imo xxvi. Capodistria, 16 Marzo 1892. N. 6 LA PROVI DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3 ; semestre e quadrimestre in proporzione.— Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. DIETA PROVINCIALE Prima seduta. Parenzo 3 marzo, presenti il Capitano provinciale cav. Matteo Dr. Campiteli ; quale commissario governativo l'i. r. consigliere di Luogotenenza cav. Alessandro Eluschegg, e 12 deputati. 11 Capitano provinciale apre la seduta alle ore 12 con un breve discorso, e con le solite formalità dichiara aperta la sessione e presenta il delegato commissario governativo che saluta la dieta in nome dell' imperiale governo. Non essendo la Camera in numero legale, il presidente leva la seduta, rimettendo la prossima a domani col Ordine del giorno: 1. Comunicazioni. — 2. Elezione dei segretari e dei revisori. — 3. Presentazione [degli atti e nomina delle commissioni. Seconda seduta.1) 4 marzo; presenti 18 deputati. Aperta la seduta alle ore 12, il Capitano provinciale al Primo punto dell'ordine del giorno fa le seguenti comunicazioni : Venne ringraziato il Rev. Ordinariato di Parenzo per la celebrazione di un uffizio divino in occasione dell'apertura della dieta; — mons. Glavina vescovo di Trieste-Capodistria, ha fatto sapere che non potrà intervenire alla sessione dietale ; il vice presidente Dr. Antonio Dukic e gli onor. Dr. Tamaro e Dr. Laginja, hanno scusata la loro assenza; l'onor. Dr. Gambini fu impedito da malattia. — Viene accordato un permesso per tutta la sessione agli onor. Craglietto e Don Luigi Spincich ; — di dieci giorni all' onor. Dr. Scampicchio. Secondo punto dell' ordine del giorno. Procedutosi mediante schede all'elezione dei Segretari e dei Revisori, risultano eletti : a Segretari gli on. dott. Giacomo Lius e dott. Tomaso de Vergottini; a Revisori gli on. Cav. Giacomo Babuder, dott. Guido Becich, dott. Giov. Cleva, Leopoldo Marinoni, dott. Domenico Stanich e dott. Marco Tamaro. *) Tutte le sedute se non ne sarà fatta menzione s'intenderanno presiedute dal Capitano provinciale, e presenziate dal commissario governativo cav. Eluschegg. Viene poscia data comunicazione degli atti che furono finora presentati, e cioè: dall'Imperiale Governo il progetto di legge, concernente gli uccelli utili all'agricoltura; dall'i, r. Consiglio scolastico provinciale: a) i conti consuntivi prò 1890 e quelli di previsione per l'anno 1892 del fondo scolastico provinciale e del fondo pensioni dei maestri delle scuole popolari ; b) i rapporti dell'i, r. Ispettore scolastico provinciale sullo stato dell'istruzione popolare nell'Istria per gli anni 1889-90, e 1890-91; e) la proposta per aumento di pensione in via di grazia al già maestro in Gallesano Beniamino Bartsch; ■ d) la supplica di Giorgio Maglich, maestro in quiescenza, per l1 assegno in via di grazia della pensione o di annuo sussidio ; e) la supplica di Antonia ved. del maestro Zez da Pola per continuazione in via di grazia del sussidio d'educazione alla figlia Maria; dalla Giunta provinciale, oltre alla Relazione generale sulla sua attività dall' ultima sessione in poi, 1. i resoconti e bilanci dell' Istituto di credito fondiario per gli anni 1890 e 1891 ; 2. il resoconto del fondo Depositi e danari altrui per l'anno 1890; 3. il consuntivo del fondo delle Confraterne per l'anno 1890; 4. il conto consuntivo 1890 e preventivo 1892 del fondo pensioni degli Impiegati provinciali. 5. il conto consuntivo 1890 e preventivo 1892 del fondo d'esonero del suolo; 6. il prospetto di gestione, il consuntivo 1890 e preventivo 1892 del fondo provinciale; 7. il consuntivo 1890 e preventivo 1892 del fondo agrario provinciale ; 8. la Relazione sulla petizione del Comune di Castua per eventuale riforma della vigente legislazione intorno al provvedimento dei poveri; 9. il progetto di legge relativo all' istituzione del luogo di cura di Lussinpiccolo con Lussingrande : 10. il progetto di legge per l'incorporazione del Carso delle isole del Quarnero nel territorio d'imboschimento del Carso istriano ; 11. l'istanza degli impiegati provinciali per un miglioramento della loro condizione; 12. 11 ricorso dei comunisti di Bescavalle contro i conchiusi giuntali 5 agosto e 30 settembre 1891 N. 4499 e 5401, coi quali non venne accolta la domanda dell'istituzione d'un Consiglio d'amministrazione pel suddetto Cemune ; 12. il ricorso di alcuni comunisti di Orsera e Fontane contro il concbiuso giuntale 7 gennaio a. c. N. 7603 approvante i deliberati 30 novembre 1891 della Rappresentanza comunale d'Orsera, relativi alla contrazione di mutui ed all' attivazione di addizionali prò 1892; le seguenti istanze e petizioni: a) da Giovanni Drioli da Isola per sussidio al figlio Nicolò, frequentante l'i. r. Scuola industriale dello Stato in Trieste ; b. da Francesco Grimani da Parenzo per sussidio al figlio Guido allievo di pittura alla Regia Accademia di Monaco ; e) da Giuseppe Giraldi da Isola per sussidio alla figlia Teresa, allieva di musica; d) dalla Direzione della Società di soccorso a studenti ammalati all'i, r. Università di Vienna per sovvenzione ; e) dal Comitato direttivo della Società per studenti di filosofia a Vienna per sussidio ; /) dai comunisti di Pedena perchè ancora nell' attuale sessione venga risolta la pendente questione della divisione del Comune locale di Pisino; g) dal maestro in quiescenza Beniamino Bartsch per aumento della pensione in via di grazia. Finita la lettura dell'elenco degli atti presentati alla pertrattazione dietale, ed accolta la proposta fatta dal Capitano prov. dell'istituzione, come il metodo, di tre Commissioni, cioè della finanziaria, della scolastica, e della politico-economica, l'on. Stanich propone che la prima sia composta di 7 membri e le altre due di 5. L' on. Volarich prende la parola in lingua slava. L' ou Wassermann appoggia la proposta Stanich ; — la quale, posta a voti, è anche approvata. Procedutosi all'elezione mediante schede risultano eletti : nella Commissione finanziaria gli onorevoli : Amoroso dott. Andrea, Babuder cav. Giacomo, Stanich dott. Domenico, Venier dott. Silvestro, Vergottini dott. Tomaso nella scolastica gli onorevoli : Babuder cav. Giacomo, Costantini dott. Francesco, Franceschi Giov. Battista, Tamaro dott. Marco, Wassermann cav. Giovami Augusto nella politico-economica gli onorevoli: Costantini dott. Francesco, Doblanovicb Domenico, Marinoni Leopoldo, Sbisà Francesco. Vengono deferiti gli atti per esame e riferta alle singole commissioni. Esaurito 1' ordine del giorno, il presidente si riserva di comunicare agli on. deputati il giorno ed il programma della prossima tornata, e leva la seduta alle ore 1 pom. PRODROMI E CONSEGUENZE delle Ribellioni di Capodistria e d'Isola liei 1348 Cont. e fiue v. numeri '21, 22, 23 anno 1891 ed 1, 2 e 4 a. c. Poiché, come si e detto, anche Pasqualino si fece seguace del trasformismo, il governo veneto, accettata la dedizione del capo, largheggiò in perdoni, e mise una pietra sul passato. Cosi con decreto del 9 Settembre 1353 si licenziano tutti i capodistriani confinati a Venezia con piena libertà di ritornare in patria. (Atti e Memorie della Società Istriana ecc. ecc., voi. IV, fascicolo 1 e 2, pag. 98). Eguale grazia è largita a Bernardo ed a Nascinguerra di Tarsia il quale ultimo già l'anno antecedente area ottenuto di tornare in Istria per lavorare alcune sue vigne con l'obbligo però di residenza in Isola e di presentarsi al podestà. (Op. cit. pag. 89). Item, già erano stati graziati nello stesso anno 1352 Zanino de Peregno, Americo Guerra ed Almerigogna, Pietro de Adelberio e Guercio figlio di Giovanni Vercii tutti da Capodistria (Op. cit. pag. 90, 91, 92). Con decreti poi dello stesso anno già erano stati graziati Pietro di Otaco, Pietro dall'Argento, Antonio Belgramino, Giovanni Andrea, e Giovanni Spellato da Capodistria (Op. cit. pag. 94 e 95). Merita poi singolare menzione il decreto 1 Aprile 1353 con cui, considerata la fedeltà e le buone opere di Simone e Basico de Basichi da Capodistria durante la guerra di Cipro, viene loro levato il bando con licenza di tornare in patria. Il breve loro fallo era stato riparato con atti di valore sulla cliocha di Leonardo Contareno. (Op. cit. pag. 95). Continuano pure le ricompense ai fedeli durante la ribellione. A Martino Ghisi da Giustinopoli, considerati i meriti propri e di un suo figlio, morto durante la rivolta, si dà in custodia la porta di Martino col salario di lire 13 al mese. Decreto 14 Settembre 1355. (Op. cit. pag. 105). Si è già veduto a suo luogo, coinè gravi dazi fossero stati imposti alla città nostra in pena della rivolta, e per compensare il governo delle spese di guerra. Anche su questo argomento con la solita benignità il Senato allargò ben presto il manicone. Con Senato decreto del 20 Settembre 1358 si stabilisce di sollevare dalle straordinarie gravezze la città. Segue la nota dei dazi defalcati. Il dazio aggiunto da pagarsi alla muda del ponte per introito legname — Item del sale — Item della macinatura esterna — Item dei panni e del fustagno — Item il dazio del pane sia defalcato della metà. (Op. cit. pag. 12S, 129). Segue altro de- :reto dello stesso anno, mese e giorno, con cui rengono stabilite le norme costitutive del consiglio li Capodistria che deve entrare quindi in funzione come prima della guerra. Il decreto è importante, e lo trascrivo perciò nella sua integrità. — 1358. 20 Settembre. — Sapientes Istriae. — Ser Stefanus Bellegno, ser Laurentius Zelsi. Quia msiìium Iustinopolis debet esse numero elv perso-narum et quando aliquis deficit debet suppleri de illis qui esse possunt per patres aut avos, secun-ium partem alias captam super hoc in isto Consilio et liceat suppleantur de hujusmodis, tamen wcipiantur insufficienti aetate vadet pars quod de reterò, quando deficiet aliquis de dicto Consilio iebeat scribi omnes annorum XX completorum, vel inde supra possentes esse per suos ut dictum est ie dicto Consilio, et ponantur tot balote albe quod uerin scripti intus uno sacullo, aut alio instrumento, inter quas sint tot deaurate quod erunt kficientes de Consilio, et qui habuerunt ipsas bal-lotas deauratas, sint ipso facto sine alia proba de lonsilio, veruni ex filiis aliquorum qui de coetero justificarentur vel haberentur prò preditoribus aliquis non possit esse de dicto Consilio, et hec proba fieri iebeat in presentia potestatis, consiliariorum et ju-iicum terre solum. 13 carte 72 tergo (Op. cit. pag. 129). Alle corte, per supplire alla mancanza del numero stabilito non basta la successione, ma diventano consiglieri solo quelli che estraggono le ballote dorate. Ed ora alle conclusioni. Le cose tornarono adunque nello stato quo nel 1358, dieci anni dopo la famosa rivolta. La storia antica, la moderna e la contemporanea pure ci ricordano fatti di reconciliazioni con lunga arte e con ogni sorta di lusinghe tentate invano per lo spirito di rivolta durante sempre in un popolo ; ed altre invece riuscite; ma nessun esempio abbiamo forse nella storia di una pace così pronta e piena come questa delle città di Capodistria e d'Isola, col veneto governo, così apertamente pochi anni prima osteggiato ; ed è questo un fatto che onora e i governanti ed i governati. Segno è questo che tra Istriani e Veneziani per la comunanza d'interessi, di costumi, e pel vincolo della lingua la lotta non poteva essere lunga, ma che alla breve baruffa, succedere dovea di necessità pronta e costante la pace. Perciò se la rivolta di varie città istriane nei secoli XII, XIII e XIV fu secondo i tempi una prova della nostra nazionalità, manifestantesi nell' amore all' autonomia, fatto comune a tutti i municipi italiani; la pronta e sincera pacificazione dopo la guerra, è una controprova dello spirito nazionale disposto a cedere per evitare mali maggiori, e a sentire nella generosità del perdono la voce del sangue, con uno spirito di unione annunziatrice di tempi nuovi. A far di ciò persuasi gl'Istriani, certo giovò il riflettere alla natura dei mezzi, e degli ausiliari che loro prestarono mano ad avversare Venezia. I signorotti della Carsia ed i Patriarchi d'Aquileja soffiarono nel fuoco; ma tra i Patriarchi e Venezia non poteva essere dub-blia la scelta. Se l'Istria avesse avuto alle spalle ajuti più omogenei, certo la lotta sarebbe durata più lunga come in altre regioni italiche ; e avrebbe conservato la sua autonomia ; ma fu per l'Istria istinto di salvezza rigettare l'ajuto straniero. Singolare e poi degno di memoria in questo periodo storico, che si è percorso, il caso veramente degno d'encomio di Capodistriani ribelli, confinati a Venezia, come si è veduto, e che per riabilitarsi fecero prove di valore contro il comune nemico sul mare. E il mare fu il campo glorioso, dove per secoli gl'Istriani seguirono Venezia; là le nostre glorie più belle, là nelle lotte coi Turchi e gli Uscocchi, celebri i Gavardo, i Gravisi e Biaggio Giuliani, il Pietro Micca dell' Istria. E così fu stretto il vincolo tra Venezia e l'Istria, che la memoria delle ribellioni del milletrecento andò persino perduta, ed un ufficiale della repubblica, come si è visto, potè scrivere, inneggiando alla fedeltà capodistriana, che la città era venuta a San Marco, in spontanea dedizione. E mentre altrove delle secolari baruffe rimane ancora memoria nei motti di scherno, non uno solo tra noi che quelle ricordi. Sono questi gl'insegnamenti della storia; questo il legittimo corollario del presente studio sugli aridi e freddi Senato-Consulti. Ma quanta sapienza in quei provvedimenti, e quanta luce diffonde quel vecchio e spropositato latino! Provvedimenti veramente sottili e durarono per secoli ; luce che illumina anche oggi il cammino, e irradia la meta lontana. (Fine) P. T. -----—-- INDICE DELLE CARTE DI RASPO (Archivio provinciale) Filza 7. (Continuazione redi N.o 10 anno XXIV e seg.) anno 1552 e. 1270-1283 Capitano David Bembo Processus ser Ioannis Marie Vicich contra Heredes q. D. Fran-cisci de vertiis Giammaria Vicich ebbe a prestito da Francesco de Verzi sessanta ducati, per i quali diedegli in pegno la dote della moglie constituente in un maso di terra posto intorno Maresego, col patto che restituendo quei ducati egli sarebbe per riavere il suo maso; ciò che egli domanda al tribunale. — Frammento. anno 1552 c. 1284-1287 Capitano David Bembo Processus D. presbiteri Antonii de draguchio contra ser Hiero-nymum palatii prò quadam cagna per eum in venatione occisa Frammento di processo in cui prete Antonio di Draguch chiede il pagamento di una sua cagna stata uccisa da Gerolamo mentre trovavasi alla caccia. anno 1553 c. 1288-1291 Capitano David Bembo Processus civilis Caterine, altere Caterine Margherite sorores q. Matei Zorzich de Rotio contra Luciani sororem et Margheritam matrignam Petizione delle sorelle Zorzich fu Matteo di Rozzo contro la sorella Lucia e la matrigna Margherita eredi del detto Matteo defunto, con la quale chiedono venga loro assegnata la terza parte di tutta la sostanza lasciata dal padre loro che sarebbe valutata circa 500 ducati. anno 1553 c. 1292-1297 Capitano David Bembo Processo cimi de Catarina moier de ser Hieronimo padovin contra Zuan bencich Caterina, consorte di Gerolamo Padovino di Pinguente, chiede dallo zio Giovanni Bencich il rilascio di una casa posta in Rozzo che le spetta iure ereditario. 11 Bencich presenta appella/ione contro la sentenza del capitano. anno 1553 c. 1298-1301 Capitano David Bembo Processus Domini loannis de vertiis cum ser Paulo Vicentino Ser Paolo Visentin chiede la revoca di mandato in forza del quale, ad istanza di Giovanni de Verzi, egli dovrebbe abbattere certo muro da lui costruito. anno 1553 c. 1302-1308 Capitano David Bembo Processus ser Nicolai cham cum Domino octaviano Lugnano Nicolò del fu Giovanni Can, in nome proprio e delle sorelle, quali eredi della defunta madre loro donna Caterina nata Lugnani morta intestata, chiede parte di eredità loro spettante. anno 1553 c. 1309-1314 Capitano David Bembo Processus Michelis pechiarich abitatoris in villa Iucham districtus caminich lurisdictionis regie circa parentellam cum q. presbytero Georgio gusich habitatoris momiani Michele Pechiarich, abitante in quel di Lubiana, per succedere ne' beni lasciati da prete Giorgio Gu^jch che abitava a Momiano dove fu ucciso, chiede e ottiene una dichiarazione del capitano che dimostra la di lui parentela col d«tto prete. anno 1553 c. 1315-1320 Capitano David Bembo Processo D. selencha de vischo contra ser Paulo Vicentino Selenca (?) di Martino de Visco vorrebbe obligare ser Paolo Visentin a fornire il vitto e vestito a una creatura che essa ebbe da lui. — Frammento. anno 1553 c. 1321-2327 Capitano David Bembo Processus prò.....cum Hieronimo Sotolich prò necessariis Comunis Lite in confronto di Gerolamo Sotolich dove è sentenziato essere proprietà del Comune di Pinguente e non sua certo terreno sito presso la mura. anno 1553 c. 1328-1333 Capitano David Bembo Processus civilis loannis Andree a Seno et Iurii galeoti de ra-zavas contra franciscum strolicum de lanischia Lite non risolta per certo vino condotto da Rozzo a Lanischia. anno 1553 c. 1334-1338 Capitano David Bembo Processus Luche pastrovich depirano contra ser Vincentium cham Istanza di Luca Pastrovich domiciliato a Pirano con cui j chiede a Vincenzo Can di Pinguente parte di beni spettantigli ! e provenienti dalla sostanza lasciata da ser Francesco dall' Oghio j che fu soldato a Raspo. anno 1553 c. 1339-1342 1 Capitano David Bembo Processus civilis francisci crotich circa incisionem fiendam te- j stamenti q. patris sui Francesco del fu Nicolò Crotich vorrebbe fosse dichiarato I nullo il testamento di suo padre fatto in danno di lui. anno 1553 c. 1343-1350 1 Capitano David Bembo Processus civilis grisei grotich contra griseum gencovich Grise Crosich chiede parte di beni che, quale erede di sua 1 madre, gli spetterebbe in virtù di istrumento stipulato tra la 1 madre sua Lucia e il fratello di lei Nicolò Crotich detto bagatino. I (Proc. non esped.) anni 1550 e 1551 c. 1351-1373 1 Processus criminalis Peraz luxich et filiorum et Michelis lusich i de Rotio Pietro Lucich, i figli di lui Luca e Giovanni e il nipote I Michele, venuti a contesa presso ai loro cortivi in quel di Rozzo, { si ferirono gravemente. Sono condannati in pena pecuniaria e al pagamento delle spese. anno 1551 c. 1374-1377 j Capitano David Bembo Processus criminalis prò furto in domo ser Marci viscovich Giorgio Viscovich è imputato di aver rubato nella casa di ì ser Marco Viscovich in Pinguente nella località al reparo varie \ cose, come uno ago d arzento cum suo boton darzento per or- ; namento del cavo da dona, do anelli darzento, braza 4 de tella nova de Un, e poi muntili, fazoli, uno par de bisaze, do gonelle da dona de panno negro ecc. (Proc. non esped.) ^ anni 1551 e 1553 e. 1378-1383^ Capitano David Bembo Processus criminalis contra Iuanum golosich et Antonium gerbaz prò furto Giovanni Golosicn e Antonio Gerbaz sono accusati di aver rubato frumento. (Proc. non esped.) anno 1551 c. 1384-1390 Capitano David Bembo Processo contra ser pollo vicentino stipendiaro prò Inobedientia Paolo Visentin, soldato della Compagnia di Raspo, trovandosi a Udine ove era stato a incassare le tanse per la detta Compagnia, vendette il suo cavallo mancando con ciò di obbedienza al suo superiore, il capitano. Il quale, per punirlo, e affinchè serva di esempio agli altri soldati, lo cassa dal libro de' cavaleggieri di Raspo. Ma Paolo, in seguito a vive istanze sue, è rimesso nel posto che occupava prima. (Continua) G. V. — Portole Uotizie La dieta provinciale tenne il giorno 12 la tersa seduta, nella quale ne venne indetta la quarta per la giornata di jeri. Stralciamo dal resoconto dell1 Istituto di credito fondiario dell'Istria per l'anno 1891, presentato alla Dieta provinciale, i seguenti dati principali : Nell'anno 1891 furono conceduti numero 94 mutui per l'importo totale di fior. 271.100, coperti da ipoteche pel valore di fior. 790.687:88. Vennero restituiti fior. 102,379:01, parte in estinzione di numero 18 mutui e parte a conto per pagamenti parziali, o mediante rate di annuità. Col 31 decembre 1891 si avevano numero 1924 mutili per l'importo complessivo di f. 3.036,006:25; il fondo di ammortizzazione era di fior. 161.093:75 e restarono m circolazione: a) numero 6091 lettere di pegno nou ancora sorteggiate por fior. 3.056,900:—, b) numero 328 lettere di pegno già estratte per fiorini 140,240:—; totale 6419 lettere di pegno per fiorini 3.197.100:— garantite da ipoteche del valore totale di fior. 8.816,476:61 V2. Lo stato dei civanzi in effetti era di f. 273.000 ; il civanzo contante per cassa di fior. 28,391:79'/2 ; ed il fondo di riserva di fior. 103,024:62V2. Dal Conto interessi risulta un utile di f. 8253:0572! essendosi incassati fior. 163,865:55727 e pagati fiorini 155,512:50. Il Conto regia presenta un utile netto di fiorini 24.742:84. ' _- Cose locali i Giovedì sera della settimana scorsa, il podestà per ordine dell' autorità politica distrettuale, in seguito alle concordi decisioni della Giunta provinciale e della Luogotenenza, per cui fu dichiarata invalida la seduta comunale del 21 dicembre p. p., convocò la rappresentanza comunale coli'invito di eleggere il podestà e la deputazione. Risposero all'appello 18 rappresentanti; dei 12 non comparsi, 3 scusarono 1' assenza ; in conseguenza, pel mancato numero legale, il podestà dovette dichiarare invalida 1' adunanza e congedò i convenuti con vibrate parole dirette ai mancanti, suggeritegli dalla situazione incerta, quindi dannosa in cui si sarebbe trovata ancora la città, dopo la ornai troppo prolungata crisi. Entro quattordici giorni da quest' ultima convocazione, il podestà dovrà per legge invitare ancora una volta i rappresentanti comunali a seduta con lo stesso ordine del giorno ; ed è legittimo desiderio di ogni concittadino, qualunque sieuo le opinioni dei propri rappresentanti nel consiglio comunale, quello di vederli occupare tutti i loro seggi, senza che se ne conosca la ragione ma con gravi conseguenze da alcuni abbandonati, e rendere quindi possibile la sollecita costituzione dell' esecutivo comunale, per il disbrigo di tanti affari di vivo interesse, che già da troppo attendono lo scioglimento della deplorata crisi. Le cose lunghe diventau serpi, e pur troppo abbiamo avuto occasione di vedere, senza sortire dai confini della nostra piccola provincia, di quali tristi conseguenze sieno state cagione le lotte fraterne nelle mura di una stessa città! Dunque smettiamo pel santo nome di patria, i puntigli e le ire col perdersi dell' ultima eco delle parole vivaci che possono essersi scambiate nelle discussioni per gl'interessi economici del comune, e una volta sicuri, che questi sieno affidati a mani esperte ed oneste, uniamoci a godere i benefici della concordia. Per fortuna ragioni serie di guerra — non diciamo di opposizione, che è sempre desiderabile — non ve ne sono ; ma non facciamo in modo di crearle........ Rimettiamo dunque le cose del comune nelle mani della deputazione dimissionaria. Il podestà e i consiglieri sono tutte persone conosciute in provincia, e che godono la stima degli stessi dissenzienti ; contano la maggioranza dei voti nella rappresentanza ; ebbero dalla Giunta provinciale con 1' approvazione del conto preventivo del comune per l'anno corrente, che ha dato luogo alla crisi, preziose considerazioni per dimostrare la saggezza delle loro previsioni; sono queste, ci sembrano, tali e tante prove di fiducia che non ne occorrono di più per convincere ogni rappresentante comunale che intende conseguire il bene del paese, a confermarle col proprio voto. ----————---— Appunti bibliografici Nell'Affrica italiana. Riflessioni e Ricordi di Ferdinando Martini. Deputato al Parlamento e membro della R. Commissione d'inchiesta per la colonia eritrea. Milano, Treves. Un volume di pag. 291 con due carte geografiche. Sono anni domini dacché non faccio capolino fuori di questa benedetta Porta Orientale, per vedere che cosa si mesta di là dal vestibolo : tanti furono i panni che più o meno avevano bisogno di una risciacquatina in casa. Oggi piglio occasione da un libro recente ed utilissimo, per fare una scor-ribandola di là dall' Iudri. Trattasi dell'Affrica italiana. Riflessioni e Ricordi di Ferdinando Martini deputato al Parlamento ecc. ecc., membro della regia commissione d'inchiesta per la colonia eritrea ecc. ecc. E perchè Affrica con due effe? Il Martini, da buon italiano ha intanto scoperto laggiù che Africa vuol essere scritta con due effe. Pratica conclusione a dir vero ; e sotto questo aspetto il Governo può dire di aver bene speso i suoi denari : abbiamo un' Affrica con la doppia effe, e che si può volere di più dagli eterni oppositori? Giuoco un dito che anche P onorevole Imbriani non ci avrà nulla a dire. Noi italiani, dopo tutto, siamo fatti così: anche nelle questioni di colonie ci facciamo entrare la lingua. Il Martini poi ce la caccia in prima pagina e sostiene la lezione con tre argomenti. Attenzione. 1. Quattro quinti degl' Italiani pronunziano Affrica con la doppia effe. 2. Nei nomi derivati dal latino, quando una labiale è seguita da una dentale, la labiale si raddoppia. 3. Così hanno scritto tutti i prosatori italiani dal Machiavelli al Leopardi. Ad primum veramente si potrebbe controsservare che in questi quattro quinti non siamo certo compresi noi veneti, che abbiamo tutti tanta paura delle doppie, come un manzoniano puro dei doppioni ; ma lasciamola lì. Ed anche, così pel gusto di litigare non sarebbe del tutto fuor di luogo notare che secondo il Fornaciari (Grammatica storica della lingua italiana) le labiali m p b si rad- doppiano volentieri, ma la effe più di rado, e che se si scrive a/rezza, afro, afronitro, anche si può scrivere Africa con un' effe sola a risparmio di tempo, di carta e d'inchiostro, con la fondata speranza che per questo il nostro globo non abbia a mutare il quotidiano giro da ponente a levante. Quanto al terzo, via lasciamola lì, che a scrivere sempre con la lessigrafia dei vecchi se ne vedrebbero di belline, compreso V accidioso fummo di Dante ; locuzione tanto necessaria nel vocabolario della gente latina. Comunque nella speranza che la doppia effe abbia il magico potere di trasportare dall'interno dell' Eritrea qualche quintale di più di denti di elefante al porto di Massaua; scherzi a parte, ed entriamo in argomento. Il signor Martini mette le mani innanzi per non cadere, e avvisa subito il lettore di non aspettare la narrazione di venture inopinate e commoventi, e peregrinità di notizie. Il suo volume non ha che l'intendimento di mostrare agli occhi altrui, quanto i suoi videro, e di dare succinta nozione di que' paesi a coloro soltanto i quali, udendo ogni giorno discorrere della colonia eritrea, poco sanno intorno a suoi popoli, alle loro costumanze e all' indole loro. Il libro del Martini è adunque un libro indovinato, commerciabile, direbbe l'editore; e soddisfa ad un bisogno vivamente sentito. In affari d'Africa siamo un po' tutti Turchi alla predica ; e ci scommetto che novanta su cento dei lettori cadranno dalle nuvole, rilevando da questo libro che la colonia eritrea è grande quanto il Piemonte, la Lombardia ed il Veneto assieme. L" onorevole Martini ci descrive quindi a grandi tratti il paese ; e, pigliando le mosse da Massaua, dato un tributo, punto rettorico, di ammirazione e di compianto ai caduti di Dogali, ci conduce a Saati, e da Saati per Ghinda ad Asinara, dove si trattiene alquanto a descrivere il luogo, i costumi, le case, i banchetti, i canti, le donne. Quindi per Debaroa e Godofelassi al fiume Mareb, al confine attuale ; al fiume che è un fiume per modo di dire, tale e quale il famoso Iudri a Cormons, esclusi i coccodrilli. Risalendo poi ad Asinara che è come il centro della difesa del paese, pel territorio dei Bogos l'autore ci conduce a Keren, più ad occidente, e da Keren fra le tribù nomadi dei Beni Amer, dei Maria Neri, dei Maria Rossi; quindi nella conca di Gheleb, a sentire i bramiti delle fiere, e da Gheleb di nuovo ad Asinara, per ritornare da ultimo per la strada percorsa, e con la ferrata di Saati, Dogali, Mon-cullo a Massaua, a dare un poetico e commovente addio alla colonia. Noti bene il lettore tutti questi luoghi nella mente, e da Massaua cerchi a occidente sulla carta geografica Saati, e sempre ad occidente ma più al basso l'Asinara centrale, poi il punto più meridionale Godofelassi sul Mareb. Salga a Keren e a Gheleb il punto più nordico, ed ecco in poche parole l'itinerario del Martini. Rimane al lettore il desiderio di sapere qualche cosa della zona orientale della colonia sul lido del Mar Rosso, di Archico e di Zula; ma la regia commissione non ci avea nulla a fare su quelle sabbie; l'autore non ci è stato, e non occorre altro. Il libro riesce perciò nuovo e piacevole; lo stile è corrente, moderno, senza inutili digressioni ; e quel po' di polemica buttata qua e là non guasta, anzi ... I suoi giudizi sono quasi sempre ottimi, le vedute larghe; così per esempio coglie proprio nel segno là dove dice che siamo andati in Africa impreparati; errore comune dei giovani; ma consiglia subito a restarci con senno virile. Le sue osservazioni ironiche sulle monache francesi che insegnano a Massaua di tutto fuorché l'italiano e costano al governo duemila lire al mese ; e sul collegio maschile De Cristotoris valgono un Perù.. E di queste anomalie non si hanno a fare poi tanto le maraviglie; „la botte dà del vin che ha" e tra il cadere in mano di monachelle e di frati, o in mano di certe diaconesse, e di certi zingani della scuola laica (vedi ultimo discorso del Villari alla camera) la scelta non può essere dubbia. Basta,, speriamo, il bel di Roma non fu fatto in un giorno ; intanto badiamo a sbarazzare la scuola dai formalismi, e dalle pedanterie dei trattatelli che insegnano agli Abissini la raccolta delle olive, che non hanno, le virtù del buon parroco, e le peregrine notizie di Casalmonferrato (pag. 41). Lo stesso buon senso dimostra l'autore a pagina 71, dove dà una stri-gliatina ai rumorosi apostoli dell' anarchia e fa un salto nella lirica con impeti di vero poeta. Saggi pure i modesti consigli in fatto di agricoltura, sulla più o meno convenienza e possibilità di avviare a que' paesi 1' emigrazione ; e su altre questioni, se anche toccate appena. Ma non sono d' accordo con lui dove manifesta qua e là qualche dubbio sulla missione nostra civilizzatrice nell'Abissinia, e pare inclini al pessimismo. Il bene che si è fatto e possiamo fare laggiù eccolo compendiato in queste parole di Gemè Albachit: Negus Umberto bono kefir (molto) : prima razzia, aramia (furto). Ora mangeria, beveria, donnina (pag. 186). Salvare un popolo decrepito dalle invasioni, dalle ladrerie, che costringono tanti infelici a trascinarsi fino alle porte di Massaua nel campo della faine è opera umani- taria. E la nostra civiltà non andremo certo a diffonderla iu Africa coi mezzi usati in ilio tempore dagli Spagnuoli in America. Non più adunque razzia', e già qualche cosa ; in quanto a mangeria, beveria e dormiria fin 1' altro giorno siamo stati maestri, e a lasciar fare certa gente, m'intendo io nelle mie orazioni, ci pianterebbe cattedra tutto 1' anno. In quanto poi a studieria e lavoreria, qualche cosa si è fatto, e si farà sempre meglio ; chè in queste due faccende, in casa nostra non siamo più gli ultimi per Dio ! Per tutte le suesposte ragioni ho detto e torno a dire che il libro del Martini è buono ed utilissimo, e che tale sia n' è prova la poca strombazzata se n' è fatta per sostenerlo : nel mondo dell'arte siamo da un pezzo in carnevale e in carnevale più che altri suoni si sentono in piazza le trombe dei ciarlatani. Non dico, badiamo, che sia scevro di mende, e di qualche difetto d' origine che dà nell' occhio subito. Lamentano molti la mancanza del genere descrittivo : certo quelli che si aspettavano una descrizione di viaggi sul modello dei libri che sono oggi, e meritamente più in voga, hanno avuto non poche delusioni : trattandosi di un paese come quello, tra i miraggi dei deserti, e tra le foreste tropicali avrebbero desiderato una più ricca tavolozza. Tuttavia descrizioni ce ne sono, e "ben fatte: rammento il campo della fame, il ballo (147) e qualche altra. Ma sono scatti; ci voleva uno stile più uniforme, più legato, meno giornalistico. Ci si vede un po' la fretta; gli appunti furono presi, si capisce, con la paura di un brutto tiro degl' indigeni che non vogliono si scriva il paese, ed odiano la grafomania, come lepidamente ci avverte 1' autore stesso. Anche si potrebbe osservare che 1' orditura del libro, non lo stile, intendiamoci, ha qualche cosa di officiale', l'autore ha veduto quel che gli hanno fatto vedere, e con l'ordine prestabilito ; manca V iniziativa, il movimento personale che danno un carattere all' impresa e vigore al libro che la descrive. La scucitura, la fretta, appariscono specialmente nel viaggio di ritorno da Gura e Saganetti ; il lettore non si raccapezza più sulla carta geografica, e deve fare a piè pari un salto tra i Bogos, dove 1' autore ha veduto e scritto poco, specie (i confronti sono o-diosi, ma passino) se si raffronta il suo libro col capitolo sui Maria del Barateri (Nuova Antologia 16 Febbraio a. c.). Ma il Barateri ci andò per conto suo; il Martini avea in certo modo le mani legate, e perciò in questo suo libro fa capolino si il Martini scrittore, ma più il membro della R. Commis- sione, e qualche volta anche il deputato. Non tanto panni si abbia però ad appuntare la mancanza di colorito nelle descrizioni ; quanto la deficenza dei tipi, dell' intimo, dello studio dei caratteri, dello studio insomma dell' uomo. Dell'Abissino sappiamo come mangi, come dorma e vesta panni; poco come jensi: la prosopografia c'è; manca l'etopeja, mi si perdoni la locuzione pedantesca da professore. Ecco a mio debole vedere il difetto d' origine del ibro ; dico d' origine per non aver avuto l'autore 'orse, tempo sufficiente causa la missione officiale. Che cosa ne sappiamo noi di quei frati ipocriti che accompagnano coi salmi le danze procaci? Al lettore viene il giusto desiderio di sapere che cosa si mesta nei conventi remoti su per quelle rupi. L'esterno della chiesa di Asinara è descritto con diligenza, ma perchè non ci è entrato il Martini? Di un popolo, il quale, come egli benissimo ha notato, è credente, ma vuol essere dispensato dalV esercitare i comandamenti avevamo il diritto di sapere come e perchè ciò possa avvenire. In fatto di religione e di morale, l'autore ha scritto qualche buona pagina mostrando così d'intendere l'importanza dell' argomento ; ed è perciò che io m' aspettava .....„che mi largisse il pasto Di cui largito m'aveva il desio." E se poi non era facile di sapere certe cose perchè non ha avvicinato, qualche missionario? L'ultimo cappuccino gli avrebbe dato molte buone informazioni in proposito. Ed ora due parole ancor della lingua. L'autore è toscano professore di giunta, e dire che il suo libro è scritto male serebbe una mezza bostemmia. Piace la naturalezza; la disinvoltura, e quella cara spigliatezza dei Toscani che parlano e scrivono con lo stuzzicadenti in bocca, facendo perfino qualche volta a fidanza con la sintassi, come è naturale a chi parla e scrive a braccia. Così nel periodo seguente. .— "Sta bene: i soldati non sono carne da macello, nè debbono esporsi a fatiche improbe, o a pericoli senza ragione adeguata: e chiunque vigila affinchè non avvenga fa opera buona, cltiunque redarguisce l'incuria e la cocciutaggine per le quali ciò avvenga merita lode. (pag. 49). Ed a proposito di spigliatezza, non vorrei dire una minchioneria; forse chi sa?; i Toscani avranno delle storielle nelle maniche del sajo sul conto, dei piedi di Re Luitprando (pag. 55) mi rammento però di aver letto nel Giulini — Storia di Milano — che la misura longobardica, compresa nel diritto barbaro, in opposizione al jus romanum, fu chiamata così dal nome del re Luitprando che decretò la nuova misura. Sarebbe però insopportabile pedanteria insistere sul notare queste mende; ammiriamo piuttosto la spigliatezza, e l'arte di foggiare in diverso modo il periodo italiano, che senza affettazione tanto ritrae ancor dal latino per isfuggire da quell'acquosa semplicità e scorrevolezza monotona di cui troppo si compiace oggi la letteratura popolare. Ancora una preghiera. Giacché siamo proprio abituati a vedere annunziata V africana a lettere di scatola con un'effe, e a mangiare l'africane, bolline tanto, benché con un' effe sola, si adatti il Martini all'uso, che dai tempi di Orazio in poi sempre insegnò tante cose; e in compenso della lettera risparmiata ci faccia il favore in una prossima seconda edizione di accentare i nomi dei luoghi della colonia eritrea, o cosi sapremo una buona volta come si abbia a pronunziare Dogali, Asinara, Massaua ecc. Voglia far buon viso l'egregio Martini a questi appunti, buttati là un pò con lo stuzzicadenti in bocca, e accolga il saluto fraterno da queste ultime rive dell' Adria, dove, piaccia o non piaccia agli scrittorelli del Fanfulla, c' è sempre una gente che pensa, e scrive ed ama italianamente, e della quale è portavoce l'umile sottoscritto, professore in partibus, ignoto al mondo officiale, per non aver mai portato barbazzale per nessuno, e detto pane al pane, di che se ne tiene come d'un fiore all' orecchio. P. T. ■---—s & 5—--- Abbiamo ricevuto dal dott. Carlo Apollonio autore dell' Igiene, ]) e pubblichiamo : Spettai) ile redazioni e ! L' egregio sig. P. T. nel N.o 4 del vostro reputato giornale si è occupato con animo sinceramente benevolo del libercolo d'igiene che ho teste pubblicato. 10 certo non amo di atteggiarmi a critico dei critici; pure se permettete, risponderò brevemente sullo stesso giornale a qualcuno degli appunti fattimi. Non comprendo la meraviglia espressa dall'egregio sig. P. T. per aver trovato in un trattatello d'igiene popolare delle "speculazioni, sulla vita e sulla morte: 11 popolo, che pur vive e muore, non ha forse il diritto di conoscere le leggi fondamentali che governano l'organismo per poi meglio comprendere i precetti che se ne possono trarre a tutela della salute? — Nè, vedendo ') L'igiene ossia la vera medicina popolare del dott. Carlo Apollonio, libro scritto pel popolo, e venduto a beneficio dell'ospedale di Umago — Capodistria, tipografìa Cobol-Priora 1891. morire gli uomini per tubercolosi o per apoplessia, credo si possa accontentarsi di affermare che la morte è conseguenza della colpa. — Anche il dire che io accenno al Dio ignoto dell'Areopago non è proprio esatto : quell'Ignoto nasceva come un pleonasmo dal vuoto del cervello ; quest'Ignoto dell'evoluzionismo moderno è come un trono splendente che la scienza ha posto nell'alto dei cieli suoi e che il cuore umano può far occupare a suo piacimento da un Dio o da un Caos. Se poi vogliamo ragionare a forza di citazioni, allora debbo dichiarare che in tali argomenti Paolo e Dante non sono le uniche autorità. Non voglio citare il meccanismo presocratico, il determinismo atomistico degli Epicurei o quello monistico degli Stoici, il probabilismo di Pizzone d'Elide e di Sesto Empirico, il naturalismo meccanico di Telesio e Pomponazzo, l'acosmismo di Spinoza, il trasformismo di Lamarck e di Darwin, l'evoluzionismo di Spencer. Piuttosto perchè non si voglia tirare la Bibbia nel campo delle scienze biologiche, che non si sono mai sognate di negare l'esistenza di un Dio, mi appellerò proprio alla storia del pensiero filosofico cristiano, il quale incominciò coli'affermare il dogma nella Patristica, col-l'organizzarlo nella Scolastica e finì col fossilizzarlo nel Nominalismo di Guglielmo Ockam dichiarandolo inconciliabile colla ragione e quindi nè attaccabile nè dimostrabile scientificamente. Scendendo ora terra terra, come dice l'egregio P. T., al pane senza crusca, ch'ei vuol dimostrare meno igienico di quello contenente la crusca, trascrivo un brano d'un dei più illustri medici italiani viventi, il Roncati professore d'igiene all'Università di Bologna (Tratt. d'igiene —■ Pasquale 1883 — pag. 148): "È egli opportuno, nel panificio, togliere alla farina crusca e cruschello ì La risposta vuol essere affermativa, dacché le parti lignee sono indigeribili per lo stomaco dell'uomo, e sovratutto la crusca irriterebbe il tubo digerente con effetto di ventosità, catarro gastrico e diarrea. Da altri si opina il cruschello poter essere lasciato.....anzi Pappenheim e Millon volevano ridotta per la macinazione tutta la crusca a cruschello finissimo, affinchè la si potesse lasciar tutta quanta nella farina. Il che peraltro non è da acconsentire, giacché se Millon valutò la parte indigeribile della crusca alla minima proporzione di poche unità su 100, Poggiale la computò con più verità al 56 per 100, e conseguentemente questi volle tolta alla farina tutta la crusca sia dunque la crusca tolta al pane per l'uomo e data come pasto prelibato alla vacca, perchè ce la rimuti in latte, ovvero al bove ed al porco per riaverne buone carni. „ Vi ringrazio e mi dichiaro vostro devotissimo.