ANNO M 12. Sabbato 23 Maržo 1850 Esce una volta per settimana il Sabbato. - Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.-" L' abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. NOTIZIE SVCCIHTE deli' origine, religione, decadenza dell'isola e citta di Grado da ignoto autore del secolo passato ma cho potrebbe essere D. GIACOMO GREGORI. (Continuazione.V. n. 9-11.) Altra ducale sopra il ritorno del patriarca, con la quale fa noto ai giudici, che presto si dara mano al-1' opera. " Franciscus Foscari Dei gratia dux Veneliarum. Lit-„ teras vestras de reverendi domini patriarchae accessu ad „ locum Gradi, et de gestis per eum, nobis ad plenum signi-„ licantes, accepimus. Unde sollicitudinem vestiam laudantes „ vobis mandamus, quod dictus dominus patriarcha fuitad „ praesentiam noslram, et nobis vere promisit in prima die „ septembris velle incipere ad fabricam reparationis eccle-„ siae patriarchalis et campanilis et ulterius velle in eccle-„ sia S. Mariae de Barbana constituere unum abbatem, „ qui ipsam ecclesiam gubernet, regulet, in ea divina of-„ flcia celebret, de cujus optima intentione contenti re-„ inanentes, vobis presenti serie mandamus, quatenus Ab-„ bali constiluendo per ipsum dominuin patriarcham con-„ signari faciatis quaecumque liabetis in manibus vestris „ sequaestrata ipsae ecclesiae S. Mariae spectantia, de qui-„ bus dictus patriarcha se pletiam constituit, et vos red-„ dit securos, faciendo primis unum inventarium de „ omnibus et singulis rebus praedictis pro omni bo-„ no respectu, atque causa. Quidquid autem sequitursuper „ praemissis debeatis nobis per litteras vestras intimare. wDrtta in nostro ducali palatio die vigesiina sexta mensis „ Julii anno 1423. Indic. prima„. Ex lib. privil. ccm. Gradi pag. 6. Tergo. Piu del dovere mi dilungai in questa materia, ma cii> servira ancora per intendere, cho il santuario di Barbana spettava ai patriarchi Gradensi, e poi lo vedremo passare nei patriarchi Aqui!ejesi, come pure servira per sapere 1' obbligazione che tenevano i patriarchi di rifare e ristaurare la sua cattedrale ed altre fabbriche. Ora proseguiamo il principiato. 1256. Adriano IV, essendo stati per incuria infir-mati i tanti e speciali privilegi di questa sede metro-politana, li rinnova, come li decretd Adriano IV ed i suoi antecessori, per 1' alta stima che Alessandro aveva di Fra Angelo Maltraverso Veneto, patriarca, deli' ordine dei predicatori. 1296. Occupando questa patriarcal sede Fra Egidio deli' ordine dei predicatori, convoco in questa chiesa me-tropolitana un concilioprovincialeli 12 luglio giorno dei SS. MM. Ermagora e Fortunato, al quale intervenirono tutti i suffraganei dei lidi Veneti, e per procuratore 1' arcive-scovo di Zara e suoi suffraganei, e 1' abbate di Barbana, dove si decretarono canoni n. 33 sof»ra i sacri riti e la disciplina ecclesiaslica, ed i costumi dei chierici. Cosi exTabula S. Mariae Muriani. 1338. Andrea Dotto da Chioggia fu traslatato da Benedetto dodicesimo a questa sede patriarciile. Questi il 2.do anno della sua dignila dono alla sua cattedrale una cassetta coperta d' ogn' intorno d' argento e lavorata alla mosaica con entro parte dei preziosi corpi di SS. Ermagora e Fortunato, e delle ossa pure delle quattro vergini e martiri Aquilejensi, Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma. Questa cassetta fu ritrovata sotto cerli sotter-ranei deli'altare del Ss. Sacramento nel 1740, mentre ristoravasi questa nostra chiesa maggiore, e sopra d' essa eravi una lapida di marmo greco con quest'iscrizione gotica, che io la trascrivo con Iettere laline: "Hic re-„ posita fuerunt corpora Sanctorum MM. Hermacore et „ Forlunati MCCCXXXVIII. Die dominico XII Juhi, tempo-53 re Andrae patriarchae et domini Andrae Malipiero co- „ mitisB. Sopra questa cassetla vi si osservano in facciata le due figure in basso rilievo per lato delle 4 vergini, e sopra il coperchio un crocefisso in basso rilievo, ed i qualtro giroglifici degli Evangelisti, ogni figura d' argento con alcune indorature. Le ossa di quesli martiri nella cassetta erano involte in un velo rosso, e quanturique fossero passati anni 402 da ch) fu pošto, tuttavilta era si bello e resistente, come se in allora fosse stato collocato. Di questa cassetta fu ripulita e rifatta l'anima di legno, che sebben era di cipresso, tuttavolta per 1' umidila era corrosa, e si decreto, che ogn' anno si dovesse porlarla in processione nel giorno dei SS. MM. essendo i protet-tori di questa divota citta. 1357. Parmi cosa necessaria accennare i cardinali che decorarono questa basilica Gradrnse. In Ughel. non si notano tulli. II primo fu fra Fortunato Vascelli, mi-nistro generale di S. Francesco M. O. 1373. II secondo fra Tommaso Frignano, generale deli'ordine di S. Francesco M. O. 1405. 11 terzo fra Pietro Filargo di Candia Fran-cescano M. O., che poi fu sommo pnntefice col nome di Alessandro V. Ughellio non fa menzione nella Cronic. Gra-dense, ne di Filargo, ne di Corrado Carraccioli. Ma se osserviamo le croniche Francescane, ancor Tiburgo e nu-merato tra i palriarchi Gradensi. 1406. Corradn Caraccioli e riconosciuto per patriarcha di Grado dal Pancinio Giacomo o Lucentio, onde ancor noi lo riconosciamo. 1408. Francesco Lando e il sesto cardinale che noi riconosciamo, e questi porporati furono prelati Gradensi. 1451. Li 7 ottobre Nicold quinto, morto Domenico Michieli ultimo patriarca Gradense, volendo decorare la sopragrande citta di Venezia, soppresse questa cattedrale, resa dali' inclemenza del mare questa cittž picciola, e dalle guerre e saccheggi poco abitata, ed incorporo due cattedrali in una, trasferendo questo palriarca in Venezia con ogni suo titolo, preminenza, grazie, onori e privilegi, chiamandolo patriarca di Venezia e non piu di Grado. Ex Bulla Nicol. Cosi ebbe a terminare la patriarcale metropoli e primaziale sede di Grado dopo 876 anni d' essersi sos-tentata contro gl' implacabili odi, ed ostinate ostilita dei patriarchi d'Aquileja; dopo d'esser slata decretata da 68 patriarchi insigni per virtu e nascita; da 5 cardinali ed un soinmo pontefice; riconosciuta e confermata metropoli dei lidi Veneti ed Istria da 14 concilii, e da 70 circa pontefici arricchita di privilegi, e rinnovati i suoi titoli onori e grazie; da 8 imperatori confermato il titolo di metropolitana, esentata d' ogni gravezza reale e perso-nale; da 8 serenissimi dogi Veneti difesa dai suoi ne-mici, assistita con generosa pieta nelle sue indigenze, e con costanza religiosa arricchita di preziosi e venerati doni, finalmente in questo secolo cangid stato, e diviene semplice parocchiale. II sin qui esposto succintamente bastera per scorge-re gli onori e le prerogativo che godeva questa cattedrale, onde ridondava di molto onore e grandezze per mezzo dei suoi patriarchi; cosi per difender li medesimi, solferse distruzioni, saccheggi ed incendi questa nostra isola. Le notizie sin ad ora accennate quasi tutte versa-rono sopra questa antica cattedrale, che appunto in questi secoli tanto nello spirituale quanto nel temporale porgeva continuamente materia di osservazione. Ora 6 tempo di notare il governo interno di quest'isola, le sue consuetudini, i privilegi, e le sue esenzioni dalla Repubblica concesse in premio dei servigi prestati dalla sua fe-delta e costanza al venerato veneto nome. Sino nel 1314 questa spettabile Comunita non conta registro alcuno ne' suoi capitolari, che per lo innanzi sia stata diretta e regolata si nel civile come nel crimi-nale daalcun rettore o pubblico o rappresentante que-sta citta, perche i Dogi stessi erano i direttori, e nelle cause forensi giudicavano questi spettabili giudici. Di fatto, se richiamiamo alla menoria leantiche moleslie sof-ferte da questa citta, subito osserviamo, che gli stessi Dogi in persona si portavano a sollevarla, e da' suoi nemiri difenderla. Resa poi questa citta per la sua situazione luogo di gelosia; avendo a levante ed a tramontana il Friuli soggetto a Patriarchi Aquilejesi, nemiri per un tempo del nome veneto, ed a mezzodi le coste deli'Istria per la parte del mare, da dove si scaricarono i corsari; pensd questo serenissimo vigilante ed attento governo di spe- dire a reggere e difendcre questa divota popolazione un nobil veneto con titolo di Conte, scegliendolo dalle čase pili cospicue della nobilta veneta, accio e col consiglio e coll' abilita difendesse al caso questa nostra fedelissiina cittš. Dovendo i serenissimi Dogi attendere alle con-quiste, ed a correggere que' popoli infedeli, che dal soave dominio veneto si ribellarono; cosi appunto successe sotto al doge Soranzo, che si ricupero Zara ribellata, ed in tanto reggeva questa citta il valoroso Biaggio Zeno nel 1314. " Joannes Superanlio, Dei gratia Venetiarum, Dal-„ matiae, Croatiae dux, dominus quartae partis, et dimidae „ totius Imperii Romani, nobili et sapienti viro Blaxio „ Zeno de suo mandato comiti Gradi iideli dilecto salu-n tem et dilectionis affectuin Capit.„ pag. 12. Sedendo pertanto il pubblico rappresentante col titolo di conte in questa citta, se gli commetteva, che re-star dovesse un anno solo, e nelle cause forensi giu-dicasse secondo la consuetudine di questa terra. Cio si scorge dal libro delle commissioni di questi rappresen-tanti sotto il doge Andrea Gritti nel 1523. "Nos Andreas Gritti Dux Venetiarum. " Committimus tibi nobili viro, et dilecto fideli no-„ stro Joanni Francisco Delphinio quod de nostro man-„ dato]vadas in comitem Gradi, quamterram reges et defen-„ desadhonorem nostrum, etcoinmunis Venetiarum, et salva-„tionem illius terrae usque adannum unum bona fide sine „fraude, et non recedas de regimine nisi successor tuus „ venerit nisi habueris a nobis licentiam habendo salariuin „ per ratamtemporis si ultra annum stares. Omni quaerenti „rationem, facies secundum usum dictae terrae, ubi vero de-„ fecerit secundum bonam conscientiam facias, et judica-„ bis. Vindictam maleficiorum cum consilio hominum dictae „ terrae fecisset condemnationis. Et si judices in aliquo „ fuerint discordes, eam partem capies, quae tibi nationa-„ biliter videbitur secundum usum, qui tibi defecerit se-,, cundum bonam conscientiam,,. Libro delle commissioni pag. I. Ouesti cittadini mancando il proprio rappresentante giudicavano le liti e formavano leggi aspettanti tanto ali' economia quanto ai buon ordine della giurisdizione. Cosi leggesi nel Capit. "Inmillesimo trecentesimo quinto decimo, capta fuit „ pars, quod procuratores seu thesaurarii ecclesiae qui „sunt nune, vel per tempora erunt, sint, et esse debeant „ furnitores testamentorum, quae deficerent, ut non forent „ adimpleta, et qui possent mittere procuratores quocum-„ que necesse fuerit expensis illorum ad quos speetarent „ bona in testamentis relieta,,. Ouesti cittadini primache si mandassero irettori a custo-dir quest'isola, essi aveano i'incarico di difenderla, come in molte occasioni fecero vedere la loro costanza e fedeltš, contro i patriarchi d' Aquileja, ed i nemici del Veneto nome. Cio avvalora la ducal del doge Francesco Donatopersino nel 1559; che, ricorsi quelli signori giudici al Doge per le molte novita a pregiudizio dei loro antichi privilegi che introduceva Paolo Contarini, gli scrisse la seguente ducale: " Franciscus Donato, Dei gratia dux Venetiarum, „ Paolo Conlareno comiti Gradi etc. "Avendo noi inteso, che quelli fedeli nostri di Grado sono in molti modi gravati, e vessali contro la forma dei privilegi ed antiche concessioni fatteli dalla signo-ria nostra. Imperocche avendo loro sempre avulo il carico della custodia di quella terra, ora e data essa al cavaliere ed officiali nostri, i quali percid sono da essi poveri pagati, niente di meno non fanno custodia alcuna, ed oltre di questo li viene rinnovato, che gli sono tolli carati nelle sentenze, comandamenti penali, e la deci-ma e cosi deli'istrumenti di vendile e d'inventari, ed e-ziandio li danari, et enlrata tenue di essa povera corn-munita sono spese a beneplacito vostro ed in nessun uso e comodo loro pubblico tutto contro i predetli privilegi. In vero di tal cosa quando siano vere, ne sentimrno gran-dissima molestia. Imperciocch«^ il desiderio e voler nostro e, che i privilegi concessi per la Signoria nostra a qualunque fedele nostro siano inviolabilmente osservati dalli rappresentanti nostri, e questo deve essere il pre-cipuo loro carico. E pero vi commeltemmo, che dob-biate avvertire a dar opera, come e l' officio vostro, che i privilegi ed anco consueludini ossorvale sempre per il passato, che le siano diligentemente osservate, non per-mettendo che contro quelle sia rinnovato cosa alcuna; sicche quei fedeli nostri non abbiano causa di giu-sio g avame, e da ricorrere da qui con loro spesa, il che ne sarebbe molestia, e cosi voi avrete d' osservare. Data in i;ostro ducali palalio die 17 Martii indic. seplima 1559„. Lih. privil. piig. 26 - Nel libro delle commissioni cosi se gli preeettava al pubblico rettore: " Debes autem su-„ peresse onnnibus postis, quae sunt a porta Tajamenti „ usque ad S. Joannem de Tuba, ut omni abdoinada te-„ neris ire per ipsos portos. Ita quod in triginta diebus „ipsos onines tenearis inquisivisse et vidisse, et plus si „ libi videbilur habendo soldos decem pro quolibet ebdo-„madn„. Lib. coinmis. del N. H. Francesco Delfinio.- Coni ec h u volontaria questa litta si dedico al Veneto domi-nio, cosi oltre allri diritti che si riservo fu quello ancora dei fondi di quest' isola, dimodo che se alcuno in questa giurisdizione brama fabbricare, e necessario che venga investito da questa comunila, altrimenti non e mai k-gittimo possessore. Di queste investiture ne abbiamo moltissime sino a' giorni nostri, che pagano un picciolo censo a questa comunita per tal efFetto. Sino nel 1525 il cente Andrea Barbo volea impedireche m lle mura della citta o castello, non si facesse da proprietari delle čase, che sopra fabbricarono scolatoi d'acqua, ma il doge Andrea Gritti li 9 agosto indic. 13, gli scrisse cosi: Circa le sculfe che sono nelle mura della terra, non volemino sii rinnovata cosa alcuna a quelli che le hanno, essendo ob-bligati quelli cittadini tener le mura in ordine, e secondo ricerca il bisogno suo.Lib. privi!. pag. 17. Qua!unque entrata di questa comunita veniva ma-neggiata ancora da' suoi giudici senza alcun assenso e parere d' essi pubblici rettori, anzi nel 1521 volendo il conte Angelo Querini metter mano in quest' affare, il doge Leonardo Loredan li 11 maržo indic. 9 gli scrisse cosi: " Praeterea circa i denari ed entrade di quella fedelissi-„ma comunita nostra, voi glie li lasciercte ministrar e s spender come sin'ora hanno fatto ed essa el conferma,,, Lib. privil. pag. 16. Sicehe questi cittadini regolavano la propria citta con leggi e consuetudini proprie, e quan- tunque uvessero il pubblico rettore, tuttavolta non permet-tevano ch' egli s' ingerisse nelle proprie loro mansioni, e se pur veniva contro le loro consuetudini rinnovato qual-che cosa, ricorrevano ai serenissimi dogi e venivano da ogni gravame e molestia sollevati. Ouesto e quanto succintamente si puo notare in-torno al governo interno di quesf isola de' suoi cittadini. Passer6 poi a privilegi e consuetu lini che godeva que-sta fedel popolazione in benemerenza della loro fedelta; ma prima e necessario accennare fatti, che quantunque appartenessero alla cattedrale, tuttavolta pensai d' esporli in questo luogo, perche nati appunlo in tempo, che regolavano questa citta i pubblici rettori. Nicold di Lucembergo patriarca d' Aquileja, fratello spurio di Carlo IV re di Boemia, nel 1356 essendo colle-gato col re d' Ungheria contro i Veneti s' introdusse ar-mata mano in Grado, ed oltre lo spoglio recato ali' isola, asporto saerilegamente ancora i venerati corpi dei SS. MM. Ermagora e Fortunato, e li naseose in un castello del Friuli detto Casamatta. E quantunque per le istanze degli Ungheri poi fosse precettalo ed intimato da Innocente VI la restituzione dei medesimi, pare non si volle obbe-dire, come il solito dei prelati Aquilejesi, che conto non facevano ne di censure, ne di precetti, ponendo la loro ragione nelle forze che metevano in campo. Cosi que-sti santi corpi ritrovati dal patriarca nostro Primigenio nel 634, e collocali in questa cattedrade, dove furono venerati quasi per 722 anni, e da Pupone, ed altri nemiri tanto cercati, e ricercati, finahnente da uno spurio fu privata questa chiesa di si preziosi tesori; ma grazie al grande lddio, ed alle diligenze e pieta del patriarca Andrea Dotto, che, come presago fosse stato del futuro, ci lascio la preziosa cassetla dove veneriamo le re!iquie di quesii gloriosi mar liri. Qual rettore fosse alla custodia di questa citta in tal tempo non abbiamo certczza alcuna. I Genovesi, inimici accerrimied implacabili del nome Veneto, volendo sfogar la loro collera contro Chioggia, in— tanto che PietroDoria scorseggiava le coste deli'Istria com-mettendo mille ostilita e barbarie, ed essendo stato re-spinto sotto Pola, uno dei suoi staccamenti prese Uin^go, si scarico sopra quest' isola, la saccheggio, e quello che non pote trasportar via sacrifico alle fiamrne, correndo 1' anno 1379 e poi con 1' istesso furore si porto in Caorle. Dicesi, che in questo fatto i cittadini nostri sino ali' ul-timo sangue si sarebbero difesi, ma il Doria avendo tra-ditrici intelligenze col rettore, dovettero cedere, e solfrir dal nemico vincitore ogni danno ed offesa. Fu corretta I' infedelta, ed intanto le armi del patriarca MarquarJo Nordlingo d'Aquileja s'impossessarono di Grado. Tadeo Giustiniani nel 1380 essendo spedito nella Puglia con tre galere per provvedere di grani, essendo somma penuria in Venezia, e seorgendo esser debol-mente difesa questa citta dalle truppe del patriarca, li 28 maržo Pattacco, e se ne rese padrone, facendo prigio-niera di guerra 1' istessa guarnigione. Storia Contarini pag. 148, Luigier Stor. venet, tomo 4, pag. 296. Ouesta citta fu in ogni tempo con particolar dile-zione dalla sopragrande pieta di questa serenissima re-pubblica veduta e graziata, onde questa spettabile comunita si fa conoscere in ogni occasione divota, e fedele della medesima La ducale del serenissimo doge Augustin Barbarigo servira per una cosa evidente dei privilegi che godeva, e gode questa citta in ricompeusa dei meriti di questi cittadini. "Augustinus Barbarigo, Dei gratia dux Venetiarum, „ nobilibus et sapientibus viris Francisco de Ponte de „suo mandato comiti Gradi, et successoribus suis fide-„ libus dilectis salutem, et dilectionis affectum. Prudentes „ viri Amadeus et Joannis Adami nuntii istius fidelis „ communitatis Gradi coram dominio nostro conslituti, omili „cum reverentia petierunt, et cum per dominium nostrum „ retroactis temporibus praedictae comitati in pretium suae „ antiquissimae fidei, et devotionis erga nos plurimae con-„ cessiones pro ejus commoditate indultae fuerunt, nam „ fabas et alia ligumina exirahenda ex partibus Forijulii, „ aliqua in partes Istriae conducenda, et vendenda, quam „ in conducendo vino terrano istuc absque ulla datii „ solulione prooorum usu, nec non quod ex Ravenna et „ Marchia Anconitana, et Romandia extrahere possit ca-;;seos, cepas alia et similia, et ad partes Istriae et Fo-„ rijulii conducere, non solvendo Ravennae aliquod pro „bulletis, ac etiam quod possint pervenire ad partes Fo-„ rijulii, Romandiolae, et Marchae Anconitanae sine ullo „ datio, et pisccs salem, et zaladium pro eis Gradum con-J5 ducti, et conducendi nullum datium solvent et demum „ quod de piscibus captis, et emptis in Istria, quos con-„ducunt in partes Forojulii nullum solvent datium a Pa-„ sca Jannuarj usque ad Nativitatem Domini; nec non et „ gratia salis pro eorum usu et ubertale, illae ipsae con-„ cessiones vigeant, et serventur antiquae consuetudines, „ ne impensis, et laboribus pro tuendis eorum juribus ni-„ mium graventur, sicut hactenus sepe evenire affirmant. „ Nos itaque eorum in nos consideratis nos vulgaribus rae-„ ritis, quorum potissime causa ad supradictas conces-„ siones fiendas superioribus annis devenimus, delibe-„ravimus dictorum fidelium nostrorum desideria benigne, „ ac clementer annuere, ut de fide et devotione sua erga „ nos debitum meritum deportent. Supradictus ipsorum „ concessiones et privilegia auctoritate nostra confir-„mamus, sic quod praesentium tenore confirmamus et ap-„ probamus in omnibus et per omnia; mandantes vobis, „ ut eas omnes observare, et observari facere debeatis in-„ violabiliter; et absque ulla contradictione, nihil prae-„ terea rennovandi, neque rennovari permittendo circa „ caseum, grassam et salem, sed id omne observando, „ quod in consuetudine fuit. Has autem ad futurorum „ memoriam registrari facere, et registratus praesenti re-„ stitui. Data in nostro ducali palatio die decima se-„ ptima Junii,indic.septimal489„. Lib.privil. pag. 13. Tergo. Ouesta ducale e una riconferma e ricapitolazione d' antichi privilegi ed esenzioni, che sempre godette questa comunita, i quali privilegi sparsi e confermati sono d' anteriori ducali. Io penso pero solamente d' ac-cennarle in parte, aceid scorger si possa quai illustri e nobili uomini coprivanu in allora questa gelosa carica dei conti: 1314. Doge Giovanni Soranzo al conte Biaggio Zen. 1382. Doge Antonio Venier al conte Marco Gri- iii an i. 1413. Doge Tommaso Mocenigo al conte Girolamo Lombardo. 1423. Doge Francesco Foscari al conte Nicolo Delfino. 145). Doge Foscari al conte Matteo Gradenigo. 1456. Doge Foscari al conte Benedetto Molin. 1479. Doge Giovanni Mocenigo al conte Gianfredo Giustiniani: E necessario qui di avvertire, che per lo innanzi comandando come dogado a questa comunita il solo Doge, pero non era bisogno di riconfermazione de'privilegi, esenzioni e consuetudini per mezzo di ducali, mentre i serenissimi Dogi aveano sempre premura, che le comunita soggette al ducato conservassero le antiche loro prerogative; ma essendo spediti i pubblici rettori, e di tratlo in tratto vedendo questi cittadini essergli infirmate le antichissime loro consuetudini, dovettero ricorrere ai Dogi accio gli venissero rissodate. Per il che prima dei nostri Conti non vediamo ducale alcuna, e poi dopo moltissime. Quantunque perd i Conti reggessero questa popola-zione, tuttavolta i Dogi erano premurosi, ed attenti che rinnovata non fosse cosa alcuna dei consueti privilegi di questo suo ducato, ne violenze o molestia apporta-ta fosse alla sua giurisdizione. La lettera del doge Francesco Venier spedita a! po-desta di Monfalcone sara una prova chiara di questa verita. uPofeslali Montifalconis. "Per lettera del conte nostro di Grado ai 15 del mese presente siamo avvisati che voi nei passati giorni avete mandato nell'ara della bocca d'Isdoba, ed anche in un altro luogo detto il Panzan, dove e la posta di S. Giusto, ad abbruciar alcuni casoni di quei poveri e fe-delissimi noslri pescatori di Grado, i quali casoni erano costrutti, e fabbricati nella chiara ed indubitata giurisdizione del dogado nostro, la qual cosa certamente ne ha dato molestia e meraviglia tanta, quanta non vi possiamo esprimere cosi per la qualita sua in se, come per il pes-simo esempio che da essa potria nascere, aggiungendo anco il danno di que'sudditi e feJelissimi nostri, onde avremo voluto farvi la presente, per le quali con quella efficacia che potemmo maggiore, vi imponiamo, che senza alcuna dilazione di tempo dobbiate di nuovo far co-struire a spese vostre proprie tali casoni, qua!i avete fatti abbruciare, e nelli stessi luoghi e siti dove prima erano, e della stessa qualita, astenendovi nell'avveni-re di tali operazioni e non aspeltando in cio altra re-plica, perciocche la faressimo con carico o nota vostra. "Venezia 25 agosto 1554. (Lib. privileg. ca rte 22 J u Joannes Marinus Cancellari ducalis notarius.„ Parmi cosa necessaria qui di far due necessari ri-flessi sopra questi privilegi ed esenzioni in molti ten -pi (oncessi in tante e replicate ducali. II primo č che si commette loro in ogni ducale che siano conservati gli antichi loro privilegi; il secondo che si concede le sud- detle esenzioni e privilegi in prtnro della loro fedelta e costanza al dominio veneto di questi cittadini. Dal primo si ricava esser stata mai sempre questa citta esente d'ogni pubblica gravezza persino ne' suoi primi tempi, e con taii condizioni volontaria si dedico al venerato dominio veneto; per il che i nostri cittadini potevano estrnrre ed introdurre merci, d' ogni sorta di viveri in quest' isola senza alcuna contradizione, ed ag-gravio, per comodo e beneficio di questa popolazione. Ouesta verita si comprova con la ducal del doge Ago-stino Barbarigo sino nel 1490 li 18 giugno ind. 8. Cosi si spiega : "Dignemus vos deliberare a solutione quarum-„cumque, decimarum et ponere ad conditionem Mathe-»maucensium, et illorum captis aggris. Ouod dieti fideles „nostri amplius non molestentur. lino sint liberi et exemp-„ti„. Lib. privil. carte 14. Ancora la ducale del doge Leonardo Loredan spe-dita al conte Angelo Ouerini che introdur voleva aggra-vi contro le antiche consuetudini di questa citta, cosi gli scrive: "Leonardus Lauredanus, Dei gratia dux Venet. "Vi scrissimo al (5 dicembre p. p. che li nuncii di questa carissima e fedelissima comunita nostra erano venuti alla presenza nostra a dolersi, che voi (praeter consuetudinem antiquam, et semper observatam) avevaie inibito, che altro che una persona ad arbitrio vostro non potesse venir di la della patria del Friuli a vender pan-ni ed altre merci, e che etiam avevi imposta una nuo-va angaria a quelli che traggono pešce salato da quel luogo di pagar soldi 4 per secchia del pešce salato di dazio, e portanto che non dovessi farintenderecon cheau-torita e fondamento avessi rinnovata la detta cosa; e perche nuovamente siamo stati fatti certi, che voi non foste mosso a queslo, se non da certa opinione vostra, e non per autorita alcuna avuta da qui. Non volendo mai che a danno di que' fedelissimi nostri si rinnovino ta! cose, vi commettemmo, che de coetero per modo alcuno non dobbiate piu torglier li detli 4 soldi, e che dobbiate permettere a lasciar, che ciascuno mereadante del Friuli venghi a vender le sue merci e panni liberamente, come si ha osservato per il passato, e come e ben conve-niente. "Hasautem nostras registratas ad futurorum memo-riam praesentantibus restituit. Data in nostro ducali pa-latio die undecima Martii. Indic. nonal521;;. Lib. privil. cart. 16. Allra ducale sopra la stessa materia del doge An-drea Gritti ai proveditori al sal, ed al conte di Grado, in Pregadi. "Per6 andera parte, che a dito loco nostro di Grado sia osservate e mantenute le sue antiche consuetudini e concessioni, et usque in hodiernum diem servate, e niente gli sia innovato circa il poter nostro tior il sal dei luo-ghi nostri d'Istria per suo uso e di salar i suoi pešci, come fin qui han fatlo. Quare auetoritate dieti consilii nostri rogatorum mandamus vobis, et quique vestrum, ad quos pertinet ut partem supraseriplam, et contenta in ea observantes, et observari faciatis inviolabiliter re-gistrari faciendo eam, ubi opus fuerit. Data in nostro ducali palatio die 3 mensis Novembris indic. decimaquar-ta 1525s. Lib. privil. carte 18. Tergo. Qui ancora in tempi piu posleriori abbiamo la confer-mazione de'privilegi. Cosi la ducal del doge AntoniolPriu-li spedita al conte Anlonio Zorzi, che introdur voleva degli aggravi a questa popolazione. "Antonius Priulo Dei gratia dux Venetiarum. BGI' intervenienti di quel fedelissimo popolo ci hanno mostrate novita introdotte in quella terra a gravissi-mo pregiudicio suo, onde apporlandosi quella molestia, che ricerca la nostra paterna carila verso di loro: "Vi commettiamo, che dobbiate farle osservare i suoi privilegi, per i quali sono esenti di pagar dazio di pešci salati estratti per il Friuli, Romagna, Marca ed An-cona, ne tampoco regalie ne da terrieri, ne meno da' fo-restieri, accio il luogo sia abbondante de vitto loro. Per-tanlo metterete ogni vostro studio affinehe sia eseguito quanto ho delto sopra; perche tale e la nostra volonta, non dandoci occasione di altre repliche, facendola pub-blicar nei soliti luoghi, o deli' esenzione e pubblicazione ci darete avviso. "Dala in nostro ducali palatio die prima Septembris, in-diet. 3.a 1620„. Lib. privil. carte 33. Tergo. E tempo ora di passare al 2.do riflesso, che ri-guarda la fedelta e^costanza di questi sudditi fedeli al suo venerato principe; onde in premio di questa, dalla so-pragrande pieta e elemenza dello stesso, furono in ogni tempo graziati. La ducal del doge Agoslin Barbarigo (posta a pag. 70) e una ch.ara verita di tutto questo. be pero vogliamo partioolarizzar i falti a gloria di quesli antichi cittadini, e ad imitazion de'posteri, basta a richiamar alla memoria le conlinue vessazioni, le battaglie, gli spogli, i saccheggi ed incendi sostenuti e tollerati dagl' implaca-bili prelati aquileiesi, e dai nemici del glorioso nome veneto, che certamente verremo in cognizione della costanza e fedelta di questi cittadini, onde percio non sem~ brera meraviglia, se la elemenza, grandezza, e genero-sita di questo nostro glorioso dominio abbia in ogni tempo riguardato con particolar dilezione questa divota popolazione, e conceduto abbia tante grazie, essenzio-ni e privilegi, in praetium suae, antiquissimae fidei et divotionis, et non vulgaribus meritis. E per vero dire: se noi vogliamo rintracciare le o-stinate guerre dell'Istria fomentate dal patriarca Aquile-jese Raimondo Turiano collegato col conte di Gorizia, come pure deli'altro prelato Pagano Turriano collegato coi Genovesi sino nell'anno 1275, e poi rinnovata P o— stilita nel 1280, indi nel 1284, ed in seguito nel 1289, che Raimondo non potendo sostener le forze Venete sotto Trieste, rivolse la sua collera contro Caorle, che preso il podesta Marino Selvo, fece una scorreria a Malamoc-co, e pose a ferro e fuoco ogni cosa, e si restitui carico di bottino nel Friuli; ancora questa citta ch'era in inezzo alla guerra dove soffrire di tratto in Iratto qualche attac-co e scorreria, ma difesa dalle gloriose armi Venete, mai fu presa in quest' occasione, se non nel 1379 per tradimento, e ricuperata nel 1380 come gia si noto. La ducal del doge Agostino Barbarigo spedita al conte Nicolo Gradenigo sara una chiara prova della fedelta e costanza di questi cittadini " Augustinus Barba-„ dico Dei gratia dux Venetiarum. Adierunt presentiam B nostram Dominii noslri Amadeus Čorba et Nicolaus „ Signano, et Joanncs de Adamo Nuncii istius fidelissi-„ mac communitatis nostrae Gradi, et supplicaverunt, quod „ ut cum in bello Ferrarensi maxima onera, gravissima-„ que incommoda, et expensas pati sunt ob continuam „ missionem baroharum et hominum, qui in Grado propter „illorum experienliam necessari erant cum maxima mi-„seria et calamitate constituti, ila ut vix victum habere „a solutione quarumcumque decimarum, et ponere ad „ conditionem Mathamaucensium, et illorum capitis agge-„ ris, Nos autem inspectis ipsorum damnis considerata-„ que fide, et quod ducatui nostro subjecti sunt quacm-„admodum Mathainaucenses, nec non quoties occurrerit „ nostro super mare, teneantur dieti fideles nostis pro-„ priis impensis sequi Domin ium nostrum deliberavimus, „ et terminavimus, et ita praesentiuin tenore terminamus „et deliberamus; Ouod dieti fideles nostri amplius non „ molestentur, nec molestari permiltatis in solvendis de-„cimis alicujus generis; imino sint liberi et exempti, ita „ quod sint ad conditionem Mathemaucensium, et i lorum „ Capitis aggeris. Q'»am nostram deliberationem et gra-„ tiam volumus, et vobis expresse mandamus, ut obser-„ vare, et observari inviolabiliter facere debeatis. Facitis „ bas noslras ad futurorum memoriam registrari, et re-„gistratus praesenti restitui. Data iu nostro ducali pa-„ latio die decimo oetavo Junii. Indict. oetava, millesimo „ quadragentesimo nonagesiino,,. Lib. privil. cart. 13 Di tal tenore ne abbiamo un'altra ducale del doge Andrea Gritti spedita tanto ai provveditori del sal, quanto al nostro conte Andrea Harba, in Piegadi. " Andreas Gritti Dei gratia dux Venetiarum. Significavimus vobis quod die ultimo oetobris proxime alapsi capta fuit pars in consilio nostro rogatorum tenoris infraseripti vide-licet„. "Essendo coinparso nella presenza della signoria no-slra i nuncii della comunita di Grado graveinente do-lendose, che avendo loro portato graudissimi danni nella precedente guerra, per esser devotissiino del stalo nostro come e ben noto; ed al presente non li resta altro per il suo vivere excepio che la poca indusiria del pescare, ed ora nuovamente ancora quella li viene tolta; per modo che se non li sara provveduto, li convenira abbandonar il luogo. "La rinnovazione e, che essendo stata per delibera-zione fatla nuovamente del 1513, incantato il dazio del sale che si vende a minuto in questa citta di Venezia, il daziaro ha rinnovato, che il pešce salato che e Grado venendo in quesla citta sia contrabando. Pero andera parte, che a delto Ioco nostro di Grado sia osservato e mantenuto le sue antiche consuetudini e concessioni, ed „usque in hodiernam diem servata, e niente gli sia rinnovato circa il potere di prender i sali dei luoghi nostri deli'Istria per suoi usi, e di salar i suoi pešci come fin qui hanno fatto. " Ouare auetoritate dieti consilii noslri rogatorum mandamus vobis et cuique vestrum ad quos pertinet, ut partem supraseriptam et contenlim ea observantes, et observari faciatis inviolabiliter registrari faciendo eam, ubi opus fuerit. Dati in nostro ducali palatio die 3 novembris, indic. 14ta 1565„. Lib. privil. cart. 17. La guerra che accenna questa ducale fu appunto quella sostenuta dalla Veneta Repubblica contro i princi- pi delPEuropa chiamata dal luogo della lega Cambrai. Di fatti questi cittadini ne provarono sommi danni si per i trasporti con i loro legni delle milizie, come pure per la difesa della loro citta contro 1' armi imperiali, poiche impossessatesi del Friuli, fecero delle rappresaglie ancora contro quesl' isola, ma la costanza e fedelta di que-sta popolazione coraggiosamente si difese. Osservati sino ad orai due riflessi sopra le antiche concessioni, privilegi e consueludini concesse in bene-inerenza di questi cittadini, non sara ancora fuor di pro-posito di passaggio toccare in qual considerazione e stima fosse una volta la grazia di questa cittadinanza. E per non dilungarmi con replicati fatti, bastera per provare questa verita la ducale del doge Franc. Foscari.' Franciscus Foscari Dei gratia Dux Venetiarum. "Nobilibus et sapient. viris Nicolao Mauroceno de „ suo mandatu comiti Gradi, et suis successoribus etc. „ Significamus vobis, quod die 13.a mensis Augusti in „ nostris consiliis minori de quadraginta et majori capta a fuit praesens gratia tenoris infraseripti videlicet. In-„ tellecta devota, et humili supiicatione fidelissimi civis „ nostri Veneti Baldassarius Giurano, quod sicut exposuit, „ ivit habitatum Gradi cum familia sua, ibique residentiam ,, facere disponit, quo in loco, ut sicut sibi convenitsta-„ re, et vivere possit, supplicavit esse cum suis haere-„ dibus de consilio Gradi; Fiat eidem gratia, quod cum „suis haeredibus sit, et esse debeat de consilio praedieto „ sicut humiliter supplicavit. Ouare cum noslri dietis „ consiliis vobis scribiinus et mandamus quatenus supra-„scriptam gratiam, et contentam in ea observare, et ob-„ servari facere inviolabiliter debeatis, facienles has no-„ stras litteras in aetis cancellariae, deinde ad futuroruin „ memoriam registrari, et registralas eidem Baldasari re-„ slitui, 1452.,, Lib. priv. carte 10. Tergo. (Continua). sul domimio tehporale dei vescovi istriani. Passata la provincia deli'Istria in dominio di Carlo Magno, i vescovi tutti delle sei diocesi ebbero baronie, per eui vennero a collocarsi fra i polenti del secolo. Le donazioni fatte ai vescovi cominciano alla meta del secolo IX con Lotario e Lodovico, sono piu frequenti re-gnando Ugo e Lottario II, ed Oltoue I; le ultime donazioni sono del secolo XII, il chiudersi del quale, e pre-cisamente nel 1200, segna la donazione fatta del ducato del Friuli e del marchesato d'Istria ai palriarchi d' Aqui-leja che durarono in tale dominio fino aH'anno 1420. Fra le donazioni, di cui intendiamo parlare, non intendiamo comprendere la proprieta cittadina, o, se me-glio piace chiamarla, la proprieta borghese di qualche fondo o di qualche časa, proprieta che non importava piu che il dominio civile privalo di una cosa; intendiamo parlare delle donazioni di proprieta nobile, la quale consisteva nella perezione di canoni da un intero distretto determinato, ed alla quale andava unito P esercizio di poteri pubblici, di giudicatura civile, di giudicatura pena-le, di armamento secondo il rango e la dignita di cia-schedun distretto. Dal che ne venne che tutti i vescovi debbano considerarsi siccome baroni, ma alcune delle loro baronie erano maggiori, altre minori, che e quanto dire per alcune esercitavano 1'alta giustizia civile e penale, il pieno diiitto di governo, salva la fe-delta al principe ed a chi ne teneva le veci; per queste medesime baronie maggiori, non dsppertutto erano eguali i diritti; per altre poi il vescovo non aveva diritto maggiore della bassa giudicatura, senza altro maggior po-tere. Oueste percezioni non vanno confuse colle decime che spi ttavano al clero curato, le quali ebbero vita ben prima che i vescovi divenissero baroni, e le quali bene si riconoscono da cio, che nei territori liberi dei comuni consistevano in una decima parte di alcuni prodotti (e non sempre il numero dieci e preciso), ma di questa decima pa/tecipa il capitolo cattedrale in quota che origi-nariamente era di una quarta parta, ma che per liberalita dei vescovi divenne maggiore; negli agri baronali la decima del clero e di un quarantesimo (e lo dicevano anehe il quartese), ma al quartese non partecipava di regola ne il vescovo ne i capitoli, ma era del clero rur8le, dei plebani. Le quali due percezioni d'indole e di origine tanto diversa ebbero ad efletto che decime -spettanti ai vescovi potevano benissimo trovarsi in mani laiche (perche laiche erano) senza che per cio si contravenisse alle insistenli esigenze dei concilii, e senza ricorrere a legali anomalie come lalvolta si suppone; e d'altra parte non era ne impossibile ne strano che un vescovo dovesse dare il quartese ad un paroco, con'ro la massima cleri-cus clericum non decimat, perche laiche erano le decime, ne cangiavano indole per trovarsi temporaneamente in possesso di prelati, o di persona ecclesiaslica. I can-giainenti avvenuti in quest' ultimo mezzo secolo, molte cose mutarono, molte offuscarono; molte carte, molte memorie, molti monumenti furono cancellati dalla vita; 1'antico diritto, ad onta delle proteste che le nuove leggi non hanno forza retroattiva, fu sconosciuto, o travisato; ma non tutto pole ancora togliersi e rimangono ancora abbastanza indizi per riconoscere la vera condizione. E per venire tosto in argomento, comincieremo coi vescovi di Trieste, citta nella quale le nuove abitudini, non fecero dimenticare le antiche condizioni, nella quale piu che allrove gli antichi monumenti furono custoditi, fatti argomento di grandi desideri, che il tempo forse fara compiuti. II vescovo di Trieste era fino dal X secolo barone non solo della citta, cioe a dire dell'antica colonia, ma altresi deli' agro trbutario. Seguendo le odierne divi-sioni di frazioni comunali o di comuni, come le chiamano, e la ortografia dicasteriale, diremo essere state baronie veseovili: Cernotiz, Pressnitza, Ocisla, Dollina, Bolliunz, Ritzmagne, Borstberg, Draga, Grozhana, Servola, Opchie-na, Basovizza, Corgnale, Rodig. Ai quali luoghi volon-tieri aggiungeremmo anehe altri che sappiamo essere stati veseovili, ma dei quali non conosciamo P odierna corrispondenza, e qu»lche altra, sebbene di poco conto, che fu nel territorio divenuto politico di Capodistria nel medio tempo. Abbiamo sospetto che anehe Duino fosse vescovile, pero le vicende di quel cantone non sono chia-rite; tutlavia in lite del secolo XII potemmo vedereilsi-gnore di Duino assoggettarsi alla sentenza che pronuncia in materia di confini il vescovo di Trieste, e riconoscere P autorita giudiziaria di questo. E tal dipendenza sembra avere conferma in cio, che allorquando la Časa d'Austria venne alle dominazione della contea d'Istria (1374), e Trieste manifeste volonta di darsi ali'Austria (anle-riormente alla dedizione del 1382), il signore di Duino dichiarava al patriarca d' Aquileja (1374) di riconoscere in suo alto signore il duca d' Austria. Perd attendendo migliori e piu precise nolizie dal rinvenimento di carte antiche, toglieremo dali' agro com-plessivo baronale dei vescovi di Trieste la signoria di Duino, come non vi comprenderemo Muggia, che per meta ideale era dei vescovi di Trieste; perche Muggia, sebbene tributaria, era in condizione di comune, e perche sembra che Muggia sia provenuta ai vescovi di Trieste dai patriarchi d' Aquileja cui era stata donata nel 931 da Ugo e da Lottario. Non e a porsi in dubbio che sulla citta di Trieste esercitassero i vescovi i diritti di baronia maggiore, P alta giustizia civile e penale, e dopo il 1200 anclie il di-rito di zecca, pero sul comune urbano soltanto per concessione del 948, la quale secondo formola frequente in diplomi segnd i limiti deli' alta giurisdizione secondo distanza di miglia ali' ingiro. I vescovi avevano la decima in quest'agro urbano, ma questa non era decima baronale, sibbene ecclesiaslica, pero sempre di diritto pub-blico, cessata poi per convenzione del 1459, la quale vi sostitui un balzello sul carbone, sulla paglia e sulfieno, da parecchi anni convertito in annua somma di danaro. Nell' agro baronale crediamo che i vescovi avessero le giurisdizioni minori soltanto, e la decima laica come baroni, spesso data in feudo, od a palti simili. Nel 1295 i vescovi cedevano al comune i loro diritti di governo sulPagro urbano e sull'agro baronale, ritenuta la per-cezione della decima, che pero non era sempre di tale proporzione. Ma altre baronie ebbero i vescovi di Trieste stac-cate da questo corpo principale ed isolate; di che non dee farsene ineraviglia perche avvenne anehe cosi di altri vescovi islriani, di Cittanova cioe e di Pola. Ebbero cioe Umago e Sipar che furono gia due territori distinti e che ora formano il capo comune di Umago, donati da re Ugo nel 929, insieme ali'isola Paciana; i Due Castelli di Vermo donati da re Berengario nel 911; e Fontana Georgica donata non sappiamo da chi. Tutte queste e-rano ceitamente baronie minori, non altro; d'Umago sappiamo che per la decima seguirono sentenze etrans-azioni al principio del secolo XIV e che la decims, ri-dotta a poia cosa per le transazioni e per gli aggravi pubblici, passo nel 1784 al vescovo di Cittanova, e poi fu tolta perche creduta ecclesiaslica. Sipar fu tenuto dai vescovi in condizione di baronia (Umago era in condizione di comune tributario) fu dato in feudo ed ando poi come suoi dirsi per insensibile traspirazione. Di Vermo avevamo altravolta mosso dubbio che fossero castelli al Timavo superiore (Vedi Istria annata) ora pro-pendiaino per altre carte vedute che fosse il Vermo di Pisino, pero incerto ancora e il nostro giudizio. Se era quello di Pisino ando per investitura nei conti d'I-stria. L' Isola Paciana dovrebbe dirsi piuttosto Pantiana, se il nome conservato alla sacca di Panzano alle spiag-gie di Monfalcone ci puo essere di guida sicura. E se cosi e, questa Panciana dovrebbero essere le isole dei bagni di Monfalcone (che Plinio medesimo aggiudica al-1'Istria) perdute poi non sapremo dire come. Fontana Georgica diremmo P odierna contea di Fontane fra Parenzo ed Orsera, ora dei Borisi, ma ogni dubbio non ci č tolto. Ivi presso ebbero i vescovi di Trieste la baro-nia di Calisedo al Letne, ora detta Giroldia dalla famiglia che ultima fu investita dai vescovi di Trieste, avuta nel 1187. Ando perduta nel 1593 confiscata come si suoi dire dal govertio Veneto, alla cessazione della famiglia investita. Se guardisi al numero ed ali' estensione delle baronie possedute dai vescovi di Parenzo, ed ai diritti e-sereitati di zecca, che a niun altro barone deli' Istria fu-rono attribuiti, deve dirsi che polenti fossero i vescovi di Trieste ed in alto rango fra i baroni istriani, anzi i primi dacche il potere dei conti d' Istria formossi con feudi avuti da vescovi medesiini. I vescovi portavano il titolo nobiliare di conte di Trieste. Le vicende del vescovato di Capodistria nel tempo corso fra il IX secolo ed il XII sono oscure ed incerte, quel vescovato era abbinato col vescovato di Trieste. Pure a traverso delle nebbie dei tempi puo riconoscersi che il vescovato (non possiamo dire i vescovi) ebbe baronie minori, e ne registreremo i nomi: Covedo, Cri-stoglia, Padena, Villanova, S. Quirico, Villadol, Cubilla-glava, Laura, Valmovrasa, Figarola, Terseco, Geme, Po-petra, Volcigrad, Brece, Antignano, Pomiano, Costabona, Lupar. Baronie queste che da antico sono possedute da privati, e che per le facili concessioni del medio tempo devono dirsi alienate, con si nullo interesse pecuniario della mensa vescovile, che si dovette dotarla di nuovo, quando Capodistria riebbe i propri vescovi. 11 veseovo di Capodistria portava il titolo nobiliare di conte d' Antignano. Non v'era deciina ecclesiastica in Capodistria. In Cittanova vi hanno molte incertezze; niun in-dizio vi ha che il veseovo esercilasse qua!che diritto baronale; la decima ecclesiastica nella citta e nel-1'agro non era che vigesima; vi hanno anzi motivi a credore che Cittanova esercitasse i poteri maggiori. Ma i vescovi ebbero da Corrado imperalore nel 1038 la baron ia di S. Lorenzo in Daila, con poteri inaggiori e eolla decima; i poteri cessarono nel 1519 passati ai podesta Veneti d'Uiiii>go, la decima cesso nel 1832. Ma oltre qui sta, ebbero i vescovi di Cittanova baronie minori, sic-come S. Giovanni di Daila, che pero crediamo onnina-mente ecclesiastico, S. Giovanni del Corneto, Gradina, che crediamo si chiamasse con altro nome Petra alba, Malo-cepich, Topolovaz, Cuberton, Oscurus e forse altri luoghi e comuni che non fidiamo a noi medesimi di accennare. II veseovo di Cittanova portava il titolo nobiliare di conte di S. Lorenzo in Dayla. I vescovi di Parenzo furono i piti arricchiti di baronie minori imperciocche quanto eil distretto commissa-rile a mezzo giorno del Quieto, Antignana, Pisino medesimo erano baronie dei vescovi di Parenzo, ebbero S. Vincenti, Gemino, qualcosa in Due Castelli, ed Orsera nella quale esercitarono poteri di baronia maggiore, a segno che fino ali'anno 1778 era talmente da se in ogni cosa civile e penale, che le appellazioni andavano dal veseovo al nunzio apostolico in Venezia, e quel popolo non si riteneva soggetto al governo Veneto ma al Papa. II che notiamo come singolarita che da Iuce, e ne dara sulle condizioni politiche (come dicono) deli' Istria nel medio tempo. I vescovi pretesero (se a ragione od a torto nol sappiamo) un dominio laico sulla citta e sul-l'agro urbano di Parenzo; pero il modo con cui fu ri-solta la questione non da Iuce che la risehiari. Imperciocche nel 1297, il popolo con alla testa il podesta Veneto assalilo il palazzo vescovile caccio il veseovo che ripard a mai stento in S. Pietro in Selve, e corso ad Orsera, incendio quel castello vescovile. Le baronie date in feudo ai conti d' Istria se ne andarono, dura ancora S. Vincenti. I vescovi portarono fino a tempi recenti il titolo nobiliare di conti d' Orsera. I vescovi di Pola ebbero certamente i diritti di baronia minore e giurisdizioni sulla citta, nell' isola dei Brioni sulle contrade esterne, e le noinineremo: Rigoldia, Arano, Orceano, Sissano, Ouargnano, Pedrolo, Bagnoli, Mugnanello, Galesano, Medelano, Turtiliano, Turriinbora-gi, Fasiano, Astignano, Castagne, Lisignan, Medolin, Mi-miliano, Capusano, Finisella, Pomer, Magran, Aran, e noi volentieri vi aggiungeremmo Dignano, per motivi che 1 forse altra volta diremo. Tutto 1'agro di Pola era dei ' vescovi, colonico e tributario. Vi fu veseovo che porto titolo di conte di Galesano, ma crediamo che fosse di uno soltanto; se avevano titolo di conte, 1'avreb bero trat-to da altro luogo. I vescovi di Pola ebbero poi baronie staccate. Castua, Mosuhenizze, Veprinaz, Fiume medesimo era loro tributario. Or veniamo aH' ultimo vescovato a Pedena, che possedette pur questo alcune baronie = Scopliaco e Tu-pliaco ove esercitava giudicatura minore. Pedena mede-sima. Gallignana, Gollogorizza ove ebbe percezioni non pero giudicatura negli ultimi tempi. Novacco, Cervuglie lurono dati ai conti d' Istria in compenso di avvocazia. Noi volentieri aggiungeremmo Cherbune, alle antiche baronie di Pedena. Due chiese veseovili ebbero baronie in Istria, Fri-singa ed Aquileia, ma di questi possessi abbiamo altra volta tenuta parola (Istria annata III...) Dal che vogliamo trarre conseguenza che tra il IX secolo ed il XIII, il elero tenne il maggior numero dei possessi nobili nell' Istria, e che a mantenere questi possessi non fu sufficiente che il marchese medesimo, il quale sovrastava al oonte d'Istria, come ai comuni liberi, fosse un prelato, il Patriarca di Aquileia, vero principe, se pongasi mente al niun potere imperiale d'allora.