? r> ^ o Osrednji knjiinice Sretka Uiltiarja ter S ω ui § u Biblioteca centrale Sreiko Vilhar Capodistria 800050823 . v ' i/’ ■ < H. c (. DELLE ANTICHITÀ’ D I CAPODISTRIA ragionamento. In cui fi rajjprefenta lo flato fuo a’ tempi de’ Romani , e fi rende ragione della diverfità de’ fuoi nomi DEL CONTE GIANRINALDO CARLI G IUSTINOPOLITANO. Colligite (fUA fupera^vèrunt fragmenta 3 ne pereant. S. Gio: cap.VI. Λ C · f Ó :■ - I/ l ) a6! zoj 2m<; AlC Ecceìlen^a del Signor PIETRO GRIMANI SENATORE VENEZIANO. \. % ■ Gianrinaldo Carli.' ΓΓΛ I Riplice frutto raccoglie chi qualche opera al fuo fine conduce a detta d’Anneo Sc« neca cioè di cofcienza , di fama , e à' utilità. Confifle il primo nell'avef efeguite tutte le parti, on· A 2 de ι4 cie dav buon compimento ali' Opeva ji e [fa, il fecondo nel nome che fi divulga , col divulgarft della medef-ina-y e il tergo nel lucro iella fi vende , o nella gragia di qualche fog-getto i ella ft dona . Se tale penja-inento fa giujlo, e fe adattare al ca-fo ηοβνο fi debba, io noi fo al certo, nè fapevlo poffo, ECCELLENZA. Una fola cofa ni è nota però, ed è il non aver trafcurata qualffa diligen-ga, o fatica, nel vagunare, dìfpor-le , ed illufirare que' pochi, ma bensì pregioft frammenti di lapide, e di documenti, che, ftcuri indigi deli antichità di CAPODISTRIA , operarono le ingiurie del tempo, onde ap-pagar potejfi la mia cofcienza . E tanto maggiore fi fu la fatica , e la diligenga, quanto piti denfe furon le tenebre, che fino a qui le prime memorie di quefia Città circondarono ,· coficchè vano futi rintracciare Scrittore, che con qualche barlume almeno la via ni indie affé , ove raddrigpgav il cammino . Nè jattanga è quefia , AMPLISSIMO SENATORE, ma te- verità ; e a tutto il mondo è già noto, che il pih che abbiaft di Capodi-ftria fta nell' Opere del Manzuoli, e iWNaldinx , fcritte per vero dire con quella femplicità , che fu colpa o del fecola, o dell'ingegno. Abbandonate adunque cotefle tracce , nuovi materiali mi Lo proccurato, e novella fabbrica s innalgò . Quindi lafcian-do da un canto tutte le tradigjoni , e i pregiudizi tutti del volgo , non ho voluto, che a teflimon; ftcuri affidarmi . Così per me^zp di pietre fcritte apparifce Capodiitria municipio de Romani, qual ella fi fu, dell' ordine pih difììnto, per gli privilegi, ond' ella era adorna non meno , che per lo fuo tanta politico , che eccle-fiaflico mini fiero. Indi dìfcendendo a' tempi più baffi, per meggcp dì documenti i varj nomi d'e fifa ( copiofa Jorgente d' opinioni ugualmente che di contefe ) a giorno migliore ft pongono. Non oltre andarono le mie appli-cazioni ; dalle quali io ηοη mi Infingo già di raccòrrò quello , che fi Λ i elit- 6 chiama frutto di gloria o di fama : non perchè io fi» di que' Filofofi nominati da Cicerone nel r. delle Tufculane,/' quali hanno a [pregiala gloria , ma che però negli fiejfi libri , in cui di tale difpregio fanno difcorfo , vi premettono il proprio nome ; ma perchè »è tanto mi da a fperare la a me ben nota debole-gga del mio talento ; nè perchè altra fi fu la mia idea nel comporre il pre-[ente Ragionamento , fe non fe dì dare un qualche teflìmonio alla Patria mia dell' amore, e della premura , che hofempre mai confervata ver-fo di Lei. Dall' averlo poi al VOSTRO gran NOME confacrato y NOME , che i è acqui fiat a Γ ammirazione di tutti , particolarmente per le difiinte prerogative dell' animo Voflro , delle quali io non farò punto parola per non oltraggiare la [ingoiare vofira modeflia , che confine impone alla verità flejfa , io [pero una rìcom-penfa molto piìt genero fa, qual' è la continuazione del voflro autorevole Pa- Patrocinio, che farà il ter^o , e 'I maggior frutto delf opera mia . Nè io doveva dedicarlo ad altri che a Voi j nè Voi dovevate afpettarvi altro da me. Con lui vi do un letterario raccolto de' miei /udori , cb'è la cofa piu pre^iofa eh' io mi abbia j e lo do a Voi, ebe nell'Ιβνίa fngolarmente ft venera , e onora j non perche d' uti Illuflre e antica Famiglia tanto fertile di Senatori , di Proccuratori , e dì Dogi ; onde non merito vi saccrefce ma nobiltà ; ma perchè viva, e fempremai gloria-fa memoria del fortunato tempo conferva fi, in cui avete Voi la Provincia tutta da contagio/) male difefo in dignità di Provveditore fìraordi-nario alla Sanità , ugualmente che per gli tanti beneficj onde vi compiacete di ricolmare chiunque cuor, e mente ha di ricorrere a Voi, come i Progenitori noflri agli antichi Crafft di Roma·, giacche in Voi, niente meno che in loro, il far favore ad altrui è ormai paffuto in ufo , e in co fumé. Ma, A 4 8' , , , ·· Ma, ECCELLENZ/4, non vor* rei che vi defle poi maraviglia dal •veder eh' io tutto occupato né1 filofofici trattenimenti, mia vocazione , e profeflion mia, a pubblicare m'induca un libro d'antichità . Imperciocché ficcarne in cotefle denfe caligini non fi può veder chiaro , che per meggo d'indugjoni, di anali fi, e di raziocinio, cosi fludio tale , quandi egli [là moderato , a Filofofo non difdìce, perchè altre armi gli non ha per arrivar alla verità delle cofe che induzioni , anali fi, e raziocinio. E perchè i Filofofi de' tempi noflrì fanno fantiča erudigjone colla dottrina loro cosi bene congiugnere, che niente piu j confeffar bifogna, che non è ben fornito Filofofo, chi non è antiquario , e che non è buon antiquario , chi non è vero Filofofo . Quindi è che (a) Cicerone chiama la filofofia madre di tutte 1’ arti p eh e Solone · antico e faggio Filofofo dell' antichità delta Grecia volle ap· pie- [a] Tufculan. cap.xxvu pieno erudirft ; e che Platone ifleflo dell1 origine d'Atene di trattare non i/degnaffe nel prinicpio del fuo Timeo . Sen%a che ejemp) non ci mancano pili vicini r e anzj in Padca. iflefla, ove veggonft gl' in/igni File-fofi Signor Giovanni Gražiani , e Signor Marcbeje Poleni , della cui conofienza fommamente mi pregio ; fcriver il primo collo fiile di Lì· vìo la βονία Veneziana, e 7 fecondo con diligenda degna di lui raccòrrò , ed adornare pih Tomi d’antichità Greche e Romane in aggiunta alle raccolte da Grevio , e da Gronovio. A me ancora, che il loro efempio tri ingegno feguir da Iunge , nell' ore piu ozio [e del giorno fu permejfo di dar un'occhiata ai troppo negletti avanzi d'un municipio Romano j di compiangerne il danno, e di proccurare quanto per me foj]e pojftbile di compenfarlo in qualche minima parte. Voi pure, ECCELLENZA, nell' ore di refpiro ed ozio, fe mai ne avete , vorrete forfè a quefle debo- .! · A 5 U U fatiche mie dar benigno uno /guardo j e forfè ancora aggradire ί offe-quìofo tributo j il quale fe non può corrifpondere alla grandezza del Va-fìro cuore, dimoflra almeno qual fa il primo , e il fola voto dell' animo mìo. m · DEL- / II- DELLE ANTIČ {ίΤ T A’ DI CAPODISTRIA RAGIONAMENTO^" L Reduta vera la volgar tra- B dizione, che da’ Coletti di-^ i fcendeiTero gli Idriani , a-« gli Italiani Scrittori fem-brò cofa anziché no conveniente Γ af-ferire, che Capodiflria pure vantar po-teffe un’origine sì lontana , e da loro riconofcere la fua fondazione. Primiero di tutti a fcriver così fi fa il Vola· tenario (a), indi Leandro Alberti (£), e il noftro fempre venerabile vecchio Girolamo Muzio, della famiglia de’ Nu-zj in una fua fcrittura a penna , che confervo preifo di me contra de’ Pìra-nefi in favore della fua Patria ; e nel fuo Poema pur MS. intitolato Egida in verfo fciolto , di cui non abbiamo che un preziofo frammento de’ due primi Libri e del principio del terza, il qua-A 6 le [a] Commentar.Urbanor.lib.iv.Lugd. 1552. in fol. [£] Defcriz. $ Italia p. 447. Venez. 1577. in 4. j 2 Delle Antichità le farebbe ben volentieri da me pub* blicato ; quando il Signor Apofiolo Zeno non aveife difegno di porlo a piedi della Vita, che va componendo di lui. Ad affermare tale afferzione non furono niente reftii, il Magmi (tf), ed il Biondo fi), per tacere dell’ Ughelli , del Manzuoh, del Naldini , e di varj altri di quello cofiio . Elfi tutti perb indotti furono a creder così dall’ in-fcrizione noilra eretta in onor di Giu-fiino, di cui a fuo luogo noi parleremo . Io crederei, che non foffe qui duo-po di andar mendicando argomenti , onde far credere la falfita di quello erroneo fuppollo quando in un opera che tratta della fpedizione degli Argonauti in Coleo , e della falfità del viaggio degli Argonauti , e de' Calchi nella Provincia deir Jflria, che forfè non illaidì molto a ilamparfi, l’ ho confutato ab-ballanza. Credettero gli altri di far o-nore a quella Città coll’ innalzar tanto la fondazione di lei ; ma io fuppon* go che fia fua. maggior gloria lo fgom- [«] Geografìa Venet. 1598. fog. p. tot. [è] Romainfìaur. p. 123. edit. Bafil. in fol.. Di Capodifiria. i j brare da si nere impofture il fuo na-feimento . Non è quello il fecolo, in cui appagar ci poflano le adulazioni . L’ oneflà e il recto difcernimento richieggono pruove , e fenza quelle fi rende vano qualunque attentato . Che occorre andar fantallicando chimere in que’ fecoli, de’ quali non abbiamo, che un coni'ufo dettaglio negli alterati te-ili degli antichi Scrittori, tutto ripieno di favole, e di caligini? Taluniup-pone d’aver tutto il punto riportato , fe giugne a forza di arilloteliche fotti-gliezze fino a Noè ; per non dire ad^ Adamo; o felice chiama quell’opera , che quinci prende cominciamento . Ma poiché 1’ Ifiria e la Cittìk nollra fra le loro pih gravi calamità annoverano un perpetuo fatai filenzio delle cofe loro preifo gli antichi Scrittori ; non poffiamo far voli tant’ alti da fu-perare i fecoli de’ Romani . Il perchè avendo io divifato d’ abbozzar qui alcune picciole oifervazioni intorno alle antichità di Capodìjhia mia Patria, ho rifoluto di trattenermi in cotefii fecoli , non pubblicando fe non quelle memorie, le quali o furono da me of-ièrvate , o d’ altre pedone degne di tutta fede attentamente riconoiciu-te . IL E perchè tutte le antichità di Cu- Ϊ4 Delle Antichità, Capodiflria fono Romane, debbo dir primamente , come nell’ anno di Roma <7<5. Cajo Claudio Fulcro Confole ebbe l’ultima vittoria fopra degli lilria-ni, colla prefa delle tre Citta.Vefazioy e Mutila i'rtwrM; e colla morte à'Epulo Re d’Iflria ; contra cui l’anno prima aveano combattuto con varia fòrte i due Confoli Marco Junio , ed A. Manlio ; ficcome ci narrano Livio [ λ ] e Floro [ i ]. Qpefla fu quella famofa Guerra Iflriaca, che fervi d’argomento al celebre antico Poeta Oflìo di formar un poema , rapitoci dal tempo / ma che fu imitato da Virgilio al dire di Fejlo, e Macrobio [r]y e celebrato da Giovanni Alberto Fabbrìcìo [ d ] da Gerardo GiovanniVojfw [e], edaMon-iignore Giuflo Fontanini Arcivefcovo $ Andrà [f J. In [a] Dee. 5. lib. 1. cap. 9. b) Lib. 2. cap. io. ’ c ] Saturnal. lib. 6. cap. 2. d ] Biblìothec. Latin. Voi. 1. e] De Jflor. Latin, lib. 1. cap. ad. ? ’/] Nella Prefazione alle deferizione dell’ Iflria di Gianbatifla Goina.Sta. nel T hefaur .antiq Hiftor.Ital.Lugd. JBatav.1712.fol. col. Tom. 6. Ρ·4· Di Cepodijlria. 15 In dubbio pone il degno Letterato Carlo Sìgonio ( λ ) (e ì'Iflria foiTe in Provincia ridotta da C. Claudio , o da T uditane var; anni dappoi. Non è difficile la rifpofta; nè io ftarò molto ad aficrire, che Γ Iflria non fu ridotta nè dall’ un, nè dall’ altro * No da Sempronio Tuditano ; perchè egli non vinfe gl’ Ifiriani ; come malamente ila fcrit-to nel tefto di Plinio [ £ ] / perchè detta Provincia era di già. foggetta a Roma , e di già C. Claudio Fulcro avea trionfato di Lei , e della Liguria al dire di Livio ( c ) ; cui corrifponde la bella medaglia riferita da Uberto Golzio ( d ) avente da una parte la tefta galeata del Gonfolo, e dall’altra la vittoria alata fopra carro trionfale colla Leggenda C. PVLCHER . Tuditano dunque non trionfò de^li I-ftriani , ma de’ Giapidi , come cinfe-gnano i Faili Confolari riferiti Scippi ano nella Guerra Illirica e per con-guenza egli non fece l’lilria, Provincia dell’ Impero Romano. Non [ λ ] De antiquo jure Itaka. Lib. 3. cap. 5. [b] Lib. 3. cap. 19. [<·] D. V. lib. i. c. n. [ d] De re numariaantiquar.Amflcl, 1798, fog.T. i.p. u8. V. C. 57Ó'. i 6 Delle Antichità Non la fece neppure Fiderò ; e la ragione fi è perchè dopo la conquida non veggiamo, che quivi fpedito fof-fe alcuno da que’ magifirati foliti fpe-dirfi in tutte le altre Provincie. Anii' predo lo Storico argomenti abbiamo, onde perfuaderci, eh’ eda fofie lafciata in piena libertà de’fuoi privilegi y poiché quando fi temette d’ ammutinamento, fpedironfi colà i focj, cioè fol-dati aufiliarj, per guardia , e tale fpedi-7.ione fu allo deflo G. C/u^/ocommef-fa, cui s’aveano prorogata ancora per un’anno la dignità, eia Provincia della Gallia . Quando poi Cajo Cajfio nell’ abbandonare eh’ei fe Aquile']a iemafa-puta del Senato maltrattò gl’ Ijlrìanì nel fuo paffaggio ; eili uniti a’ Carni , ed a’ Giapidi contra di lui fpedirono a· Roma una folenrie , e bene accolta Ambafceria. Dalle quali cofe tutte li rileva , che l’Iflria da Roma dipendei-fe immediatamente, fenza la fuggez,ione d* alcun Magiftrato. Tale fi mantenne fino z&Augufto. ; il quale diftefi i confini d’ Italia fino ulì’Arfa, comprefela in Lei al riferire di Strabone [ e ] che non s’ingan-' · na, ^ [a] Lib. 8. ed. Amfielod. i7°7-fog· T* 1 - p. 48 2· Dì Cfitpodtftria. 17 na , perchè viveva a’ tempi di lui ; è come ci perfuade Pola da lui fatta Colonia, ed iì Tempio che quivi era a lui, e alla Dea Roma confacrato . Quando poi fi decretò Magiftrato alla Venezia s eftefe il fuo Dominio anche all’ Iftria, che per ragion di governo a quella Provincia fufempre unita, come ci af-ficura Plinio [ a ] prima di tutti . Di quelli Maghimi ne raccolfe dalle an-· tiche infenzioni tutto quel numero , che da loro formar iì può, il Celebre Signor Marchefe Scipione Maffci nella immortale fua Opera della Verona lllujìrata [ b ] ; e quivi tra’ Correttori , e Confolari della Venezia , e deli' Ifina [elfendo quello il titolo loro ] fono Giuliano , Anolino·, Mecìo Placidio-, Floriano, Vaidio Palladio ; e Pomponio Corneliano ; e col titolo de’ Conti e Correttori , Cornelio Gaudenzio , e Nonio Vero . Alle quali dignità aggiugner fi potrebbe quella ilraordinana di Pro-confole degli alimenti follenuta forfè prima di tutti gli altri da Lucio Didio Ma-crino, come abbiamo in una lapida Gruteriana [ \ tali Municipi chiama quelli che ammejfi alla citadinanza Romana fono partecipi de privilegi, Paolo Giureconfulto (c) ; fi [λ] De legibus lib. i. [ b ] Digefior. Yib.i.adMunicipaL Tit. X. [c] Ivi. 20 Delle Antichità fi chiamano Municipi , pcrchì hanno i privilegi , e Γ incumbenze civili e Papiniano (λ) debbano fapere i Municipi , ciocchi fanno quelli a' quali è eom-mcjfo il J'ommo della Repubblica . Onde Carlo Sigonio ebbe a conchiudere . Itaque Municipes poflìimus dicere, juris CIVIVM ROM A NO R V M participes * Municipium OPPIDVM jure CIVIVM ROMANORVM donatum (b). Il terzo genere era poi quello , in cui del Municipio erano affolutamen-te Padroni gli ilefiì Municipi , come furono i Tiburti, i Prenefiìnì, i Pi fani, gli Arpinati, i Nolani, i Bologne-fi, i Piacentini ed altri molti. E perchè il Municipio tanta parte era di Roma ; avea in se un Governo alla Repubblica corrifpondente ; e la ragione fi è, perchè era egli una Città di Cittadini Romani OPPIDVM CIVIVM ROMANORVM. Tale efpofizione de Municipi ho qui fatt’io non a cafo ; ma acciocché fi conofca cofa Plinio intender voleiTc , col dire, eh’ Egida , c Parenzo erano Città de Cittadini Romani, OPPIDA CIVIUM ROMANORUM . Dopo la (λ) Ivi. §. 14. (b) De antiquo jure Itali# lib. 2. caf>. (/. ili Capodìflria. 21 la quale ficuramente io mi periitado che ’l Leggitore offervar polla da per fe ilelTo, come quelle due Città dell’ Illria non {blamente erano Municipi ; ma di quel genere ancora eh’ era più diltinto, e più ragguardevole; cioè o del fecondo, o del terzo tellè efpolliy come più fotto diremo. IV. Nuova cofa ora non fembre-rk, fe io alferifco, che Egida ne’tem-pi Romani fi chiamalfe quella Città che Capodiflria a’giorni nollri fi appella. Lo perfuade prima di tutto la deferizione Geografica di Plinio ; che Egida pone al Formione principio del-l’Illria, ov’ è or Capodiflria. Poi fic-come TEgida ha fimiglianza con Aiyìt egis greco, che vuol dir pelle di Capra ; così venuti i Greci nella Provin* eia prendendo fègida nel loro greco lignificato, ufi ridurre al latino ogni greca parola ; la latinizzarono col nome di -Capris . La qual Città fu poi detta Juflinopolis ; indi Capodiftria . Ci ferva per ultimo di pruova l’imi-verfale allenfo di tutti gli Scrittori [ trattine i primi Geografi, come Strabone, Pomponio Mela , e gli Itinerari ad Antonino attribuiti,! quali non nominano nè Capri, nè ALgida') che delle cofe dell’Illria o di propofito, odi palfaggio trattarono. il Delle JÌntlchìtà V. Altri argomenti credettero d’avere per provar cib alcuni valentuomini nello feudo, vedi fin dove , di Palhtde. Dico di quello feudo , che a lei diede Giove nel tempo della guerra di Troja·, il quale perchè coperto di una pelle di Capra fu detto JEgida, onde Orazio [a] Contra fonantem Palladis JEpìda ed Ovidio Bellica Pallas adefl , & protegit JEgide Fratrem. ed Ariftofane (£) X’ egida che agiti , o Minerva ur* bipotente. nel quale feudo era impreflò il capo di Medufa co’capelli tramutati in fer-penti. Differo eglino adunque , che il nome d’Egida aveife origine in que-fto ; perchè Pallade era Dea tutelare della Città. Evvi [«] Lib.III.od.IV. [ 6 ] Nnbes AČE Scen. IV. ài Capodìjlria. 25 Evvi una ftatua fopra il Palagio Pretorio cT antica Deita , ed efla fu tenuta pel fimulacro di quella Dea ; Onde nel fuo piedefìallo tai verfx fcol-piti fi veggono. PalUdis afcnea fuit hoc memorabile faxum Effigiei quondam , clara hac Urbs dum /Egida manfit A Capris Diva fic tum de Pelle vocata . Qua quoniam reliquos femper fupe-raver at Ifiros Artibus ingenii i femper caput effe decorum Promeruit Patria, cui tot hoc pra-Jlitit una. Inde a J ufi ino mox Juflinopolis ultro Principe , & a Venetis ditta efi Caputifiria tandem Aufpiciis quorum vivat per facula tuta. Ch’ Egida il fuo nome abbia avuto dello feudo di Pallade fua Dea tutelare, ella è cofa dubbia ; anzi fe io ho da dir ciò che fento , difficile a crederli. Imperciocché s’ ella fofle vera ; nella Città, prima vi farebbe fiato il fimulacro cne il nome, e di quello 24 Delle jintìcl)ha ito iìmulecro ne avremmo qualche memoria. Vero è che l’antica itatua or mafeherata da Giuftizìn porca rappre-fentare qualche Deità; ma che queita poi fofTe Pallade, non ne ho indizio ficuro ; perchè eifa non è qui veftita alla kggiera, come fiamo (oliti vederla altrove ; ma tutt’ al contrario dal fommo all’ imo di larga maeilofa clamide ricoperta. Che poi Pallade foiTe la Dea tutelare, è pure in dubbio , perche trattane l’ifcrizione di Giufiino, fiamo privi di qualunque altro argomento . VI. Ora dal penfiero di Pallade, c del nome di Capri indotti furono a credere dell’ Iflrta , alcuni fcrittori , una antica Medaglia , che ha da una parte la teda galeata di quefta Dea , e dall’ altra una Capra con fopra le lettere ΙΣ, ed è quella che qui porto, la quale fi conferva nel fempre inlìgne mufeo del Sig. Apofiolo Zeno. M? Ma la ragione, ond’ciTi la credettero della notlra Provincia fi è ; perchè confidcrano come afferma il Nal* dini, ch’efla foffe coniata in grazia della noftra Città , che avea Pallade per Dea tutelare, e ’l nome A'Eg/da, che corrifponde alla Capra. CW Egida fi diccffe così dalle Capre, come il Biorido ferivo forfè indotto dal Dandolo, non oferei d’affermare ; benché anche JEgira d’ Acaja tal nome avefle α,-nò των dyav, come dice Paufania [a] dalle Capre. Altra Città v’era pure fra Tenedo, c Cbio B det- 2 <5 Delle Ariti chi th detta Dgts, che Plinio dice (λ) con Solino, ed altri , eiTer così chiamata dalla ina figura di Capra ; donde pretendono eflì che l'Egeo abbia tutto il Tuo nome. Io offervo folamcnte che tale aiTerzione è fondata fulla greca Etimologia di ά'ιξ cUryòf che vuol dir Capra··, la quale ficuramcnte non è al calo nollro adattabile , perchè Egida non fu giammai Citta greca; nè i Greci abitarono prima de’Romani la no-flra Provincia; com’io dirò altrove . Che fe fofie altrimenti, le tre Città d’Iflria da Livio nominate , cioè Ve-fazio , Mutila, e Faveria colle radici greche avrebbono correlazione ; nè fa-rebbono tanto lontane come elleno fono· Aggiungali di più, che Egida non v’era a’tempi della conquida de’ Romani almeno era affatto ignobile ; perchè Amo non la nomina ; onde s’ ella fu fabbricata dappoi, chi non vede, che nè ella nè il nome fuo ha. che far niente co’ Greci · Che s’ella è così, come mai dir potremo , eh’ Egida corrifponda ad Copra-, e che in grazia di lei con tale inlegna conialfe medaglia la Provincia celi’lilria.·5 E perchè il conio lo per- fua- di Capodtjìrìa. 2? fuadc, la battello prima d’eiTcr reggetta a Roma in tempo che Fgiaa non era forfè ancora fondata? e l'opra vi ponelfe le greche lettere ΙΣ in tempo, che i popoli non fapeano di greco, nè i Greci abitavan colli ? Conlide-rando dunque tutte quelle cofe ; c di pid ancora ad una verità certa, quale è , che la nollra Provincia non ha giammai coniato monete;non pollò fo-icrivcrmi alla comune credenza , nè pcrfuadermi polTo che quella medaglia lia d’IJlria. VII. Cercar pertanto fi dee altrove il paefe che la coniò ; e indagarlo per mezzo delle iniziali ΙΣ , e delle altre fue circollanze. Molte fono quelle Città che così cominciano ; ma fra le altre fi potrebbe fermar il penfiere in Iflro Città di Creta detta IZTROS da Štefana Bizantino , e da Artemidoro Ι-ρω'να Ifirona. Oltre le iniziali v’ è la collumanza de’ Cretefi di porre nel diritto delle medaglie loro una qualche Deità ; e nel rovefeio una Capra. Tre unitamente ne pubblicò l’infigne letterato Ezechielle Spanemio [a]. Nella prima delle quali è Gioii 2 ve, [a] Depra:flant. & ufu mmiflnat. antìg. ed. Londini 1717. fol. Vol. I. differt. IV. p. 202. 28 Delle jintichttà ve, colla Capra forfè Amaltea ; ma per metà. E nelle altre due l’intera Capra in tutto uguale alla noilra dedicate a Diana . Anche Paufania [a] quello coilume loro rammenta, ove dice eh’ E Uro Città pur di Creta con-iecrò ad Apollo aiya χα\κτω una Capra di Bronzo. Oltre il cominciamenfo per IX, e il coilume di dedicar Capre agli Dei, c’ è di più in Iflrone , onde farci fo-fpettare, che quella medaglia fia fua ; ed è il culto che quivi avea Pallade. Vedi per pruova il di lei Tempio nominato nelle ultime parole del decreto di alleanza tra lei e la Città di Teja, donato al pubblico per la prima volta in Londra l’anno 1728. dal benemerito Edmondo Chifhull del libro intitolato Antiquitates Afiatìcx Chrijl'lima Ara antecedentes , ec. fog. p. 11 o. e fono elfe s'incida anche quello decreto nel Tempio di Minerva Pal-liade dallo fcriba della Città. Se va-gliono le conghietture, il mio fofpetto non farà forfè tanto lontano dal vero . Potrebbe anche talun fofpettare che detta medaglia foife della Città di Per- % dì Capodiflria, zq Perfia che IS per Γ appunto (liceali \ otto giornate al dire di Erodoto («) lontana da Babilonia, e preflfo al fiume dello ftefib nome che sboccava nell’ Eufrate, c feco portava del bitume in tanta copia che fervir poti per la fabbrica de’muri di Babilonia , ma qui non ci veggo nè Capre , nè Pallade , nè ufo di batter monete. Se io perb non avelli veduto l’originale, difficilmente mi farei pcrfuafo , che folTe in lei efpreifa latefia di Fa’-lade-, perchè all’avvertire di Plinio [ó], Capre non fi facrificavano a quMa Deità, perchè co’morii loro rendono Po Uva fierile, eh’è a lei confacrata. Altra medaglia, che nel diritto in me^-zo a corona d’alloro avea le ficifc lettere 12 , c nel rovefeio fopra il mare un’aquila volante, nel mufeo de’Signori Conti Lazzara in Padoa fi ritrovava già tempo. Vili. Per non allontanarci da’fecoli, in cui mi trafpira maggior barlume , uopo è che io faccia ritorno , donde per poco mi diparti, voglio dire al dominio de’ Romani nella nofira Provincia; c continuare con qualche altra of-B 5 fer- θ') lib. I. p. 179, [b] hb. vi ir. cip. 50- jo Olile Antichhh fervazione a vedere , fe imunicipj deli’ ifiria, Egida, or Capodifina, e Parendo foflero veramente di· quel rango, in cui Plinio ce gli ha fatti foppórre. Principal cura era d’ogni Colon/a, o Città confederata per ufar le parole di Dionigi d'Jilicarnajfo, Io fcierglierfi in Roma un Patrone,ovvero Protettore,che colà agiffe gli affari fuoi: Onde Mar figlia, uvea Pompeo , e Cefarc ; Siracufa , Marco Marcello; Bologna, gli Anton) ; gli Allobro-gi, Quinto Fabio j Durazzo, e Capua, Cicerone , cui aveano anche eretta una fiatila indorata [ λ] ; e così le altre tutte » Che cotefti Patroni fi acquiffaffero delle Città particolarmente dopo che aveano loro dato Ofpizio ; fi ricava da. quattro tavolette di Bronzo del mufeo de’Conti Mofcardi di Verona, pubblicate prima da Ottavio Rossi, c pofciadal Tom a finì·, due delle quali con maggiore accuratezza d’ogni altro rifiampo pure ed illuilrò il Signor Marchefc Mafi fei (£); e fono effe di quattro Città d’Africa,, che dopo aver accolto Cnjo Silio, lo eleggono per Patrono; efiben-do effe a lui la loro clientela y ed egli a loro la fua protezione, fono date effe lotto il Confolato di Lucio Calpurnio. [ λ ] Cicer, in L. Pi fonem [ b ] Ifioria diplomatica p. j8., di Capodiflria. 31 aio Fifone , e di Marco Graffo Frugi, del cui fecondo cognome di Frugi parlò Antonio Ago flint [ λ ). Ogni Città a-dunque fi eleggea un Protettore in R >-ma , ordinariamente nella perfona di qualche Senatore j ed eglino fi glori 1-vano delle clientele delle Città. Tanto era antico quello coftume , che a quello fi crede , ebbe cominciamento di Romolo . De’ Padroni, e delle Clientele rnolti fcrittori trattarono ; fra’ quali At lo Gellio [ L· ] , c il luo comcntatore Stefano Doleto · Carlo Sigonio [ c ], e Paolo Manuzio [d], Nè è qui da lardar fenza lode per quanto egli offer-vò fuo quello punto il fopra lodato Signor Marchefe Maffei. Officio era del Protettore il proteg geie le Città, e i Clienti in ogni loro occorrenza; come di difendergli ac-cufatij e-di proccufàr loro ciocch’era di maggior utile, e onore . E tant’ oltre andava la parte ch’effi aveano negli in-tereffi di quelli, che morendo fenza te-fiamento i Clienti, fuccedeano nelle e-B 4 re- fe) DeFamil.Roman.ln Thefaur. Grxc. Tom. VII. (è) Noci. Attic. lib. V. cap. XIII. (e) De antiquo Jure halite lib. I. [ d ] De Senatu Remano cap. I. 5 i Delle Antichità redita ; per lo qual vantaggio aveano anche Tobbligo della legittima tutela de’ loro figliuoli. Al contrario i Clienti, fc a’ Patroni mancava dinaro per collocare in matrimonio le loro Figliuole , eglino vi poneanù del proprio . Prefi in guerra gli rifcattavano ; e trovandofi in Roma, gli corteggiavano . Quindi è , che fra gli uni, e gli altri, era una corrifpon-denza cosi perfetta , durata inviolabile allo ferivere dell’ Aličamaffeo fino a’ tempi de’ Gracchi ; che era caduto nelle cenfure della legge di tradimehto , chiunque di loro avelie avuto Ardimento d’accufar fi altro; o d’eilerli contrario nel votoy e‘ chiunque cóflui uccideva, era impunito. Tale armonia ne-ceflaria pel mantenimento degli fiati e-ra cos) ofiervata tra’membri più cofpi-cui della Romana Repubblica. E tanto più ammirabile, quanto che nelle Famiglie camminava con piede uguale alla difeendenza ; e fempre con tal religione, che agli ofpiti , ed a’congiunti fi preponevano i Clienti, e fi confide-ravano nel primo grado dopo i pupilli, come all’incontro i Patroni erano de’ Clienti fubito dopo il Padre a qualunque altro antepolli. IX. Se era nel Romano governo ne-ceffita, e coflumc , che ogni Città, e m i- di Capodi [ina. 3 3 municipio aveffe in Roma il fuo Protettore ; ragionevole cofa è il credere , che Γ lilria pure aveife il fuo ; eifcnd.) in Lei, e municipi , c colonie . Così dovea eflere, e per vero dire fu pure così. L’ Ifiria avea in Roma Patroni , e quelli erano i Graffi . La /ingoiare notizia fon io il primiero a raccòrrò da Cornelio Tacito , che dice così [a] I-Jìria quod itlìc Clientela, &" agri veterum Crafforum, ac nominis favor manebat . Infignc Famiglia popolare dapprima e-ra la L/cmia, delh quale erano i Graffi] contando eifa cinque Confoli col fol i prenome di Marco. Trattarono di lei Ri čar do Strcinnio [b], Antonio Agofiìh· (O, e vafj altri; per lafciar da parte anche Cicerone ile ilo, ove con degne lodi celebra il merito di Lucio Graf) [ dJÓJfervabile è la notizia dello fianco, non fèdamente per rilevarfi quivi, che le Clientele àc Graffi erano ih IJlria ; ma ancora, perchè c’infegrii ch’eglino aveano quivi e poderi, o fa-di 5 zio- (λ) Hiflor. lih. II. Amflclod. 1672. in 8. p.282. [b] De gentibus, & Tamil. Roman, in Thefaur. Crac. Voi. VII. (c) De Familiis Rara. Crac. Voi. VII, ( d ) I n L. Pi fonem Qratio. 34 ì)clle Antichità tcìon i . E antica era a quel che fi ved« cotefla corrifpondenza fra loro e la no-itra Provine ia y efprimendoiì Tàcito che Client dee, & agri VETER VM Craffo-r.im ac nominis favor MANEBAT . I Municipi fra’ quali Egida ; e le Colonie, frale quali Pola, non aveano dunque di che invidiare in tàl propofito le altre Città pih diftinte della Repùbblica . X.Preflo il celebre Niccolò Gracchio [ λ ]. dice Afconìo, che neceifaria cofa era ne’ tempi de’ Romani, che ogni vero Cittadino di Roma aferitto folfe in qualcuna delle XXXV. Tribù. Imperciocché ficco-me ne’ pieni Comiz] , che fi. faceano ordinariamente in grazia, o delle leggi, o de’ magiflrati tutte le Tribù concorrea-no y così per non confondere i voti ogni Cittadino era in qualcfiuna di loro, nella quale votava; e la maggior parte de’voti coftituiva l’opinioqe di lei; intorno a quelle materie, che ne’ comizj eran propelle . Quindi allorché per beneficio della legge Giulia tutta Italia fu aferitta alla Romana Cittadinanza; cd indi la Vene-eia, e bifida , ogni Città fi prefeelfe la fua . E così fu aferitto Milano nella tribù Ufentina , Aquileja nella. Velina , Con-. [a] De Comitiis Komanor. lib. i. cap. I. di Capodifìria. 3 5 Concordia nella Claudia 5 Padoa , nella Fabia·, Vicenza nella Nerenia \ Verona nel -la Poblicia , e così il rimanente. Nella materia delle Tribà olfervar fi può ciocché fcriffero il Panvìnio fra gli altri , il Sigonio , Paolo Manuzio e il Gracchio ; ma per verità la cofa non è ancora ri-dotta'afla' fùa intera chiarezza. XI. La neceifitàe’l privilegio di aferi-verii nelle Tribà pafsò di ragione anche in Itlria y e la Pupinia ipeciaimente fento prefeelta. Elia è nominata in una ifcri-zione ritrovata nella Chiefa di Cittanuova, e pubblicata primamente ne’ marmi eruditi del Cavaliere Orfatto [e]; e poi nella raccolta di Giambattifia Doni (ώ) della cui bella edizione ha il merito l’eru-ditiffimo Signor Dottóre Anton Francefco Gori·, e del ChiariiTimo Signor Muratori ( r ). Ella é quefta. B 6 P. [λ] pag.73· [ b ] Florentia 1731. tog. j). 207. n.ior. [ c ] Thefaur, nov., infcriptionum. p· 77 r. n. 6. P. VALEIUO-L.F.PVP vih. coa/ivqi P. VALE/IIQ 'P.F* PVP 'Tlfi.oN.! FILIO VOL Ι/λ/ΊΓίΙΙΛ -PA VLLA 1)v e dall’ inefauilo torrciite de’ Giurecon-fulti. XV. E tanto più m’induco a crede-dere che giufla tbffe la manumijjìone de’ Municipi, quanto che io fono perfuaTo, che i Liberti acquiftaffero il gius della Cittadinanza . Gi' r ^ — :hc per i Liberti divenivano Citadini Romani [ prima della ingiù (la manumijjìonc, nata dalle leggi Giunta Norbana, ed Elia Sen·· zia ]. Se però i Municipi reggevanfi alla fimiglianza , e colle leggi di Roma ; facil cofa è il conchiudere, 'che i fuoi Liberti pure diveniffero fuoi Cittadini bocca di Cicerone Roma In (.DLXXXVm.w.xo. f a DLXXXIX. w. n. e cita d'averla copiata dall' A piano y ma di una ne fa due con mani fe fio errore, trattone dal vederla nell'Apia.no fe-parata una parte dall'altra, con quella linea vacua di mezzo. Per altro non fi fiu-pifea, che la lapida ultimamente difotter-rata coflì foffe anche in Pola , perchè efempj delle JlefJe lapide pofle in un luogo , e replicate in un altro non mancano agli Antiquar]. Sin qui il chiariiTimo Letterato. Dcg-gio io f’oggiugner però, che non è altrimenti lapida, quella, ma grande (arco-lago, come dicemmo; onde l’afcriverla a Pola non può eflere flato , che equi-C voco jo Delle Antichità voco dell’ Λ piano. Non v’ha dubbio , che i nomi della noftra ifcrizione fieno pretti greci; fervili . Vedi Eufemia ϊνΊτμας che vuol dire lodevole, celebrato, fpeciofo , Armonia Α’ρμ"'ν<α ; nome anche della Moglie di Cadmo ; a Gymnas rVoàc, che fignifica colui che fi členita e s'affatica . Anche gli altri fono dello fteilb calibro. Qui però dobbiamo avvertire , che quella famiglia de’Greci non era oriunda à'Eeida, nè Eufemia, e Gianuario , erano luoi Municipi. Servi dapprima furono eglino d’ Auguflo di cui eran liberti; dal che fi vede che da Grecia in Roma trafportato aveano il loro foggior-no . Imperciocché la gran quantità di fervi ch’era in Italia, accrelcentefallo, piaceri, e vizj ancora a’ Romani ; che vaghezza aveano di tener prelfo loro quali un efcrcito ,· come Tito Manuzio, che ne avea 400. Procolo 2000. C. Cect-lio , e C. L. Ifidoro 4000. ed infiniti , dirò così, M. Graffo , e Demetrio Pompejano, faceva che ve ne follerò di tutte le nazioni, e di tutti iPaefi. Il perchè prelfo gli Scrittori udiamo nomar Frigi, Ligi [λ] Sir/ [ύ], MedJ [r] , (λ) Giuvenale. Sat. 2. v.47. 11 ) Marziale. Lib. 7. 9. ’ c) Giuvenale. Sat.7. di Capodifiria, 51 Galli [λ ] , Cappadoci [ Z>], Liburni [i' ] , c Bitini\ Padi tutti, che non erano a-fcritti alla Romana Cittadinanza.· glio-riundi da’ quali , o prefi in guerra , o venduti, fervivano fchiavi quei eh’erano Cittadini di Roma . Ora fra quefii ve n’erano anche de’Greci ; perchè la Grecia reitò dapprima libera , fenza effer ammeffa nel gran corpo dellaRepub-blica; e ve nera tal quantità, che fu-perava forfè in numero tutte le altre nazioni . Balta a perfuaderci una complice parte di que’che il celebre Abate AntonmariaSalvini acervo nelle ifcrizioni fepolcrali del gran Colombario pei liberti, e fervi di Livia Augujla giultamcn-to celebrato e deferitto da piti d’ uno de’celebri Letterati del noltro fecolo . Vedi dunque quivi per efempio Pirfo ( Λ ) , Loc biade [e]; Anto [/], Avrac [ς] , [λ] Clem. lib. [ b ] Marziale lib. 6. [c] Giuvenale. Sat. 3. [d ] Defcriz. del Sign. Gori nel Tom. 3. Supplem. Utrtufq. Tbefaur. Joannis Polen.p. 59. 13. V. 3. [e] P. 62. n.·?. [/J P. 63· n. 5. (.5) Ivi.n. 7. 52 Delle Antichità Htmereo [ λ ] , Hilaro [ £ ] , Erote [c] Merope [d], Charmos [ c ], T αηι-co [/], ed altri tutti egualmente Greci, ed ugualmente fervi, e Liberti. Che più ? abbiamo tra il numero di quefìi anche un L. Marcio Gianuario [ ^ J, eh’ è il nome dell’ ultimo nominato nella noitra lapida. Anche predo Lorenzo Pi-gnoria [«] ne abbiamo un fimile ; ove pure fi vede anche un’altra Flavia Moglie di un certo Gamo Liberto d’Augu-itoy il qual nome di jFLrw’tf ripetuto frequenti nate nelle ifcrizioni , fi ritrova anche in uno de’ Marmi d’Oxford [ i ] ; ne’quai Marmi abbiamo pure e Gtannar io , [ X? ], ed Eufemia ( / ) per lafciar fuori que’ tanti , che fi ritrovano nelle * 6 [λ] P.66. n. 8. (6) Ivi.n. 9. [c] P. 71. n. 14. [d] Ivi.n. 15. [e ] P. 78. n. 21. (/) P. 79.11.23.3 [Η P.280. n. 240. (//;) De fervis ne’fuppkm. Tom. 3. pag. «154· (/') Ediz. ilLondin. 1732. fol.pag. 35. n. 411. [/t ] P. 37.11.70-[ ] P. 42. n. 1 io. Dì Capodìflria. 53 , Raccolte del Gmtero, del Reine [io , de Tabbrettì, e del Muratori . Nomi dunque di fervi d’Augufto fatti liberi, oriundi da Grecia, veggiamo pure nelm -numento noftroy trafportatifi pofcia in Egida , dopo avuta la liberta y perchè nella condizione de’Servi doveano tut-togiorno eifere a difpofizionedc’loroPadroni , Fatto Liberto Eufemia afcefe al grado di Tabularlo j cioè d’ Λ re bivi]ta, che da’ Greci detto era αρτο^γι\αξ , Nome tale deriva dalle Tavole ; delle quali ogni ca-fa privata gran copia avea; onde tiferò Varo dine [ λ ] , che quegli vero era domicilio, ove fedi, e tavole aveanfi . E quelle tavole non erano altro , che ftru menti, e fcritte particolari, nelle quali al dir del Budeo (b) fi fegnavano le ragioni domefiiche . E tale denominazione aveano , perchè fcriveanfi fopra tavole cerate collo flilo di ferro . Onde Ovvì-dio (c) : Ite hinc difficiles funebria Ugna Tabella C 3 /k- C λ ) Digefl. lib.L. de Verbor. & rcr.fignific. lih. 16. §. 20}. (;b) Nelle annotazioni al terto, fc] Amorum lib, i. eleg. iz. 54 Delle Antichità Tugttt negaturis cera referta notis , Quam puto de longe collcilam flore eieutce Meile fub infami corftca mif\t Apis. Eufemia dunque fari flato cuftode delle Tavole , cioè degli flrumenti , ed altre carte della Cafa Augufta, e forfè lo flef-fo, che il DECVRIO. A. TABVLIS, che veggiamo in alcune ifcrizioni. I Tabular) non fi confondano (come fpeffo avviene ) cogli Scribi ; che erano , come dice Gianandrea Efchembac-thìo {a) Mancipia, & Servi; nè meno co’. Notai , Libra) , Bibliopoli ; uffici interamente diverfi all’ oflervare di Crifliano Schoettgenio ( ) imperciocché erano quefti tutti fervili, quando all’incontro quello àc Tabulari foftenutoera da perfone ufeite di fervitìi , come poi decretarono pure Arcadio, cd Onorio. Gianuario poi intitolato Tabulario a patrimonio, era lo fleifo, che Teforiere ; e cuflode delle pubbliche, o private ragioni . Molte denominazioni aveano co-iioro. Appo il i-Vgwr/it abbiamo un Tito [a] De Scribis Supplem. Poleni HI. pag. 85?. . . (b) De librartts ivi. p. 85Ó. Di Capodiftru. 5 5 to Aurelio Liberto d’ A usuilo , detto PROCVRATOR. AVGVSTI. A. RATIO NI BVS (λ) , ed un Se fio Pomp:-jo EXACTOR ,· i quali tutti coeli altri inferiti dal Celebre Autore della Lettera da noi fopra cfpoila , iìccome io pcnfo, avranno avuto lo ileflTo impiego del Tabulario. Egli era l'Efattore delle entrate del Patrimonio privato à' Augu-Jlo: Imperciocché due erano i Patrimoni, un pubblico, che fi facea da’fifchi, c dalle foilanze de’condannati: cprivato Γ altro , che rifguardava i beni patrimoniali . E fua cura era il tener rc-giilro fu le tavole di quanto ufciva , e di quanto in calla v’ entrava. Il perchè fi diceva alle volte chi a tale carica eri dedinato , CALCVLATOR , fcrivendo Ulpiano , che ( ύ ) Librariis, O* Notariis, & Calculatoribus i five Tabulariis... pis dicere Prafes debebit . Il primiero de’ quali a iafciar comentarj della fua arte fi fu un tale Megliore Calcolatore : com e s’ appara da lapida pubblicata dal Fab-bretti ( c ) ; il quale morì nell’ anno dii Koma DCCCXCVII. Forfè quefto Me-C 4 glio- [λ] De fervis Wi. p. 1134. C 1135. ( 4 ) Digefior. lib. 50. de variis & extraord. cap. tit. i^.§. i. [ f ] Infeription, Cap, 2. p. 88. n. \6<-y 56 Delle Antichità gliore era Tabularlo pubblico , che come dice Snida autenticava co1 proprj caratteri gli /burnenti de' Cittadini. Quelli detto ordinariamente era Scriba da’ Latini, e da’Greci vaetWidv Tabellione ,· con quella fola difparità notata da Cornelio Nipote, che in Grecia più che in .Roma era tale impiego onorevole, ede-corofo. XVII. Il corpo civile de’Municipi fi chiamava Città ; il perchè di loro appunto parlando Feflo diffe id genus Nominum definitur, quorum CIVITAS unì-verfa in Civitatem Romanam venit . Sc però è vero, come è vcrilfimo , eh’ Egida folle Municipio farà pure Hata Città de’Romani.· tale appunto riconofcendo-ìa Plinio collo fcrivere ch’elTa era Oppidum Civium Romanorum (λ) ; pofeia-chè fe v’erano Cittadini Romani, dovea per ncceifaria confeguenza elfer pure Città ; non volendo efprimer altro tal voce al riferire di Cicerone ( b ) , e di Cefare ( e ) , che una comunità di uomini che vive colle leggi della focietà . Quind’io dall’ un canto tai riflefli ponendo, e dal- [a] Lib. :j.cap. tc?. (ZO Defomn.Scìpion. (c) Bell. Gali. lib. i. c. 12. Di CabocUfìria. _ 57 Faltro confideranuo la fua vicinanza a Triefte^a. quale è di fole dodici migli i Italiane , non pollo non credere , che di lei particolarmente fi parlalfe nelfa-mofo decreto fatto dalla Repubblica Ter-geftina in onore di Fabio Severo fuo Cittadino , c Senatore di Roma, pubblicato dal Gmtero [a] ove abbiamo tali parole ut manifcjìum fit ìd eum agerc , ut non modo nobis fed, PROXIMIS . QVO-QVE. C1VITATIBVS declaratum velit e(Je &c. redi quel proximis Civitati-busi Chi pih jprolfima a Triefie d’Egida ? niuna fenza alcun dubbio. Ora in quella Città, cioè in quello corpo civile, v’erano ad imitazione di Roma i fuoi Magiilrati di Decurioni^ di Decemviri,^]. Seviri, e d’altri minori, che a foggia di Repubblica la governavano ; falva però fempre la dipendenza dal Pretore, o Prefetto della Provincia . V’ erano fenza dubbio ; ma il tempo avaro ci ha rubata di loro qualunque memoria . Non ci perdiamo però di coraggio . Quando provato abbiamo, ch’ella era Municipio·, ne va in confegucnza il conchiudere, che de’Municipi ileffi ella avelie il governo. Ma c’è di piti . Non la fa tignale Plinio a Parenzo ? Oppida IftrLe C 5 [die’ («) P. 308. n. i·. 58 Delle Antichità (dic’ egli) (λ) Civium Romanorum Algida , Parentium. Seduncjueambe ugualmente Città , e Municipi erano de’ Romani, ne va in feguito, che P una dall’ altra non foiTe nella reggenza diifimile . Quivi però ancora al giorno d’ oggi di qualche Magiftrato fi confervano più memorie . La prima è quella 5 che pubblicò anche il Tomafinì, e fi ritrova ben con-fervata nella pubblica piazza . NZPTVA/0 OS/S&.^VG T-Abimvs. vz pj/j. ros-r MPKAzriXTVS. CLtAS!. nAV^ ’TETMPLO. /LESTlTl/rO yvtOirAKF £KT/ivCT, λολιο. rxc^Tvi. r/vARR VX. CQNCZSJA. S!SI. DICAVIT Le figle dell’ultima linea D.D. Decurio·, num Decreto c’ infegnano , che quivi c’ e-ra il Magifirato di Decurioni, il quale c-ra per l’appunto il primiero de’ Municipi , come abbiamo da Ulpiano , da Marziano, da Papiniano, da Paolo , da Er- mo- [a] Lib. j.cap. 19. Di Capodijhta. 5 9 mogemct , da Callifirato , e da Papirio Giufio nc'Digejlt lib.L. tit. 2. de Decurto· nìbus , alla qual dignità fi afcendeva , dopo aver fofienute Γ altre ; dopo ave' compiti i venticinque anni , c prima de’ cinquantafei, al parer di Callifirato. Da altra ifcrizione il Magidrato abbiamo di Seviri Jlugufiali ; che ho veduto preiTo il Signor Muratori {a). •IL CM TRAVIO Sjjcwvdo. Vi.vmo gn.flavivs* zkjs1 VI-VTPL· MAGISTZFL. AVedtofXjrr. rrcir Indrizza quella memoria a Gneo Flavio , Secondo Seviro Gneo Fluvio Erote pur Seviro, e Maeflro Auguflale . La dignità di Maefiro corrifponde a quella di Prefide , e il collegio àc Seviri era appunto di fei perfone -, ed egli era propriifimo de’ M«. nicipj ; avendofi nel Grutero [ £ ] ifcrizione della Città di Caflello ne Falifci, C 6 eret- (a)~Tìiefaur. Nov. Infcript. pag. Il7. nu-mer. 5. [£ ] P. 149. n. 5. eretta da quattro Maeflri Augufiali di quel Municipio ; nell’ aggiuitare eh’ eifi fecero le iirade col proprio dinaro in onore di Cefare . Altro Seviro di Pa-renzo vedi in queft’altra alquanto maltrattata [λ]. Uh gjj&ÌkìznvT. pmsM Ir. TYCH-IVS VX. wm, SIBT' ΧΤ.-Τ χ/Ι.Ρ SERVA. .... ». In quella quarta, che fiegue , vedi. Γ ordine Equefire ώ.Αα.. M. SEAiSALQKIù 'SVtÈSSIAlÌ K, Ai. SEMEAPrtlVS LUlUUlliaittO Marco Sempronio la erige a M. Sem. pronto Sueeffivo Cavaliere Romano. Ileo-gnome di Sucejfivo due volte ripe* tuta. [a] Muratori p. 745. [b] Ivi. p. 851.11. 3. Dì Capodìftria. 6t tufo lo veggo nelle ifcrizioni del Fa-bretti [ λ ]. L’ordine Equcflre al dire di Carlo Sigonio ( £ ) era comune pure a Municipi, tutto che Guido Pancirolo [ c ] l’ommetta ; come pure ommette i Seviri, e gli Auguflalt, de’ quali tutti dee Supplirli. Se però in Parcnzo tutti que’ Magi-ftrati erano, che proprj furono d’un Municipio , chi avrà viltà sì corta, che non veda efler uopo il confeifare che in E-gida pure vi doveffero eflere ; quando I una, e l’altra erano ugalmente Città de’ Romani, e nel grado ifteflb confide-rate? XVIII. Oltre il corpo Civile v’ era l’Ecclefiaftico in ognuna delle Città de’ Romani. In tal propofito non abbiamo al certo bifogno da mendicare altrove memorie, onde illulìrarc la noiìra Patria . Il primo luogo diali con ragione a quella bella reliquia d’antichità. SEX. [ « ] Infcript. cap' 6. p. 516. e p. 521. (ó) Deantiq.Jur. Ital.lib. 2. cap. 6. [c 3 OcMagifirat. Municip. Grav. voi. Pag-47· SEX. BRIMNIARXVS CERTV4T ■VOTO- COMPOS.PZCVK SVA.PO&TIC.FECITIONJÌC Sta al preferite quella ifcrizione ben difefa dalle ingiurie del tempo in una delle Corti del Vefcovado, mercè della benemerita attenzione del nollro , prima Concittadino, e poidegniifimo Prelato Monfignor Bruti. Ella èfenzadubbio confiderabile; dinotandoci, che Se-Jlo Brimiario Certo , per voto fece di fuo foldo un Portico lungo cento piedi. L’efpreflione di VOTO-COMPOS ; o VOTI. COMPOS, dimollra religione; non dirigendoli Voti che a Deità ; il perchè tutte quelle ifcrizioni che hanno per efempio ex voto pofuit ; de dicavit , dedit ; votum folvit ; ed altro ; tutte qualche nume rifguardano. Il no-llro Certo adunque in lervizio di qualche Deità avrà quello Portico eretto, avendolo fatto per voto. Collume era in vero degli antichi il dedicare così tai Portici ; e ne abbiamo de- Dì Capodiflria. degli efempj preffo Tacito [a] Dione ( έ ), e Suetonio [ c ] ; ma piti ancora nelle ifcrizioni . Due Relliflime fi ritrovano nel Teforo del Signor Muratori [d]. La prima fi rinvenne in Aquileja e tu ripubblicata del Signor Canonico Berto* li ; e la feconda in Paula; ambe votive per la fabbrica di un Portico per fcr-vigio di Deita. Anchà un’altxa ve n’ è quivi che comincia [f}. MATRI. DEVM PORTICVS. IN ME M0RIAM. cc. Monfignor Filippo Tomafini , onore, e decoro della fua Patria non meno, che della fua Cattedrale, belliifimo Trattato fece intitolato de Donariis Veterum [/] ; fra i tanti voti de’ Gentili annovera i Portici ; e per illuftrazione della materia quattro belle ifcrizioni porta tutte denotanti Γ erezione di uff> Portico , a Giove, al Genio, a Silvano, e ad Efcu- (a) Annui, lib. 14. [£] Hiftor. lib,43. { e ] In Cefare, [d] P. 133. n. 5. e p. 139. 2. [ e] P. 140. n. i. [f] In Tbcfaur. Grav. Voi. 12* έ>4 Delle ^intic b i ra lapio : coll’ cfpreiTione la prima la terra e Γ ultima EX. VOTO, e la feconda V. C. VOTI. COMPOS, come la no-lira. Anzi nell’ultima v’è la lunghezza di piedi 30. Trattandofi qui di Ponici; non pof-l'o far a meno di addurre anche una i-fcrizione rinvenuta nella Diocefi di Citta nuova, in que’contorni, che memorie fi ritrovarono d’una Romana Colonia ignota a tutta Γantichità. Eifa in-fegna come Bardia feconda figliuola di Lucio fece di fuo fùjdo a Giunone Feronia, il Tempio , il fogno , o il fimula-cro, e i Ponici, Ella è quella. XVJSIONI. FEUOTSTIAK JSARVTA.Zr.r, JSCV^r=: AEDEM- JTX GlslVAL JPQTC =; . O'i li ·- CVS. Ό.Ρ. S- n ch’io leggo : De Pecunia fua Dedit . φίρα'νίια, Feronia vuol dir Dea de’ Bo-fchi, onde Virgilio ........Et viridi gaudens Feronia luco. e Feronia, Giunone Vergine fi chiama- di Capodijhìa. 65 va al riferifi di Servio [a] da Diodoro .Alicarnaffco, o da Livio abbiamo , che un Tempio di quella Dea era preffo il Tevere ne’confini della Sabina; del quale parlarono Rafaelle Fabbretto [ ] : e prima di lui Filippo Cluverio [e]. Anche lapide a quella Dea dedicate li viddero dagli Eruditi, e dal fuddetto Fabbretti ne furono raccolte fino al numero di fette ; comprefavi la noftra, ed una tavola del Grutero, alle quali fi può aggiunger Γ l’ottava ; e farà quella , che fi ritruova prelfo il fempre da me celebrata Signor Marchefe Maffei [d]. Dicemmo noi , che quella lapida di Bardia fi difotterrò nella diocefi di Cit-tanuova ; ma foggiunger è duopo , che molte vicende patì . Imperciocché leggendo la Ifioria di Padova del Gavalier Orfato , olfervo ch’egli fedelmente tra-fcrivendola dice che da lui fu fatta collocare nell' entrata della fua cafa ; e con lei pruova che Giunone veniva adorata dagli Etnici Padovani ancora dopo la di lei deduzione [e], Certi manoferitti cataloghi [a] TEneid. lib.7. v. 798. [ b ] Infcript. cap.ó. p. 451. [c] Ital.antìq. lib.2. cap.3. p.549. [ d ] Verona illuflrata . p. 155. n. 21. [e] Lib.i. P.i. p.37. 66 Delle Antichità delle antichità, dell’ lilria m’ aiTicura-no , che efla fi ritrovb , ove dicemmo : ma come poi fu trafportata in Padoa ? e quivi giunta come ingannato mai \Orfato, io lo dirò ; recitando le parole di Monfignor Filippo Tomafmi fo-pra di efia [a] J umni Feronia ( dic’ egli ) cultum in diceceft noflra TErnonienfi plurimum viguijfe demonjlrat faxum fequens caraElertlms Romanis in Pago Villam inventum , QVOD. PATAVIVM. TRAN-STVLIMVS . Ecco fcoperto 1’anecdo-to, e l’equivoco dell’ Orfato. Il Tomafi-ni la trafportò in Padoa, e ’1 Orjato ge-nerofamente fc l’addotò . Qiiefte fon colpe ufaae. Ma dico bene, che s’ella ac-quifta con tanta facilità la Cittadinanza di tutte quelle Città nelle quali è portata ·, da qui a pochi anni fi udirà forfè anche chi per mezzo di quella vorrà provare che Giunone Feronia fi adoralfe in Rovigo, perchè colà con varie altre fece paifaggio nel mufeo del dottiifimo Conte Camillo Silve [Ir i , che a quello fi vede avea già cominciato metterla in noviziato, con intenzione forfè di pro-feffarla un giorno fua Cittadina [£]. Ora ritornando al noftro Portico di Se [lo (a) De Donariis. Grav. voi.12. p.787. li ) In Giovenale. Sat.6. v. <54. Di Capodìflria, èj Scflo Βϊ inni ario Certo conchiuder è duo-po, che pur quefto , come tutti gli altri, fabbricato foife per voto a qualche Deità ! Qui però rifletter bifogna , che ficcome molti portici v’erano particolarmente in Roma, e de’ pubblici pe*giuochi , c pe’ banchetti degli Imperadori; c de’ i'acn , pel fervigio de’ Tempi ; così fermar il penfiere dobbiamo in quefli ultimi, che agli Dei appartenevano, e che fatti ordinariamente cran per voto. E quante memorie di Amili portici non abbiamo mai noi·1 Celebre in Roma era il Portico à' ^grippa avanti il Panteo o Aa Tempio di tutti gli Dei ; il quale fu interamente anche in quelle reliquie , che rimaneano, miferamente da Urbano Vili. Papa atterrato, per formar dalle tavole di bronzo, colle quali era coperto, o foflenuto, e cannoni, e colonne nel Vaticano-, lafciandone poi degna memoria in ifcrizione riportata da Alexandro Donato [a]. Il Catalogo di tutti i Portici de’Temp; di Roma abbiamo pref-fo Giorgio Faboricio [£]. Se però i Portici fatti per’ voto , Γ adornamento erano de’ Tempi , crederemo (λ) De Urbe Roma. Gr.ru. voi.3, p.823. (b) DefcriptioUrbisRomiC. Gnev. voi.3. p. 51Z. (58 Delle Antichità remo noi d’andare errati indicendo, che per un Tempio pure Brinniario faceiTe il fuo , avendolo dedicato per voto a Deità chV non nomina ? Portico di Tempio , va bene ; ma di qual genere di Portici farà flato mai egli ? Di pih portici adorno era ogni Tempio che tra la ferie andava de’ migliori. Oltre Γ autorità degli Scrittori , molte ifcrizioni la dimoftrano apertamente. Vedi nella no-flra di Bardia feconda più fopra efpofta, nominarfi la fabbrica di un Tempio, di un fimulacro, e de’ Portici . AEDEM. SIGNVM. PORTICVS : Anche in altra preflb il Gruferò [ λ ] abbiamo AE-DEM. CVM. PORTICIBVS. un Tempio co’ Portici; e più portici ordinariamente v’erano infatti. Di due foli però ne fa menzione Pubblio Vittore, uno avantila cella, e l’altro dietro del Tempio ; quefli opifìodomo, e quegli prodomo nominando. Vitruvio però ci ha lafciata un’ efpofrzione afifai più diligente diflin-guendo egli più forte di Tempi, (έ;) come per efempio Proflili che un folo Portico aveano d’avanti ; Amfiproftili , che ne aveano davanti , e da dietro ; Peripteri , che ne aveano d’ogni intorno, (a) P. zi. n. 2. (£) Lib.3. cap.i. dì Capodifirìa. 69 no, e Dipteri, e Pfeudodipteri, di due, o tre ordini di colonne . Veggendo io adunque nella lapida no-ilra allegnata al portico la lunghezza di Piedi Cento , m’indurrei quali a credere, che di un Profilo foiTe*, Imperciocché , le di Periptero, o Diptero ei fòlle llato, non vedremmo lìcuramente indicata la fua lunghezza ; perchè a quelli il Portico camminava all’intorno ; voglio dire da ogni lato, perchè gli antichi Tempi ordinariamente erano di formaquadrati. Se però Sejìo ne aveffe fatta una loia facciata, non l’avrebbe mai chiamata col nome di Portico, ma piut-tollo parte, o lato, del Portico detta Γ avrebbe. Potea detto Tempio effere anche Amfipojlrilo con portico alla prof-pettiva, e alla fchiena ; perchè ad ognuno di loro fi potea affegnar la lunghezza y e così egli farebbe fiato o Prodomo, od Opijlodomo ■ Eller detto portico potea pure uno di quelli che conduccano al Tempio ; ma di tal forta trattine quegli di Diana d’Effcfo , non fe ne veggono così frequenti. Ora le cotello Tempio o Profilo, od Jlmfiprofìlo ch’egli fi ioffe^avea un portico in facciata lungo piedi cento } con-feffar è duopo che di dugento foffe la di lui lunghezza . Vedi che magnifico Tempio ! Ma non però tale, che in un Mu- yo Delle Jlntichith. Municipio fuperar poffa la noilra credenza . E perchè quefta memoria è così bella, e chiara cosi i io non crederei d'andar troppo lunge dal vero in dicendo , che quelle antiche colonne di marmo , efi-iìcnti nella Chicfa del Duomo prima eh’ ei foiTe rifabbricato } [ ma non fatte ficuramente per quel luogo, poiché nel rrafportarle che li fece, ritrovaronfi pili piedi fotto del pavimento , fu cui fenza piededallo poggiavano ) fodero di quello Tempio, e di quello Portico. Eife fono di una grandezza confiderabile , e d’una qualità, di marmo perfetta. Quattro di loro fervono ora per follenere nella medefima Chiefa Γ organo , refo da tali ornamenti degno di maggiori ri-flefli. XIX. Gran danno è fenza dubbio il nollro l’aver ignoto il nome di quella Deità cui il nollro Certo fabbricò il Portico per maggior decoro del Tempio . Ma io nell’indagare le antiche cofe fon temerario . E così infatti chi fu materie tali, con tali circolìanze ragiona effer dee ; poiché chi ha coraggio da git-tarfi in alto mare, può aver qualche fpe-ranza di giugnere all’altra riva; ma non così chi va fempre corteggiando timorofo la fponda. Quella noitra ifcrizione pertanto li ri- dì Capodiflrìa. η i trovò fcppellita fetto le ruine d* antica fabbrica in Vefcovato j ove per l’appunto mercè di quella forte , che alle volte favorifce anche le lettere , diverfe altre lapide ugualmente belle ricuperaronfi . Laonde io fofpetterei , che quello fofle particolarmente il luogo di quello Tempio . In fatti lapida chs efilleva colà , c’ infogna che il nollro Vefcovo Ingegneri ripoilo avelie memoria a Gregorio XIII. Papa in quel luogo ov’era iicrizionc dedicata agli Idoli. Ella è quella riportata da Monfignor Naldini. Io. Ingemrio Epifcopits Juftinopol fublato bine lapide Idolis [acro Aliud in fempìternam Greg.XIII, Max. & Opt. Pont, memoriam repofuit CIoIoXXClII. L’ifcrizione degl’Idoli ci è'mancata così. Forfechè quella ci avrebbe pollo in lume la cofa . In certe memorie però MSS. dal Dottore Profpero Petronio nollro concittadino io ritragga , che le lapide efi-llenti colà furono dallo flelfo Ingegneri fpedite in Padoa ai Signoi Rannufi dai quali poi fatto avellerò palleggio in Elle nelle mani de’ Contarmi nobili Veneziani, Una delle quali dice elfer quella. ISLDI. ί-ΡΧητ. S'aickvpvx C, 'CAVILT-Vif. XElVTVJàZiVS £Γ- 54ΛθΧ/ί·. PRISCA. CVM SVlf. ΑΈΏΕΜ-. VETVSi: ~ c P] fi cailravano . L’ opinione d’ Owiclio è abbracciata anche da Seflo Pompeo pref-fo Onofrio Panvimo (cj ; ma per verità ella non è probabile , fapendofi già di certo, ch’eglino fuori di loro andavano per lo tanto liridere, e girare all’intorno, come ofiervò pure il dottiffimo P. Gian* Latifia Belli [d]. Tale flrage di fe faccano ad imitazione d’ Λιί, il quale in colpa d’ effer giaciuto colla ninfa Sangaride dopo aver promeffo a Cibelle che teneramente lo amava, eh’ egli non avrebbe giammai tocco Donna di forta ; divenne per ga-itigo del fuo delitto furiofo per modo che giunto fui monte Dindimo diffe (e] Λη [a] Faflor. lib. IV. [i] Aflrcn. lib. 6. cap. 29. e lib. V. eap. 6. [e] de Civtb. Romanis cap. XXXVIII. (d) de partibus Tempii jiupur. cap. IX. (e) Ovvidio F a fior. lib.IV. di Capodtftrìa. 79 An pereant part es qua nocuere mihi, An pereant dicebat adhuc ; onus inguinis aufert. Nullaque funt fubito figna relitta viri* Quindi i Galli imitandolo lo ficffó ficcano in onor della Dea, perchè [a] Venit in exeplum furor bic:mollefquc Miniflri Cadunt jattatis, vilia membra, comis . Il perchè da Lattanzio fono etTi chiamati nl· uomini nè femmine {b), e femiviri da Varrone (c), da Virgilio (d) , da Ov-vidio (e) , e da Giovenale (f) . Catullo pure li dice Galla per derifione; e femmine in fatti ftudiavano di fembrar eglino alle veili, cd al portamento ; per-D 4 chè [d] Ovvidio ivi. [b] de falfa religione lib. I. cà.Lugd. Batav. \66o. 8.p. il6. V] Frag. p. 150. Nonn. 'ri] JEneid. lib. XII. e lib. IV. e] luogo citato. f] Sat. VI. v. 513.. So Delle AnUchith chè al riferir di Taziano (a) tal legge data era dalla Dea. XXIII. Falfamente fi crede, che tutti i Sacerdoti di Cibelle foffero Galli, c caftrati; imperciocché preifo Luciano φ ) abbiamo altri che fi diceano Sacerdoti j altri che Tuonavano le fijlole ; altri i flauti -, ed altri che Galli diceanfi . Anzi Strabone ( c ) ne nomina in maggior copia , e fono eglino Cureti , Coribareti, Cabiri, Telcbini , ed altri ugualmente miniftri di quella Deità. Nè fi creda, che di loro fola menzione fi faccia nelle defcrizioni de’ facrifizi di Siria , e di Tripia y poiché ficcomc anche in Italia pacarono, così molti di loro fi confervarono ancora qui nelle antiche ifcrizioni, in una delle quali fi vede un Antioco Sacerdote {dj, e in altra un M. Cuzio Rujlico flautifla (ej. Anzi quivi ne ritrovo, uno da me non offer-vato preffo alcun altro antico fcrittore ed è (/) [,?] adver. geni. p. 147. [b] ed. Amflelod. 1687.T.II. de Syria Dea, p. 678. (psif , a’uXrimi cvfi'aiot , Γ aWoi . M lib. x. t^] Gr«ferop.CCCVIII. q, Γc] ivi n. io. f/j ivin. 5. di Capodijiria. $x L. yE-r TLO. SYH ΤΑ ΟΡΗ ο AELICy ί OSO A. λαατίκε■ /U/7ro/V4 CAPEE^^TQ Sta qui Capellato in vece di Capillato ; come alle volte fibeperfibi. Erano dunque al fervizio di quella Dea anche\Rt-lisiofi detti Capelluti co’lunghi capelli , per didinguerli forfè da’ Galli che fi dice aveffero la tellarafa. Il Collegio per tanto de’ Galli non era che una parte eh’ io però fuppongo la principale del Sa ■ cerdozio di Cibele y diiliuta dalle altre particolarmente per la loro effemmina-tezza. XXIV. Per la maggior parte gli^ir-chìgallì erano della siera de’Liberti, come apertamente c’infegnano Tifcrizio-ni. Il nollro però non è filila lapida denotato tale ; ma anzi e’ ci comparifce Cittadino Romano \ perchè della famiglia Publicia ; della quale un Cajo Publicio , o Poblicio fu Tribuno della Plebe nell’ anno di Roma DXLV. allo fcrivere di Livio [ λ ]. Cui fu concedu-_____________ D 5 t0 [λ] Lib.37. 8> Delle Antichità. to il privilegio d’ eflere feppellito co’iuoì Eredi nella Città; come ila in iicrizio-ne confiderata da Fulvio Otfino ( a ). Siccome però i Liberti fi appropriavano il nome de’ loro Padroni, così non fi può affermar con franchezza, eh’ egli, fbfl’e di tal Famiglia. Imperciocché anche Cicerone fa menzione di un Gneo Publicio Menandro della condizione di Liberti [b] . Poteva dunque il noftro Sintropo effer figliuolo di Liberto; manonnofian-te una cofa lo avvantagger'a fempre fopra gli altri ; ed è eh’ egli non nacque fervo ; ma libero Cittadino Romano. XXV. Ora ufficio effendo degli Archigalli il prefiedere particolarmente alle Felle , che fi celebravano in osore di Cibelle·, giova dire, Che di loro diligenti relazioni ci lafciarono Luciano (c) , ed Ovvidio (d) onde appagar fi poifail defiderio di chi bramaflc faperne i mi-fieri . La prima loro infiituzione mentovata abbiamo nei fempre venerabili marmi $ Oxfort ; pubblicati per la prima volta colà nel 1Ó76. fog. co’comen- [ λ] De Familiis Roman. [ έ ] Pro L. Cornelio Balbo. Fratto. [c ] EA.Amfielod. 1687.8.T. II. de fy*-ria Dea. [ti] Faficr. lib.4. di C apodi firia. 83 ti di Giovanni Seldeno, di Tommafo Li-diato , di Giovanni Marfano, e di Om-fredo Prideaux ; i quai marmi furom pofcia in Italiana favella tradotti da Monfignor Francefilo Bianchini \ ed indi dal Signor Marchefe Maffei-, la cui traduzione perchè pili fedele, e più genuina fu riftampata in Xowdra Γ anno 1732. nella feconda edizione che di loro fi fece con molte aggiunte di più. Da que-fii fi argomenta adunque, che l’infiitu-zione delle Felle di Cibelle avvenifl'e fecondo il computo del Seldeno 150ό. anni prima di Gesù Crifio ; nel qual tempo pure Jagnide Frigio ritrovò i flauti. Non folamente però col fuono de’ flauti tai fede, e facrifizi tali faceanfi ; poiché l’armonia, ond’ erano accompagnati, c ch’era frigia, confiftea particolarmente ne SifiriCrotali, Cembali, e Timpani ; ed ella era feguita dagli ululati de’Sacerdoti 3 onde Catullo nel rat-tQ : di Profierpina Seu tu Sanguineis ululantia Dindyma Gallis. Nella qual foggia facendo credeano di pianger ~4ti ; fl perchè Giulio Firmici dille lugete Proficrpinam, lugete Atin , e D <5 il 84 Delle Antichità il noto epigramma predo Lorenzo Pigna-ria (a). Qui colitis Cybelen , & qui Plrryga plangitis Atin. XXVI. Quegli che di tali facre funzioni era il moderatore , e che Archi-gallo nomavaiìal Luciano [£] non avea piu d’ un anno durevole la dignità : terminata la quale in fuo luogo un altro fe ne eleggeva. Curiofo , e maeftofo di molto era il ve/lito loro. Cónfiitendo eifo particolarmente in lunga , e riflretta vede di color bianco al difotto; fopra di cui una lunga e larga Clamide, o piviale avea-no di color di porpora , fecondo Luciano, ed Ovvidio ( c ) ; di varj colori la diife Dionigi à'AlicarnaJJo j e da Apulejo abbiamo eh’ cita, all' intorno aveife le figure di molti animali. Il perchè io mi immagino, che il veilito di quelli Sacerdoti limile folfe a quello , di cui fi vede ornato il bellilfimo fimulacro di Ci- ta] Magna Deum Matris initia . Cray, Ϋοΐ. 7. p. 509. (Λ) T. II. p. 679· [c] F a flor. lib. 4. Illic purpurea canus cum vejic Sacerdos. dì Capodiflrid. 85 Cibclle; ch’era appo Virginio UrfinoConte & Anguidar a , uguale al difegno difterite ne’codici di Pirro Ligorio pubblicato prima da Giovanni Pietro Bedorio [ λ ], e poicia dal Padre Bernardo Mont-faucon (0). La Dea è fedente veftitadi Clamide uguale a’ noftri Piviali , tutta all’ intorno orlata de’ fegni dello Zodiaco ; che corrifpondono agli animali d’ Apulejo creduti in quella degli Archi-gMt. Ha dia in capo la Mitra , o fc dir vogliamo "Piara con molti geroglifici . E di Tiara d' oro r/cpyi > ; u? iv appunto erano coperti gli Archigalli allo ierivere di Luciano. Di più forti quefte Tiare erano; ma tutte perù rilevate in capo o come mitra, o come luna, onde Sidonio Apollinare [ c ] Lunatam tibi flcReres tiaram. Erano di color roflb , fecondo Ovvi-dio ( r# ) ; E due (λ) InGrowou. Vol.}, p.42<5* [ i ] Antiquitì explìqueì ed. 2. Parif. 1752.. fog. Tom. i. lib. i. cap. 4. [c] Carm. 2. v. <;i. (ri) Metamorph. lib. 2. Tempora purpureis certat velare tiaris. 8(5 Delle Antichità. ■tL due ali aveano all’ oflfervare dell’ antico fcoliafle di Giovenale, colle quali per le guance fi legavano fotta al men· ta (λ).Con quella forta appunto hanno qualche raffomiglianza le berrette Frigie, di cui veggiamo ordinariamente ornate le figure a Ati. Il fimulacro però di Cibellc fopra lodato ha un’aperta mitra uguale in tutto alle noilre ; coficchè fe tale veilito aveano, come veduto abbiamo, anche i di lei Sacerdoti primar; , non erano celino dall’ abito Pontificale de’nollri Vcicovi gran fatto diverfi. XXVII Gran danno della Repubblica letteraria , che fra le tante antiche memorie finora ritornate alla luce del giorno , non fi fia veduta peranche la figura d’ uno di quelli Pontefici di Ci-belle, che fia legittima fenza contefa, e fenza efitanza . So che il celebre Padre Mont-faucon ce ne dà uno indifegno d’antica ilataa ; ma clfa è fenza braccia , fenza iella, fenza clamide , e fenza fimboli onde poterla dichiarar tale [£}.. So anche, che prelfo Roma nell’anno I72) una Cafponia gran facerdotefia , Romana ; Flavia, Greca preflo il [e] Se però tale fia pur quella, che fotto il nome va SArchigallo, lo giudichino gli Eruditi, fup-plicandogli a fupplire ove io avelli mancato Ch'Altro diletto che imparar non provo . 3CXIX. Ora ritornando a noi, rifletter [ ] Pro L. Cornelio Balbo. Oratio . [b] pag.308. n.4. [c] hfcript, pag.342. n. 524. 94 Delle Antichità ter primamente poflìamo , che ove era Archigallo, ivi era il Collegio de’ Galli , c dove i Galli , ivi il Tempio di Cibelle j e dove il Tempio, ivi il fimu-lacro di lei; e pofcia conchiudere., che in Egida quella Dea aveffe Tempio , adorazione , c Sacerdoti ; ritrovandoli quivi memoria d’un Archigallo . Ed in vero quando nella feconda guerra Car-taginele, come feri ve Livio (λ) elfendo-fi da PajTmmte trafportata in Roma la Statua di Cibelle, la quale peri) al dire di Cicerone prelfo Olao Bonicchio [ £ ] , era informe ; potè benifimo palfare il fuo culto nel Municipio no Uro d’Egida. Ed infatti io m’induco a creder così non tanto full’ifcrizione dell’ Archigallo ; quanto dal vederla incifa alla parte d’uno de’ due amichi Leoni, che fervono di bafe alla Porta aullralc del noftro Duomo , e fono quelli che qui efponghiamo, fdrajati fovra piedeltallo ben lavorato , aventi fra le zanne una tclla di vitella coronata di pino ; in uno più, che nell’ altro pregiudicata dal tempo. Quella è la regina di tutte le nollrc antichità. Non v’ha dubbio che quelli fieno kdi leoni Cibelle ; lo dimolira Γ infcri- (λ) Lib.zo. io. 4. (|i) Antiq. Urb. Rom.fac. cap.12. di CapoSiftrìa. 95 ifcrizione dell’ Archigallo ivi incifa all’ oppofta parte del Leone ove termina la figura dell’animale y e la loro bene c;f-preifa venerabile antichità . Da’ Leoni invero era portata tal Dea. ?véWé μιν <μρ«οΊ , e leoni la portano dice Lucia*, no [a]. Hanc veteres Gratum dolili cecinere Poeta; Sublimem in curru bijugos agitare Leones abbiamo preffo Lucrezio (i). Defierat ; crcpi , cur huic genus acre Iconum Prabeat infolitas ad jitga curva jubas cantò Ovvi dio [ c ] ; c Virgilio [ d ] Ft junSli curru Domine fubiere Leones . Il perchè la maggior parte de’ fuoi fi- mula« [λ] T.2. p.jdj. [£]Lib.2: ' [ c ] Faflor. lib. 4. [ ì/ ] JEneid. lib.3, 9 6 Delle Antichità mulacri, è da Leoni faftenuta ; in fegno, come fiegue Ovvi dio, d’aver effa ammollita la fierezza degli uomini, oppure per maggiormente efprimere la madre terra , come rant’ altri filofofarono. Leoni dunque (ono o fotto il Tuo carro, o fotte il fuo feggio , in tutti que’ monumenti , che furono pubblicati dal Pigna-ria, da! Fabbietti, dal Grutero, dal Bellerio , e da altri y dai quali tutte raccogliendoli il Ρ.ΜίΉί-/ί«<ί·0» , gli ha accoppiate a varj altri non piu veduti ; cofic-chè nel Tomo I. della fua antichità /piegata, io ne ho con tali fiere contati fino a diciotto. Fra quelli poi ve ne ho ritrovato uno (a) rapprefentante la Dea fedente in mezzo a detti animali, nell’ illeiliifima forma dillefi de’ noilri , e de’ quali pure non vi fi feorge che la parte anteriore ; onde dir fi potrebbe , che nella llefia foggia anche in Egida la Deita fi ileife fedendo fopra di loro, quando l’ifcrizione fepolcrale ivi incifa non c’infegnafie, che non alfìmulacro, ma al fepokro àclVArchigallo eglino hanno fervito. Fra quelli pubblici fimulacri non toc-commi in forte di vederne alcuno colla iella delle vitelle y nè per quanta diligen- ti) pag. 18. fig. 3. di čapodiflria. _ _ 97 ligenza'abbia ufato, non potei rit io vare nèprklb gli antichi, nè prelTo i moderni icrrttofi veftigió alcuno, onde giudicare ch’elleno proprio folTero di que-ila Dea.« Pretende il VoJJio, che fra gli altri animali le fi facrificalfero Tori [« J*· nia non ha altri argomenti j che una femplice conghiettura. Preflb il Mon(-faucon pafla(otto il nome di Ctbelt Dea, chea piedi ha due buoi (£]} ma per verita efla non Cibele, ma Cerere rappre-fcnta ; avendo oltre a due gran cornucopie, il papavero, l’oliva, il catluceo, l’aratro, e detti buoi, in fegno dell’aver effa a Trittolemo infegnata l’arte di feminare le biade ; nè c è fimbolo alcuno , che la diiKngua per quella viene fpac-ciata. E pure con tutto quello filenzio. Vitelle a Cibelle competevano , e a lei vitelle facrificavanfi. La Angolare notizia ci ha confervata Ovvidio (e), ove dice che nel fiume Tevere, nel trafpor-tarfi da Grecia in Roma il fimulacro di lei, tale facrificio adempielfeto prima d’ogni altra cofa i Romani .· ^inte coronarunt pupem, & fine labe IVVENCAM E Ma* [a] De idololatr. lib. 2. cap. 53. [£] pag.8. fig.4. [r] Fa fior, lib.4. MaElarunt, operum y conjugiique rudem ^ con clic mirabilmente s’illuftra la no-iìra infigne memoria . Non bifogna dir dunque che a quefta Dea unicamente Troje lì lacrificailero come Giufeppe Lorenzo (λ); o folamente Leoni , Capre , e Tori come il Voflìo (£) ; ma bensì ancora Vitelle ; e particolarmente nei Paeie di Roma. iLe tede di quelle noltre Vitelle appunto fono coronate di pino ; perchè albero tale era pure facro alla Dea . Il perchè da Virgilio abbiamo (c) Finca fi Iva mihi multos diletta per annos. e da Tedro [d] Pinus Cibele, Populus alfa Herculi. E la ragione dobbiamo ricercare ad Ov- vidio y (a) Vitia facra Gentilium, cap.iq. (b) Luogo citato. ( r) JEneid. lib. 9. (-dro primiero fuppodo . Diad il primo luogo ad ifcrizionc fepolcrale da me trakritta da monumento efidente nel Vefcovato ; fatto da Eulzia a Giulia Settimina fua figliuola che in età tenera finì di vivere. dì Capodifiria, I IO* IVLI^E. SEPTIMINjE ANIM/E. INNOCENTISSIMA QV A. VIXIT. ANNIS. VI. MENS. Vlili DIEB. Vili. FVLTIA. PRIVATA mater. Infelicissima Non fi pub leggere al certo cofe di quella piii nobile femplice', ed afFettuofa . Le letere fono uguali, e niente pregiudicate . Altra memoria di monumento è in fecondo luogo di un Publio Sardio Prudente , liberto di Publio fatto ; effendo egli tra vivi. Π P. SARDIVS P.L. PRVDENS V. F L*ho accennata quando parlai della ma« numiflìone; ma di lei non mi fono fervito per pruova , perchè non Γ ho veduta nell1 originale . Ella ritrovofli da Monfignore Francefco Zeno fu nofìro' de-gnifiìmo Vefcovo ; e da lui fu fpedita al Cavaliere Orfato, che l’ha portata ne’ •fuoi marmi Eruditi pofiumi. Per la lidia ragione ho ommeilb an-E 3 che che quefta che fiegue, traferitta dal Pt~ tτοπίο da pietra , che a’fuoi tempi era fu le pubbliche mura della Città j ora fmarrlta. che fembra voglia lignificare . Quìnms Appulejus . Lucius Pacatus . Hoc Votum folvcrunt, Libentes merito . La feguente è un Cippo fepolcrale forfè di Lucio Appio da me veduto in Vefcovato I I I AVgvS- firn ZAJPVZe I^PACAT.H "VT iS". Xr. Ai r Dì Capodiflria. 103 I V Γχτλ^ 1 L·. ΛΡ^ iv.rp.ic^f j /λλλ.ρ,χχ^ ch’io leggo : Locus Monumenti . Lucini nippli. In Fronte Pedes X. in Apro Pe-ifcrXX.Il feppellirfi nelle Città era fpeciofo privilegio, cne alla Plebe non fi efiende-va ; come era pure Parere il gius del del fepolcro. Gli efclufi però fi ieppelli-vano fotterra'all’aperto indicando con Pegni fimili il luogo ov’erano porti. Preflb il Petrolio altra ifcrxzione ab biamo indicante un fimulacro d’ Adom fatto da Marco Ulpio , e Aurelia Saliti % a^ Deità non rilevata; la quale coll’altra Sifide più fopra efpofta;, dice che dall’ Ingegneri forte fpedita ai Signori Ramuji di Padova . Ella è querta. V. D. — AOONI-Jie — ex. VOTO‘M.. VLPIVS ET. AVR. SABINA Dopo a I di Adoni vi fara flata una S. perchè il Signum a 'lui dovrebbefi riferire : Quando dir non vole/Timo Deo Adoni in vece di Biis manibus, tirandolo da A’Jfyuì’oc che vuol dire infernale , nel qual cafo X Adoni farebbe flato in linea col D. Deo. L’ultime lìgie poflbno leggerli Poni Libentes Jufferunt. Venghiamo ora ad una delle pih curio-fe, da me veduta, e trafcritta da antico, e gran monumento , che ora ferve per tener olio , di ragione del Signor Nicoli de Belli. P. di CapodifirimS I05 ■ i- -ν-ΐώ ϊ.'ν ; h .·- ■ V I. 'Ί. ■ ' :ri ' ■'· r^r * V Fae trol iSaISSaIano RECtL· ΚΟΧΟΧ,ΑΝΟΚΛΤΛ^ ~Vt V. ÌF E’ quefti un monumento fatto.a P. Elio Rafparafano Re de Raffilimi -, ma è ignoto da chi. Quelle tre ultime ligie V.V. F. fono inefplicabili. In tre maniere m’ ha fatto grazia il Signor Abate Loclo-dovico Antonio Muratori di' fpiegarmcle ; ma fi pretella , che fon tutte immagirìa-zioni (λ); cioè Urùs Univerfa Fecit ; o pure Vindici , Viclori , Felici ; ovvero Vita, Vigoria, Felicitas. Anche il Signor Marchefe Scipione Maffei s’è compiaciuto di farmi Γ onore del fuo fentimento ; dicendo che potrebbe leggerfi Uxor Vivens Fecit [ύ] oppure poiché quella for-mola non era fohta, Valeria, o altrofi-mil nome Uxor Fecit [c}. In fomma E 5 ognuno [λ] fuaLetterafcrittami da Modena addì 23. Febbraio 1742. [£] Sua lettera, addì 22. Febbraio. 1742. [r) altra fua lettera addì Marzoi 1742. jod Tjilie .^Inttchha, ognuno afferma , _ e.ifer difficile per non dire impoffibile fi ritrovare il loro vero lignificato . Elleno però fono abba-ilanza illuftrate coi rifleifi di foggetti di tanto merito, c di tanta dottrina ; nè io ardifco foggiugnere cofa alcuna . Dirò bensì che in Roma ritruovafi un SA-RASPADANES Phraatis filius Re de’ Parti, veduta dal medefimoSignor Mar-chefe Maffei il qual nome s accolla al noilro, I Roffolani erano gli ultimi fra gli Sciti noti dice Strabone (λ) . Luit gr amia gli chiama Nortmanni (i) , e dice che a’ tempi di Romano un tale Ingcro loro Re ebbe ardire d’alfediare Cofiantinopoli con mille navi ( c ). Ermoldo Nigello gli dice Deni, o Dani [d]. Eglino in fom-ma erano quei popoli , che al prefente dichiamo noi Rujfi, o Mofcoviti. A’ tempi di Tiberio calarono il Danubio allo fcrivere di Stanislao Sarnicio £ r ], c d’allo* ra in poi furono Tempre infelìi a’ Romani. (λ) Lib.2. p.175. «(£ ) Hi fi. Rer.Italie, Jmpi .V0I.2.C.3.P.426, (c) Gap. <5. p. 4Ó3. (W) Carmen elegiacum, iib.4. Rer. Ital. S.V. II. P.II. ( Annal.PoUn. lib.^. c.z. in Hifior. Poi. Dlugojfi. T.2. ed. LigfìfC 17x2. fog. PaS· 912' Di Capodijlria. 10J Come poi P. Elio venne in Iftria ? nelle itone non abbiamo alcuna memoria. Devaitarono i Nortmanni la Puglia nell’anno ιοιό. avvifo del P. Giovanni Bernardo (λ) : ma il penfare che in quella fpedizione ila egli quivi pervenuto, farebbe un abbaglio troppo patente . Miglior conghiettura però potrebbe formarli fu quanto ferivo Jacopo Keuxen-felfw (Z>) ,· cioè, che l’anno 280 Probo vinfe nell’ Illirico i Sarmati, i Baftar-ni, ed altri barbari; e che poi permife che centomila di loro veniffero ad abitare nelle provincie Romane . Da quinci fi potrebbe dedurre, ch’eifendo ΓΙ-flria la più vicina all’ Illirico foffe fiata la prima ad abitarli ; e che tra loro cflendovi quello Re de’ RoJJ'olani , ter-minalfe in Egida la fua vita. Anche Flavio Vvpifco. (c) accerta la venuta di tanti barbari nel paefe di Roma . Se però furono quelli Baflarni, Gepidi , Gautunni, Vandali, ed altri, come s’ha quivi, facile cofa è il conchiudere , che anche RoJJ'olani vi polfero cfierc: tanto più, che i Bafiarni , ed i RoJJ'olani E 6 ven- [λ) Chronicon. Cafaitr. Rer. Ital. V. III. P.II.p.838. (Zi] De reb.mofcov. Patav. 1680. 8. p. 30. (r) in Probo. io8 "Delle Antichità, vengono da Strabone [a] poco diftintK Se dunque è ammiiiibile la conghiettu-ra, pare, che quello monumento eretto foffe a’tempi di Probo. Un’altra pure fe ne potrebbe formare fu quanto ferive P. Elio Sparziano [b]. Die’ egli che a’ tempi Adriano s’ammutinarono li Rojjolani per gli llipendj fminuiti , e e ch’ egli cum Rege Rotolanorum .... pacem compofuit. Qui abbiamo un Re di Roffblani a’tempi d'Elio Adriano che iì riconcilia con Lui. Frequente il coilu-me era de’ Re barbari amici de’ Romani il fortire d’effere ammeiii. alle Fa-mi°lie di Roma. Abbiamo al contrario nella npllra ifcrizionc un Re de’ Roffo-lani, che chiamali della gente Elia . Sarebbe mai egli quello che fece la pace con Adriano} Io fono debitore di quello lume all’eruditilTimo Sig. Anton Francefco Gori [c] ; con cui, li viene,ad illullrare il paflò fovrapollo di Sparziano . A Claudio Salmafìo peri) femhra che Sparziano vada corretto ivi così cuyi Rege mox Al anorum ma quella mi pare corrtizione anzi che correzione. E di quel' mox tirato a violenza frammezzo,. Γλ) Lib. VII. p. 452· e p. 4ó8. [Zi] Hi/ioria Augujt. Fanjus 1620. lol, 4.. Òò Sua lettera daFVrwx«· io. Marzo 17421. di Capodìfiria, 107 zo, ove certamente non l’avrebbe pò* ilo Sparziam. La ragione eh’ egli adduce fi è, che la follevazione de’ Rof-fàlani viene accennata poco prima. Ma che monta per quello ? L’ autore ivi narra il tumulto ; poi dice che Adriano v’'accorfe ; indi , che fece pace col Re. E’ tutta una continuazione di iloria . Infatti Ifacco Cafaubono s’attiene alla prima lezione, dicendo per pruova che de Roffoltini frequenti fiate ne fanno menzione le florie romane. Anzi egli porta frammento d’ifcrizione in o-nore di T. Flavio Silvano perchè Regibus Bafiarnarum, & Roxolanorum Filios Dacorum fratrum captos aut koflibus ereptos remiftt. Di quelli popoli ne parla anche Giulio Capitolino in M. sintonia . Ma pervenghiamo con Adriano « con Probo a’ tempi ne’ quali cominciò ad alterarfi la romana fcrittura; e l’alterazione di tale fcrittura appunto ritrovata nelle Lapide di CapodjJlria\ prova mirabilmente eh’ dia era 1’ antico municipio de’Cittadini Romani, chiamato Egida . Facile è il trafporto di qualche lapida in uno, o in altro luogo; e facile è altresì Γ attribuirla a quel Paefe in cui fi· ritruova ; ma alle voltc ct confelfiamo colti in errore, e inganT nati ; colla (coperta appunto o del frappar-. Ilo Delle Antichità porto, o di qualch’altro certo fatto che ail’aiTerziojae s’opponga. Non però avviene così in quelle Città; nelle quali invece degli fcrittori , quantità di Lapide parla; dimofirando in loro la fuc-ceifione degli abitatori Romani nella propria lor corruzione. Il perchè a quella più che ad altro rivolger dobbiamo il penfiere , nell’ illuilrare le antichità di qualche Paefe; come ella unicamente ci ha indotti a fcrivcre di Capodi-flria quelle cofe ; che altrimenti non avremmo noi forfè fcritte. L’ifcrizione dunque che fiegue ila in monumento , che al prefente ferve di contorno di pozzo nella piazza, che chiamali d’Cigni Santi. VII C. LORENTIVS TESIFONVIBVS POSVIT . SIBI Ecco che la perizia di fcolpire, e la purgatezza del ragionare a declinare comincia. Vedi la linea feconda primamente tutta unitamente TESIFONVIBUS ; quando dovea effere in due parole dipinta così TESIFON . VIBVS ; e pol'cia ofserva la corruzione del B. per V. Viòus, per vivus. Infiniti efempj pero Di Capodìfirid. in rò nelle antiche ifcrizioni ritrovanfi dì tale abufo; e in una folaprefso il Fab-brett't (λ), abbiamo Bidit, Bixif, Bis\ e Bibes : per vidit , vixit, vis , e vives . Molto pib fcnfibile ella è poi l’altera-zione de’ Romani caratteri nel quarto fecolo ; in cui da Grecia cominciarono col governo a venir in Italia e Greci, e lettere greche. Vedi tale mefcolanza di caratteri Latini, e greci nella noilra infcrizionc feguente. Vili -ΡΛ SE Li IO ΡχΛν [ΤιΆε y-SE^IF. Merfn ) VI FCjfviT' Il Cavaliere Orfato la interpreta così (£) Lucius Plautius Sellio Plautia Tertullx .,. Se- [a] ìnfcript. ed. Roma 1699. p. 94. (£) Marmi eruditi $.259. 11 z Delle Antichità . . . S el i Fili* merenti vivus pofuit .■ Ma il P. Abate Gianantonio fuo Nipote nelle annotazioni ai di lui Marmi Erudì-ti confeiTa, che in tale interpretazione non vi è tutta la proprietà del parlare t intcndendqfì chiaramente per urbana fi-gnificazione che drizzando egli ( X. Flau-zio ) quella memoria era certamente fra vivi. Il perchè s’induce a credere che legger debbafi VIVAE fembrando a lui, che ugla tale pojfa a Plauzia Tertulla applicarli a cui Lucio che la chiama benemerita abbia voluto drizzar la memoria,, mentre ella era ancora fra' vivi. Se dal! un canto io pongo Γ improprietà dell’efprcffione VI WS riferito a Plauzio ; e dall’altro quella di VIVAE attribuita a Plauzia ; confeifo il vero j che io fono in dubbio a qual parte debba piegarmi . Imperciocché per quanta diligenza abbia fatto, nonm’ è toccato in forte ancora di ritrovare un efempio,. onde potelTi appoggiarla. Ho ritrovato bensì , che in memorie di fi-mil fatta ci manca il VI ; o fieno efie-onorifiche, o fepolcrali. Egli è folamen-te quando indicar vuole perlona , che (Γ faccia il fepolcro per fe. Quindi io fupporrei , che legger non fi dovefle nè VI WS , nè VIVAE ; ma che le parole MEREN VI. PO-SVIT foifero, o malamente incife,. o ma- di Capodiflria , _ 113 rrtalameiate trafcritte, e che invece del V cui foiTe il T, onde veniiTero a ef-nrimere MERENTI. POSVIT . Che na tutto Γ intero fuo fenfo. Dell’ origine pofcia di nomi tali , io non dirò cofa alcuna [com’è mio coilume ] ef-fendo llato tempre inimico di certe c-timologie, xhe richieggono molta fatica per infegnare poi nulla. Piò che difcendiamo , fi fa Tempre maggiore la corruzione nelle antiche pietre ; come apertamente fi rawifa pure nella feguente da me trafcritta dall’ Originale , che ora ferve di bafe ad un pilaftro della fcala maggiore nel cortile de’ Signori Pctronj. EcEì D Delle Antichità I X *14 n M P //Aro vtcto JtlKNORyìK Vili* M' 111 VXRUNTt/sn I l\ NTiSSIÌXl Così fta nella pietra. Ma diverfamente fu fcritta da chi n’ ebbe Γ incombenza da Monfignore Zeno, che volle fpcdir-la all’ Or fato ; onde con qualche varie-tìi fu ella pubblicata, ed intefa . Eifa dunque era letta così . Diis manibus Publio Elio Vittori anorum Vili. Mcn-fium III. Parentes Pientijfimi. Vedi prima la fcorrezione nello fcarfo ufo de’ punti; neU’£//o fcritto così in vece d’ Aelio, e in anorum con una fola n.La mefcolanza pofcia delle greche lettere è confiderabile. Vedi ΓΗ per E ; e y\ ora per A, ed ora per L ; onde due la- di Capodìflria. 115 lamela formano ΓΜ. Tutto ciò e denotante la corruzione della romana ortografìa per la mefcolanza de’Greci ,* com’è più palefc ne’documenti particolarmente fcritti in Ravenna 5 ne’quali lettere prette greche frammifehianiì ad una peffima cd alterata fcrittura romana,· e tal volta anche alcune foferizio-ni ritrovanfi dettate in latino, e fcrit-te per eflefo in caratteri {greci . Dal che argomento aperto abbiamo da dire, che con tutte le irruzioni [de* Barbari , e le corruzioni ben note, fi man-reneffe negli originar) d’ Italia viva fempre mai la comune , popolare latina favella ; benché dalla neceffitù di maneggiare la fpada , anziché la penna, fi folle o alterata, o perduta la coftu-manza di fcrivere nel proprio carattere , colla falita antica forma. Altre antichità ritrovanfi in Capodiftria : ma di parte non mi fono aflìcurato ; e di parte non ho potuto aver difegni fatti con fedeltà. XXXII. Ma perchè ogni Municipio aveva i fuoi Vichi , i quali al dire d’ Ulpiano [ λ ] partecipavano degli onori del municipio medefirao ; non poifo ora io far a meno d’addur qui alcune poche [a] Digejì, ad Municip, T. I. §. XXX, tl(5 Delle Antichità che memorie da me o ritrovate, ©vedute ne'contorni di Capodiflrìa. E’ fenza dubbio incredibile la gran quantità di frammenti di tegole antiche, e di fabbriche , che feorgonfi nelle vicine colline, ficuro indizio della dimora de’ Romani, e de’ Greci , ugualmente che della inumanità de’ Barbari , che per tante volte de vallarono la no-ilra Provincia. Molti doliari fi ritrovarono a’ tempi del Petronio nella prolfi-ma collinetta di Ganzano ; ed e’ ce ne ha lafciati i difegni ; ma perchè eglino fono così malconci , che una lettera dall’altra non fi diilingue; nè fóno el-lino ben formate ed intere 3 così che di rilevar parola è imponìbile ; liimo bene di far di loro niente più,che una fola menzione. Tali frammenti d’antiche tegole tuttodì dilfotterranfi vicino ad una mia fabbrica di campagna fi-tuata fopra un colle detto Cere , quattro miglia dilìante dalla Città . Anzi nello feorfo Autunno elfendo io colà in Villeggiatura ritrovofli anche un doliare molto maltrattato dal tempo; in cui geli 77 SEX ; cioè ficcome io penfo herius Sextius . Di due forte e con- dizioni erano quelle Perfone , che ne’ doliari il nome loro improntavano ; cioè i Padroni della' Fornace ; e gli Artefici ; che Figuli detti erano, del di· Cdpodiflùa. 117 corpo de’fervi (λ). Quefti artefici pcrb diverfi erano da que’Fori ' ’ ’’ poi Tito Popma [JJ. > Siccome erano i Padroni del corpo dì Cittadini ; così fi diftinguono col prenome, nome, e cognome ; avendo pure dall’un canto , e dall’altro, ordinariamente Γ infegna della fornace ; come fi può vedere in que’ tanti , che pubblico il folo Fabbrctti. Al contrario i fervi , o gli artefici fi contraifegnano col iòlo cognome , alle volte unito a prenome. Ci era per ultimo tra i nomi degli uni e degli altri tal differenza , che quegli fono fegnati collo , Itampo , e fono o rilevati, o impreffi Tempre in ottima forma ; e quefii furono fatti alla rufiica colla punta dell’ afeia , o altro ifiromento atto a fimil lavoro, fenza regola, c fenza immaginabile proporzione. Ora poiché nel nofiro doliare è perfettamente impreffo il nome di Tiberio Sextio con fomma facilità verrà giudicato appartenente al Padrone della for- (a) Pi gnor, de fervis . In fupplem. Poleni, voi. ni. v. 129. (b) Tit. XXXVIII. (O Leg. 27 §. 9. ff. ad leg. aquif. ( ) de operis fervorum , parlarono Catone ( ), na- iiB Delle Antichità nace , aferitto alla cittadinanza del municipio. Qui non fi vede Γ infegna, perche il cotto è mancante , c con eiTa ci toglie pure il cognome. Nel colle di Sm Tomniafo tre miglia dinante dalla Città , e dirimpetto al mio, di ragione de’ Sigg. Barbabianca , diletiilimi miei cugini , coll’occft-fione ch’eglino vi vanno facendo una bella, e deliciola fabbrica,·fi ritirò due palli fotterra un antico battuto , così ben conlervato , che pareggia ognuno de’tempi nofiri. E’egli in piu guife dipinto , di giallo , bianco , azzurro , e rolTo ;e fono detti colori così ben confervati , che pajono dati di frefeo . Co-ficchè quando io Γ ho veduto, non ho potuto trattenermi dal chiamarlo [ a ] con Orazio. .... Pavimentum fuperbum. Pavimento in vero chiamavano battuto tale i Romani, onde Giovenale [ù~\ Hofpite venturo cefj'abit nemo tuorum Verre PAVIMENTUM ; nitidas oflende columnas. Diftinguer però bifogna pavimento da pavimento . imperciocché altro era cjuel-lo , fatto a -terra i o negli atrj de’ Pa- [λ] Orazio carm. lib. n, od XIV. (£) Sat. XIV. v. 59. Λ di Capodifìria. lig Palagi o ne’ Portici; o altrove: ed altro quello delle camere . Quello , fe crediamo a Plinio per Ja prima volta fu fatto in Roma da ^grippa , e andava in rango co’ mofaici : ma l’altro a terra, come il nollro, era molto più antico , dicendoci lo lìdio, che pavimenti tali provenienti da Grecia jtirano in co fiume fino all' invenzione de' mofaici. Il perchè elfendocosl preziofa l’antichità di quello battuto, è opportuno raccordare a chi lo poiIìede,di proccurare di fcoprirlo interamente da ogni lato, e poi s’è poflibile, confervarlo. Da tale battuto li prende oneilo argomento da credere , che quivi folfe antica fabbrica de’Romani; e per con-feguenza , che fu quel colle un vico folle della noflra Egida. In fatti molte mine di antichi calamenti fi veggono; e tutto giorno gran quantità efeavafi di antico cotto , e di tegole . Anzi mi vien riferito da chi la vidde, chefi rinvenne già tempo un’ ifcrizione; della quale perchè non fecero allora gran calo , al prefente non fi ha, che una certa memoria, che fi trqvalfe. Ci rimafero bensì infiniti doliari de’ quali molti fono confervatilfimi , ed altri alquanto pregiudicati . Fra quelli il migliore è lungo due piedi in circa, c largo uno . Alle parti è rilevato da mez- %> 120 Delile Antičhith mcTLo piede, in guifa di tegola ; e nel fuo piano in una bene efpreira nicchia fra due palme racchiufo è il nome di P. IURI. SAB. Publius Jurius Sabi' ms : ben formato, e beniffimo rilevatp. Frequento ne’ doliari c il nome di Sabino , o Sabiniano . Quelli farà flato il Padrone della fornace; la di cui infogna fono le palme . E tanto più mi confermo ; quanto che in altri mal formati cotti li vede malamente im-preilb quello di C. VIRTI. Cajus Vir-tius ; fenza Cognome, lìcuro indizio della lua fervil condizione. Io non m’interno nell’ efporre tutte quelle antiche memorie, che. ritrovaniì ne’noilri circonvicini Villaggi per non traviarci troppo dal punto noltro ; avendo già in animo da far di loro altro ufo in altra occafione. Balli per ora l’aver accennate quelle di quelli due monti vicini, per poter indi inferire , che lo ilelfo farà flato degli altri, che attorno Capodìflria in figura di iemieircolarc vanno facendo alle braccia d’ oliveti, e di viene deliziofamcnte velliti. XXXIV. Ora da tutte le finora addotte antiche memorie raccor polfiamo la ferie di alcuni tra le molte genti, o Famiglie , che una volta in Egida foggiornavano, per quanto c’infegnano le pietre fcritte; Tulle quali di loro ci é re- dì Capodìfirit. 97 reflata una breve notizia . E perchè molte d’ effe fono del municipio , e molte originarie di Roma ; così queft’ ultime fegnate abbiamo, e diflinte coll’ afterifeo. So che il dirle a dirittura di Roma, è anzi che no una proporzione ardita \ mercè dell’ abufo de fervi, che fi appropriavano i nomi dc’loro Padroni . Ma effendo imponìbile il diflinguer le vere, fieguo la corrente , che chiama Romane quelle , il cui nome ritto vafi fra quelle di Roma. Quefle adunque fono elleno! . Lorenzìa * Publieis Sur dìa * Sdlia * Sextia Ulpia Appia Appuleja Bunmaria Cervia * Elia * Erennia G avili a Giaria In povero terreno è Tempre preziofa, e abbondante quella ricolta, che in altro più fertile fi farebbe nel numero delle mediocri riporta. XXIV. Le antiche ifcrizioni di Egida ci anno condotto fino all’ età di mezzo fu cui ella , ficcome viene comunemente creduto, fu riflaurata dall’ Imperadore Giuflino ; e quivi giunti incontriamo alla prima un’ifcrizione, tale rcftaurazionc indicanteci, eh’ è quella. F D. * i-J ^ & X < <|<^ S co W ^ o 51 ^ on‘-i 5>C;pSs-OOg J2šS"“S^s'zSS2i&K Sss^-S^šszss^· Β·'ι-μί>ΜΗυ“:^0,οΖαι-ζ11· HqO'^ .|I<2; gOP^5UtJWH ·~^Η ·££~σΗ ►-1 -[-ι <; S co fj CJ PcÌQCOh-.»-t^ xxvi àziuoi Opnfcuti alcune gentilirtìme ojfervazioni intorno alla medefima i-fcrizione di Monfignor Filippo del Torre, fatte peri) da lui prima del 1716; cioè prima dell’Or/iiio , e del Beretti. Egli dice di feguire il Caperò, ma varie cofe v’ aggnigne di fuo particolarmente nel difendere in Capodiflria 1 Egida di Plinio , e la Giujlinopoli d Giaflino. Io veggo , che a forza di fotti-gliezze le fi potrebbe dare qualche grado diverifimilitudine; ma non fi fareb-be altro che molfrar bell’ ingegno ; c quello farebbe 1’ unico trofeo che riporta rebbefi datante fatiche . Io pure ho fatta di ,tutto per vedervi chiaro, e a tutte le oppofizioni v’ ho ritrovato qualche qualche rifpolla : ma qual prò? hanno le ifcrizioni quell’ illertb privilegio delle F 4 tnc* 104 Delle Antichità medaglie , che per quanto difender fi pofiTano niente meno per quelle fono co-nofeonfi da chi col continuo ufos’èac-quiitata una tal cognizione che non pub comunicarfi ad altrui. Ella è quel buon gufto, che non s’infegna colle parole ; ma che ci moflra la verità . Ho fatto pure ogni diligenza per ritrovarvi la pietra, come credettero , che vi folle il Volatcrranno ΓAlberti , e l’Autore Anonimo d’una Breve Raccolta delle notizie di Capodifiria che MSS.confervo prefl'o di me, il quale vivea nel 1583. ma qualunque diligenza fi fece indarno. So di certo che a’ tempi del Manzuoli nel \6n. non c’ era più ; così che facil cofa è il eonchiudere che non vi fia fiata giammai, perchè una memoria così inlìgne non fi farebbe fmarrita in quel fecolo, in cui era già noto il fuo gran valore . XXXV. Ma s’ ella non fu mai che in carta, come difle Monfignor Fonta-nìni quella noftra famofa ifcrizione ,· chi mai ne farà flato Γ impofiore ? E quella una feoperta di un mondo molto lontano , ed incognito . Il P. Beretti al luogo fullodato credette d’cifer e un nuovo Colombo , riconofcendolo nel noftro celebre letterato Pietro Paolo Vereerìo il feniore. Udiamone pertanto le lue ragioni , Ver gerì um [ così egli ] poftea audio· di Capodiflria. 105 rem infcriptionis afferimus , & quia um-verfim cjus fxculo folemne futi Scrìptori-ribus Municipalibus res patrias fabulis refertas conferì bere, ut legentibus conflat ; & quia fpeciatim folum Vergerli atatefuit talis inferiptio vulgata a Volaterrano , quod fciamus ; & fl forte prius Biondo innotuerit...........Utique veteres inferi- ptiones fluduit ( Vergerius ) imitari , & propemodum illas exfcripflt Valentiniani, Valentis y & Gratiani ; quas Baronius u-trobique recitavit. Non fono quefte le belle ragioni, onde giudicare impoflore un uomo di tan to merito ? Dunque perchè fi u fava no allora le impofture ( il che è falfo ) il Vsrgerio l’ha finta ? non è ella quella u-na legittima confeguenza. Ma, foggiu-gue , il Volatcrranno la pubblicò a’tempi di lui. Ma quello è pur falfo io rifpon-do . Imperciocché Pietro y Paolo finì di vivere nel principio , e il Volaterrano nacque nella fine del fecoloXV. Fu noia anche al Biondoy ripiglia. Al Biondo non fu nota, dich’io; perchè egli di lei non ne fa motto alcuno . Qual Geni t adunque comunicò tale anecdoto al de-gnilfimo Letterato , coficchè egli abbia da dire fino , che il Vergerlo copiò le lapide di Valentiniano, Valente, e Graziano riportate dal Baronia, che nacque più di un fecole dopo la morte di lui!1 F 5 Ma.. ΐοό Delle Antichità Ma per far fempre più palefe al Mondo la iùa innocenza , udiamo cofa egli lìdio ne feriva in torno Γ Etimologia di Giuflinopoli, nel fuo opufcoletto de Urie Jufiinopoli unito alla fua raccolta intitolata Orationes & Epiflola varia Hi-Jloria, data fuori per la prima volta dal fempre venerato Signor Muratori nel Tomo XVI. Rer. Italie. Script, p. 240. ove veggo anche fìampate le Vite eh’ e’ fece de’ Principi Carrarefi, le quali per altro con mia maraviglia portano nel frontifpizio nunc primum edita, quando otto anni avanti col nome S Hifioria furono pubblicate in Londra nel Tomo 6. del Teforo Antiquitatum , & Hiflerìa-rum Italia in primo luogo , colà fpedi-tevi da un codice della Libreria del Mo-nilìero di S. Giujìina di Padova dal de-gniflìmo P. D. Giufeppe Maria Sardi Bibliotecario , che con mio particolar dolore in quelli mefi finì di vivere . Pietro Paolo Vergerlo adunque della fua , e mia Patria fcrive così : JuJlinopolis vero nomen , quod recentius efl unde ortum habuerit NON SATIS CONSTAT five a Juflino Imperatore, ut Vulgo dicitur , cujus tamen rei NVLLVM ÈXTAT. INDITI VM neque per Scripturas, neque ex ullo opere fabricato ; five quod ego magis opinor a Jufiine Hifloriographo , qui Colchorum in eam oram acceffum diligentius adno· dì Capodiftria. _ 107 adnotavh . Si protetta egli di non fa-pere fe da Glupino abbia avuto il fuo nome perch’ e’ non vi vidde indizio alcuno, ni in ifcritture , ni in fabbriche ; il perchè per lepidezza foggiugnc , che avrà ella avuto tal nome forfè da Giu-fììno Iftoriografo ; del retto poi egli ne fu l’impottore. Veda ora ognuno quanto ila grande l’innocenza dell’ uno , c quanto enorme Γ inganno dell’altro. Nè maraviglia è al certo eh’ a lui tale i-fcrizione rcttaffe ignota fe pur ella era a’ fuoi tempi, perdi è da giovine abbandonata Capodiftria , ora col Crifolora , ora co’Principi Carrarefi,eà ora con Sigi [mondo Imperadore vifte, come fu co-ftume di tutti gli uomini di fapere , fempre lontano da lei ; e d’ett'a forfè poco contento , come nelle fue letter · egli protetta. Rideat [ dice il P. Berciti ] nunc Juflinopolis: ridiamo adunque, giac-ch’cglifteiTo ce lo permette. Ora quella ifcrizione ci dà argomento di difeendere a Giuflinopoli . E’ comune opinione fra gli Scrittori, eh’ E-pida rifabbricata folfe con nome tale lòtto l’impero dell’uno de’due Gìujlìm \ ma fotto quale precifamente , è in covitela. I piò antichi affermano fottoG;«-Jhno II. come il Volaterranno ed il Biou do ·, il che era anche volgare a’ tempi del Seniore Pietro Paolo Vergaio ·, Ma F 6 An- io8 Delle Antichità Andrea Dandolo s’allontana da loro pcr-fuadendoft di Giuftim 1. ove fcrivc nel-l’anno 521. [λ] cosi: Hujus tempore I-fìriorum gens Barbarorum incurfionibus graviter aflicìa in Caprariam Infulam fece-fhmt, & domos conftruunt, (t‘ in gloriam catholici Principis fundatum Oppidum IV-STINOPOLIM vocaverunt. Che i Barbari in cotefto tempo afflig-geffero Γ Utria è ignoto preflb ogni altro Scrittore ; e che riitaurata Γ Ifola Capraria, che voi dire Egida acquiltaf-fe il nome di Giuftìnopoh in gloria dell’ Impcradore Giufiino , è cola al quanto difficile a crederli. L’Iltria allora non obbediva già all' Imperadore di Coitantinopoli , ma a Teodorico Re d’ Italia , Come fi raccoglie dalla fua propria lettera data in rif-polìa ad Antonio Vcfcovo di Pola , cui era fiata ufurpata una caia . Teodorico dunque gli fcrive così[b], InfiruBam legibus aci comitatum nojìrum deflinate Per-jfonam, ubi qualitas negotii agnofei DEBEAT , & finiri. Il perchè Cajjìodo-rio Prefetto al Pretorio comanda a Provinciali delF Jfiria [ c ] che foddisfar deb- bia- (<») Chronicon. lib. 5. cap.7. Rer. Italie. Script. Tom. XII.. ( 6 ] Caffiodor. Variar, lib. 4. n. 44. (c) Ivi. lib. 12. n. 22. di Capodiflna. 109 bìano Pro tributaria funzione vino , e olio, di cui in quell’anno n’era abbondanza. La qual efazione commette po-fcia ad un tale Lorenzo (λ) ; fcrivendo in aggiunta a’ Tribuni Marittimi , che colle loro navi dall’lftria iu Ravenna la trafportaiTero [ £ ]. I Gotti adunque, e non i Greci dominavano la noftra Provincia in que’tempi; onde la nuova Cittì non mai avrebbe preffo allora il nome dell’ Imperadore da cui non dipendeva , ma da Teoderico , che la dominava . Inoltre qual motivo era mai di ri-ftaurarla ? godea Γ Ulria allora perpetua quiete, c fallite Cotto il felice regno de’ Gotti, che dominando non furono giammai infefti, come falfamente dal volgo fi crede,· ma folamente allora che furono provocati. Egida adunque non avea bifogno d’effere rinnovata , perchè non era ancora diftrutta. Io lo pruovo con un tefliaionio di vifta , eh’ è lo ileffo CaJJiodoro , ove deliziofamente deferi-vendo la Provincia dice ch’ella era [c] Ravenna Campania-, Urbis Regia cella penaria-, voluptuofa nimis , & deltciofa di-grejfio : Perchè Pretoria longe lat eque Iucca- [a] Cajfioder. Variar, hb. iz. n. 203^ (£ Lib. 12.0.24. CO Lib. 12. n. 22.. 11 o Delle Antichità centia in mar paritarum [pedem putes effe difpofita ; ut hinc appareat qualia fuerint majorum judicia , quam tantis fabricis confiet ornatam. Quindifoggiugne: Additur etiam illi littori ordo pulcherimus INSV-LARVM , qui amabili utilitate difpofi-tus, & a periculis vindicat naves, & ditat magna Ubertate cultores . Nè que fio baita ferivendo inoltre eh’ ella rcficitpla-ne Comit atenfes excubi as \ It ali a: ORNAT Imperium Primates DELICIIS , medio* erum vidualium pafeit expenfis. Se dunque era allora Γ Utria, fertile, e bella tanto da meritarfi gli elogj dello iteifo Prefetto i ed effere da lui chiamata il fo-itentamenrodi-RiUwwd·, Γornamento dell’ Impero d’Italia ; e la delizia de’ Primati , polliamo noi pervaderci, che afflitti gl’Iitriani dall’incurfionide’Barbari , foifero allora obbligati rifugiarfi nella minata Ifola Capraria per rifabbricar-fi la novella Città? Non così tranquilla però godette pace la Provincia noitra ne’tempi vicini a G/«-βίηο fecondo . Imperciocché irritati i Gotti da Giufiiniano , incominciarono ad armarii e difenderfi, portando alle Provincie d’Italia tutte quelle calamità, che fono indifpenfabili confeguenze d’ una guerra lunga, e qalamitoia . Quindi ancora j chiedendo eglino foccorfo a’ vicini Franchi e difeefi quefti fotto la condotta dì Capodìflr ìa . 111 ta di Le ut ari, e Butelino, o Bucelino armata mano dcvaftarono ogni luogo , ed incendiarono y oprando tutto prò libidine y come fcrive Agamia (a). In quelle devaitazioni non fi nomina ΐ 1/ìria, perchè giìl ella s’intende fiotto il nome della Venezia infegnandoci Paolo Diacono ( έ ), che alla Venezia fi unifee anche Γ1jhia c che utraque prò una Provincia habentur. Le diftingue però 1’ una dall’ altra Pelagio I. Papa in fius lettera a Narfete (c), ove li dice, che fidoveaar-ricordare di quanto Dio avea fatto per mezzo fino tempore ilio quo IJlriam , & Venetias Tyranno Tolda pvjfidente, Fran· tis etiam cunela vafiantibus . Devafiarono in fatti, e minarono i Gotti, ed i Franchi 1’ Ifiria , e 1’ Italia per modo , che di qua folamente la Sicilia c di là la Dalmazia reftarono illefe . Demoflraverunt [fcrive Procopio [ Λ ] gli Ambaficiadori di Giujììniano a Totila ] maximam partem Italia a Francis tenere j reliqua fere totam bello defolatam effe. Sicilia, ac Dalmatia qua folte reflarent integra Romanis Gothos cedere. Ora ( λ ) De Bello Gothico lib. 1.02. [ b .1 Rebus Langobar. lib. 2. cap. 14, (e ) Holft. 3. Lib.^n. 3. [fi] De bello Gothico lib. 4. cap. 24. 11 z Delle Anitehitk Ora delle luttuofe miferie della Provincia ne farà Hata a parte anche Egida fen-za dubbio. Ch’ella particolarmente foife da Bucelino incendiata condottiere allora de’ Franchi, lo fcrivono in vero il Sabellico [a], e prima di lui Leandro Alberti [b] e prima dell’ Alberti, lo lìeiTo Biondo ( c). Se dunque ella è così , vede ogn’ uno che ruinata, dovea ridorarfi al primo re-Ipiro, cheli può contare particolarmente ne’ primi anni di Giufiino fecondo . Ponendo ora dall’ uno e dall’ altro canto tali riflelfi, fono collretto a dichiararmi, che lotto quello, e non fotto il primo r avea bifogno Egida d’ clfere rifabbrica- tei XXXVII. Giuflinopoli vuol dir Città di Giufiino . Con nome tale fi chiamò Egida dopo che fu riilaurata , e tale fua rilfaurazione aqcaclettefotto l’impero di Giufiino II. dunque ella da quello Im-peradore ebbe il nome . Tale argomento ballerebbe , fc foffimo in altro fecolo ma nel prefente in cui conviene coll’ ilio di documenti dimollrare, non che provare ogni cofa, ei ferve a poco. Ma di (λ) Vi firia \ib. 4. Tom. II. p. 379. [b J P. 447. Hifiria . 'O Dee, i.lib. 7. p. 93. quai documenti fervir ci polliamo mai, fe furono o abbruciate , o altrove trafpor-tate le carte antiche della Provincia ? Mancando però i materiali, come innalzeremo la fabbrica ? Faremo così .· ove ci mancheranno le pruove, addurremo le conghietture ; ma a condizione eh’ elleno tali fieno da farci comparire qualche raggio di luce in tante tenebre che ci circondano. Ed in vero il nome di Giufiinopoli giugno fino al Secolo X. e per primo veggiamolo in doc«mcnto che comincia In nomine Domini Jefu Crifli . Imperante Domino .Noflro Domino Ottone Sereniamo Imperatore anno IV. àie XII. menfis OSlobris, IndiEUone V. ABum in Civitate IVSTINOPOLI. Si rinnuova in quello 1’ antica amicizia tra il Doge di Venezia Pietro Orfeolo dall’ una, e il Conte Sigeardo col popolo di Giufiinopoli dall’ altra ; reftando accordato , che i Popoli dell’ una , c dell’ altra Citti poffano liberamente fenza alcun aggravio trafficare vicendevolmente ne’ loro Paefi / obbligandofi il Conte di dare ogn’ anno al Doge predetto conforme al folito cento anfore di vino . E’egli riportato dal Dandolo ( λ ) , e fi ri- ( λ ) Chronie, lib. 8. cap, 15* 114 Delle Antichità ritrovava nel famofo Codice del Trivi-fano ove terminava. , Ego Rate Presbyter & Notarius Civitatis IVSTINOPOLIS M. M. propte-rea fcripft, atque firmavi. Deefi avvertire qui , che il Dandolo col (apporto che Ottone II. averte cominciato a regnar folo nell’ anno 974. fegna quello (tramenio nel 978. Ma iiccome in quell’anno correva Γindizione VI. e non V. così dir dobbiamo con Carlo Sigonio che detto Imperadore re-rtarte folo nel 973. che così il IV. anno del fuo impero caderà nel 977. con cui fi accorda Γ indizione V. fegnata-vi . Confidcrabile è egli poi per più capi. Prima per ifcoprirfi in cotcrto tempo il nome di Giuflìnopoli} fecondo , perchè erta ci comparifce in un afpetto molto ragguardevole, e per Pamicizia contratta co’ Venezani , e per le cento anfore di vino di cui già da gran tempo era folita facere fervitium, come è fcritto; e finalmente per erter ella prefeelta fra le altre Città della Provincia alla refidenza di Sigcardo , Conte, o fe vogliam dire Marchcfe, ufurpandofi 1’ un titolo per Γ altro in que’ fccoli. Dobbiamo in oltre foggiugnerc , che quella è ima rinnovazione d’ alleanza ; latta perchè dall’una, c dall’altra parte fi Di Capodiftrìa. i J 5 fi abbruciarono le antiche fcritte . Cum propter decejfum antecefforis tui Petri Can-diano Ducis conflet junBas cartulas effe ab ime crematas tam veflras quam flmiliter & mflras. Leggiamo quivi'. Ecco pertanto fpiegato ì’enimma , perchè prima di quefto tempo non ritrovanfi documenti di Giuflinopoli. Il fuoco ce gli ha involati. Nonnofiante però mercè di ofi-to, o fia Rettore, e Podefià ; della qual dignità non veggiamo in tal tempo ornata alcuna Città deirirtria eccetto Trie-Jie. Di più termina in guifa tale. Hanc vero cartam repromijjinnis tradidimus feribendam Georgio Diacono & Notario de Civitate IVSTINOPOLI. Il vedere perù feelto un notajo di Giu-fiinopoli, col Marchefe in Venezia; m’ induce a credere , che detto Vintcrio , come Sigeardo aveffe quivi il fuo domicilio. Quello bclliilimo documento è accennato dal Dandolo ; Γ ha traferitto , come tant’altri , dal lodato codice il celebre Signor Apofiolo Zeno, che aggiugne anche quello ai tanti fuoi meriti verfo il Pubblico Letterario ; e lo ha pubblicato il benemerito Religiofo Niccolò Coleti nel Tomo V. àc\t Italia /aera p.229. Afl'egna pure in quell’ anno 932. il Dandolo (_a) la prima alleanza , che Giti- la] Chron. lib.6. cap.Ji. di Capodiflria ' ny GtuJUnopoh fece'con Vinezia, per mezzo di Andeberto Locopoftto, e Giov/xnni Scavino Fanagar/o-, rinnovata poi come abbiamo veduto da Sigeardo nel 977. perchè le antiche carte c’erano incendiate. Io non fo cofa avvenifle in quell’ incendio di Venezia deilato per dar fine al governo di Pietro Candiano nel 976. So certo che contra ogni fperanza m’ è venuto di ritrovare in riilretto l’antica carta di quella prima alleanza efillente nel codice del Trivifano . Ella principia così. Regnante Domino noflro Ugone SereniJJi-mo Rege anno VI. Die XIV. mcnfts Januarii . Ind ibi ione V. ASlum in Civitate IVSTINOPOLI. E termina. Εξο G cor gius Diaconus & Notarius per confenfum populorum fcrìpft , atque firmavi. Se però nel principio del X. fecolo cioè nell’anno 992. quella Città nomali a dirittura Giujlinopoli-yic fi rileva anche eh’ ella in nome tale era già da gran tempo llabilita ; non avrei fcrupolo alcuno di dire ch’effa acquilìato lo avelfe nella fita rillaurazione, avvenuta niente dopo l’età di Giuflìno fecondo. Infatti ch’ella folfe già rillauratanell’ anno 810. lo pruova quell’infigne congref-fo di tutta la Provincia tenuto alla prc- pre- J18 Delle «Antichità lenza d’Izzone facerdote, di Codolao, e di «4/one Conte, Mijjì, o Commiffarj di Carlo Magno contra di Giovanni da lui inftituito primo Marchefe ; accennato dal Dandolo, e fatto pubblico dal Colcti. Si fa egli in Territorio Carpenfe nel luogo detto Ridiano. Quella è una gran Valle nel territorio nolìro , che ancora al di d’oggi fi chiama Rifano. Si dice territorio Carpenfe ; perchè , come proveremo piti lotto, erano allora promifeuii nomi di Capois , e di Giuflinopoli . Alla qual cofa riflettendo, non illarei qui molto a fofpettare , che detta Valle deflinata fofl'e a tal ragunanza di ccnfettantadue perfone , nè il folo motivo , che Giovanni come Vinterio, e Sigeardo in G u-flìnopoli dimoftraflc . Che fe fofl'e flato altrimenti / mancavano migliori valli nel mezzo della Provincia , che fareb-bono flate più a portata per Γ unione di tutti? Qui veramente non fi fa menzione alcuna di Giuflinopoli y ma forfè ciò avvenne ; perchè non avrà voluto ella acculare Giovanni \ il quale dimorando , o le lacca miglior governo, o le dava maggior foggezione . Nientedimeno evidentemente fembra, che diverfe accufe non rifguardino fe non lei. Una per efempio è in tali termini conceputa . Abflulit noflros Cafinos , quos mpri Parentes fe- cun- Di Capodiflria . tig eundum antiquam confuctiulìncm ordinabant ; conche ha relazione una parte dell’elogio di CaJJiodorio. In qual luogo mai della Provincia fi ritrovano memorie d’antichi Cafwì", e cafiellucci piti cirenei territorio di Capodiflria? In tutta la corona di colli, che alla Ìèhiena, e a’ lati la cinge , non difotterrafi altro, che reliquie d’ antichità Romane, e greche , a quello tempo corilponden-ti . Ho veduto io nella Collina di Ci-fi orna eh’è al manco, e in quella à'Ol-tra , eh’è al deliro fianco della Città cvidentilfimi legni di greco pavimento fatto , dichiamo noi , alla Mofaica di tcfselli perfettamente quadrati di pietra bianca. Nè fra quelli voglio lafciar io il mio Ceri, ove quantità confìderabile ne ho raccolto ; e fono eglino neri, e bianchi, di paragone , e di marmo greco Ancora ahntorno vi fi vede la calce. Non m’è ignoto, che cotali pavimenti fieno di tale antichità riconoldutid’ Uguagliare per fino l’età d’Affinerò in Pcr-lia ,· e fo eh’ eglino da’ Perfiani appunto agli Aifirj , dagli Alfir; a’ Greci , e da quelli a Roma a’ tempi di Scilla pallà-rono. Infigne è il Trattato in due parti divifo fu tal materia di Giovanni Ciani-pini, Ma per verità cotclli erano da’nollri diverfi si nella materia, che nella forma. 120 Delle Antichità Eglino fono di quella Torta, che a* tempi di Teodorico fi pofe in coflume al rinnovarli di tutti l’arti. Erano pertanto detti lavori fatti di tejjelli di pietra ; e perciò detti Teffellati . Quindi è che Mnlfimiano Arcivcfcovo di Ravenn» or-naife la Chiefa di Santo Stefano novis tejfellis·, e che nel fello, fettimo, e ottavo fecolo , Simmaco , Onorio Primo, e Giovanni fettimo fommi Pontefici in tal maniera le loro fabbriche nobilitall'cro . Vedi quanto eruditamente ne feriva il Tempre celebrato Signor Muratori (λ). Allora alcerto anche in Iltria, ch’era Vornamento dell' Impero d'Italia allo fcri-vere di Cajficdorio, c particolarmente nel territorio nofiro , ove unicamente veg-gonfi reliquie tali, pafiò quello nobil co-llumc. Anzi, ripiglio, nel mio Cer? ove in maggior copia , e di maggior valore ritrovaronfi de tcjfelli, fu fcavata da terra una Greca lapida fabbricandofi que’luo-ghi nell’anno 1722. la quale perchè non intefa fu interamente nelle fondamenta colle altre vili pietre, dagli imperiti afiì-fienti, e dagli avidi muratoli impiegata. Se io vi foifi fiato in tempo l’avrei fi-curamente ad ogni corto ricuperata, ma tifa fi ritrovò, e fi fmarrì Quandi [ a ] Antiquit. mod. .271. fempre la chiama col nome di Capri cnrrifponrirnfp all’ Egis CO-IUO le Egida fi (fé da αΊξ ai'yòi che vuol dir Capra , dal che manìfefiamente fi vede ^ che nel VII. fecola per lo meno Egida ancora chiamavafit ; quando amendue i Giu-ftini nel VI. fecola regnarono. Breve, è facile è la rifpofta . Primamente Γ Anonimo Ravennate è Guidone Prete, che vide non già nel VII. ma certamente nel X. ο XI. fecolo come 1’ hanno provato Cafimiro Eudìno, e’I P. Berciti , che che Monfignor Fontanini quando avrebbe dovuto ne [λ] Pag. \6g. di Capodiflria. 151 ne dica. Secondariamente ancorché Capri foiTe ella detta nel VII. non fi potrebbe dedurre, che nel VI. non foiTe ella fiata chiamata Giuftinopoli ; imperciocché anche Cojìantinopoli dopo avuto da Co flant ino il fuo nome , fi difie , e tuttavia fi dice Bifanzo-, e pure chi nc può dubitare? Antico è il nome di Capraria,Capris, . e Capras, c la più antica memoria, che abbiamo di lui , fia ne^li atti de’Santi 'Fermo, e Ruflico ferirti forfè nel fecolo Vili., e pubblicati dal chiariffimo Signor Marcnefe Scipione Maffci [λ] ; noti però prima all’ Ugbelli, al r. Pietro Pado ano, e al Panvinio . In quefti abbiamo, che un tale Terentius in Civitate Capris nobili quidem oriundus genere , & locuples valde , dall’Africa per miracolo veduto nella liberazione di fuo Figliuolo Gaudenzio, che con lui mercantizza-va fui mare ; trafportandoli ad Oppidum Capris, gli riponeffe nella Chiefa di no-ftra Dama. Vedi quanto antica era la noftra Chiefa , che ancora conferva lo fiefio titolo . Quindi evolutis plurimorum temporum Cyclis, opprefia riitria dal-*«. goliardi ed Unni,ii ritrovarono eglino cefrate dette devaflazioni ; e traiportati a G 4 Trie- (<Ό Uniti 3.W' Ifiori a Diplomatica p. 302. 152 Delle Antichità Triejìe, Anno Vefcovo di Verona venuto fa in cognizion della cofa gli ricuperò nell’ n; anno 755. fenza le rthgiofe femplicità le raccontate da Rafaele Ra gatta. c Tale maniera di fcrivcrc mi fa fuppor- £ re, che non folamente a’tempi delfAu- q, tore degli atti , ma dello ftcfib noilro Terenzio ì cioè nel IV. o nel V. fecolo , ie la Città noflra il nome aveife di Capri. In fatti il Dandolo nel principio del fe- d, colo VI. la dice Infula Capraria . Il y perchè confiderando io , che Capraria fu appuntino ad Egida corrifponde , m’in- fu duco a credere , che venuti i Greci ad Q abitarla; ed acquiftato da loro il latino ta linguaggio ufi ad efprimcre in latino o- nc gni greca parola ; credendo Egida deri- rii vante da «<ξ aiyòs Capra ; e volendolo j{t latinizzare , col nome di Capraria , c m Capris·, la diilingueffero. a Rifabbricata pofeia fotto Ciuf'mo II., qt e prendendo effa la denominazione di a Giuflimpoli ; non cefsò nel volgo Γ anti- di co coftume di dirla Capris ; come pure no avvenne in tutte le Città , che hanno ta avuti piò nomi. Qpindi è , che ne’ do- fa, cumenti ora coll’uno, ed ora coll altro nome fi chiami ; come ha pure offerva- ^ to il chiariffimo P. Bernardo Maria de Rubeis [λ] , che ad una Angolare dottrina fa e [λ] Monum.Ecclefise Aquil.cap.45.n.i. f di Capoclìflria. 15,3 accoppiare una gentilezza d’ animo particolare . Tanto, fi vede nel fopral-lodato documento di Vmterio del 932., °ve abbiamo quegli ifteifi , Anàeberto Locopofito , e Domenico d' Anajìafia , i quali più fopra fi diifero de civitate Ju-fiinopoli, chiamanfi più fotto de Civita-te Capras. Ma io voglio indicare la cagione, onde tali nomi fieno promifcui così. Saper bifogna, che ficcome la nofira Città non fu atterrata affatto da’ Franchi, così non lu neppure tutta intera rifabbricata ■. Quindi avvenne, che quella parte refta- illefa, fi dice confcrvaffe Γ antico fuo nome di Capri·, e l’altra rifiaurata, c nnnovellata, l’altro acquifiaffe di Giu-Jìinopoli; e così l’uno coll’ altro fi fram-mifchio , c fi confufe . Infigne è il documento , che ce ne dà la notizia. E’ quello quello di Ottone con cui conferma z Rodoaldo Patriarca l’acquiito eh’e* fece di qiiefia nofira Città da Pitale Canditi-n° Patriarca di Grado, cui l’avea dona-fa Ottone I. Stane! Tomo V. dell’Italia facra p. 46., e comincia In nomine fanti.t, & individuai Trini-tatis Otto divina ordinant* clementia Imperator Augufus . c termina. Dat. XP, Kal. Maii anno D omini c.e G 5 in- 154 Delle Antichità incarnationis } DCCCCLXXVl. , indi . V, anno vero Regni Domini Ottonis XVI. Imperii X. AElum in Igilinhenn fceliciter. Sin a quell’ ora fi credette, che quivi fi parlafle d’ Ifola luogo poco difeolk» da Capo di firia ■ ma la verità è ch’egli appartiene a noi. Ciocché fa al cafo noftro è cujus [uggefiloni y libenter affenfum pr.c-bentes locum qui dicitur Infida cum futs appendiciis, tam INFRA civitatem JU-STINOPOLTM, quam EXTRA , qu