NA SICILIJI V 18. STOLETJU: EMBRIOLOGIA SACRA FRANCESCA EMANUELEJA CANGIAMILE Carmen TRIMARCHI IT-98121 Messina, Via Onofrio Gabriele is. 505/a, n. 5 e-mail: carmen.trimarchi @ tiscali .it POVZETEK Embriología Sacra, katere pisec je bil dekan palermske dekanije Francesco Emanuele Cangiamila in je bila objavljena v Palermu leta 1745, se umešča v središče tistega religioznega in laičnega zanimanja za "nerojenega državljana", ki je bilo v drugi polovici 18. stoletja skupno katoliški Cerkvi in številnim evropskim državam. Avtorjev namen je bil ozavestiti duhovnike, zdravnike, oblasti in navadne ljudi v zvezi s fizično in duhovno usodo otrok, ki so ostali v maternici, istočasno pa izoblikovati strateške načrte, s katerimi bi lahko rešil kar največfetusov pred smrtjo in peklenskim ognjem. Za dosego svojega cilja se je Cangiamila, ki ni bil zdravnik, ampak pravnik in teolog, približal dvema "drugačnima" oblikama vednosti - eru-ditski, moški in zapisani vednosti kirurgov, ter ljudski, ženski in ustni vednosti babic. Na tej podlagi je zasnoval "skorajda razpravo o porodništvu;" njeno poznavanje je vsem, ki so obkrožali nosečnico (na čelu z duhovnikom), omogočalo, da rešijo vsaj duhovno življenje fetusa, če že telesnega niso mogli. Cangiamilovo delo je razdeljeno na štiri knjige in se začenja z analizo vzrokov za smrt nerojenih otrok, pri čemer ločuje tri poglavitne kategorije (namerni in nenamerni abortus, materina smrt in nesreče, ki se dogajajo med porodom). Praksa carskega reza post mortem je v njem opredeljena kot najprimernejša metoda, ki zagotavlja večno odrešitev; če pa ga opravijo pri živem telesu, imata mati in otrok dobre možnosti za preživetje. 302 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 L'Embriologia ni postala zgolj izredna založniška uspešnica, temveč se je okoli nje izoblikoval tudi močan politični konsenz. Leta 1749 je namreč kralj Karel III. Burbonski izdal Pravila o abortusu in carskem rezu post mortem (ki so jim sledile podobne pravne smernice v najpomembnejših evropskih in južnoameriških državah), katerih vsebina je bila povzeta po delu sicilijanskega opata. Ključne besede: krst, Cangiamila, Embriologia, babice, carski rez, 18. stoletje FONTI E BIBLIOGRAFIA BCP, 1 - Biblioteca comunale di Palermo (BCP). Delle accademie letterarie di Palermo antiche e moderne e di altre con esse città della Sicilia che si sono fatte belle dell'istesso culto, colle miniature a colori dei loro stemmi e imprese che pero le fanno or rifiorire. Commentario istorico di Francesco M. Emanuele e Gaetani, principe di Villabianca. Ms. Qq. E. 101. BCP, 2 - BCP. Della necessità di esservi in Palma Medici stipendiati dalla Uni-versità. Ms. del XVIII sec., in fog. 2 Qq H1, n.22. Antonelli, J. (1932): Medicina pastoralis in usum confessiorum, professorum theo-logiae maralis et curiarum ecclesiasticarum. Romae. Cangiamila, F. E. (1745): Embriologia sacra, ovvero dell'uffizio de' sacerdoti, medici e superiori circa l'eterna salute de' bambini racchiusi nell'utero. Palermo, Francesco Valenza Regio Impresore della SS. Crociata. Cangiamila, F. E. (1758): Embryologia Sacra, sive de officio sacerdotum, medi-corum et aliorum circa aeternam parvulorum in utero existentium salutem. Libri quatuor. Panormii, Typis Francisci Valenza. Cangiamila, F. E. (1762): Abrégé de l'Embryologie Sacrée ou Traité des Devoirs des Prêtes, des Médecins, des Chirurgiens et des Sages-Femmes envers les Enfants qui sont dans les sein de leurs mères. Par M.l'Abbé Dinouart, Chanoine de l'Eglise Collégial de Saint Benoît et de l'Académie des Arcades de Rome. Paris, Chez Bailly. Cangiamila, F. E. (1763): Embryologia sacra, sive de officio sacerdotorum, medi-corum et aliorum circa aeternam parvulorum in utero existentium salutem. Ve-netiis, Coleti. Cangiamila, F. E. (1774): Embriologia Sagrada. O Tratado de la obligacion que tienen los Curas, Confesores, Médicos, Comadres, y otras personas, de cooperar á la salvacion de los Niños que aun non han nacido, de los que nacen al parecer muertos, de los abortivos, de los monstruos, traducida del francés al castellano por el Doctor Don Joanquin Castellot. Madrid, Imprento de Pedro Morin. 303 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-3C6 Cangiamila, F. E. (1791-1792): Embriologia Sagrada ou Tratado da obrigaçao que tem os Párrocos, Confessores, Medicos, cirurgioes, Parteiras de cooperar para a salvaçao de meninos, que ainda nao tem nascidos; dos quem nascem, ao parecer mortuos; dos abortos, dos monstros, Vai inserto hum tratado sobre o modo de restituir sa funçoes vitae sos affogados. Cum varia estampas correspondentes ás materias. Lisboa, Regia Officina Typografica. Cangiamila, F. E. (2001): Embriologia sacra, ovvero dell'uffizio de' sacerdoti, medici e superiori circa l'eterna salute de' bambini racchiusi nell'utero. 1745. Ri-stampa anastatica. Roma, CIC Edizioni Internazionali. Crema, L. (1764): Elogio Storico di Monsignor D. Francesco Emanuele Cangiamila Palermitano, estratto da' libri di memorie della Venerabile Congregazione della Dottrina Cristiana di Palermo, e pubblicato colle stampe l'anno MDCCLXIV. Palermo. de' Liguori, A. (1834): Opera dogmatica contro gli eretici pretesi Riformatori. Ve-nezia, Antonelli. Florentinus, J. (1658): De Hominibus dubiis Baptizandis seu de Baptismo abortivorum. Lugdunii. Muratori, L. A. (1727): Lamindi Pritanii de ingeniorum moderatione in religionis negotio, ubi quae jura, quae frena futura sint homini christiano in inquirenda et tradenda veritate, ostenditur: et Sanctus Augustinus vindicatur a multiplici censura Joannis Phereponi. Venetiis, Sebastianum Coleti. Muratori, L. M. (1745): Della regolata devozione dei cristiani. Venezia. Muratori, L. M. (1749): La pubblica felicità oggetto de' buoni Principi. Venezia, Lucca. Pragmatica (1773): Pragmaticarum Siciliœ Regni. Tomus quartus. Panormi, Bentivegna. Raynaud, T. (1637): De ortu infantium contra naturam per sectionem caesaream tarctatio. Lugduni, Gabriel Boissart. Rivarolo, P. (1871): Il Governo della Parrocchia considerato nei suoi rapporti con le leggi dello Stato. Vercelli. Betri, M. L., Gigli Marchetti, A. (eds.) (1982): Salute e classi lavoratrici dall'Unità al fascismo. Milano, Franco Angeli. Alessi, L. (1925): Le Accademie di Sicilia nel Settecento. Palermo, Travî. Antonelli, J. (1932): Medicina pastoralis in usum confessiorum, professorum theo-logiae maralis et curiarum ecclesiasticarum. Romae. Arico, L. (1935): Sicilia Accademica (sec. XVII e XVIII). Palermo, Scuola Tipografica Ospizio di Beneficenza. Bentivegna, G. (1991): Dal riformismo muratoriano alla filosofía del Risorgimento. Contributi alla storia intellettaule della Sicilia. Napoli, Guida. 3C4 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 Bentivegna, G. (1995): Filosofia e politica nella tradizione della Sicilia del primo Settecento. Archivio Storico per la Sicilia Orientale, 91. Catania, 35-141. Condorelli, M. (1957): Stato e Chiesa nel pensiero degli scrittori giansenisti siciliani del secolo XVIII. Il Diritto Ecclesiastico, 68. Pisa - Roma, 305-386. Corradi, A. (1874-1877): Dell'Ostetricia in Italia dalla metà del secolo scorso fino al presente. Commentario di Alfonso Corradi in risposta al programma di concorso della Società Medico-chirurgica di Bologna per l'anno 1871. Bologna, Gamberini e Parmeggiani. De Stefano, A. (1951): L. A. Muratori e la cultura siciliana del suo tempo. In: Miscellanea di Studi muratoriani. Atti e Memorie del Convegno di studi storici in onore di L. A. Muratori (Modena 14-16 aprile 1950). Modena, Aedes Mura-toriana, 102-113. di Gesù, G. (1995): Francesco Emanuele Cangiamila. Palermo, Accademia Nazio-nale di Scienze Lettere e Arti. di Matteo, S. (1997): Accademie e cultura accademica nella Sicilia del Settecento. Rassegna siciliana di storia e cultura, 2. Palermo, 37-56. Fasoli, G. (1951): Il Muratori e gli eruditi siciliani del suo tempo. In: Miscellanea di Studi muratoriani. Atti e Memorie del Convegno di studi storici in onore di L. A. Muratori (Modena 14-16 aprile 1950). Modena, Aedes Muratoriana, 115-120. Filippini, N. M. (1985): Levatrici e ostetricanti a Venezia tra Sette e Ottocento. Quaderni Storici, 20, 58. Bologna, 149-180. Filippini, N. M. (1992a): Madri senza nome. Gli ospizi di maternité in Italia tra Sette e Ottocento. Storia e Dossier, 60. Firenze, 38-43. Filippini, N. M. (1992b): Gli ospizi per partorienti e i reparti di maternità tra Settecento e Ottocento. In: Betri, M. L., Bressan, E. (eds.): Gli ospedali in area padana tra Settecento e Novecento. Milano, Franco Angeli, 395-412. Filippini, N. M. (1992c): Ostetricia naturale e ostetricia chirurgica: uno scontro di culture e di scuole nella Parigi di fine Settecento. In: Sbisa, M. (ed.): Come sapere il parto. Storia, scenari, linguaggi. Torino. Rosenberg e Sellier, 49-80. Filippini, N. M. (1995): La nascita straordinaria. Tra madre e figlio la rivoluzione del taglio cesareo (sec. XVIII-XIX). Milano, Franco Angeli. Gélis, J. (1984): L'arbre et le fruit. La naissance dans l'occident moderne XVI-XIX siècle. Paris, Fayard. Giarrizzo, G. (1989): La Sicilia dal Vespro all'Unità d'Italia. In: Galasso, G. (ed.): Storia d'Italia. Vol. XVI. Torino, UTET. Giarrizzo, G. (1992): Cultura e economia nella Sicilia del '700. Caltanissetta - Roma, Salvatore Sciascia. Giuffrida, R. (1986): Presentazione alla ristampa anastatica degli Statuti dell'Ac-cademia palermitana del Buon Gusto. Palermo, Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti. 305 Carmen TRIMARCHI: PIETÀ E CULTURA RELIGIOSA NELLA SICILIA DEL SETTECENTO ..., 287-306 Maylender, M. (1926): Storia delle Accademie d' Italia. Vol. I-V. Bologna, Forni. Pancino, C. (1981): L'assistenza al parto dalla pratica femminile all'intervento medico. In: Pizzini, F. (ed.): Sulla scena del parto: luoghi, figure, pratiche. Milano, Franco Angeli, 62-80. Pancino, C. (1984): Il bambino e l'acqua sporca. Storia dell'assistenza al parto dalle mammane alle ostetriche (secoli XVI-XIX). Milano, Franco Angeli. Panseri, G. (1980): La nascita della polizia medica. L'organizzazione sanitaria negli stati italiani. In: Storia d'Italia. Scienza e tecnica. Annali 3. Torino, Einaudi, 157200. Piccinini, G. M. (1930-1931): Problemi di medicina sociale meditati da Lodovico Antonio Muratori. Pubblicazioni della facoltà di giurisprudenza della Regia Uni-versità di Modena, 5. Modena, Università degli Studi. Re Foti, S. (1921): Le Accademie a Palermo nel Seicento e nel Settecento. Palermo, Fiorenza. Romano, S. F. (1983): Intellettuali riformatori e popolo nel Settecento siciliano. Pisa, Pacini. Scinà, D. (1969a): Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo. Vol. I. 1827. Palermo, Edizioni della Regione siciliana. Scinà, D. (1969b): Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo. Vol. II. 1827. Palermo, Edizioni della Regione siciliana. Scinà, D. (1969c): Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo. Vol. III. 1827. Palermo, Edizioni della Regione siciliana. Scinà, D. (1969d): Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo. Vol. IV. 1827. Palermo, Edizioni della Regione siciliana. Verga, M. (1999): Per la storia delle Accademie di Palermo nel XVIII secolo. Dal "letterato" al professore universitario. Archivio Storico Italiano, CL VII, III. Fi-renze, 453-536. Vitello, A. (1955): Francesco Emanuele Cangiamila e la suo opera ostetrica. Atti e Memorie dell'Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria, serie II, 21, 3. Roma, 110177. 306